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Sommario del 07/01/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Dialogo interreligioso e riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica in Turchia al centro del discorso del Papa all’ambasciatore di Ankara
  • La casa di Pietro è sempre aperta a tutti, credenti e uomini di buona volontà: così il Papa ai carabinieri che operano nei pressi del Vaticano
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le Chiese ortodosse del calendario giuliano festeggiano il Natale. Le parole del Patriarca Kirill
  • Terrorismo e sicurezza: allo studio l'introduzione del "body scanner"
  • Presepe senza Magi in Cattedrale: il commento dell'arcivescovo di Agrigento
  • Il cardinale Tettamanzi alla Festa dei Popoli: sì all'accoglienza degli immigrati e al rispetto della vita
  • Cibo sprecato: la soluzione del Banco Alimentare
  • Chiesa e Società

  • Egitto: uccisi 6 cristiani durante i riti del Natale copto
  • Paura in Pakistan per le feste natalizie: alle celebrazioni meno fedeli
  • Vietnam: la polizia abbatte il Crocifisso di un cimitero cattolico di Hanoi
  • Stati Uniti: in aumento i crimini contro le organizzazioni cristiane
  • Congo: la proposta dei missionari per la pace nel Kivu
  • L'impegno della Chiesa cattolica per la riconciliazione in Sud Sudan
  • Alluvioni in Kenya: emergenza per oltre 30 mila persone
  • Cina: per l'Epifania chiese affollate nonostante la forte nevicata
  • Sri Lanka al voto: l’importante ruolo dei cattolici
  • Brasile: il Santuario di Aparecida si mobilita per le vittime delle inondazioni a San Paolo
  • Il Consiglio indigenista missionario del Brasile in difesa dei nativi dell'Amazzonia
  • 35 operatori Onu morti nel 2009. La protesta del sindacato del personale delle Nazioni Unite
  • L'America dedica il nuovo anno a Pauline Marie Jaricot sulla scia di Aparecida
  • L'estremo saluto della Chiesa giapponese al cardinale Shirayanagi
  • Veglia di Natale nella chiesa romana di Santa Caterina di Alessandria del Patriarcato di Mosca
  • Il Patriarcato di Mosca congela i rapporti con i protestanti tedeschi
  • Il cardinale Sepe celebra l'Epifania in cattedrale alla presenza di vari gruppi etnici
  • La diocesi di Milano ricorda Papa Montini e ringrazia il cardinale Martini
  • Sarà presto dimesso dal Policlinico Gemelli il cardinale Roger Etchegaray
  • Oggi pomeriggio a Milano i funerali di don Leonardo Zega
  • Assisi: "Pro civitate cristiana" contro la privatizzazione dell'acqua
  • 24 Ore nel Mondo

  • Smentito l’arresto del capo di Al Qaeda nello Yemen
  • Il Papa e la Santa Sede



    Dialogo interreligioso e riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica in Turchia al centro del discorso del Papa all’ambasciatore di Ankara

    ◊   Il dialogo interreligioso, la pace in Medio Oriente e il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica: questi i tre temi forti del discorso rivolto stamani da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore turco, Kenan Gürsoy, ricevuto in udienza per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il Papa ha ricordato con gioia il suo viaggio apostolico in Turchia, nel 2006, ed ha assicurato l’impegno dei cattolici turchi a contribuire al progresso della società. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il Papa, ricordando la visita in Turchia del 2006, la prima del suo Pontificato in un Paese a maggioranza musulmana, ha ribadito l’impegno della Chiesa cattolica “a far progredire il dialogo interreligioso in uno spirito di mutuo rispetto ed amicizia”. In particolare, testimoniando la comune fede in Dio, che caratterizza cristiani e musulmani, e “impegnandosi a conoscersi meglio così da rafforzare” i legami reciproci. Prego ferventemente, ha aggiunto, che “questo processo porterà ad una più grande fiducia tra individui, comunità e popoli specialmente nella problematica area del Medio Oriente”. I cattolici in Turchia, ha detto ancora, apprezzano la “libertà di culto” che è assicurata dalla Costituzione e sono lieti “di contribuire al benessere dei loro concittadini”, specialmente sul fronte della carità. Quindi, ha ricordato che la Chiesa cattolica in Turchia “sta attendendo il riconoscimento giuridico”. Un riconoscimento, ha evidenziato, che “la aiuterebbe a giovarsi di una piena libertà religiosa e a dare un contributo alla società ancora più grande”.

     
    La Turchia, ha dunque affermato Benedetto XVI, può “agire come ponte tra l’Islam e l’Occidente” e “offrire un significativo contributo agli sforzi per portare pace e stabilità nel Medio Oriente”. La Santa Sede, ha detto ancora, “apprezza le numerose iniziative che la Turchia ha già preso al riguardo” ed è “impaziente di sostenere ulteriori sforzi per porre fine al conflitto di lunga durata nella regione”. Come la storia ha dimostrato tante volte, è stata la riflessione del Pontefice, “le dispute territoriali e le rivalità etniche possono essere risolte in modo soddisfacente quando sono tenute in considerazione le legittime aspirazioni di ogni parte”. Ed ha assicurato che la Santa Sede attribuisce un’alta priorità “alla ricerca di giuste e durature soluzioni ai conflitti nella regione”, mentre è impegnata a porre le sue risorse diplomatiche al servizio della pace e della riconciliazione.

     
    Il Papa ha rammentato anche che si avvicina il 50.mo anniversario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Santa Sede, “un frutto del Pontificato di Giovanni XXIII” già delegato apostolico ad Istanbul. Ed ha espresso la fiducia che queste relazioni diventino sempre più forti quale risultato di una continua collaborazione su molte importanti questioni. D’altro canto, non ha mancato di menzionare l’incontro con il Patriarca Bartolomeo I, al Fanar, uno dei momenti forti del suo viaggio apostolico in Turchia. Le comunità cristiane, ha ribadito, “sono orgogliose di fare la propria parte, consapevoli del loro antico retaggio e del significativo contributo che ha dato alla civilizzazione”, non solo della Turchia ma di tutta l’Europa. Ha infine ringraziato le autorità turche per aver facilitato, nell’Anno Paolino, i pellegrinaggi e le celebrazioni liturgiche nei luoghi legati all’Apostolo delle Genti.

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    La casa di Pietro è sempre aperta a tutti, credenti e uomini di buona volontà: così il Papa ai carabinieri che operano nei pressi del Vaticano

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani nella Sala Clementina i carabinieri della Compagnia Roma San Pietro che prestano servizio attorno al Vaticano. Presenti il comandante generale dell’Arma, Leonardo Gallitelli, e il comandante provinciale, generale Vittorio Tomasone, accompagnati dall’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    Il Papa esprime la propria gratitudine per il servizio svolto dai carabinieri nei pressi del Vaticano, contribuendo “a dare sicurezza e serenità ai pellegrini e ai visitatori che giungono presso il centro della fede cattolica” permettendo sia quel “necessario raccoglimento spirituale nella visita alla Tomba dell’apostolo Pietro” che “il clima favorevole per l’incontro con il Successore di Pietro, cui Cristo ha affidato il compito di confermare i fratelli nella fede”:

     
    “Come suggerisce il maestoso colonnato del Bernini, la casa di Pietro è sempre aperta per accogliere, in un ideale abbraccio, i credenti e tutti gli uomini di buona volontà, che dal Magistero dei Pontefici romani ricevono luce e incoraggiamento per crescere nella fede e diventare costruttori di pace e di serena e civile convivenza”.

     
    Benedetto XVI sottolinea il “lavoro umile”, silenzioso, “ma indispensabile” svolto dai carabinieri “perché il pellegrinaggio a Roma costituisca per ciascun visitatore un’occasione unica per sperimentare la gioia della fede e i valori della fratellanza, dell’accoglienza e del rispetto reciproco, sull’esempio di Colui che essendo Dio è diventato Bambino per amore nostro”. Quindi, dopo aver ricordato la tradizione di fedeltà, generosità e gli ideali dell’Arma, ha invocato la Madre di Dio, patrona dei carabinieri:

     
    “Maria, la ‘Virgo fidelis’, vostra Patrona, accompagni voi e l’intera Arma, in particolare quanti, in diversi Paesi del mondo, sono impegnati in delicate missioni di pace, ed accolga i vostri propositi di bene presentandoli al suo divin Figlio”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

    In data di ieri, 6 gennaio, il Santo Padre ha nominato vescovo coadiutore di Coroatá (Brasile) mons. Sebastião Bandeira Coêlho, finora vescovo titolare di Tubursico e ausiliare di Manaus. Mons. Sebastião Bandeira Coêlho è nato il 31 gennaio 1959 a Riachão, nella diocesi di Balsas. È stato ordinato sacerdote, per la diocesi di Balsas, il 28 luglio 1984. Eletto vescovo titolare di Tubursico e ausiliare dell’arcidiocesi di Manaus il 22 dicembre 2004, è stato consacrato il 12 marzo successivo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'intelligenza aperta alla fede è vera sapienza: all'Angelus dell'Epifania il Papa indica nei Magi i modelli degli autentici cercatori della verità.

    Per la Santa Sede è prioritaria la soluzione di tutti i confitti in Medio Oriente: il discorso di Benedetto XVI al nuovo ambasciatore di Turchia.

    La pace più difficile: in prima pagina, Luca M. Possati sulle prospettive politiche della crisi in Vicino Oriente.

    Anche i numeri hanno una materia, parola di Aristotele: in cultura, Enrico Berti sui molteplici significati di un termine fondamentale nella storia del pensiero filosofico.

    Un articolo di Carlo Pedretti dal titolo "Leonardo, i robot e le Olimpiadi": in occasione dei giochi invernali di Vancouver, a febbraio, sarà presentato il "Manoscritto anatomico A" realizzato nel 1510.

    L'enigmatico giovanetto in mostra gratis per un mese: Silvia Guidi sul "San Giovanni Battista" di Leonardo da Vinci a Palazzo Venezia.

    Al Capone e i suoi epigoni dalla strada al mito: Emilio Ranzato su preistoria, albori e attualità di un fortunato genere cinematografico.

    Alessandro Scafi analizza la simbologia pittorica tra i vangeli dell'Infanzia e le tradizioni leggendarie.

    La sovversiva in calzini corti: Elisabetta Galeffi recensisce "La Stasi dietro il lavello" di Claudia Rusch, scrittrice tedesca nata nell'ex Ddr.

    Nell'informazione religiosa, Marta Lago intervista l'arcivescovo di Santiago de Compostela, Julian Barrio Barrio, sull'Anno santo giacobeo.

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    Oggi in Primo Piano



    Le Chiese ortodosse del calendario giuliano festeggiano il Natale. Le parole del Patriarca Kirill

    ◊   Un auspicio perché la festa della nascita di Cristo avvicini l’umanità a Dio e un augurio alla Russia perché il 2010 le permetta di risollevarsi dopo “un anno non facile”, mantenendo la sua “unità spirituale”. Con questi pensieri, il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, ha celebrato la notte scorsa a Mosca la liturgia della vigilia del Natale, che si celebra oggi nelle Chiese orientali che seguono il calendario giuliano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Quattromila fedeli solo nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore e tre milioni - secondo stime ministeriali - distribuiti tra le oltre 80 mila chiese e monasteri del Paese. Tanti sono i russi che nelle scorse ore hanno preso parte ai riti del Natale ortodosso, nonostante i -15 gradi registrati dai termometri. Per la prima volta nella sua veste di capo della Chiesa di Mosca e di tutte le Russie, dopo l’elezione avvenuta un anno fa, il Patriarca Kirill ha presieduto la celebrazione della vigilia. In un messaggio diffuso ieri, aveva già sottolineato l’importanza del Natale per la rinascita spirituale dell’uomo e per il suo avvicinamento a Dio, spiegando che è attraverso “la forza della fede”, al di là delle “differenze di origine etnica o status sociale”, che la Russia manterrà la “sua unità spirituale” nel mondo contemporaneo. Quindi, durante la liturgia della vigilia - davanti all’immensa cattedrale gremita di persone e in diretta televisiva - il Patriarca russo si è soffermato sull’“anno non facile” appena vissuto dal suo Paese. Il 2009, ha affermato, è stato un anno “molto importante per la nostra coscienza nazionale. Il popolo e i governanti sono riusciti a superare insieme prove difficili”. Ad ascoltare queste parole c’era il presidente, Dmitri Medvedev, che assieme alla moglie ha partecipato alla Messa solenne. Sul capo dello Stato il Patriarca Kirill ha invocato “l'aiuto di Dio” ringraziandolo al contempo per essere riuscito ad aiutare la Russia a “non scivolare nella crisi profonda nella quale si era venuta a trovare dopo le turbolenze politiche degli anni Novanta”. Tradizionale e prezioso lo scambio di doni finale: il presidente ha regalato al Patriarca ortodosso un Vangelo manoscritto illustrato con miniature, mentre il Patriarca ha donato a Medvedev una raccolta in quattro volumi di opere di scrittori russi attivi fra il XIV e il XX secolo.
     
    Lontano 300 km da Mosca, il premier Vladimir Putin ha partecipato alla solenne liturgia del Natale in una chiesa di Kostroma, città storica della Russia centrale che si affaccia sulle sponde del fiume Volga. Ma non erano mancate in precedenza le parole di stima, accompagnate da un generoso contributo, all’indirizzo della Chiesa ortodossa russa. Incontrando il Patriarca Kirill lo scorso 5 gennaio, al monastero di San Danilo a Mosca, Putin aveva elogiato la Chiesa per il suo lavoro in favore dell’“educazione dei cittadini” che, aveva rimarcato, “trasmette l’amore per i valori spirituali e la storia” ed è condotto “in uno spirito di patriottismo e di amore per il proprio Paese”. Inoltre, Putin ha anche detto di aver messo a disposizione una cifra pari a due miliardi di rubli (circa 44 milioni di euro) per permettere il restauro dei luoghi sacri, dei monasteri e delle chiese distrutte nel secolo scorso dalla furia dell’ateismo di Stato, annunciando la restituzione alla Chiesa ortodossa, entro il 2010, del monastero di Novodievici a Mosca, uno dei più belli e importanti di tutto il Paese. Da parte sua, il Patriarca russo aveva elogiato il premier per la gestione della crisi economica, avvertita in Russia in modo particolarmente duro.
     
    Il mistero di luce del Natale "sia fonte di gioia e di pace per ogni famiglia e ogni comunità". Con queste parole, ieri all’Angelus, Benedetto XVI aveva rivolto gli auguri ai fedeli ortodossi che oggi celebrano il Natale. E particolarmente intense e affollate sono state le celebrazioni in Terra Santa, che hanno visto i riti del Natale ortodosso susseguirsi alla liturgia cattolica dell’Epifania, come ci riferisce da Betlemme Sara Fornari:

    Un coro a più voci, la giornata di ieri a Betlemme, dove il 6 gennaio è vissuto in modo davvero unico, per il sovrapporsi di liturgie e riti diversi. Tanti turisti, pellegrini da Russia ed Europa dell’Est, ma anche fedeli arabi cristiani - giunti da varie città della Terra Santa - hanno riempito la Basilica della Natività di fede e preghiera. Natale ed Epifania sono celebrati qui come un unico mistero, avente il suo fulcro nella Grotta della Natività. Adorna in questi giorni di addobbi ed icone, la cripta è stata animata da inni e preghiere, fino a stamattina: questa notte la Chiesa greco ortodossa vi ha celebrato solennemente la divina liturgia del Natale. Già nel primo pomeriggio di ieri, i capi delle Chiese orientali - che seguono il calendario giuliano - avevano dato inizio alle celebrazioni del Natale: i vescovi della Chiesa copta e siro ortodossa, e infine il patriarca greco-ortodosso Teofilos, si sono succeduti nella preghiera presso la stella dell’umile grotta di Betlemme. La comunità abissina con i tradizionali canti ritmati dai tamburi, ha accompagnato per le strade del centro l’arcivescovo etiope ortodosso, fino alla chiesa che sorge a pochi passi dalla Natività. Un alternarsi di inni e liturgie nelle diverse lingue, secondo i turni regolati dallo status quo, ha scandito tutto il pomeriggio.

     
    Culmine delle celebrazioni, i vespri dell’Epifania nella chiesa parrocchiale di Santa Caterina, attigua alla grotta, animati dalla comunità francescana, insieme a molti fedeli locali e pellegrini. I vespri solenni, presieduti dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, hanno il loro coronamento nella solenne e suggestiva processione che lega il luogo al mistero venerato: al canto del Gloria, il Custode di Terra Santa è sceso alla cripta della Natività, insieme a tre ministri - simbolicamente i re dell’oriente - con i loro doni: l’incenso, l’olio profumato, e l’oro della rosa offerta da Papa Paolo VI al Bambino Gesù in occasione del suo pellegrinaggio a Betlemme il 6 gennaio del 1964. Presso l’altare dell’adorazione dei Magi è stato proclamato il Vangelo dell’Epifania, è stato cantato l’inno che dice che proprio qui, avvenne la nascita, la visita dei pastori e l’adorazione dei Magi. La processione guidata dal Custode, recante l’effigie del Bambino in trono è risalita in Santa Caterina, in un tripudio di gioia, accolta dalla venerazione dei fedeli.

    Anche le Chiese di Serbia, Georgia, Repubblica Ceca, Polonia, e i copti di Etiopia e Armenia, così come i monaci del Monte Athos, festeggiano oggi la Nascita di Gesù. Emanuela Campanile ha raccolto la testimonianza di una religiosa italiana, suor Laura Girotto, che da anni lavora ad Adua, in Etiopia, e che descrive la preparazione al Natale dei fedeli della loro missione, colpiti da una grande povertà:

    R. - E’ una cosa molto diversa dal Natale celebrato nel nostro mondo, dove del significato del Natale è rimasto poco, ahimè! Qui siamo in un contesto di grandissima povertà e quindi il Natale è veramente il compleanno di Gesù, Gesù che nasce di nuovo per noi. Non esiste nulla dell’atmosfera festaiola. A scuola, riproponiamo col teatrino la commemorazione dell’Avvento: Maria che si mette in viaggio con Giuseppe e l’avvenimento della nascita. I bambini ricordano i pastori, ricordano gli angeli, i canti di Natale: l’annuncio vero e proprio della nascita del Redentore.

     
    D. - Un Natale in povertà, dunque. Ma lo spirito con cui festeggiate, qual è?

     
    R. - Per noi è la festa della vita, la festa della redenzione, la festa della salvezza. Questo è quello che stiamo cercando di trasmettere alla nostra gente. Intorno, c’è un’atmosfera semplice, di lavoro, di quotidianità. E’ una festa spoglia: proprio come deve essere stata spoglia la nascita di Gesù. Si tratta soltanto di una festa di famiglia. Noi ai bambini diamo un panino con la Nutella, diamo un leccalecca e un piccolo Gesù Bambino in un mini presepio, che ho portato dall’Italia, da dove sono appena rientrata. Questo è il loro Natale.

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    Terrorismo e sicurezza: allo studio l'introduzione del "body scanner"

    ◊   La comunità internazionale si mobilita per far fronte alla nuova emergenza terrorismo. Oltre a discutere sulle nuove misure di sicurezza da adottare, tra le quali i cosiddetti “body scanner” negli scali aeroportuali, al centro del dibattito tra i Paesi occidentali soprattutto la strategia generale da seguire per fronteggiare un’emergenza sicurezza presente in tutto il mondo ormai da quasi dieci anni. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all’Università di Trieste.

    R. - Io credo molto francamente che oltre a tenere alta naturalmente la guardia e la misure di sicurezza, senza peraltro scatenare delle vicende parossisistiche come quelle degli ultimi giorni - e senza colpire magari interi Paesi perché forse uno di loro è affiliato ad al Qaeda - la prima cosa che noi dobbiamo fare è certamente quella di capire che la strategia utilizzata finora nella lunga lotta al terrorismo si sta dimostrando assolutamente piena di falle ed è ora che l’Alleanza atlantica ne studi una di nuova e di più efficacia.

     
    D. – Quali secondo lei i passi immediati che andrebbero fatti?

     
    R. – Noi dobbiamo capire che il terrorismo è diventato una guerra fra la gente, quindi un conflitto completamente diverso da quelli da noi conosciuto, mentre i nostri apparati di intelligence, di comando, sono ancora legati a vecchi concetti della guerra tradizionale e fanno fatica - come vediamo - a distaccarsene. A mio parere, avendo di fronte a noi delle organizzazioni terroristiche che risultano essere poi efficaci perché con minimi dispendi mettono in allarme l’intera comunità mondiale, come sta succedendo in questi giorni, è evidente che non basta questo intervento militare tradizionale; non basta puntare tutto sulle tecnologie ma in qualche modo va rivalutato certamente quello che è il capitale umano soprattutto nei settori dell’informazione. Nell’intelligence va rivalutata l’azione diplomatica e va molto valutata l’azione preventiva economica. Queste sono tutte cose che abbiamo utilizzato male negli ultimi anni e che ora vanno riprese seriamente in considerazione.

     
    D. – Può essere controproducente l’aver inserito, da parte degli Usa, nella recente lista di Paesi portatori di terrorismo - per così dire - Stati come il Libano che sta uscendo da una situazione difficile e Cuba?

     
    R. - Certamente. Indiscriminatamente si agisce con i sistemi appunto della vecchia Guerra fredda mettendo nelle liste nere interi Paesi e rovinando così magari anni di rapporti diplomatici. Questo non è il modo né per vincere la battaglia contro il terrorismo né per tirarsi fuori da quello che è ormai un vuoto strategico che si è creato a cavallo tra l’Afghanistan e il Pakistan e che sta pian piano coinvolgendo tutti gli altri Paesi del Medio Oriente e del Corno d’Africa. Dopo dieci anni di interventi siamo al punto di prima e per certi versi siamo addirittura paralizzati dalla prima notizia di un tentativo di qualsiasi attacco e a questo punto siamo veramente esposti. Per cui occorre una seria vera riflessione su quello che stiamo facendo.

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    Presepe senza Magi in Cattedrale: il commento dell'arcivescovo di Agrigento

    ◊   Vasta eco ha avuto in Italia l’iniziativa della Caritas di Agrigento di allestire nella Cattedrale della città un presepe senza Magi, perché - avvisa un cartello – “sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati”. Ecco il commento dell'arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – Voleva essere una provocazione pacifica per far riflettere i cristiani sul valore dell’Epifania, la festa di Gesù che si manifesta a tutti. Purtroppo, c’è ancora una cultura di non accoglienza, per cui nonostante facciamo festa al Bambino Gesù ci accorgiamo che il nostro cuore è chiuso agli altri.

     
    D. – Un modo per stimolare un esame di coscienza su come viviamo la nostra fede, anche se uscendo un po’ dalla tradizione del presepio...

     
    R. – Non è neppure voler uscire dalla tradizione del presepe. Oggi, forse, si va sempre più diffondendo la forma della drammatizzazione: si viene più presi dall’immagine e il presepe non ci mette in crisi. Mentre il presepe che abbiamo sempre usato come giocattolo per i piccoli dovrebbe essere un momento di verità per i grandi.

     
    D. – Una scelta che sottolinea, ci sembra, soprattutto, il rischio di incoerenza nel vivere la fede...

     
    R. – Ritengo di sì, perché mi è capitato, anche in questi giorni, di sentire dei cristiani che parlavano del Natale, ma escludevano i fratelli da questa festa. Ora mi chiedo come uno possa essere sicuro e contento della propria fede, quando quel mistero che ci viene presentato da quel Bambino non riusciamo ad accoglierlo fino in fondo.

     
    D. – E’ particolarmente difficile nella terra siciliana convivere con questa situazione, la presenza di diversi immigrati che arrivano dall’Africa?

     
    R. – Credo che questo sia un problema che riguarda tutti. Il problema è che la povertà ci fa male e questi fratelli che vengono da fuori ci ricordano la povertà che noi non vorremmo guardare in faccia. Allora è meglio che se ne stiano a casa loro, così noi stiamo meglio a casa nostra.

     
    D. – L’iniziativa del presepe in cattedrale senza i Magi, ma con la scritta “Respinti alla frontiera”, non vuole essere di taglio politico, assolutamente...

     
    R. – No, assolutamente no. E’ una provocazione per vivere la nostra fede. Io non posso emozionarmi davanti ad un bambino di gesso che mi fa ricordare quello che avvenne duemila anni fa e restare lì indifferente davanti ad un bambino di carne, un povero piccolo, e di questi ne sono morti tanti in mare. Devono morire di fame o li devo rimandare indietro? Ecco, non riesco a vedere come mettere insieme le due cose.

     
    D. – Lei è stato a lungo direttore della Caritas italiana, mons. Montenegro. In quell’esperienza che idea si è fatto della situazione dell’integrazione degli immigrati in Italia?

     
    R. – Ritengo che ancora la strada sia molta e non basti dire: “Noi italiani siamo buoni”. La bontà si deve spezzare con il pane ogni giorno e tante volte la bontà deve diventare anche pane per gli altri e non solo pane, questo è certo.

     
    D. – Il Papa ieri nella festa dell’Epifania ha ricordato che solamente in quel Bambino si manifesta la forza di Dio. Cosa significa questo? La forza del Dio Onnipotente in un bambino debole, indifeso...

     
    R. – Quel Bambino mi dà appuntamento presso altri cinque miliardi di volti. E come guardo quel bambino – e lo guardo con il cuore aperto – se voglio incontrarlo oggi, devo incontrarlo altrove, e se quel Bambino di Betlemme è debole, io devo ricordare che incontro Lui dove ci sono i deboli, dove ci sono i poveri. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Il cardinale Tettamanzi alla Festa dei Popoli: sì all'accoglienza degli immigrati e al rispetto della vita

    ◊   Accoglienza degli immigrati, rispetto della famiglia e della vita, sono stati i temi al centro dell’omelia del cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi durante la Messa presieduta ieri in Duomo per la tradizionale Festa dei Popoli in occasione dell’Epifania. Ce ne parla Fabio Brenna.
     
    Milano ha bisogno di un miracolo. Il cardinale Dionigi Tettamanzi lo chiede ad una città dove troppi occhi sono chiusi e i cuori incapaci di aprirsi. Lo ha fatto in un Duomo pieno di migranti per celebrare la Festa dei Popoli, nel giorno dell’Epifania. Con lui, sull’altare, bambini filippini e peruviani, a chiedere il perché di sentirsi trattati come “polli da sistemare in qualche gabbia”. Ma anche giovani che hanno danzato sotto le navate della chiesa madre dell’ambrosianità e due piccoli rom che hanno suonato il violino sull’altare. E per questi giovani, che rischiano di perdere di vista il valore della famiglia, travolti da una più generale emergenza educativa, il cardinale ha chiesto un’alleanza con i loro genitori:

     
    “Abbiamo bisogno di una maggiore unità tra di noi e di una volontà più decisa ed energica nel portare avanti progetti educativi nuovi, per questa nuova società in cui avete scelto di vivere; in questa società italiana sempre più composta, a buon diritto, da cittadini di altre nazionalità, abbiamo bisogno di fare emergere il meglio che è in ciascuno di noi; abbiamo bisogno di una riflessione profonda e condivisa sui valori della persona, di ogni persona, della cittadinanza, della cittadinanza di tutti e dell’appartenenza religiosa”.

     
    Reagire dunque ad un contesto che porta al dramma dell’aborto nell’indifferenza generale, o peggio – ha sottolineato il cardinale Tettamanzi - laddove le madri subiscono forme di intollerabile sfruttamento. Le famiglie dei migranti – è tornato a ribadire l’arcivescovo - diventano oggetto di proposte dal sapore nascostamente discriminatorio, fatte passare invece, come forme di saggezza culturale e di necessità politica. Ma negando i diritti, ha concluso, non ci può essere bene comune. Il pericolo da evitare per tutti allora, è quello di un “cristianesimo senza stella”: un cristianesimo cioè non illuminato da Cristo. Per essere veri cristiani occorre seguire ancora una volta l’esempio dei Magi che superarono tanti ostacoli per trovare Gesù:

     
    “Abbiamo bisogno di un miracolo, ma questo miracolo è già qui, sta dentro ciascuno di noi. Come i magi noi crediamo in Cristo Gesù e allora dobbiamo risvegliare la nostra fede, metterci in ginocchio e adorare Gesù”.

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    Cibo sprecato: la soluzione del Banco Alimentare

    ◊   Continua a far discutere la notizia delle centinaia di tonnellate di pane e di alimenti che vengono buttati ogni giorno nell’immondizia in Italia. Problemi di eccedenze, ma non solo, che fanno gridare allo scandalo. Ascoltiamo in proposito il direttore del Banco Alimentare, Marco Lucchini, al microfono di Maria Gabriella Filippi:
     
    R. – Come non solo nel pane, ma in molti altri settori dell’agroalimentare, la logica della domanda e dell’offerta porta anche ad avere un’eccedenza di prodotto che non può essere venduto. Il fatto che non può essere venduto, però, non vuol dire assolutamente che non può essere poi consumato. Da più di vent’anni noi operiamo proprio come Banco Alimentare, non solo in Italia ma in tutto il mondo, proprio per correggere questo errore di questa regola fondamentale dell’economia che è la domanda e l’offerta. Il successivo errore è il fatto che si dice: “non si può recuperare questo prodotto perché spesso le associazioni non sono in grado di ritirarlo”. Mentre, invece, un’organizzazione come Banco Alimentare è nata proprio per servire al meglio queste associazioni ma anche chi ha il problema del prodotto che è in eccedenza, in questo caso stiamo parlando del pane. Quindi io direi che si tratta solo di creare un’alleanza - come abbiamo già proposto più volte - con questi panificatori o con la grande distribuzione, perché ci si aiuti affinché tutto ciò che non può essere venduto nelle regole del mercato possa essere invece recuperato e distribuito secondo le necessità, ad esempio, delle ottomila e cinquecento associazioni che noi aiutiamo in Italia.

     
    D. - Secondo lei cosa dovrebbe cambiare nella mentalità riguardo al modo di consumare il cibo?

     
    R. - Il cibo è un dono, non è un oggetto solo commerciale, perché io ricordo sempre che come il primo uomo che è venuto sulla terra non si è messo a produrre il cibo ma l’ha trovato in natura come dono del buon Dio, così l’ultimo bambino che sta nascendo in questo momento, la prima cosa che trova è il seno della madre che gli fornisce il cibo e il nutrimento. E’ un dono e come tale va trattato. E’ solo un problema culturale di guardare a quel dono come fondamentale per l’uomo che va anche pensato, ragionato, e anche la scienza deve aiutare a conservare al meglio questo dono.

     
    D. – Il Banco Alimentare si occupa di recupero delle eccedenze di alimenti: come vengono ridistribuiti?

     
    R. – Noi stiamo servendo in questo momento in Italia ottomila e cinquecento associazioni di cui il grosso sono Caritas, San Vincenzo, Banchi di solidarietà, cioè organizzazioni che si occupano in modo particolare di portare quella che si chiama la spesa alle famiglie bisognose. Spesso sono anziani oppure ragazze madri; c’è tutto il problema delle separazioni che sta mettendo in crisi parecchie famiglie proprio perché la madre si trova da sola coi figli, il marito non ce la fa a mantenere due famiglie. Poi abbiamo le mense classiche soprattutto delegate al mondo dei Francescani ma anche alle Suore di Madre Teresa fino alle comunità che invece accolgono persone che sono bisognose, tipo i malati. Ci sono insomma vari tipi di realtà. Noi serviamo queste realtà perché proprio nel momento della condivisione del pasto non passa solo il nutrimento del corpo ma c’è un effetto di recupero della persona che è fondamentale. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Egitto: uccisi 6 cristiani durante i riti del Natale copto

    ◊   Tragico Natale per i cristiani copti egiziani, che celebrano oggi la Natività di Cristo. Sei cristiani e un’agente di polizia, musulmano, sono rimasti uccisi ed una decina di persone ferite ieri sera in un attacco armato contro i fedeli raccolti in chiesa per la festa, in un villaggio dell'Alto Egitto. L’attacco è avvenuto nei pressi della chiesa di San Giovanni a Nagaa Hamadi, nella provincia Quena, 64 chilometri da Luxor, quando intorno alla mezzanotte un commando armato ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti per la Messa natalizia. Tra i feriti anche due musulmani che transitavano nei pressi dell’edificio. Si ipotizza che a scatenare la violenza sarebbe stato il rapimento e il presunto strupro di una dodicenne musulmana, di cui la comunità islamica accusa un cristiano. Il vescovo Kirollos, che aveva lasciato la chiesa qualche minuto prima della sparatoria, ha dichiarato di aver ricevuto minacce nelle scorse settimane da parte di gruppi musulmani, lamentando che le autorità di sicurezza non le abbiano prese sul serio. Intanto stamane circa duemila cristiani – secondo la tv Al Jazira – hanno manifestato, davanti la stazione di polizia del villaggio, lanciando pietre contro gli agenti, che hanno risposto con lacrimogeni e idranti per disperdere la folla. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Paura in Pakistan per le feste natalizie: alle celebrazioni meno fedeli

    ◊   Un Natale di paura quest’anno in Pakistan. I partecipanti alle celebrazioni natalizie – come riporta l’agenzia Zenit – sono stati il 40% in meno rispetto al solito. Parlando all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), l’arcivescovo di Lahore, Lawrence Saldanha, ha affermato che i cristiani hanno temuto di essere bersaglio di attentati suicidi. Comunque, “nelle chiese” – ha affermato il presule – “c’era un’atmosfera meravigliosa. La gente era decisa a festeggiare ed ha partecipato con grande entusiasmo”, dimostrando di essere “molto forte nella fede”, visti i pericoli cui poteva andare incontro. Mons. Saldanha, presidente della Conferenza episcopale pakistana, ha dichiarato che in molte chiese è stato predisposto “un sofisticato apparato di sicurezza” e per questo ha voluto ringraziare la polizia per la sua vigilanza. I cristiani hanno fatto lunghe file per essere controllati dalle forze dell’ordine e in diversi luoghi sono stati protetti da poliziotti in borghese. Tuttavia, proprio questa situazione, ha messo in allarme molti fedeli. “Il morale era piuttosto basso” – ha confessato l’arcivescovo – “per molte persone, l’apparato di sicurezza significava che andare a Messa era difficile”. In effetti, per ridurre i pericoli, sono state cancellate alcune celebrazioni e sono state sospese alcune funzioni che si sarebbero dovute tenere in edifici non religiosi, come scuole e alberghi. (F.C.)

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    Vietnam: la polizia abbatte il Crocifisso di un cimitero cattolico di Hanoi

    ◊   E’ stato distrutto con gli esplosivi il Crocifisso del cimitero della parrocchia di Dong Chiem, a Hanoi. E i fedeli, richiamati sul posto dal boato sono stati caricati e picchiati dalla polizia. Due i giovani feriti. “La polizia ha attaccato la parrocchia nella prima mattina di oggi, - riferisce un comunicato dell’arcidiocesi di Hanoi ripreso dall'agenzia AsiaNews - mentre il parroco e il suo aiuto erano all’annuale ritiro all’arcivescovado. Circa 500 agenti di polizia, in tenuta antisommossa e con un gran numero di cani sono stati spiegati nella zona per proteggere un gruppo di genieri dell’esercito, impegnati ad abbattere un grande Crocifisso eretto su un masso all’interno del cimitero della parrocchia”. L’attacco è cominciato alle tre di notte, con l’esplosivo. “Udendo lo scoppio – ha raccontato il parroco, padre Joseph Nguyen Van Huu - i fedeli sono accorsi sul luogo per difendere il loro crocefisso, ma sono stati bloccati dalla polizia, che ha tentato di respingerli. Almeno due parrocchiani sono stati feriti e portati via”. I fedeli hanno riferito di essere stati oggetto di lanci a breve distanza di gas lacrimogeni, mentre erano inginocchiati in preghiera e chiedevano ai funzionari di polizia di fermare la distruzione. (R.P.)

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    Stati Uniti: in aumento i crimini contro le organizzazioni cristiane

    ◊   Durante il 2009, negli Stati Uniti è aumentato il numero di crimini commessi contro le organizzazioni cristiane. E’ quanto scrive il Christian Security Network in un recente rapporto intitolato “Crimini contro Organizzazioni cristiane negli Stati Uniti”. Il testo documenta oltre 1.200 atti di violenza contro i cristiani nell’anno appena trascorso. Tra questi si contano 12 omicidi e altri 38 casi di violenza, che comprendono tre tentativi di stupro e tre sequestri. Sono poi riportati 98 casi di incendi dolosi e 700 furti con scasso. Jeff Hawkins, direttore del Christian Security Network, durante la presentazione del rapporto a Cincinnati, ha definito la situazione “scoraggiante”. Per Hawkins, esperto di sicurezza, i delinquenti ritengono gli edifici di culto e le organizzazioni cristiane obiettivi tutto sommato facili. Anche il Federal Bureau Investigation (FBI) ha statistiche attinenti le violenze motivate da odio verso la religione, ma i dati non sono completi, perché, a detta di Hawkins, molti crimini di minore gravità spesso non vengono nemmeno denunciati dalle vittime, che preferiscono scegliere la via del perdono, come miglior antidoto per evitare ulteriori problemi. (F.C.)

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    Congo: la proposta dei missionari per la pace nel Kivu

    ◊   “Dopo il rapporto di novembre 2009 del Gruppo degli esperti delle Nazioni Unite sulla situazione nel nord e sud Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, i grandi della terra non possono più far finta di ignorare ciò che vi succede” afferma un comunicato, inviato all’agenzia Fides, della Rete “Pace per il Congo” promossa dai missionari saveriani che operano nel Kivu. “La lunga e dolorosa serie di massacri, stupri, incendi di villaggi, sequestri, furti e saccheggi, umiliazioni di ogni genere, di cui la popolazione civile dei Kivu è vittima e che è stata denunciata dalla società civile congolese già da molto tempo, è ora a conoscenza di tutti, così pure il fallimento delle operazioni militari intraprese per riportare la pace” continua il comunicato. I missionari respingono le interpretazioni del conflitto in chiave etnica e affermano che “la crisi gira intorno allo sfruttamento illegale delle risorse minerarie della RD Congo (cassiterite, coltan, oro, wolfram, petrolio e gas metano) in cui sono implicate note multinazionali occidentali e società minerarie con sede in Europa, Canada, Stati Uniti e Asia”. Per risolvere il conflitto, la Rete “Pace per il Congo” propone una serie di azioni che la comunità internazionale dovrebbe intraprendere: 1. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dovrebbero esercitare una forte pressione su Rwanda e Uganda mediante la minaccia di sospendere loro l'aiuto, se ritenuto necessario; 2. Imporre delle sanzioni ai paesi limitrofi della RD Congo, particolarmente il Rwanda e l'Uganda che, direttamente o indirettamente, sfruttano illegalmente le risorse minerarie del Paese e alle compagnie o individui implicati nel commercio illegale di minerali con i gruppi ribelli; 3. Rendere operativa la tracciabilità dei minerali e di altre ricchezze naturali provenienti dalla RD Congo, come auspicato anche dal Parlamento Europeo; 4. Respingere, senza la minima tergiversazione, la militarizzazione della regione dei Grandi Laghi mediante Africom (il comando degli Stati Uniti per l’Africa) che ha causato già tanta miseria alle popolazioni civili; 5. Impedire il rafforzamento dei regimi autoritari e lottare contro la restrizione dello spazio politico in tutti i Paesi della regione dei Grandi-Laghi da parte di coloro che detengono il potere. I missionari inoltre hanno inviato al Presidente statunitense Barack Obama una Lettera aperta sulla situazione dell’est della Repubblica Democratica del Congo, nella quale chiedono agli Stati Uniti di “rivedere criticamente la loro politica di questo ventennio nella Regione dei Grandi Laghi”, di rinunciare alla militarizzazione della Regione, di adottare una legislazione per la tracciabilità delle materie prime esportate e di valorizzare il potenziale umano della Regione, “aprendo un dialogo con le forze vive della società civile e valorizzando i capi locali oggi esautorati”. (R.P.)

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    L'impegno della Chiesa cattolica per la riconciliazione in Sud Sudan

    ◊   “Abbracciare sentimenti di pace per favorire la riconciliazione”: è l’appello che il vescovo Rudolph Deng Majak della diocesi di Wau, nello stato meridionale di Bahr al Ghazal, ha rivolto ai fedeli durante la messa celebrata domenica scorsa. “Dobbiamo andare incontro al 2010 come una nazione pacificata” ha detto il presule, lodando il presidente Omar Hassan al Beshir e il vice-presidente Salva Kiir Mayardit per “aver raggiunto un consenso sui referendum di Abiey e per l’autodeterminazione del Sud Sudan”. Alla presenza del governatore locale, Mark Nyipuoc, il presule ha invitato i politici sudanesi “a porre il Paese nella mani di Dio” e a impegnarsi perché la pace lo assista “per tutto il nuovo anno e oltre”. Anche gli esponenti dei diversi partiti politici - riferisce l'agenzia Misna - dovrebbero approfittare delle celebrazioni religiose per favorire la riconciliazione – ha sottolineato il vescovo – precisando che “nonostante i diversi punti di vista, costituiamo una nazione unica che deve impegnarsi a camminare unita”. Nei giorni scorsi, in occasione del 54° anniversario dell’indipendenza, il presidente Bashir aveva espresso la speranza che i cittadini sud-sudanesi, chiamati a votare nel gennaio 2011 per l’autodeterminazione, scegliessero di “preservare l’unità del Paese”. Il presidente aveva sottolineato inoltre che il governo di Khartoum considera “una priorità” la pacificazione e stabilizzazione della regione del Darfur, teatro dal 2003 di un aspro conflitto e di una grave crisi umanitaria. (R.P.)

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    Alluvioni in Kenya: emergenza per oltre 30 mila persone

    ◊   Secondo la Croce Rossa del Kenya (Krcs), in seguito alle piogge che hanno causato gravi inondazioni nel paese, circa 30 mila persone hanno urgente bisogno di aiuti di ogni genere, cibo, acqua e servizi sanitari. Migliaia di persone - riporta l'agenzia Fides - sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni, strade e ponti sono andati distrutti o gravemente danneggiati, isolando gli abitanti e lasciandoli senza viveri, oltre che ad esporli al rischio di epidemie di colera. La Krcs ha iniziato a distribuire in Turkana e Nakuru, biancheria, zanzariere, utensili da cucina, sapone, disinfettanti e taniche per l’acqua. La situazione è molto grave e si corre il rischio che la situazione possa evolvere in un vero e proprio disastro ambientale. In alcune zone le strade sono state completamente spazzate via e, secondo il National Disaster Operation Centre (Ndoc), i morti finora registrati sono 21. La zona più gravemente colpita dalle alluvioni è la regione della North Rift Valley. Nel distretto di Turkana East sono morte cinque persone, cinque ponti, molte abitazioni e fattorie sono andati distrutti, e centinaia di capi di bestiame sono stati persi. La responsabile dell’Unicef per questa emergenza ha detto che il loro impegno è di essere concentrati sui casi di malattie diarroiche e sul colera a Lokori, East Turkana, zona già colpita da una recente epidemia, che sta vedendo peggiorare la situazione. Secondo i residenti locali, le strade per Baragoi a Samburu e Kargi a Marsabit, nella Provincia occidentale, sono inaccessibili. Centinaia di bambini di Marsabit non possono andare a scuola. Nel distretto di Laikipia, dove piove dal 3 gennaio, oltre 200 famiglie sono state sfollate, le loro abitazioni e i prodotti agricoli distrutti. Secondo le previsioni le piogge continueranno fino alla prima settimana di febbraio. (R.P.)

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    Cina: per l'Epifania chiese affollate nonostante la forte nevicata

    ◊   Nonostante sia un giorno feriale in Cina e gli ostacoli creati dalla forte nevicata dei giorni scorsi, i cattolici cinesi hanno celebrato con grande devozione la solennità dell’Epifania in comunione con la Chiesa universale e con il Santo Padre, il 6 gennaio. L’intensa nevicata dei giorni scorsi infatti non si è ancora del tutto esaurita e in alcune zone continua a nevicare, inoltre la condizione delle strade è molto critica, tuttavia ieri mattina, molto presto, le chiese, le cappelle e gli altri luoghi abituali di preghiera si sono riempiti di fedeli che hanno partecipato alla Messa dell’Epifania. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, i parroci di Pechino si erano raccomandati perché soprattutto i fedeli più anziani rimanessero a casa a pregare, a causa della neve, invece hanno trovato le chiese piene di anziani per la prima Messa del mattino, delle ore 6, come di consueto. La cattedrale di Jing Xian della diocesi di Jing Xian, nella provincia dell’He Bei, ha allestito una sacra rappresentazione dell’arrivo dei Magi: alcuni fedeli indossando i vestiti dei Magi hanno aperto il corteo della solenne celebrazione dell’Epifania, guidato da una gigantesca Croce. Quattro sacerdoti hanno concelebrato la Messa davanti a numerosi fedeli, religiose e catecumeni. Durante l’omelia, il sacerdote ha sollecitato i fedeli a ricordare la nascita di Gesù, il suo Battesimo e l’adorazione dei Magi, perché “anche noi portiamo il messaggio di Gesù a tutti quello che ci circondano, conducendoli verso l’abbraccio del Signore”. Per venire incontro ai fedeli che lavorano nel giorno dell’Epifania, numerose comunità hanno anticipato la celebrazione alla domenica 3 o l’hanno posticipata alla domenica 10 gennaio, rispondendo così alle esigenze dei fedeli, senza tuttavia trascurare il giorno tradizionale del 6 gennaio. (R.P.)

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    Sri Lanka al voto: l’importante ruolo dei cattolici

    ◊   I cristiani dello Sri Lanka possono giocare un ruolo chiave nel dibattito politico in vista delle elezioni presidenziali del 26 gennaio prossimo. E’ quanto emerso – come riporta l’agenzia AsiaNews - in un incontro tenuto lo scorso 3 gennaio dall’Istituto di ricerca “Centre for Society and Religion” (Csr), con la partecipazione di attivisti per i diritti umani e di rappresentanti della Chiesa cattolica. Padre Rohan Silva, direttore del Csr, ha affermato che “fino ad ora le Chiese non hanno educato abbastanza i religiosi e i fedeli ad un ruolo attivo in politica”. Pertanto, è necessario che le persone di fede siano “coinvolte nel processo politico e nel voto con maggiore autorità e consapevolezza rispetto al passato”. Anche molti attivisti per i diritti umani hanno concordato con padre Silva e hanno sottolineato l’importanza di andare a votare, anche perché i candidati saranno 22. Il direttore del Csr ha poi dichiarato che è sua intenzione chiedere alla Conferenza episcopale cingalese “di preparare una lettera pastorale sulle elezioni”. L’Episcopato ha fatto sentire la sua voce. Preoccupazione dei vescovi è far sì che l’appuntamento elettorale si svolga senza brogli e manipolazioni. Il vescovo di Jaffna, mons. Savundaranayagam, ha affermato che “dopo queste elezioni il problema dei tamil dovrà essere risolto”. L’arcivescovo di Colombo, mons. Malcom Ranjith, ha invitato i cattolici a votare secondo coscienza, affinché lo Sri Lanka possa approdare ad un’era di “vera pace e sviluppo”. “Noi cattolici” – ha affermato ieri il presule – “dobbiamo tenere conto dei principi di fede che governano il nostro modo di pensare e le nostre responsabilità a livello sociale”. Mons. Ranjith ha auspicato “soluzioni politiche durature” ai problemi nel Nord e nell’Est del Paese, il rafforzamento della democrazia e della libertà di espressione ed uno sviluppo economico capace di superare lo squilibrio tra ricchi e poveri. Il prelato precisa inoltre che la gerarchia cattolica fornisce le linee guida, ma non riveste alcun ruolo politico e “rispetta la libera scelta di ciascun fedele”. Una puntualizzazione rispetto a dichiarazioni che, in passato, sono state “estrapolate dal contesto” per farlo apparire vicino a un particolare candidato. “Non sostengo nessuno – ha concluso – ma credo nel buon giudizio dei cittadini”. (F.C.)

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    Brasile: il Santuario di Aparecida si mobilita per le vittime delle inondazioni a San Paolo

    ◊   Il Santuario nazionale di Nostra Signora di Aparecida, a San Paolo, ha iniziato una campagna di solidarietà per le vittime delle recenti inondazioni a São Luiz do Paraitinga. Saranno inviate tre spedizioni di provviste alimentari, inoltre si realizzeranno raccolte di altri generi necessari, come candele, vestiti e acqua potabile. La campagna durerà due settimane, con la possibilità che dopo il primo invio seguano altre due spedizioni, l’11 e il 18 gennaio. Il Santuario invierà tutte le donazioni di alimenti che vengono effettuate quotidianamente dai pellegrini e dai devoti di Nostra Signora di Aparecida. “Di solito riceviamo al Santuario nazionale le donazioni dei devoti della Madre di Aparecida, frutto dei voti esauditi e dei ringraziamenti per l'intercessione di Maria Santissima. Questo materiale, che nel corso dell'anno viene donato in beneficenza al Comune, nelle prossime due settimane sarà messo insieme a ciò che la popolazione ha donato espressamente per aiutare la gente colpita da questa tragedia” ha detto il rettore del Santuario nazionale, padre Darci Nicioli. Da quando sono cominciate le precipitazioni, nei primi giorni del mese di dicembre 2009, il numero totale di morti in Brasile a causa delle piogge è salito ad oltre 80. I funzionari della protezione civile hanno confermato che una valanga ha spazzato via durante le prime ore del 1°gennaio, la piccola spiaggia di Pousada era Sankay. Un’altra frana si era verificata ad Angra dos Reis, città continentale nello stesso comune di Ilha Grande, dove si contano 37 morti. (R.P.)

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    Il Consiglio indigenista missionario del Brasile in difesa dei nativi dell'Amazzonia

    ◊   Timore per le “persecuzioni” alle quali sono sottoposte molte popolazioni native dell’Amazzonia è stata espressa in una lettera aperta al presidente Luiz Inacio Lula da Silva dal Consiglio indigenista missionario (Cimi), un’organizzazione cattolica che si batte in Brasile per la difesa dei diritti umani. “Manifestiamo la nostra profonda inquietudine – si afferma nel documento ripreso dall'agenzia Misna – per le condizioni di sopravvivenza critiche delle popolazioni indigene isolate o di quelle entrate di recente in contatto con i bianchi, in particolare nello stato di Rondonia”. Nella lettera si ricorda un caso emblematico avvenuto alla fine del 2009 in questa zona del Brasile occidentale, confinante con la Bolivia. “Nello stato di Rondonia – scrive il Cimi – è stato di recente assassinato da un sicario l’ultimo superstite di un popolo massacrato”. Nel documento si evidenzia il rischio costituito per alcuni dei 67 gruppi di indigeni “senza contatto” che ancora abitano il Brasile dalla costruzione in Amazzonia delle dighe previste dal “Programma di accelerazione della crescita” (Pac) del governo di Lula. Secondo il Cimi, molti nativi “continuano a essere vittime dell’avanzata delle coltivazioni e della deforestazione”. (R.P.)

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    35 operatori Onu morti nel 2009. La protesta del sindacato del personale delle Nazioni Unite

    ◊   35 operatori umanitari, 28 civili e 7 soldati impegnati in missioni di pace, vittime di assalti e attentati omicidi: sono le cifre del drammatico bilancio dei morti nel 2009 tra il personale delle Nazioni Unite. Metà dei caduti, 17 su 35, ha trovato la morte in Afghanistan e in Pakistan. Tra i rimanenti, 5 operatori dell’Ufficio per i rifugiati della Palestina nel Vicino Oriente (Unrwa) sono stati uccisi nel corso dell’offensiva israeliana contro la striscia di Gaza e 2 hanno trovato la morte in Somalia. “Ancora una volta – dichiara il presidente del sindacato del personale Onu, Stephen Kisambira, - lo staff delle Nazioni Unite ha dovuto pagare con la vita i suoi sforzi per assistere le popolazioni in difficoltà”. Kisambira parla di una “tendenza scioccante a considerare deliberatamente l’Onu un bersaglio” e rammenta che “50 anni dopo l’adozione della Convenzione sulla sicurezza del personale Onu, 104 Stati membri non l’hanno ancora ratificata”, mentre il Protocollo facoltativo del 2005, ratificato solo da una ventina di Stati membri, “non è mai entrato in vigore”. La ratifica dei due documenti dimostrerebbe, secondo lo stesso dirigente, la seria volontà e l’impegno degli Stati membri dell’Onu “di proteggerne il personale” e il loro apprezzamento “del ruolo delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace e nella promozione dello sviluppo nelle aree più arretrate del pianeta”. (R.G.)

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    L'America dedica il nuovo anno a Pauline Marie Jaricot sulla scia di Aparecida

    ◊   I direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) del continente Americano, hanno deciso la celebrazione di un Anno dedicato a Pauline Marie Jaricot, dal 9 gennaio 2010 al 9 gennaio 2011. Questo tempo ha come obiettivo l'approfondimento della sua vita e il rafforzamento della nostra identità di discepoli missionari attraverso l’esempio di questa giovane laica, fondatrice della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, proclamata venerabile da Papa Giovanni XXIII il 25 febbraio 1963. Questo anno dedicato a Pauline Jaricot si propone di “riprendere il fervore spirituale e conservare la dolce gioia di evangelizzare, anche quando bisogna seminare con le lacrime". Pauline Marie Jaricot nacque il 22 luglio 1799, settima figlia di una famiglia borghese di Lione, in Francia. Appena diciassettenne, dopo una grave malattia e la morte della madre, inizia una vita di preghiera intensa e un profondo cammino di ricerca spirituale. Durante gli anni giovanili entra in un’associazione della Società per le Missioni Estere di Parigi, che chiedeva preghiere e sostegno economico per aiutare le missioni in Estremo Oriente. Come Papa Leone XIII scriveva a Giulia Maurin il 13 giugno 1881, “con la sua fede, la fiducia, la sua forza d’animo, la sua amabilità e l’accettazione serena delle sue croci, Pauline si mostrò vera discepola di Cristo. Al fine di continuare l’opera da lei iniziata per la diffusione del Vangelo fino agli estremi confini del mondo, incoraggio tutti i cattolici di Francia ad approfondire questa vocazione tradizionale dei testimoni di Cristo che risale ai Martiri di Lione e a S. Ireneo”. Molto semplice e pratica, Pauline Jaricot ha creato un'Opera che non smette di crescere in tutto il mondo e che attualmente sostiene ogni anno migliaia di progetti di evangelizzazione nei 5 continenti. Pauline Jaricot ci invita a dare più attenzione ai poveri, e ad amarli sempre di più. Le Pom dell’America, seguendo il documento di Aparecida, contano di riflettere sempre su questa linea: “siamo consapevoli che la missione evangelizzatrice non può essere separata dalla solidarietà con i poveri e dalla loro promozione integrale, e sapendo che ci sono delle comunità ecclesiali a cui mancano le risorse, è necessario aiutarle, come facevano le prime comunità cristiane, in modo che veramente si sentano amate". (R.P.)

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    L'estremo saluto della Chiesa giapponese al cardinale Shirayanagi

    ◊   Due giorni fa la cattedrale cattolica di Tokyo si è ripiena di fedeli e un centinaio di sacerdoti e 18 vescovi hanno fatto corona all’arcivescovo Pietro Okada, per partecipare ai funerali del cardinale Pietro Seiichi Shirayanagi, deceduto nella capitale nipponica il 30 dicembre scorso, all'età di 81 anni. Il nunzio apostolico mons. Alberto Bottari de Castello ha rappresentato Benedetto XVI; mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, le Chiese dell’Asia; il cardinale Joachim Meisner di Colonia, e numerosi missionari, in rappresentanza dell’Europa. Dal giorno della sua ordinazione sacerdotale (maggio del 1954) fino a pochi mesi prima della morte, il cardinale non ha fatto altro che impegnarsi per “rendere vivo il messaggio di Cristo nell’ambiente culturale del Giappone attraverso l’evangelizzazione e il dialogo; nel testimoniare affetto e gratitudine al presule defunto, martedì l’assemblea di Tokyo è risultata l’icona della Chiesa giapponese, come si è andata formando negli ultimi 30 anni. Durante la cerimonia funebre ci sono stati solo due discorsi: quello dell’arcivescovo Okada e quello del dott. Niwano, figlio del fondatore dell’associazione laica buddista Risshokoseikai. Shirayanagi per molti anni è stato richiesto e accolto come direttore spirituale di quella associazione. Niwano ha concluso il breve ma commovente addio recitando la preghiera di san Francesco d’Assisi, la medesima che 10 anni prima il vescovo Shirayanagi aveva recitato durante il funerale di suo padre. Forse mai, come dopo il discorso di Niwano, i cattolici di Tokyo - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno capito l’importanza e la fecondità del dialogo interreligioso. (R.P.)

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    Veglia di Natale nella chiesa romana di Santa Caterina di Alessandria del Patriarcato di Mosca

    ◊   L’Inno di "Gloria a Dio nell’alto dei cieli" è stato innalzato con gioia, la notte scorsa a Roma, nella veglia natalizia che ha riunito sul Gianicolo, nella monumentale chiesa di Santa Caterina di Alessandria del Patriarcato di Mosca, parecchie centinaia di fedeli ortodossi. La celebrazione è stata presieduta dal suo parroco, Igumeno Filipp Vasiltsev, concelebranti gli archimandriti Simeone del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e Clemente del Patriarcato bulgaro. Il rito, ricco di suggestione, è stato impreziosito dai canti liturgici e tradizionali russi, eseguiti dalla Corale diretta da Veronica Volovnykova, che li riproporrà per i fedeli cattolici di Roma la sera di venerdì 15 gennaio nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Alla Divina Liturgia - cui hanno assistito padre Milan Zust, in rappresentanza del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, e il rettore della Chiesa anglicana di Roma - ha fatto seguito la lettura del messaggio natalizio del Patriarca russo ortodosso Kyril ed un fraterno scambio di auguri. Il Natale, secondo il calendario giuliano, è stato celebrato anche dalla Chiesa greco-cattolica di Ucraina. A Roma la Veglia nella Chiesa di Santa Sofia è stata presieduta dal vescovo Dionisio Lakovic, mentre alcune Chiese ortodosse – come la bulgara e la romena – l’avevano già celebrato il 25 dicembre insieme con i cattolici. Le Chiese protestanti hanno fatto ieri memoria del Battesimo di Gesù. (A cura di Graziano Motta)

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    Il Patriarcato di Mosca congela i rapporti con i protestanti tedeschi

    ◊   Dopo voci e dichiarazioni ufficiose, la notizia del congelamento dei rapporti tra protestanti tedeschi e ortodossi russi, è arrivata nel mese in cui si sarebbero dovuti tenere i festeggiamenti per i 50 anni di dialogo tra Patriarcato di Mosca e gli eredi di Lutero. Lo scorso 15 dicembre - scrive il quotidiano Avvenire - l'arcivescovo Hilarion Alfeyev, responsabile delle relazioni internazionali del Patriarcato moscovita, in un'intervista rilasciata al settimanale Der Spiegel, ha spiegato i motivi dell'impasse e quelli per cui il Patriarca Kirill non poteva e non può incontrare Margot Käßmann, eletta alla presidenza del Consiglio delle Chiese evangeliche tedesche. "Crediamo che una donna non possa continuare la linea della successione apostolica, come fanno invece i vescovi cattolici ed ortodossi" ha spiegato Hilarion, sostenendo che un faccia a faccia tra Kirill e Käßmann, "sarebbe un segnale che la nostra Chiesa riconosce il sacerdozio femminile. I nostri fedeli non lo capirebbero". L'arcivescovo russo ha poi criticato duramente le posizioni etico-morali dei protestanti tedeschi - che "giustificano dal punto di vista teologico l'omosessualità e arrivano a benedire i matrimoni gay" mentre "alcune Chiese rifiutano di ritenere l'aborto un peccato" - ricordando poi che, secondo la visione degli ortodossi, quelle protestanti non sono "Chiese", ma solo "comunità di cristiani". Hilarion ha usato invece parole di apprezzamento per Benedetto XVI, di fiducia nel dialogo con la Chiesa cattolica, manifestando la volontà da parte russa di arrivare ad una svolta nelle relazioni con il Vaticano, per un'alleanza a difesa dell'identità cristiana dell'Europa. (R.P.)

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    Il cardinale Sepe celebra l'Epifania in cattedrale alla presenza di vari gruppi etnici

    ◊   “I Magi rappresentano tutti noi perché, nel loro cammino, riconosciamo il compiersi del pellegrinaggio di tutte le genti verso il Messia, il Figlio di Dio fattosi carne”. Lo ha detto ieri l'arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, nel giorno dell’Epifania, durante la concelebrazione eucaristica, nella cattedrale, alla presenza dei rappresentanti dei vari gruppi etnici che vivono ed operano a Napoli e nel territorio dell’arcidiocesi. Immigrati di diversi Paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America latina, dell’Europa dell’Est - riferisce l'agenzia Sir - hanno partecipato alla messa. “Anche voi – ha sottolineato il porporato - siete venuti da lontano e oggi abitate in questa nostra città che vuole accogliervi come Gesù accolse i pastori e i Magi. Napoli vuole essere e diventare sempre di più la grotta di Betlemme con le porte sempre aperte ad accogliere chiunque chiede di entrare”. I Magi, ha aggiunto il cardinale, “hanno visto una stella che li ha guidati fino alla meta. “Anche per voi, cari amici – ha affermato il cardinale Sepe, rivolgendosi agli immigrati presenti in cattedrale -, è stato pericoloso e doloroso il vostro giungere fin qui. Ma anche voi siete stati guidati dalla grande e luminosa stella della speranza e questa luce non dovrà essere spenta. In questa festa della manifestazione del Signore ai popoli – ha dichiarato il porporato - anche noi vogliamo mantenerci aperti alla ricerca di Dio, che è in ogni luogo. Dio si è fatto bambino proprio per venire in mezzo a noi disarmato, per non darci l’impressione di potenza o di sopruso”. Perciò, “come i Magi, portiamo al Bambino i nostri doni: la fede, la giustizia, la legalità, il rispetto dell’altro, l’attenzione verso i bisognosi. L’incontro con Gesù ci darà la forza di non stancarci mai nel pellegrinaggio della vita e ci riempirà di gioia, facendoci provare la bellezza e la dolcezza del suo amore per noi”. (R.P.)

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    La diocesi di Milano ricorda Papa Montini e ringrazia il cardinale Martini

    ◊   E’ stata un’Epifania speciale quella di quest’anno per la Diocesi di Milano. La Chiesa ambrosiana, infatti, ha ricordato ieri una doppia ricorrenza: il 55° anniversario dell’ingresso dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI) e il 30° anniversario della consacrazione a vescovo di Carlo Maria Martini. Il sito della diocesi ha riportato due articoli scritti rispettivamente nel 1955 e nel 1980 sulla rivista “Diocesi di Milano”, per ricordare i due grandi eventi. Nel primo si fa riferimento alla testimonianza dell’allora segretario di Montini, mons. Antonio Maria Travia, che ricordava come l’arcivescovo, al suo arrivo, fece fermare la macchina che lo trasportava per scendere e baciare la strada “bagnata e inzaccherata di neve sporca ancora non del tutto sciolta”, “espressione incontenibile” – affermava mons. Travia – “di un amore verso la Chiesa di Milano che già aveva raggiunto il massimo della sua carica”. Per Montini, secondo mons. Travia, la Chiesa ambrosiana “rappresentava il suo futuro, ma era già il suo presente: egli viveva già intensamente l’amore per il suo gregge, la sua Chiesa”. Un amore che ha sempre dimostrato anche il cardinal Martini, ordinato vescovo nella Basilica di San Pietro da Giovanni Paolo II. La cronaca dei giorni della sua consacrazione sono stati ripercorsi attingendo ad un articolo di Ernesto Brivio, che nel 1980, ricordava l’incontro avvenuto a Roma dei pellegrini milanesi con il loro nuovo pastore. Un incontro “festoso, improntato a spontanea e reciproca simpatia”. “Tutti”, scriveva Brivio, “furono conquistati dal calore umano e dal sorriso schietto dell’arcivescovo” che, dopo l’ordinazione, ricevette i suoi fedeli nell’atrio dell’Università Gregoriana. Per tutti furono importanti le parole di Giovanni Paolo II, che non solo ricordò il compito del Pastore, ma anche e soprattutto, affermava Brivio, della “docilità che è richiesta al gregge di camminare sulle sue orme”. L’intervento sul sito della diocesi, scritto da Giuseppe Grampa per ricordare il duplice anniversario, si conclude ringraziando Dio di aver donato alla Chiesa ambrosiana l’arcivescovo Montini e augurandosi che il cardinale Martini possa continuare a lungo, “con la parola e gli scritti”, a camminare con i milanesi. (F.C.)

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    Sarà presto dimesso dal Policlinico Gemelli il cardinale Roger Etchegaray

    ◊   In via di guarigione il cardinale Roger Etchegaray, dopo la caduta nella Basilica Vaticana, durante la Messa di Natale, in seguito al tentativo di una giovane piscolabile di avvicinarsi al Papa - rimasto illeso - scavalcando le barriere di sicurezza nella navata centrale. L’anziano porporato, 87 anni, che nell'incidente ha riportato la frattura del femore, sarà dimesso entro tre-quattro giorni dal Policlinico Gemelli di Roma, dove è ricoverato dallo scorso 24 dicembre. Lo ha riferito il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ieri mattina ha fatto visita ai bimbi ricoverati nel reparto di oncologia pediatrica del nosocomio, e in questa occasione è andato a trovare anche il cardinale Etchegaray. ''E' una persona molto carica di vita, molto entusiasta'', ha raccontato Alemanno, riferendo che il porporato nonostante le stampelle lo aveva voluto accompagnare all'uscita della camera. “Mi ha raccontato – ha aggiunto il sindaco di Roma - tutte le sue esperienze con il mondo politico in Francia e mi ha inondato di una grande voglia di vivere. L'ho visto molto bene, sta recuperando e ci siamo dati appuntamento - ha concluso - fra 15 giorni o a casa sua o in Campidoglio quando si sarà ristabilito.'' (R.G.)

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    Oggi pomeriggio a Milano i funerali di don Leonardo Zega

    ◊   Si svolgeranno oggi pomeriggio a Milano i funerali di don Leonardo Zega, sacerdote paolino, figura di spicco del giornalismo cattolico, spentosi martedì scorso a Milano, all’età di 81 anni, a seguito di un’infarto. Le esequie saranno celebrate alle ore 16, nella chiesa di San Pietro in Sala; la salma sarà poi tumulata domani ad Alba, dove si trova la casa madre dei Periodici San Paolo. Don Zega, aveva diretto con grande successo per quasi vent’anni, dal 1980 al 1998, il popolare settimanale “Famiglia Cristiana”, arrivando a tirare 2 milioni di copie. Religioso attento alla modernità, giornalista appassionato, don Zega aveva raccolto con ferma convinzione l’invito del beato Alberione fondatore dei Paolini di “parlare di tutto cristianamente”, una scelta che lo aveva esposto - specie con la nota rubrica “Colloqui con il padre” - anche a critiche severe, fino all’accusa di “estrema spregiudicatezza” della sua linea editoriale e le conseguenti dimissioni dopo la decisione della Santa Sede di commissariare i Paolini, editori del settimanale. Marchigiano d’origine, don Zega era nato nel 1928 a Sant'Angelo di Pontano, nei pressi di Macerata, aveva compiuto gli studi a Roma presso il seminario della Società San Paolo e all'Università Gregoriana. Ordinato sacerdote nel 1954, aveva sempre lavorato nel settore giornalistico, prima all'Ufficio edizioni centrali della San Paolo, quindi nella redazione di “Orizzonti”, prima di approdare a “Famiglia Cristiana”, infine collaboratore del quotidiano “La Stampa”. Tra i suoi libri si ricordano “Colloqui col padre” (Mondadori, 1995) e “I volti dell'amore” (Garzanti, 1999). Diversi i riconoscimenti dal Premio internazionale Ischia di giornalismo (1998) al Premio Saint Vincent (1999). “Con la scomparsa di don Zega, - si legge in una nota apparsa sulla rivista paolina Club3 - la Società San Paolo perde un lucido intellettuale che è stato sempre impegnato sul fronte della diffusione del messaggio evangelico con i moderni e spesso tormentati strumenti della comunicazione sociale”. Scriveva don Zega, nel suo ultimo editoriale della stessa rivista: “Guardiamo al futuro con apprensione dopo che il primo decennio del 2000 si chiude con troppe speranze andate deluse. Ma il domani sarà anche quello che oggi noi vogliamo e costruiamo con le nostre mani” (A cura di Roberta Gisotti)

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    Assisi: "Pro civitate cristiana" contro la privatizzazione dell'acqua

    ◊   “Le politiche dell’acqua devono scegliere la via della gestione pubblica delle risorse idriche; devono sottrarre l’acqua alle leggi del mercato e del profitto, a livello locale, nazionale e globale, anteponendo alle pressioni delle multinazionali il grido dei poveri”: è un passaggio della ‘Dichiarazione di Assisi’, adottata nella città di San Francesco a conclusione del 64° Convegno giovani promosso dall’associazione ‘Pro civitate cristiana’. Dal titolo “Un sasso nell’acqua”, il convegno ha voluto ribadire che l’acqua è un diritto fondamentale dell’umanità e un diritto delle generazioni future, che non va sprecata e che deve essere gestita in modo equilibrato. Nella 'Dichiarazione', i giovani esponenti dell’associazione di volontari laici con sede ad Assisi “condannano” il voto con il quale il 19 novembre scorso il parlamento italiano ha aperto alla privatizzazione dell'acqua. “È un atto gravissimo che noi riteniamo immorale. Per questo - scrivono nella 'Dichiarazione' ripresa dall'agenzia Misna - chiediamo che l’acqua rimanga gestita esclusivamente e direttamente dalle comunità locali, che hanno da sempre diritto di garantirne la distribuzione per tutti al costo più basso possibile”. I firmatari auspicano che l’acqua sia dichiarata un bene di non rilevanza economica e che siano escluse, per la sua gestione, le società per azioni. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Smentito l’arresto del capo di Al Qaeda nello Yemen

    ◊   Colpo di scena nello Yemen, dove il ministro degli Interni, Rashad al Halimi, ha comunicato a oggi che il capo locale di Al Qaeda, Mohammad Ahmed al Hanak, è ancora in fuga, dopo che nelle prime ore di stamani c’era stato l’annuncio della sua cattura. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Nessun arresto eccellente, dunque, in Yemen. Ad annunciarlo il Ministero degli interni di Sanàa, che ha però confermato il fermo di tre persone. Uno degli arrestati, identificato inizialmente come il leader di Al Qaeda nel Paese, Hanak, era riuscito a fuggire tre giorni fa, benché ferito, durante uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza nella regione di Arhab, durante il quale due suoi complici erano stati uccisi e alcuni altri feriti e arrestati. Proprio dalle minacce di Hanak contro l’ambasciata americana nella capitale yemenita, era scaturita la decisione di chiudere, nei giorni scorsi, la sede diplomatica statunitense. Trapelano, intanto, notizie anche sul giovane nigeriano, Umar Faruk Abdulmutallab, che a Natale tentò di compiere un attentato sul volo Amsterdam-Detroit. L’uomo - secondo fonti ufficiali - durante un soggiorno nello Yemen incontrò l'imam Anwar al Awlaki, il predicatore radicale legato anche allo psichiatra, Nidal Hasan, autore della strage compiuta a novembre a Fort Hood negli Usa, nella quale morirono 13 persone. Lo Yemen, dunque, si conferma un importante snodo per il terrorismo internazionale, tanto da accendere l’interesse di Washington, che è già presente nel Paese con alcuni ufficiali impegnati nell’addestramento delle forze speciali yemenite antiterrorismo. Una presenza che gli Stati Uniti vorrebbero implementare, d’accordo con il governo di Sanàa, che esclude, però, un impegno diretto degli americani. Intervento che, ha dichiarato ieri il Ministro degli esteri yemenita Al Kirbi, “complicherebbe di molto le cose”.

     
    Iraq: massacrati alcuni poliziotti e le loro famiglie
    Un dirigente dell'antiterrorismo della polizia irachena e altre sei persone - poliziotti e membri delle loro famiglie - sono stati uccisi all'alba in attentati contro le loro abitazioni presso la città irachena di Ramadi.

    Afghanistan
    Tre razzi sparati da ribelli hanno ferito quattro civili nella capitale afghana Kabul, mentre nella provincia afghana di Khost il governatore e altri tre funzionari sono rimasti feriti in un attacco dei talebani, condotto contro l'edificio del governatorato. Una settimana fa, un attentato kamikaze aveva colpito la stessa provincia, provocando la morte di sette agenti della Cia e di un loro collaboratore. Al Qaeda fa sapere che l’attacco della scorsa settimana è stata una vendetta per gli attacchi Usa che hanno provocato morti in Pakistan.

    Lancio di mortai da Gaza
    Sette bombe di mortaio sparate dalla striscia di Gaza sono scoppiate stamani in territorio israeliano senza causare vittime né danni. Alcune bombe sono cadute nei pressi del valico di confine di Kerem Shalom, usato per il traffico di merci e aiuti umanitari per Gaza. Il valico è stato temporaneamente chiuso.

    Finito l’assedio all’Hotel Punjab nel Kashmir indiano, uccisi i terroristi
    Dopo circa 22 ore, è finito l'assedio all'Hotel Punjab di Srinagar nel Kashmir indiano. I due terroristi sono stati uccisi dagli agenti che hanno fatto irruzione nell'albergo. Le operazioni della polizia sono state interrotte ieri sera alle 23 e sono riprese questa mattina alle 7. Vertici della polizia hanno informato che gli agenti hanno fatto irruzione stamattina nella struttura di cinque piani, dichiarando poco fa la fine dell'assedio. Non è chiaro quanti civili fossero nell'albergo al centro di Srinagar. Secondo fonti, un civile che era stato ferito ieri pomeriggio è morto la notte scorsa a causa delle ferite riportate, mentre sono stati uccisi anche i due militanti pakistani del Jamait-e-Mujahiddin, il gruppo che ieri aveva inviato via fax un comunicato stampa agli uffici locali di un'agenzia di stampa indiana. Non è stato definito il numero delle vittime: alcune fonti parlano di due militari morti oltre ai terroristi e al civile, altri invece parlano di un solo militare ucciso.

    Daghestan: uccisi i guerriglieri coinvolti nell’attentato di ieri nella capitale
    Le forze di sicurezza, nel corso di una operazione antiterrorismo stamani in Daghestan, hanno ucciso due guerriglieri ritenuti coinvolti nell'organizzazione dell'attentato suicida di ieri nella capitale repubblicana Makhachkalà, nel corso del quale cinque poliziotti sono morti e altre 19 persone sono rimaste ferite. L'operazione è stata condotta nel villaggio di Korkmaskala, 15 km circa da Makhachkalà.

    Honduras
    La Procura generale dell'Honduras ha accusato ieri i capi di stato maggiore delle Forze armate di "abuso di potere" per l'arresto e l'invio in esilio del presidente Manuel Zelaya, nel corso del colpo di Stato che lo ha destituito il 28 giugno scorso. Lo ha reso noto la Corte suprema di Giustizia a Tgucigalpa. L'accusa, secondo il portavoce della Corte Danilo Izaguirre, è stata rivolta al capo di Stato maggiore delle forze armate, il generale Romeo Vasquez, al comandante dell'Aeronautica, Venancio Cervantes, e al comandante della Marina, Luis Javier Prince. La Corte suprema ha ora tre giorni per accettare o respingere il ricorso del procuratore generale, Luis Rubi. Per il presidente destituito Zelaya, l'accusa contro i militari è un espediente per assicurare loro l'immunità incolpandoli di un reato minore come l'abuso d'ufficio, che potrebbe essere cancellato facilmente da una amnistia. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 7

    È possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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