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Sommario del 25/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio "Urbi et Orbi" di Benedetto XVI: il Natale è motivo di speranza per ogni uomo. Il Papa prega per la pace in Terra Santa, la riconciliazione tra le Coree e i cristiani in Cina
  • Dio ci ama perché possiamo anche noi amare: così, il Papa nella Messa della Notte di Natale
  • Il Papa accende il lume della pace a conclusione della cerimonia di inaugurazione del presepe in piazza San Pietro
  • Oggi in Primo Piano

  • Natale nel mondo: da Betlemme l’appello per la pace del Patriarca Twal. Ancora violenze anticristiane in Nigeria e Filippine
  • Chiesa e Società

  • Fondazione Don Bosco nel Mondo: una campagna di solidarietà per Haiti
  • Vietnam: la Chiesa celebra il Natale con i più poveri
  • Messaggio di Natale del Patriarca di Mosca Kirill
  • Ecumenismo: a gennaio una conferenza a Roma
  • Coree: un albero di Natale lungo il confine
  • Gmg 2011: un ciclo di film per preparare i giovani all'evento di Madrid
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio "Urbi et Orbi" di Benedetto XVI: il Natale è motivo di speranza per ogni uomo. Il Papa prega per la pace in Terra Santa, la riconciliazione tra le Coree e i cristiani in Cina

    ◊   La Nascita di Gesù è motivo di speranza per tutti gli uomini, soprattutto per quanti vedono offesa la propria dignità: è quanto affermato stamani da Benedetto XVI, dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, nel suo tradizionale Messaggio di Natale, trasmesso in mondovisione. Il Papa ha levato un vibrante appello per la pace, violata in tante aree del mondo, ed ha rivolto parole di incoraggiamento ai cristiani perseguitati, in particolare in Cina. Quindi, ha pronunciato gli auguri natalizi in 65 lingue e impartito la Benedizione “Urbi et Orbi”. Tanti i fedeli accorsi, con entusiasmo, a Piazza San Pietro per ascoltare il Papa, nonostante il maltempo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Il Verbo si fece carne”. Rivolgendosi al mondo intero, Benedetto XVI annuncia con gioia il messaggio straordinario del Natale ed esprime particolare vicinanza a quanti soffrono a causa di guerre e catastrofi naturali e a quanti sono perseguitati per la loro fede in Gesù Cristo. Dio, sottolinea il Papa in questo giorno di speranza, “è venuto ad abitare in mezzo a noi”, “Dio non è lontano”. Non è uno sconosciuto, ma “ha un volto, quello di Gesù”:

    “È un messaggio sempre nuovo, sempre sorprendente, perché oltrepassa ogni nostra più audace speranza. Soprattutto perché non è solo un annuncio: è un avvenimento, un accadimento, che testimoni credibili hanno veduto, udito, toccato nella Persona di Gesù di Nazareth!”

    Di fronte alla rivelazione che il Verbo si è fatto carne, constata il Papa, riemerge la domanda: come sia possibile? “Il Verbo e la carne – rileva – sono realtà tra loro opposte, come può la Parola eterna e onnipotente diventare un uomo fragile e mortale”?

    “Non c’è che una risposta: l’Amore. Chi ama vuole condividere con l’amato, vuole essere unito a lui, e la Sacra Scrittura ci presenta proprio la grande storia dell’amore di Dio per il suo popolo, culminata in Gesù Cristo”.

    In realtà, osserva il Pontefice, Dio non cambia, è fedele a Se stesso: “Dio non muta, Egli è Amore da sempre e per sempre. E’ in Se stesso Comunione, Unità nella Trinità ed ogni sua opera e parola mira alla comunione”.L’incarnazione, dunque, “è il culmine della creazione”:

    “Il Verbo si fece carne. La luce di questa verità si manifesta a chi la accoglie con fede, perché è un mistero d’amore. Solo quanti si aprono all’amore sono avvolti dalla luce del Natale. Così fu nella notte di Betlemme, e così è anche oggi”.

    “L’incarnazione del Figlio di Dio – soggiunge – è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa”:

    “Nella notte del mondo si accende una luce nuova, che si lascia vedere dagli occhi semplici della fede, dal cuore mite e umile di chi attende il Salvatore. Se la verità fosse solo una formula matematica, in un certo senso si imporrebbe da sé. Se invece la Verità è Amore, domanda la fede, il ‘sì’ del nostro cuore”.

    Il nostro cuore, rileva il Papa, cerca proprio una Verità che è Amore. La cerca il bambino come il giovane “bisognoso di trovare il senso profondo della propria vita”. La cercano l’uomo e la donna nella loro maturità e la persona anziana “per dare compimento all’esistenza terrena”. Al tempo stesso, afferma, “l’annuncio del Natale è luce anche per i popoli, per il cammino collettivo dell’umanità”. Il Regno di Dio, annota il Papa, “non è di questo mondo, eppure è più importante di tutti i regni di questo mondo”:

    “È come il lievito dell’umanità: se mancasse, verrebbe meno la forza che manda avanti il vero sviluppo: la spinta a collaborare per il bene comune, al servizio disinteressato del prossimo, alla lotta pacifica per la giustizia”.

    “Credere nel Dio che ha voluto condividere la nostra storia – prosegue – è un costante incoraggiamento ad impegnarsi in essa, anche in mezzo alle sue contraddizioni”. Natale è allora “motivo di speranza per tutti coloro la cui dignità è offesa e violata, perché Colui che è nato a Betlemme è venuto a liberare l’uomo dalla radice di ogni schiavitù”:

    “La luce del Natale risplenda nuovamente in quella Terra dove Gesù è nato e ispiri Israeliani e Palestinesi nel ricercare una convivenza giusta e pacifica. L’annuncio consolante della venuta dell’Emmanuele lenisca il dolore e consoli nelle prove le care comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, donando loro conforto e speranza per il futuro ed animando i Responsabili delle Nazioni ad una fattiva solidarietà verso di esse. Ciò avvenga anche in favore di coloro che ad Haiti soffrono ancora per le conseguenze del devastante terremoto e della recente epidemia di colera”.

    Il Papa prega anche per coloro che in Colombia, Venezuela, Guatemala e Costa Rica hanno subito le recenti calamità naturali. Ancora, invoca la pace e il rispetto dei diritti umani laddove sono violati:

    “La nascita del Salvatore apra prospettive di pace duratura e di autentico progresso alle popolazioni della Somalia, del Darfur e della Costa d’Avorio; promuova la stabilità politica e sociale del Madagascar; porti sicurezza e rispetto dei diritti umani in Afghanistan e in Pakistan; incoraggi il dialogo fra Nicaragua e Costa Rica; favorisca la riconciliazione nella Penisola Coreana”.

    Quindi, il Santo Padre rivolge il pensiero a quanti sono discriminati per la loro testimonianza evangelica. “La celebrazione della nascita del Redentore – è l’auspicio del Papa – rafforzi lo spirito di fede, di pazienza e di coraggio nei fedeli della Chiesa nella Cina continentale”:

    “...affinché non si perdano d’animo per le limitazioni alla loro libertà di religione e di coscienza e, perseverando nella fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa, mantengano viva la fiamma della speranza. L’amore del ‘Dio con noi’ doni perseveranza a tutte le comunità cristiane che soffrono discriminazione e persecuzione, ed ispiri i leader politici e religiosi ad impegnarsi per il pieno rispetto della libertà religiosa di tutti”.
    Il Papa ha così rivolto gli auguri di Natale in 65 lingue, partendo dall’italiano e concludendo con il latino. Ecco l’augurio affettuoso di Benedetto XVI per il popolo italiano:

    “Auspico di cuore il dono natalizio della gioia e della pace per ogni abitante dell'amata Italia: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie. Il Cristo, nato per noi, ispiri i responsabili, perché ogni loro scelta e decisione sia sempre per il bene comune; conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi”.

    (Applausi)

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    Dio ci ama perché possiamo anche noi amare: così, il Papa nella Messa della Notte di Natale

    ◊   Dio si fa debole come un bambino per mostrare al mondo la sua fortezza e discende nel mondo per erigere isole di pace. Questo il pensiero forte espresso da Benedetto XVI, ieri sera, nella Messa della Vigilia di Natale celebrata in San Pietro. Al centro dell’omelia del Papa, anche il richiamo alla vera fratellanza creata da Dio, che ci ama perché possiamo anche noi amare. Nel corso della celebrazione, si è pregato per il ministero petrino, per il rispetto della dignità della persona dal concepimento alla morte naturale e per una pacifica convivenza tra i popoli. Il servizio di Isabella Piro:

    (Nativitas Domini nostri Iesu Christi…)

    Sono quasi le ore 22 quando nella Basilica Vaticana risuona la "Kalenda", l’antichissimo inno che annuncia al mondo la nascita di Gesù. E il vero Natale comincia da qui, da quel Re bambino “nato dalla decisione personale di Dio”, dice il Papa, e che quindi “costituisce una speranza” perché “sulle sue spalle poggia il futuro”, “la promessa di pace”:

    “Questo re non ha bisogno di consiglieri appartenenti ai sapienti del mondo. Egli porta in se stesso la sapienza e il consiglio di Dio. Proprio nella debolezza dell’essere bambino Egli è il Dio forte e ci mostra così, di fronte ai poteri millantatori del mondo, la fortezza propria di Dio”.

    Umiltà sublime è quella di Dio che si china verso l’uomo, continua Benedetto XVI, perché nella notte di Betlemme si adempie la profezia in un modo immensamente più grande di quanto gli uomini potessero intuire:

    “L’infinita distanza tra Dio e l’uomo è superata. Dio non si è soltanto chinato verso il basso; (…) Egli è veramente 'disceso', entrato nel mondo, diventato uno di noi per attrarci tutti a sé. Questo bambino è veramente l’Emmanuele – il Dio-con-noi. Il suo regno si estende veramente fino ai confini della terra. (…) Egli ha veramente eretto isole di pace”.

    In ogni generazione, afferma il Papa, Dio costruisce il suo regno “a partire dal cuore” e accende negli uomini “la luce della bontà”, donando loro “la forza di resistere alla tirannia del potere”. Ma oggi gli aguzzini persistono, sottolinea il Santo Padre, i passi dei soldati risuonano e vediamo ancora vesti macchiate di sangue. Ed è qui, allora, che l’omelia del Papa diventa una preghiera:

    “Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: 'La pace non avrà fine' (Is 9,6). Erigi nel mondo il dominio della tua verità, del tuo amore – il 'regno della giustizia, dell’amore e della pace'”.

    Ricordando, poi, l’antico significato del termine “primogenito”, ovvero quello di “colui che appartiene a Dio in modo particolare ed è destinato al sacrificio”, il Papa sottolinea come, sulla Croce, Gesù abbia offerto l’umanità a Dio, così che “Dio sia tutto in tutti”:

    “Nella Risurrezione, Egli ha sfondato il muro della morte per tutti noi. Ha aperto all’uomo la dimensione della vita eterna nella comunione con Dio. (…) Egli crea la vera fratellanza, (…) la fratellanza nuova in cui siamo la famiglia stessa di Dio”.

    Ed ancora una volta, il Papa innalza una preghiera:

    “Signore Gesù, (…) donaci la vera fratellanza. Aiutaci perché diventiamo simili a te. Aiutaci a riconoscere nell’altro che ha bisogno di me, in coloro che soffrono o che sono abbandonati, in tutti gli uomini, il tuo volto, ed a vivere insieme con te come fratelli e sorelle per diventare una famiglia, la tua famiglia”.

    “Chi intravede Dio prova gioia”, continua il Pontefice, perché Dio ci ama, ci attende e, nella nascita del suo Figlio, addirittura ci prega:

    “Dio ci ha prevenuto con il dono del suo Figlio. Sempre di nuovo Dio ci previene in modo inatteso. Non cessa di cercarci, di sollevarci ogniqualvolta ne abbiamo bisogno. Non abbandona la pecora smarrita nel deserto in cui si è persa. Dio non si lascia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuovamente con noi. Tuttavia aspetta il nostro amare insieme con Lui. Egli ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme con Lui e così possa esservi pace sulla terra”.

    Al termine della celebrazione, alcuni piccoli fedeli hanno portato l’immagine di Gesù Bambino al Presepe allestito all’interno della Basilica Vaticana. E davanti ad esso, il Papa si è raccolto in silenziosa preghiera.

    (canto: Tu scendi dalle stelle)

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    Il Papa accende il lume della pace a conclusione della cerimonia di inaugurazione del presepe in piazza San Pietro

    ◊   E’ stato inaugurato, ieri pomeriggio, il tradizionale presepe in Piazza San Pietro, alla presenza del presidente del Governatorato della Città del Vaticano, il cardinale Giovanni Lajolo. Al termine della celebrazione, Il Papa ha acceso il lume della Pace sul davanzale della finestra del suo studio privato. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Scende dal Cielo a purificare la terra, la pioggia scrosciante su Piazza San Pietro: via la polvere delle miserie umane per ben accogliere la venuta di Cristo, che nell’abbraccio del Colonnato si mostra al mondo, adagiato sulla paglia del monumentale presepe. Il cielo è plumbeo sulla Basilica petrina mentre sulla piazza s’inaugura la “Natività”. E il fuoco del Dio nascente rischiara la terra e illumina di senso la storia dell’uomo. Anche quest’anno, come da tradizione, la sacra rappresentazione s’ispira ai racconti evangelici e insieme si arricchisce di suggestioni lontane. Un’umile grotta accoglie al centro la Sacra Famiglia. Le rendono omaggio, alla destra, i pastori e i Re Magi, tratti dalla composizione allestita nel 1842 da San Vincenzo Pallotti, nella chiesa romana di Sant’Andrea della Valle. Alla sinistra invece 9 personaggi, fra uomini, donne e bambini, intenti a suonare strumenti davanti a ceste di frutta e una rete ricolma di pesci: vengono in dono al Papa dalle Filippine, per i 60 anni delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede, e mettono in scena la rappresentazione della famiglia dove il padre è il pilastro e la madre la luce che illumina e guida. “Nelle Filippine la Chiesa è libera operosa”, ha ricordato ai presenti il cardinale Giovanni Lajolo, il cui pensiero ha poi raggiunto i tanti cristiani nel mondo perseguitati per ragioni di fede:

    “Purtroppo lo stesso non si può dire di altri Paesi, dove invece la Chiesa non è così libera e dove i cristiani questa notte non possono celebrare con gioia il Natale, perché la loro fede è minacciata! E questo ci riempie di dolore, pensando che il Natale vuole essere proprio dono di amore per tutti”.

    Un messaggio universale quello del presepe – ha detto il porporato – che esorta tutti i popoli alla pace e alla fraternità:

    “Quest’anno vogliamo anche pregare in modo particolare perché questo mistero così umano, così dolce tocchi il cuore di tutti gli uomini e li muova a pensieri di umanità, di fraternità, di comprensione reciproca”.

    Un messaggio – ha poi aggiunto – che si può comprendere solo attraverso l’ascolto umile della sua Parola. Quindi l’intervento finale del Papa, che dalla finestra del suo studio privato, nel Palazzo Apostolico, ha acceso il Lume della Pace. A rischiarare la notte su Piazza San Pietro, come la storia dell’umanità redenta da Cristo.

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    Oggi in Primo Piano



    Natale nel mondo: da Betlemme l’appello per la pace del Patriarca Twal. Ancora violenze anticristiane in Nigeria e Filippine

    ◊   Un forte richiamo al valore unico della vita umana, un accenno al Sinodo per il Medio Oriente tenutosi in Vaticano lo scorso ottobre, ma soprattutto un appello alla pace nell’area e la speranza che le campane della Notte Santa possano coprire il rumore delle armi. Questo l’augurio di Natale del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, nella Messa della Notte celebrata a Betlemme, in cui ha ricordato anche le tre suore morte in un incidente stradale nella valle del Giordano, proprio mentre si recavano a Betlemme. Il servizio di Stefania Sboarina:

    Oggi il sole splende ed è un nuovo Natale di gioia per Betlemme. Stamattina la piazza della natività era gremita di pellegrini, quest’anno giunti numerosissimi (le stime dicono 15 mila) e da ogni parte del mondo. Ma ci sono anche tanti cristiani locali. Ai cristiani di Gaza sono stati concessi 500 permessi per raggiungere Betlemme. Ieri, dopo il festoso ingresso del Patriarca e le celebrazioni del pomeriggio con la processione alla grotta, il culmine della lunga giornata di Betlemme: la Santa Messa di Mezzanotte nella Basilica di Santa Caterina presieduta dal Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal e concelebrata da una cinquantina di sacerdoti in una chiesa stracolma di gente. “In un mondo dilaniato dalla violenza e dal fondamentalismo che legittima le peggiori azioni, anche le uccisioni nelle chiese, il Bambino di Betlemme ci ricorda che il primo comandamento è l'Amore”, dice nell’omelia il Pastore della Chiesa madre di Gerusalemme. E invita a guardare alla Famiglia di Nazareth come a un esempio di unità e amore. Nelle parole di mons. Twal anche un forte richiamo al valore unico della vita umana, dono di Dio. “Come è doloroso constatare – afferma - che nel mondo vengono compiuti ogni anno milioni di aborti, causati dall’egoismo e dalla durezza di cuore”. E subito un pensiero a tutti i bambini del mondo (quasi l’80% vive in difficili condizioni di vita), e in particolare ai bambini dei Paesi del Medio Oriente che vivono e crescono in modo precario nei campi profughi. Un accenno è andato poi anche al Sinodo per il Medio Oriente, tenutosi a Roma lo scorso ottobre. Il Patriarca ha esortato “a mettere gradualmente in pratica le raccomandazioni del Messaggio al Popolo di Dio che riguardano la comunione, la carità fraterna, il dialogo soprattutto, indispensabile a tutti i livelli: tra le varie Chiese cattoliche del Medio Oriente, ma anche a livello interconfessionale e interreligioso”. “Il dialogo – secondo mons. Twal - è un imperativo, ed è la risposta al moderno ateismo e al fondamentalismo che minacciano il popolo di Dio, come è avvenuto di recente in Iraq”. Infine un desiderio: "Che in questo Natale, Gerusalemme possa diventare non solo la capitale di due Stati, ma un modello di armonia e coesistenza tra le tre grandi religioni monoteiste”. “Possa il suono delle campane delle nostre Chiese in questa Notte Santa – ha concluso il Patriarca di Gerusalemme - coprire il rumore di tante armi che si ode in questo lacerato Medio Oriente, richiamando gli uomini ad una mentalità di pace, unica degna dell’uomo ed apportatrice di felicità”. Anche quest’anno da registrare la presenza alla Santa Messa del presidente palestinese Mahmoud Abbas e del primo ministro Salam Fayad. Nelle preghiere dei fedeli, un ricordo commosso per la tragedia che nel pomeriggio della Vigilia di questo Natale 2010 ha sconvolto i religiosi e l'intera comunità cristiana di Terra Santa: tre suore francescane del Cuore immacolato per raggiungere Betlemme dalla Galilea hanno trovato la morte in un tragico incidente stradale. La celebrazione è terminata con la processione nella Grotta della Natività: il Patriarca vi ha portato la statua del Bambinello, per porlo nel luogo in cui avvenne la storica nascita. Nella Grotta per tutta la notte si sono alternate celebrazioni di Sante Messe, presso l’altare della mangiatoia. Un privilegio per tutti coloro che hanno potuto celebrare qui l’Eucarestia in questa notte santa...mentre non si arrestava il flusso continuo di pellegrini che si inginocchiavano davanti alla stella d’argento su cui campeggia la scritta “qui dalla Vergine Maria è nato Gesù Cristo”. E ancora oggi lunghe code per scendere nella grotta della natività in un ininterrotto susseguirsi di canti, di preghiera e di commozione. E’ questo il luogo del Natale. E’ qui che più di 2000 anni fa il Cielo e la Terra si sono incontrati.

    In Medio Oriente e in particolare in Terra Santa la nascita del Signore riempie, dunque, di speranza una terra in cerca di pace e stabilità. Al microfono di Amedeo Lomonaco, la riflessione del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, su luci e ombre di questo periodo:

    R. – Tra le luci, possiamo mettere un numero molto alto di pellegrini, che è arrivato quest’anno e che ha portato molto lavoro e molta serenità in tante famiglie cristiane e non di Terra Santa, che vivono grazie ai pellegrinaggi e al turismo religioso. Le ombre sono, purtroppo, sempre le stesse: uno stallo nei colloqui e nei negoziati, che rende sempre più precarie le prospettive di sviluppo e di pace qui in Terra Santa. La comunità cristiana ha sempre la stessa missione: innanzitutto restare qui con un proprio stile di vita, con la propria attività, con un proprio legame con il territorio per mostrare che è possibile vivere pacificamente, nonostante tutto.

    D. – E’ possibile vivere pacificamente. Quali doni può portare il Natale alla Terra Santa?

    R. – Anzitutto una parentesi di serenità e di gioia per i bambini. Quando i bambini sono felici e contenti c’è un effetto a cascata che fa bene a tutti. E poi ci auguriamo che il Natale e l’inizio del nuovo anno portino delle prospettive più solide, soprattutto per tutti gli abitanti di questo Paese, sempre così fragile.

    D. – Una cartolina, un’immagine, una storia che rappresenti il Natale in Terra Santa...

    R. – Eravamo a Betlemme - adesso siamo a Gerusalemme – per portare i regali ai bambini di alcune case famiglie: bambini che vengono da situazioni familiari e sociali difficili. La gioia e gli occhi pieni di luce di quei bambini, credo che sia la cartolina più bella.(ap)

    Le veglie di Natale in Iraq, quest’anno, sono state abolite per motivi di sicurezza, ma nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, teatro il 31 ottobre di un terribile attentato, ieri sera si sono riunite centinaia di persone a pregare tra le mura ancora con i fori dei proiettili e le finestre senza vetri coperte da fogli di plastica. “Non importa quanto forte soffi la bufera, l’amore ci salverà”, ha detto alla comunità l’arcivescovo siro-cattolico della capitale irachena, Atanase Matti Shaba Matouka.

    Notte di Natale di paura, invece, in Nigeria e nelle Filippine, a causa di attentati contro le Messe della vigilia, ad opera di estremisti islamici. In Nigeria una ventina di persone sono rimaste uccise in diverse esplosioni nella città di Jos, che segna il confine tra musulmani e cristiani; altre sei sono morte durante le celebrazioni del Natale in una chiesa cristiana nel nord del Paese, cui è stato appiccato il fuoco. Nell’isola di Jolo, arcipelago delle Filippine, invece, una bomba è esplosa sul tetto di una chiesa cattolica, ferendo sei persone all’interno, tra cui il sacerdote che stava celebrando il rito.

    Escalation di violenza anche in Pakistan: ieri, 41 persone sono morte e 60 sono rimaste ferite in un attentato suicida in un centro di distribuzione di aiuti del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite a Khar. Almeno altre 40 vittime si sono registrate, invece, in una serie di incursioni aeree nelle aree tribali del Paese.

    Sentiti auguri di Buon Natale sono stati rivolti dal presidente del Pakistan, Ali Zardari, ai “fratelli cristiani” presenti nel Paese, “una comunità leale e rispettosa delle leggi”. Il presidente pakistano ha ribadito il proprio impegno in difesa dei diritti delle minoranze in vista della costruzione di “una società liberale e pluralista”. Ali Zardari, nei giorni scorsi, era stato chiamato in causa nella vicenda di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Un rinnovato appello alla modifica della legge in materia, è giunto dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana.

    Il Natale in Europa è, purtroppo, offuscato da molte ombre, tra cui materialismo, consumismo e crisi spirituale. Ma è anche accompagnato, negli ultimi tempi, da una crescente ricerca di Dio. Quali sono dunque le luci e le ombre del Natale nel Vecchio Continente? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa:

    R. - In tutti i Paesi d’Europa troviamo i segni del Natale, sembrano sempre più abbondanti, penso alle luci, agli alberi, ai mercatini, agli auguri, alle vacanze, ai doni, ma spesso mancano i contenuti. Restano i segni, ma manca il riferimento al vero contenuto del Natale, che è Gesù Bambino. C’è anche un po’ l’illusione pericolosa che questo sia un po’ più rispettoso verso la varietà delle tradizioni culturali o anche della varietà delle religioni.

    D. - Ci sono oltre alle luci effimere, anche luci ricche di speranza che portano verso i veri contenuti del Natale?

    R. - A me sembra di notare che accade qualcosa di nuovo, e questo qualcosa di nuovo, mi sembra che sia una nuova domanda. C’è anche una nuova attenzione al presepio. C’è anche il fatto che le Chiese, in fondo, continuano a riempirsi a Natale, questo forse per rispondere a una grande solitudine, ma soprattutto c’è la solitudine di una persona, che non ha più riferimento a un altro, in alto. La mancanza di Dio, cioè, alla fine ci fa sentire molto soli, soprattutto davanti ai grandi problemi della vita. Quindi, tornare in Chiesa a Natale, è anche di nuovo rimettersi in ricerca per uscire dalla solitudine. Ciò rispecchia anche il bisogno di senso, un bisogno accentuato naturalmente dalle crisi. La crisi economica ci toglie sicurezza. Positivamente si può dire che oggi c’è un nuovo desiderio di riaprire il cielo della propria vita, il cielo anche dell’Europa, della storia sul mondo del trascendente. (ma)

    Anche, in India, il Natale è offuscato dal consumismo e da un’allerta terrorismo scattato a Mumbai, la capitale finanziaria del Paese, per possibili attacchi nella prossima settimana. Ma la festa per la Venuta del Signore, qui, è anche un tempo di grande gioia da condividere con fedeli di altre religioni. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Nashik, mons. Felix Anthony Machado:

    R. - In India, il Natale nella mente della maggior parte della gente è, purtroppo, soltanto consumismo. Ci sono le luci, i negozi sono ben decorati… Il Natale spirituale, non è tanto evidente per la gente delle altre religioni. I cristiani, invece, sono veramente motivati a celebrare spiritualmente il Natale, ad accogliere Gesù Bambino.

    D. - Questo spirito autentico celebrato dai cristiani può essere anche d’esempio per il resto dell’India, può essere anche uno stimolo a cogliere il vero senso di giustizia, di fratellanza e di uguaglianza che il Vangelo ci testimonia?

    R. - Direi che per questa festa, soprattutto, c’è la condivisione della gioia. Per esempio, nella mia diocesi come nelle altre diocesi dell’India, la gente di altre religioni – indù, musulmani, giainisti, buddisti – viene ad assistere alle celebrazioni. C’è poi in India una grande tradizione di fare il presepio: qui è considerato un vero strumento di evangelizzazione, e anche strumento di condivisione del Vangelo di Gesù, delle Beatitudini, del senso della giustizia e dell’amore per tutti. Questa è per noi un’occasione per diffondere il Vangelo di Gesù e i valori della Chiesa. (ma)

    Torna la violenza nel Darfur, dove nuovi scontri tra forze governative e gruppi di ribelli hanno causato almeno 40 vittime negli ultimi giorni, secondo un bilancio diffuso oggi dall’esercito sudanese.

    In Costa d’Avorio, la gioia per la nascita del Salvatore accompagna la speranza che si possa superare la crisi politica che vede contrapposti il presidente risultato vincitore alle recenti elezioni Ouattara, sostenuto soprattutto nel nord, e il capo di Stato uscente Gbabo, appoggiato invece in prevalenza nelle regioni meridionali. Sul Natale in Costa d’Avorio il pensiero di padre Emmanuel Ezoua, sacerdote nel Paese africano, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Si sperava che dopo il processo elettorale, il Natale sarebbe stato diverso, con l’avvento della pace nel Paese, e che ci sarebbe stata una sorta di superamento di tutta la sofferenza avuta dal Natale del 1999, con il primo colpo di Stato, perché da allora non ci sono state più pace e tranquillità. Contiamo sul fatto, però, che la venuta del Messia in questo Natale sia una sorgente di novità. Da due mesi, stiamo pregando nella nostra intenzione principale, per la pace: per la pace nel Paese, per la riunificazione totale – da Nord a Sud - e soprattutto per la pace nei cuori. Il nostro augurio è che Gesù ci porti veramente questa pace che viene da Lui, che è il principio della pace.

    D. - Cosa serve al Nord e al Sud della Costa d’Avorio, per essere veramente uniti e cominciare questo percorso autentico di pace?

    R. - E’ vero che adesso la Costa d’Avorio è divisa in Nord e Sud e che il Nord è opposto al Sud, ma le popolazioni sono abbastanza omogenee. E’ opportuno che i due principali protagonisti politici nell’ultimo periodo, pensino al bene della povera gente. Quindi, continuiamo a pregare per la pace, sperando che Gesù venendo, ci porti questa pace, perché gli uomini non riescono a pensare a questa soluzione. Tutti noi pensiamo che, oggi, sia ancora possibile tornare a stare come stavamo prima, nonostante tutti i problemi che ci sono stati.(ma)

    In alcuni Paesi, il Natale si celebra in estate. È il caso, ad esempio, dell’Australia. Ascoltiamo il nunzio apostolico nel Paese, mons. Giuseppe Lazzarotto, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - In questo momento inizia l’estate e manca un po’ quella cornice esteriore che magari in altre situazioni geografiche aiuta a entrare nell’atmosfera del Natale. Però, dall’altra parte, credo che questo sia anche un vantaggio, nel senso che obbliga a concentrarci di più su quello che è il vero messaggio del Natale.

    D. - C’è un tema in particolare che accompagna questo Natale in Australia?

    R. - In tutte le comunità cristiane in Australia si pensa molto al tema dell’immigrazione. Si è scritto molto di questa terribile tragedia successa alcuni giorni fa a Christmas Island, primo territorio australiano di approdo per tutte quelle persone che emigrano in cerca di una situazione migliore provenendo da situazioni talvolta drammatiche. E’ stata una tragedia, sono morte più di 50 persone. Pensando a Gesù che nasce a Betlemme in condizioni difficili, credo sia giusto pensare anche a questi nostri fratelli che rivivono un po’ la situazione nella quale si è voluto mettere lo stesso Figlio di Dio entrando nella storia umana per farci capire come la strada dell’uomo debba ricalcare in qualche modo la strada che lui stesso ha percorso per essere il Dio con noi.(bf)

    Il Centro di allerta tsunami nel Pacifico ha lanciato un allarme tsunami per l’arcipelago di Vanuatu, la Nuova Caledonia e le isole Fiji in seguito a una forte scossa di terremoto di magnitudo 7.6 sulla scala Richter.

    A Cuba, il cardinale Jaime Ortega ha celebrato la Messa di Natale nel carcere dell’Avana, Combinado del Este, cui hanno partecipato una ventina di detenuti. Nel penitenziario sono reclusi anche gli 11 prigionieri politici non ancora rilasciati perché non hanno accettato, una volta liberi, di prendere la via dell’esilio. L’episcopato cubano, inoltre, ha fatto sapere che a breve saranno liberati altri due prigionieri politici.

    Ad Haiti la gioia del Natale si congiunge al dolore per la diffusione dell’epidemia di colera e alle difficoltà nella ricostruzione dopo il terremoto dello scorso 12 gennaio. Sul significato di questo Santo Natale nel Paese caraibico, Amedeo Lomonaco ha intervistato il nunzio apostolico ad Haiti, mons. Bernardito Auza:

    R. – Un Natale di sofferenza, ma sempre un Natale di gioia, perché il Salvatore viene a soffrire con noi. Non è solo l’epidemia, non è solo il terremoto la causa più immediata di questa mancata allegria, almeno esteriormente, ma anche l’instabilità politica, che colpisce tutto il Paese, paralizza la vita economica. In questo quadro, quindi, è un po’ difficile per il Paese celebrare il Natale. Io vedo comunque che gli haitiani sono un popolo con una forte fede, che riescono a guardare oltre le loro sofferenze, i loro problemi, e che alla base del Natale vedono un Salvatore che non respinge la sofferenza, un Salvatore che viene per soffrire con loro. Credo che questo sia un pensiero spirituale molto forte in questo periodo ad Haiti. Ci sono sempre storie emblematiche nel Natale, ma è nell’insieme che vedo che il Paese, e anche la Chiesa, trova difficoltà ad andare avanti.

    D. – Qual è il suo augurio per questo Santo Natale?

    R. – Buon Natale a tutti e speriamo di avere più opportunità e risorse per andare avanti con la ricostruzione delle chiese e la ricomposizione delle comunità dei fedeli, che sono state disperse dopo il terremoto. Non dimenticate Haiti, perché siamo sempre in una situazione di bisogno. Noi ci ricordiamo sempre di pregare per tutti quelli che si sentono vicini a noi. (ap)

    Nella Basilica di San Pietro, questa mattina, la Messa di Natale è stata celebrata dal cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano. Il porporato ha messo l'accento, nell'omelia, sulle scelte che Cristo propone a tutti noi, con la Nascita a Betlemme: la scelta dell’umiltà, in risposta all’orgoglio umano; la scelta della povertà, in risposta all’insaziabile brama di ricchezza dell’uomo; la scelta della mitezza, in risposta alla violenza e all’intolleranza. “Dopo duemila anni dalla nascita di Gesù nel mondo le ingiustizie ancora dilagano e le violenze si moltiplicano – ha avvertito il cardinale Comastri – se non ci convertiamo allo spirito di Betlemme ci troveremo dalla parte dei nemici di Dio”. (Interviste realizzate da Amedeo Lomonaco; notizie a cura di Roberta Barbi)

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    Chiesa e Società



    Fondazione Don Bosco nel Mondo: una campagna di solidarietà per Haiti

    ◊   “Haiti chiama per ricostruire”: è la campagna di solidarietà promossa dalla Fondazione Don Bosco nel Mondo, in favore dell'isola caraibica colpita dal sisma del 12 gennaio 2010, e ulteriormente provata dal passaggio dell'uragano Tomas e dal diffondersi dell'epidemia di colera. In prossimità del Natale, la Fondazione ha avviato una raccolta di fondi per l'opera salesiana di Cap Haitien: il progetto prevede il rifacimento del tetto della scuola elementare, il consolidamento della struttura e il sostegno delle attività educative, formative e logistiche. Il terremoto del gennaio scorso ha colpito duramente i salesiani presenti sull’isola: molti degli istituti sono stati seriamente danneggiati e resi inagibili. La perdita più grave è stata la morte 3 salesiani, di 250 ragazzi delle Piccole Scuole di Padre Bohnen e dei loro insegnanti rimasti sotto le macerie. Per dare sostegno alla campagna “Haiti chiama per ricostruire” è a disposizione il numero solidale 45503, attivo fino al 31 dicembre. (C.D.L.)

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    Vietnam: la Chiesa celebra il Natale con i più poveri

    ◊   Si moltiplicano in Vietnam le iniziative della Chiesa per festeggiare il Natale con i poveri. Nella cattedrale di Hanoi oltre mille persone – tra bambini di strada, anziani, malati di Hiv/Aids e di lebbra, orfani e poveri – hanno partecipato ieri alla Santa Messa per celebrare la nascita di Gesù. Dopo la funzione – riferisce Asianews - alcuni gruppi hanno ricevuto regali di Natale da sacerdoti, suore, seminaristi e volontari. Mons. Nguyen Van Nhon, arcivescovo di Hanoi, ha espresso parole di speranza, rivolgendosi ai volontari: “La vostra presenza ci ricorda che non bisogna perdere tempo. E che dobbiamo fare il nostro dovere e vivere secondo la nostra missione. Voi siete stati coraggiosi nell’accettare una vita dura, che ci rende persone appassionate ed entusiaste. Se talvolta vi sentite tristi, delusi perché pensate di non fare nulla, dovete invece essere fieri e pensare che con il vostro esempio avete risvegliato la nostra coscienza e quella della società”. Nel corso della settimana, inoltre, i fedeli della diocesi di Phan Thiet hanno fatto visita e portato doni a 230 famiglie che vivono in circostanze difficili, centinaia di orfani, anziani soli e persone disabili; in questi giorni sono in corso anche le visite della Caritas diocesana alle persone, che vivono sulle isole più piccole e remote, come le Phu Qui e le Binh Thuan. Inoltre il centro pastorale dell’arcidiocesi di Saigon ha organizzato un Festival di Natale per 4500 disabili, e rappresentanti e volontari della Caritas nazionale hanno visitato i lebbrosi del sanatorio Eana di Ban Me Thuot, e quelli del Dakkia e del Darring nella diocesi di Kontum. Numerose infine le donazioni di soldi e medicine ai malati, come pure i momenti di preghiera dedicati a lebbrosi, orfani e disabili. (C.D.L.)

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    Messaggio di Natale del Patriarca di Mosca Kirill

    ◊   E’ un invito ad operare congiuntamente per il bene il messaggio di Natale del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. “In questa notte luminosa - ha esordito Kirill - riviviamo la gioia spirituale dell'incontro del mondo con il suo Salvatore (…) Attenti alle lodi delle forze celesti, diveniamo consapevoli che la Natività di Cristo è colma di un significato senza tempo e ha un senso immediato per il destino di ogni essere umano”. Essa “ci rivela la verità su noi stessi e ci permette di comprendere e di assimilare questa verità”. Con un richiamo alla Genesi, il patriarca Kirill ha quindi ricordato che “il primo essere umano è stato plasmato perfetto dal Creatore, a immagine e somiglianza di Dio. Ma Adamo, avendo disobbedito al comandamento, ha alterato l'intenzione del Creatore a suo riguardo. Privata della relazione viva con Dio, l'umanità è sprofondata sempre più nell'abisso del peccato e dell'orgoglio”. Una voragine – continua Kirill - da cui “il Signore, pieno d'amore per la sua creatura e desiderando la sua salvezza” ha presto salvato l’uomo, mandando nel mondo “il suo Figlio unigenito, che ha ristabilito la pienezza della natura umana ed è divenuto il nuovo Adamo”. L’esempio di Cristo – ha spiegato – indica a ciascun uomo come conformarsi al disegno divino per l'umanità: “Questo esempio rappresenta l'orientamento pieno di speranza che ci aiuta a non smarrirci e a trovare l'unico cammino giusto che conduce alla pienezza di vita, sia nella nostra esistenza terrena sia nell'eternità”. E per seguire questo cammino – ha poi aggiunto citando San Paolo ai Corinzi – è necessario rispondere alla chiamata di Dio: “Noi rendiamo grazie a Dio non solo con le preghiere e con il canto, ma anche con le buone opere per il bene del nostro prossimo, per il bene del nostro popolo, per il bene della Chiesa”. Quindi, l’esortazione finale: “Tutta la nostra vita deve divenire Liturgia, preghiera comune e opera comune, compiute al fine d'incarnare nella vita il disegno di Dio per il mondo e per l'umanità” (C.D.L.)

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    Ecumenismo: a gennaio una conferenza a Roma

    ◊   A cento anni dalla storica “Conferenza di Edimburgo”, che nel 1910 segna la nascita del movimento ecumenico contemporaneo, una conferenza intende fare il punto sul percorso svolto finora ed individuare prospettive d’azione per il futuro. Promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), dall'Ufficio per l'ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (Cei) e dalla Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia, il convegno si terrà il prossimo 10 gennaio a Roma, presso la Facoltà valdese di teologia, a pochi giorni dall'inizio della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, sul tema “Riprendere le sfide di Edimburgo, 1910-2010. L'eredità e le prospettive raccolte da un secolo di ecumenismo”. L’incontro – spiega Letizia Tomassone, vice presidente della Fcei in una nota ripresa dall'agenzia Sir - “vuole fare il punto su cosa è emerso dal dialogo ecumenico di questo anno che in fondo è servito per fare analisi e bilanci sull’ecumenismo in Italia. In particolare, quali sono le vere questioni aperte oggi nel nostro Paese? Su quali nodi dobbiamo cercare un terreno comune e su quali possiamo osare delle aperture”. In programma gli interventi dell'archimandrita Evangelios Yfantidis, vicario generale della Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia, di Gianni Colzani della Pontificia Università Urbaniana, e di Fulvio Ferrario, della Facoltà teologica valdese. (C.D.L.)

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    Coree: un albero di Natale lungo il confine

    ◊   Dopo sette anni, un albero di Natale torna ad essere acceso al confine fra le due Coree. Sul picco Aegibong, in territorio sudcoreano, a meno di due chilometri dal confine – riporta Asianews - un albero alto 30 metri è stato acceso nella notte fra il 22 e il 23 dicembre, mentre circa 200 fedeli cristiani intonavano canti di Natale. Grazie alle sue dimensioni, l’albero è visibile anche per i nord coreani che vivono nei pressi del confine, dove tuttavia l’elettricità è razionata. “Spero che l’amore di Cristo e la pace potranno presto spandersi in tutta la popolazione nordcoreana”, ha detto Lee Young-hoon, pastore protestante di Seoul promotore dell’iniziativa. (C.D.L.)

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    Gmg 2011: un ciclo di film per preparare i giovani all'evento di Madrid

    ◊   L’obiettivo è quello di preparare i giovani alla Gmg dell'anno prossimo, approfondendo i temi che saranno trattati attraverso film e incontri con i professionisti che li hanno realizzati, per preparare insieme le giornate e trasformare i partecipanti da spettatori in protagonisti attivi del meeting. In attesa della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, a Madrid dal 16 al 21 agosto 2011 – riferisce l'agenzia Sir - la capitale spagnola sarà teatro di un ciclo di incontri dedicati al cinema: dal 29 dicembre saranno proiettate pellicole che – ha spiegato Teresa Ekobo, responsabile del settore Cinema della Gmg – ritraggono “persone che hanno risposto alla chiamata di Dio” per mostrare “come la fede ha illuminato le loro vite e ha permesso loro di affrontare con forza e speranza le difficoltà, i problemi, anche le disillusioni e gli insuccessi”. Per il primo appuntamento i giovani si ritroveranno al cinema "Pace" di Madrid, per vedere il film intitolato “Lettere al padre Jacob”. La pellicola racconta l'amicizia tra padre Jacob e Leila, un’ex detenuta che aiuta l’anziano sacerdote nella lettura della sua corrispondenza. Nel corso della storia si esalta il valore della preghiera come l’atto più intensamente sociale del quale un essere umano è capace. (C.D.L.)

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