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Sommario del 11/12/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La visita pastorale di Benedetto XVI alla parrocchia romana di San Massimiliano Kolbe
  • Files Wikileaks sul Vaticano: comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
  • Mons. Lino Fumagalli nominato nuovo vescovo di Viterbo
  • Intolleranza contro i cristiani: l’editoriale di padre Lombardi
  • Congresso internazionale a Roma sui circensi e fieranti: la Chiesa al servizio di un mondo dimenticato
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Accordo al vertice sul clima di Cancún, ma senza impegni precisi
  • Costa d'Avorio. Gbagbo rilancia il dialogo per superare la crisi
  • Sport senza frontiere 2010: iniziativa a Roma per l’integrazione dei ragazzi più disagiati
  • Il Musico di Leonardo in mostra ai Musei Capitolini
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi olandesi: azione ferma contro la pedofilia
  • Germania: documento dei vescovi per la prevenzione di abusi nelle scuole cattoliche
  • India: il ruolo dei sacerdoti per la Chiesa in Orissa, vittima dell’estremismo indù
  • La storia di una parrocchia dell’Orissa scomparsa nel nulla
  • Egitto: i copti accusano il governo di discriminare i cristiani
  • L’Acnur all’Europa: rispetti il diritto all’asilo dei rifugiati
  • Profughi africani nel Sinai: per i Gesuiti rischiano di essere venduti ad altri
  • Germania: marcia in difesa dei cristiani iracheni
  • Scozia: il cardinale O'Brien invoca una maggiore libertà di espressione religiosa
  • Bolivia: la Chiesa chiede di non escludere la religione dalla 'formazione integrale'
  • Haiti: il Sermig si mobilita per la costruzione di un ospedale a Jeremie
  • Pakistan: la missione della Camillian Task Force continua dopo le alluvioni
  • Giornata internazionale delle Montagne su minoranze e popoli indigeni
  • Convegno all'Angelicum sul tema “Santa Sede e Ucraina: per un’Europa cristiana”
  • Ue: a Bruxelles la “Consensus Conference” che affronta il problema dei senza tetto
  • Gran Bretagna: i vescovi annunciano l’Anno dell’educazione cattolica
  • Al cardinale Cañizares la laurea honoris causa dall’Università cattolica di Valencia
  • Riscoprire la quotidianità della fede nel libro della principessa Von Thurn und Taxis
  • 24 Ore nel Mondo

  • Domani voto in Kosovo: le prime legislative dopo l’indipendenza dalla Serbia
  • Il Papa e la Santa Sede



    La visita pastorale di Benedetto XVI alla parrocchia romana di San Massimiliano Kolbe

    ◊   Con gioia e trepidazione la comunità della periferia romana di Prato Fiorito si appresta ad accogliere Benedetto XVI, che domani alle ore 9 celebrerà la Messa nella parrocchia locale dedicata a San Massimiliano Kolbe. La celebrazione sarà seguita in radiocronaca diretta dalla nostra emittente, a partire dalle ore 8.50. Sull’attesa dei fedeli di questo quartiere periferico di Roma, Alessandro Gisotti ha intervistato il parroco, il sacerdote polacco, don Slawomir Skwierzynski:

    R. - Quando un mese fa ho comunicato ai parrocchiani che avremmo avuto questa grande grazia e che il 12 dicembre avremmo accolto qui il Santo Padre, in un primo momento c’è stato un grande silenzio e tutti sono rimasti a bocca aperta. Poi, dopo qualche minuto è intervenuto il mio vice parroco che ha detto loro: “Ma avete capito che parliamo del Papa Benedetto XVI?”. C’è stato allora un grande applauso… E’ una gioia enorme per noi, anche se inizialmente c’è stato un momento di incredulità.

    D. - E’ molto bello anche perché il Papa viene a visitare una parrocchia in un quartiere di periferia, in un quartiere anche con molte difficoltà?

    R. - Sì, abbiamo diverse difficoltà. Si tratta di un quartiere che è diventato ormai un po’ quartiere-dormitorio: tanti per arrivare al lavoro, devono uscire la mattina molto presto e tornano soltanto la sera, anche molto tardi. Ci sono una serie di problematiche e quindi la notizia che il Papa viene anche nel nostro quartiere, in questa nostra parrocchia, che tra l’altro è una parrocchia nuova consacrata solo l’anno scorso, è stata sicuramente una sorpresa. E’ una notizia bellissima, è una grande gioia che è palpabile nel cuore dei parrocchiani.

    D. - Come si stanno preparando i fedeli e cosa le hanno detto sulle speranze e sulle emozioni di questa visita?

    R. - Abbiamo iniziato subito la preparazione spirituale attraverso la preghiera e l’adorazione eucaristica, attraverso catechesi e parlando e mettendo in evidenza l’importanza della figura del Papa, quello che rappresenta e alla necessità di essere uniti, come cristiani e come Chiesa, alla figura del Papa.

    D. - Lei è un giovane sacerdote polacco: cosa significa per lei essere alla guida di una parrocchia dedicata a San Massimiliano Kolbe e cosa significa per lei accogliere il Papa in questa parrocchia?

    R. - Devo dire che per me è una emozione enorme, anche perché vivo questo momento molto intenso e molto ricco dell’esperienza: è infatti soltanto dal 1° settembre che sono il parroco di questa comunità e, al contempo, sono parroco per la prima volta. In questi ultimi 3-4 mesi sto vivendo un altro tipo di esperienza con un altro tipo di responsabilità. In tutto questo, io vedo un grande segno dell’amore di Dio verso questa comunità, così come la presenza di Maria. Spiego subito il perché di ciò che intendo dire: appena sono entrato nella comunità di San Massimiliano Kolbe, nel corso di tutte le Sante Messe abbiamo fatto un atto di consacrazione di tutta la comunità parrocchiale al Cuore Immacolato di Maria, tanto più che il patrono di questa comunità è San Massimiliano Kolbe, colui che ha creato anche la Milizia dell’Immacolata…. Ed io ho avuto questo pensiero di mettere tutta la comunità e quindi tutti i miei parrocchiani sotto la protezione della Madonna. Per me, a distanza di tre mesi - ossia dal 12 settembre al 12 dicembre - avere qui il Vicario di Cristo, in questa comunità, in questa parrocchia, ed incontrarlo proprio il 12 dicembre, che è la memoria liturgica della Madonna di Guadalupe, è un segno grandissimo! (mg)

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    Files Wikileaks sul Vaticano: comunicato della Sala Stampa della Santa Sede

    ◊   Ieri sera sono stati resi noti dalla stampa, attraverso i Files di Wikileaks, alcuni documenti della diplomazia statunitense sul Vaticano. A questo proposito la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato il seguente comunicato:

    “Senza entrare nella valutazione dell’estrema gravità della pubblicazione di una grande quantità di documenti riservati e confidenziali e delle sue possibili conseguenze, la Sala Stampa della Santa Sede osserva che una parte dei documenti resi pubblici recentemente da Wikileaks riguarda rapporti inviati al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America dall’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Naturalmente tali rapporti riflettono le percezioni e le opinioni di coloro che li hanno redatti, e non possono essere considerati espressione della stessa Santa Sede né citazioni precise delle parole dei suoi Officiali. La loro attendibilità va quindi valutata con riserva e con molta prudenza, tenendo conto di tale circostanza”.

    Da parte sua, l’ambasciatore Usa presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz, in una nota pubblicata stamani, condanna “nel modo più forte possibile” la pubblicazione di documenti riservati del Dipartimento di Stato. L’ambasciata americana, si legge nella nota, “non commenterà sui contenuti o l’autenticità di queste informazioni”. La nota conclude ribadendo che l’ambasciata americana presso la Santa Sede è impegnata a collaborare con il Vaticano affinché “il dialogo tra fedi si trasformi in azione in molte aree, nell’interesse del bene comune”.

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    Mons. Lino Fumagalli nominato nuovo vescovo di Viterbo

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Viterbo presentata da mons. Lorenzo Chiarinelli, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Lino Fumagalli, finora vescovo della diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto. Mons. Lino Fumagalli è nato a Roma (La Storta) il 13 maggio 1947. Ha compiuto gli studi liceali, filosofici e teologici presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni. Ha poi conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense. È stato ordinato sacerdote il 24 luglio 1971 per la diocesi di Porto-Santa Rufina. Ha ricoperto quindi diversi incarichi pastorali, tra i quali: vicario della parrocchia di Fatima alla Massimilla dal 1971 al 1972; vicario della parrocchia di S. Giuseppe a Santa Marinella dal 1972 al 1977; parroco di Santa Angela Merici a Santa Severa dal 1977 al 1984; docente presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni dal 1978 al 1999; docente presso l’Istituto di Scienze Religiose della Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 1981 al 1999. È stato, poi, rettore del Pontificio Collegio Leoniano di Anagni dal 1984 al 1993; direttore del Centro Regionale Vocazioni del Lazio dal 1984 al 1999; vicario episcopale per la Pastorale e per la Vita Religiosa di Porto-Santa Rufina dal 1989 al 1999; canonico della Cattedrale di Porto-Santa Rufina dal 1990 al 1999 e nel 1996 è divenuto parroco della stessa Cattedrale. Dal 1998 al 1999 è stato segretario della Commissione Presbiterale Italiana. Eletto alla sede vescovile di Sabina-Poggio Mirteto il 31 dicembre 1999, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 20 febbraio del 2000. Attualmente è membro della Congregazione delle Cause dei Santi e membro della Commissione Episcopale della CEI per l’educazione cattolica, la scuola e l’università.
    Il Santo Padre ha poi nominato membri della Congregazione per l’Educazione Cattolica i cardinali Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria; Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa; Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga; Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra e del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie.

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    Intolleranza contro i cristiani: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   E’ stato presentato, ieri a Vienna, il Rapporto sull’intolleranza e le discriminazioni contro i cristiani in Europa. Un documento che mette in luce la crescita del fenomeno dell’intolleranza verso i cristiani nel Vecchio Continente. Su questo dato preoccupante si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il Rapporto dell’”Osservatorio sull’intolleranza e le discriminazioni contro i cristiani in Europa” è un documento che merita attenzione. Giustamente – a motivo di orribili attentati - si sta parlando soprattutto delle violenze e delle discriminazioni contro i cristiani in diversi paesi del Medio Oriente, ma i cristiani incontrano crescenti difficoltà anche in altre situazioni geografiche e culturali. Al vertice dell’Osce ad Astana, pochi giorni fa, il cardinale segretario di Stato, Bertone, affermava con decisione che “la comunità internazionale deve combattere l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani con la stessa determinazione con cui lotta contro l’odio nei confronti di altre comunità religiose” e descriveva un’ampia gamma di forme di intolleranza in aree diverse. Del resto anche il Papa, nell’ormai famoso discorso a Westminster Hall, a Londra, manifestava “la sua preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del cristianesimo,…anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore”. L’importanza del nuovo Rapporto sta proprio nel dare una serie lunga e circostanziata di esempi d’intolleranza verso i cristiani in Europa: atti di vandalismo, di odio, verso chiese e simboli religiosi, manifestazioni di odio e offese verso persone. È una base su cui valutare le dimensioni e la natura del fenomeno. Un’offerta importante per la riflessione e l’impegno, non solo di chi milita per la difesa del cristianesimo e dei suoi valori, ma anche di tutte le persone oneste realmente desiderose di tutelare i valori di tolleranza e libertà di espressione e di religione. Perché, come osservava ancora con finezza e profondità il Papa a Westminster Hall: “La religione non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico”. Gli inglesi hanno ascoltato con attenzione e rispetto. Ci auguriamo che lo facciano tutti.

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    Congresso internazionale a Roma sui circensi e fieranti: la Chiesa al servizio di un mondo dimenticato

    ◊   "Circhi e Luna Park ‘Cattedrali di fede e tradizione, segni di speranza in un mondo globalizzato’" è il tema scelto per l’VIII Congresso Internazionale della Pastorale dei circensi e dei fieranti, che si terrà a Roma da domani fino al 16 dicembre. Organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, l’incontro vuole dare nuovo impulso alla missione degli operatori pastorali della "grande famiglia dello spettacolo viaggiante", composta da circensi, fieranti e lunaparchisti. All'evento parteciperanno circa 70 persone tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. Presenti imprenditori e lavoratori del settore con alcuni artisti. Ma in che senso Circhi e Luna Park sono in una visione pastorale ‘segni di speranza’ nell’era della globalizzazione? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero organizzatore:

    R. - In questo mondo globalizzato, i Circhi e i Luna Park rappresentano occasioni di sana evasione, opportunità per dare valore al tempo libero, allo svago e al divertimento. La loro presenza nelle nostre città ci dà l'opportunità di gustare la bellezza di giochi, esibizioni ed esercizi atletici in un'atmosfera di festa che si fa contagiosa e può abbattere le barriere che ci separano dal nostro prossimo. Si stima che soltanto nell’Unione Europea ci siano tra 600 e 1000 circhi, mentre nel mondo intero milioni di persone lavorano nello spettacolo viaggiante e nei parchi di divertimento, stagionali e fissi. Il meraviglioso dei Circhi e Luna Park libera energie positive e predispone alla cordialità e alla generosità di cui tutti siamo portatori. Circhi e Luna Park costituiscono quindi dei segni di speranza per un mondo più armonico, caratterizzato da rispetto e comprensione. Da un punto di vista cristiano, poi, i continui spostamenti dello spettacolo viaggiante ci rammentano che tutti siamo pellegrini in questo mondo e la nostra meta finale è la gioia piena che si realizza in Dio.

    D. - Quali sono oggi le sfide maggiori nella pastorale dello spettacolo viaggiante?

    R. - Un problema che ci preoccupa è certamente il numero limitato degli operatori pastorali per questo specifico ministero. Ciò richiede un'opera di sensibilizzazione delle Chiese locali. Infatti, il modo di vivere itinerante di circensi e fieranti, caratterizzato da frequenti spostamenti da una città all'altra, non favorisce l'ordinaria appartenenza a una comunità parrocchiale. Eppure è necessario sostenerli nella fede, offrir loro un'assistenza fatta di dialogo, ascolto, accompagnamento nelle tante difficoltà che incontrano. Fra i problemi maggiori che si ripercuotono su questa categoria di persone, c'è la crisi economica mondiale che ha portato un calo di spettatori e un aumento dei costi delle attrezzature. Ciò genera insicurezza, crisi d'identità e forti timori per i piccoli circhi, a conduzione familiare. Altro sforzo da affrontare è quello di assicurare la continuità della scolarizzazione per i loro figli. Al riguardo è incoraggiante l'iniziativa presa dall'Unione Europea che ha messo in atto una serie di progetti che utilizzano nuove tecnologie, come Internet, per sostenere l'istruzione e la formazione professionale e, anche, per aiutare gli insegnanti nella gestione degli alunni a distanza.

    D. - Quali frutti vi attendete dunque da questo VIII Congresso internazionale?

    R. - Innanzitutto, c'è da dire che si tratta di una pastorale assai particolare per un mondo al quale, a parte la Chiesa, ben pochi sono sensibili. In questo Congresso, attraverso lo scambio delle esperienze desideriamo trovare insieme nuovi modi e forme di trasmissione della fede nell'ambito dello spettacolo viaggiante. Vorremmo, inoltre, conoscere meglio le loro aspettative, perché possano sentirsi a loro agio nella Chiesa, in quanto comunità di persone in cammino, unite dalla stessa fede e animate dalla speranza. È necessario anche che i circensi e i fieranti diventino essi stessi protagonisti della pastorale nel loro ambiente e che le loro famiglie siano spazio privilegiato per l'evangelizzazione e la trasmissione della fede. Tra gli argomenti affrontati nel mio discorso di apertura, c'è pure il tema della parrocchia, che vorremmo fosse più sensibile e accogliente nei confronti di queste persone.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Giuseppe uomo del sogno e della fede: in prima pagina, Manuel Nin sulle ultime due domeniche delle Annunciazioni nella tradizione siro-occidentale.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la ricetta di Merkel e Sarkozy per la difesa dell'euro.

    Francesco Citterich sulle legislative, domani, in Kosovo.

    L'ombrosa e la luminosa: in cultura, Mariarita Sgarlata sulla devozione a santa Lucia nella più importante epigrafe cristiana di Siracusa, con un contributo di Fabrizio Bisconti dal titolo “Il martirio al femminile”.

    Nella casa romana di Newman: il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, all'inaugurazione del Museo Missionario di Propaganda Fide.

    Cristocentrismo di un teologo modello: Robert Imbelli ricorda, a due anni dalla morte, il cardinale Avery Dulles.

    Colpi di vento nel silenzio: Sandro Barbagallo su Fausto Melotti, scultore dall'animo religioso e contemplativo.

    Nell'informazione vaticana, un articolo sulla visita del Papa, domani, alla parrocchia romana di San Massimiliano Kolbe.

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    Oggi in Primo Piano



    Accordo al vertice sul clima di Cancún, ma senza impegni precisi

    ◊   La sedicesima conferenza Onu sul clima si è conclusa oggi a Cancún, in Messico, con l’approvazione di un fondo di aiuti per i Paesi in via di sviluppo e con l’adozione di un pacchetto di misure per contenere l’emissione di gas serra nel mondo dopo la scadenza del protocollo di Kyoto nel 2012. Tuttavia non sono stati definiti impegni precisi, per i quali si rimanda al prossimo vertice in programma l’anno prossimo in Sudafrica. Proprio su questo rinvio Eugenio Bonanata ha intervistato Sergio Marelli, presidente di Focsiv, volontari nel mondo:

    R. – Il rinvio al 2011 a Durban, in Sudafrica, è stata la via d’uscita quando, nei giorni scorsi, il negoziato sembrava oramai essere arrivato ad uno stallo irrecuperabile. Il fatto di avere trovato un accordo per rivedere alcune attuazioni, alcune scelte concrete solo tra un anno, è stato un po’ un chiaro indicatore di come Cancún non sia stata all’altezza delle aspettative. I prossimi mesi saranno quindi determinanti per preparare una Conferenza del Sudafrica, a fine 2011, che si spera possa essere definitivamente chiara sugli impegni da prendere, sulle mosse da fare, sui meccanismi da seguire per fermare questo problema che attanaglia il nostro pianeta.

    D. – Uno scenario già visto, si potrebbe dire? Pensiamo a Copenaghen …

    R. – Sicuramente, un po’ come Copenaghen, anche se – bisogna dirlo – qualche passo in avanti è stato sicuramente fatto. Innanzitutto, un passo positivo è l’attenzione ai Paesi in via di sviluppo con la considerazione della necessità di un loro “adattamento”: questo è un termine tecnico che indica a tutti che, senza lo stanziamento delle risorse adeguate questi Paesi, queste economie povere non possono adeguare i loro meccanismi di produzione e le loro economie a standard eco-compatibili. Anche perché senza l’intervento dei Paesi del Sud del mondo non si potrà affrontare efficacemente la questione dei cambiamenti climatici.

    D. – In particolare, a Cancún sono stati stanziati 30 miliardi subito e 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2020, proprio per aiutare i Paesi in via di sviluppo a sostenere gli impegni sul fronte climatico …

    R. – Sì: questa è stata la richiesta del “panel” di alto livello che ha voluto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che da Cancún ha chiaramente detto che questi sono impegni importanti, sono una sfida ardua – ha usato proprio queste parole. Però ha anche sottolineato, immediatamente, che la crisi economica non può e non deve essere una giustificazione nel caso in cui gli Stati dovessero fare un passo indietro dopo questi impegni assunti.

    D. – Come valutare la posizione della Bolivia che sul fronte del post-Kyoto, insieme ad altri Paesi sudamericani, ha espresso perplessità su un documento finale che – ha detto – “fissa solo impegni in bianco per i Paesi sviluppati”?

    R. – Bolivia ed Ecuador sono da tempo, ormai, i portabandiera della campagna “ambientalista” del Sudamerica. Sono due Paesi che fanno presente come gli impegni del post-Kyoto debbano essere più stringenti di quanto non definito fino ad ora. E questa sarà la grande questione sul tavolo del prossimi 12 mesi, in preparazione dell'appuntamento a Durban, in Sudafrica.

    D. – Un’ultimissima battuta: non è cambiato l’atteggiamento degli Stati Uniti?

    R. – Non è cambiato. A Copenaghen era sembrato che l’amministrazione Obama potesse imprimere una svolta sulle questioni climatiche; probabilmente, le elezioni di mezzo termine, con la ripresa al Senato del potere da parte dei repubblicani, ha fatto sì che il capo negoziatore statunitense, Todd Sturn, abbia irrigidito ancor più le sue posizioni. Gli Stati Uniti d’America restano un problema, a più forte ragione oggi, quando la Cina sembrerebbe disposta a qualche apertura in più riguardo alla posizione assunta lo scorso anno a Copenaghen. (gf)

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    Costa d'Avorio. Gbagbo rilancia il dialogo per superare la crisi

    ◊   Potrebbe risolversi attraverso il dialogo la crisi politica post-elettorale in Costa d’Avorio. E’ quanto ha proposto il presidente uscente, Laurent Gbagbo, al candidato dell’opposizione, Alassane Ouattara, che ha vinto il ballottaggio per la più alta carica del Paese, svoltosi il 28 novembre scorso. Gbagbo si era rifiutato di passare le consegne ad Ouattara. Su di lui, nel timore di una nuova guerra civile, nei giorni scorso si sono concentrate le pressioni internazionali per un’apertura al negoziato. Ma si può parlare ora di un’effettiva svolta in positivo per l’ex colonia francese? Giancarlo La Vella ne ha parlato chiesto ad Angelo Inzoli, esperto di Africa della rivista Popoli:

    R. - Tutti lo sperano, ma purtroppo anche questa volta il “caso Costa d’Avorio”, che viene da un passato recente molto tormentato, è un grosso punto interrogativo. Certamente ci sono state pressioni unanimi: bisogna dire infatti che non ci sono solo l’Unione Europea e l’Onu, ma c’è anche l’Unione Africana, ci sono anche molti Paesi confinanti che non vogliono assolutamente che ci sia una caduta della tranquillità della regione e per questo si sono praticamente espressi favorevolmente nei riguardi del risultato del secondo turno delle elezioni. Ora, molto dipende proprio da Gbagbo e dal suo entourage, e da come accetteranno di uscire di scena.

    D. – Quali interessi ci sono in gioco?

    R. – Gli interessi, chiaramente, sono enormi: chi prende il potere, prende anche il controllo di tutto l’apparato economico. Gbagbo praticamente ha il controllo di tutta la filiera agroindustriale del Paese, dei media ... Non c’è separazione tra settore economico e il settore politico. E’ una nuova riedizione dello Stato patrimoniale post-coloniale. Il grande problema è che se Gbagbo deve lasciare il potere, deve lasciare anche il controllo di tutte le filiere della produzione economica. Ricordiamo, a tal proposito, che la Costa d’Avorio è un Paese centrale, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto industriale, per tutta l’Africa ma anche per l’Europa, per la Francia in particolare. E Gbagbo ha messo in posti-chiave, perfino nell’esercito, tanta gente che gli è stata fedele. Se lui va, parte anche tutta la gente che lui ha messo lì. Questo è quello che genera le forti tensioni che a loro volta generano poi le violenze.

    D. – Che cosa rappresenta la Costa d’Avorio negli equilibri africani e nei rapporti con i Paesi extra-africani?

    R. – La Costa d’Avorio è stata per anni il Paese più importante nell’Africa occidentale francofona. La Francia ha interessi enormi anche se bisogna dire che ha perso molto, in questi ultimi 15 anni. Ciò nonostante, la Costa d’Avorio rimane ancora un Paese strategico. Forse, oggi, si agisce meno attraverso una diretta implicazione delle autorità politiche, più attraverso le grandi multinazionali, le grandi imprese che controllano buona parte del mercato del caffè, del cacao, del cotone che a sua volta è molto legato al mercato internazionale.

    D. – Qual è la situazione sociale in Costa d’Avorio?

    R. – Pur essendo un Paese ricco di risorse, da un punto di vista sociale l’analfabetismo è piuttosto diffuso e quasi il 50% della popolazione ha meno di 15 anni. E poi, il grande problema è che, dalla morte del vecchio presidente Boigny, nel ’93, è nata una forte instabilità (che era però già iniziata nel ’90), che ha portato a tre anni di guerra civile. Chiaramente, tutto questo ha pesato negativamente sul benessere della popolazione. Lo sviluppo rimane ancora un’utopia da realizzare. (ma)

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    Sport senza frontiere 2010: iniziativa a Roma per l’integrazione dei ragazzi più disagiati

    ◊   Sport senza frontiere 2010 è il titolo dell’iniziativa in favore dei ragazzi promossa dall’associazione Athlion Roma Pentathlon Moderno per promuovere l’integrazione sociale e il diritto allo sport. L’evento patrocinato dall’Unicef e dal Comune di Roma conta tra i suoi partner anche la Comunità di Sant’Egidio. Giornata clou per il progetto giunto alla sua seconda edizione sarà quella di domenica pomeriggio: presso le Officine Farneto di Roma andranno all’asta bellissime fotografie della Reuters e dell’agenzia Contrasto i cui proventi finanzieranno le attività sportive di molti ragazzi e ragazze in situazione di disagio sociale. Stefano Leszczynski ha intervistato Alessandro Tappa, responsabile del progetto Sport Senza Frontiere:

    R. – Consentire a bambini con difficoltà economiche o con disagio sociale di poter praticare sport in maniera organizzata, soprattutto con istruttori qualificati, iscriversi insomma ad un corso sportivo è una cosa importante. A distanza di un anno abbiamo avuto risultati veramente eccellenti, in quanto siamo riusciti ad avviare allo sport otto bambini che dalla scorsa primavera stanno frequentando regolarmente i corsi; e 15 ragazze nigeriane richiedenti asilo politico, hanno fatto attività di rugby femminile con l'Arvalia Villa Pamphili e Liberi Nantes, altre due associazioni sportive che avevamo coinvolto e che avevano aderito al progetto “Sport senza frontiere”.

    D. – Cosa significa lo sport per ragazzi, per giovani che vivono una situazione di disagio sociale o di sfavore sociale?

    R. – Significa tantissimo, perché lo sport ha, intanto, dalla sua il coinvolgimento emotivo: arriva in profondità nel bambino, nell’adolescente ma anche del ragazzo e dell’adulto, perché comunque tocca una serie di corde che lo coinvolgono nel corpo e nello spirito, come si dice. E poi, soprattutto, offre un modo di praticare concretamente l’integrazione perché il grande vantaggio dello sport è questo: quando si è su un campo di atletica, su un campo di calcio, su qualsiasi pista, si è tutti perfettamente uguali e perciò l’integrazione diventa automatica. assicura molta dignità!

    D. – Spesso, quando si pensa ai Paesi più sfortunati, ai Paesi più poveri e si parla di sport e giovani, si pensa ai “cacciatori di teste”, che vanno in quei Paesi per trovare magari il campione da esportare. Non si riesce, invece, ad immaginare iniziative di carattere sociale, internazionale che magari portino lo sport nei Paesi più disagiati. Questo, secondo lei, è possibile? Potrebbe essere una formula valida per aiutare determinate società?

    R. – Sarebbe straordinario! Per lo più, si parla di sport e a volte della ricerca del campione, e invece, nonostante tutta una serie di iniziative legata agli aiuti umanitari – ci sono tantissime iniziative di tutti i tipi – riguardo allo sport si fa molto molto poco. Invece, lo sport sarebbe uno strumento straordinario! (gf)

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    Il Musico di Leonardo in mostra ai Musei Capitolini

    ◊   In attesa della grande mostra prevista a Roma per l’autunno 2011 “Due Italiani prima dell’Italia, Leonardo e Michelangelo”, ieri ai Musei Capitolini staffetta virtuosa tra i due maestri rinascimentali: nel giorno in cui si concludeva l’esposizione del bozzetto in terracotta “I due lottatori” di Michelangelo, è stato collocato nell’esedra del Marco Aurelio il “Musico” di Leonardo Da Vinci. Si tratta dell’unico ritratto maschile del maestro conservato al mondo e mai uscito in 500 anni dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano: l’opera resterà a Roma fino al prossimo 27 febbraio. Alla presentazione c’era per noi Paolo Ondarza:

    (musica)

    Un olio su tavola, opera della prima maturità di Leonardo, contemporaneo alla prima versione della Vergine delle Rocce del 1485. Su un fondo nero risalta il copricapo rosso del giovane ritratto a mezzo busto di tre quarti: i folti ricci castani dai riflessi ramati incorniciano il volto dallo sguardo assorto, appena distolto dal cartiglio musicale, che l’uomo regge con la mano destra. Si tratta, forse, del suonatore di lira - Atalante Migliorotti, amico di Leonardo - e il pittore ne coglie il moto della mente, rapita dalla melodia. Il curatore Pietro Marani:

    “Quello che è semplicemente un ritratto che per definizione è una cosa statica di un personaggio che è in posa, Leonardo lo stravolge in quella che è la rappresentazione dell’invisibile, della reazione cioè della mente di questo personaggio all’ascolto di una musica”.

    “Per la prima volta un Leonardo è esposto ai Musei Capitolini”, spiega il direttore Claudio Parisi Presicce:

    “Non ha mai messo piede un’opera di Leonardo nei Musei Capitolini e quindi si tratta di una prima volta, ma certamente Leonardo conosceva bene i capolavori di arte antica presenti nei Musei Capitolini”.

    Come la grande mostra romana del prossimo autunno dedicata e Michelangelo e Leonardo, anche il prestito del “Musico” si inserisce nei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Il prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, mons. Franco Buzzi:

    “Questi autori, come Michelangelo e Leonardo, sono particolarmente rappresentativi di questo spirito italiano che ha saputo sintetizzare l’eredità antica e la nuova presenza della cultura cristiana nel mondo della insipienza moderna”.

    Anche l’arte, dunque, richiama quelle radici storiche, culturali e religose indelebili nella storia di Italia.

    (musica)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa terza Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Giovanni Battista, rinchiuso in carcere, invia dei discepoli da Gesù per chiedergli se sia lui il Messia. Gesù risponde:

    «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Interessante e sorprendente la perplessità che manifesta Giovanni Battista di fronte al modo di agire di Gesù: sarà stato il buio della prigione, sarà stata l’impressione che lo stile di Gesù era totalmente diverso dal suo, è certo che il Battista ha pensato di essersi sbagliato. Un impegno totale, una sfida a tutto il sistema religioso, una audacia che rischiava l’insulto: e ora forse la paura di aver preso un abbaglio colossale, di aver fallito missione. Perché Gesù non era un’asceta rude, non viveva isolato, stava volentieri con la gente, avvicinava gli sfortunati della vita, e non i capi religiosi. Il messaggio che Gesù manda al Battista, da una parte illustra la differenza di metodo: ognuno ha un suo modo di portare luce e verità, vuole far capire Gesù. Ma non per questo Giovanni ha fallito: la sua statura morale e religiosa è grande, la sua missione è autentica, il suo metodo efficace, ribadisce Gesù. Egli è il messaggero previsto da Malachia, è la incarnazione del grande profeta Elia. Non deve perciò temere di aver sbagliato, solo deve accettare che l’Atteso abbia altro stile, abbia più misericordia che invettiva, non accusa ma accoglienza. Anche Giovanni doveva andargli incontro, accoglierlo con stupore.

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    Chiesa e Società



    I vescovi olandesi: azione ferma contro la pedofilia

    ◊   La Conferenza episcopale olandese è determinata ad intraprendere “un’azione ferma” contro gli abusi sessuali sui minori. Lo ha confermato il portavoce dei vescovi Pieter Kohnnen, commentando i risultati dell’inchiesta della Commissione indipendente incaricata dalle autorità olandesi di indagare sugli abusi commessi nei Paesi Bassi dal 1945 ad oggi. La Commissione – lo ricordiamo - è stata istituita ad agosto, dopo lo scandalo scoppiato la scorsa primavera, sull’onda di quanto accaduto nel vicino Belgio, in seguito alle denunce di presunti casi di pedofilia commessi in un istituto salesiano negli anni '60-'70. I risultati dell’indagine sono stati presentati giovedì in una conferenza stampa all’Aja dal presidente della commissione, l’ex Ministro dell’istruzione Wim Deetman. Dal mese di marzo, quando è scoppiato lo scandalo, sono state presentate 1.975 denunce, 100 volte più della media annuale in Olanda. L’inchiesta ha inoltre messo in evidenza che “Hulp & Recht” (Aiuto e Diritto), l’organizzazione istituita dalla Conferenza episcopale nel 1995 per assistere le vittime di abusi non è riuscita ad aiutare in modo adeguato queste persone. La Commissione Deetman propone quindi una “drastica riorganizzazione” di “Hulp & Recht” se non la creazione di un’organizzazione completamente nuova. Per altro verso, Deetman si è detto “molto soddisfatto” della piena collaborazione ricevuta in questi mesi dalle autorità ecclesiastiche olandesi. Una soddisfazione condivisa dal portavoce dei vescovi: “Siamo grati a questa commissione per le sue raccomandazioni tempestive e per la professionalità dimostrata e ribadiamo la nostra ferma condanna di ogni forma di abuso sessuale”, ha detto Kohnnen in un’intervista all’agenzia Cns, ricordando che erano stati proprio i vescovi a sollecitare un’inchiesta esterna, ampia e indipendente. “La Chiesa deve assumersi le sue responsabilità per quanto è successo ed è comprensibile che essa abbia perso la fiducia della gente”, ha aggiunto il portavoce. In una dichiarazione diffusa nella stessa giornata di giovedì, la Conferenza episcopale ha ribadito la propria determinazione in questo senso: “Nella Chiesa – si legge tra l’altro nel testo - non ci può essere spazio per gli abusi sessuali che sono contro il Vangelo, la dignità della persona umana e l’inviolabilità del bambino”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Germania: documento dei vescovi per la prevenzione di abusi nelle scuole cattoliche

    ◊   La Conferenza episcopale tedesca (Dbk) ha pubblicato il 7 dicembre un programma per la prevenzione delle violenze sessuali in scuole, collegi e asili cattolici. “ Le strutture formative cattoliche devono distinguersi per la cultura del rispetto reciproco” sottolinea all'agenzia Sir, mons. Hans-Josef Becker, arcivescovo di Paderbon e responsabile della Commissione per l’educazione e la scuola della Dbk. Il presule chiede “ una prevenzione sistematica come requisito del profilo e delle caratteristiche qualitative delle istituzioni scolastiche cattoliche”. La brochure fa parte dei materiali forniti dalla Dbk per supportare i responsabili sul tema degli abusi e realizza uno degli obiettivi dell’ordinamento quadro per la prevenzione degli stessi, pubblicato nel settembre scorso, al termine dell’assemblea plenaria dei vescovi tedeschi. E’ attivo anche il sito Internet www.praevention-building.dbk, allestito dalla Conferenza episcopale, che costituisce una piattaforma con informazioni e materiali sul tema della prevenzione degli abusi sessuali. (C.P.)

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    India: il ruolo dei sacerdoti per la Chiesa in Orissa, vittima dell’estremismo indù

    ◊   In Orissa servono sacerdoti orientati alla missione e che sappiano affrontare le sfide alla luce dei massacri anticristiani del 2008. È quanto emerge dall’incontro cui hanno partecipato 30 tra vescovi, rettori di seminario e sacerdoti di 8 diocesi dell’Orissa avvenuto nei giorni scorsi a Bhubaneswar. Le violenze, esplose nel distretto di Kandhamal nell’estate del 2008, hanno provocato centinaia di vittime tra sacerdoti, religiosi e laici. Decine di chiese e scuole gestite dai cristiani locali, sono state distrutte, con false accuse di proselitismo. Oltre 50mila persone sono state costrette dalla comunità indù ad abbandonare le proprie terre per cercare rifugio altrove. Nonostante gli atti di violenza - riferisce l'agenzia AsiaNews - la comunità cristiana è ancora fiorente. In Orissa ci sono due seminari maggiori e 10 seminari minori, frequentati da circa 500 allievi. Mons. Thomas Thiruthalil, vescovo di Balasore e responsabile della Conferenza episcopale dell’Orissa, ha affermato: “Tutti noi abbiamo una responsabilità comune nell’aiutare i futuri sacerdoti e missionari ad affrontare la situazione e la sfida emersa con i progrom di Kandhamal. I preti – ha continuato – devono essere consapevoli della dimensione missionaria della loro vocazione che deve essere affrontata sin dai primi di formazione nei seminari e nelle varie fasi del cammino sacerdotale”. Secondo padre Mihit Upasi, della diocesi di Berhampur, il compito di vescovi e padri spirituali è dare ai futuri sacerdoti gli strumenti intellettuali, psicologici e pastorali per portare aventi la missione della Chiesa in queste terre. “Hanno bisogno – ha affermato – di una guida e un sostegno che li aiuti a dare coraggio alla comunità cristiana per affrontare il problema dei gruppi fondamentalisti indù che da decenni colpiscono l’Orissa”. (R.P.)

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    La storia di una parrocchia dell’Orissa scomparsa nel nulla

    ◊   È la storia di una parrocchia che non esiste più, spazzata via dalla violenza dei pogrom anticristiani in India dell’agosto 2008, che continuano a mietere conseguenze anche a distanza di tempo. L’agenzia Fides racconta la vicenda della parrocchia cattolica di Betticalla, nell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, Stato dell’Orissa, che copriva il territorio del villaggio di Nandigiri, comprente un centinaio di famiglie contadine cristiane, di cui la metà cattoliche. Tutte le case sono state razziate e bruciate e molte persone costrette con la forza a convertirsi all’induismo: i fedeli, quindi, si sono rifugiati nella foresta e poi nei campi profughi allestiti dal governo. Le autorità, inoltre, hanno fatto sapere di non poter fare niente e hanno assegnato a ogni famiglia un piccolo appezzamento di terra per costruire una nuova casa molto lontano, sulle pendici delle montagne, dove è stato fondato un villaggio chiamato Shantinagar, “il luogo della pace”. Il lavoro langue, tanto che i più giovani sono costretti a spostarsi nella città di Udayagiri. Anche il parroco è stato costretto a trasferirsi, nella capitale Bhubaneswar, mentre un sacerdote viene la domenica per celebrare la Messa: gli abitanti vorrebbero costruire una nuova chiesa, ma ancora non hanno avuto l’autorizzazione. (R.B.)

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    Egitto: i copti accusano il governo di discriminare i cristiani

    ◊   Ancora proteste in Egitto in seguito alla durissima reazione delle forze di sicurezza durante le manifestazioni legate alla costruzione bloccata della chiesa delle Piramidi. Durante la manifestazione del 24 novembre le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sulla folla disarmata che circondava la sede del governatore di Giza, uccidendo tre persone. Un bambino di quattro anni ha perso la vita perché soffocato dai gas lacrimogeni. Molte decine di persone sono rimaste ferite a causa della brutalità della repressione della polizia; fra di essi 38 bambini. Le forze di sicurezza - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno arrestato 168 copti, che sono ancora detenuti; fra loro ci sono 20 minori, al di sotto dei 18 anni di età, che sono rinchiusi nel centro di detenzione giovanile di Al Marg. Una richiesta per la loro liberazione è giunta anche da International Christian Concern (Icc), un organismo con base negli Stati Uniti che ha come compito quello di monitorare la situazione dei cristiani nel mondo. Il 4 dicembre scorso il responsabile dell’Unione egiziana per i diritti umani, Naguib Ghobrial, ha organizzato una manifestazione davanti all’Alta corte dell’Egitto a cui hanno partecipato sia cristiani che musulmani per chiedere la liberazione dei detenuti, in particolare dei minori, e l’incriminazione del governatore di Giza e del capo della Sicurezza che il 24 novembre autorizzarono l’uso di pallottole attive contro i manifestanti. Aidan Clay, direttore regionale per il Medio Oriente per Icc, ha detto: “Mentre la maggior parte degli attacchi contro i copti sono commessi da gruppi di musulmani, l’attacco sui manifestanti disarmati è stato il primo, a memoria recente, autorizzato da una branca del governo e compiuto da forze di sicurezza egiziane. La persecuzione anti-cristiana in Egitto sta raggiungendo un nuovo livello, dal momento che i copti non sono solo discriminati, ma sono presi a bersaglio e uccisi dal governo. Chiediamo al presidente Mubarak di agire immediatamente per perseguire chi ha autorizzato l’attacco e liberare i manifestanti detenuti, in particolare i ragazzi. Se non fa così, sarà chiaro che il regime di Mubarak e i tribunali egiziani autorizzano e incoraggiano la violenza contro i cristiani”. (R.P.)

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    L’Acnur all’Europa: rispetti il diritto all’asilo dei rifugiati

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), ha lanciato un appello a Frotex, l’Agenzia europea per le frontiere esterne, affinché si adoperi perché il diritto d’asilo non venga minacciato dalla tendenza ad applicare politiche di frontiera più restrittive. “L’Europa – sottolinea l’Acnur – non deve dimenticare che tra coloro che cercano di entrarvi ci sono anche persone che hanno bisogno della protezione internazionale e le cui vite sono in pericolo”. La differenza tra migranti e richiedenti asilo, infatti, è la seguente: mentre i primi sono tutti coloro i quali partono alla ricerca di un lavoro e di nuove opportunità economiche; i secondi scappano da persecuzioni e contesti violenti o di guerra e non possono tornare a casa finché la situazione non cambia. Per questi ultimi, trovare protezione in Europa è sempre più difficile, come si può facilmente evincere dai dati sugli arrivi via mare in Paesi come l’Italia, la Grecia, Cipro e Malta, progressivamente diminuiti negli ultimi due anni fino al 72,5%. Due terzi degli arrivi si sono verificati in Grecia: nella regione di Evros, in particolare, si registra una controtendenza, cioè un aumento degli sbarchi del 415%. L’Acnur, infatti, ha chiesto all’Unione Europea di aiutare questo Paese affinché il suo sistema di asilo raggiunga standard adeguati. Nel corso dell’ultima settimana, inoltre, in occasione dell’annuale High Commissioner’s Dialogue a Ginevra, l’Alto commissario António Guterres ha lanciato un appello per giungere finalmente a un accordo per la suddivisione degli oneri con i Paesi più poveri che ospitano i quattro quinti dei rifugiati nel mondo. Le politiche di controllo dei confini che bloccano indiscriminatamente gli arrivi, infatti, spingono i richiedenti asilo a cercare vie di fuga alternative e ancora più pericolose. (R.B.)

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    Profughi africani nel Sinai: per i Gesuiti rischiano di essere venduti ad altri

    ◊   Potrebbero essere divisi in gruppi più piccoli e venduti ad altri trafficanti della zona: è questo il rischio che corrono i 300 profughi eritrei, somali e sudanesi, da quasi un mese nelle mani di trafficanti di esseri umani attivi nell’area del Sinai, in Egitto. Lo riferisce il webmagazine internazionale dei Gesuiti “Popoli”, citato dall’agenzia Sir. Il periodico on line ripercorre la vicenda dei profughi che quotidianamente affidano il proprio viaggio della speranza a trafficanti senza scrupoli che li accompagnano fino a metà tragitto verso Israele e poi chiedono loro altri soldi per completare il viaggio, minacciandoli di morte. A chi non ha il denaro per pagare viene offerta la possibilità di vendere un organo, che poi i trafficanti “ricicleranno” sul mercato nero. “I 300 profughi sono ancora insieme – si legge sul sito – ma si teme che i trafficati li dividano per evitare colpi di mano da parte delle forze di sicurezza egiziane”. La polizia, intanto, ha preso contatti con i capi delle tribù della penisola affinché interpretino il ruolo di mediatori con i rapitori e ha rafforzato i controlli all’ingresso del tunnel El Shahid Ahmed Hamdi, che passa sotto il canale di Suez e approda al Sinai. (R.B.)

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    Germania: marcia in difesa dei cristiani iracheni

    ◊   Una marcia silenziosa in segno di solidarietà verso i cristiani in Iraq si è svolta ad Essen nei giorni scorsi. "Non esiste giustificazione agli attacchi a persone indifese nelle loro case o a fedeli riuniti in una Chiesa", ha detto nel Duomo di Essen mons. Franz Vorrath, vescovo ausiliare della diocesi. Vorrath – riferisce l’agenzia Sir - ha sottolineato che nonostante quanto affermato dai colpevoli, "non si tratta di un conflitto religioso tra cristiani e musulmani", poiché "le due religioni hanno convissuto in pace per lunghe fasi della storia irachena". Il vescovo ha affermato che "cristiani e musulmani possono creare insieme il futuro dell'Iraq", ma solo "qualora un ordinamento statale indipendente impedisca che i gruppi islamici usino la violenza per conquistare potere e influsso", ha aggiunto. La marcia è stata organizzata dalla diocesi di Essen, dalla Caritas locale, dal movimento per la pace Pax Christi e dalla comunità cattolica-caldea di Essen-Katernberg. Nell'area della Ruhr vivono molti profughi iracheni, accolti negli anni scorsi e anche nel 2009 grazie all'interessamento delle autorità cittadine. (R.P.)

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    Scozia: il cardinale O'Brien invoca una maggiore libertà di espressione religiosa

    ◊   Nell'attuale società "si avverte sempre più urgente il bisogno di una maggiore libertà di espressione religiosa": questo è stato il tema centrale dell'omelia pronunciata dal cardinale Keith Michael Patrick O'Brien, arcivescovo di Saint Andrews and Edinburgh e primate della Chiesa di Scozia, nel corso della messa cantata celebratasi mercoledì presso la Westminster Central Hall di Londra. Durante il suo intervento, alla presenza di numerosi fedeli, il porporato ha sottolineato "la necessità di rispettare, sostenere e proteggere il diritto dei cristiani a vivere secondo il proprio credo e ad agire in accordo con la loro fede". Per il cardinale O'Brien, "in Scozia, i cattolici hanno levato la loro voce contro lo spirito di setta e l'intolleranza diretti contro la Chiesa". Egli ha definito la libertà religiosa come "un diritto umano fondamentale che purtroppo non viene attualmente riconosciuto nel nostro contesto in modo del tutto ampio e completo come, invece, dovrebbe essere". Nella prima parte dell'omelia - riferisce L'Osservatore Romano - il primate di Scozia ha proposto l'esempio di san Thomas More come di colui che "era pronto a donare la propria vita piuttosto che tradire la propria coscienza". Ha quindi ricordato che Giovanni Paolo II aveva proclamato Thomas More santo patrono degli uomini politici affermando che "la sua vita ci insegna che l'azione di governare è, sopra ogni cosa, l'esercizio della virtù". Il cardinale ha quindi ripetuto le ultime parole pronunciate da Thomas More prima della sua esecuzione: "muoio come leale servitore del Re ma ponendo Dio al di sopra di ogni cosa". Il porporato ha quindi annunciato l'imminente lancio dell'iniziativa sulla "Declaration of Christian Conscience" denominata "Westminster 2010". "Questa iniziativa — ha sottolineato il cardinale O'Brien — è l'equivalente della “Manhattan Declaration”, promossa lo scorso anno dall'episcopato degli Stati Uniti e che finora è stata sottoscritta da quattrocentomila cristiani statunitensi. La “Westminster 2010” si rivolge ai fedeli cristiani del Regno Unito, appartenenti a ogni organizzazione, che hanno a fondamento della propria fede i valori tradizionali per la vita, per il matrimonio e per la coscienza. Ricordando la recente visita di Benedetto XVI nel Regno Unito, il primate di Scozia ha citato le parole che il Papa aveva pronunciato davanti alla folla di fedeli accorsi a Westminster Hall. Nel corso dell'omelia Benedetto XVI aveva dichiarato: "La religione non è un problema che i legislatori devono risolvere, ma un contributo vitale al dialogo della nazione". Concludendo la predicazione, il cardinale ha esortato i fedeli "a non essere mai timorosi di proclamare il messaggio di Cristo per mezzo delle loro parole e delle loro azioni" e "a ricordare il Salvatore nato in povertà e semplicità duemila anni fa". (R.P.)

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    Bolivia: la Chiesa chiede di non escludere la religione dalla 'formazione integrale'

    ◊   Il Consiglio Boliviano dei Laici ha espresso la sua preoccupazione circa le nuove leggi in discussione, in particolare la nuova Legge sull'Istruzione "Avelino Sinani e Elizardo Perez". Il documento è l’espressione dell'assemblea realizzata all’inizio del mese, durante la quale si è parlato in modo particolare delle diverse manifestazioni offensive contro i Pastori della Chiesa cattolica che“non fanno altro che compiere la loro missione profetica di annunciare e denunciare tutto ciò che va contro la dignità della persona umana”. L’agenzia Fides, sottolinea come il Consiglio dei Laici abbia espresso alcune considerazioni preoccupanti sulle leggi approvate e quelle ancora da approvare, in particolare la legge sull'istruzione “Avelino Sinani-Elizardo Pérez”. I firmatari temono che, “benché si viva in uno Stato laico si possa fare a meno di una Formazione integrale, che educhi anche all'aspetto trascendentale della persona; inoltre la nuova legge tocca anche il diritto dei genitori a chiedere l'educazione migliore per i loro figli”. Infine c’è stata anche una protesta per l'imminente chiusura dell'Istituto Cattolico Superiore, che per anni ha contribuito alla formazione di molti professionisti in materia di istruzione a livello nazionale. “Come organizzazioni impegnate nella missione di costruire il Regno di Dio , viviamo in uno situazione di emergenza e nell'atteggiamento di preghiera, affinché lo Spirito Santo illumini e guidi i nostri leader del governo nella ricerca del bene comune per tutti i boliviani” ; è quanto si legge a conclusione del comunicato. Il documento è firmato da Felipa Martínez Ruíz, presidente del Consiglio Boliviano dei Laici. ( C.P.)

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    Haiti: il Sermig si mobilita per la costruzione di un ospedale a Jeremie

    ◊   È già in costruzione il nuovo ospedale dei padri Camilliani a Jérémie, ad Haiti. Sarà specializzato nella cura, anche chirurgica, delle lesioni cutanee gravi e diventerà un presidio sanitario fondamentale nella fase del dopo terremoto. Il Sermig (Servizio Missionario Giovani) di Torino, sostiene il progetto con un finanziamento di 100mila euro, consegnati da Ernesto Olivero, responsabile della fondazione a padre Joachim Cipriano, coordinatore dei Camilliani in Piemonte e Liguria. La somma è stata raccolta grazie alla solidarietà di molti, con l’intento di soccorrere la popolazione di Haiti duramente provata dal sisma del 12 gennaio. Il nuovo ospedale sorgerà a Jérémie , capoluogo del dipartimento della Grand´Anse. “La scelta di insediamento a Jérémie – spiega all’agenzia Sir il Sermig - non è stata casuale: si tratta di una delle zone più povere di un Paese già in condizioni di miseria. La scarsità delle infrastrutture e il loro deterioramento hanno lasciato la zona priva della possibilità di essere raggiunta via strada dalla capitale. Ogni rifornimento di materiali, anche i più essenziali, diventa difficile, e richiede molto tempo. L’epidemia di colera ha inoltre aggravato la situazione e infatti negli ultimi giorni ha provocato la morte di 500 persone”. (C.P.)

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    Pakistan: la missione della Camillian Task Force continua dopo le alluvioni

    ◊   La missione della Camillian Task Force, l'Associazione internazionale di aiuto della Congregazione cattolica di San Camillo e dei collaboratori laici e religiosi in Pakistan continua . "Con l'aiuto e la collaborazione di tanta gente di buona volontà abbiamo avviato un campo medico a Khanpur, Kotri, nella provincia di Sindh" racconta all'agenzia Fides fratel Mustaq Anjum, camilliano in Pakistan. "Dal primo giorno abbiamo lavorato in una tendopoli in cui regna la miseria. I bambini non hanno vestiti , calze e scarpe. Alcuni sono malati e altri si stanno ammalando a causa del freddo. La maggior parte dei pazienti sono donne, bambini e persone anziane. Ne abbiamo assistiti circa 300. Molte delle vittime delle inondazioni finora non avevano ricevuto farmaci e sono stati contenti del nostro servizio. Sono tutti musulmani. A parte un medico e le infermiere, ci aiutano i volontari locali. In un'altra località abbiamo avviato la distribuzione di materiali edili per 26 famiglie”. L'attività si è svolta nel convento dei Missionari Francescani di Cristo Re e la missione ed il progetto dovrebbero essere ultimati entro la fine di febbraio 2011 ed eventualmente proseguiranno sotto la guida dei Francescani del luogo. (C.P.)

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    Giornata internazionale delle Montagne su minoranze e popoli indigeni

    ◊   La Giornata internazionale delle Montagne - celebrata ogni 11 dicembre su iniziativa delle Nazioni Unite - torna a proporre alla comunità internazionale la cura delle aree montane del Pianeta, evidenziando la loro importanza per la vita umana, le opportunità e difficoltà di quanti vivono “in quota” e la necessità di costruire una rete di alleanze a tutela delle “terre alte”. Osservata per la prima volta nel 2003, nel solco dell’ “Anno internazionale delle Montagne” indetto nel 2002, la “Giornata” focalizza quest’anno il tema delle minoranze e dei popoli indigeni delle montagne, al fine di accrescere la consapevolezza dei loro problemi, da un lato, e, dall’altro, la ricchezza del loro patrimonio culturale. Si intende inoltre incoraggiare le comunità autoctone degli habitat montagnosi a salvaguardare la specificità e varietà dei loro saperi tradizionali: pratiche agricole, risposte al cambiamento climatico, medicine e pratiche sanitarie, tradizioni orali, artigianato e arte. L’impatto del clima sulle “terre alte” e i loro abitanti è stato al centro di due incontri svoltisi a margine del vertice di Cancún, in Messico, con la finalità di porre a confronto misure ed esperienze nazionali e regionali di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nelle zone montuose del mondo. (M.V.)

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    Convegno all'Angelicum sul tema “Santa Sede e Ucraina: per un’Europa cristiana”

    ◊   Si è svolto ieri, presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino di Roma, un convegno di studi sul tema “Santa Sede e Ucraina: per un’Europa cristiana” per iniziativa dell’Ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede e dell’Angelicum. In un comunicato finale si sottolinea che “l’aspetto più visibile del rinnovamento politico e sociale in Ucraina è il sentimento religioso” con la presenza di oltre 35 mila comunità religiose appartenenti a 55 diverse confessioni. Il convegno ha messo in luce come la matrice cristiana possa costituire un punto di forza nel consolidamento della democrazia e nell’apertura all’Occidente. L’Ucraina costituisce il punto di congiunzione fra la cultura occidentale e quella orientale – si è detto nel corso dei lavori – e ciò la rende un Paese altamente strategico nello scacchiere europeo. Nel caso dell’Ucraina la prospettiva religiosa, quella culturale e quella politica risultano strettamente connesse, come evidenziato dall’intervento dell’ambasciatrice di Ucraina presso la Santa Sede Tetiana Izhevska, che si è fatta anche portavoce del ministro degli Esteri Ucraino Kostyantyn Gryshchenko. Con un proprio messaggio scritto, infatti, il ministro ha voluto ricordare come il rapporto spirituale con l’Occidente sia stato storicamente una priorità dei leader nazionali e del popolo ucraino. Anche alla luce di questa vocazione dell’Ucraina si comprende quanto atroce sia stata per il Paese la repressione comunista: « l’avere rinnegato Dio non ha reso più libero l’uomo – ha detto nel suo intervento il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali – lo ha piuttosto esposto a varie schiavitù abbassando la vocazione del potere politico al livello di una forza brutale ed oppressiva ». Oggi, a differenza del processo di laicizzazione che caratterizza molti Paesi Europei, la crescita dell’Ucraina procede di pari passo con il recupero della religiosità, favorito da un sistema costituzionale e legislativo che – come ha spiegato Yuriy Bugutskiy, presidente del Comitato statale ucraino delle religioni e nazionalità - considera espressamente la libertà di coscienza e di organizzazione religiosa come elementi fondanti della nazione. Coltivare la matrice cristiana dell’Ucraina e farla emergere appare tanto più importante in una fase come quella attuale, in cui l’economia e la politica, soprattutto nei Paesi emergenti, seguono spesso logiche lontane da un corretto orizzonte etico. « Questi valori realizzati con fatica, perché composti di una sintesi tra il pensiero greco e romano riletto alla luce della Sacra Scrittura – ha affermato nel proprio intervento il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione Rino Fisichella - in questi ultimi secoli si sono ossidati e rischiano di essere sottoposti a uno struggente logorio non per il passare degli anni, ma per la corrosione di fenomeni culturali e legislativi che minano il tessuto sociale”. Durante il convegno si è svolta anche una tavola rotonda, presieduta dal decano della Facoltà di Diritto Canonico dell’Angelicum, Miroslav Konstank Adam.

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    Ue: a Bruxelles la “Consensus Conference” che affronta il problema dei senza tetto

    ◊   Dotare gli Stati membri dell’Unione europea di un medesimo quadro legislativo per contrastare la mancanza di una dimora stabile: è questo l’obiettivo della prima Consus Conference (Conferenza europea di Consenso) che si è aperta ieri a Bruxelles, sul tema dei senza fissa dimora, che nel Vecchio continente, contrariamente a quanto si possa pensare, sono giovani, molte donne e molti migranti richiedenti asilo, vittima della disgregazione familiare, che vivono in strutture di emergenza o godono di sistemazioni temporanee. La due giorni, precisa l'agenzia Sir, nasce all’interno del semestre di presidenza belga dell’Ue, che cade alla fine del 2010, l’Anno europeo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Molti sono gli stereotipi sugli homeless smentiti durante i lavori: la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora, ad esempio, afferma che non si tratta più di singoli individui, in genere di mezza età, che dormono per strada. L’unico modo per contrastare la crescita del fenomeno consiste nella prevenzione, ma c’è molto da fare anche per facilitare l’uscita di queste persone da tale situazione: in particolare i partecipanti alla conferenza stanno riflettendo sull’ipotesi se porre fine al problema sia o meno un obiettivo realistico. (R.B.)

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    Gran Bretagna: i vescovi annunciano l’Anno dell’educazione cattolica

    ◊   Fruttificano i semi lanciati dalla visita di Benedetto XVI nel Regno Unito, dal 16 al 19 settembre: i vescovi d’Inghilterra e Galles celebreranno un Anno dell’educazione cattolica. Ad annunciarlo, riferisce l'agenzia Zenit, l’arcivescovo Vincent Nichols, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici, che ha voluto ricordare l’incontro del Papa a Twickenham con circa tremila allievi delle scuole cattoliche. I presuli hanno espresso un sentito ringraziamento al Santo Padre “per la sua enfasi sull’immenso valore dell’educazione cattolica”. “Nel messaggio di Benedetto XVI – scrivono – è stata centrale l’insistenza sul fatto che la religione ha una funzione chiave da svolgere nella nostra società e che tutte le persone di fede possono dare un contributo importante e necessario al raggiungimento del bene comune”. I vescovi hanno sottolineato il tempo dedicato dal Papa alle vittime di abusi e hanno riflettuto sulla situazione dei sacerdoti “che spesso hanno subito la critica pubblica e il disprezzo”; inoltre hanno ringraziato il Pontefice per l’incoraggiamento ricevuto nel quotidiano lavoro in direzione della piena unità visibile della Chiesa. “Questa visita ci ha dato nuova fiducia – affermano – ci ha anche aiutati a dare un impulso alla nostra identità come cattolici, sia sperimentata da noi stessi che vista dagli altri”. In conclusione i vescovi ha ricordato la figura del Beato Henry Newman, “modello speciale di discepolo fedele per il Regno Unito”. (R.B.)

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    Al cardinale Cañizares la laurea honoris causa dall’Università cattolica di Valencia

    ◊   Il Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, cardinale Antonio Cañizares, ha ricevuto nei giorni scorsi la laurea honoris causa dall’università cattolica di Valencia San Vincente Mártir. Nel corso della cerimonia, riferisce l'agenzia Zenit, il porporato ha lanciato l’allarme sulla mancanza di fede nel mondo, che è la principale minaccia per la nostra epoca: “Percepisco e vivo la mancanza di fede in Dio – ha detto – la perdita del senso di Dio che lacera il nostro mondo come la maggiore povertà, la minaccia più grave e dalle conseguenze più disastrose della nostra epoca, una situazione che genera un crollo morale che richiede urgentemente la sua riedificazione”. Il cardinale, però, ha tenuto a esprimere anche un messaggio di speranza e si è detto convinto che “anche se per una società come la nostra, chiusa al futuro, mancano basi per la speranza, Dio non l’abbandonerà alla propria sorte. Voglio essere testimone e portavoce di speranza, incoraggiare la speranza, guardare al futuro, aiutare ad aprirsi al futuro”, ha detto. La cerimonia è stata presieduta dall’arcivescovo di Valencia, Carlos Osoro Sierra, gran cancelliere dell’università cattolica della città, che ha evidenziato l’importanza di difendere la verità dell’uomo e la sua dignità. (R.B.)

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    Riscoprire la quotidianità della fede nel libro della principessa Von Thurn und Taxis

    ◊   Una rivalutazione della fede popolare e un invito a vivere di nuovo la fede cattolica con i cinque sensi. È questo il tema del libro “La fede dei piccoli” della principessa Elizabeth von Thurn und Taxis, edito dalla Libreria Editrice Vaticana e presentato ieri a Roma. Un volume che si rivolge a tutti e che raccoglie gli interventi pubblicati dall’autrice sulla rivista tedesca Vatican-magazines. Nella prefazione, scritta da mons. Georg Ratzinger, fratello di Benedetto XVI, si mette in evidenza come troppo spesso la pietà popolare sia messa ai margini rispetto alla solennità della pietà liturgica. La devozione popolare, guardata spesso con alterigia, è invece un “tesoro della Chiesa”. “La nostra fede non si limita alla preghiera, all’interiorità ed alla razionalità”, afferma mons. Ratzinger, “La nostra fede afferra l’uomo intero. Tutto l’uomo è chiamato alla santità, e così egli deve tendervi attivamente con tutti i suoi sensi”. Partendo dalle proprie esperienze personali la principessa prende le distanze da una religione troppo “intellettuale” per riscoprire la bellezza dei gesti liturgici più semplici, dalla preghiera del mattino alla recita del rosario, dalla venerazione dei santi all’importanza dei pellegrinaggi. (A cura di Michele Raviart)

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    24 Ore nel Mondo



    Domani voto in Kosovo: le prime legislative dopo l’indipendenza dalla Serbia

    ◊   Vigilia elettorale in Kosovo dove domani 1,6 milioni di aventi diritto si recheranno alle urne per le prime legislative dopo l’indipendenza dalla Serbia proclamata unilateralmente nel febbraio 2008. Tra i 29 partiti in lizza, le maggiori chance di successo sembra averle il Partito Democratico del Kosovo (Pdk) seguito dalla Lega democratica. A tutt'oggi sono 72 i Paesi, tra cui 22 dell'Ue, a riconoscere il Kosovo indipendente, mentre per gli altri resta una provincia autonoma della Serbia. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Dopo la chiusura alla mezzanotte di una campagna elettorale durata solo dieci giorni, in Kosovo si osserva oggi una giornata di silenzio in vista del voto di domani per le prime elezioni legislative dalla proclamazione di indipendenza, anticipate di mesi per poter risolvere la crisi di governo, apertasi con le dimissioni del presidente Sejdiu. 29 i partiti in lizza, 120 i seggi in palio, dei quali 10 andranno alla minoranza serba e altri 10 alle altre minoranze. Le maggiori chance di successo sembra averle il Partito Democratico del Kosovo, il Pdk, che fa capo al premier uscente Thaci, al secondo posto la Lega Democratica, Ldk, del sindaco di Pristina, Mustafa, notevoli passi avanti ha fatto registrare il movimento Autodeterminazione guidato dal giovane Albin Kurti e forse riusciranno a superare lo sbarramento del 5 per cento anche l’Alleanza per il futuro (Aak) e l’Alleanza per il nuovo Kosovo (Akr). Sul voto che sarà monitorato da 200 osservatori internazionali pesa però l’appello al boicottaggio lanciato dalla popolazione serba del nord che si rifiuta di rispettare le leggi di Pristina, restando invece fedele a Belgrado. Sullo sfondo di un auspicato dialogo tra i due governi, l’Onu punta gli occhi sul piccolo Paese balcanico che se da un lato guarda all’Europa dall’altro resta alle prese con una grave crisi economica, con un tasso altissimo di corruzione e criminalità.

    Francia e Germania discutono delle proposte in tema di economia
    Ad una settimana dal vertice dei capi di Stato e di governo europei, Francia e Germania si confrontano sulle questioni economiche del momento. Ieri a Friburgo, il presidente Sarkozy e la cancelliera Merkel hanno fatto il punto sulle proposte che i 27 avranno in agenda, in primis le proposte per evitare eventuali nuove crisi sul tipo di Grecia e Portogallo. Il servizio di Laura Serassio:

    Ad una settimana dal vertice dei capi di Stato e di governo europei, si rinsalda l'asse franco-tedesco. Così come ormai da copione prima dei summit europei, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel hanno fatto il punto sulle proposte che i 27 si troveranno sul tavolo. In primis, quella di far confluire in un debito europeo parte dei debiti pubblici dei Paesi membri, sostenendolo tramite euro-bond. Un’idea lanciata dal presidente dell’euro-gruppo Jean Claude Juncker e dal ministro dell’Economia italiano, Giulio Tremonti, su cui Berlino e Parigi hanno decisamente frenato. Secondo i due leader la condivisione del rischio deresponsabilizzerebbe i Paesi che devono correggere i propri conti di bilancio. Per l’asse franco-tedesco, inoltre, una simile proposta mette il carro davanti ai buoi. Ci si potrà ragionare solo in un futuro dopo aver raggiunto maggior integrazione politica ed economica. L’incontro di Friburgo ha dato il via anche ad un maggior allineamento delle politiche fiscali dei due Paesi: l’Eliseo ha infatti espresso la necessità di adottare un sistema sulla falsa riga di quello tedesco, con nuove aliquote sui redditi più alti.

    In Algeria almeno dieci miliziani di Al Qaeda uccisi dall’esercito
    Almeno dieci miliziani di Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi) sono stati uccisi in Algeria durante la vasta operazione antiterrorismo lanciata dall'esercito tra le montagne della Cabilia, tra Boumerdes e Tizi Ouzou, 70 km ad est di Algeri. Lo riferisce la stampa algerina - che parla di diversi 'emiri' dell'organizzazione tra le vittime - mentre nessun bilancio è ancora stato diffuso da fonti ufficiali. Migliaia di militari, appoggiati da elicotteri e da forze speciali - hanno riferito all'Ansa fonti locali – stanno rastrellando da giovedì scorso le montagne di Sidi Ali Bounab, considerate il rifugio del braccio nordafricano di Al Qaeda nel nord dell'Algeria. Da due giorni i cellulari, utilizzati abitualmente dai gruppi armati per far esplodere a distanza gli ordigni, sono stati messi fuori uso nella regione. Gli elicotteri continuano a pattugliare e bombardare la zona ricoperta da fitte foreste. L'esercito sarebbe intervenuto in seguito alla notizia di una riunione di importanti emiri di Al Qaeda. Alcune fonti non escludono la presenza del leader dell'organizzazione Abdelmalek Deroukdal, alias Abou Mosaab Abdel Woudoud.

    Quindici morti e diversi feriti in un attentato nel sud dell’Afghanistan
    Quindici civili, fra i quali dei bambini, sono rimasti uccisi e altri quattro feriti ieri sera per l'esplosione di una bomba artigianale contro un camion nel sud dell'Afghanistan. Lo ha reso noto un portavoce del governo locale, che ha attribuito l'attentato ai talebani. Il veicolo si dirigeva dal villaggio di Khair Abad verso Khansheen, nella provincia di Helmand, quando è stato colpito da una bomba artigianale, ha detto il portavoce, Daud Ahmadi. "L'esplosione ha fatto 15 morti e 4 feriti", ha detto, precisando che fra le vittime ci sono dei bambini.

    In Iran, quarto giornalista riformista arrestato in pochi giorni
    Un quarto giornalista del maggiore quotidiano riformista iraniano, Sharq, è stato arrestato per ragioni che non sono state rese note, secondo quanto scrive il sito dell'opposizione "Kaleme". L'ultimo a finire in carcere è stato Amir-Hadi Anvari, redattore della pagina economica, dopo che nei giorni scorsi erano stati arrestati il caporedattore Ahmad Gholami, il capo della redazione politica, Keivan Mehregan, e la responsabile della redazione esteri, Farzaneh Rustai. "Kaleme" dà anche notizia della condanna a 16 mesi di carcere di Mashallah Shamsolvaezin, noto giornalista riformista e vice presidente dell'Associazione nazionale dei giornalisti, finito in carcere per due mesi all'inizio di quest'anno dopo le manifestazioni di protesta seguite alla rielezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad nel giugno del 2009. Shamsolvaezin è stato riconosciuto colpevole di “insulti al presidente e tentativi di indebolire il sistema” di governo della Repubblica islamica. Infine, il quotidiano "Tehran Times" dà oggi notizia dell'arresto di un ex deputato riformista, Mehdi Shakurirad, accusato di attività contro la “sicurezza nazionale”.

    Clinton: Usa determinati per la pace in Medio Oriente
    “Gli Stati Uniti non saranno uno spettatore passivo. Spingeremo sempre tutti le parti in conflitto a lavorare per la pace, senza ritardi e in buona fede”. Il segretario di Stato, Hillary Clinton, durante una conferenza alla Brookings Istitutions di Washington è tornata a spronare israeliani e palestinesi a impegnarsi di più per il processo di pace in Medio Oriente, esortando ad assumersi le loro responsabilità. “Non è un segreto - ha aggiunto – che ambedue le parti hanno davanti a sè molta strada da fare e non hanno ancora assunto le scelte dure che il raggiungimento della pace richiede”. “Possiamo dire senza ombra di dubbio - ha proseguito Hillary Clinton - che la fine del conflitto una volta per tutte e il raggiungimento di un accordo comprensivo in tutta la regione sono due imperativi per la salvaguardia del futuro d'Israele”. Clinton ha poi anche definito “inaccettabile e insostenibile” le condizioni che vivono i palestinesi dovuto all'occupazione dei loro territori. La Clinton si è incontrata sempre giovedi' a Washington col capo negoziatore palestinese Saeb Erekat e col premier palestinese Salam Fayyad. Ha in programma anche un incontro col ministro della Difesa israeliano Ehdud Barak. Il suo intervento è il primo, dopo che l'amministrazione Obama ha di fatto abbandonato i suoi sforzi per convincere Israele a bloccare nuovi insediamenti di coloni, un passo che i palestinesi ritengono essenziale per poter riprendere colloqui diretti.

    Il vice segretario di Stato Usa in visita a Santiago del Cile
    Il vice segretario di Stato Usa, Williams Burns, ha ribadito che Washington ritiene “prematura” la recente decisione dei governi di Brasile e Argentina di riconoscere la Palestina come stato indipendente con le frontiere fissate nel 1967. Lo ha sostenuto oggi al suo arrivo a Santiago del Cile, prima tappa di un viaggio in cui toccherà anche Buenos Aires e Brasilia. Burns ha anche sottolineato che “solo attraverso dei negoziati” tra le parti direttamente implicate nel processo di pace, “palestinesi ed israeliani potranno trovare una soluzione al tema dei due Stati”. Da rilevare che, dopo i passi in tal senso di Brasile e Argentina, anche l'Uruguay ha annunciato che si appresta a riconoscere il prossimo anno la Palestina.

    Riprese le relazioni bilaterali di carattere militare tra Usa e Cina
    Sono riprese le relazioni bilaterali di carattere militare tra Usa e Cina, decisamente raffreddate dopo la crisi tra le due Coree di qualche settimana fa. Lo annuncia il Pentagono, sottolineando che tra i due Paesi si è tornati a discutere di sicurezza marittima, dopo l'attacco della Corea del Nord a quella del Sud. Le stesse fonti americane parlano di un confronto “sincero, franco e produttivo” sulle questioni che hanno generato la tensione. Il disgelo tra queste due superpotenze è arrivato al termine di una serie di contatti ad altissimo livello. Michele Flournoy, il sottosegretario alla Difesa americano ha incontrato il generale cinese Ma Xiaotian, vice capo di stato maggiore dell'Esercito di Liberazione del Popolo, le forze armate cinesi. Lo stesso segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, si recherà in visita in Cina il mese prossimo. In quell'occasione, le due più grandi economie mondiali tenteranno di ridurre la distanza che ancora le separa su Taiwan, le esercitazioni militari e il modo di gestire la crisi tra le due Coree.

    Bombe abbandonate a New Delhi
    Circa un centinaio di bombe, provenienti dalla guerra del Golfo del 2004, sono state abbandonate in un deposito container alla periferia di New Delhi. Lo denuncia oggi il quotidiano "The Times of India" sollevando una nuova polemica sul ruolo dell'India come “discarica mondiale”. Il residuato bellico, acquistato come rottame ferroso, era giunto al porto di Mumbai ed era passato inosservato ai controlli. Successivamente era stato portato nel principale centro di smistamento delle merci a Tughlakabad dove è stato abbandonato in uno spiazzo. Il giornale precisa che a causa di lungaggini burocratiche, solo nel 2009 l'esercito è stato chiamato a disinnescare i grossi proiettili, ma ciò non è stato possibile per via della mancanza di uno spazio adeguato. Gli artificieri hanno chiesto un'area di 2 chilometri quadrati per l'operazione che potrebbe richiedere diversi mesi. I residui bellici erano stati scoperti in seguito a un'esplosione avvenuta in una fabbrica di smaltimento nello Stato dell'Haryana, dove parte del pericoloso carico era stata venduta come ferro da riciclare. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 345

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