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Sommario del 29/04/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa per la Repubblica Democratica del Congo: il Paese lavori per la rinascita e la legalità, il mondo lo aiuti a ritrovare la pace
  • Il Papa ai vescovi di Liberia, Gambia e Sierra Leone: promuovete il dialogo con l'islam; la mentalità antinatalista non è progresso culturale
  • Concerto in Vaticano offerto dal presidente Napolitano in onore di Benedetto XVI per il quinto anniversario del Pontificato
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Poletto: la visita del Papa a Torino per la Sindone, occasione per ridare slancio alla fede
  • Mons. Celli sui comunicatori della Chiesa: il Papa ci invita ad essere chiari e trasparenti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Feto lasciato morire a Rossano. Mons. Marcianò: una barbarie
  • La Grecia torna a sperare dopo il via libera di Berlino agli aiuti
  • Convegno delle Caritas diocesane. Mons. Nozza: lo Stato non lasci indietro nessuno
  • Al via a Rimini la Convocazione del Rinnovamento nello Spirito: intervista con Salvatore Martinez
  • Chiesa e Società

  • India: assassinato un sacerdote vicino Mumbai
  • Karnataka: cristiani assaliti da estremisti indù e arrestati dalla polizia
  • Pakistan: violenze quotidiane contro i cristiani nel silenzio generale
  • Rapporto Banca Mondiale-Fmi: tra 5 anni 53 milioni di poveri in più
  • Cardinale Levada: la Chiesa contrasta in maniera esemplare la piaga degli abusi
  • La crisi per gli abusi sessuali al centro della Plenaria dei vescovi dell'Oceano Indiano
  • Incontro a Roma per il quinto anno di pontificato di Benedetto XVI
  • La riconciliazione in Sierra Leone e in Liberia: la testimonianza dei vescovi
  • I vescovi del Nicaragua: dialogo e legalità per salvare il Paese dalla crisi
  • Colombia. Amnesty: porre i diritti umani al centro della campagna elettorale
  • A due mesi dal sisma in Cile mancano gli alloggi d'emergenza per i terremotati
  • Messico: giovani missionari condividono il Vangelo con i carcerati
  • Brasile: riunite ad Aparecida le Reti televisive cattoliche
  • SudCorea: i vescovi uniti ai fedeli in preghiera contro il progetto governativo dei quattro fiumi
  • In aumento in Italia le nigeriane vittime della tratta e costrette a prostituirsi
  • Cina: intensa vita di fede dei cattolici in questo tempo pasquale
  • Gerusalemme: l'Apostolato “Giovani per la vita” invita a pregare il Rosario
  • A Loppiano meeting dei giovani su pace e integrazione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cresce l'allarme in Louisiana per l'arrivo sulle coste della chiazza di petrolio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa per la Repubblica Democratica del Congo: il Paese lavori per la rinascita e la legalità, il mondo lo aiuti a ritrovare la pace

    ◊   Fare il possibile per porre fine ai conflitti che hanno distrutto il tessuto sociale di un intero Paese. E’ uno degli appelli in favore della Repubblica Democratica del Congo che Benedetto XVI ha affidato al neoambasciatore presso la Santa Sede del Paese africano, Jean-Pierre Hamuli Mupenda, ricevuto questa mattina in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali. Il Papa ha sollecitato anche la comunità internazionale ad adoperarsi per riportare nello Stato africano “pace e legalità”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
     
    Il simbolo dell’inferno sociale attraverso il quale è passata negli ultimi anni la Repubblica Democratica del Congo balza agli occhi da una descrizione che il Papa fa dopo che già, in modo più formale e comunque incisivo, ha provveduto a levare appelli alle autorità nazionali e internazionali. La vostra nazione, dice al nuovo ambasciatore dello Stato africano, deve cancellare un passato dove per anni i bambini “sono stati privati dell’istruzione e addestrati a uccidere”. E’ nel quadro di una situazione simboleggiata da questa immagine di infanzia drammaticamente rubata che Benedetto XVI colloca la sua insistita esortazione alla pace e al rispetto degli accordi che dovrebbero assicurarla:

     
    “L'impegno siglato a Goma, nel 2008, e l'attuazione degli accordi internazionali, in particolare il Patto sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo nella regione dei Grandi Laghi, sono certamente necessari, ma più urgente è il lavorare sulle condizioni preliminari alla loro applicazione (...) Invito le autorità pubbliche a fare il possibile per porre fine alla situazione di guerra, che purtroppo ancora esiste in alcune province, e a dedicarsi alla ricostruzione umana e sociale della nazione nel rispetto dei diritti umani fondamentali”.
     
    Il vostro Paese, ricorda il Pontefice, ha vissuto “tragici momenti”. La violenza si è abbattuta “in modo cieco e spietato, contro una parte importante della popolazione, piegandola sotto il suo giogo brutale e insopportabile e seminando rovina e morte”. Penso, aggiunge il Papa, “alle donne, ai giovani e ai bambini la cui dignità è stata calpestata a oltranza dalla violazione dei loro diritti”. E il lungo appello di Benedetto XVI oltrepassa i confini del Congo:

     
    “Invito la comunità internazionale coinvolta in varia misura nei successivi conflitti che la vostra nazione ha conosciuto a mobilitarsi per contribuire efficacemente a portare nella Repubblica Democratica del Congo la pace e la legalità. Dopo tanti anni di sofferenza, il vostro Paese ha bisogno di intraprendere con determinazione la strada della riconciliazione nazionale”.
     
    Uno dei “modi migliori per farlo”, indica Benedetto XVI, è quello di “promuovere l'educazione delle giovani generazioni”, consentendogli di studiare e aiutando le loro famiglie nelle spese di istruzione, che per molti sono “insopportabili”. E formazione, soggiunge il Papa, vuol dire non solo ricevere cultura ma anche “solide basi morali e spirituali”, che insegnino ai giovani “a respingere la tentazione della violenza e il risentimento per scegliere ciò che è giusto e vero”. Un compito al quale i cattolici, assicura il Pontefice, danno e daranno il loro contributo:

     
    “La Chiesa cattolica, a sua volta ferita in molti dei suoi membri e le sue strutture, intende promuovere la guarigione interiore e la fraternità (…) E' quindi giunto il momento di utilizzare tutti i mezzi politici per porre fine alla sofferenza umana. E si dovrebbe inoltre fare opera di riparazione e di giustizia, come il motto ‘giustizia e pace’ inscritto sulla moneta nazionale invita a fare”.

     
    Invitando a difendere dall’“avidità” le “importanti risorse naturali che Dio ha donato” al Paese e ad assicurare cibo e cure sanitarie alla popolazione, Benedetto XVI ha anche apprezzato la decisione della Repubblica Democratica del Congo di tornare ad avere, dopo anni di sede vacante, un proprio rappresentante nel Corpo diplomatico accreditato in Vaticano, in coincidenza con il 50.mo anniversario dell'indipendenza del Paese. “Possa questo Giubileo – è stato il suo augurio – consentire alla nazione di vivere un nuovo inizio”.

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    Il Papa ai vescovi di Liberia, Gambia e Sierra Leone: promuovete il dialogo con l'islam; la mentalità antinatalista non è progresso culturale

    ◊   La pace, la difesa della vita e della famiglia, la formazione di laici e sacerdoti: sono i temi forti affrontati da Benedetto XVI nel discorso ai vescovi africani di Liberia, Gambia e Sierra Leone, ricevuti stamani in udienza in occasione della visita ad Limina. Il Papa ha inoltre auspicato un impegno dei cittadini di questi Paesi contro la corruzione e in favore di uno sviluppo integrale. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    In Liberia, Gambia e Sierra Leone, la Chiesa cattolica è impegnata “nel processo di riconciliazione nella giustizia e nella verità”: è quanto ribadito da Benedetto XVI che ha chiesto il “rispetto dei diritti umani donati da Dio”, auspicando che vengano “disinnescate le tendenze alla vendetta e alla ritorsione”.

     
    “In your service to peace…”
    “Nel vostro servizio di pace”, ha esortato il Pontefice, “continuate a promuovere il dialogo con le altre religioni, specialmente l’islam” contrastando “ogni forma di intolleranza, ingiustizia e oppressione”. Un “clima di dialogo e comunione”, ha soggiunto, “deve caratterizzare la Chiesa locale”. Ed ha ribadito che i vescovi sono chiamati a “guidare la lotta contro la corruzione richiamando l’attenzione sulla gravità e l’ingiustizia” di tale peccato. Comprensione, rispetto e fiducia, ha detto ancora, devono animare il lavorare assieme nella “difesa della vita e nella lotta contro le malattie e la malnutrizione”. Il Papa non ha mancato di rivolgere il pensiero alla vita e alla famiglia.

     
    "In an environment marked by divorce…”
    “In un ambiente segnato dal divorzio e dalla poligamia – ha detto ai vescovi – siete chiamati a promuovere l’unità e il bene della famiglia Cristiana, costruita sul Sacramento del matrimonio”. Al contempo, li ha esortati a “mantenere la dignità delle donne nel contesto dei diritti umani”, difendendo la gente “dai tentativi di introdurre una mentalità antinatalista” presentata come “una forma di progresso culturale” (Caritas in veritate, 28). Quindi, ha ribadito l’importanza della formazione dei sacerdoti che, ha detto, devono essere uomini di preghiera, chiari nel loro insegnamento, maturi e rispettosi nel rapporto con gli altri e compassionevoli nei confronti dei bisognosi.

     
    “I appreciate in a special way…”
    “Apprezzo in special modo – ha poi affermato il Papa – l’assistenza che offrite ai rifugiati e agli immigrati” e li ha invitati “a cercare, quando possibile, una cooperazione pastorale” con i Paesi d’origine. La lotta contro la povertà, ha proseguito, “deve essere portata avanti nel rispetto della dignità dei soggetti coinvolti” incoraggiandoli ad essere protagonisti del “loro sviluppo integrale”. Il Papa ha quindi elogiato l’impegno della Chiesa locale nell’educazione, nella sanità e più generalmente nelle iniziative caritatevoli verso i poveri e i bisognosi. La Chiesa, quale segno e strumento della Famiglia di Dio, ha concluso, deve testimoniare l’amore di Dio che si estende oltre le frontiere e abbraccia ogni donna e ogni uomo.

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    Concerto in Vaticano offerto dal presidente Napolitano in onore di Benedetto XVI per il quinto anniversario del Pontificato

    ◊   Concerto oggi pomeriggio nell’Aula Paolo VI Vaticano nel V anniversario dell’elezione di Benedetto XVI: l’evento, che coincide con la festa liturgica di Santa Caterina da Siena, compatrona d’Italia e d’Europa, è offerto in onore del Pontefice dal presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. Sotto la direzione del Maestro Nicola Paszkowski, l’Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole eseguirà la Sinfonia in re maggiore di Giovanni Battista Sammartini, la Sinfonia KV 504 detta “di Praga” di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n. 4 di Ludwig van Beethoven. Mezz’ora prima dell’inizio del concerto, previsto per le 17.20, il Papa e il capo di Stato italiano avranno un colloquio nello studio dell’Aula Paolo VI.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche mons. Robert Zollitsch, arcivescovo di Freiburg im Breisgau (Repubblica Federale di Germania), presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, con mons. Reinhard Marx, arcivescovo di München und Freising, e mons. Anton Losinger, vescovo tit. di Vazi-Sarra, ausiliare di Augsburg.

    Il Papa ha elevato la prefettura apostolica di Quetta (Pakistan) al rango di vicariato apostolico, con la medesima denominazione e configurazione territoriale, e ha nominato primo vicario apostolico di Quetta padre Victor Gnanapragasam, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, attuale prefetto apostolico della medesima circoscrizione ecclesiastica, assegnandogli la sede titolare vescovile di Timida. Padre Victor Gnanapragasam è nato a Jaffna, nello Sri Lanka, il 21 novembre 1940. Dopo le scuole primarie e secondarie, ha svolto il noviziato con i Missionari Oblati di Maria Immacolata a Kaluthara (1959), completando poi gli studi di Filosofia e Teologia presso l’Our Lady of Sri Lanka Seminary di Kandy (1960-1966). Ha emesso la professione perpetua il 31 maggio 1963 ed è stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1966. Il 9 novembre 2001 è stato nominato primo prefetto apostolico di Quetta. La prefettura apostolica di Quetta ha una popolazione di oltre 8 milioni di abitanti. I cattolici sono circa 29mila (0,36%), distribuiti in 7 parrocchie, servite da 13 sacerdoti, di cui 12 religiosi (10 Oblati e 2 Salesiani ). Il nuovo vicariato può contare anche sulla collaborazione di 26 catechisti e di 5 comunità religiose femminili, con un totale di 19 religiose, tutte pakistane. Vi sono anche 14 Istituti di educazione e 19 di beneficenza, mentre i seminaristi maggiori sono 7.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di Celaya (Messico) mons. Benjamin Castillo Plascencia, finora vescovo di Tabasco. Mons. Benjamin Castillo Plascencia è nato a Ixtlahuacán del Río, Stato di Jalisco, il 9 settembre 1945. È stato ordinato sacerdote il 14 aprile 1974 per l’arcidiocesi di Guadalajara. Eletto vescovo titolare di Sufasar ed ausiliare di Guadalajara il 17 novembre 1999, ha ricevuto la consacrazione episcopale l’8 gennaio 2000. L’8 febbraio 2003 è stato trasferito alla sede vescovile di Tabasco.

    Il Papa ha nominato ausiliare della diocesi di Incheon (Corea) il rev. John Baptist Jung Shin-chul, professore e cancelliere dell’Università Cattolica di Incheon e direttore diocesano per le vocazioni. Gli è stata assegnata la sede titolare vescovile di Cuicul. Il rev. John Baptist Jung Shin-chul è nato il 22 ottobre 1964 a Incheon-si, Songrim-dong, parrocchia di Gae Bong-dong, diocesi di Incheon. È stato ordinato sacerdote il 29 gennaio 1993, ed incardinato nella diocesi di Incheon.

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    Il cardinale Poletto: la visita del Papa a Torino per la Sindone, occasione per ridare slancio alla fede

    ◊   “Un evento eccezionale, soprattutto sul piano della grazia, un’occasione per dare nuovo slancio alla fede'': è quanto ha affermato stamani, durante una conferenza stampa a Torino il cardinale Severino Poletto, in vista della visita di Benedetto XVI - in programma domenica prossima - per l'Ostensione della Sindone. Ma ascoltiamo l’arcivescovo di Torino al microfono del nostro inviato Massimiliano Menichetti:
     
    R. – L’attesa nostra è gioiosamente entusiasta perché il 2 giugno 2008, quando settemila pellegrini sono venuti con me a Roma per la professione di fede sulla Tomba di Pietro, fu il Papa stesso che annunciò la disponibilità e l’approvazione a questa Ostensione e disse: se posso verrò anch’io. Quindi, da allora noi attendiamo già il Papa e quest’attesa si inserisce in quello che è il filo conduttore di questa Ostensione che è la “Passio Christi, passio hominis”, per mettere in collegamento la Passione del Signore, la sofferenza di cui la Sindone è specchio, con la sofferenza umana, quella del passato ma soprattutto quella di oggi. Allora, aspettiamo che il Santo Padre ci incoraggi sia a guardare nella sofferenza di Cristo la rivelazione toccante dell’amore di Dio per l’umanità, sia a mettere in relazione alla sofferenza di Cristo le nostre sofferenze per dar loro un valore, perché acquistino un significato redentivo dalla Grazia del Signore.

     
    D. – Il Papa verrà per confermare nella fede i torinesi e non solo; quindi farà una meditazione e una preghiera davanti alla Sindone. Due aspetti importantissimi…

     
    R. – Sì, due aspetti importantissimi perché la visita del Papa non deve essere considerata in modo folkloristico. Noi non celebriamo l’Ostensione della Sindone o l’incontro col Papa come eventi occasionali di un momento per poi voltare pagina e il giorno dopo tornare a vivere come prima: per me sono - e prego per questo e ho fatto pregare per questo - momenti di crescita, di sviluppo, di impegno futuro perché la nostra Chiesa sia sempre più all’altezza di raccogliere le sfide dei tempi, soprattutto la sfida dell’evangelizzazione.

     
    D. – Cardinale Poletto, Benedetto XVI incontrerà la cittadinanza, i giovani, farà visita agli ammalati della Piccola Casa della Divina Provvidenza, il Cottolengo. Quindi, conoscerà da vicino la cittadinanza ma anche la grande opera di volontariato, la carità…

     
    R. – Il Cottolengo è una città nella città. Qui a Torino è stata definita “città della carità” perché uno sa e conosce come la storia religiosa di questa città sia stata segnata dai cosiddetti “santi sociali”: il Cottolengo, don Bosco, il Capasso, il Murialdo, Giorgio Frassati che presenta una santità fresca giovanile. Un giovane che sapeva coniugare l’adorazione eucaristica al mattino presto, la Comunione e la meditazione con lo studio e il lavoro, con la vita al fianco dei poveri nelle soffitte, dove è stato colpito da una poliomielite fulminante che l’ha portato in Paradiso prima del tempo. Sapeva coniugare queste cose con lo sport, con le gite in montagna e anche con l’impegno poi associativo e anche sociale. Questa tradizione di santità vede nel Cottolengo quello che è un po’ il sigillo della carità, perché si è preoccupato degli emarginati della società di allora. Il Papa incontrando gli ospiti della Piccola Casa vedrà il miracolo della carità e lì abbiamo i padri, le numerosissime suore che danno la loro vita la servizio dei poveri. Non per nulla lui diceva: i poveri sono i nostri padroni perché in loro noi dobbiamo servire Gesù.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Mons. Celli sui comunicatori della Chiesa: il Papa ci invita ad essere chiari e trasparenti

    ◊   Essere chiari, precisi, trasparenti e con carità a servizio della verità: sono queste le caratteristiche che devono avere i comunicatori della Chiesa. Lo ha sottolineato ieri pomeriggio a Roma, alla Pontificia Università della Santa Croce, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, invitato a concludere l’incontro internazionale dei portavoce della Chiesa sul tema “Mostrare un’identità chiara e definita è un punto di forza comunicativo”. Fra i temi discussi la relazione fra identità e dialogo. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Celli come far funzionare questo binomio nella Chiesa:

    R. – Credo che la Chiesa in questo momento non facile debba avere una chiara consapevolezza di ciò che siamo. Quindi, oltre una provata professionalità ci vuole anche una chiara e precisa identità. Vale a dire che dobbiamo sapere che cosa portiamo nel cuore: quindi, non infingimenti non camuffamenti ma una chiarezza a tutta prova di ciò che siamo. Bisogna creare una cultura di dialogo, di rispetto e anche di amicizia. Un buon comunicatore non solamente deve avere chiarezza dottrinale e alta professionalità ma deve anche entrare in sintonia con la sua comunità, la sua Chiesa, perché a volte la tentazione è quella della difesa. Abbiamo molto da imparare ancora.
     
    D. – Non sempre nella Chiesa c’è una comunicazione concorde. In che modo può emergere allora un’identità chiara e definita?

     
    R. – Dobbiamo migliorare le forme di coordinamento tra di noi. Anche in questo momento così doloroso non sempre abbiamo fatto riferimento a una strategia comunicativa, credo che in ogni situazione abbiamo sempre qualcosa da imparare. C’è una grande volontà di servire la verità. Non siamo patrocinatori del nascondimento o del nascondere qualche cosa. Credo che anche nella sua ultima Lettera alla Chiesa in Irlanda, toccando quel tema così delicato e fonte di tanta sofferenza, il Papa ci invita a essere precisi, chiari, trasparenti. Credo che qui dobbiamo camminare un poco tutti insieme e credo che ancora una volta la rete ci aiuti a esprimere ancora di più una vera e più profonda comunione ecclesiale. Non siamo isolati gli uni dagli altri e quindi c’è bisogno di un migliore coordinamento, di un sentire e comprendere l’altro, anche all’interno della Chiesa e nel mondo della comunicazione. Credo che, quindi, questi momenti così difficili ci hanno aiutato a capire ancora di più che abbiamo bisogno l’uno dell’altro e che oggigiorno quando si affronta il mondo della comunicazione - basti pensare che un episodio in un settore del mondo nel giro di poche ore è conosciuto a livello mondiale - questo ci deve aiutare a capire come questa nostra operatività comunicativa debba essere coordinata, dobbiamo creare delle sinergie per essere annunciatori sereni, obiettivi. Chi opera nei media deve sapere che è a servizio della verità e chi è a servizio della verità sa che non può nascondere, deve essere trasparente sa che è un servitore dell’uomo. Credo che anche nella Chiesa debba sempre più prevalere una cultura di trasparenza e non di nascondimento, anche se alle volte questo ci costa. Ma la verità è momento di crescita per tutti noi, una verità - come ci ricorda anche il Papa con la sua ultima Enciclica - che va vissuta nella carità, come è vero che non esiste vera carità, vero amore, che non abbia una profonda connessione con la verità.

     
    D. – Dunque, per lei oggi è necessaria una formazione alla comunicazione nella Chiesa? Cosa sta facendo il Pontificio Consiglio da lei guidato?

     
    R. – Il Pontificio Consiglio deve ricordare che questa è una esigenza profonda. Noi siamo chiamati ad animare, a sostenere, a promuovere. Dobbiamo aiutare a capire sempre più cosa significa comunicare e cosa significa comunicare nella Chiesa. Credo che il Pontifico Consiglio in questi anni sia sempre più coinvolto ad aiutare e a riflettere e siamo coinvolti a tutto tondo a far sì che questo messaggio così preciso anche del Papa diventi realtà nel tessuto ecclesiale.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Rispetto dei diritti umani e riconciliazione nazionale: al nuovo ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo, Paese ancora in guerra, Benedetto XVI indica i criteri per ricostruire il tessuto umano e sociale.

    In prima pagina, un articolo di Luca M. Possati dal titolo “Quando l’oracolo si chiama speculazione”.

    Tutte le verità su Francesco: in cultura, l’introduzione di Jacques Dalarun alla nuova edizione, da lui curata, delle fonti sul santo di Assisi.

    Tra la libertà all’americana e la laicità alla francese: forme e limiti della presenza pubblica della religione, nel libro di Luca Diotallevi “Un'alternativa alla laicità”.

    L’esperanto cinematografico che raccontava l’Italia: Emilio Ranzato ricorda Furio Scarpelli.

    La lotta alla povertà inizia dal rispetto della dignità dell’uomo: nell’informazione vaticana, il discorso del Papa ai vescovi della Conferenza episcopale cattolica inter-territoriale del Gambia e della Sierra Leone.

    Un’elevata qualità dei presbiteri assicura il rinnovamento della Chiesa: nell’informazione religiosa, intervento del vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana.

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    Oggi in Primo Piano



    Feto lasciato morire a Rossano. Mons. Marcianò: una barbarie

    ◊   Sono iniziati ieri nell'ospedale di Cosenza gli accertamenti sul feto sopravvissuto ad un aborto terapeutico praticato nell'ospedale di Rossano Calabro e morto dopo quasi due giorni. La magistratura, da parte sua, sta indagando su un’ipotesi di omicidio volontario. Sulla vicenda è intervenuto con frasi molte severe l’arcivescovo di Rossano, Santo Marcianò. Ascoltiamolo al microfono di Federico Piana:
     
    R. – Io sono stato molto duro, perché ritengo che bisogna avviare una riflessione su come la prassi abortista stia favorendo un approccio superficiale ed ingiusto a questo valore così intangibile, che è la vita umana. Ritengo che questo episodio debba veramente scuotere le coscienze. Non è possibile che un feto abortito alla 22.ma settimana, ancora vivo, venga lasciato morire. E’ qualcosa di veramente aberrante. Tutto questo lo definisco barbarie. Credo che anche un non cristiano sia d’accordo su questo.

     
    D. – Quello che sconcerta è il fatto che sia stato don Antonio Martello, cappellano dell’ospedale, ad accorgersi che il feto era ancora vivo. Non c’è stato cioè un controllo prima…

     
    R. – Questo è terribile. Non ne sono a conoscenza, ovviamente, ma se la prassi è questa e cioè che un bambino fatto nascere alla 22.ma settimana è un bambino che nasce vivo e si aspetta che muoia ... questo è terribile! Il fatto che lo abbia scoperto il cappellano è perché qualcuno evidentemente ha detto al cappellano di andare a fare una preghiera. Il lenzuolo con il quale era coperto si muoveva, ha alzato il lenzuolo e si è accorto che il bambino si muoveva. A quel punto ha allertato immediatamente l’équipe medica e di lì poi è venuto tutto quello che si sa.

     
    D. – C’è il senso della vita che si sta perdendo...

     
    R. – C’è questa perdita di valore della vita. Mi chiedo come sia considerato un bambino di circa 3 etti, formato e vitale, se qualcuno ad un certo punto può decidere di non curarlo! E’ un problema alla fine – credo – di valori. Mi consenta di dire che, forse, è nascosta anche una mentalità eutanasica, nel senso che si considera alla fine inutile rianimare un essere umano che abbia aspettative di vita scarse o peggio ancora che potrebbe riportare danni, che con qualche probabilità aumentino la gravità delle sue eventuali malformazioni. Mi rendo conto come sia necessario ripartire dalla vita, ma bisogna anzitutto chiedersi che cosa s’intenda per vita: se i medici arrivano a dire oggi – e su questo mi pare ci sia concordia – che l’embrione è vita, dobbiamo allora chiederci che vita è? E’ vita umana? Allora, se è vita umana, perché non definirla persona umana? E se è persona umana, perché non riconoscere a questa persona umana i diritti che sono propri di ogni persona umana? Noi, come Chiesa, non possiamo tacere! (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La Grecia torna a sperare dopo il via libera di Berlino agli aiuti

    ◊   Borsa di Atene in forte rialzo stamane in vista degli aiuti Ue-Fmi, dopo l'atteso vai libera da parte della Germania. Il premier greco Giorgio Papandreou ha incontrato i sindacati e gli industriali per informarli sulle nuove misure del governo per far fronte alla crisi ed ottenere l'erogazione del pacchetto di aiuti, che dovrebbe ammontare a 100 – 120 miliardi di Euro in tre anni. Atene è pronta a varare misure dolorose. L'accordo dovrebbe essere finalizzato nei prossimi giorni. Ma c’è il pericolo che questi aiuti non siano sufficienti? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Giacomo Vaciago, docente di Economia Internazionale presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. – Direi che a questo punto l’orizzonte triennale è passato. E’ chiaro che viene così sostituito il credito che non stava più affluendo ad un Paese, diventato molto rischioso, con un finanziamento pubblico di fatto. Il Fondo Monetario è pubblico come pubblici sono gli altri 15 governi. Diciamo, quindi, che a questo punto il problema si sposta: gli aiuti alla Grecia indeboliscono la capacità di aiutare altri Paesi o creano opportunità di speculazione su altri Paesi. Mi sembra che la cattiva gestione di questa operazione rischia di estendere il problema ad altri.

     
    D. – Si è parlato tanto, in questi ultimi giorni, dell’uscita della Grecia dalla zona euro: si tratta di una prospettiva reale, secondo lei?

     
    R. – Ciascun Paese deve continuamente ragionare sul lungo periodo - e non da oggi a domani - cosa sia meglio fare per lui e tutta l’Unione deve poi ragionare sulla convenienza che ciascun Paese deve continuare ad avere a far parte di questa Unione. Un rischio di uscita c’è: il giorno in cui un Paese si convince che onestamente non ha interesse a stare in questa Unione, io direi che non solo esce, ma che fa bene ad uscire. Il problema è capire come mai non ha interesse a stare in un’Unione, che è nata all’insegna di un bene comune, che rendeva conveniente ai Paesi esserne parte.

     
    D. – Bisogna dire che ora cresce la preoccupazione per gli altri Paesi della zona euro. Quali sono, secondo lei, quelli maggiormente a rischio e quali le ripercussioni che ci possiamo attendere a livello europeo complessivamente?

     
    R. – Se il Paese non cresce o addirittura va indietro, come sta succedendo in numerosi Paesi europei, è chiaro che diventa insostenibile anche il debito pubblico, che era sostenibile fino al giorno prima. Non c’è dubbio che la Spagna si trova in un problema di questo tipo: ha una disoccupazione al 23 per cento e come si fa a chiedere agli spagnoli disoccupati di pagare le tasse per servire un debito da cui non traggono più alcun vantaggio? Si scopre che anche l’Italia, se non torna presto e bene a crescere, avrà - prima o poi - un problema di sostenibilità di debito. E’ chiaro che nessuno è esente da sospetti!

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    Convegno delle Caritas diocesane. Mons. Nozza: lo Stato non lasci indietro nessuno

    ◊   Sentire l’impegno educativo attraverso una pedagogia dei fatti. Così S.E. Mons. Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana, ha sintetizzato i lavori del Convegno delle caritas diocesane che si è appena concluso a San Benedetto del Tronto sul tema “Educati alla carità nella verità”. I 600 partecipanti si congedano per rientrare nelle 220 diocesi di appartenenza, per continuare, ritemprati nello spirito, l’opera di solidarietà agli ultimi. L’inviata Antonella Palermo.

    Guardare ai testimoni della carità per orientare con slancio rinnovato l’opera quarantennale della Caritas italiana. Con questo obiettivo si è concluso il 34° convegno delle Caritas diocesane che stamattina ha dedicato una tavola rotonda alle figure di mons. Oscar Romero (ricordato qui dal vescovo ausiliare di San Salvador e presidente di Caritas El Salvador, mons. Rosa Chavez), Lorenzo Milani, Carlo Gnocchi, Pino Puglisi. Protagonisti del Novecento, hanno vissuto in maniera piena uno dei tratti tipici del cristianesimo, quello della relazione con le persone. Si sono lasciati evangelizzare dalla loro storia – è stato sottolineato – pagando a caro prezzo, anche fino al martirio, le contraddizioni dei contesti violenti in cui hanno speso l’esistenza. La Caritas dunque riparte da qui: dall’ascolto dell’altro, dal richiamo ad un ancoraggio saldo ai bisogni reali della “società contemporanea frantumata in tanti individualismi”, corrosa da un materialismo sempre più invasivo, e spesso manchevole di cortili di socializzazione adeguati alla crescita dei giovani. I poveri, la scuola, la marginalità, la legalità sono gli ambiti e le sfide urgenti in cui la Caritas intende muoversi alla vigilia dell’Anno europeo di lotta alla povertà. I numeri ci sono: il 97% delle Caritas diocesane hanno attivato un Centro d’ascolto, il 71% ha attivato un Osservatorio delle povertà. La questione cruciale è riprogettare la partecipazione – come è stato detto nelle assemblee tematiche di questi giorni – perché l’esclusione sociale non è e non può essere un destino ineluttabile.

    Per un primo bilancio del Convegno, Antonella Palermo ha intervistato il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza:

    R. – Sono state giornate sulle quali abbiamo, in pratica, confrontato le nostre prassi e le nostre operatività, a partire dal significato radicante della Parola, dell’Eucaristia, della testimonianza di amore e andando a considerare la persona in tutte le sue espressioni, soprattutto le creature e le persone in situazioni di difficoltà, coniugando il servizio della Parola e dell’Eucaristia con una presenza di prossimità, una prossimità che è fatta di piccoli gesti, ma che è fatta anche di promozione, di attivazione di servizi e di opere, consegnate alla dignità, al bisogno della persona in maniera accogliente.

     
    D. – Quali sono allora le prospettive d’impegno pastorale di Caritas italiana nei prossimi anni, alla luce di quanto è emerso in queste giornate?

     
    R. – Qui la grossa preoccupazione è la capacità nel futuro, nell’immediato, di intercettare questa emergenza, che non è solo il terremoto, ma la famiglia che perde il lavoro, che viene buttata fuori di casa, che nel suo stare in un disagio rischia di spaccarsi; la capacità di cogliere queste situazioni, che emergono a volte in maniera anche prepotente dai territori, dalle comunità, garantendo due cose importanti: un tessuto sociale ed ecclesiale solidale, coeso e nello stesso tempo anche servizi e opere specifiche a seconda dei bisogni. Servizi e opere, dentro un tessuto deserto, un tessuto frantumato, rischiano di non rispondere in modo vero, in modo bello ai bisogni delle persone. La solidarietà di popolo e la solidarietà fatta di opere specifiche, strutturate e garantite nel tempo, fanno sicurezza e coesione sociale.

     
    D. – Cosa chiede Caritas italiana alle istituzioni politiche?

     
    R. – Noi chiediamo innanzitutto una coscienza, una convinta presenza nel territorio capace di puntellare, di arricchire questo territorio, di garantire a questo territorio, risposte per tutti. Un “per tutti” che parta da un’attenzione primaria di quelli che sono maggiormente in difficoltà, perché se si dà una risposta per tutti, pensandola dalla parte del piccolo, dalla parte del malato, dalla parte dell’handicappato, dalla parte dell’anziano, torna di vantaggio anche a chi magari nella sua capacità riesce a stare dentro un territorio pensato per questi ultimi. Se invece la società, l’istituzione pubblica pensa di costruire, di favorire il sociale, pensando a chi è efficiente, a chi ha potenzialità, rischia di lasciare indietro qualcuno. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Al via a Rimini la Convocazione del Rinnovamento nello Spirito: intervista con Salvatore Martinez

    ◊   Inizia oggi a Rimini la 33.ma Convocazione nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo. Il tema dell’appuntamento è tratto da una frase della prima Lettera di San Giovanni: “E’ lo Spirito che dà testimonianza, perché è la Verità”. Circa 20 mila persone partecipano all’incontro con l’obiettivo di rinnovare la propria vita secondo il Vangelo. Federico Piana ha parlato di questo evento con Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo:

    R. – Mi pare importante che già l’espressione “rinnovamento” si possa riaffermare di anno in anno. Forse è la più scomodata perché si parla di rinnovamento sociale, politico, economico e morale. Nel tempo della crisi tutti in qualche modo invocano questa espressione. Io credo che dovremmo intanto preoccuparci di capire, e quindi forse di ricercare e di accogliere, chi può essere il vero fautore di quella vita nuova, di quella vita buona che tutti desiderano e che possa dare stabilità ad un vero processo di rinnovamento. Noi sappiamo che questa parola “rinnovamento” deve coniugarsi con una Persona, che è la Persona dello Spirito Santo. Bisogna fare la verità, bisogna farla con amore, con misericordia, ma bisogna anche tornare a dire ciò che è bene, ciò che è male. Quindi, intanto, rinnovamento per riaffermare l’utilità, il vantaggio, la possibilità di essere credenti e di una vita che viene ripensata, rinnovata a partire dal Vangelo.

     
    D. – Ci saranno dibattiti, incontri, testimonianze particolari alle quali prenderanno parte don Mario Marafioti, che è il fondatore della Comunità Emmanuel, e poi don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter…

     
    R. – Questa io ritengo sia la manifestazione più chiara ed eloquente di come - proprio in questo tempo in cui facilmente si attacca la Chiesa, si attaccano i sacerdoti e, talvolta, ci sono anche argomentazioni vere per cui questo giudizio sembra essere meritato - c’è poi, grazie a Dio, una stragrande maggioranza di sacerdoti che racconta e che fa la verità, che sta dalla parte del bene, che lotta visibilmente il male, che supplisce a tante carenze umane e spirituali, alle quale certamente lo Stato ed uno Stato sociale non sempre riesce evidentemente a provvedere. In questa festa sacerdotale noi vogliamo raccontare la vita di tanti sacerdoti, che poi incidono così profondamente nella storia delle nostre comunità, delle nostre città. Con questa varietà di stili e di accenti - si passa dal monaco cistercense a don Giusy Cento il cantautore, passando per il missionario africano – noi vogliamo dire che questa vocazione sacerdotale è ancora fondamentale e non soltanto per la Chiesa come ministri di culto, ma come ministri di compassione, di solidarietà, di testimonianza, di prossimità, di cui la nostra società ha grande bisogno.

     
    D. – Il primo maggio c’è un dibattito molto attuale sull’emergenza educativa, che è il cuore anche un po’ di questa convocazione…

     
    R. – Fare la verità significa dare un nome anche alle tante decadenze che registriamo non soltanto nella Chiesa, ma anche nella vita familiare, nella vita sociale, nella vita associata. Lo sfondo è quello di Caritas in Veritate: il Santo Padre ci dice che la Parola del terzo millennio è fraternità. Non basta semplicemente uno sguardo solidale; le diversità non possono essere mortificate, ma vanno piuttosto riconciliare. Oggi bisogna ripensare gli stili di vita e, quindi, noi vogliamo far vedere tangibilmente, attraverso testimoni importanti, come questa fede si possa coniugare poi con la vita, con una vita sociale e politica che porta anche i cristiani ad esporsi. Provando a coniugare questo binomio così fondamentale, Caritas in Veritate: bisogna avere molto amore per questo nostro tempo, molta compassione per i mali di questo nostro tempo, ma bisogna anche avere il coraggio di una testimonianza vera, verace ed uno stile di vita credibile. Ecco perché noi parliamo di “cultura della Pentecoste”: in che modo cioè Dio può ancora essere incluso nelle nostre vicende umane? Non il Dio dell’aldilà, ma del di qua, che ci insegna a vivere. Sfida educativa significa prima di tutto educare a vivere ed educare a vivere è evangelizzazione.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    India: assassinato un sacerdote vicino Mumbai

    ◊   Un sacerdote è stato assassinato nella tarda notte a Baboola, a un chilometro dalla casa del vescovo di Vasai, un’antica città nei pressi di Mumbai (Maharashtra). Non si conoscono le cause dell’uccisione. Il sacerdote doveva compiere a giorni 74 anni di età ed era amato e rispettato da tutti. Mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai, è giunto stamane sul luogo del delitto. Scosso e rattristato alla vista del prete ucciso, ha dichiarato all'agenzia AsiaNews: “Padre Peter era un sacerdote pieno di fede, che serviva la Chiesa e la popolazione senza discriminazione di caste o di credo; si dimenticava di sé per servire i più poveri e gli abbandonati”. “Noi sacerdoti abbiamo già offerto la nostra vita nel giorno dell’ordinazione. La nostra vita non ci appartiene, ma è di Dio. Padre Peter oggi è stato accolto dal Signore e dalla Madonna degli Abbandonati (Our Lady of Forsaken), cui era tanto devoto”, ha poi detto all’agenzia Fides mons. Machado. “Ho trovato il corpo di padre Peter in un lago di sangue questa mattina”, racconta il presule, allertato da alcuni laici che lavoravano con il sacerdote. “Aveva una corda al collo e forbici infilzate nella gola. E’ stata una scena raccapricciante. La polizia è venuta subito sul luogo, ha preso il corpo per le indagini post-mortem, e sta svolgendo indagini sull’accaduto. “La comunità è sotto shock", continua il vescovo. "Padre Peter aveva creato e gestiva, grazie alla collaborazione di alcuni laici, una casa di recupero per alcolisti. Era originario di Vasai e veniva da una comunità di pescatori: per questo il suo nome era ‘Pietro’. Era ben voluto e stimato da tutti. Non abbiamo idea dei motivi dell’assassinio: forse un furto o forse qualcuno ce l’aveva con lui”, dice il vescovo, escludendo la pista delle violenze dei fondamentalisti indù: “Non pensiamo a gruppi estremisti indù. Prima di tutto perché in questa zona non ve ne sono. Anzi, le relazioni con la comunità indù sul territorio sono ottime. Molti fedeli indù sono venuti oggi a manifestare sconcerto e solidarietà. E molti saranno presenti al funerale, che celebro questa sera, a cui attendiamo circa 10mila persone”. (R.P.)

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    Karnataka: cristiani assaliti da estremisti indù e arrestati dalla polizia

    ◊   Un gruppo di estremisti indù affiliati al Bajrang Dal ha assalito donne e bambini cristiani al rientro da un Festival della Pace. Il fatto è avvenuto ieri sera in un villaggio del Karnataka. Durante il raid gli estremisti indù hanno chiamato la polizia che, invece di fermare gli assalitori, ha arrestato donne e bambini. Gli agenti hanno trattenuto per tutta la notte i fermati, rilasciati solo questa mattina. Attivisti cristiani denunciano il nuovo episodio di discriminazione e violenze ai danni della minoranza, segnale di una progressiva “talebanizzazione” dell’India. Il fatto è avvenuto ieri sera in un villaggio (Kawdoor) nei pressi di Karkala, città del distretto di Udupi, nello Stato indiano del Karnataka. Il gruppo di donne e bambini cristiani rientravano dal “Festival della Pace 2010”, organizzato dal movimento Bharatiya Christa Okoota in una scuola superiore cristiana del distretto di Udupi. Alla manifestazione, iniziata il 26 aprile e durata tre giorni, hanno partecipato più di 3mila persone. Il gruppo di assalitori - riferisce l'agenzia AsiaNews - era costituito da oltre 20 persone affiliate al Bajrang Dal, ala giovanile del movimento estremista indù Vishva Hindu Parishad (Vhp). A guidare la spedizione punitiva tre elementi di primo piano del movimento. Dopo l'attacco gli estremisti hanno chiamato la polizia. Gli agenti accorsi sul luogo dell’assalto, invece di fermare i giovani estremisti, hanno arrestato il gruppo di donne e bambini cristiani. L’ispettore capo Ramachandra Naik e i suoi uomini hanno eseguito le direttive dei fondamentalisti, conducendo donne e bambini alla caserma di Karkala. Umiliazioni e abusi sono continuati per tutta la notte, fino al rilascio avvenuto questa mattina. Fonti vicine alla comunità cristiana riferiscono che donne e bambini sono in evidente stato di shock per il trauma subito. È il 19.mo attacco contro fedeli cristiani avvenuto nel Karnataka negli ultimi tempi. Il Global Council of Indian Christians (Gcic) condanna con forza “l’attacco e le molestie di donne e bambini”. Gli attivisti parlano di “connivenza” fra estremisti e forze di polizia e denunciano una “talebanizzazione” dell’India, che presenta analogie sempre più strette con Pakistan e Afghanistan. “In entrambi i casi – sottolineano gli attivisti di Gcic – vi è un uso politico della religione, per infrangere i diritti delle donne e delle minoranze. Essi affermano di voler proteggere la nostra cultura, ma questa non è la cultura dell’India”. Questa mattina, su richiesta del Gcic, cinque degli estremisti che hanno usato violenza contro i cristiani sono stati arrestati. (R.P.)

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    Pakistan: violenze quotidiane contro i cristiani nel silenzio generale

    ◊   Quotidiani episodi di violenza contro i cristiani e le loro istituzioni; stupri e torture nell’indifferenza generale: è quanto segnalano con preoccupazione fonti dell'agenzia Fides in Pakistan, riferendo gli ultimi gravi episodi di cui sono vittime i fedeli pakistani. Ieri a Quetta, nel Beluchistan, un cittadino cristiano, Zulfiqar Gulzar, è stato ucciso in strada da persone non identificate, nello sconcerto della comunità locale, che chiede luce sul delitto e giustizia. Sempre ieri, nella città di Sargodha, in Punjab, un barbiere cristiano 29 enne, Marwat Masih, è stato percosso e stuprato da un gruppo di musulmani tradizionalisti, che lo accusavano di aver tagliato la barba a un giovane musulmano, entrato nella sua bottega pregandolo di rasarlo. Sempre in Punjab, nei giorni scorsi, nella città di Murree, la scuola femminile “St. Deny’s Girls High School”, gestita dalla Chiesa protestante del Pakistan è stata data alle fiamme. Le indagini seguono la pista di gruppi musulmani fondamentalisti (i cosiddetti “talebani pakistani”) che negano l’istruzione alle ragazze e intendono eliminare le opere sociali cristiane, come si è visto anche dagli attacchi avvenuti, nel marzo scorso, agli uffici dell’Ong di ispirazione cristiana “World Vision” e a una scuola Salesiana in Beluchistan. Nella capitale Islamabad, intanto, alcune Ong stanno protestando per un altro caso di violenza ai danni di una ragazza cristiana, dopo quello clamoroso di Shazia: si tratta di Sumera Pervaiz, 14enne che lavorava come domestica nella casa di Faheem Cheema, un comandante dell’Aeronautica pakistana. Accusata, senza prove, di aver rubato alcuni gioielli, Sumera è stata tenuta sotto sequestro, malmenata e torturata per 5 giorni per estorcerle una confessione che la ragazza, innocente, non ha reso. Ora è ricoverata in ospedale e rischia di perdere l’uso delle gambe. La Commissione “Giustizia e Pace” in seno alla Conferenza episcopale, ha chiesto nuovamente l’attenzione del governo per i frequenti casi di violenze, di minacce contro la libertà e le proprietà dei cristiani del Pakistan. “Episodi di violenza contro i cristiani proseguono, in diverse aree del Paese, a ritmo sostenuto. Le vittime sono soprattutto poveri ed emarginati, che vivono nelle periferie o in aree remote. Ma solo pochissimi episodi giungono sui mass-media: è la punta di un iceberg. La maggior parte delle violenze avviene nel silenzio o nell’indifferenza generale”, nota Francis Mehboob Sada, direttore del “Christian Study Center” di Rawalpindi, centro di ricerca che svolge un monitoraggio sui diritti umani nel Paese. “Siamo preoccupati, e andiamo avanti nella nostra lotta per i diritti delle minoranze”, afferma. (R.P.)

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    Rapporto Banca Mondiale-Fmi: tra 5 anni 53 milioni di poveri in più

    ◊   La crisi economica globale porterà all'estrema povertà altri 53 milioni di persone e provocherà nei prossimi cinque anni la morte di oltre un milione di bambini, secondo un rapporto congiunto del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, che fa il punto sugli Obiettivi del Millennio, stabiliti dalle Nazioni Unite, da raggiungersi entro il 2015. La crisi economica del 2008-2009 e l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che l'ha preceduta hanno e avranno gravi conseguenze per la popolazione mondiale. Quasi un miliardo di persone hanno ancora difficoltà per procurarsi il cibo, e spesso i soggetti più deboli, come i bambini e le donne in gravidanza, corrono il rischio di morire. Gran parte degli esperti ritiene che gli otto Obiettivi non potranno essere raggiunti nei limiti temporali prestabiliti. In particolare, l'obiettivo di ridurre nei Paesi in via di sviluppo la mortalità infantile a 34 bambini ogni mille sembra piuttosto improbabile. Questo tasso, secondo gli analisti, arriverà nel 2015 a 68 bambini ogni mille. A Washington è stato presentato anche il rapporto del Fmi sulla situazione economica nell'Africa sub sahariana, dove circa 10 milioni di persone sono colpite da una grave crisi alimentare, che ha investito vari Paesi della regione nordafricana del Sahel. In particolare, affermano i dati ONU, in Niger 7,8 milioni di abitanti sono "in stato d'insicurezza alimentare". (R.G.)

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    Cardinale Levada: la Chiesa contrasta in maniera esemplare la piaga degli abusi

    ◊   Benedetto XVI è “la persona giusta per guidare la Chiesa in questo momento” e la strada intrapresa dai vescovi degli Stati Uniti nel 2002 per contrastare la piaga degli abusi sessuali sui minori da parte di esponenti del clero può essere presa ad esempio dalla Chiesa di tutto il mondo. Lo ha affermato il cardinale statunitense William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede in un’intervista esclusiva rilasciata al canale televisivo statunitense PBS. Un’intervista a tutto campo in cui vengono affrontati i principali nodi dello scandalo degli abusi sessuali che ha sconvolto la Chiesa in questi mesi: dal modo in cui è stato affrontato dai media, alle passate responsabilità delle gerarchie ecclesiastiche, fino alle gravi accuse rivolte in queste settimane Benedetto XVI. La crisi aperta dai casi emersi nelle Chiese europee – sottolinea il cardinale Levada - non può essere in alcun modo minimizzata ed è tanto più grave in quanto si tratta di crimini commessi da sacerdoti chiamati ad essere dei buoni pastori. Questo non toglie - precisa il Prefetto della Congregazione presieduta fino al 2005 dall’allora cardinale Ratzinger – che vi sia stata una certa “faziosità” da parte di alcuni media, soprattutto americani, condizionati dalle informazioni fornite dagli avvocati che vorrebbero portare anche il Papa davanti a un tribunale. Questi media – rileva il porporato – hanno presentato un “quadro poco equilibrato, senza contestualizzare i fatti”, ma soprattutto hanno dato “poca attenzione a quanto ha fatto la Chiesa negli Stati Uniti” contro gli abusi sessuali, “che può essere un modello” anche per altre istituzioni nel Paese. Secondo il cardinale Levada, occorre analizzare le cause di fondo di questa piaga “che sono i cambiamenti della società, cambiamenti che riguardano in particolare come viene vissuto il celibato in tempi di rivoluzione sessuale”. Quanto alle passate responsabilità dei vescovi accusati dall’opinione pubblica e dalle associazioni delle vittime di avere avuto più a cuore la difesa della reputazione della Chiesa che la protezione dei bambini, il cardinale Levada ammette che all’emergere dei primi casi è stata sottovalutata la gravità e l’entità del fenomeno. Egli respinge peraltro le accuse rivolte all’operato del Santo Padre quando era arcivescovo di Monaco- Frisinga e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. "Si parla di casi risalenti a 20-30 anni fa – spiega - quando la Congregazione non era competente in materia. Il Papa – ha quindi precisato – è perfettamente al corrente di quello che pensa l’opinione pubblica su quanto sta avvenendo, come dimostrano, tra l’altro, i suoi incontri con le vittime". (A cura di Lisa Zengarini)

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    La crisi per gli abusi sessuali al centro della Plenaria dei vescovi dell'Oceano Indiano

    ◊   Si sono conclusi ieri a Victoria, nelle Seychelles, i lavori della 24.ma assemblea plenaria della Conferenza episcopale dell’Oceano indiano (Cedoi) che riunisce i vescovi delle Isole Seychelles, Mauritius, Rodriguez, la Reunion e Comore. Al centro della riunione, presieduta da mons. Maurice Piat, arcivescovo di Port-Louis, un’ampia riflessione sui “segni dei tempi” e sulle attuali sfide della Chiesa locale, ma anche sul suo ruolo nella società. Inevitabile il riferimento alla crisi aperta in questi mesi dallo scandalo della pedofilia. “Siamo rimasti profondamente colpiti dalla crisi che sta sconvolgendo la Chiesa a livello internazionale e nelle nostre isole e abbiamo preso il tempo di ascoltare quello che ci dice lo Spirito Santo nelle situazioni concrete”, si legge nel comunicato finale. Al centro delle preoccupazioni dell’assemblea - riferisce la nota ripresa dall’agenzia Apic - sono state le attuali difficoltà del ministero sacerdotale, l'invecchiamento, la fragilità e la penuria di sacerdoti e la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose. A questo proposito i vescovi della Cedoi hanno peraltro rilevato la "vitalità" delle comunità cristiane nella regione, l’impegno dei laici, delle religiose e dei sacerdoti, la "dedizione" e l’"attaccamento" del clero alla Chiesa nonostante le "preoccupazioni", come anche la "sete" dei giovani e delle famiglie di vivere meglio una vita cristiana alla luce del Vangelo. "Nelle nostre Chiese nell'Oceano Indiano, donne e uomini hanno il coraggio di dire parole di speranza nella vita sociale, politica ed economica in nome della loro fede e della loro appartenenza alla Chiesa", sottolinea la nota. A fronte di questi segni positivi, restano appunto le difficoltà. A preoccupare la Cedoi è in particolare il calo delle vocazioni. Ci si è quindi confrontati per individuare nuovi percorsi possibili per restare “più fedeli alla missione oggi”: “Nonostante le turbolenze che si abbattono su di noi e che ci possono scoraggiare, continuiamo a sentire la chiamata di Cristo a gettare le reti, quindi ad ascoltare la Sua Parola che ci invita ad essere creativi per una rinnovata evangelizzazione”, sottolinea in conclusione il comunicato. (L.Z.)

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    Incontro a Roma per il quinto anno di pontificato di Benedetto XVI

    ◊   “Sarebbe un grave errore sottovalutare la profondità intellettuale del Pontefice, che dimostra l’acutezza di analizzare i fenomeni del presente con una visione lungimirante, in grado quindi di preparare il futuro delle nuove generazioni “. Con queste parole – riportate dal quotidiano Avvenire – Rino Fisichella, Rettore della Pontificia Università Lateranense, ha chiuso ieri l’incontro promosso dai padri Concezionisti sul tema “Il mondo soffre per la mancanza di pensiero”, per il V anniversario del pontificato di Benedetto XVI. Presenti all’iniziativa nella sala Pio X dell’Elea, Renato Schifani, presidente del Senato; Giuliano Amato, presidente dell’Istituto Enciclopedia italiana e il vaticanista Piero Schivazzi. Il Santo Padre “si propone con il coraggio dell’anticonformismo” – ha sostenuto il presidente del Senato – e “senza riserve e con parole forti” ha risposto alla vergogna, al rimorso, al pentimento e alla condanna per la fiducia tradita dai sacerdoti pedofili. Stessa opinione è stata espressa da padre Aurelio Mozzetta, superiore generale dei Concezionisti. Giuliano Amato è poi intervenuto evidenziando “lo straordinario candore del Papa, che lo sottrae alle classificazioni politiche: né conservatore né reazionario. Di sicuro non ha mai usato la ragione come una spada”. (C.F.)

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    La riconciliazione in Sierra Leone e in Liberia: la testimonianza dei vescovi

    ◊   “Le ferite di una guerra decennale in Liberia sono difficili da rimarginare ma si stanno facendo dei progressi nel campo della riconciliazione. Vi sono diversi operatori di pace stranieri che vengono in Liberia per lavorare insieme con la Chiesa locale” afferma all'agenzia Fides padre Chris Brennan, amministratore apostolico della diocesi di Gbarnga, nel nord del Paese. “Tutta la Liberia è stata colpita dalla guerra, e la Chiesa ha risentito degli effetti negativi del conflitto. Abbiamo subito la distruzione delle infrastrutture ecclesiali, diversi missionari, sacerdoti e suore, sono stati costretti ad abbandonare il Paese, riducendo significativamente la capacità di intervento della Chiesa. Dopo la fine della guerra è stato difficile rimettere in piedi immediatamente le strutture della Chiesa” dice il missionario. “Nonostante le difficoltà la Chiesa continua a contribuire allo sviluppo della Liberia attraverso l’educazione, la sanità e naturalmente le attività pastorali” afferma padre Brennan. Uno dei crimini più violenti della guerra in Sierra Leone e in Liberia è stato il reclutamento dei bambini soldato. La Chiesa è molto impegnata nel reinserimento di questi giovani nella società civile sia in Sierra Leone, sia in Liberia. “Molti giovani sono stati coinvolti nella guerra, tra questi vi sono i bambini soldato, non per loro scelta. In effetti sono delle vittime della guerra. Stiamo cercando di reinserirli nella società, attraverso dei programmi appositi delle Nazioni Unite, delle Chiese e di altre organizzazioni. Purtroppo vi sono alcuni che non riescono a reintegrasi e rimangono ai margini della società oppure si trasferiscono altrove per combattere come mercenari” afferma padre Brennan. “Dalla fine della guerra in Sierra Leone (2002) abbiamo avuto due elezioni che hanno segnato una tappa positiva nel ritorno alla pace” afferma mons. Patrick Daniel Koroma, vescovo di Kenema e neo-eletto presidente della Conferenza episcopale di Gambia e Sierra Leone. “La popolazione vuole la pace dopo le violenze di una guerra brutale. Le difficoltà maggiori sono legate alla situazione economica. La popolazione vuole rifarsi una vita, ma la disoccupazione è in crescita e questo comporta gravi difficoltà, specie per i giovani. Per questo motivo è in aumento il flusso emigratorio verso altri Paesi. Il processo di riconciliazione – continua mons. Koroma - sta procedendo bene, anche perché prima ancora che l’accordo di pace fosse firmato eravamo stanchi della guerra. Le distruzioni causate dal conflitto erano ben visibili all’intera popolazione della Sierra Leone. Inoltre il conflitto non era una guerra etnica, ma un conflitto per il controllo delle risorse del Paese, in particolare i diamanti, i “diamanti di sangue”; quindi una guerra imposta al Paese da forza esterne. Come Chiesa - continua il presule - siamo impegnati nell’evangelizzazione e in attività di promozione umana. Collaboriamo con il governo nel campo della sanità, con i nostri ospedali, e in quello educativo, con le scuole cattoliche. La Chiesa educa le persone a vivere insieme e al perdono reciproco. È facile ricostruire gli edifici distrutti, ma ricostruire le menti, curare le ferite spirituali è molto più difficile. I nostri sacerdoti, i nostri catechisti sono impegnati da tempo a curare queste ferite” conclude mons. Koroma. (R.P.)

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    I vescovi del Nicaragua: dialogo e legalità per salvare il Paese dalla crisi

    ◊   I vescovi del Nicaragua hanno espresso le loro preoccupazioni per ciò che considerano una vera “decomposizione sociale” del Paese e hanno denunciato “la ricomparsa sulle strade di gruppi armati. La cosa più grave - scrivono - è che sono tollerati e in qualche modo appoggiati da parte di coloro che dovrebbero essere i primi a rifiutarli e condannarli. Viviamo - prosegue la dichiarazione episcopale - con molta preoccupazione gli ultimi avvenimenti politici, consapevoli della gravità di certo atti che attentano la nostra Costituzione poiché non rispettano le istituzioni del Paese”. In questo contesto i presuli nicaraguensi ribadiscono ancora una volta che “un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto” e rilevano che “una democrazia senza valori, diventa facilmente un totalitarismo aperto e coperto”. Nel Paese centroamericano l'ultimo motivo di crisi che oppone duramente il governo del Presidente Ortega all’opposizione, è la decisione del Capo dello Stato di prorogare il mandato dei funzionari pubblici di un certo rango, tramite un suo decreto, snaturando così una facoltà che appartiene solo al Parlamento. “Le istituzioni - si osserva nella dichiarazione episcopale - non devono essere strumenti nelle mani di chi governa, per trasformare i propri abusi e ambizioni di potere, in modi di agire legali”. I vescovi ritengono che questo modo di agire sia “inaccettabile” e chiedono dunque che la cosa pubblica sia gestita “con trasparenza", “senza cospirazione alle spalle del popolo”. “Se noi nicaraguensi - ha detto nell’incontro con la stampa mons. Mata Guevara alludendo alla Carta democratica degli stati americani dell’OSA - non siamo capaci di risolvere i nostri problemi, dobbiamo allora chiedere aiuto ad altri”. Infine, la Conferenza episcopale del Nicaragua rinnova il suo appello al dialogo e alla ricerca del consenso nel rispetto delle legittime posizioni di tutte le parti e dunque chiede ai politici di evitare qualsiasi manipolazione dell’opinione pubblica, in particolare, dei settori giovanili, incitando e giustificando azioni illegali. “Il momento critico che vive il Paese” si può superare solo con un dialogo trasparente” fra tutte le forze e settori della società, per creare così “il clima migliore per costruire consenso e per raggiungere un nuovo patto sociale che consenta di garantire la stabilità del Paese. (A cura di Luis Badilla)

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    Colombia. Amnesty: porre i diritti umani al centro della campagna elettorale

    ◊   In una lettera aperta a tutti i candidati alle elezioni presidenziali che si terranno in Colombia il 30 maggio, Amnesty International ha chiesto che il rispetto dei diritti umani sia una priorità della campagna elettorale. L’organizzazione umanitaria chiede ai candidati di illustrare in modo chiaro le politiche che attueranno per assicurare il pieno rispetto dei diritti umani nel Paese latinoamericano. “E’ francamente scioccante ha dichiarato Susan Lee, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International - che, in un Paese dove i diritti umani sono sistematicamente violati dai protagonisti di un conflitto interno che va avanti da 45 anni, questo tema non abbia la priorità che merita”. Per questo la Campagna nazionale e internazionale per i diritti umani e l’organizzazione Giornalisti per la pace hanno invitato i candidati alla vicepresidenza a partecipare a un dibattito, in programma nella capitale Bogotá, il 5 maggio. La lettera aperta di Amnesty International stigmatizza le responsabilità delle parti coinvolte nel conflitto (la guerriglia, i paramilitari e le forze di sicurezza) per non aver protetto la popolazione civile trascinandola nelle ostilità. L’impunità più di ogni altro fattore, sottolinea Amnesty International, ha contribuito al prolungamento della crisi dei diritti umani. “Ogni anno, centinaia di migliaia di civili sono costretti a lasciare le proprie abitazioni a causa del conflitto, mentre molti altri vengono minacciati, uccisi, fatti sparire o sequestrati”. “La triste verità è che la grande maggioranza degli autori di violazioni dei diritti umani continua a farla franca – ha sottolineato Lee - mentre coloro grazie ai quali alcune inchieste registrano progressi (avvocati, pubblici ministeri, giudici e testimoni) vengono regolarmente minacciati o uccisi. Il nuovo governo dovrà dire chiaramente cosa farà per garantire giustizia alle vittime e ai loro familiari”, ha concluso la responsabile di Amnesty. (R.G.)

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    A due mesi dal sisma in Cile mancano gli alloggi d'emergenza per i terremotati

    ◊   Il 40% delle cosiddette ‘case di emergenza’, destinate in Cile alle circa 200 mila famiglie sfollate provocate dal sisma che il 27 gennaio ha colpito il centro e il sud del Paese, devono ancora essere costruite, mentre si avvicina l’inverno australe. Lo ha ammesso – riferisce l’agenzia Misna - lo stesso presidente conservatore Sebastián Piñera, precisando che finora ne sono state erette poco meno di 24 mila, pari al 60% delle 40 mila in programma. Piñera sostiene che “la tappa d’emergenza è superata e il piano di ricostruzione già è cominciato”. Ma dai sindaci delle zone più colpite, tra cui la regione di Bio-Bio, non cessano di levarsi critiche per le scarse risorse giunte dal governo centrale e per la qualità stessa delle ‘case di emergenza’, costruite in legno, ritenute insufficienti ad affrontare il freddo dell’inverno. Parlando a Radio Cooperativa, il primo cittadino di Tomé, Eduardo Aguilera ha detto di aver ricevuto finora solo 400 delle 1800 abitazioni provvisorie richieste. Il terremoto di 8,8 gradi della scala Richter e il successivo maremoto hanno provocato secondo le cifre ufficiali 486 morti, 79 dispersi e danni per 30 miliardi di dollari. (R.G.)

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    Messico: giovani missionari condividono il Vangelo con i carcerati

    ◊   Per il terzo anno consecutivo un gruppo di giovani missionari della Universidad Anahuac e alcuni membri della Confraternita Penitenziaria Internazionale, guidata da Padre Bernardo Skertchly, presidente dell'organizzazione, ha effettuato con successo le missioni nelle carcere di Islas Maria, dove hanno fornito assistenza spirituale a più di 1.600 detenuti. Quest’anno - riferisce l'agenzia Fides - sono stati 56 i giovani che sono andati nella prigione di Islas Maria, che si trova nel Pacifico del Messico, circa 120 chilometri a ovest di Puerto Vallarta, per dare assistenza spirituale ai detenuti, alle loro famiglie e anche agli agenti che operano nel penitenziario. L'isola è diventata carcere nel 1905. Si tratta di un'area di 14 km di lunghezza, larga 12, con delle montagne al centro, dove i detenuti stanno scontando condanne fino a 20 anni. Nel suo perimetro sono distribuiti agglomerati noti come "Campamentos", dove i detenuti vivono in un clima di relativa libertà, molti accompagnati dalle loro famiglie. Per effettuare la missione, i giovani missionari sono stati divisi in due gruppi: uno per i circa 900 detenuti e le loro famiglie nei paesini di Aserradero e Bugambilias, mentre il secondo gruppo si è rivolto ad altri 700 nuovi detenuti presso la comunità di Balleto. Dalle prime ore del mattino i giovani missionari hanno iniziato la loro attività, subito dopo la prima colazione e dopo le preghiere del mattino, per ritornare nel tardo pomeriggio come veri apostoli per condividere la cena, le preghiere e lo scambio di storie toccanti vissute durante il giorno. L'esperienza di Islas Maria è stata descritta dai missionari come "l'incontro della miseria umana con la misericordia di Dio" perché le persone che ci abitano hanno commesso reati gravi, hanno perso la loro dignità e le loro famiglie, e vivono in condizioni subumane”. (R.P.)

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    Brasile: riunite ad Aparecida le Reti televisive cattoliche

    ◊   Le TV Cattoliche che collaborano con le diverse diocesi, si sono riunite martedì scorso ad Aparecida per discutere sulla possibilità di formare una rete per lo scambio di programmi. L'incontro è avvenuto nel monastero Redentorista, nei locali del santuario nazionale. Nella nota arrivata all’agenzia Fides, si legge che l'arcivescovo di Belo Horizonte, mons. Walmor Oliveira, presente alla riunione, ha ricordato che le diverse reti TV dovrebbero unirsi perché hanno una condizione simile. “Il fatto che sono collegate alle diocesi ed avere un carattere educativo ci unisce, nonostante le nostre differenze regionali e di linea editoriale”; ha aggiunto anche che “bisogna rafforzare la comunicazione cattolica come servizio educativo e di evangelizzazione in tutta la Chiesa in Brasile.”Sulla base di questa peculiarità, è stata presentata la proposta per lo scambio di materiale prodotto dalle TV tramite una rete, che verrebbe creata per facilitare la produzione di programmi di interesse comune. Oltre all'arcivescovo di Belo Horizonte, hanno partecipato alla riunione, il responsabile del settore delle comunicazioni della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), l'arcivescovo di Rio de Janeiro, mons. Orani João Tempesta; il segretario generale della Cnbb, mons. Dimas Lara Barbosa; la consulente del settore della comunicazione della Cnbb suor Elide Fogolari; l'arcivescovo di Belém (PA), mons. Alberto Taveira; e l'arcivescovo di Aparecida, mons. Raymundo Damasceno Assis. Erano presenti i rappresentanti delle diverse TV: Horizonte, Belo Horizonte, 3° millennio di Maringá, Nazareth, di Belém e la TV Aparecida. (R.P.)

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    SudCorea: i vescovi uniti ai fedeli in preghiera contro il progetto governativo dei quattro fiumi

    ◊   Dal 26 aprile, su iniziativa dell’Alleanza cattolica, viene celebrata nella cattedrale di Myeongdong - nel centro di Seoul - una Messa alla quale partecipano sacerdoti e fedeli provenienti da tutta la Corea del Sud per fermare il Progetto governativo sui quattro fiumi maggiori. Seguono, alla celebrazione del Rito, veglie di preghiera come appello al governo perché riveda il progetto che prevede una serie d’iniziative e di scavi per unire Seoul a Busan. “Si tratta di uno scavo pari a 540 chilometri – specifica l’agenzia Asianews – che permetta di comunicare fra loro i fiumi Han e Nankdong". Un piano che preoccupa i presuli del Paese per il "considerevole impatto sull’ambiente" che ne deriverebbe dall’attuazione, ma “l’amministrazione del presidente Lee Myung-bak non ha nemmeno ascoltato la posizione dei vescovi”. In programma il prossimo 10 maggio, la celebrazione di una Messa alla quale sono previste almeno 10mila persone, fra sacerdoti e fedeli da tutta la Corea del Sud per protestare con determinazione e fino all’ultimo. (C.F.)

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    In aumento in Italia le nigeriane vittime della tratta e costrette a prostituirsi

    ◊   Sono circa 10 mila le donne nigeriane vittime della tratta e costrette a prostituirsi in Italia, quasi il doppio rispetto a quattro anni fa. Un dato che porta la comunità nigeriana ad essere, tra quelle straniere, la più coinvolta nello sfruttamento della prostituzione in Italia. L'allarme proviene da un rapporto curato dall'Unicri - agenzia dell'Onu che lotta contro il crimine e per la giustizia - presentato ieri a Roma per fare il punto sul Programma di lotta e prevenzione contro il traffico di donne e minori dalla Nigeria all'Italia. Il programma, avviato nel 2002 per 18 mesi, in collaborazione con il ministero degli Esteri italiano, è stato riattivato nel 2008, ha spiegato Angela Patrignani, direttrice dell'Unità dei crimini globali all'interno dell'Unicri. Secondo il rapporto le nigeriane costrette alla prostituzione in Italia sono tra le 8 e le 10 mila, delle quali il 16% circa sono minori. ''Sono stime molto difficili da verificare. In Nigeria gli stessi dati anagrafici non sono facilmente reperibili'' e le donne vittime della tratta ''cambiano frequentemente il proprio nome e sono coinvolte in una continua rotazione'', ha spiegato Patrignani, sottolineando che quando si parla di tutela dei diritti umani “le cifre hanno poca importanza''. In Italia, negli ultimi anni, ''benché la presenza di nigeriane vittime dei traffico sia abbastanza stabile, c'è un maggior movimento non solo all'interno della penisola ma anche verso altri Paesi europei. E ciò significa che le organizzazioni criminali riescono a controllare aree sempre più ampie'', ha osservato la funzionaria Onu, secondo cui la 'predilezione' dei trafficanti per l'Italia è dovuta ''sia alla posizione geografica del Paese sia allo sviluppo di una vera e propria rotta migratoria preferenziale'' verso la penisola. (R.G.)

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    Cina: intensa vita di fede dei cattolici in questo tempo pasquale

    ◊   Anche durante il tempo pasquale i fedeli cattolici cinesi vivono intensamente la propria vita di fede attraverso diverse iniziative, come il pellegrinaggio, gli incontri di formazione ed il ritiro spirituale. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, 32 fedeli tibetani in pellegrinaggio nella diocesi di Xi An sono rimasti profondamente commossi dopo aver partecipato all’Eucaristia celebrata da mons. Giuseppe Dang, vescovo diocesano, perché non avevano mai visto un vescovo in vita loro. Alcuni di loro in verità non riescono a vedere neanche un sacerdote perfino per un anno intero. Per rispondere al pressante desiderio di questi pellegrini di poter partecipare ad una Messa presieduta da un vescovo, sia lo stesso mons. Dang che il parroco della Cattedrale hanno dimostrato la massima disponibilità spostando l’orario della Messa. Quattro fedeli tibetane, indossando il lussuoso abito tradizionale, visibilmente commosse, hanno portato i doni all’altare al momento dell’offertorio, poi si sono inginocchiate a lungo davanti all’Eucaristia. Secondo i fedeli presenti, si è trattato di “una esperienza di fede toccante”, attraverso la quale hanno potuto vivere “un pellegrinaggio spirituale intenso” facendo esperienza della Grazia del Signore, e sentendo “il dovere di testimoniare la fede”. Inoltre il santuario mariano della Croce della diocesi di Xi An, ha accolto con calore e simpatia i cattolici tibetani in pellegrinaggio. Tra le altre iniziative che contraddistinguono la vita delle comunità ecclesiali cinesi in questo periodo ricordiamo il ritiro spirituale annuale sul tema “Incontro con il Signore nell’Amore”, che ha riunito una settantina di fedeli della zona di Fu Hu, nella provincia di An Hui. In tre giorni di intensa ricarica spirituale, sotto la guida del sacerdote e delle religiose, i partecipanti hanno condiviso le loro riflessioni e le loro preghiere su tre temi: “Dio è il Dio che vive con me”, “Soffrire insieme a Gesù”, “Amore rinnovato”. I 21 capi gruppo laici della diocesi di Nan Chong hanno invece potuto condividere con i fedeli di Wan Zhou un incontro di formazione. Mons. He Ze Qing, vescovo di Wan Zhou, ha presieduto l’apertura dell’incontro incoraggiando i presenti ad avere una visione della Chiesa universale per essere in grado di predicare il Vangelo con determinazione. (R.P.)

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    Gerusalemme: l'Apostolato “Giovani per la vita” invita a pregare il Rosario

    ◊   Da Gerusalemme l’Apostolato “Giovani per la vita” ha promosso l’iniziativa di recitare il Rosario in famiglia - una volta a settimana o tutti i giorni - nel mese di maggio, dedicato alla Beata Vergine Maria. L’intenzione – riferisce l’agenzia Zenit – è quella di riunire famiglia, amici, parenti e vicini in un momento di condivisione e preghiera. Inoltre, a conclusione del mese, il 31 maggio, festa della Visitazione di Maria ad Elisabetta, l’Apostolato dedicherà una Giornata di preghiera per il Santo Padre Benedetto XVI, per sostenerlo “nel suo delicato e prezioso servizio di giuda e Pastore della Chiesa universale”. (C.F.)

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    A Loppiano meeting dei giovani su pace e integrazione

    ◊   “Youth at work”: questo il titolo della quarantesima edizione del Meeting dei giovani che, il 1° maggio, animerà il Centro internazionale di Loppiano (Firenze). L’evento - riferisce l'agenzia Sir - aprirà la “Settimana mondo unito”: l’appuntamento dei Giovani per un mondo unito (Gmu) del movimento dei Focolari, che da oltre 10 anni promuove iniziative di questo genere. La giornata inaugurale sarà occasione per discutere su diversi temi: lotta agli armamenti, dialogo tra popoli e culture, economia sostenibile, cultura ecologica e media. Lo scopo sarà quello di esplorare vie percorribili per costruire la pace attraverso workshop, dibattiti, concerti, laboratori e dialogo con esperti e professionisti. L’incontro comincerà, con la presentazione dei programmi, in diversi luoghi di Loppiano alle ore 11, mentre nel pomeriggio si esibirà un gruppo di sbandieratori al campo di calcio. Verrà presentata inoltre la figura di Chiara Luce Badano, giovane ligure che sarà beatificata il 25 settembre prossimo. La serata si concluderà alle 20.30 al Teatro all’Aperto, con il concerto per la Pace di Skortza e Progetto Uno. I giovani verranno da tutte le parti d’Italia con rappresentanze dall’Europa e dai 5 continenti. Il meeting sostiene la campagna “Arms down – Giù le armi” promossa dal “Global Youth Network” di “Religions for Peace”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Cresce l'allarme in Louisiana per l'arrivo sulle coste della chiazza di petrolio

    ◊   Cresce l’allarme nel Golfo del Messico per l’enorme chiazza di greggio fuoriuscita dalla piattaforma petrolifera esplosa nei giorni scorsi. La massa si muove minacciosa verso le coste della Louisiana, nonostante i tentativi di contenimento. Il servizio di Eugenio Bonanata:

    Ormai è una corsa contro il tempo. Le squadre di soccorso hanno iniziato a bruciare la chiazza ma il greggio continua a fuoriuscire dalla piattaforma ad un ritmo ben superiore rispetto alle aspettative: si parla di 5 mila barili di greggio riversati in mare ogni giorno. I robot sottomarini impiegati per tappare le falle non hanno raggiunto l’obiettivo. Peraltro, in queste ore è stato scoperto un altro squarcio, il terzo, ad oltre 1.500 metri di profondità. L’altro fattore negativo è il vento che spinge velocemente la chiazza verso le coste della Louisiana. L’arrivo è previsto per questa sera. A largo sono state già piazzate delle barriere gonfiabili. Presto però ne serviranno altre. Le autorità locali hanno già chiesto aiuti finanziari per fronteggiare l’emergenza ambientale. Il timore principale è che la chiazza possa raggiungere il delta del Mississippi e quindi insinuarsi nelle paludi della regione. Ripulirle sarebbe impossibile, hanno annunciato gli esperti. Drammatiche le conseguenze anche per le riserve naturali, ricche di uccelli acquatici a rare specie animali. Ma si guarda con ansia soprattutto ai danni per l’industria della pesca, principale fornitore del mercato statunitense. Si tratta di allevamenti di ostriche e frutti di mare, per un valore di circa due miliardi e mezzo di dollari all’anno.

    India-Pakistan
    India e Pakistan hanno ripreso i negoziati di pace interrotti con l’attentato del 2008 a Mumbai, per il quale Nuova Delhi sospetta il coinvolgimento del Pakistan. La decisione presa dopo l’incontro di oggi in Bhutan fra il premier indiano, Singh, e quello pakistano, Gilani. Le parti hanno concordato di programmare altri colloqui da tenersi “il più presto possibile”. Il Pakistan ha garantito il massimo impegno sul fronte terrorismo, mentre l’India si è detta pronta a discutere su ogni aspetto delle relazioni bilaterali.

    ThailandiaI
    n Thailandia, prosegue il braccio di ferro tra il premier, Vejajiva, e le “camicie rosse”, sostenitrici dell’ex primo ministro, Thaksin, che oggi presenteranno una petizione alla rappresentanza dell’Unione Europea a Bangkok: intendono chiedere ufficialmente a Bruxelles di intervenire per porre fine alle violenze e di inviare osservatori internazionali. Intanto, quella di ieri è stata l’ennesima giornata di tensione.

    Nepal
    Tensione in Nepal. Migliaia di maoisti, sostenitori dell’opposizione, si radunano a Kathmandu per una manifestazione di protesta prevista per il primo maggio e per uno sciopero generale in programma nei giorni successivi. Ci sono stati scontri con la polizia. I dimostranti accusano l'esecutivo per i ritardi nel processo di pace avviato nel 2006 dopo la caduta della monarchia e chiedono un governo di unità nazionale per scrivere la Costituzione entro la scadenza fissata al prossimo 28 maggio.

    Pakistan
    Una fonte dell’intelligence pakistana ha detto che sarebbe vivo il leader talebano nel Paese, Mehsud, dato per morto lo scorso mese di gennaio in seguito ad un attacco di un aereo senza pilota americano. Finora, il decesso non era mai stato confermato né dalle autorità locali né dai Servizi segreti statunitensi.

    Medio Oriente
    Sono quattro le vittime in seguito al crollo di un tunnel di contrabbando che collega la Striscia di Gaza con l'Egitto. A provocarlo sarebbe stata un’esplosione accompagnata poi da una fuga di gas. Hamas ha accusato dell’accaduto il Cairo, che negli ultimi tempi ha intensificato la lotta per prevenire il contrabbando di armi.

    Iraq
    L’ex primo ministro iracheno, Allawi, ha fatto appello alla comunità internazionale perché si organizzino nuove elezioni. Nei giorni scorsi, un tribunale ha invalidato la corsa di 56 candidati, in maggioranza sunniti. Intanto, imperversa la violenza: sono 5 le vittime e 17 i feriti per l’esplosione ieri di due autobomba a Baghdad.

    Hezbollah
    Libano. Hezbollah definisce un onore la condanna in Egitto nei confronti di 26 persone giudicate colpevoli di avere legami col movimento sciita libanese e di aver pianificato attacchi nel Paese. A parlare è stato il leader del gruppo, Nasrallah, che ha sottolineato la vicinanza con la causa palestinese, promettendo la liberazione dei membri attraverso la diplomazia.

    Madagascar
    A Pretoria, in Sudafrica, proseguono i negoziati per superare la crisi politica in Madagascar culminata nel marzo dell’anno scorso con la cacciata del presidente Ravalomanana. Proprio lui si è detto fiducioso della possibilità di superare lo stallo. Di parere opposto, invece, l’attuale capo dello stato, Rajoelina, che è sostenuto dall’esercito.

    Cina-Francia
    “Pechino è un partner strategico della Francia”. Lo ha detto il capo dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy, nel secondo giorno della sua visita in Cina che ha sancito il definitivo superamento della crisi diplomatica fra i due Paesi in atto dal 2008, a causa di divergenze sulla questione tibetana. Secondo il presidente cinese, Hu Jintao, è stata scritta una nuova pagina nelle relazioni bilaterali. I due leader hanno concordato sulla necessità di riflettere assieme sul nuovo ordine monetario mondiale. Siglati accordi nel campo dell’energia nucleare per scopi civili.

    Ucraina
    Il presidente ucraino, Ianukovich, ha promulgato la legge sull’accordo che proroga la permanenza della flotta russa nella base di Sebastopoli, in Crimea, per altri 25 anni dopo la scadenza del 2017. L’intesa era stata ratificata due giorni fa dal parlamento, in un clima di forte tensione. I tafferugli scoppiati in aula, caratterizzati da lanci di uova e fumogeni, sono finiti al centro di un’inchiesta aperta oggi dalla procura di Kiev. Chiesta l’acquisizione delle immagini video girate dai mass media locali.

    Italia
    Sempre in primo piano, in Italia, la situazione all’interno del Pdl, dopo le frizioni tra Berlusconi e Fini, il quale ieri ha chiarito che non intende dimettersi dalla presidenza della Camera e neanche lasciare la coalizione di centrodestra. Il vicecapogruppo alla Camera, il finiano Italo Bocchino, ha nuovamente rassegnato le sue dimissioni definitive. Lo ha comunicato il partito, annullando la riunione di stamattina che avrebbe dovuto discutere proprio della questione. Dall’opposizione si susseguono intanto aperture al dialogo all’indirizzo di Fini. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha rilanciato il "patto repubblicano" in vista delle riforme costituzionali. Sulla stessa linea anche Massimo D’Alema.

    Tribunale Penale Internazionale
    Il Tribunale penale dell’Aja, che indaga sui crimini commessi durante la guerra degli anni Novanta l’ex Jugoslavia, ha confermato che proseguono a ritmo serrato le ricerche degli ultimi due serbi ritenuti coinvolti a vario titolo nei massacri. Si tratta dell’ex generale, Ratko Mladic, il capo militare dei serbi di Bosnia, implicato in particolare nella strage di Srebrenica, e di Goran Hadzic, il leader politico dei serbi di Croazia. La Corte ha fatto sapere che le indagini non si sono mai fermate e che il tutto si svolge nel massimo riserbo per non comprometterne l’esito. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 119

     
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