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Sommario del 27/04/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Cinque anni fa la prima udienza generale di Benedetto XVI: nella scelta del nome del Successore di Pietro il richiamo alla pace
  • In lieve crescita i cattolici nel mondo, stabile il numero dei sacerdoti, in calo le religiose: i dati dell’Annuario statistico della Chiesa 2010
  • Messa del cardinale Bertone al Monastero di Santa Maria di Montserrat
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il dibattito etico sulla "donazione samaritana" degli organi, offerti in vita non a consanguinei ma a sconosciuti
  • Il caso del feto rimasto in vita per 24 ore dopo l'aborto terapeutico. Mons. Sgreccia: se nato vivo, gli si deve assistenza al di là dei limiti di legge
  • A Malaga il Congresso europeo sulle migrazioni promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa
  • A Roma, il Seminario di formazione per i portavoce della Chiesa: superare con professionalità e dialogo i pregiudizi mediatici che colpiscono la sfera religiosa
  • I giovani amano il volontariato: il dato emerge dal Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso a San Benedetto del Tronto
  • Chiesa e Società

  • India: in Punjab i cristiani protestano per la morte di un giovane. La polizia carica la folla
  • Sri Lanka: per la Chiesa la strada della riconciliazione nel Paese è ancora lunga
  • Taiwan: la Conferenza episcopale regionale chiede l’abolizione della pena di morte
  • Cambogia: continuano ad aumentare i casi di malaria
  • Arizona: appello interreligioso per la revisione della legge “anti-immigrati”
  • Preoccupazione dell'Osservatore Romano per “la nuova superbomba americana"
  • Vescovi tedeschi: dopo i casi di abusi sessuali "recuperare la fiducia della gente"
  • Sugli abusi, i vescovi cechi invitano a "non confondere la colpa individuale con quella collettiva"
  • Lettera del cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa sulla situazione della Chiesa in Cile
  • Congo: anche i vescovi del Paese solidali con Benedetto XVI
  • Caritas: la crisi alimentare in Niger va affrontata al più presto
  • Appello dei vescovi scozzesi agli elettori cattolici per le prossime elezioni
  • Australia: celebrata la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni
  • Usa: nuovo sito web dei vescovi per promuovere la Dottrina sociale della Chiesa nei campus universitari
  • “Maria, prima discepola”: nuova Conferenza telematica della Chiesa australiana
  • Università Gregoriana: padre François-Xavier Dumortier nuovo rettore dell'ateneo
  • Condanna dell’arcidiocesi del México contro la nuova legge anti-migranti
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Grecia, debito oltre il 120% del PIL. Si attende un piano internazionale entro i primi di maggio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Cinque anni fa la prima udienza generale di Benedetto XVI: nella scelta del nome del Successore di Pietro il richiamo alla pace

    ◊   Si tiene domani in Piazza San Pietro, alle ore 10.30, la tradizionale udienza generale del mercoledì. Evento che avviene nel primo anniversario della visita di Benedetto XVI alle popolazioni terremote d'Abruzzo. Intanto, proprio oggi ricorre il quinto anniversario della prima udienza generale del Papa. Torniamo dunque al 27 aprile del 2005, quando il nuovo Pontefice spiegò la scelta del suo nome, ispirato al Santo di Norcia e a Papa Giacomo Della Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Al servizio di Cristo e della pace: nella prima udienza generale del suo Pontificato, Benedetto XVI sintetizza così la sua missione. Un servizio di carità condensato nel nome scelto quale 264.mo Successore di Pietro: Benedetto come il Santo Patrono d’Europa e il Pontefice che guidò la Chiesa durante la Prima Guerra mondiale. Parlando ai molti pellegrini venuti da tutto il mondo, Joseph Ratzinger racconta, però, anzitutto le sensazioni che porta nel cuore all’inizio del suo ministero di Pastore universale della Chiesa:

     
    “Stupore e gratitudine nei confronti di Dio che ha sorpreso innanzitutto me stesso, chiamandomi a succedere all’apostolo Pietro; interiore trepidazione dinanzi alla grandezza del compito e delle responsabilità che mi sono state affidate. Mi dà però serenità e gioia la certezza dell’aiuto di Dio, della sua Madre Santissima, la Vergine Maria, e dei santi Protettori”.
     
    “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI – confida il nuovo Papa – per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale”:

     
    “Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti”.
     
    Ma il nome Benedetto richiama anche immediatamente al “Patriarca del monachesimo occidentale”. Il Papa spiega che San Benedetto da Norcia “è molto venerato in Germania” e in particolare in Baviera, sua “terra d’origine”. San Benedetto, è la sua riflessione, costituisce “un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane” della sua cultura:

     
    “All’inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a San Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza. Egli sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività!”.
     
    E nella prima udienza generale di Benedetto XVI non poteva mancare il ricordo di Giovanni Paolo II. Il Papa ricorda la figura di Karol Wojtyla al quale, sottolinea, “siamo debitori di una straordinaria eredità spirituale”.

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    In lieve crescita i cattolici nel mondo, stabile il numero dei sacerdoti, in calo le religiose: i dati dell’Annuario statistico della Chiesa 2010

    ◊   Sono stati anticipati oggi alla stampa i dati salienti contenuti nel nuovo Annuario statistico della Chiesa 2010, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Aumentano i cattolici battezzati: da 1 miliardo 45 milioni nel 2000 a 1 miliardo 166 milioni nel 2008, questo l’arco di tempo preso in esame nell’Annuario 2010 per valutare le tendenze di maggior rilievo per la Chiesa cattolica nei cinque continenti e nei vari Paesi. La crescita in termini percentuali è del 11,54, di poco superiore alla crescita della popolazione mondiale del 10,77.

     
    Dunque stabilità, anche se in Africa si registra il maggior incremento del 33 per cento mentre in Europa è solo del 1,17 per cento. Sale anche del 10 per cento il numero dei vescovi da 4.541 a 5.002, in maggior misura in Asia e Africa, mentre il totale dei sacerdoti cresce pure ma sotto l’1 per cento, in media, con punte positive del 33,1 in Africa e 23,8 in Asia e punte negative del -7 e -4 per cento in Europa e Oceania. A registrare maggior perdite sono i sacerdoti religiosi, passati da 139.397 nel 2000 a 135 mila nel 2008, mentre i sacerdoti diocesani sono aumentati da 265.781 a 272.431. Lieve diminuzione anche tra i religiosi non sacerdoti, che scendono di 1416 unità, e le religiose, che sono 740 mila nel 2008 il doppio dei sacerdoti, ma in calo del 7,75 rispetto al 2000. Crescono invece, del 28,6 per cento, gli studenti di filosofia e teologia negli istituti diocesani e religiosi, che aumentano da 110 mila a 177 mila, e così anche i diaconi permanenti, che vantano il maggior aumento del 33,7 per cento, passando dai 28 mila del 2000 ai 37.203 del 2008.

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    Messa del cardinale Bertone al Monastero di Santa Maria di Montserrat

    ◊   “L'immagine della Madonna Nera di Montserrat ha sempre suscitato grande devozione e a Lei si sono rivolti santi e sante”. E’ quanto ha affermato ieri il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, durante la Messa al Monastero della Madonna di Montserrat, Patrona della Catalogna. Affidare preoccupazioni, aspirazioni e ideali alla Vergine – ha aggiunto il porporato – significa ottenere la luce necessaria per saper discernere: “Maria ci ama come figli, si prende cura di noi, ci consola e protegge”. Il Santuario di Montserrat – ha aggiunto – è testimone secolare di questa devozione del popolo cristiano alla Madre di Dio. La devozione a Maria conduce a Cristo che è la Via, la Verità e la Vita. Questo – ha sottolineato il porporato – è il motivo per cui i pellegrini sono venuti in questo Santuario, per secoli e, per dissipare dubbi e assicurarsi che il disegno che Dio ha per loro e si consolidi. Il cardinale Tarcisio Bertone ha ricordato infine che domenica scorsa è stato proclamato Beato nella Basilica di Santa Maria del Mar a Barcellona José Tous y Soler (1811 -1871), fondatore dell’Istituto delle Suore Cappuccine della Madre del Divino Pastore.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quando il criterio è l’amore: in prima pagina, sul quinto anniversario di Benedetto XVI un fondo del cardinale Francis Eugene George, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America.

    Un nuovo modo di comunicare la disabilità: nell’informazione internazionale, un articolo di Paolo Conte, presidente nazionale di Handiamo, dal titolo “Una parte del mondo”.

    La ristampa anastatica e la prima traduzione italiana del “De Europa” di Enea Silvio Piccolomini: in cultura, la prefazione del presidente Giorgio Napolitano al volume (dono a Benedetto XVI nel quinto anniversario dell’elezione) e i saggi dell’ambasciatore Antonio Zanardi Landi e dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi.

    “Quando incontrai Sant’Ambrogio in Segreteria di Stato”: la prolusione del cardinale Giovanni Coppa, che ha ricevuto il titolo di accademico di studi ambrosiani.

    L’uomo al centro della rete: Gianluca Comin su fede, web e informazione.

    I vescovi degli Stati Uniti per il disarmo nucleare: nell’informazione religiosa, il nuovo appello ai rappresentanti del Senato per la ratifica del trattato Start.

    Nell’informazione vaticana, Mario Ponzi intervista mons. George Biguzzi, vescovo missionario della Sierra Leone.

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    Oggi in Primo Piano



    Il dibattito etico sulla "donazione samaritana" degli organi, offerti in vita non a consanguinei ma a sconosciuti

    ◊   Gli esperti di bioetica dell’Università Cattolica di Milano hanno criticato in una nota il parere positivo offerto in Italia dal Comitato nazionale di bioetica ai cosiddetti “donatori samaritani”. Si tratta di persone che decidono di donare i propri organi a degli sconosciuti, cui non sono dunque legati da vincoli affettivi o di parentela. Questa impostazione, scrive il Centro di Ateneo di Bioetica della Cattolica, oltre a snaturare il concetto di dono sembra avallare l’idea che il corpo “sia un semplice composto di parti” e non “l’espressione dell’identità personale”. Emanuela Campanile ne ha parlato con il prof. Francesco D’Agostino, docente di Filosofia del diritto all’Università romana di Tor Vergata:

    R. – Si tratta di quella donazione in cui il donatore non dona ad un consanguineo, al coniuge o ad un amico, ma fa una donazione alla cieca: il suo rene potrà andare a chicchessia. Ecco perché si parla di donazione "samaritana", perché nella parabola il Buon samaritano ignora l’identità della vittima dei briganti, che lui generosamente salva e di cui si prende cura. Qui parliamo di introdurre una nuova pratica sociale o addirittura di rimodellare una legge vigente. Quindi, il problema non è più semplicemente etico, bioetico, ma diventa un problema bio-giuridico. Quando riflettiamo sulla donazione samaritana in chiave bio-giuridica, dobbiamo essere molto consapevoli che entriamo in un campo minato: quello del commercio clandestino di organi, che vengono venduti e comprati sotto la maschera di una donazione samaritana.

     
    D. – Quindi, c’è il rischio che sia un cavallo di Troia per introdurre la vendita?

     
    R. – Di favorire commercializzazioni illecite di organi. Poi, però, c’è anche un altro problema, che è quello della verifica giuridica dell’autenticità della donazione samaritana, perché se il diritto dà un’autorizzazione, la deve dare a ragion veduta, cioè dopo aver verificato la sussistenza dei presupposti che giustificano l’autorizzazione. Nel nostro caso, il presupposto è l’assoluta gratuità samaritana di questa donazione e l’assenza di un commercio illecito.

     
    Al prof. Francesco Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica del Policlinico Gemelli di Roma, Emanuela Campanile ha domandato in quale modo vengano allora definiti i criteri per la scelta dei beneficiari di questo tipo di donazione:

    R. – Effettivamente, in questo caso, ci troveremmo di fronte alla necessità di stabilire dei criteri di priorità. Innanzitutto, il criterio di priorità dovrebbe essere quello della compatibilità. Sostanzialmente, l’idea del donatore samaritano in realtà non è l’idea di donare il sangue o donare il midollo osseo, nel senso che, donandolo, poi il sangue viene immagazzinato, viene conservato per quando serve. In realtà, un primo approccio è quello della tipizzazione del soggetto, di chi si offre per donare un rene: viene identificato qual è il suo gruppo sanguigno e tutte le caratteristiche necessarie per classificare dal punto di vista istologico un organo e poi questo entra in una banca. Quindi, ancora non viene rimosso il rene o l’organo.

     
    D. – Quindi, è una specie di schedatura...

     
    R. – Una sorta di schedatura nella quale uno comincia con il dare la propria disponibilità e rimane in questa banca. E’ chiaro quindi che il primo elemento di priorità sia legato alla compatibilità.

     
    D. – Secondo lei, c’è bisogno, per quanto riguarda le campagne di sensibilizzazione sulla donazione degli organi, della figura del samaritano, del donatore samaritano?

     
    R. – Questa dovrebbe essere riservata soltanto a situazioni eccezionali. Forse sul piano metodologico sarebbe più opportuno utilizzare i mezzi “normali”, quindi la donazione dopo la morte: il concetto del dono che diventa attuale e diventa tale nel momento in cui il soggetto è morto, proprio perché l’aspetto del donatore vivente dovrebbe rimanere in quel quadro di eccezionalità di cui abbiamo detto. E’ chiaro che non ci possiamo muovere soltanto con la paura che la cosa possa essere utilizzata male, però certamente dal punto di vista pedagogico-sociale è importante insistere invece su quella donazione, che può essere richiesta quasi come una doverosità morale a tutti. (Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    Il caso del feto rimasto in vita per 24 ore dopo l'aborto terapeutico. Mons. Sgreccia: se nato vivo, gli si deve assistenza al di là dei limiti di legge

    ◊   Il caso del feto di 22 settimane rimasto in vita per 24 ore dopo un aborto terapeutico praticato in un ospedale calabrese e poi deceduto per mancanza di ossigeno sta scuotendo l’opinione pubblica italiana. Medici e infermieri coinvolti nell’interruzione di gravidanza hanno ricevuto un avviso di garanzia: la Procura della Repubblica di Rossano indaga per capire se siano state violate le disposizioni della legge 194. La Curia vescovile ha parlato di “arbitraria superficialità dei sanitari nell’omettere qualsiasi tipo di cura e rianimazione del bambino”. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Trecento grammi appena e un cuore che doveva morire e invece non ha voluto smettere di battere. Almeno per un altro giorno, finché ha dovuto arrendersi. Ora si è spento per sempre, ma la storia del piccolo feto mai diventato bambino ha avuto un iter di una drammaticità inusuale perfino per le stanze abituate agli aborti terapeutici. I fatti: lo scorso sabato mattina, una donna si presenta all’ospedale “Nicola Giannattasio” di Rossano Calabro, in provincia di Cosenza. Ha deciso di interrompere la sua prima gravidanza alla 22.ma settimana: l’ultima ecografia ha evidenziato due malformazioni al palato e al labbro del figlio che porta in grembo. I medici del reparto di Ostetricia dell’ospedale le praticano l’aborto terapeutico e depositano il feto espulso, avvolto in un lenzuolo, dentro un contenitore, in attesa che muoia. Ma il piccolo esserino non si spegne, continua a respirare anche se non ce la fa da solo, avrebbe bisogno di un aiuto che la legge non ha previsto per la sua età e che dunque non gli viene concesso anche perché nessuno è tenuto a verificare. Ma nelle ore successive, qualcuno si accorge dei timidi movimenti nel contenitore. Si reca dal cappellano dell’ospedale e nel segreto della confessione gli racconta ciò che ha visto. Ma è già domenica mattina quando don Antonio Martello verifica di persona: una terribile scena di solitudine, a 24 ore ormai dall’aborto, che più tardi si consuma con l’ultimo sussulto vitale del feto. Sulla vicenda ora indagano gli inquirenti calabresi per stabilire chi aveva il compito di verificare il decesso e se si sia configurato un caso di abbandono terapeutico. Emanuela Campanile ha raccolto il commento del vescovo Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, che riflette sui limiti di una legge che assicura l’intubazione e la ventilazione solo a feti vitali di 23 e 24 settimane:

     
    "Il medico non deve guardare la data deve guardare il fatto. Quindi, se un feto viene abortito, volontariamente o accidentalmente, e lo si trova vivo anche se ai limiti della sopravvivenza, ai limiti cronologici, e però si è di fronte a un feto che, o perché vigoroso o perché non calcolate bene le date, di fatto viene fuori vivo, si è obbligati a farlo vivere. Questo venga chiarito per legge, o addirittura venga anticipata la data della vitalità. Quindi, ha fatto bene il vescovo a richiamare la massima attenzione e vigilanza, perché quello che vale di fronte alla vita umana - di fronte alla coscienza, di fronte a Dio - è uno che nasce e addirittura è già fuori dell’utero materno e si dimostra di essere vitale, deve avere tutto il soccorso per essere accompagnato".

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    A Malaga il Congresso europeo sulle migrazioni promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa

    ◊   Si apre nel pomeriggio a Malaga, in Spagna, l’ottavo Congresso europeo sulle migrazioni promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), che si protrarrà fino al prossimo primo maggio. Il tema scelto per l’incontro di quest’anno è "L’Europa delle persone in movimento. Superare le paure. Disegnare prospettive”. L’obiettivo è di approfondire il fenomeno migratorio alla luce delle sue ricadute su famiglia, parrocchia e società. Il Congresso è stato presentato stamani a Madrid. Sui temi emersi durante la conferenza stampa nella capitale spagnola, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Duarte Acunha, segretario generale del Ccee:

    R. - E' stato sottolineato il fatto che il Congresso e l'impegno della Chiesa sull’immigrazione vedono nei migranti il valore e la dignità delle persone, sia quando si parla della politica sia della pastorale. In qualunque caso, si deve avere come punto di partenza la persona, non soltanto il fenomeno generale delle migrazioni. Un secondo aspetto emerso è che la missione di accoglienza della Chiesa si deve fondare sulla comprensione delle differenze culturali per valorizzare tali diversità.

     
    D. – E' stato rimarcato che i cristiani hanno la responsabilità di sostenere i migranti e di diffondere il messaggio evangelico dell’accoglienza anche in politica e in economia. Come tradurre questa responsabilità in Europa, ancora segnata da pregiudizi e discriminazioni?

     
    R. - Gli immigrati sono di solito accolti, anche se ci sono tanti problemi. C’è tutta una sfida ancora da affrontare per l’Europa. Una sfida che la Chiesa con la sua parola, ma forse anche con le sue strutture, con la parrocchia, cerca di far capire. Cerca di far capire che gli immigrati sono persone e quindi devono essere riconosciute come tali e accolte. Però accoglienza vuol dire anche capire quanto sia possibile, in una cornice di giustizia, accogliere i migranti. C'è quindi tutto un rapporto che richiama alla ragionevolezza politica. Questo non è compito della Chiesa, anche se la Chiesa deve ricordare i grandi principi a fondamento della politica.

     
    D. – Quindi far capire che i veri centri di accoglienza sono anche la famiglia, la parrocchia, la società?

     
    R. – E’ questa la realtà sociale. I Centri di accoglienza non possono essere soltanto piccoli ghetti. Si deve promuovere l’unità familiare, la possibilità delle famiglie di riunirsi. Il problema degli immigrati molto spesso è che le famiglie devono essere divise, perché non possono immigrare ambedue i genitori o perchè i figli restano nel Paese d'origine. C’è allora l'esigenza di accogliere la famiglia anche quando si tratta della celebrazione della fede, del modo specifico di pregare. L’amore è la forza capace di unire e di portare avanti il fenomeno migratorio con giustizia. L’amore familiare è capace di ricostruire la società.

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    A Roma, il Seminario di formazione per i portavoce della Chiesa: superare con professionalità e dialogo i pregiudizi mediatici che colpiscono la sfera religiosa

    ◊   È possibile oggi mostrare in modo convincente e positivo la bellezza della scelta cristiana? Ed è possibile, per chi lavora in un ufficio di comunicazione della Chiesa, promuovere con coerenza il messaggio cristiano? A queste e ad altre domande risponde il settimo Seminario professionale per i portavoce della Chiesa, in corso a Roma fino a domani, sul tema “Comunicazione della Chiesa: identità e dialogo”. Ma quali sono, oggi, le difficoltà maggiori che incontra un portavoce della Chiesa? Isabella Piro lo ha chiesto a Jozef Kovácik, responsabile della comunicazione per la Conferenza episcopale slovacca:

    R. – Io credo che la maggior parte sia basata sui pregiudizi. Bisogna edificare tutto il lavoro di un portavoce della Chiesa su una base umana, quindi, incontrare molto spesso i giornalisti, non solo quando c’è un tema "caldo", che magari è anche negativo per la Chiesa, ma incontrarli molto spesso nell’ambito dove lavorano, dove si muovono, parlare con loro, per togliere quei pregiudizi che hanno nei confronti della Chiesa. Si può parlare poi dei temi che per la Chiesa sono molto importanti e sui quali magari i giornalisti non sono preparati, perché manca la formazione professionale e mai hanno sentito il linguaggio teologico. Quindi, avere la pazienza di spiegare le cose importanti per la Chiesa che, secondo noi, è interessante e importante che la gente sappia.

     
    D. – Se guardiamo al Pontificato di Benedetto XVI, c’è l’impressione che i mass media abbiano una visione particolare di questo Papa?

     
    R. – Secondo me, non è soltanto il Papa, ma è ognuna delle istituzioni che ha un credito morale ed è trattata dai mass media oggi come un nemico. Quindi, anche il Papa viene ogni volta trattato con questo sguardo, come se ci fosse qualcuno che vuole toglierci la nostra libertà. Meno male, però, che questo Papa ha umiltà e pazienza nello spiegare che quello che la Chiesa offre alla gente è la via della libertà, è la via del rispetto umano. Secondo me, bisogna tener conto della superficialità dei giornalisti, che magari risentono della pressione dei tempi e dell’informazione e vogliono quindi essere i primi, vogliono scrivere tutto in poche righe. E’ una cosa, dunque, che dobbiamo affrontare e non dobbiamo averne paura. D’altra parte, però, dobbiamo anche pazientemente spiegare che quello che fa il Papa è molto importante, non solo per la Chiesa, ma per la società come tale.

     
    D. – Come informare in modo approfondito, senza restare indietro nei tempi...

     
    R. – E’ difficile, ma prima di tutto vuol dire dialogare, cioè avere il tempo per i giornalisti. Quindi, pazientemente spiegare, stare con loro. Sembra una cosa impossibile in questi tempi, perché il giornalismo è cambiato radicalmente negli ultimi anni. Per noi, però, è un’opportunità. Non ci dobbiamo spaventare, ma cercare con la professionalità e la pazienza di portare questa informazione ai giornalisti. C’è poi anche la pressione di coloro che sono i proprietari di questi mass media e che a volte sono contro la Chiesa. Vale comunque molto poi il rapporto umano con il giornalista, che magari cercherà di parlare di quello che la Chiesa reputa necessario.

     
    D. – Il messaggio della Chiesa è universale, poi però ci sono i problemi legati alle Chiese locali. Come mettere d’accordo la comunicazione su questi due fronti?

     
    R. – Io provengo dalla Slovacchia, quindi un Paese piccolo di cinque milioni di abitanti. Lì si riscontra un grande problema: i giornalisti slovacchi, se si tratta di informazione dal mondo, quasi sempre la prendono dalle agenzie estere. Quindi, per noi è importante dare sempre qualche esempio locale per poter capire questa realtà universale. Credo, dunque, che questo ponte che crea il portavoce, che crea l’ufficio stampa, sia proprio quello di cercare di applicare le norme universali alla vita delle persone che vivono nel proprio Paese. Non dobbiamo vedere il cristiano staccato dalla società, ma anzi dobbiamo vederlo e raccontarlo come parte della società, una parte molto attiva. Diventa così una cosa positiva e non negativa.

     
    D. – Quindi, questo Convegno può fare qualcosa, può rinnovare il messaggio della Chiesa?

     
    R. – Credo di sì, perché è molto importante per scambiare le nostre esperienze e per avere il senso di quello che vive la Chiesa, magari in un altro continente. Questa esperienza può essere molto importante anche per i Paesi che magari non tocca, ma l’esperienza della Chiesa come tale può contribuire alla Chiesa particolare in ogni Paese.

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    I giovani amano il volontariato: il dato emerge dal Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso a San Benedetto del Tronto

    ◊   Il volontariato è vivo più che mai. All’annuale convegno nazionale delle Caritas diocesane, in corso a San Benedetto del Tronto è stata presentata una ricerca che riguarda l’impegno dei giovani a favore di chi è più in difficoltà. Oltre l’11% di chi fa volontariato ha 18-19 anni e l’8,2% addirittura è compreso tra i 14 e i 17 anni. Ieri pomeriggio, nella sua prolusione d’apertura monsignor Giuseppe Merisi, presidente della Caritas, ha messo in luce la necessità di rilanciare una vera “pedagogia dei fatti”. Il servizio dell'inviato, Alessandro Guarasci:

    Sono oltre quattro milioni e mezzo gli italiani che fanno volontariato e nel 2009 sono sensibilmente cresciuti i giovani che svolgono questa attività. Molti di loro passano attraverso i campi scuola e i gruppi scout, ma anche le parrocchie svolgono un ruolo importante. In sostanza, i gruppi parrocchiali fanno maturare la consapevolezza che le relazioni possono svilupparsi in modo positivo se fondate sulla solidarietà reciproca. E poi c’è la scuola, che costituisce sempre un importante bacino a cui attingere. Dunque, la Caritas fa notare che si fa sempre più strada “una domanda di volontariato laica, multicanale e multiculturale”. Ieri pomeriggio, i lavori sono stati aperti dal presidente della Caritas Italiana, mons. Giuseppe Merisi, che ha annunciato per metà giugno, a Trapani, un incontro con tutte le Caritas del Mediterraneo sul tema dell’immigrazione. Mons. Merisi ha poi parlato di una “pedagogia dei fatti”. Dunque, non solo un’affermazione dei valori, ma un'esperienza concreta attraverso una relazione accogliente che suscita interesse, passione, coinvolgimento:

     
    R. – Impegno educativo, iniziativa coordinata con le altre realtà ecclesiali con un rapporto di rispetto, ma anche di coscienza critica nei confronti delle istituzioni della società civile. La nostra presenza, che rispetta le distinte competenze della società civile, svolge un ruolo importante per sensibilizzare, per orientare, per aiutare a distinguere il giusto dal meno giusto e invitare la gente a partecipare. Mettersi a disposizione: L’Aquila, il terremoto, le emergenze sono dimostrazione di questo impegno che riconosce la presenza delle istituzioni ma offre un elemento di riflessione e di orientamento, oltre ad aggregare gente che vuol servire con gratuità di servizio il cammino di tutta la società.

     
    D. – L’immigrazione rimane sempre al centro dei pensieri della Caritas: per questo avete pensato ad un grande incontro in Sicilia, a giugno?

     
    R. – Sì. Si vorrebbe avere un incontro. Io credo che si posano invitare, mi auguro che siano presenti, anche autorità italiane, autorità della Comunità europea, dell’Unione Europea, in modo da sentire, ascoltare, prendere atto delle esperienze: vedere cosa si può fare anche a partire dall’indicazione del Papa a Malta, quando parlando delle difficoltà dell’Isola di Malta ad accogliere persone, invocava appunto il dialogo, la cooperazione con le istanze internazionali che poi, anzitutto, sono quelle dell’Europa.

     
    D. – E’ sempre forte la vostra attenzione verso le famiglie e la crisi?

     
    R. – Si diceva di tanti fondi di solidarietà, promossi dalla diocesi: dal “prestito della speranza”, promosso dalla Cei, alle tante iniziative di microcredito, alle altre realtà di cui ogni Caritas-diocesi si è fatta carico. Speriamo di avere qualche utile contributo anche nell’intervento del presidente delle Acli, che si è soffermato anche su questo tema della famiglia nel recente incontro nazionale di Milano.

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    Chiesa e Società



    India: in Punjab i cristiani protestano per la morte di un giovane. La polizia carica la folla

    ◊   Centinaia di cristiani hanno indetto una manifestazione ingaggiando un duro scontro con la polizia per la morte di Adil Masih, un ragazzo di 13 anni ammazzato durante un regolamento di conti tra due bande rivali di musulmani. L’omicidio, riferisce Assist News Service (Ans), è avvenuto il 23 aprile scorso a Dullay, villaggio della città di Gujranwala, nella provincia pakistana del Punjab. Il giovane cristiano è stato colpito a morte da una pallottola vagante. La notizia del decesso si è diffusa fra i cristiani, che ieri hanno protestato in una delle vie principali del villaggio. I manifestanti hanno bloccato la circolazione viaria e ferroviaria, chiedendo giustizia per l’assassinio. La folla ha intonato slogan contro il governo, pur garantendo la natura pacifica alle dimostrazioni. Tuttavia, l’intervento della polizia ha esacerbato gli animi. Gli agenti hanno esploso in aria colpi di pistola, lanciato gas lacrimogeni in mezzo alla folla e picchiato i manifestanti con i bastoni d’ordinanza. Il bilancio finale del raid dei reparti di sicurezza è di cinque feriti, fra cui due giornalisti. Testimoni oculari interpellati da Ans - riporta l'agenzia AsiaNews - confermano che i colpi esplosi dagli agenti “hanno esasperato gli animi dei manifestanti”. La folla ha iniziato a lanciare pietre e mattoni contro le auto e i negozi. “Alcune donne – racconta una fonte – hanno perso i sensi a causa dei fumi sprigionati dai gas lacrimogeni”. Durante gli scontri, durati almeno tre ore, sono rimasti contusi anche alcuni poliziotti. Un alto funzionario della polizia ha assicurato che “ai cristiani verrà garantita giustizia” e presto gli assassini di Adil Masih “saranno catturati, processati e condannati”. Le violenze o gli incidenti sospetti contro i cristiani in Pakistan e le loro proprietà non si fermano. Il 25 aprile ha preso fuoco in “circostanze misteriose” un ostello per ragazze di Murree, cittadina collinare del Punjab. Lo denuncia il Pakistan Christian Post, secondo cui al momento del rogo vi erano all’interno della struttura almeno 100 ragazze. Pare tuttavia che non vi siano morti né feriti, perché tutte le giovani sono riuscite a fuggire. L’edificio si trova all’interno del complesso che ospita la St. Deny’s Girls High School. È la seconda volta che la struttura prende fuoco in circostanze “sospette”. Il 4 novembre scorso la scuola, di proprietà della Church of Pakistan, legata alla diocesi di Lahore, aveva subito danni ingenti per un incendio, le cui cause non sono mai state chiarite. (R.P.)

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    Sri Lanka: per la Chiesa la strada della riconciliazione nel Paese è ancora lunga

    ◊   “Le recenti elezioni, considerate da molti come un punto di svolta per la nazione, dopo 30 anni di guerra, hanno lasciato il Paese ancora irrimediabilmente diviso su base etnica. Urge un processo di profonda riconciliazione che dovrà puntare a ricostruire la fiducia reciproca fra le comunità singalese e tamil”: è quanto dice all’agenzia Fides padre Oswald Firth, assistente generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata in Sri Lanka. La situazione dello Sri Lanka è nota: vi sono 14 milioni di singalesi e 4 milioni di tamil, residenti perlopiù nelle aree del nord e dell’est del Paese. Negli anni della guerra fra esercito regolare e gruppi ribelli tamil, gli sforzi dei leader moderati e non violenti, da un lato e dall’altro, sono falliti. E, una volta sconfitta dai militari la guerriglia, “le elezioni presidenziali non hanno dato una riposta e una soluzione alle legittime richieste dei tamil”, nota il missionario. “Anzi, il messaggio che è stato consegnato loro dalla politica è: una guerra senza testimoni”, che ha significato grandi atrocità. “Nella primavera 2009 – nota padre Oswald – oltre 350mila civili innocenti sono stati forzatamente ammassati in una ‘no war zone’, dove almeno 20mila di loro sono morti di stenti. Quanti hanno cercato di fuggire sono stati trattati come prigionieri e custoditi in campi profughi dove sono rimasti fino a dicembre 2009. Nei campi è stata negata loro perfino l’assistenza medica. Questo trattamento disumano è ancora molto vivo nella mente del popolo tamil”. Per questo, spiega il missionario, “la via della riconciliazione sarà lunga e difficile. Si tratta di sanare profonde ferite. E se questo potrà avvenire, avverrà per uno sforzo di entrambi i popoli. C’è stata poi la politica che ha cavalcato e seminato divisioni per motivi elettorali”. La comunità cattolica ha svolto, tramite piccoli gruppi di religiose singalesi e tamil, un “ministero di presenza e di servizio” in quei campi profughi, mostrando vicinanza e aiuto alle famiglie tamil. E i missionari Oblati, da 150 anni in Sri Lanka, “continuano nell’opera di ricostruire le relazioni e i ponti distrutti dalla guerra, promuovendo esperienze di dialogo e armonia fra le due comunità”, conclude. (R.P.)

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    Taiwan: la Conferenza episcopale regionale chiede l’abolizione della pena di morte

    ◊   Sensibilizzare circa la dignità e la sacralità della vita umana per mantenere l’armonia sociale e la cultura del perdono: questa è la motivazione che ha spinto la Conferenza episcopale regionale di Taiwan a lanciare una dichiarazione scritta per chiedere l’abolizione della pena di morte, e, prima di realizzare l’abolizione totale, ci sia almeno una sospensione totale delle esecuzioni. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, nella dichiarazione rivolta alle autorità e a tutti gli enti civili, si legge che la pena di morte “non è assolutamente la soluzione per eliminare la criminalità”. L’aumento della criminalità nelle sue espressioni più gravi, nella odierna società di Taiwan, “è dovuto alla mancanza di sensibilità e di riflessione sulla vita umana: soprattutto la famiglia non ha saputo aiutare i figli a conoscere il senso della vita”. Inoltre si afferma che è “l’autorità che deve rendere giustizia e difendere la dignità della vita umana”. Quindi la Chiesa invita a “migliorare la formazione offerta dalla famiglia e l’assistenza sociale, per prevenire la criminalità”, permettendo così a Taiwan di diventare l’esempio dell’Asia. La Chiesa cattolica di Taiwan è unita con la comunità buddista e cristiana per promuovere l’abolizione della pena di morte. Il vescovo emerito della diocesi di Kao Hiung, il cardinale Paul Shan, ha lanciato anche un appello attraverso i mass media su questo tema. (R.P.)

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    Cambogia: continuano ad aumentare i casi di malaria

    ◊   Il numero dei casi di malaria registrati in Cambogia continua ad aumentare in modo significativo. In una nota del National Center for Parasitology, Entomology and Malaria Control, pervenuta all’agenzia Fides, si legge che lo scorso anno si è avuto il 41% di aumenti dei casi. Il Paese, divenuto epicentro della malattia, ha registrato 83.217 contagi nel 2009, contro i 58.887 dell’anno precedente. Il mosquito vettore della malaria ha ucciso 279 persone nel 2009 contro le 209 del 2008. Hanno contribuito alla diffusione della malattia molteplici fattori, inclusa la stagione delle piogge che è stata anticipata ed è inusuale, la tardiva distribuzione delle zanzariere trattate, e la migrazione interna verso zone colpite dalla malaria. Dal 2004 il governo ha attivato agenti sanitari in 1300 villaggi, per individuare e trattare i casi di malaria, facendo sì che la malattia fosse diagnosticata tempestivamente e molti dei pazienti di conseguenza venissero curati prima rispetto a quanto accadeva negli anni passati. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le popolazioni maggiormente colpite sono quelle che lavorano nella foresta, oltre ai soldati con le loro famiglie, agli agricoltori e perfino ai lavoratori impegnati negli stabilimenti idroelettrici nella zona occidentale del paese. La Cambogia negli ultimi anni è diventato uno dei punti focali di diffusione della malaria nel mondo, dopo che le autorità sanitarie hanno individuato, lungo i confini occidentali del Paese con la Thailandia, una striscia della malattia resistente all’Artemisinina, uno dei farmaci più efficaci nel trattamento della malaria. Rispetto a Vietnam o Thailandia, i casi sono ancora tanti. L’obiettivo è quello di sradicare la malattia entro il 2025, il governo e le Ong continuano il loro lavoro di formazione degli operatori sanitari nei villaggi e per la raccolta dati dei pazienti colpiti dalla malaria. (R.P.)

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    Arizona: appello interreligioso per la revisione della legge “anti-immigrati”

    ◊   I leader cattolici, presbiteriani, episcopaliani, luterani, metodisti ed ebrei dello stato americano dell’Arizona hanno unito le loro voci in un appello interreligioso per la revisione della nuova legge “anti-immigrati” firmata venerdì dalla governatrice repubblicana Jan Brewer, che ha dato vita ad un vasto movimento della società civile. I firmatari, riferisce ‘L’Osservatore Romano’, si dicono “consapevoli che questa legge non contribuisce a risolvere il problema della criminalità lungo i confini dello Stato, ma demonizza chiunque venga guardato con sospetto, in quanto privo di documenti regolari, portando inevitabilmente con sé dei profili razziali”. La legge conferisce tra l’altro pieni poteri alla polizia di fermare, interrogare e arrestare persone, anche sulla base di un semplice sospetto. In particolare, aggiunge il quotidiano della Santa Sede, il cardinale arcivescovo di Los Angeles, Roger Michael Mahony, diversi vescovi, considera il provvedimento “inutile e meschino”. I presuli statunitensi hanno auspicato che qualsiasi riforma in materia d'immigrazione tenga conto del rispetto della dignità delle persone. L’opinione pubblica americana, “incluse le comunità cattoliche e le altre comunità religiose” auspica una soluzione umana e comprensiva “per i problemi connessi al sistema immigratorio” statunitense. (A.L.)

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    Preoccupazione dell'Osservatore Romano per “la nuova superbomba americana"

    ◊   “La nuova superbomba americana” - intitola L’Osservatore Romano – è “un'arma in grado di colpire entro un'ora qualsiasi bersaglio sulla faccia del pianeta”. È l’annuncio fatto dagli Stati Uniti a pochi giorni dalla cerimonia a Praga dalla firma del nuovo trattato Start tra la Federazione Russa e gli Usa. È evidente la contraddizione – fa notare dal canto suo l’agenzia Zenit – alla base di questa decisione, presa proprio dal presidente Obama, premio Nobel per la pace nel 2009 e in favore di un mondo libero dalla minaccia atomica. “Sarà lanciata con un missile Minuteman, in grado di volare sopra i 115 chilometri di altitudine, che al momento opportuno sgancerà un aliante dotato di sofisticatissimi strumenti, i quali, dialogando con appositi satelliti, forniranno infallibili dati sulle manovre di avvicinamento al bersaglio”. Giungono preoccupazioni anche dalla Russia, dove ci si pone l’interrogativo se non si tratti dell’“inizio di un attacco nucleare”. La disposizione sembra una conseguenza del clima di apertura e fiducia che si respira tra Washington e Mosca o “della nuova vicinanza che la crisi economica globale ha imposto tra Stati Uniti e Cina”. I test della nuova arma cominceranno nel 2014, mentre entro il 2017 potrebbe entrare nell'arsenale statunitense. (C.F.)

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    Vescovi tedeschi: dopo i casi di abusi sessuali "recuperare la fiducia della gente"

    ◊   I vescovi tedeschi si sono incontrati ieri a Würzburg per discutere sulle questioni degli abusi sessuali in ambienti ecclesiastici. In un comunicato stampa diffuso al termine dell’incontro, si legge che “mons. Ackermann, incaricato per le questioni degli abusi sessuali, ha fornito informazioni circa i provvedimenti per migliorare i chiarimenti circa i casi presenti e passati e ha presentato le esperienze finora raccolte con il numero verde”. In una prima seduta, - riferisce l'agenzia Sir - i vescovi hanno elaborato una bozza di versione revisionata delle direttive, in cui si precisa il rapporto con le autorità e si privilegia la prospettiva delle vittime e la prevenzione. La nuova versione, dopo essere stata elaborata “con il supporto di esperti della Chiesa ed esterni”, verrà presentata in estate. Nel comunicato si ringraziano “tutti coloro che nelle ultime settimane hanno contribuito a chiarire i crimini che hanno arrecato grande sofferenza a molti bambini e giovani, anche molto tempo fa”. “Sentiamo che la Chiesa ha perso fiducia della gente. Nelle prossime settimane, i vescovi tedeschi si occuperanno in particolare di come recuperarla”, conclude il documento.

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    Sugli abusi, i vescovi cechi invitano a "non confondere la colpa individuale con quella collettiva"

    ◊   In un comunicato stampa diffuso ieri sera, la Conferenza episcopale ceca ha illustrato la propria posizione nei confronti delle critiche dei media verso Benedetto XVI. “Negli ultimi giorni sono aumentati gli attacchi al Santo Padre in relazione ai casi di sacerdoti che hanno commesso il disgustoso peccato dell'abuso nei confronti di bambini e adolescenti. Come il Papa, esecriamo assolutamente tali peccati", ribadiscono i vescovi unendosi "alle scuse del Santo Padre" verso le vittime. "Allo stesso tempo dobbiamo opporci a coloro che sfruttano questi dolorosi casi per vantaggi personali e per attaccare la Chiesa e i suoi rappresentanti. Nessuna istituzione nel mondo ha fatto tanto nella lotta contro il peccato e per la protezione degli innocenti, quanto la Chiesa cattolica. Rifiutiamo la confusione tra colpa individuale e colpa collettiva. La costante ripetizione dei media di casi passati ha creato un'atmosfera di rabbia e di disprezzo verso l'intero status di sacerdoti e cattolici fedeli, divenuti vittime innocenti della campagna priva di scrupoli che ha creato la fobia anti-cattolica”. I vescovi hanno infine rivolto un appello a chi ha a cuore il bene dei più piccoli di “unire le forze insieme con gli sforzi del Papa per proteggere i diritti dei bambini”. (R.P.)

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    Lettera del cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa sulla situazione della Chiesa in Cile

    ◊   “In Cile la notizia degli abusi ha scioccato la comunità ecclesiale e civile. Vi scrivo per conoscere la vostra opinione e le azioni della nostra arcidiocesi a riguardo di eventi di tale natura che vanno valutati con chiarezza, senza manipolazioni e giudicati nella giustizia e nella carità. È più che mai urgente e doveroso verificare a fondo i fatti segnalati prima di formulare gravissime accuse. Fino a prova contraria si tratta di salvaguardare un diritto inoppugnabile dell'imputato: la presunzione di innocenza”. Lo sottolinea il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo di Santiago de Chile nella lettera, dal titolo “Nella preghiera, la giustizia e la carità” inviata ai presuli, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici della Chiesa cilena. Il porporato – rende noto l’Osservatore Romano - ricorda la recente dichiarazione della Conferenza episcopale, rilasciata al termine della novantanovesima assemblea plenaria: “I vescovi hanno meditato in questi giorni sul modo in cui, come pastori e come Chiesa siano stati affrontati i casi di abusi segnalati nel nostro Paese. Nell'incontro ci siamo interrogati sulla sollecitudine nell'applicazione delle norme canoniche e dei provvedimenti conseguenti nei confronti di chi si macchia di quei delitti”. L'arcivescovo, rivolgendo paterna vicinanza e rispetto per le vittime di violenze, è chiaro nel sottolineare che la pubblicità mediatica, non di rado enfatica, su questa realtà sta “causando profonde ferite e affievolendo il rispetto, l'amore e sostegno ai sacerdoti e alla Chiesa”. “Le passioni, la confusione e la diffidenza — sottolinea il cardinale — sono terreno fertile per il principe della disunione, dell'odio e della menzogna. Anche in questo momento difficile, occorre conservare la serenità, la pace e il discernimento interiore”. Il porporato ricorda infine con gratitudine la lettera di Benedetto XVI alla Chiesa d'Irlanda e le sue paterne e commosse manifestazioni di vicinanza alle vittime. (A.L.)

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    Congo: anche i vescovi del Paese solidali con Benedetto XVI

    ◊   Anche i vescovi del Congo esprimono il loro sostegno a Benedetto XVI “per il modo in cui la Chiesa affronta coraggiosamente il problema degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni esponenti del clero”. È quanto si legge in un messaggio diffuso al termine della recente assemblea plenaria della la Conferenza episcopale congolese a Brazzaville. Nel testo, pubblicato dal periodico cattolico locale “La semaine Africane”, i vescovi congolesi si dicono solidali con il Santo Padre, respingendo “tutti gli attacchi rivolti dai media e da altre persone in malafede” al Pontefice. Il tema centrale della plenaria è stato “La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa del Congo”. In un comunicato ripreso dall’agenzia Apic, la Conferenza episcopale si felicita per il rinnovato dinamismo dei cattolici congolesi quale emerge da un’inchiesta interdiocesana sull’apostolato dei laici in Congo. “Questo dinamismo si vede nella collaborazione tra i sacerdoti, religiosi e fedeli laici, nella partecipazione attiva alla vita parrocchiale, nelle nostre comunità ecclesiali viventi e nei movimenti di apostolato laico”, sottolineano i presuli. (L.Z.)

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    Caritas: la crisi alimentare in Niger va affrontata al più presto

    ◊   La crisi alimentare nel Niger e in altre zone del Sahel Occidentale deve essere affrontata urgentemente, prima che la stagione delle piogge renda impossibile la consegna degli aiuti nelle regioni più remote. E' l'avvertimento lanciato dalla Caritas, che sottolinea come "in alcune zone la situazione sia già molto negativa". "Alcune persone mangiano solo piante selvatiche", ha affermato il volontario di Caritas Niger Bruno Sossou dopo una visita ai villaggi più remoti. "Gli aiuti devono arrivare rapidamente. Tra 45 giorni inizierà la stagione delle piogge, e alcune aree verranno tagliate fuori". Come diretta conseguenza della crisi alimentare, la gente sta abbandonando i villaggi per rifugiarsi nelle città o nei Paesi vicini. Molte scuole stanno chiudendo per mancanza di studenti, e i campi non vengono più coltivati. La situazione è particolarmente preoccupante in Niger, ma interessa anche tutto il Sahel Occidentale. Milioni di persone – sottolinea l’agenzia Zenit - sono a rischio a causa della siccità dello scorso anno e degli effetti a lungo termine delle crisi alimentari precedenti. Più di 800.000 bambini sotto i cinque anni in Burkina Faso, Mauritania, Mali, Niger, nord della Nigeria e Ciad hanno bisogno di cure per far fronte a una malnutrizione grave. La Caritas sta per lanciare un progetto che mira ad aiutare quasi 250.000 persone in 327 villaggi. "In una prima fase vogliamo affrontare l'emergenza con aiuti alimentari - ha detto Maliki Oumarou, responsabile delle emergenze di Caritas Niger - ma in seguito vogliamo anche avviare un programma di riabilitazione incoraggiando attività redditizie nelle zone rurali e un miglioramento a lungo termine della sicurezza alimentare". (A.L.)

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    Appello dei vescovi scozzesi agli elettori cattolici per le prossime elezioni

    ◊   In vista delle elezioni politiche in Gran Bretagna il prossimo 6 maggio, la Conferenza episcopale di Scozia esorta i cattolici, in una dichiarazione pre-elettorale, a scegliere i candidati in base a dei criteri e valori imprescindibili: la difesa della vita umana sin dal concepimento, la famiglia e la giustizia. “Come vescovi – si legge nel documento riportato da L’Osservatore Romano – abbiamo il dovere di incoraggiare all’impegno per il processo politico e sociale, indicando candidati più vicini all’antropologia cristiana, che possano tradurla nella vita quotidiana nella prospettiva del bene comune”. Ogni vita ha un suo valore intrinseco”, per cui è necessario opporsi a tutte quelle ideologie di morte, “che in nome dell’aiuto alla persona, vorrebbero invece favorirne la sua uccisione o affrettarne la morte”. Il matrimonio, “fondamento della vita familiare”, va tutelato in nome della famiglia. Concedere invece un riconoscimento legale alle unioni tra persone dello stesso sesso vuol dire - secondo i vescovi di Scozia - non solo ledere i principi del diritto naturale ma anche oscurare la famiglia che rappresenta una realtà consolidata. È poi rilevante – esortano i presuli scozzesi – far garantire la giustizia nelle sue più ampie accezioni: individuale, sociale, istituzionale, materiale, educativo e culturale. “La giustizia deve costituire il principio base anche dell’attività economica che non può prescindere dalla dimensione etica”. (C.F.)

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    Australia: celebrata la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

    ◊   In tutte le diocesi australiane si sono svolte domenica scorsa speciali riunioni di preghiera per il Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, giornata che i fedeli dedicano per invocare Dio affinché susciti nei loro cuori, specialmente in quelli dei giovani, il desiderio di intraprendere il cammino verso la vita religiosa consacrata. Dopo anni di calo del numero delle vocazioni maschili, nel giugno di quest'anno il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, ordinerà sei nuovi sacerdoti, il più alto numero registrato per una singola cerimonia d'ordinazione negli ultimi 30 anni. Due giovani seminaristi ugandesi, che attualmente stanno terminando gli studi in Australia presso il seminario maggiore Good Shepherd a Homebush, saranno inoltre ordinati sacerdoti a Kampala dall'arcivescovo Cyprian Kizito Lwanga. I due seminaristi hanno già espresso il desiderio di ritornare presto a Sydney per continuare a svolgere la loro missione presso alcune parrocchie dell'arcidiocesi dove attualmente svolgono opera di volontariato. In Australia – sottolinea l’Osservatore Romano - è in costante ripresa anche il numero delle vocazioni femminili alla vita consacrata. Secondo Elizabeth Arblaster, collaboratrice presso il centro vocazionale dell'arcidiocesi di Sydney, il numero delle aspiranti a entrare presso ordini religiosi femminili ha avuto una grande ripresa in occasione della Giornata mondiale della gioventù svoltasi in questa città nel luglio del 2008. Sono sempre di più le giovani cattoliche di questo Paese affascinate dall’esempio spirituale di madre Mary McKillop, la prima cattolica australiana che sarà proclamata santa il prossimo 17 ottobre. Dal 16 al 18 aprile si è svolto a Mittagong, nella regione di Southern Highlands, un ritiro spirituale per tredici giovani cattoliche che desideravano approfondire i temi della vita consacrata e confrontarsi per potere arrivare a una scelta fatta con discernimento. Al ritiro hanno partecipato anche alcune religiose di differenti ordini che hanno narrato alle giovani la strada da loro percorsa per arrivare ad una scelta vocazionale matura. Durante l'incontro, gli interventi delle suore si sono concentrati principalmente su tre temi per la scelta d'amore verso Dio: “Discernere la vocazione”, “Il voto di povertà, castità e obbedienza”, “La risposta a Dio: la vita di Maria”. (A.L.)

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    Usa: nuovo sito web dei vescovi per promuovere la Dottrina sociale della Chiesa nei campus universitari

    ◊   Uno strumento per aiutare gli studenti e i cappellani universitari a promuovere nelle università americane la Dottrina Sociale della Chiesa. Questo vuole essere il nuovo sito web della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB) “Transforming Our World: Our Catholic Faith in Action” (“Trasformare il nostro mondo: la nostra fede cattolica in azione”). Il sito, raggiungibile all’indirizzo www.usccb.org/campus, è stato lanciato dal Dipartimento della Giustizia , la Pace e lo Sviluppo umano della stessa USCCB in occasione del decimo anniversario della dichiarazione pastorale dei vescovi americani “Sharing Catholic Social Teaching” (“Condividere l’insegnamento sociale cattolico”). Tra i contenuti proposti figurano i principi fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa, materiale per incontri di riflessione e di preghiera, suggerimenti per interventi concreti, vario materiale multimediale come video e podcast, ma anche varie proposte. L’obiettivo è di fornire uno strumento utile per promuovere in modo più efficace la Dottrina Sociale della Chiesa, in linea con l’invito rivolto da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2010 a rispondere alle grandi sfide del mondo attuale “per costruire un mondo più giusto e fraterno”. Tra queste sfide il Papa, citando la “Caritas in veritate”, ricordava l'uso delle risorse della terra e il rispetto dell'ecologia, la giusta divisione dei beni e il controllo dei meccanismi finanziari, la solidarietà con i Paesi poveri nell'ambito della famiglia umana, la lotta contro la fame nel mondo, la promozione della dignità del lavoro umano, il servizio alla cultura della vita, la costruzione della pace tra i popoli, il dialogo interreligioso, il buon uso dei mezzi di comunicazione sociale. Alla realizzazione del sito hanno collaborato 11 organizzazioni cattoliche, tra cui l’Associazione dei College e delle Università Cattoliche americane, i Catholic Relief Services (l’organizzazione caritativa della Chiesa americana) le Conferenze dei Superiori maggiori e delle superiori maggiori degli Stati Uniti e l’Associazione degli studenti universitari cattolici. (L.Z.)

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    “Maria, prima discepola”: nuova Conferenza telematica della Chiesa australiana

    ◊   “Maria, prima discepola”: è il tema della prossima teleconferenza che metterà in collegamento simultaneo tutta la Chiesa australiana il 18 maggio 2010, convogliando fedeli sparsi in tutte le diocesi. La conferenza avrà come relatore principale il salesiano padre Frank Moloney e prevede naturalmente, un format interattivo a cui si potrà intervenire in tempo reale. Organizzata grazie all’assistenza tecnica del “Broken Bay Insitute”, è la terza del genere, dopo quella realizzata per la chiusura dell’Anno Paolino e quella, del novembre 2009, dedicata a san Luca. Come la Chiesa australiana comunica all'agenzia Fides, l’esperimento compiuto in occasione dell’Anno Paolino ebbe un notevole successo, per questo la Chiesa ha deciso di continuare a esplorare la strada delle “conferenze telematiche” come strumento per unire virtualmente l’intera comunità nazionale e approfondire temi di interesse spirituale e pastorale, grazie a dirette sul web. Il successo ottenuto dalle web conference già organizzate ha dimostrato un vasto interesse per lo stile di questi eventi e per la qualità dell’istruzione impartita. I feedback ricevuti sono stati al 90% positivi e il 95% dei partecipanti ha auspicato un nuovo evento di tal genere. Per questo la Conferenza episcopale australiana ha deciso di sponsorizzare e promuovere nuove conferenze telematiche: sembra che questa modalità di creare una “comunità telematica” potrà diventare uno stile proprio della pastorale e dell’opera di evangelizzazione della Chiesa australiana. L’evento mette a frutto l’idea che i moderni mezzi di comunicazione, se ben utilizzati, possono rappresentare una risorsa e un efficace strumento di evangelizzazione. (R.P.)

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    Università Gregoriana: padre François-Xavier Dumortier nuovo rettore dell'ateneo

    ◊   “In questo momento, in cui viene resa pubblica la mia nomina da parte del Santo Padre a prossimo Rettore accademico della vostra università, desidero dirvi quanto io misuri la fiducia che mi è concessa, e insieme la pesante responsabilità che avrò da portare. Sono in effetti pienamente consapevole dell’importanza della Pontificia Università Gregoriana nella Chiesa e per la Chiesa”: lo scrive nel messaggio inviato a docenti e personale dell’Università dei gesuiti il nuovo rettore, padre François-Xavier Dumortier, che succederà a partire dal prossimo settembre a padre Gianfranco Ghirlanda. Nato il 4 novembre 1948 a Levroux, in Francia, è entrato nella Compagnia di Gesù all’età di 25 anni. Padre François-Xavier Dumortier - rende noto il Sir - ha studiato scienze politiche all’Institut d’Etudes Politiques de Paris e si è laureato anche in diritto all’Università Panthéon-Assas Paris II. Ha quindi studiato filosofia e teologia al Centre Sèvres di Parigi e alla Weston Jesuit School of Theology a Cambridge-Massachusetts. E’ stato ordinato nel 1982 e i voti perpetui nella Compagnia di Gesu li ha espressi nel 1990. Ha insegnato per oltre 20 anni al Centre Sèvres (la facoltà dei Gesuiti a Parigi) di cui attualmente è rettore e all’Institut Catholique de Paris. Ha svolto diversi altri incarichi pastorali e accademici. (A.L.)

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    Condanna dell’arcidiocesi del México contro la nuova legge anti-migranti

    ◊   Scende in campo con un’editoriale il settimanale “Desde la Fe” dell’arcidiocesi del México, guidato dal cardinale Norberto Rivera Carrera, contro la “nuova legge anti-migranti, approvata in Arizona, che consentirà alla polizia di fermare e controllare qualsiasi immigrato, anche solo sulla base di un ragionevole sospetto di presunta clandestinità”. In questo modo – fa notare l’agenzia Misna – si violano i diritti umani e la dignità dei migranti, in particolare quelli messicani, per cui “l’immigrazione è stata una risposta a una situazione di povertà ed emarginazione” già presente nella loro patria. “L’immigrazione e la mobilità umana appartengono ai diritti fondamentali riconosciuti oggi al livello internazionale”. (C.F.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Grecia, debito oltre il 120% del PIL. Si attende un piano internazionale entro i primi di maggio

    ◊   Il debito in Grecia supera il 120% del Prodotto interno lordo (Pil): è quanto emerge dal rapporto annuale della Banca centrale presentato in fine mattinata. Da parte sua, il premier greco, Giorgio Papandreou, parla del periodo "più difficile degli ultimi decenni" e afferma che per risanare l’economia del Paese occorrerà tempo e serenità”. Intanto, dagli ambienti internazionali si fa sapere che le trattative per varare un piano di aiuti termineranno ad inizio maggio, proprio mentre continua a non esserci una linea comune dell’Eurozona. Mentre i capi di Stato e di governo si erano già espressi in favore di un eventuale sostegno, la Germania chiede che gli aiuti siano affiancati da una politica greca di misure severe e immediate. Sulla posizione di Berlino, Giancarlo la Vella ha intervistato l’economista Francesco Carlà:

     
    R. – La Germania, che dovrebbe accollarsi la parte più importante degli aiuti europei per la Grecia, ha una gran paura dell’opinione pubblica, che dagli anni ’30 in poi non vuol sentire parlare di indisciplina finanziaria, dopo i problemi dell’inflazione di quel periodo. Quindi, è molto impopolare parlare di aiuti a Paesi indisciplinati come la Grecia e la Merkel teme questo aspetto.

     
    D. – In che cosa ha sbagliato la Grecia?

     
    R. – La Grecia ha sbagliato nella cosa classica, cioè nel poter pensare di continuare a mettere sotto il tappeto la polvere. Invece, ormai i mercati finanziari globali cercano in continuazione punti deboli dove guadagnare, dove fare soldi. Hanno fatto presto ad individuare la Grecia. Un punto debole, particolarmente debole, perché ha dei ricchi che possono pagare per lei. E’ per questo che ormai i bond greci rendono il 9 per cento: perché l’idea degli speculatori è che prima o poi, in qualche modo, per evitare problemi all’euro, la Germania, la Francia e naturalmente anche il Fondo monetario internazionale dovranno intervenire.

     
    D. – Questa non potrebbe essere l’occasione per prevedere, soprattutto a livello europeo, un piano di soccorso finanziario che valga un po’ in tutte le situazioni, non solo per il caso specifico della Grecia?

     
    R. – Il problema vero è questo: quando si mescolano questioni politiche con questioni economiche, e questo succede sempre ormai, è difficilissimo poi applicare una ricetta univoca, perché in questo momento, da un punto di vista economico sarebbe abbastanza semplice tirare fuori in tre anni la Grecia dai guai. Il problema è vedere se la politica greca è in grado di prendere le decisioni, di fare le scelte necessarie.

     
    D. – C’è da aspettarsi per il futuro un "effetto Grecia" anche in altre nazioni?

     
    R. – Tutto dipende dalla capacità degli altri Paesi di evitare di ridursi nella situazione greca, prima di cominciare ad effettuare le riforme strutturali che sono necessarie in parecchi altri Paesi europei, anche dell’area euro. Quindi va fatta attenzione, perché poi quando i mercati decidono di far male, il problema è che fanno male soprattutto alle classi medio-basse.

     
    D. – Riflessi extraeuropei?

     
    R. – Il primo è che l’euro sta perdendo terreno rispetto a tutte le altre monete, compreso il dollaro, che pure non se la passa bene. Per noi significa per esempio importare inflazione, per cui significa pagare più cara l’energia, significa una serie di altre conseguenze. In generale, comunque, a nessuno fa piacere una nostra eventuale crisi economica e finanziaria continentale, perché significherebbe poi arrestare la neonata e fragile ripresa economica americana e quella ben più solida e duratura asiatica cinese.

     
    Belgio, re Alberto II accetta le dimissioni di Leterme: alle urne entro giugno
    Si respira ancora aria di tensione in Belgio, dopo le dimissioni del primo ministro Leterme, accettate dallo stesso re Alberto II. Vane le speranze di una mediazione tra la parte francofona e quella fiamminga. I dettagli nel servizio di Carla Ferraro:

    Inutili sono stati i tentativi proposti nel fine settimana per cercare una ricomposizione con un accordo da presentare alla Camera entro giovedì prossimo. Il re Alberto II non ha potuto far altro che accettare le dimissioni del governo guidato dal cristiano-democratico, Guy Leterme. Il Belgio potrebbe tornare alle urne entro giugno, un mese prima dell'inizio della presidenza di turno dell'Unione Europea. Ad avvelenare la vita del governo federale belga, con un contrasto cominciato subito dopo le ultime elezioni del 10 giugno di tre anni fa, è il futuro di una circoscrizione elettorale alla periferia di Bruxelles, quella di Bruxelles-Hal-Vilvorde, già in territorio fiammingo ma a forte presenza di francofoni. I fiamminghi, che sono la maggioranza in Belgio, puntano ad una scissione, limitando le concessioni ai francofoni soprattutto per impedire loro di avere la possibilità di votare in quella circoscrizione per formazioni politiche fiamminghe e francofone. In Belgio, i partiti sono regionali e nel governo convivono formazioni sia della regione Vallonia di lingua francese sia delle Fiandre di lingua fiamminga. A provocare la caduta del governo, questa volta, è stato il fatto che i liberali fiamminghi (Open Vld), il 22 aprile scorso hanno lasciato l'esecutivo e hanno imposto un voto alla Camera sul futuro della circoscrizione entro il prossimo giovedì. Il Belgio si ritrova per l'ennesima volta nel caos di una crisi politica e senza guida: una situazione aggravata dalla crisi economica che ha colpito anche le grandi e ricche fabbriche delle Fiandre.

     
    Tensione in Thailandia: bloccata la metro sopraelevata di Bangkok
    In Thailandia, continua il braccio di ferro tra il premier Vejajiva e le “camicie rosse”, i sostenitori dell’ex primo ministro Takhsin, che questa mattina hanno bloccato la metro sopraelevata di Bangkok, con un atto di sabotaggio. Giada Aquilino ne ha parlato con Stefano Vecchia, che sta seguendo le manifestazioni a Bangkok:

    R. – L’azione di bloccare la linea metropolitana soprelevata è stata un’azione – pare – spontanea di un gruppo di “camicie rosse”, peraltro condannata dai leader della protesta che si sono raccomandati di non agire più con azioni che possano metterli in contrasto con la popolazione. Quest'ultima già ha un rapporto teso con le manifestazioni, visto che da sei settimane il centro di Bangkok è praticamente in ostaggio delle “camicie rosse”.

     
    D. – Perché questa decisione dei leader?

     
    R. – Loro continuano a mantenere la protesta su un piano “pacifico”, di non contrasto con la popolazione locale che, infatti, in parte ha anche accolto la protesta e che partecipa, soprattutto la sera, alle manifestazioni. Ci sono però anche gruppi lealisti contrari alle “camicie rosse”, che in questi giorni si sono fatti più consistenti e che premono affinché ci sia, al più presto, una repressione militare contro le manifestazioni.

     
    D. – In queste ore ha parlato il re, ma non ha fatto alcun accenno a questa crisi. Perché?

     
    R. – Perché l’occasione era l’incontro con nuovi giudici della Corte suprema, quindi si è raccomandato loro di agire secondo la Costituzione. Inoltre, non è previsto che il re si occupi di queste questioni: non è previsto dalla Costituzione – in Thailandia, la monarchia è costituzionale. Inoltre, il re da molti mesi è ammalato e ricoverato in ospedale: forse in questo periodo non ha tutti gli elementi per poter giudicare pienamente quello che sta succedendo.

     
    Attentato in Paraguay: ferito un senatore
    Un senatore è rimasto gravemente ferito e due guardie del corpo sono state uccise in un attentato compiuto in una città dell'est del Paraguay, Pedro Juan Caballero, in una zona dichiarata da sabato scorso in stato d'emergenza. La cittadina è il capoluogo del dipartimento di Amambay, uno dei cinque dichiarati in stato d'emergenza dal parlamento allo scopo di combattere un gruppo armato dell'estrema sinistra, l'Esercito del popolo paraguayano (EPP). Secondo la polizia, il gruppo sarebbe comunque estraneo all'attentato contro il senatore che, a più riprese, ha denunciato pubblicamente la corruzione e il narcotraffico.

    Attesa per il discorso di Obama sulla riforma del sistema sanitario
    Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, farà un discorso sulla riforma del sistema finanziario domani, 28 aprile, nell'Illinois. Lo ha annunciato ai giornalisti il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Jen Psaki. Obama visiterà nei prossimi giorni l'Iowa, il Missouri e l'Illinois, per discutere i suoi piani volti a favorire una crescita dell'occupazione e a sostenere le piccole imprese dell'America rurale. L'ultima tappa del viaggio sarà a Quincy, in Illinois, dove parlerà della riforma di Wall Street. Ieri, in un discorso a Washington ad un gruppo di imprenditori provenienti da 50 Paesi vicini al mondo islamico Obama ha promesso “un nuovo inizio” col mondo musulmano.

    Per motivi di sicurezza, sospese le attività dell’Onu a Kandahar
    L’Onu ha sospeso le proprie attività nella città afghana di Kandahar a causa dell’aumento della violenza. Coltivatori di papavero da oppio, appoggiati da talebani, si sono scontrati nella provincia afghana orientale di Nangarhar con militari governativi impegnati nella distruzione delle piantagioni. Gli incidenti sono avvenuti ieri sera nei distretti di Sherzad e Khogyani. Inoltre, tre civili afghani sono morti in serata nella provincia afghana di Kunduz a causa di razzi lanciati da talebani, mentre in un raid aereo della Nato è stato ucciso il "governatore" designato dai talebani per questa provincia, il Mullah Noor Muhammad. Il premier indiano Singh, incontrando Karzai ha invitato l’Afghanistan ad avviare il processo di riconciliazione nel Paese, ma ha esortato a non affidare responsabilità di governo ai talebani.

    Ancora scontri e uccisioni in Pakistan
    Almeno undici insorti, fra cui un comandante talebano, sono stati uccisi nelle ultime ore in Pakistan durante operazioni delle Forze di sicurezza nella Valle dello Swat e nella regione tribale di Orakzai, a nordovest. Un portavoce ha assicurato che dall'inizio dell'offensiva dell'esercito, almeno 500 insorti sono stati uccisi nella Orakzai Agency.

    In Kirghizistan il governo ad interim accusa l’ex presidente di uccisioni di massa
    Il governo provvisorio kirghizo ha contestato al presidente deposto, Kurmanbek Bakiev, l'accusa di uccisioni di massa e ha preparato formalmente una richiesta di estradizione. Lo riferiscono le agenzie russe citando il vicepremier, Azimbek Beknazarov. Bakiev, dopo la violenta rivolta che ha portato al potere l'opposizione, si è rifugiato in Bielorussia.

    A Parigi l’ex dittatore panamense NoriegaÈ arrivato all'aeroporto di Parigi Charles de Gaulle l'aereo con a bordo l'ex dittatore panamense, Manuel Noriega, estradato in Francia dagli Stati Uniti. Già in giornata comparirà davanti al Tribunale della libertà di Parigi, chiamato a decidere sulle sue condizioni di detenzione in attesa del processo. La giustizia francese ha già condannato Noriega nel 1999 a dieci anni di prigione per varie accuse legate al traffico di stupefacenti, ma deve ancora celebrare contro di lui un processo per riciclaggio di denaro sporco. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Carla Ferraro)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 117

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