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Sommario del 24/04/2010
Il Papa ai partecipanti al Convegno della Cei sui nuovi media: la Chiesa renda umana la comunicazione digitale
◊ Dare un’anima ad Internet e umanizzare le dinamiche dei nuovi media: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al Convegno “Testimoni Digitali. Volti e linguaggi nell’era cross mediale”, promosso dalla Conferenza episcopale italiana (Cei). Nell’udienza, tenutasi in un’Aula Paolo VI gremita di fedeli, il Papa si è soffermato sulla sfida dell’annuncio della Parola di Dio sulle strade del Continente digitale. Dal canto suo, il presidente della Cei, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, ha ringraziato il Papa per il suo ministero petrino, che iniziava proprio il 24 aprile di 5 anni fa con la Messa solenne in Piazza San Pietro. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Internet diventi “una sorta di portico dei gentili”, “dove fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto”: è l’auspicio di Benedetto XVI, che ha esortato i media cattolici ad offrire, nel tempo digitale, “i segni necessari per riconoscere il Signore”:
“Anche nella rete siete chiamati a collocarvi come 'animatori di comunità', attenti a 'preparare cammini che conducano alla Parola di Dio', e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti 'sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche'”.
E’ questa, ha detto il Papa, “una missione irrinunciabile della Chiesa”. Il compito di ogni credente che opera nei media, ha ribadito, è quello di assicurare la qualità del contatto umano, garantendo l’attenzione alle persone e ai loro bisogni spirituali. Compito ancor più urgente oggi, ha rilevato, nel momento in cui la Rete manifesta una vocazione “tendenzialmente egualitaria”, ma nel contempo “segna un nuovo fossato”, con il digital divide che “separa gli inclusi dagli esclusi”:
“Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona”.
Si assiste così, ha osservato il Pontefice, ad un “inquinamento dello spirito” che ci porta “a non guardarci in faccia”. E’ allora necessario “riconoscere i volti” superando quelle dinamiche collettive che rischiano di far diventare le persone “corpi senz’anima, oggetti di scambio e consumo”. I media, è l’esortazione del Papa, devono diventare “fattori di umanizzazione”, centrati “sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli”. Solo così, ha proseguito, “il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità”:
“Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete”.
Benedetto XVI ha quindi elogiato l’impegno dei media cattolici italiani e li ha esortati “a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto”. Il mondo della comunicazione sociale, ha sottolineato, “entri a pieno titolo nella programmazione pastorale" e la Chiesa percorra con coraggio le “strade del continente digitale”:
“La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità”.
Dal canto suo, il cardinale Angelo Bagnasco ha ricordato, con affetto e gratitudine, che oggi ricorre il quinto anniversario dell’inizio del ministero petrino di Benedetto XVI:
“Padre Santo, oggi siamo qui anzitutto per esprimerle, dal profondo del cuore, il nostro ringraziamento per aver accettato la missione di essere nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo. Con la sua parola e la sua testimonianza, non ha smesso di dirci che la Chiesa è viva, che la Chiesa è giovane e che porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. Questa realtà rimane vera, anche nei momenti in cui sperimentiamo la prova”.
Parole queste, ha detto il Pontefice con gratitudine, nelle quali si rispecchia la fedele “adesione a Pietro di tutti i cattolici” dell’amata nazione italiana e “la stima di tanti uomini e donne animati dal desiderio di cercare la verità”.
Padre Lombardi al Convegno “Testimoni Digitali”: anche nella Rete si può cercare e incontrare Dio
◊ L’annuncio del Vangelo “non può non percorrere le vie della comunicazione di oggi”: è quanto affermato, stamani, dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, al Convegno “Testimoni Digitali” della Cei. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Nel suo intervento, padre Federico Lombardi ha messo l’accento sugli aspetti più significativi della testimonianza cristiana nel nostro tempo, contraddistinto dalla comunicazione digitale. Questo, ha affermato il direttore della Sala Stampa, è “anzitutto tempo di verità, di trasparenza e di credibilità”. “Il segreto e la riservatezza, anche nei loro aspetti positivi – ha detto – non sono valori coltivati nella cultura di oggi. Bisogna essere in grado di non aver nulla da nascondere”. L’esperienza “che stiamo vivendo, i prezzi che stiamo pagando – ha aggiunto – dicono che la nostra testimonianza deve andare decisamente nella linea del rigore, della coerenza fra ciò che diciamo e ciò che siamo, del rifiuto di ogni ipocrisia e doppiezza”. Padre Lombardi ha, quindi, esortato i media a “portare la gioia della verità e della lealtà” ed “essere testimoni credibili per ciò che diciamo e facciamo”. In ogni luogo, ha osservato ancora padre Lombardi, “quindi anche in ogni luogo della Rete, se si stabiliscono relazioni profonde, si può cercare ed incontrare Dio”.
Il Papa, ha ricordato padre Lombardi, ha parlato del “Cortile dei Gentili”. Un invito “per la Chiesa ad incontrare e dialogare sinceramente anche con gli uomini sinceri che non conoscono il Cristo”. Questo, ha soggiunto, è anche “tempo di responsabilità per la comunità”. Occorre, ha affermato, “che chi ama la Chiesa sia molto responsabile di fronte agli altri e alla comunità, per conservare il giusto pluralismo delle fonti” all’interno “di un tessuto di rapporti, di rispetto e carità, di attenzione al magistero e all’autorità legittima della Chiesa”. “Non penso – ha detto padre Lombardi – che la rete e la comunicazione digitale debbano essere temute da un preoccupato centralismo”, ma occorre “riflettere e vivere in modo nuovo la esperienza di essere Chiesa ai tempi di Internet”. Questo, ha conlcuso, “richiede da noi una grande passione per essere comunità” unita “non dall’imposizione esterna, ma dalla fede e dall’amore”.
Benedetto XVI riceve il nuovo ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede: vita e dignità umane sono un bene prezioso
◊ “Avendo come obiettivo il bene comune, la Chiesa non reclama altro che la libertà di poter proporre” il suo “messaggio senza imporlo”, “nel rispetto della libertà delle coscienze”: è quanto ha detto oggi il Papa nel suo discorso all’ambasciatore del Belgio, Charles Ghislain, in occasione della presentazione delle credenziali. Ricordando l’importante ruolo del Belgio nell’ambito delle istituzioni europee, Benedetto XVI ha sottolineato quanto il Paese si sia distinto “nella ricerca di un consenso in situazioni assai complesse”. Il servizio di Tiziana Campisi:
Per Benedetto XVI, quella ricerca del consenso che ha distinto il Belgio nelle questioni politiche europee è da incoraggiare anche per le “sfide interne”. “Per portare frutto a lungo termine – ha aggiunto il Papa – l’arte del consenso non si riduce ad una abilità puramente dialettica, ma deve cercare il vero e il bene”. Nel chiedere al nuovo ambasciatore di porgere i propri saluti al re Alberto II, Benedetto XVI ha voluto ricordare le due dolorose tragedie che hanno colpito il Belgio quest’anno: il crollo di una palazzina a causa di una fuga di gas a Liege a gennaio, e l’incidente ferroviario di Buizingen a febbraio. “Queste catastrofi – ha osservato il Pontefice – ci fanno misurare la fragilità dell’esistenza umana e la necessità, per proteggerla, di una autentica coesione sociale, che non indebolisce la legittima diversità delle opinioni”.
“La vita e la dignità umane costituiscono un bene prezioso – ha proseguito il Papa – che bisogna difendere e promuovere con risoluzione appoggiandosi sul diritto naturale”. Benedetto XVI ha poi ribadito che “la Chiesa si inscrive pienamente nella storia e nel tessuto sociale” della nazione belga ed “auspica di continuare ad essere un fattore di convivialità armoniosa fra tutti”, apportando “un contributo assai attivo, specialmente, attraverso le sue numerose istituzioni educative, le sue opere a carattere sociale, e tramite l’impegno benevolo di numerosi fedeli”.
Dal canto suo, il nuovo ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede ha richiamato i principi della laicità che ispirano i movimenti politici del Paese, dove diverse culture e religioni convivono in armonia. “Abbiamo edificato una società in cui tutte le confessioni, filosofie e culture rispettano in maniera costruttiva le specificità di ciascuno” ha spiegato il diplomatico precisando che, se il Belgio appare un Paese diviso, la sua Conferenza episcopale è unita e pratica una sussidiarietà che tutti apprezzano, così come il Consiglio belga dei leader religiosi ha un indirizzo comune solidale, uno spirito aperto ed è impegnato nella difesa dei diritti umani.
All’ambasciatore che ha espresso la volontà di apportare il proprio contributo al dialogo per la pace, il Papa ha risposto che “la Chiesa è (…) felice di mettersi a servizio di tutte le componenti della società belga” e che essa, “come istituzione, possiede un diritto ad esprimersi pubblicamente”, diritto condiviso “con tutti gli individui e tutte le istituzioni per manifestare il proprio parere sulle questioni di interesse comune”. Il Pontefice ha inoltre richiamato la figura del belga Joseph de Veuster recentemente canonizzato, esempio di carità cristiana di cui i belgi devono esser fieri. E si è detto convinto che, “malgrado le evoluzioni sociali, il concime cristiano è ancora ricco” in terra belga e che “può nutrire generosamente l’impegno di un numero crescente di volontari”. Infine, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero ai vescovi del Belgio – che saranno a Roma in visita ad Limina a partire dal 3 maggio – e ancora ai sacerdoti e alla comunità cattolica belga, esortando ad una testimonianza audace della fede e di “valori che rispettino la natura umana e che corrispondano alle aspirazioni spirituali più profonde e più autentiche della persona”.
Udienze e nomine
◊ Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha nominato capo ufficio nella Congregazione per i Vescovi mons. Fabio Fabene, finora aiutante di Studio nel medesimo dicastero.
Il Pontefice, in vista dell'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo di Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un'anima sola’”, ha nominato:
il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano), presidente delegato ad honorem, il cardinale Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei (Iraq), presidente delegato ad honorem; il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, presidente delegato; mons. Ignace Youssif III Younan, patriarca di Antiochia dei Siri (Libano), presidente delegato; mons. Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto), relatore generale; mons. Joseph Soueif, arcivescovo di Cipro dei Maroniti (Cipro), segretario speciale.
Cerimonie di Beatificazione domenica in Spagna e Italia: elevati agli altari il capuccino José Tous y Soler e il carmelitano Angiolo Paoli
◊ Domani la Chiesa celebra due Beatificazioni. Una si terrà a Barcellona nella Basilica di Santa Maria del Mar, dove il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, presenzierà alla cerimonia per la Beatificazione di padre Josep Tous y Soler, cappuccino che visse nell’800. L’altro rito si svolgerà a Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, e riguarda la Beatificazione del carmelitano, padre Angiolo Paoli, vissuto tra il '600 e il '700. Il servizio Eugenio Bonanata:
Padre Paoli nacque il primo settembre 1642 ad Argigliano, in Toscana, da una famiglia modesta dalla quale ricevette una solida educazione cristiana. Verso i 18 anni chiese di diventare sacerdote, orientando la sua scelta verso i Carmelitani. Non si conosce con esattezza la data dell’ordinazione presbiterale, ma si sa che nel 1667 celebrò la sua prima Messa. Visse in vari conventi toscani, a Siena, Pisa e Firenze prima di trasferirsi a Roma, nel convento di San Maritno ai Monti, all’Esquilino, chiamato dal suo superiore generale che aveva sentito parlare molto dell’esemplarità della sua vita religiosa. Una vita al fianco di poveri ed ammalati, come conferma l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, intervistato da Roberto Piermarini:
“La sua vita sembra una raccolta di fioretti francescani, tutti testimoniati, da persone degne di fede. Ad esempio, appena giunto a Roma, dinanzi alla porta di Piazza del Popolo - siamo nei 1687 - gli si avvicina un lebbroso e subito lo abbraccia. Gli atti processuali dicono testualmente che il lebbroso “abbracciato da padre Angiolo, leccandogli la testa plena di lepra nei tempo stesso che egli leccava e lambiva, la lepra spariva”.
Padre Angiolo rimase a Roma fino alla sua morte avvenuta nel 1720. Diventò economo, sacrestano e organista, senza mai dimenticare i più bisognosi che sapevano della sua disponibilità. Lo chiamavano Padre Carità. Era sua abitudine scendere nel cortile la mattina dove trovava centinaia di persone. A loro parlava di Dio ma dava anche da mangiare. “Più poveri vengono più provviste arrivano”, era solito dire:
"C’era un buon sacerdote che lo assisteva, un certo don Giovanni Santinelli. Questi un giorno chiese a padre Angiolo dove doveva prendere il pane, dal momento che non c’era più niente. II padre gli rispose: lo possiedo una gran dispensa dove non manca mai niente. II Santinelli, pensoso, si avvia alla cella e trova ogni ben di Dio: pane e vino in abbondanza. Dopo la distribuzione, il Santinelli volle approfondire la questione e chiese al padre superiore e ai frati del Convento dove era la dispensa o il ripostiglio segreto di padre Angiolo, ma tutti gli risposero che non c’era nessuna dispensa e nessun deposito di viveri".
Padre Angiolo non aveva nulla. La sua unica dispensa era la generosità quotidiana dei benefattori. Ancora mons. Amato:
"Un giorno, in cortile c’era una schiera di poveri, per la precisione 284; nella sacca del pane, invece, c’erano solo 52 pagnotte intere e quattro mezze. Come fare a dare a ogni donna e a ogni uomo una pagnotta intera e mezza pagnotta ai bambini? II padre Angiolo, senza scomporsi, risponde di confidare nella Provvidenza divina. E comincia a dare una pagnotta a ogni adulto e, quella volta, una pagnotta intera anche ai ragazzi. II già citato Santinelli che lo aiutava era angosciato per quella generosità sconsiderata, che avrebbe lasciato senza niente la maggior parte dei presenti. Invece il padre continuò a dare un pane a testa fino a quando tutti i 284 poveri ebbero ricevuto la loro razione. Al Santinelli che chiese a quale forno si riforniva, il nostro Beato rispose serafico: al forno della Provvidenza".
Tra le persone che provavano verso di lui grande stima, anche i Pontefici Innocenzo XII e Clemente XI che ripetutamente gli offrirono la porpora, sempre rifiutata perché gli avrebbe impedito di proseguire il suo servizio al fianco dei poveri e anche dei malati. Significativa a riguardo la sua ultima opera benefica, un ricovero per malati detto il “Convalezenziario dei Poveri”:
"Una volta usciti guariti dagli ospedali, molti artigiani e operai non avevano la possibilità di un periodo di convalescenza per riprendere le forze e poter lavorare. Finivano quasi tutti per strada come accattoni. Padre Angiolo volle porvi rimedio, fondando con l’aiuto di benefattori, un istituto per i convalescenti poveri, i quali potessero essere accolti e nutriti non per uno o due giorni, ma per tutto il periodo del loro recupero. Fu una intuizione di una modernità straordinaria".
Una modernità che, malgrado un’esperienza antica di secoli, resta viva grazie all’irrefrenabile ansia di carità testimoniata da padre Angiolo, come conferma mons. Amato:
"I poveri ci sono e ci saranno sempre tra noi. E il Signore manda sempre i suoi figli più buoni per venire incontro a questi bisognosi, che sono il suo volto sofferente nella storia. In secondo luogo, l’inno alla carità di padre Angiolo non fu da lui recitato solo a parole ma realizzato nei fatti. La sua fu una carità creatrice di novità nell’assistenza ai bisognosi. Ed è proprio questa carità a rendere contemporanei i martiri e i confessori dei primi secoli della Chiesa, come quelli del medioevo o dei secoli più vicini a noi. Non e il tempo che determina la qualità del loro eroismo, ma la virtù della carità, la quale non avrà mai fine".
Domani, poi, nella Basilica di Santa Maria del Mar, a Barcellona, ci sarà la Beatificazione di padre Josè Tous y Soler, alla presenza del cardinale Bertone. Padre Josè visse in epoca di grandi difficoltà per la chiesa locale. Nato ad Igualada nel 1811, aveva 16 anni quando entrò nell’Ordine cappuccino. Passò per vari conventi del Paese preparandosi all'ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1834. Un anno dopo dovette affrontare una delle prove più dure della sua vita: l’esilio a causa della persecuzione vissuta in Spagna nel XIX secolo, quando sulla scia delle idee della rivoluzione francese fu decretata la soppressione di molti conventi. Padre Josè visse in Francia e Italia, per poi tornare in Spagna dove comunque fu costretto a vivere lontano dalla fraternità.
Restò sempre un autentico frate cappuccino, vivendo da povero, coltivando l’umiltà, l’amore per il silenzio e dedicandosi alle necessità materiali e spirituali di quanti incontrava. Scoprì di avere una particolare sensibilità verso l'educazione dei bambini. Trovò questa stessa sensibilità anche in tre ragazze che volevano impegnarsi nell’educazione cristiana della gioventù. Decise di guidarle e nel 1850 fondò la Congregazione delle Suore Cappuccine della Madre del Divin Pastore, oggi presente non solo in Spagna ma anche in America Latina. Padre Josè morì nel 1871 proprio mentre celebrava l’Eucarestia nel collegio della Madre del Divin Pastore a Barcellona.
Editoriale di padre Lombardi: il viaggio a Malta del Papa, una splendida festa della fede
◊ Gioia e consolazione. Sono questi i due sentimenti principali suscitati in Benedetto XVI dalla grande festa riservatagli dai maltesi tra sabato e domenica scorsi, durante la sua visita apostolica nell’Isola del Mediterraneo. E accanto alla prova d’affetto, il sentimento di una profonda compassione, sperimentato dal Papa un altro degli incontri voluti per proseguire nel cammino di risanamento della Chiesa. Il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, si sofferma in questa nota sui vari aspetti che hanno caratterizzato il recente viaggio internazionale di Benedetto XVI:
Il primo viaggio all'estero del Papa quest'anno è stato splendido. Ancora una volta preoccupazioni o timori della vigilia si sono dimostrati ingiustificati. L'anima cordiale e la radice cattolica del popolo maltese hanno preparato a Benedetto XVI un'accoglienza di una spontaneità e di un calore memorabili. E' stato un crescendo continuo, fino all'accompagnamento festoso della flottiglia di imbarcazioni attraverso il porto della Valletta e all'entusiasmo finale dei giovani, vero canto di vitalità e di speranza.
Paradossalmente, il momento che i media mondiali attendevano maggiormente e di cui hanno più parlato è l'unico che è sfuggito al loro occhio, svolgendosi nella discrezione della preghiera e del rapporto più personale: l'incontro con alcune vittime di abusi sessuali. Ma il modo in cui alcuni partecipanti ne hanno parlato ha toccato in profondità innumerevoli persone: un grande peso era stato tolto dal loro cuore, la guarigione era iniziata, la fiducia e la speranza rinascevano. Il Papa, il mercoledì successivo, ha parlato della "condivisione della sofferenza" e della sua "commozione". Alcuni giorni prima, aveva detto che la penitenza è una grazia, e arrivando a Malta per commemorare il naufragio di San Paolo aveva osservato che questo naufragio era stato un nuovo punto di partenza per la fede e la speranza degli abitanti dell'isola.
Così, l'incontro con le vittime ha trovato il suo significato di speranza nel contesto dell'incontro del Papa con una Chiesa viva e in cammino, capace di riconoscere le sue ferite con sincerità, ma anche di ottenere la grazia del risanamento. Di questo messaggio avevamo bisogno.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La comunicazione sociale entri a pieno titolo nella pastorale: Benedetto XVI chiede ai media di essere al servizio della dignità delle persone e dei popoli.
Chiamati a vivere il Vangelo: in prima pagina, un fondo del vice direttore sulle vocazioni in un tempo difficile.
La ricerca del vero e del bene essenziale per affrontare le sfide del Paese: il discorso del Papa al nuovo ambasciatore del Belgio.
Il popolo della crisi: in rilievo, nell'informazione internazionale, gli oltre cinquanta milioni di poveri in più per la recessione globale.
Comunione e connessione: in cultura, Antonio Spadaro sul ruolo della Chiesa ai tempi della rete.
Roma città chiusa. Alla violenza: il vescovo Vincenzo Paglia ricorda lo storico Luigi Fiorani.
Il "negativo" più famoso del mondo: Michele Bcci sulla Sindone e il volto di Gesù nell'arte.
Un articolo di Andrea Monda dal titolo "Oro nel cuore del buio": Felice Menghini e gli intellettuali rifugiati in Svizzera negli anni Quaranta.
Volti dell'invisibile: Antonio Paolucci sulla mostra, a Illegio, dedicata agli angeli.
Dialogo ecumenico e interreligioso tra i punti affrontati dalla Conferenza dei vescovi del Nord Africa a Rabat
◊ Servire le comunità cattoliche secondo la libertà di culto legiferata dagli Stati, lavorare in collaborazione ecumenica con le altre Chiese cristiane riconosciute, coltivare l’amicizia con i musulmani: sono i propositi della Conferenza dei vescovi della regione nord dell’Africa, la Cerna, che si è riunita a Rabat, in Marocco, dal 19 al 23 aprile. Diversi i temi affrontati dai presuli che, con lo sguardo al Sinodo per il Medio Oriente, hanno auspicato possa essere anche un appello “perché i poteri pubblici vegliano sull’applicazione dei diritti di tutti i cittadini”. Sul tavolo delle discussioni anche la collaborazione con associazioni civili, il contributo delle Chiese al progresso della pace, della giustizia e della riconciliazione e l’argomento degli abusi sessuali, sul quale i vescovi hanno richiamato i principi posti dalla Santa Sede nei casi di abusi accertati sottolineando il coraggio del Papa nell’affrontare “queste dolorose situazioni”. Ma ascoltiamo un resoconto delle giornate di lavoro dei vescovi del nord Africa da mons. Maroun Lahham, vicepresidente della Cerna e vescovo di Tunisi, al microfono di Tiziana Campisi:
R. – Abbiamo parlato specialmente del Sinodo dell’Africa e abbiamo preparato il Sinodo per il Medio Oriente, dove quattro di noi saranno presenti. Abbiamo parlato dell’immigrazione dei giovani, delle biblioteche, dell’Anno sacerdotale e così via.
D. – Quali problemi, in particolare, sono emersi, a proposito dell’immigrazione?
R. – Questo è un problema che ci supera, perché dipende dalle potenze europee, da una parte, e dalla miseria che c’è nell’Africa nera, dall’altra. Il nostro contributo va in due direzioni. La prima, poter dare l’aiuto immediato, necessario a queste persone che transitano dai nostri Paesi. E l’altra, richiamare sempre, secondo i dettami della Chiesa, ai diritti umani fondamentali di queste persone, che hanno il diritto di essere trattate come esseri umani. Sappiamo, però, che alla fine la soluzione del problema non è nelle nostre mani.
D. – Libertà religiosa e convivenza fra cristiani e musulmani. Qual è la realtà attuale nel Nord Africa?
R. – La realtà attuale nel Nord Africa è un po’ come la realtà in tutti i Paesi arabi: una libertà di culto è sempre garantita, solo che quando si sente il pericolo di proselitismo, c’è una sensibilità tale che bisogna essere molto prudenti. Noi viviamo in Paesi che ci accolgono, che ci danno lo spazio necessario per il nostro culto cristiano, dobbiamo però stare sempre attenti e prudenti nel non dare l’impressione che, tramite la nostra presenza o anche tramite le nostre azioni caritative, vogliamo fare dell’evangelizzazione diretta. Noi dobbiamo stare sempre attenti a quello che facciamo, a quello che diciamo ed anche ai servizi sociali che rendiamo alla popolazione musulmana di questi Paesi del Maghreb.
D. – Che cosa presenterete al Sinodo per il Medio Oriente?
R. – Al Sinodo per il Medio Oriente presenteremo due cose. Prima di tutto un tipo di dialogo specifico con l’islam, essendo, a differenza delle Chiese del Medio Oriente, delle Chiese che vivono in Paesi interamente musulmani, dove i cristiani sono degli stranieri e le Chiese sono arabe, anche se in minoranza. Il dialogo con l’islam, dunque, nei Paesi del Maghreb, riveste una caratteristica specifica ed è il nostro primo sforzo. Il secondo è che vorremmo dire ai nostri fratelli vescovi del Medio Oriente che per la sopravvivenza delle nostre Chiese avremmo bisogno di una più stretta collaborazione tra il personale religioso – suore e preti – perché viviamo della carità delle Chiese sorelle in termini di sacerdoti e di suore.
Commozione, speranza e serenità: i sentimenti dei pellegrini in visita alla Sindone
◊ “L’Ostensione deve farvi guardare alla sofferenza di Cristo e rendervi sensibili alle sofferenze dei nostri fratelli, ai soprusi, alle ingiustizie e alle guerre”. Così si è espresso il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, salutando la delegazione di parlamentari italiani che ieri ha reso omaggio alla Sindone, accompagnata da monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il pellegrinaggio “deve spingerci a diventare samaritani e a dare soccorso ai più deboli”, ha aggiunto il porporato, che ha chiesto ai deputati e ai senatori presenti di “guardare alle difficoltà del Paese e della gente, delle famiglie e dei lavoratori”. Tra i convenuti anche il presidente del Senato, Renato Schifani, che ha espresso la propria commozione. Oggi, sono attesi oltre 500 fedeli della diocesi di Ivrea e 350 persone della diocesi di Lugano. Ma quale stato d’animo accompagna i fedeli dopo la visita al Sacro telo? Da Torino, Claudia Di Lorenzi ha raccolto per noi alcune testimonianze:
R. – Quando l’ho vista mi è venuto in mente quello che ha detto Papa Giovanni Paolo II, e ho pensato che poteva essere effettivamente così, una provocazione per l’intelligenza, perché fa pensare e fa muovere la ragione e l’affezione, secondo alcuni indizi che non possono che parlare di una cosa eccezionale. Soprattutto dopo Pasqua. Penso che sia non solo il segno della sua Passione, ma anche quello della Risurrezione.
R. – A me dà sempre una grandissima emozione. La prima volta che l’ho vista avevo otto anni. Ogni volta è un modo per capire qualcosa di più e confrontarsi con questa figura in momenti diversi della propria vita. Noi non siamo sempre uguali. Un conto è vederla a 8 anni, a 30 anni. Adesso ho 40 anni e, mentre prima non avevo ancora bambini, adesso ne ho due. Siamo diversi noi, anche se la Sindone è sempre la stessa.
R. – Mi chiamo Mattias e ho visto una cosa mai vista prima nella mia vita. Quando tornerò nel mio Paese, in Nigeria, dovrò raccontare tante cose. La morte di Gesù mi ha fatto capire che Gesù è il mio Signore, ho visto che è tutto reale e che non è una storia finta. Sono molto contento.
R. – E’ stato emozionante. Avendo problemi con il lavoro, è da due giorni che sono in cassa integrazione, oggi sono uscito di casa e sono andato a prenotarmi per caso. Mi hanno fatto passare, perché ero da solo. Alla fine quando te ne vai, ti dispiace e quelle impressioni ti restano dentro per un po’. Ad un certo punto, mi sono detto tra me: “Ti chiedo un favore Gesù: perdona tutti quelli che fanno del male”.
R. – Io l’ho già detto alla mia piccola, che ha cinque anni. Le ho spiegato l’altro giorno, quando c’era l’articolo su La Stampa, che questo è il telo che all’epoca, quando è morto Gesù, si usava per avvolgere le persone che morivano e che lì è rimasta impressa l’immagine di Gesù. Le ho detto: “Vedi la faccia, ci sono le braccia incrociate”. Mi ricordo di avere visto la Sindone negli anni ’70 con mia nonna, l’ho rivista poi nel 2000 e adesso porto la bambina.
R. – E’ un fatto straordinario: è l’Uomo della Sindone. Anche se sono prete, rimango come tante persone. E’ la prima volta che vengo a vedere l’Ostensione. Vengo dalla Colombia e sapere che per 2000 anni continua ancora ad essere trasportato, esposto, guardato, è straordinario.
Lungo il percorso che dall’entrata, presso i giardini reali, porta all’interno del Duomo, dove è esposto il Sacro Lino, un plastico pensato per i non vedenti, ma accessibile a tutti, ricostruisce in rilievo il corpo dell’uomo della Sindone, dando materia al pensiero e consistenza a quello che potrebbe esser stato il corpo piagato di Gesù. Ai nostri microfoni, lo descrive una delle volontarie:
R. – Questa persona è alta più o meno 1,75. Qui si può vedere il volto, contornato dai capelli, la fronte, dove è stato piantato il chiodo della corona di spine. Qui ci sono gli occhi, il naso, che è stato fratturato per le percosse ricevute, e qui la bocca. Poi, scendendo, troviamo l’impronta dove è stata piantata la lancia nel costato e poi vediamo il braccio sinistro sopra il braccio destro con un chiodo sul polso, che ferma entrambe le braccia. Troviamo le gambe, con delle tumefazioni e con le ginocchia gonfie dalle botte che ha ricevuto. Scendendo, troviamo i piedi e questo è il chiodo, che ferma entrambi i piedi. Chi crede è logico che immagini sia Gesù. Chi non crede, immagina comunque che sia una persona che ha sofferto, che è stata picchiata.
Il commento al Vangelo della quarta domenica di Pasqua di padre Bruno Secondin
◊ In questa quarta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo del Buon Pastore. Gesù dice che le sue pecore ascoltano la sua voce, lui le conosce, esse lo seguono e Lui dà loro la vita eterna. Quindi aggiunge:
“Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Per due volte, nel breve brano del Vangelo, appare la parola "strappare", accompagnata dalla affermazione negativa: “Nessuno strapperà le pecore dalla mano”, di Gesù e del Padre. Ma allora ci sarà chi tenterà di farlo, chi userà violenza e astuzia per impadronirsi e sbranare. La garanzia della protezione di Dio che difende con le sue mani si scontrerà con altre mani, con la prepotenza e la cattiveria. È molto bella l’immagine delle mani di Dio che tengono strette a sé le pecore, cioè i discepoli del Figlio, in mezzo a rischi e malvagità. Ed è anche molto vera. I cristiani non sono esenti dai pericoli, non vanno in paradiso in carrozza. Ma se ascoltano la voce e seguono il loro buon pastore, sono sicuri che Lui non le abbandona. Le sue mani sono forti e il suo sguardo vigile: il suo cuore è generoso e la sua fedeltà stabile. Gesù, in unità col Padre, ha messo in gioco la sua vita per proteggerle e guidarle a pascoli di eternità. Non vuole certo un gregge di "pecoroni", ma un popolo che si sente amato e risponde con amore. Benedette quelle mani che ci proteggono sempre!
Bolivia: risultati positivi a un anno dall'inizio della Missione permanente nelle Chiese locali
◊ Un anno dopo il lancio della Missione permanente in Bolivia, questa esperienza si può qualificare come positiva. In una nota inviata all’Agenzia Fides, padre Eugenio Scarpellini, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Bolivia, informa che l’Assemblea dei vescovi ha definito "positivo" l'andamento della Missione permanente nel Paese sudamericano, anche se rimane un lungo tratto di strada da percorrere. “È importante guardare al futuro e agli obiettivi che sono stati stabiliti, uno di quali è la formazione permanente, costante e graduale, che coinvolga tutte le persone di tutte le età, una formazione integrale". "Vale a dire che diciamo basta ai cristiani ignoranti", soggiunge padre Scarpellini. “La sfida si presenta quando vediamo se siamo pronti ad appoggiare, motivare e spiegare la fede che abbiamo - continua il direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie - se siamo capaci di rompere certi schemi di vita delle comunità ormai superati”. “Tutti – è l’auspicio finale di padre Scarpellini – siamo coinvolti nella Missione. Vediamo che è stato un anno importante, ma non dobbiamo abbassare la guardia perché questo slancio iniziale si potrebbe spegnere, e per questo è necessario segnare in modo più profondo i nostri passi, per mostrare a tutti l'incontro con Gesù”. (R.R.)
Burkina Faso: oltre 700 morti e cinquemila contagiati dall'epidemia di meningite nel 2010
◊ Oltre 718 vittime e 5.118 persone contagiate dall’inizio del 2010 per l’epidemia di meningite che da gennaio scorso ha colpito il Burkina Faso. Lo riferisce l’agenzia Misna, che riporta i dati del ministero della Sanità del Paese africano. Il tasso di mortalità della malattia è del 14%. Rispetto al 2009, l’epidemia ha fatto registrare un aumento notevole: 3100 le persone infettate e poco più di 440 quelle decedute lo scorso anno. Da metà marzo, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato la presenza in quattordici distretti sanitari del Paese, di un nuovo ceppo di meningococco per il quale non esiste per ora nessun vaccino, ma contro cui gli antibiotici usati risultano efficaci. A febbraio, l’Oms aveva lanciato l’allarme per la diffusione dell’epidemia nella “cintura della meningite”, che si estende dall’Etiopia al Senegal, abitata da oltre 300 milioni di persone. Ad oggi, il Burkina Faso comprende solo il 40% dei casi di meningite accertati nel continente africano. (R.R.)
Zambia, la preghiera del Rosario aiuta i detenuti nel braccio della morte
◊ I prigionieri dei settori di massima sicurezza dello Zambia - compresi i detenuti nel braccio della morte - riceveranno degli opuscoli sul Rosario grazie a un'iniziativa congiunta tra due organzzazioni caritative con base nel Regno Unito. Secondo quanto riferisce l'agenzia Zenit, l'ufficio britannico di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) si è unito all'organizzazione per il Rosario Crown of Thorns per fornire 1.600 copie dell'opuscolo di Acs ai detenuti della prigione di Stato di Kamfinsa e della prigione di Massima Sicurezza di Kabwe. L'iniziativa risponde alla richiesta dei prigionieri a Crown of Thorns di ricevere più informazioni sul rosario. Lisa de Quay, direttore esecutivo dell'organizzazione, ha spiegato che Crown of Thorns riceve regolarmente molte lettere dai reclusi, anche da quelli nel braccio della morte. Un condannato a morte ha scritto: "E' la prima volta che ricevo un pacchetto, anche se sono in carcere ormai da 14 anni. Possa Dio ricompensarvi abbondantemente". Il direttore britannico di Acs, Neville Kyrke-Smith, ha spiegato che "recitare il Rosario può toccare la gente nel profondo e trasformarne la vita". Crown of Thorns promuove il Rosario come mezzo per raggiungere la pace e invia in Africa materiale come paramenti liturgici, statue, schede di preghiera e del rosario. Acs sostiene la Chiesa del continente attraverso l'aiuto a sacerdoti e suore e altri progetti per far fronte alle necessità pastorali. Nel 2008, ha donato allo Zambia aiuti per oltre 330 mila euro. (R.R.)
Senegal, al via i preparativi per il pellegrinaggio annuale al Santuario mariano di Popenguine
◊ Sono iniziati i preparativi per la 122.ma edizione del pellegrinaggio al Santuario mariano di Popenguine, in Senegal, che si terrà dal 22 al 24 maggio prossimi in coincidenza con la solennità della Pentecoste. Un appuntamento annuale molto sentito dalla popolazione: attese oltre 60 mila persone - cattolici ma anche musulmani - provenienti da Senegal, Gambia e Guinea Bissau. Le autorità eccelsiastiche e statali del Paese africano hanno già avviato la "macchina organizzativa" con l'istituzione di un Comitato per lo sviluppo che raccoglie i diversi servizi relativi all'evento. Per garantire la sicurezza saranno mobilitati oltre 400 poliziotti, mentre più di 500 medici offriranno assistenza presso dieci postazioni e venti ambulanze. Toccherà infine all'esercito fornire le tenso-strutture riservate ai servizi igienici. La creazione del Santuario della Madonna Liberatrice a Popenguine (70 chilometri a sud di Dakar) fu voluta più di un secolo fa dal missionario francese mons. Mathurin Picarda. Durante il suo viaggio apostolico in Senegal nel 1992, anche Giovanni Paolo II si recò in visita alla Madonna e ne incoronò la statua. (R.R.)
Università cattoliche di Angola, Brasile e Portogallo, master comune per futuri dirigenti
◊ L’Università Cattolica di Angola (Ucan) ha lanciato a Luanda, un programma di formazione post-universitaria, chiamato Mba (Master in business administration) Atlantico che coinvolge docenti provenienti da tre Stati di lingua portoghese che si affacciano sull’Oceano Atlantico: Angola, Brasile e Portogallo. Il corso, della durata di 12 mesi, riferisce l’agenzia Fides, ha lo scopo di formare i manager di aziende leader dei tre Paesi. Gli studenti potranno accedere a un programma di formazione sugli aspetti economici, politici e sociali dei Paesi lusofoni. Il Master comprende tre fasi che si svolgeranno in Angola, in Brasile e in Portogallo. Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti il ministro angolano per l'Istruzione superiore, la scienza e la tecnologia, Maria Cândida Teixeira, mons. Filomeno Vieira Dias, vescovo di Cabinda, e il Rettore dell’Università Cattolica del Portogallo, Paulo Alinkaste. Il Ministro Maria Candida Teixeira ha commentato: “L'Università di Porto l'Università Cattolica di Angola e la Pontificia Università di San Paolo devono essere incoraggiate perché, oltre alla loro principale missione di migliorare la formazione di personale altamente qualificato, in termini strategici creano un'occasione unica per le società dei tre Paesi coinvolti di diventare più competitive”. (R.R.)
Pontificio Istituto Biblico, settimana conclusiva del centenario dedicata al XII Sinodo dei vescovi
◊ Con lo slogan “100 anni a servizio della Parola”, dal 3 all’8 maggio, il Pontificio Istituto Biblico festeggia la settimana conclusiva dell’anno centenario iniziato il 9 maggio 2009. Secondo quanto riporta il Sir, si tratterà di un’occasione per “rileggere” la Bibbia in prospettiva pastorale, liturgica e nei rapporti con le altre religioni. Sarà il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, ad aprire la prima sessione, il 3 maggio prossimo, curata dagli studenti e dedicata al XII Sinodo dei vescovi incentrato sulla Parola di Dio. La seconda sessione (6-7 maggio), curata dai docenti del Biblico, sarà dedicata invece ai “Temi attuali dell’esegesi”. La settimana si chiuderà sabato 8 con una giornata celebrativa, aperta dalla Messa presieduta nella chiesa di Sant'Ignazio da padre Adolfo Nicolás, superiore generale della Compagnia di Gesù e vicecancelliere dell'Istituto. Alle celebrazioni parteciperanno numerosi vescovi, studiosi e rappresentanti di altre religioni provenienti da tutto il mondo. (R.R.)
Frati Cappuccini: eletti il provinciale e il governo della Provincia religiosa di Padre Pio
◊ Padre Francesco Daniele Colacelli da Isernia è il nuovo ministro provinciale dei Frati minori cappuccini della Provincia religiosa “Sant’Angelo e Padre Pio”. È stato eletto il 22 aprile al quarto giorno del CXXVI Capitolo ordinario elettivo, svoltosi a San Giovanni Rotondo e presieduto da padre Felice Cangelosi, vicario generale dell’Ordine. Nato il 10 dicembre 1965 a Isernia, fin da piccolo ha frequentato il convento dei Cappuccini, entrando a far parte della Gioventù Francescana. Ha fatto la sua prima esperienza claustrale a San Marco La Catola in provincia di Foggia, dove Padre Pio ha dimorato tra il 1906 e il 1918. Poi, nel 1986, l'ingresso nel noviziato ad Arienzo, in provincia di Caserta. Si è spostato a Napoli, nel 1990, per frequentare la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione di Capodimonte. Il 2 luglio 1994 è stato ordinato sacerdote nella chiesa conventuale di Isernia dal vescovo Andrea Gemma. Rientrato nella sua Provincia religiosa, l'anno successivo è stato nominato segretario dall’allora ministro provinciale, padre Mariano Di Vito. Con questo incarico è stato il pilastro organizzativo della beatificazione (1999) e della canonizzazione (2002) di Padre Pio. Iscritto all'albo dei giornalisti e già presidente di Tele Radio Pio, padre Colacelli è stato nominato nel giugno 2002 direttore della rivista "Voce di Padre Pio". In otto anni, ha ideato e costituito la Fondazione Voce di Padre Pio, di cui è presidente. Dal 2004, e per due mandati, padre Francesco è stato eletto definitore provinciale. Nel pomeriggio di ieri, è stato scelto anche il vicario provinciale, padre Francesco Langi da Vieste, nato il 31 luglio 1965, maestro dei post-novizi a Campobasso, e sono stati eletti gli altri componenti del governo. Il CXXVI Capitolo dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di Sant’Angelo e Padre Pio è terminato con una solenne concelebrazione eucaristica nella chiesa inferiore di San Pio da Pietrelcina, presieduta dal nuovo ministro provinciale che, nella sua omelia, ha invitato tutti i suoi confratelli a collaborare con lui, dicendo: "Se ho accettato è perché mi sono voluto fidare di Dio e di voi". (R.R.)
In Italia 13 piccoli artisti del Kivuli Center di Nairobi, che ospita i bambini di strada
◊ Tredici piccoli artisti del Kivuli Center di Nairobi sono in questi giorni in Italia per un tour che li porterà in diverse città, fino alla Marcia per la pace Perugia-Assisi del prossimo 16 maggio. Kivuli (che vuol dire “rifugio”) è, spiega l'agenzia Sir, un centro sociale alla periferia di Nairobi nato per accogliere i bambini di strada. Diretto da donne e uomini della comunità di Koinonia, con la presenza del missionario comboniano Renato Kizito Sesana, ospita in forma residenziale 60 bambini e cura la crescita e l’educazione di altri 70, che vivono con le loro famiglie nei quartieri circostanti. E' sostenuto da Amani, organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero degli Esteri, che opera in Kenya e Zambia. Il Koinonia Children Team, composto da 13 artisti di età compresa tra i sette e i sedici anni, guidato da padre Kizito e da Job Kihiko, metterà in scena lo spettacolo “Simba na Mende”, una fiaba tradizionale africana che offre spunti di riflessione sull'importanza della ragione, dell'esperienza delle persone più anziane e sul valore dell'acqua. Il tour è partito ieri da Bari e percorrerà moltissime città, per approdare il 17 e il 18 maggio a Roma. Tra gli obiettivi dello spettacolo, anche una raccolta fondi per aiutare i bambini del centro di Nairobi. (R.R.)
Crisi finanziaria greca: Atene chiede l’aiuto di Ue e Fondo monetario internazionale
◊ Nuovi sviluppi sulla crisi finanziaria greca, affrontata anche dal G20, riunitosi a Washington e centrato sull’economia mondiale per la quale, è stato detto, la ripresa procede meglio del previsto. Rimane però lo spettro della disoccupazione. Atene intanto ha deciso di chiedere formalmente un piano di aiuti all’Unione europea e al Fondo monetario internazionale. Bruxelles e Washington hanno fatto sapere che agiranno in fretta. Ma contro i piani di austerity del governo del premier Papandreou, i sindacati ellenici hanno annunciato ''un’escalation delle proteste''. Sulla situazione in Grecia, la riflessione dell’economista Riccardo Moro, intervistato da Giada Aquilino:
R. - E’ stato chiesto un aiuto al Fondo Monetario, ma soprattutto è stato chiesto un intervento all’Unione Europea. Secondo me, allora, la questione importante non è quella di rivolgersi al Fondo monetario, cioè un’istituzione multilaterale esterna all’Unione, di cui l’Unione è parte, ma che è più grande dell’Unione. Piuttosto è quella dell’attivazione di un meccanismo di solidarietà all’interno dell’Unione stessa, che è assolutamente appropriato. Anzi, da questo punto di vista devo dire che molti osservatori condividono l’idea che i ministri delle Finanze europee e i capi di Stato e di governo europei siano stati straordinariamente lenti nell’entrare in azione. Vale a dire che bisognava garantire sei mesi fa la disponibilità, data 15 giorni fa, di acquistare un’emissione riservata dei titoli greci, per assicurare un afflusso di riserve al governo greco.
D. – Tra l’altro, non c’è un’unanimità nell’Unione Europea nel caso degli aiuti alla Grecia: per esempio la Germania chiede condizioni più severe…
R. – E’ questo che a me sembra francamente molto grave. La crisi finanziaria - che non è nata in Europa, è nata in alcuni settori di mercato degli Stati Uniti - ha portato in tutto il mondo conseguenze economiche. Con una crisi economica i governi, quello greco come quello italiano, come quelli di tutto il mondo, anche nel Sud del mondo, si sono trovati ad avere un Pil che si è ridotto: cioè le aziende hanno lavorato di meno e dunque automaticamente i governi hanno incassato di meno, ma in questa situazione sono aumentati i disoccupati e, dunque, la domanda d’interventi, come la cassa integrazione in Italia e i sussidi di disoccupazione. La Grecia, che era più debole economicamente rispetto ad altri governi europei o extraeuropei, si è trovata così nella posizione di avere meno raccolta fiscale e più spesa per cercare di sostenere la domanda, di sostenere l’occupazione e comunque il reddito delle famiglie in difficoltà. Questo, unito probabilmente anche a una cattiva gestione amministrativa di molti anni, ha creato evidentemente una tensione forte, fino a una situazione d’insostenibilità.
Afghanistan violenze
Sono almeno 29 i talebani uccisi e numerosi gli insorti feriti negli scontri con le forze di sicurezza nella provincia nord-orientale di Kunduz, in Afghanistan. Morti anche tre uomini delle milizie provinciali in altri scontri, nelle ultime 24 ore, nei distretti di Chardarah, Dashti Archi e Emam Saheb. La Nato si dice intanto pronta ad attuare da novembre le operazioni di trasferimento progressivo dei poteri in materia di sicurezza alle autorità afghane.
Iraq
Dopo i gravi attentati di ieri nei quartieri sciiti di Baghdad che hanno causato quasi 70 vittime, è forte la preoccupazione internazionale. Il presidente americano Obama ha tenuto un briefing alla Casa Bianca. Il portavoce presidenziale, Robert Gibbs, ha riferito che è intenzione di Obama continuare a monitorare la situazione. Le nuove violenze in Iraq – ha detto Gibbs – non modificheranno comunque i piani statunitensi di un ritiro definitivo delle truppe alla fine del prossimo agosto.
Iran
Ennesima giornata di tensione tra l’Iran e la comunità internazionale. Protagonisti del nuovo scontro i pasdaran iraniani che, nel giro di poche ore, fermano due navi europee nello Stretto di Hormuz e annunciano la prossima dotazione di un bombardiere di fabbricazione nazionale. Il servizio di Marco Guerra:
I pasdaran iraniani hanno fermato, perquisito e poi rilasciato una nave italiana e una francese nello Stretto di Hormuz, nel Golfo Persico, "per controlli ambientali". A riferirlo è un comunicato diffuso dagli stessi Guardiani della rivoluzione, in cui si aggiunge che la perquisizione è avvenuta ieri in un tratto di mare dove, da giovedì, sono in corso esercitazioni militari in cui vengono impiegati anche vari tipi di missili. Questa ennesima provocazione appare ancora più significativa se si considera che in quelle acque passa il 40 per cento della produzione mondiale di greggio e che l’Iran nel passato ha più volte minacciato di paralizzare il transito di petrolio. Un atto di forza che, poche ore dopo, viene seguito dell’ennesimo attacco agli Stati Uniti, accusati di essere dietro l’operazione che lo scorso inizio di marzo ha portato all’arresto, in Italia, per traffico d’armi due cittadini iraniani. Teheran è tornata infine a "mostrare i muscoli" anche sul fronte degli armamenti. Le Guardie Rivoluzionarie hanno annunciato che, entro marzo del prossimo anno, saranno in possesso di un "drone", di fabbricazione nazionale, in grado di portare a segno attacchi aerei. Gli aerei senza pilota iraniani preoccupano l'amministrazione Usa che teme mettano a rischio le truppe in Afghanistan.
Medio Oriente
“Gli Stati Uniti si sono impegnati a creare le condizioni per una pace giusta, duratura e totale in Medioriente. Ciò prevede l’esistenza di due Stati: Israele e la Palestina”. Lo ha annunciato ieri l’inviato Usa, George Mitchell, durante gli incontri avuti separatamente con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmud Abbas, il quale ha espresso un secco “no” alla proposta israeliana di uno Stato palestinese con i confini temporanei. Uno dei principali ostacoli al processo di pace è rappresentato dalla decisione israeliana di costruire nuovi alloggi per coloni a Gerusalemme Est. Il premier israeliano non sembra essere disposto a desistere da questo intento.
Thailandia
La Thailandia ancora lontana dalla riconciliazione dopo i gravi scontri degli ultimi giorni scoppiati a Bangkok tra i manifestanti antigovernativi delle “camicie rosse” e le forze di sicurezza. Oggi il primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, ha rifiutato l'offerta di dialogo avanzata dai dimostranti, che ieri avevano proposto di sciogliere il Parlamento entro 30 giorni, indicendo nuove elezioni tra tre mesi. Sulla crisi, è intervenuta anche la Conferenza episcopale locale che ha invitato tutti al perdono e ha sottolineato che il negoziato e la preghiera sono essenziali per la risoluzione dello stallo politico e sociale.
Messico
Sei poliziotti e un civile sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con i narcos a Ciudad Juarez, in Messico. Secondo fonti locali i trafficanti di droga hanno teso una vera e propria imboscata alle forze di sicurezza. È invece di sette malavitosi uccisi il bilancio di uno scontro a fuoco scaturito nei pressi di Durango, capitale dell'omonimo Stato messicano, a seguito di una perlustrazione dell’esercito in due basi dei narcotrafficanti. Questi episodi s’inseriscono nell’escalation di violenze legata al narcotraffico che negli ultimi anni ha causato migliaia di vittime in tutto il Paese.
Austria
Elezioni presidenziali domani in Austria. A dominare la scena l’attuale presidente Heinz Fisher, la cui rielezione è pressoché scontata. Il vero dibattito riguarda piuttosto il risultato che porterà a casa l’estrema destra. Il servizio di Laura Serassio:
Gradito all’80 per cento degli austriaci e presidente già da sei anni, il social democratico Heinz Fischer non dovrebbe avere difficoltà a riconfermare la poltrona. L’altro grande partito politico dell’Övp, dei cristiano-democratici, non ha candidato nessuno sfidante, scegliendo un risparmio economico di fronte ad una sconfitta annunciata in partenza. In corsa, invece, Barbara Rosenkranz, legata al partito di estrema-destra che fu di Joerg Haider e appoggiata anche dalla Lega per il futuro dell’Austria, nata proprio dalla scissione dai liberalnazionali del defunto governatore della Carinzia. Madre di dieci figli, accusata di avere simpatie naziste, è sulla 50.enne Rosenkranz che si concentrano le attese della chiamata alle urne di domani, a cui toccherà dire quanto pesa l’estrema destra nel Paese mitteleuropeo. Sicuramente non poco. La sfidante è data al 20 per cento e i due partiti insieme raccolgono il favore di tre austriaci su dieci. Probabilmente poco significativa invece la candidatura del terzo sfidante, Rudolf Gehring, legato ad un piccolo partito di ispirazione cristiana, che non è mai riuscito ad entrare in Parlamento.(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Carla Ferraro)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 114
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