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Sommario del 21/04/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il disegno d'amore di Dio è più grande di tempeste e naufragi: così il Papa all'udienza generale dedicata al viaggio a Malta. Appello sull'immigrazione
  • In una lettera la gratitudine e l'affetto degli universitari di Roma a Benedetto XVI nel quinto anniversario dell'elezione
  • Dalle Chiese Orientali Cattoliche
  • Mons. Migliore: la comunità internazionale difenda valori e cultura dei popoli indigeni
  • Consacrazione di un nuovo vescovo in Cina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il cardinale Ortega: Cuba ha bisogno di cambiamenti e del dialogo con gli Stati Uniti
  • I vescovi del Nord Africa a Rabat per discutere di libertà religiosa e dialogo con l'islam
  • Sri Lanka: il partito del presidente vince le elezioni
  • Rapporto dell’European Migration Network sull'immigrazione dei minori non accompagnati
  • Crisi umanitarie sempre più dimenticate sui media in Italia
  • Convegno a Molfetta su don Tonino Bello: intervista con mons. Fragnelli
  • Manifestazione contro gli abusi: non per strumentalizzare la lotta alla pedofilia ma per aiutare i bambini
  • Chiesa e Società

  • Tutta la Cina ha ricordato oggi le vittime del terremoto del Qinghai
  • Sfruttate dall'Occidente le già limitate risorse idriche dei Paesi poveri
  • Preoccupazione tra le minoranze in Indonesia: confermata la legge sulla blasfemia
  • Orissa: ancora assoluzioni per chi ha attaccato i cristiani
  • Diritti dei cristiani in India: marcia di migliaia di persone per le strade di Bhopal
  • I missionari cristiani speranza per l’India: la testimonianza dell’assassino convertito di suor Rani
  • La Chiesa cilena riflette sulle nuove sfide per il Paese nel dopo terremoto
  • I vescovi boliviani: necessaria la concordia politica contro narcotraffico, violenza e ingiustizia
  • Il cardinale Bergoglio alla plenaria dei vescovi argentini: prendersi cura di anziani e bambini
  • Irlanda: pellegrinaggio dei vescovi alle reliquie del Curato d’Ars
  • Inghilterra: nota dei vescovi per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni
  • Diritti umani nei Paesi del Golfo: donne discriminate e lavoratori stranieri sfruttati
  • India: lotta allo sfruttamento del lavoro minorile nella regione di Piduguralla
  • I gesuiti piangono la scomparsa di padre D’Mello, primo Provinciale dell'India
  • Angola: sempre molto alto il numero dei malati di malaria
  • Sudafrica: la Chiesa promuove i campi estivi per i giovani durante i Mondiali di calcio
  • Benin: anno giubilare missionario per celebrare i 150 anni dell’evangelizzazione del Paese
  • Europa: cattedrali aperte nella notte del 24 aprile
  • Conferenza di padre De Fiores al pellegrinaggio dei cappellani ospedalieri ad Ars e a Lourdes
  • Roma: pellegrinaggio notturno sulle orme di San Pietro per la Giornata delle vocazioni
  • 24 Ore nel Mondo

  • La nube vulcanica regredisce: dopo giorni di caos si torna a volare in Europa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il disegno d'amore di Dio è più grande di tempeste e naufragi: così il Papa all'udienza generale dedicata al viaggio a Malta. Appello sull'immigrazione

    ◊   Visitare la Chiesa a Malta e toccare il grande calore della sua gente è stato “un motivo di gioia e anche di consolazione”. Con queste parole, Benedetto XVI ha descritto alcune impressioni del recente viaggio apostolico agli oltre 20 mila fedeli presenti questa mattina in Piazza San Pietro per l’udienza generale. Dalla Messa nella città di Floriana alla festa con i giovani al Porto di Valletta – passando per la “sofferenza” e la “commozione” dell’incontro con le vittime di abusi da parte del clero – il Papa ha ripercorso i momenti più salienti della visita nell’isola mediterranea. La cronaca di Alessandro De Carolis:

    Un’isola “cristiana”, e la definizione va ben al di là della sola connotazione geografica. Per il Papa Malta è questo: un luogo che da due millenni difende i valori del Vangelo e se ne fa promotore in Europa e nel mondo, grazie a una straordinaria spinta missionaria imparata dal “missionario” per eccellenza: San Paolo. Non c’è stato un momento, tra sabato e domenica scorsi, durante i quali Benedetto XVI non abbia toccato con mano tale realtà. Gli Atti degli Apostoli che narrano del fortunoso e provvidenziale naufragio di San Paolo a Malta nel 60 dopo Cristo riferiscono della “rara umanità” con la quale gli isolani dell’epoca accolsero l’Apostolo e suoi compagni. Il Papa ha fatto altrettanto, definendo “davvero straordinaria” la “calorosa accoglienza” riservatagli dai maltesi, manifestata in modo corale alla Messa di domenica mattina nella Piazza dei Granai a Floriana:
     
    “E’ stato per me motivo di gioia, ed anche di consolazione sentire il particolare calore di quel popolo che dà il senso di una grande famiglia, accomunata dalla fede e dalla visione cristiana della vita”.

     
    Atteso con pressante curiosità dai media di tutto il mondo – ma in realtà avvenuto lontano dalla loro invadenza, secondo la discrezione propria di Benedetto XVI – si è svolto dopo la Messa a Floriana un avvenimento fuori del protocollo, che il Papa ha raccontato così:
     
    “Dopo la Celebrazione, ho voluto incontrare alcune persone vittime di abusi da parte di esponenti del Clero. Ho condiviso con loro la sofferenza e, con commozione, ho pregato con loro, assicurando l’azione della Chiesa”.

     
    La “fiducia” e la “speranza” che Paolo seppe trasmettere ai suoi compagni di viaggio, prima e dopo lo sbarco rocambolesco a Malta, il Pontefice ha detto di riscontrarle nei maltesi di oggi, che si sforzano di coniugare il Vangelo “con le complesse questioni dell’epoca contemporanea:
     
    “Questo naturalmente non è sempre facile, né scontato, ma la gente maltese sa trovare nella visione cristiana della vita le risposte alle nuove sfide. Ne è un segno, ad esempio, il fatto di aver mantenuto saldo il profondo rispetto per la vita non ancora nata e per la sacralità del matrimonio, scegliendo di non introdurre l’aborto e il divorzio nell’ordinamento giuridico del Paese”.

     
    Una delle questioni in gioco, che vede Malta al crocevia di molteplici rotte, è quella dell’immigrazione. Sulla piccola isola del Mediterraneo, ha constatato Benedetto XVI, c’è chi chiede asilo in fuga da violenze o oppressioni e la gestione del fenomeno comporta problemi che il Papa ha definito “complessi sul piano umanitario, politico e giuridico”:

     
    “Problemi che hanno soluzioni non facili, ma da ricercare con perseveranza e tenacia, concertando gli interventi a livello internazionale. Così è bene che si faccia in tutte le Nazioni che hanno i valori cristiani nelle radici delle loro Carte Costituzionali e delle loro culture”.

     
    L’appello all’Europa e alla consapevolezza delle sue radici cristiane, oltre che alla formulazione di linee politiche concordate e comuni in tema di migrazioni, ha preceduto di poco un altro riconoscimento tributato dal Pontefice a Malta, quello di non aver mai tradito la sua “vocazione cristiana più profonda”, cioè la pace, nonostante l’Isola sia stata per secoli al centro di interessi politico-militari:
     
    “La celebre croce di Malta, che tutti associano a quella Nazione, ha sventolato tante volte in mezzo a conflitti e contese; ma, grazie a Dio, non ha mai perso il suo significato autentico e perenne: è il segno dell’amore e della riconciliazione, e questa è la vera vocazione dei popoli che accolgono e abbracciano il messaggio cristiano!”.

     
    L’ultima pagina dei ricordi il Papa la sfoglia ripensando alla folla che domenica pomeriggio ha seguito miglio dopo miglio il suo arrivo in motonave al Porto di Valletta per l’incontro con le decine di migliaia di ragazzi che lo aspettavano in festa:

     
    “Ho guardato dunque ai giovani di Malta come a dei potenziali eredi dell’avventura spirituale di San Paolo, chiamati come lui a scoprire la bellezza dell’amore di Dio donatoci in Gesù Cristo (…) ad essere vincitori proprio nelle prove e nelle tribolazioni, a non avere paura delle 'tempeste' della vita, e nemmeno dei naufragi, perché il disegno d’amore di Dio è più grande anche delle tempeste e dei naufragi”.
     
    Dopo aver ricordato i molti missionari che Malta ha sempre donato alla Chiesa mondiale, Benedetto XVI ha concluso l’udienza con un nuovo pensiero rivolto ai sacerdoti. In Piazza San Pietro, 400 sacerdoti romani di ritorno da un pellegrinaggio ad Ars, in Francia, hanno voluto portare il proprio augurio al Papa, che in questi giorni ha festeggiato il compleanno e l’inizio del sesto anno di Pontificato. Salutando loro e il cardinale vicario, Agostino Vallini, che li guidava, il Pontefice li ha ringraziati ed ha espresso “viva riconoscenza” per tutti quei “sacerdoti che in tutto il mondo – ha detto – si dedicano con zelo apostolico al servizio del popolo di Dio, testimoniando la carità di Cristo. Sull’esempio di san Giovanni Maria Vianney – ha terminato – siate pastori pazienti e solleciti del bene delle anime”.

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    In una lettera la gratitudine e l'affetto degli universitari di Roma a Benedetto XVI nel quinto anniversario dell'elezione

    ◊   Una lettera per esprimere a Benedetto XVI tutto l’affetto e la vicinanza degli universitari romani. E’ il documento consegnato questa mattina al Pontefice durante l’udienza generale del mercoledì. La missiva, scritta in occasione del quinto anniversario della sua elezione, è stata firmata da oltre 1200 giovani provenienti da atenei statali, privati e cattolici della capitale e da rappresentanti della Pastorale Universitaria Diocesana. Il servizio di Marina Tomarro.

    “Beatissimo Padre lei ci ha affidato una responsabilità che ci affascina e riempie di trepidazione: cioè essere operatori della carità intellettuale. Con lei abbiamo imparato che lo studio è servizio è via per promuovere e costruire la civiltà dell’amore”: questo è il cuore del messaggio di affetto e di augurio che 1200 universitari di Roma hanno voluto far giungere a Benedetto XVI. Ma come nasce questa iniziativa? Mons. Lorenzo Leuzzi direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria della diocesi:

    “I giovani universitari di Roma hanno voluto manifestare al Santo Padre i sentimenti di gratitudine, oltre che di affetto, per la sua persona, per il suo insegnamento, perché in questi cinque anni, i giovani hanno sperimentato l‘importanza delle sue prospettive teologiche e spirituali, indispensabili per preparare giovani credenti, capaci domani di dare una testimonianza di come il Vangelo sia oggi capace di orientare la vita sociale e culturale del nostro tempo. Si tratta di un rapporto che è sempre cresciuto e negli ultimi tempi il Papa ha chiesto ai giovani universitari di essere operatori della carità intellettuale, invitando i giovani a vivere lo studio come momento di servizio, sia per se stessi sia poi per il servizio, che loro sono chiamati a svolgere nell’attività professionale”.

    Ma cosa ha spinto i giovani a scrivere questa lettera? Ascoltiamo la testimonianza di Antonella Mancuso tra i firmatari del documento:

    R. - Innanzitutto, per dimostrare il nostro affetto e il nostro appoggio ad un grande Papa, che tanto ha fatto e tanto fa per la Chiesa e soprattutto per noi giovani, perché con le sue azioni non fa altro che palesare il suo amore per i giovani e per la nostra vita.

     
    D. – Che cosa rappresenta per te la figura di Papa Benedetto XVI?

     
    R. – E’ una figura che rappresenta la fermezza e l’amore. Credo che la Chiesa in questo momento abbia bisogno di una figura mite e ferma come la sua, soprattutto in questi tempi.

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    Dalle Chiese Orientali Cattoliche

    ◊   Sua Beatitudine il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, dopo aver ottenuto il consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, riunitosi a Lviv dal 29 novembre al 5 dicembre 2009, e informata la Sede Apostolica, a norma del can. 85 § 2 e 4 del Cceo, ha promosso mons. Jaroslav Pryriz, dei Padri Redentoristi, da vescovo titolare di Auzia ed ausiliare dell’eparchia di Sambir-Drohobych degli Ucraini a vescovo coadiutore della medesima circoscrizione ecclesiastica. Mons. Jaroslav Pryriz è nato il 30 marzo 1963 a Lastivka, eparchia di Sambir-Drohobych degli Ucraini, regione di L’viv, Ucraina. Ordinato sacerdote il 13 dicembre 1988, nel 1993 è entrato nella Congregazione dei Padri Redentoristi. Ha emesso i primi voti nel 1994. Dal 1991 al 1997, con qualche interruzione, ha studiato presso il Pontificio Istituto Orientale a Roma, dove ha ottenuto la licenza in Scienze ecclesiastiche orientali. Ha svolto servizio pastorale in diverse parrocchie dell'eparchia di Sambir-Drohobych. Dal 1997 al 2001 è stato prefetto degli studi presso l'Istituto dei Padri Redentoristi a L’viv e in seguito rettore del medesimo. Dal 2005 al 2006 è stato protosincello dell’eparchia di Sambyr-Drohobych. Il 2 marzo 2006 è stato eletto vescovo ausiliare dell’eparchia di Sambir-Drobobych degli Ucraini e consacrato il 29 aprile successivo.

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    Mons. Migliore: la comunità internazionale difenda valori e cultura dei popoli indigeni

    ◊   La devastante crisi finanziaria ha duramente colpito anche le popolazioni indigene. Tenendo conto di questo scenario, la Santa Sede ha esteso i propri programmi e progetti per un globale miglioramento delle loro condizioni di vita. E’ quanto ha sottolineato ieri l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, arcivescovo Celestino Migliore, intervenendo a New York alla nona sessione del Forum dell’Onu sulle questioni indigene. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

     
    E’ incoraggiante constatare che dopo l’adozione della Dichiarazione dei Diritti dei Popoli Indigeni, nonostante la crisi e le difficoltà in alcuni settori, sono stati realizzati “progressi promettenti" sulle questioni che riguardano queste popolazioni. Lodevoli sforzi – ricorda l’arcivescovo Celestino Migliore - sono stati compiuti, in particolare, “per preservare cultura e patrimonio” di tali popoli. Il cambiamento delle politiche di sviluppo in favore del rispetto delle culture locali, comprese quelle indigene, è atteso da tempo. Integrando cultura e sviluppo ci saranno indubbiamente risultati efficaci. La Santa Sede – spiega il presule – sottolinea in particolare “la dimensione dell’identità culturale” e considera fondamentale avere una visione integrale “dello sviluppo che comporta il benessere di tutto l'uomo e di tutta la comunità”. L’obiettivo dello sviluppo è indissolubilmente connesso alla lotta contro la povertà e a stili di vita sostenibili. La visione tradizionale indigena di sviluppo – fa notare l’arcivescovo Celestino Migliore - si concentra “sullo sviluppo umano nella sua interezza” e considera sacri la terra e l’ambiente. Le risorse di cui dispone l’uomo non devono essere ridotte a mere attività economiche. Oltre alla dimensione economica, lo sviluppo deve prevedere anche elementi sociali, culturali e spirituali. Devono essere rispettati – afferma il presule - “il desiderio di vivere in forte simbiosi con la natura” e “la profonda coscienza religiosa” dei popoli indigeni. Sostenere la cultura indigena non significa tornare sempre al passato, ma andare avanti mantenendo valori e principi. Di fronte “alla modernizzazione, all'industrializzazione e all'urbanizzazione, questi valori non devono essere trascurati”. Questo rende necessario promuovere la comprensione e il rispetto della cultura indigena. I popoli indigeni – afferma infine l’arcivescovo Celestino Migliore - devono essere in grado di scegliere la loro lingua, praticare la loro religione, e partecipare attivamente nel plasmare la loro cultura. Nel preservare il loro patrimonio culturale, “la promozione delle lingue indigene e l'educazione interculturale è cruciale”. In questo spirito - conclude il presule - la Santa Sede promuove centri di studio di lingue indigene, spesso a rischio di estinzione. Ed è impegnata “nella promozione dello sviluppo culturale”, finalizzato “all'arricchimento umano e spirituale delle popolazioni”.

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    Consacrazione di un nuovo vescovo in Cina

    ◊   Domenica scorsa, nella cattedrale del Sacro Cuore di Hohot, in Cina, ha avuto luogo l’ordinazione episcopale di mons. Paolo Meng Qinglu. Mons. Meng, del clero diocesano, 48 anni d’età e 21 di sacerdozio, era stato approvato dalla Santa Sede come vescovo di Hohot e dal 2006 guidava la diocesi come amministratore. Le autorità cinesi hanno approvato la sua consacrazione. La liturgia dell’ordinazione episcopale è stata presieduta da mons. Paolo Pei Junmin, vescovo diocesano di Shenyang, compagno di studi e amico personale del nuovo presule. I vescovi Giovanni Liu Shigong di Jining, Mattia Du Jiang di Bameng e Giuseppe Li Jing di Ningsia (Yinchuan) sono stati i co-consacranti. Tutti i suddetti presuli sono in comunione con il Santo Padre e riconosciuti dal governo. Mons. Du Jiang, consacrato nel 2006 alla guida della comunità cattolica di Bameng, è stato riconosciuto ufficialmente dalle autorità con una solenne cerimonia di insediamento, avvenuta l’8 aprile. Mons. Meng, originario della Mongolia Interna, è nato nel 1962 in una famiglia cattolica di Wumeng. Entrato nel seminario di Hohot nel 1985, ha compiuto gli studi di teologia ed è stato ordinato sacerdote nel 1989. In seguito è stato insegnante di teologia morale e decano degli studi nel medesimo seminario. Il compianto mons. Giovanni Battista Wang Xixian, vescovo di Hohot, deceduto nel 2005 all’età di 79 anni, lo aveva nominato dapprima vicario generale e poi responsabile della Commissione per le proprietà della Chiesa e incaricato della costruzione delle nuove chiese. Il rev. Meng ha potuto passare due brevi periodi di studio all’estero (a Hong Kong e in Belgio). È il più anziano fra i giovani sacerdoti della diocesi. La partecipazione di 3.000 fedeli alla solenne cerimonia della consacrazione episcopale, anche se solo 600 sono potuti entrare nella cattedrale, e la presenza di una ottantina di sacerdoti, che hanno concelebrato l’Eucaristia, sono espressione della grande gioia della comunità diocesana per il dono di un nuovo pastore. La diocesi di Hohot (arcidiocesi di Suiyuan) si trova nella Mongolia Interna, a 668 chilometri a nord-ovest di Pechino e a nord della regione autonoma di Ningxia: si estende su un vasto territorio di 100.000 chilometri quadrati, area in cui i membri della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria (Missionari di Scheut) avevano promosso l’evangelizzazione sin dal 1883. Attualmente la circoscrizione ecclesiastica di Hohot conta più di 50.000 fedeli, una sessantina di sacerdoti, circa cento religiose appartenenti a quattro Istituti, una quarantina di seminaristi. Fra le opere sociali della diocesi si distinguono alcune cliniche e case per anziani. Mons. Meng ha affermato che dovrà pensare a creare qualche struttura per organizzare gli affari della Chiesa, i bisogni delle parrocchie, le finanze e le questioni riguardanti le proprietà della Chiesa. Fra le priorità del suo ministero episcopale ha segnalato la formazione del clero. “Credo che la mia ordinazione - ha detto - farà emergere un nuovo volto e unirà i sacerdoti per lavorare insieme per la pastorale e per l’evangelizzazione”. Il presule si è detto fiducioso anche per la riconciliazione all’interno della comunità cattolica. Nell’affidare mons. Meng e la sua comunità diocesana alla protezione materna della Vergine Maria, tutti si augurano che, nello spirito della Lettera che il Santo Padre Papa Benedetto XVI ha indirizzato alla Chiesa in Cina nel 2007 (n. 12), egli possa svolgere con dedizione e con amore a Hohot la missione che Nostro Signore Gesù Cristo ha affidato alla sua Chiesa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’amore di Dio è più grande di tempeste e naufragi: all’udienza generale il Papa ricorda il viaggio a Malta.

    Recuperare produttività: in prima pagina, un fondo di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo “Il tempo della formica”.

    Mogadiscio alla fame: in rilievo, nell’informazione internazionale, la drammatica situazione nella capitale somala.

    In viaggio a Malta passando per il Vaticano: in cultura, Antonio Paolucci sul naufragio dell’apostolo in un affresco della Cappella Paolina.

    Il “vescovo” che sconfisse Massenzio: su Chiesa e popolo secondo Eusebio di Cesarea un contributo del cardinale Raffaele Farina tratto dal volume “Laicità tra diritto e religione da Roma a Costantinopoli a Mosca”.

    Non di fronte ma dentro la sofferenza: Ferdinando Cancelli sulla Sindone e la risposta cristiana al mistero del dolore.

    L’ingenuo che piaceva a Picasso: Sandro Barbagallo recensisce una mostra, a Basilea, che ricorda - a cent’anni dalla morte - Henri Rousseau.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Quant’è bella la natura ‘contaminata’”: il fascino del vero nelle fotografie di Elio Ciol esposte a Milano.

    Gaga Shurgaia ricorda Sota Rustaveli, il maggior poeta georgiano, autore de “Il cavaliere dalla pelle di leopardo”.

    Un articolo sull’ordinazione episcopale del nuovo vescovo diocesano a Hohot, nella Mongolia Interna (Cina).

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    Oggi in Primo Piano



    Il cardinale Ortega: Cuba ha bisogno di cambiamenti e del dialogo con gli Stati Uniti

    ◊   Il governo di Cuba deve realizzare “i necessari cambiamenti” per risollevare la propria economia. E’ quanto sottolinea in un’intervista rilasciata al settimanale cattolico “Palabra Nueva” il cardinale Jaime Lucas Ortega, arcivescovo dell’Havana. Il porporato auspica anche la promozione di un autentico dialogo tra Cuba e Stati Uniti. Sul significato di questa intervista si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il giornalista cileno esperto di questioni latinoamericane, Luis Badilla:

    R. – Oserei dire che si tratta di un’intervista storica. La riflessione principale del cardinale Ortega riguarda il futuro del Paese. A Cuba, tutti – Chiese, autorità, settori sociali diversi – desiderano il cambiamento. Nessuno dubita su questa necessità. L’auspicata serenità, la ricerca del consenso e il dialogo – afferma il cardinale – oggi a Cuba rischiano di essere soppiantati dallo scontro, dalla repressione, che genera poi più violenza. E questo semplicemente perché, oltre alla necessità del cambiamento, c’è adesso anche l’elemento dell’urgenza. Non basta cambiare. Occorre farlo subito e “non domani”, sottolinea il cardinale.

     
    D. – Un’altra riflessione del cardinale Ortega, non meno importante, riguarda il rapporto tra Cuba e Stati Uniti…

     
    R. – L’idea secondo la quale Cuba deve prima introdurre i cambiamenti e poi aprire un negoziato con Washington - afferma il porporato - è anacronistica e incoerente, oltre ad essere – come dimostrano gli ultimi 50 anni di storia recente – totalmente inefficace e attendista. Occorrono audacia, lungimiranza, sia da parte delle autorità degli Stati Uniti, sia da parte di quelle cubane. Viene in mente la frase di Giovanni Paolo II: “..Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. I tempi ora lo permettono. Forse anni fa, in piena Guerra Fredda, questo non era possibile. Gli Stati Uniti dovrebbero aprire subito il dialogo, senza porre condizioni. E questo perché – afferma il cardinale Ortega – anzitutto ci si deve incontrare. Successivamente, sugli sviluppi del dialogo, si fanno i passi che possono migliorare le situazioni difficili o permettere di superare i punti critici.

     
    D. – La strada del cambiamento passa, dunque, anche attraverso la fine dell’embargo da parte degli Stati Uniti?

     
    R. – Certamente. Su questo i vescovi, già da molti anni, si sono pronunciati. Ritengono l’embargo dannoso per il popolo cubano e soprattutto inefficace, perché non è servito a nulla. E’ stato anzi, per certi versi, un pretesto per giustificare inefficienze ed errori e per favorire, in definitiva, il mantenimento di una situazione che andava magari cambiata già molto tempo fa.

     
    D. – Quale ruolo può avere la Chiesa nel promuovere un autentico cambiamento a Cuba?

     
    R. – Il ruolo lo possiamo già vedere nelle parole del cardinale Ortega. In questo momento, il porporato invita a riflettere sul fatto che non si può andare avanti aspettando domani. Il domani – a questo punto – può diventare una tragedia. Molti potrebbero allora essere i ruoli della Chiesa. In questo momento emerge quello della coscienza critica. Dobbiamo cambiare e dobbiamo farlo subito. Domani potrebbe essere troppo tardi!

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    I vescovi del Nord Africa a Rabat per discutere di libertà religiosa e dialogo con l'islam

    ◊   I vescovi della Conferenza episcopale del Nord Africa sono riuniti in questi giorni a Rabat, in Marocco. Gli interventi dei presuli prendono spunto dai Lineamenta del Sinodo per il Medio Oriente e trattano in modo particolare la questione dei rapporti tra cristiani e musulmani. Forte accento sulle numerose espulsioni di missionari cristiani dalla regione e sulle difficoltà nell’esercizio della libertà di culto e di religione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto dell’area maghrebina:

    R. - Diciamo che l’ondata di espulsioni che c’è stata dall’inizio di marzo in Marocco non rappresenta una novità assoluta nell’area. Certo, ha stupito molto la contemporaneità di queste espulsioni che hanno riguardato sia missionari cattolici che delle Chiese evangeliche. Il fenomeno, peraltro, non è del tutto nuovo in Marocco: anche negli anni scorsi c’era stato uno stillicidio di espulsioni; e soprattutto, il fenomeno non è nuovo nell’area del Maghreb e del Nord Africa e in modo particolare in Algeria, dove si sono ripetuti negli ultimi anni episodi di espulsioni, soprattutto di pastori protestanti e pastori evangelici. Il fatto nuovo in Marocco è che l’accusa di proselitismo viene fatta in una situazione nuova: in questo Paese, negli ultimi anni, è nata una comunità di cristiani, di origine marocchina, e quindi queste espulsioni hanno portato in superficie un fenomeno sommerso. Questo gruppo reclama un dialogo con il governo del Marocco ed una libertà di fede che non ritiene oggi garantita nel loro Paese.

     
    D. - Proprio l’esercizio della libertà di culto, della libertà religiosa, è uno dei temi scottanti di questa regione...

     
    R. - Fino adesso le comunità cristiane non hanno avuto grossi problemi nei Paesi del Maghreb, a condizione naturalmente di rimanere nell'ambito delle proprie comunità, che sono nella stragrande maggioranza comunità di origine straniera. Del resto, il grande merito di queste Chiese è quello di aver mantenuta viva una fede in popolazioni di nuova immigrazione: la presenza delle Chiese in questi Paesi ha costituito un alimento spirituale per queste comunità. Sono state, però, inevitabili delle contaminazioni con la popolazione locale. Alcune Chiese evangeliche sono più attive e questo ha creato tensione con i governi in Stati dove l’Islam è religione di Stato. In tutte le Costituzioni degli Stati del Maghreb, però, c’è anche teoricamente la libertà di professare la propria fede. Oggi i cittadini di questi Paesi rivendicano di potersi dichiarare cristiani liberamente, di esercitare liberamente il proprio culto, naturalmente nelle sedi appropriate. Questo mi pare essere la sfida dei prossimi anni.

     
    D. – Il Nord Africa è anche terreno di incontro tra cristiani e musulmani …

     
    R. – Direi che le esperienze di questi Paesi sono molto positive e vanno ben al di là del semplice dialogo. Io lo chiamerei un vero e proprio incontro. Comunità, quelle cristiane e musulmane, che si conoscono, che si riconoscono e che intraprendono anche cammini in comune. Si pensi ad esempio alla solidarietà che in genere le Chiese portano nei confronti degli strati più deboli e più poveri della popolazione, cooperando con le associazioni musulmane. C’è una fattiva collaborazione sul terreno, forse molto più avanti di quello che non sia lo stesso dialogo teologico, che non si è mai interrotto e che continua, ma che sul piano dell'immediatezza non fa nascere quella reciproca e concreta conoscenza che viene invece dal lavorare insieme.

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    Sri Lanka: il partito del presidente vince le elezioni

    ◊   Il partito del presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha vinto le elezioni parlamentari dello scorso 8 aprile con una maggioranza di 144 seggi su un totale di 225 dell'assemblea legislativa. Lo ha reso noto la Commissione elettorale di Colombo, che ha pubblicato i dati definitivi delle consultazioni. Al secondo posto, con 60 seggi, si è piazzato il Partito nazionale popolare guidato dal leader dell'opposizione Ranil Wikremasinghe. Seguono il Partito dello Stato Tamil, con 14 seggi, e l'Alleanza Democratica Nazionale, ferma a 7 e guidata dall'ex generale Sarath Fonseka, già avversario di Rajapaksa alle ultime presidenziali e ora sottoposto a corte marziale. A breve sarà annunciato il nuovo governo, anche se il partito presidenziale non ha raggiunto l’obiettivo dei due terzi del Parlamento, mancato per 6 seggi. Sulla situazione politica in Sri Lanka si sofferma Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Perugia-Terni, intervistata da Giada Aquilino:

    R. – Sembra che il governo volesse ottenere la maggioranza dei due terzi nel sistema proporzionale, attualmente in vigore nello Sri Lanka, per poter mettere mano alla Costituzione. Ma non è chiaro che cosa intenda dire il presidente Rajapaksa quando afferma di voler modificare la Costituzione. Nello Sri Lanka esiste un sistema proporzionale, introdotto dalla Costituzione del 1978, che fa sì che il presidente non riesca mai ad ottenere una maggioranza qualificata per poter introdurre nel Paese delle riforme costituzionali tali da affrontare, se non risolvere politicamente, il problema del rapporto tra la maggioranza cingalese e la minoranza tamil. Nel programma elettorale di Rajapaksa non è emerso chiaramente il motivo di questa riforma, se non quello di introdurre un sistema maggioritario che consentirebbe alla sua parte politica di poter mettere mano alla Costituzione, anche con la maggioranza del 50,90 per cento circa dei voti.

     
    D. – Il Partito dello Stato Tamil ha ottenuto 14 seggi a queste elezioni. Rajapaksa ha promesso di discutere con i Tamil una forma di condivisione del potere nelle zone del nordest. E’ possibile?

     
    R. – Il problema passa sempre e di nuovo per la Costituzione, nel senso che l’attuale testo contiene il 13.mo emendamento che, in qualche modo, impone al governo il fatto di avviare un processo di devolution verso le province tamil. Al tempo stesso, però, il presidente Rajapaksa rifiuta qualsiasi ipotesi federalista. L’idea che sembra emergere è che voglia ricostruire il Paese dopo 26 anni di guerra, riportando una condizione di sviluppo diffuso anche nel nord e nel nordest del Paese. Non una devolution dei poteri, quindi, ma un’estensione del benessere economico. Questo vuol dire anche investimenti stranieri. Ciò che temono molto sia i tamil sia i musulmani del nord e del nordest è che tutta la zona venga colonizzata dalla maggioranza cingalese, ovvero che vengano messi in campo investimenti di tipo infrastrutturale, turistico, economico controllati dai cingalesi.

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    Rapporto dell’European Migration Network sull'immigrazione dei minori non accompagnati

    ◊   Sono circa 8mila i minori stranieri non accompagnati arrivati in Europa negli ultimi anni, quasi 5mila di essi solo nel 2008. Dati questi che rendono bene l’idea dell’ampiezza del fenomeno illustrato dal Rapporto nazionale dell’European Migration Network, presentato presso la Sala Marconi della Radio Vaticana. In Italia il fenomeno ha riguardato nel 2007 circa 1.700 minori, che per effetto delle politiche migratorie sempre più restrittive si sono ridotti a meno di mille nel 2009. La preoccupazione delle organizzazioni che si occupano di dare assistenza ai migranti riguardano proprio l’aspetto normativo disomogeneo in ambito Europeo, in base al quale si rischia di venir meno al dovere dell’accoglienza nei confronti di questa categoria particolarmente vulnerabile di migranti. Il servizio di Stefano Leszczynski.

     
    La ‘fortezza Europa’ rischia di divenire sempre meno accessibile a quanti fuggono dai propri Paesi per allontanarsi da situazioni di pericolo o di miseria estrema. La pratica dei respingimenti, delegata agli Stati europei di frontiera, impedisce sempre più spesso di accogliere chi ha bisogno di un rifugio sicuro, primi tra tutti i minori stranieri non accompagnati. La mancanza di normative uniformi in ambito comunitario in materia di accoglienza, rimpatri assistiti e protezione internazionale rischia di provocare dei veri e propri drammi umanitari. Don Giancarlo Perego, direttore dell’associazione Migrantes:

    “Crediamo che sempre di più si lavori nella direzione di preferire ai respingimenti tutte le forme di protezione e di assistenza, sapendo che la politica del domani e anche il futuro dell’Europa passano soprattutto attraverso una politica sociale, che sappia reinterpretare e incontrare i volti di un miliardo di persone, che ogni anno lasciano il proprio Paese: vittime di guerra, vittime della fame, vittime di disastri ambientali”.

    La Chiesa tra i tanti operatori che si occupano del fenomeno mantiene il proprio impegno umanitario e solidale. Lo stesso Benedetto XVI ne ha dato conferma nel corso del suo viaggio apostolico a Malta. Sentiamo l’intervento di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana:

    “La voce della Chiesa cerca di essere costruttiva, anche in rapporto con le istituzioni, che vogliono affrontare i problemi con concretezza”.

    Nonostante le difficoltà, si moltiplicano le iniziative di sostegno anche nei confronti dei migranti più giovani per consentire loro di compiere un percorso di rientro assistito nei Paesi d’origine. Ci spiega di cosa si tratta Antonio Ricci, coordinatore del Rapporto dello European Migration Network:

    “Sono piccoli progetti che, però, hanno una portata enorme, perché permettono il reinserimento di migranti, che hanno fallito il primo progetto migratorio. Uno degli elementi di problematicità è il fatto che in Italia sono esclusi da questa categoria i migranti irregolari e quindi chiaramente si tratta di una misura che nell’ordine attuale delle cose viene implementata per una o due persone l’anno: un nulla in confronto ai quasi 8 mila minori non accompagnati, segnalati nel 2008”.

    Le norme restano tuttavia complesse, soprattutto in alcuni Paesi, e categorie particolarmente vulnerabili, come quella dei richiedenti asilo minorenni, rischiano di non essere sufficientemente tutelate. Come ci spiega padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli:
     
    “Purtroppo, non siamo capaci di rendere pacifiche le realtà dalle quali provengono questi ragazzi. L’effetto dei respingimenti impedisce di tutelare il diritto dei minori, dei rifugiati, e rende i viaggi più pericolosi. Non si colpiscono i trafficanti, che continuano a guadagnare: più è impegnativa la rotta e più guadagna il trafficante”.

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    Crisi umanitarie sempre più dimenticate sui media in Italia

    ◊   Nel suo annuale “Rapporto sulle crisi umanitarie dimenticate dai media”, Medici Senza Frontiere richiama alla necessità di porre attenzione al dramma di milioni di individui piagati da conflitti e malattie in tutto il mondo. La presentazione del rapporto 2009, oggi a Roma, per la prima volta pubblicato in un libro, è stata l’occasione per il lancio di una nuova campagna di sensibilizzazione. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:

    E’ soprattutto un richiamo a riconoscere la centralità alla persona e il dramma di milioni di individui che vivono in situazioni di crisi umanitaria, quello che emerge dall’ultimo rapporto sulle crisi dimenticate di Medici Senza Frontiere. Un appello ad andare oltre le questioni economiche e politiche, che pure sottendono guerre, catastrofi, epidemie e condizioni di ingiustizia sociale, per porre attenzione a quell’umanità piagata che spesso grida, senza voce, nel deserto. Sono dieci le crisi dimenticate a cui quest’anno l’organizzazione umanitaria ha deciso di porre attenzione nella sua provocatoria classifica delle “Top Ten”. Ce ne parla Kostas Moschochoritis, Direttore generale di Msf Italia:

     
    “Ci sono tre contesti medici, cioè le malattie dimenticate, l’Hiv e la malnutrizione infantile, e sette conflitti. In Africa abbiamo il Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo, dove ci sono anche attacchi contro la popolazione civile, dove la popolazione da più di dieci anni vive questa situazione terribile; poi c’è la Somalia, e qui le parole non bastano; c’è anche il Sudan: a parte il Darfur, c’è la parte del Sud Sudan dove c’è stato l’Accordo di pace ma la popolazione vive una situazione molto lontana dall’essere pacificata. Ci sono poi lo Yemen e lo Sri Lanka, dove i civili, intrappolati tra i due combattenti, sono rimasti senza aiuto, senza accesso alle organizzazioni umanitarie da ormai molto tempo. Infine, ci sono Afghanistan e Pakistan, da dove le notizie arrivano, ma non le notizie che riguardano i civili”.

     
    Un silenzio di cui sono vittima anche gli stessi operatori umanitari:

     
    “Nel 2009, siamo stati costretti ad abbandonare il nostro progetto a Swat, in Pakistan, perché due dei nostri operatori pakistani erano stati uccisi e perché l’inasprimento dei combattimenti ci ha imposto di porre termine alla nostra presenza nel Paese. Centinaia di migliaia di civili senza aiuti adeguati vivono in condizioni difficili, e tutto questo non 'passa': 'passa' l’attentato … Non parlare della popolazione che subisce le conseguenze di questo contesto, davvero è ingiustificato ma anche controproducente per risolvere, un giorno, il problema”.

     
    Drammi per lo più sconosciuti all’opinione pubblica soprattutto perché non trovano spazio nei media. Ancora Moschochoritis:
     
    “Usiamo l’Osservatorio di Pavia per fare questo confronto tra notizie che riguardano questi Paesi, questi contesti e notizie di altro tipo. Per esempio, le malattie dimenticate come la malattia del sonno, la leishmaniosi: in tutti i telegiornali della Rai e di Mediaset non c’è stata nessuna notizia, ma queste malattie riguardano milioni di persone!”.

     
    Una mancanza di attenzione – spiega – che delude la domanda di informazione che viene dalla popolazione, ed è motivata piuttosto da problematiche di natura economica:

     
    “Ci sono anche problemi pratici, come il taglio del budget dei media che, ovviamente, hanno minori notizie dal mondo lontano".

     
    Ma – aggiunge – si tratta soprattutto di una questione culturale e della necessità di guardare ai problemi da prospettive diverse:

     
    “Tutti parliamo di Afghanistan, ma a parte le notizie che riguardano il contingente italiano oppure la strategia di Washington, nessuno parla in maniera adeguata della popolazione afghana: l’accesso alle cure e le condizioni di vita. Il problema vero è che quando in Italia, per esempio, si parla di un conflitto, sostanzialmente se ne parla in quanto possa esservi coinvolto un italiano, oppure si parla del tanker italiano sequestrato dai pirati della Somalia…Anche quando si parla di contesti difficili, delle condizioni degli attacchi che subiscono le popolazioni come ad esempio nella Repubblica democratica del Congo, non vengono alla luce!”.

     
    Per promuovere questo cambiamento culturale, Msf intende coinvolgere i media e insieme l’opinione pubblica:

     
    “C’è la campagna 'adotta una crisi dimenticata' e che è rivolta ai media, alle università di giornalismo … Quest’anno lanciamo la campagna 'accendo un riflettore sulle crisi dimenticate' che è rivolta al pubblico italiano che abbia voglia di sapere di più, affinché chieda maggiori informazioni su questi temi.”

     
    Una vera mobilitazione nazionale che sollecita il contributo di ciascuno. Sul sito www.crisidimenticate.it, sono presentate, per l’occasione, le informazioni sulle modalità di sostegno dell’iniziativa.

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    Convegno a Molfetta su don Tonino Bello: intervista con mons. Fragnelli

    ◊   Convegno e veglia di preghiera ieri presso la parrocchia Madonna della Pace di Molfetta in occasione del 17.mo anniversario della morte del Servo di Dio Antonio Bello, o come preferiva farsi chiamare don Tonino. Presenti al convegno, mons. Domenico Amato, vice postulatore della Causa di Beatificazione, mons. Giudici, presidente nazionale di Pax Christi e mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Castellaneta e delegato per la pastorale giovanile in Puglia. Su cosa sia emerso dal convegno, ascoltiamo, al microfono di Carla Ferraro, mons. Fragnelli:

    R. – Ha messo in evidenza ancora di più l’attualità del messaggio di don Tonino, che è un pastore a tutto tondo che ha dato la sua vita per il suo gregge: è un profeta che ha saputo portare il messaggio fin nel cuore della società, ed è un poeta, un poeta della fede, un poeta della dignità umana. Credo che nell’oggi il dialogo tra la Chiesa e la società, e il dialogo delle vocazioni tra di loro, possano approfittare, possano avvantaggiarsi del rapporto con don Tonino, della scoperta di questo testimone eccezionale del secolo scorso.

     
    D. – “Nella preghiera – diceva don Tonino – chiedete a Maria che vi dia non solo le cose della terra, ma anche tanta capacità di guardare al cielo” …

     
    R. – Potremmo dire che in lui, continuamente, sotto lo sguardo di Maria, si sia unito, alla ricerca del cibo terreno di cui i giovani hanno bisogno, la ricerca del cibo che dura per la vita eterna.

     
    D. – “Una serie di paure contaminano l’uomo moderno”, diceva don Tonino. Nello scenario meridionale, dove lei svolge il ministero episcopale, quali rimedi al disagio giovanile e alla lotta alla criminalità?

     
    R. – Il primo rimedio è dare ai giovani l’opportunità di incontrarsi e di incontrarsi attorno a contenuti di alto profilo formativo, educativo, riportare alla luce il tema dell’educare attraverso la forza contagiosa di testimoni che sanno parlare; evitare che i giovani rimangano schiavi di una solitudine che è fortemente incentivata anche dal complesso comunicativo della tecnologia moderna …

     
    D. – Quale sarebbe oggi l’incoraggiamento di don Tonino per tutti i fedeli?

     
    R. – Ha promosso continuamente uno stile di comunione, di “convivialità delle differenze”, come egli dice. Questo è un messaggio permanente, è un messaggio che non abbiamo ancora finito di scoprire e di attualizzare. Dobbiamo continuare su questa linea perché in questo messaggio c’è una sorgente di speranza per la società intera e in particolare per la Chiesa, in questo inizio di Millennio.

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    Manifestazione contro gli abusi: non per strumentalizzare la lotta alla pedofilia ma per aiutare i bambini

    ◊   Una manifestazione popolare contro la pedofilia e la pedopornografia: è l’iniziativa promossa dall’Associazione “Chiara e Francesco”, per questa fine settimana (23-25 aprile) a Torvaianica, vicino Roma. L’associazione, nata da un gruppo di giovani e famiglie di una parrocchia di Torvaianica, è concretamente impegnata dal 2003 a favore dei bambini con due case famiglia che ospitano minori vittime di abusi. Sul significato di questa iniziativa, Alessandro Gisotti ha intervistato il presidente del sodalizio, Alessandro Orsini:

    R. – Il significato è proprio di non lasciare soli i bambini, perché noi ci siamo accorti, dopo più di sette anni in cui abbiamo aperto delle case famiglie, dove vengono ospitati bambini che hanno subito maltrattamenti e abusi, che era necessario scendere in piazza proprio per parlare alla gente di questi bambini. Non vogliamo lasciarli soli e vogliamo scendere in piazza per dire a questi bambini che non sono soli e per sensibilizzare tutte le persone, che verranno in piazza con noi a Torvaianica in questi giorni, affinché stiano vicine e continuino a parlare a questi bambini che subiscono tutti i giorni, purtroppo, violenze.

     
    D. – Quali sono, sulla base della vostra esperienza, le sfide, le problematiche più urgenti per quanto riguarda i bambini, vittime di abusi in famiglia?

     
    R. – Purtroppo le violenze nascono principalmente in famiglia. Quindi, prima di tutto, abbattere il muro di omertà. Molte volte le persone che possono accorgersene – parenti, vicini, insegnanti – devono parlare, segnalare che c’è qualcosa che non va, perché i bambini danno dei messaggi. Molte volte, quando vediamo i bambini irrequieti, i bambini che a scuola creano più problemi, quelli più violenti, sono bambini che hanno alle loro spalle una storia di violenza, di abuso. Quindi, fare delle segnalazioni, stare vicino a quei bambini che hanno più bisogno. La cosa principale è abbattere il muro di omertà, che troppe volte lascia soli questi bambini.

     
    D. – In questo periodo si parla molto di pedofilia, quali sono le vostre speranze, soprattutto per le vittime, per i bambini?

     
    R. – E’ vero che in questo momento si parla molto di pedofilia, ma secondo noi se ne parla molto male: se ne parla solo per fare notizia e a volte solo per colpire questa o quella persona. Noi vogliamo che i mass media si occupino di questo fenomeno per fare prevenzione e per stare vicino ai bambini e non per utilizzarlo per attaccare e fare solo notizia, quando esce fuori un caso di pedofilia. I bambini hanno bisogno di persone che gli stiano vicino: dalle istituzioni alle singole persone. Ognuno di noi può fare qualcosa.

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    Chiesa e Società



    Tutta la Cina ha ricordato oggi le vittime del terremoto del Qinghai

    ◊   La Cina ha celebrato oggi una giornata di lutto per le vittime del terremoto nel Qinghai. Bandiere a mezz’asta davanti a tutti gli edifici pubblici; sospesi incontri di svago e trasmissioni leggere. Nella capitale, un incontro del Comitato permanente del Politburo, con i vertici del Partito e dello Stato, è iniziato con alcuni minuti di silenzio. Stamane, - riferisce l'agenzia AsiaNews - nella piazza principale di Jiegu, vicino all’epicentro del terremoto, almeno mille persone vestite a lutto si sono radunate per l’alza bandiera e per l’inno nazionale. Anche le squadre di soccorritori si sono fermati per tre minuti di silenzio. Un lungo striscione accampato davanti alla sede del comune porta la scritta “In memoria dei nostri compatrioti uccisi nel terremoto di Yushu”. Il sisma che ha colpito il 14 aprile scorso la regione dell’altopiano tibetano ha distrutto per quasi l’80% le povere costruzioni di fango, legno e mattoni. Secondo Xinhua, fino a ieri sera il bilancio era di 2.064 morti e di 12.135 feriti. Almeno 195 persone sono disperse. Il lavoro per il recupero dei corpi sotto le macerie continua; monaci tibetani hanno finora lavorato fianco a fianco della squadre di soccorso. La prefettura di Yushu, colpita dal sisma, ha una popolazione costituita al 97% di etnia tibetana. Ma il desiderio espresso dal Dalai Lama, il leader in esilio, di poter visitare l’area, ha incontrato la freddezza della leadership e delle autorità locali. (R.P.)

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    Sfruttate dall'Occidente le già limitate risorse idriche dei Paesi poveri

    ◊   Le già limitate risorse idriche dei Paesi in via di sviluppo rischiano di essere prosciugate in gran parte per la produzione di merci che vanno in Occidente. Lo sostiene uno studio dell'associazione britannica Royal Society of Engineers, secondo cui due terzi del totale dell'acqua utilizzata per produrre alimenti e bevande per la sola Gran Bretagna viene da Paesi che già soffrono per una endemica siccità. Secondo il rapporto - di cui riferisce L’Osservatore Romano - i Paesi in via di sviluppo, spinti dalla richiesta di merci dall'Occidente, stanno utilizzando gran parte delle loro risorse idriche per prodotti d'esportazione, rischiando così di restare a corto d'acqua. Lo studio stila una lista di quanta acqua occorre per la produzione di alcuni cibi e bevande, considerando le quantità necessarie per la produzione di tutti gli ingredienti: per una pinta di birra (circa mezzo litro) se ne vanno 74 litri d'acqua, mentre per una tazza di caffè ne servono 140. Ciò sta a significare che quando la popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi, tra circa vent'anni, in base alle previsioni demografiche, la domanda generale di cibo e energia crescerà del 50% e quella di acqua del 30%, il che potrebbe determinare una crisi idrica mondiale. La Royal Society of Engineers sollecita quindi la comunità internazionale a prendere precauzioni immediate. Sulle risorse idriche, peraltro, la questione cruciale è quella della gestione e della protezione, non certo quella della quantità. L'umanità non ha poca acqua, ma a gran parte della popolazione del mondo non viene garantito l'accesso ad acqua pulita. Proprio in queste settimane sono stati diffusi i dati della scoperta di una gigantesca falda acquifera nel sottosuolo dell'Amazzonia, la più grande del mondo, che potrebbe rifornire di acqua potabile cento volte la popolazione mondiale. Dallo studio effettuato dai ricercatori dell'università del Pará, emerge che l'immenso deposito - 440.000 chilometri quadrati per uno spessore medio di 545 metri - contiene 86.000 chilometri cubi di acqua dolce, una quantità superiore al volume del Mediterraneo. Il pericolo è che, come già accaduto per altre importati falde acquifere sotterranee, anche questa possa essere compromessa da inquinamento o sfruttamento dissennato. (R.G.)

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    Preoccupazione tra le minoranze in Indonesia: confermata la legge sulla blasfemia

    ◊   Varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani in Indonesia stanno manifestando – riferisce L’Osservatore Romano - la loro disapprovazione per la decisione della Corte Costituzionale di mantenere in vigore la legge sulla blasfemia del 1965. Nel passato, le organizzazioni, a nome delle minoranze, avevano chiesto di introdurre degli emendamenti al testo normativo, sottolineando la necessità di garantire la libertà religiosa. Infatti, in Indonesia, ma anche in altri Paesi, tra cui il Pakistan, la legge sulla blasfemia è spesso utilizzata come pretesto per colpire le minoranze musulmane che non si uniformano alla tradizione islamica, ma anche gli appartenenti alle altre religioni non riconosciute, considerati come eretici. Il Governo riconosce soltanto sei religioni, tra cui la cattolica. Tuttavia, anche se riconosciute, le sei religioni devono rispettare leggi o regolamenti ben precisi. Tra questi, il Revised Joint Ministerial Decree on the Construction of Houses of Worship, sulla costruzione di luoghi di culto; l'Overseas Aid to Religious Institutions in Indonesia, sulle donazioni all'estero e il Guidelines for the Propagation of Religion, che vieta il proselitismo nella maggior parte delle situazioni. L'organo costituzionale ha dunque rigettato l'istanza delle organizzazioni umanitarie, riaffermando la piena validità della normativa che “promuove l'armonia sociale”, necessaria in una nazione multiculturale come l'Indonesia, suscitando così l'entusiasmo dei gruppi religiosi legati alla tradizione islamica, alcuni rappresentanti dei quali hanno espresso la loro gioia per il verdetto gridando “Allah è grande” di fronte alla sede della Corte. La legge sulla blasfemia, fra l'altro, proibisce a chiunque di manifestare, in maniera pubblica e deliberata, sentimenti di odio e disprezzo contro le religioni e la pena comminata, in caso di violazione, prevede una massimo di cinque anni di carcere. Talvolta, come accennato, in maniera del tutto pretestuosa è in verità utilizzata per limitare il diritto alla libertà religiosa. La legge è stata utilizzata, per esempio, nel 2008 per spingere il governo a mettere al bando le attività pubbliche della setta musulmana “Ahmadiyah”, considerata eretica dai musulmani legati alla tradizione. Per questo, nel 2009, il gruppo “Alliance for Freedom of Religion”, sostenuto da Ong e leader del dialogo interreligioso, ha dato vita a una campagna per sensibilizzare il Governo sul problema, chiedendo appunto alcuni emendamenti alla legge sulla blasfemia. Dal governo si ribadisce, invece, che “l'islam è aperto a diverse interpretazioni, ma che non si possono toccare i punti fondamentali della fede e della dottrina”. In alcune aree del Paese, i gruppi fondamentalisti islamici stanno tentando di promuovere, in collaborazione con le autorità locali, una politica di chiusura nei confronti delle altre religioni. Nei giorni scorsi, le autorità della reggenza di Bogor, nel West Java, su pressione dei gruppi fondamentalisti, hanno imposto il blocco delle funzioni religiose, senza alcuna comunicazione preventiva, alla comunità dell'Indonesian Christian Church, per presunte irregolarità edilizie. L'iter per la costruzione di una chiesa cristiana nella regione è assai lungo e tormentato, proprio per la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici che, pur di fronte alle regolari autorizzazioni, lottano per far revocare i permessi. Dall'inizio di gennaio, sono almeno undici le chiese protestanti e cattoliche che hanno dovuto interrompere l'attività comunitaria. (R.G.)

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    Orissa: ancora assoluzioni per chi ha attaccato i cristiani

    ◊   Una Corte di giustizia dell’Orissa ha assolto ieri i cinque estremisti indù che hanno lanciato l’assalto alla comunità cristiana e ne ha rilasciati altri diciassette per mancanza di prove. Il sacerdote verbita Edward Sequeira, che ha subito le violenze del pogrom anticristiano ed ha rischiato di essere bruciato vivo, parlando all'agenzia AsiaNews afferma che: “Kandhamal continua a soffrire per le violenze religiose. Molti cristiani non sono tornati, perché hanno paura di essere riconvertiti a forza all’induismo. Ma io tornerò dai miei lebbrosi: hanno bisogno dell’amore della Chiesa”. Il sacerdote, che ora vive in una parrocchia alla periferia del distretto, racconta: “Migliaia di persone sono sfollate, vivono sotto le tende come se fossero immigrati da altri Paesi. Riportare la normalità sembra impresa difficile: anche se la priorità è costruire le case, queste non procedono. Inoltre, non è neanche in programma la ricostruzione di chiese o istituzioni, mentre la sicurezza è ancora un grosso problema per i cristiani”. Al momento, padre Sequeira è costretto a tenersi lontano dalla sua comunità per problemi di salute: “Sono qui per ordine del medico: ho ancora problemi respiratori e polmonari. Ma sono anche qui ‘in incognito’, perché ci sono ancora minacce contro di me. Faccio alcune visite non preannunciate al lebbrosario di Padampur: so che è rischioso ma voglio farlo, perché i lebbrosi sono coloro che hanno più bisogno di noi, i più poveri fra i poveri, emarginati e ostracizzati: vado spesso da loro per aiutarli come posso. La Chiesa ha sempre aiutato con amore e dignità queste persone, tutte di fede indù”. Per quanto riguarda i verdetti emessi negli ultimi giorni, il verbita spiega: “Nel mio caso ho visto gli assalitori rilasciati su cauzione: sono liberi. Ma va detto che c’è una grande organizzazione, ostile ai cristiani, che è potente e violenta. Dal canto suo l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, mons. Cheenath, spiega: “La Chiesa è molto preoccupata dall’alto tasso di assoluzione in queste Corti. Le nostre autorità in materia stanno studiando i verdetti, cercando di capire da dove nascano. Se troveremo qualcosa di sospetto, siamo pronti ad appellarci all’Alta Corte. Ma, dopo i pogrom anti-cristiani, abbiamo presentato 3.232 denunce: soltanto 832 sono state prese in considerazione. Per non parlare del clima di violenza che si respira dentro e fuori i tribunali”. (R.P.)

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    Diritti dei cristiani in India: marcia di migliaia di persone per le strade di Bhopal

    ◊   Circa 5 mila cristiani - riferisce l’Osservatore Romano - hanno manifestato domenica scorsa pacificamente per le vie di Bhopal, nel Madhya Pradesh, per chiedere il rispetto dei loro diritti di cittadini e maggiore tutela. Al corteo, organizzato dall'arcidiocesi di Bhopal, hanno preso parte anche diversi politici e rappresentanti di altre confessioni religiose. I manifestanti, insieme all'arcivescovo Leo Cornelio, hanno marciato con striscioni e bandiere chiedendo alle autorità locali più rispetto e maggiore sicurezza per la comunità cristiana, troppo spesso nel mirino di attacchi e di soprusi da parte di gruppi organizzati. L'arcivescovo Cornelio e altri leader cristiani hanno affermato che il partito di ispirazione indù Bharatiya Janata Party (Bjp) che governa lo Stato dal dicembre del 2003 ha costretto i cristiani a mettersi da parte e a vivere in una condizione di estremo disagio. "Siamo stati messi all'angolo senza alcuna possibilità di movimento - ha sottolineato l'arcivescovo Cornelio - non abbiamo libertà di esprimere le nostre opinioni e ci viene impedito di professare la nostra fede. Il Governo, purtroppo, non sta facendo nulla per impedire le violenze nei nostri confronti, questo facilita sempre più la reazione dei gruppi estremisti. Nel Madhya Pradesh i cristiani sono meno dell'1% su una popolazione di circa 55 milioni di persone, mentre gli indù rappresentano il 91%, il restante 8% è costituito da buddhisti, giainisti, musulmani, sikh e zoroastriani. Le minoranze religiose, soprattutto i cristiani - ha aggiunto mons. Cornelio - sono diventate bersaglio di una campagna ostile che le costringe a vivere sotto costante minaccia e violenza. Negli ultimi sette anni - ha ricordato l'arcivescovo - si sono verificati numerosi attentati nei confronti della comunità cristiana. L'ultimo episodio risale allo scorso 17 aprile, quando un gruppo armato ha attaccato alcuni fedeli riuniti in preghiera. Quel giorno un uomo è morto e altri tre sono rimasti feriti. Molto spesso - ha aggiunto - la Polizia, nel corso delle indagini, non è imparziale e dalla ragione si passa subito al torto con conseguenze drammatiche. Anche noi cristiani siamo cittadini di questo Paese e chiediamo di poter condurre una vita dignitosa e pacifica al pari di altre comunità religiose". La manifestazione organizzata dall'arcidiocesi di Bhopal ha ricevuto il sostegno di eminenti leader musulmani e di numerosi esponenti politici del Madhya Pradesh, i quali hanno elogiato il contributo dei cristiani all'edificazione del Paese. "I cristiani - hanno detto gli esponenti delle altre comunità religiose - non si dedicano alla violenza, ma lavorano per il miglioramento sociale e per la pace, nonostante ciò vengono perseguitati e minacciati per la loro disponibilità e propensione nell'aiutare gli altri". (R.G.)

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    I missionari cristiani speranza per l’India: la testimonianza dell’assassino convertito di suor Rani

    ◊   “Sono pienamente responsabile dell’omicidio di un’innocente, una religiosa che voleva soltanto aiutare i più poveri. Mi pentirò di quanto ho fatto per il resto della mia vita. Non voglio neanche dire di essere stato istigato: sono state le mie mani a colpire”. Così Samandar Singh descrive all’agenzia Asianews il suo pentimento per l’assassinio di suor Rani Maria, 15 anni fa, il 25 febbraio 1995. L’inchiesta diocesana sulla religiosa della diocesi di Indore, in India, è terminata ed è passata al vaglio del Vaticano per accertare che si sia trattato di un martirio per la fede. La conversione di Samandar Singh è stata il primo segno di grazia evidente nel suo radicale cambiamento di vita, a favore dei tribali cristiani e di tutti gli emarginati. Durante gli 11 anni trascorsi in carcere, l’uomo è stato visitato dalla madre, dal fratello e dalla sorella di suor Rani, suor Selmi Paul, che lo hanno abbracciato in segno di perdono. Questo gesto ha colpito talmente Samandar che ha deciso di abbandonare ogni proposito di vendetta contro l’uomo che lo aveva spinto ad assassinare la suora. “Prima di spingermi ad uccidere – ricorda - ho sentito tante falsità intrise d’odio conto i missionari e i fedeli cristiani. Mi dicevano che convertivano le persone con l’inganno, e che il loro lavoro fra i poveri era soltanto una copertura. Ma ora posso dire senza alcun dubbio che i missionari non fanno altro che lavorare e aiutare i poveri e gli emarginati. Non hanno alcuno scopo segreto, se non quello di servire Dio”. Una volta uscito dal carcere, grazie ad una petizione firmata dalla famiglia di suor Rani, dalla responsabile delle suore Clarisse e dal vescovo di Indore, non ha potuto che adoperarsi a favore dei più bisognosi con grande riconoscenza per i missionari che in terra d’India “danno speranza con il loro servizio, teso a rendere indipendente e più forte il popolo indù”. (C.F.)

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    La Chiesa cilena riflette sulle nuove sfide per il Paese nel dopo terremoto

    ◊   I vescovi del Cile, ieri, al termine della loro 99.ma Assemblea plenaria in una dichiarazione conclusiva hanno ribadito la loro gratitudine a Benedetto XVI per la sua costante preoccupazione, e per le sue preghiere, più volte espresse, anche nella persona del suo Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, dopo i luttuosi eventi causati dal terremoto del 27 febbraio scorso. Al tempo stesso i presuli ringraziano il Papa anche per il dono della statuetta della Madonna del Carmine, che ora presiede la Missione continentale e che in queste ore si trova presso l’isola di Juan Fernàndez, la più colpita dal maremoto. E sempre nel contesto dell’emergenza post-terremoto i vescovi del Cile si soffermano a riflettere “sui pregi e sulle debolezze” che il popolo cileno ha espresso in queste circostanze così drammatiche. Si è trattato di un momento, osserva l’episcopato, che può servire per riflettere “sulla forma con la quale ci rapportiamo con la famiglia, con le persone vicine” e dunque anche “sull’identità profonda del Paese”. In linea con il magistero precedente, i vescovi del Cile tornano sul tema centrale della pastorale di questi anni: fare del Paese una “tavola per tutti” per affrontare così la grande questione “del debito sociale in sospeso”, in particolare con i settori sociali più vulnerabili tra cui i poveri e i giovani. Nel ringraziare tutti coloro che si sono prodigati volontariamente per portare soccorso, aiuto e sostegno morale alle popolazioni colpite dal terremoto, tra cui i giovani cattolici, i presuli si rivolgono alle nuove autorità della nazione per chiedere di non dimenticare mai di “mettere al centro delle loro azioni la centralità della persona”, soprattutto “coloro meno protetti così come i ceti medi”. Con l’auspico di grandi successi infine i vescovi lanciano un appello a tutti i partiti, governo e opposizione, “a cercare sempre, con rispetto, le strade migliori per rendere i sogni una realtà” del Paese. Nel contesto delle celebrazioni del Bicentenario dell’indipendenza i vescovi cileno chiedono ancora una volta un “indulto giubilare che benefici i carcerati che hanno scontato già gran parte della condanna e abbiano dimostrato buona condotta, sono malati, anziani e patiscono altre condizioni di vulnerabilità”. Con riferimento agli scandali sugli abusi sessuali da parte di alcuni membri del clero, i presuli, in comunione con il Santo Padre scrivono: “Vogliamo aderire ai chiari e fermi orientamenti del Papa Benedetto XVI, al quale esprimiamo la nostra adesione di fronte alle accuse ingiuste e false che ha ricevuto”. I vescovi dichiarano di voler riflettere continuamente su questa delicata questione, e di procedere con trasparenza ed efficacia ogni volta che sia necessario, come d’altra parte si fa già dal maggio 2003, e poi aggiungono: “nel sacerdozio non c’è posto per chi abusa di un minorenne e non esiste nessun pretesto che possa giustificare questo reato. Alle persone direttamente colpite e alle comunità che in Cile hanno visto un proprio sacerdote essere motivo di scandalo, chiediamo perdono e esortiamo tutti a comunicare questi fatti”. I presuli chiedono infine che “questi fatti dolorosi non siano ostacolo per apprezzare con immensa gratitudine ciò che lo Spirito Santo risveglia nel nostro Paese e nella nostra Chiesa: una primavera di solidarietà e di fraternità e una grande speranza basata sull’incontro con Gesù vivo, e ci trasforma in discepoli e missionari”. (A cura di Luis Badilla)

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    I vescovi boliviani: necessaria la concordia politica contro narcotraffico, violenza e ingiustizia

    ◊   "Sono io, non temete", s’intitola il messaggio dei vescovi della Bolivia a conclusione, ieri, della loro 89.ma Assemblea plenaria, nel corso della quale i presuli hanno riflettuto sulla situazione del Paese e sulle sfide pastorali. In questo contesto per prima cosa i vescovi rilevano l’importanza che i fedeli boliviani abbiano percorso il cammino religioso della recente Settimana Santa con fervore e partecipazione nonché in modo massiccio. Si tratta, affermano, di un buon segno per il presente e il futuro della nazione “che affronta cambiamenti importanti”. I vescovi elencano diverse sfide e si rivolgono a tutti, autorità e popolo, affinché si lavori uniti per raggiungere il successo. Al riguardo si riferiscono al grave “flagello del narcotraffico”, “all’insicurezza cittadina”, “alla manipolazione della giustizia”, “alla polarizzazione delle forze politiche” e alla “responsabilità di fronte alla conservazione e custodia dell’ambiente”. Per i presuli boliviani sono questi i principali problemi del momento ed occorre agire in accordo tutti - autorità, cittadini, forze politiche di governo e opposizione - per trovare le soluzioni migliori e farlo anche presto. D’altra parte, i vescovi, individuano altre due questioni ugualmente fondamentali: le garanzie per la libertà di educazione e la riconciliazione dei boliviani. Sul primo argomento i presuli oltre a ricordare da quanti secoli la Chiesa boliviana si occupa di educazione e di formazione, in particolare dei più piccoli e dei giovani e in luoghi dove magari lo Stato fa difficoltà ad arrivare, riconoscono che l’attuale governo ha fatto molto per migliorare il sistema educativo nazionale e si complimentano. Al tempo stesso però ribadiscono che per la Chiesa spesso è sempre più difficile “poiché le autorità educative, nei diversi livelli, pretendono di imporre alle scuole parificate i loro criteri e il loro personale, annullando il diritto ecclesiale di scegliere i docenti negli istituti cattolici”. I presuli sottolineano che questi atteggiamenti, fuori dalla legge, mettono in pericolo anche “la possibilità di offrire educazione religiosa come si aspettano i genitori nei confronti dei loro figli e ciò, osservano “finirebbe per limitare il pluralismo di pensiero e la libertà d’insegnamento, (diritti) garantiti nella Costituzione politica dello Stato”. Sul bisogno e sull’urgenza della riconciliazione nazionale, dopo un periodo troppo lungo di scontri, polarizzazioni e intolleranze, i vescovi, che tra l’altro ricordano che la Chiesa stessa è segno di unità e fratellanza, lanciano un appello “a tutti i settori della società perché lascino da parte le loro divergenze e depongano ogni atteggiamento intransigente, incoraggiando invece il rispetto reciproco, il dialogo e la concordia, quali espressioni di una vera e autentica ricerca dell’accordo e della riconciliazione per conquistare l’unione nazionale voluta da tutti”. Infine, i vescovi boliviani rendono conto del loro bilancio della prima parte della Missione continentale e si dichiarano soddisfatti, ma ricordano che si è solo all’inizio del cammino: la meta permanente, spiegano, è sempre quella di essere “autentici e convinti discepoli e missionari di Gesù”. Per questo motivo, aggiungono, la sfida è sempre la stessa: essere testimoni di Cristo nel proprio posto, nel lavoro, nella scuola, nell’Università, nel sindacato, ovunque. I presuli della Bolivia si congedano rivolgendo il loro pensiero alle ultime settimane dell’Anno sacerdotale che si chiude nel mese di giugno e, in comunione con Benedetto XVI, chiedono preghiere perché ogni ministro di Gesù sia “un esempio di santità di vita e di donazione generosa”. (L.B.)

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    Il cardinale Bergoglio alla plenaria dei vescovi argentini: prendersi cura di anziani e bambini

    ◊   Prendersi cura di anziani e bambini “che rischiano, a causa dell'efficientismo, del consumismo e dell'edonismo imperante, d'essere trasformati in materiale da esperimento, scartati come cose dal contesto umano e sociale”. Questo l’appello - di cui riferisce L’Osservatore Romano - lanciato dall'arcivescovo di Buenos Aires e primate di Argentina, cardinale Jorge Mario Bergoglio, durante la Messa nella cattedrale metropolitana, che ha aperto la 90ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina. Il rito, concelebrato da cento presuli, ha segnato anche l'inizio delle cerimonie religiose per il bicentenario dell'indipendenza argentina. “Occorre – ha sottolineato il porporato – perché la Patria si senta più Patria, rompere le catene di questo cupo egoismo riconoscendo e rispettando” la inviolabile dignità di bambini e anziani, “promuovendo i loro inalienabili diritti”. “Preghiamo - ha sollecitato il cardinale Bergoglio - per il nostro Paese riconoscendolo come un dono che abbiamo ricevuto in eredità; un dono che va protetto nella sua identità storica, culturale, religiosa, morale; che va incrementato, rafforzato e tramandato alle nuove e alle future generazioni”. Il primate di Argentina ha invitato a non indulgere in memorie storiche e sogni utopistici, ma a operare nel presente “ben saldi e connessi” alle radici del passato. Solo così, ha spiegato “è possibile costruire il futuro della nazione”. “Pregare per il nostro Paese - ha evidenziato ancora il cardinale Bergoglio affidando le intenzioni alla Madonna di Luján - è una dimensione religiosa, un segno di fede che deve poter culminare nella virtù della pietà per i nostri antenati e per i nostri figli. I nostri anziani e i nostri giovani sono entrambi il futuro del nostro popolo, della nostra Patria. Gli anziani sono la memoria vivente della nostra identità e ci infondono saggezza e discernimento. I nostri bambini, eredi di tale patrimonio, sono insieme la storia, il futuro e la speranza del Paese”. È urgente - ha concluso il cardinale Bergoglio - prendere coscienza, come invita Benedetto XVI, del bisogno di affrontare e combattere lo “scandalo della povertà” e di assecondare i sentimenti più nobili del popolo argentino “che non desidera abituarsi alla povertà e all'ingiustizia come se fossero fatti normali e scontati”. Oggi siamo di fronte a una povertà nuova, identificabile nell'esclusione; fenomeno sociale che «determina chi serve e chi non serve, chi sta dentro e chi sta fuori, chi ha diritti e chi non ha diritti”. Per il cardinale occorre che tutti, governo, partiti, istituzioni e associazioni territoriali, aprano un “dialogo serio” per vedere come affrontare insieme la lotta contro la povertà e l'esclusione. Non è ammissibile infatti “discutere sulla povertà mentre nelle nostre strade ci sono bambini, giovani e anziani soli nell'abbandono”. (R.G.)

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    Irlanda: pellegrinaggio dei vescovi alle reliquie del Curato d’Ars

    ◊   Quattro giorni, quattro città diverse, un unico obiettivo: venerare le reliquie del Curato d’Ars, Patrono dei Sacerdoti. Si svolgerà così, dal 25 al 29 aprile, il pellegrinaggio dei vescovi irlandesi presso le reliquie di san Giovanni Maria Vianney, in onore del quale Benedetto XVI ha indetto l’Anno Sacerdotale, che si concluderà il prossimo giugno. Le spoglie del Curato d’Ars verranno esposte a Cork, Dublino, Knock e Armagh, rispettivamente nella Chiesa di san Francesco, di san Giovanni Vianney, nel santuario Mariano e nella Cattedrale di San Patrizio. “L’Anno Sacerdotale – spiega in una nota mons. Philip Boyce, presidente della Commissione episcopale irlandese per il Clero – è un appello al rinnovamento ed alla conversione. Benedetto XVI ha auspicato che quest’Anno speciale supporti la fedeltà e la santità dei sacerdoti ed intensifichi il loro impegno d’interiore rinnovamento per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi. L’Anno Sacerdotale è, infatti, un’opportunità per l’intera Chiesa di cercare un sacerdozio più santo e rinnovato”. “I vergognosi episodi che sono venuti alla luce in tempi recenti – continua mons. Boyce, riferendosi ai casi di abusi sui minori perpetrati da alcuni religiosi - hanno provocato molto scandalo e molta sofferenza. Quest’Anno, quindi, offre ai laici e ai religiosi la possibilità di diventare davvero popolo di Dio”. Ricordando che l’Anno Sacerdotale è stato indetto dal Papa, nel giugno 2009, per commemorare i 150 anni dalla morte del Curato d’Ars, mons. Boyce sottolinea alcuni tratti caratteristici di questo Santo: “Fu un sacerdote umile e sincero che portò avanti il suo ministero in un momento storico difficile, seguito alla Rivoluzione francese. Visse una vita di servizio, penitenza e preghiera, trasformando la sua parrocchia in un centro di pellegrinaggio e meditazione”. Quindi, a nome dei vescovi irlandesi, mons. Boyce porge il benvenuto alle reliquie di San Giovanni Maria Vianney e auspica che esse offrano a tutti i preti “l’occasione di rinnovare il ministero sacerdotale in tutto il Paese”. “Possa la visita di queste reliquie – conclude il presule – essere un momento di grazia e di rigenerazione”. (I.P.)

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    Inghilterra: nota dei vescovi per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

    ◊   Domenica prossima, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha diffuso una nota, ricordando che l'evento ha l’obiettivo di “incoraggiare i giovani a considerare se la vita sacerdotale o religiosa è fatta per loro”. In vista di questo appuntamento, quindi, circa 4mila poster ed opuscoli informativi sono stati distribuiti nelle parrocchie, nelle cappelle universitarie e nelle scuole, “affinché i ragazzi riflettano sul significato della chiamata vocazionale”. “Benedetto XVI – si legge nella nota – ha indetto per il 2010 un Anno Sacerdotale per incoraggiare una comprensione rinnovata del dono sacerdotale per la Chiesa ed un nuovo impegno al servizio di Cristo e del suo popolo”. Quindi, i vescovi inglesi e gallesi sottolineano l’importanza dell’Anno Sacerdotale anche in vista della visita che il Papa farà in Inghilterra dal 16 al 19 settembre prossimi. Un evento che – auspicano i presuli – porterà nuove vocazioni, come è avvenuto in passato. “La visita di Giovanni Paolo II nel 1982 – dice infatti padre Paul Grogan, direttore delle Vocazioni per la diocesi di Leeds – è stata una parte importante del mio percorso verso l’ordinazione sacerdotale. All’epoca avevo 18 anni e, dopo aver partecipato alla Messa per i giovani a Cardiff, compresi che volevo diventare sacerdote”. “Sono sicuro – conclude padre Grogan – che Benedetto XVI toccherà i cuori di molti ragazzi che stanno riflettendo sulla chiamata del Signore”. Sulla stessa linea anche padre Stephen Langridge, direttore della Conferenza dei direttori diocesani delle Vocazioni: “Sono convinto – dice – che la visita del Papa porterà molti frutti, incrementando il numero di vocazioni nel Paese. Questo viaggio apostolico porterà gli uomini e le donne a vedere Benedetto XVI per quello che è davvero, ossia non solo un grande teologo, ma anche un uomo umile con un grande amore per Dio e per il popolo di Dio. Il contatto diretto dei giovani con il Papa li spingerà ad aprire i loro cuori alla volontà del Signore”. Quindi, la nota della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ricorda che a luglio, vicino Birmingham, avrà luogo il Festival “inVocazione 2010”: aperto a religiosi e consacrati tra i 16 e i 35 anni, l’evento sarà un ottimo esempio per le nuove generazioni di cattolici. Al convegno parteciperà, tra gli altri, anche mons. Vincent Nichols, presidente dei vescovi inglesi Ma oltre a questo grande evento, le singole diocesi stanno promuovendo tante iniziative a livello locale, sempre con l’obiettivo di far crescere le vocazioni. Ne citiamo alcune: la diocesi di Arundel e Brighton ha pubblicato un dvd sul significato profondo del sacerdozio intitolato “Alter Christus”; a Liverpool, nella notte tra il 24 ed il 25 aprile, si terrà una veglia di preghiera all’interno del monastero carmelitano di Upholland; a Southwark, il Seminario St. John ospiterà un ritiro spirituale sulle vocazioni. Infine, l’arcidiocesi di Westminster ha diffuso un video in cui si incoraggia una colletta per il sostentamento degli attuali 40 seminaristi del Seminario locale. Il video è visibile sul sito Internet www.rcdow.org.uk. (I.P.)

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    Diritti umani nei Paesi del Golfo: donne discriminate e lavoratori stranieri sfruttati

    ◊   Progressi economici e sociali, maggiore spazio ai diritti di minori e donne, lotta più concreta al traffico di esseri umani. In un discorso, pronunciato a Jeddah in Arabia Saudita, rivolto ai sei Paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Navanethem Pillay, ha preso atto dei passi intrapresi nella regione per arrivare a società più eque e libere. Ma pure sottolineando alcuni significativi cambiamenti all’interno del sistema legislativo e giudiziario, la signora Pillay ha evidenziato le “barriere discriminatorie” che continuano ad esistere e a mettere a rischio il diritto delle donne a vivere la propria vita, a fare le proprie scelte in autonomia e a poter pienamente prendere parte alla vita pubblica”. Altro tema affrontato dall’Alto Commissario è stato quello dei diritti dei migranti, denunciando numerosi casi di passaporti confiscati illegalmente, di trattenute salariali ingiustificate e di sfruttamento vero e proprio da parte di datori di lavoro e agenzie di impiego. La Pillay si è detta particolarmente preoccupata per i lavoratori domestici stranieri, che non hanno spesso accesso al sistema giudiziario locale, obbligati a restare con lo stesso datore di lavoro e impossibilitati a lasciare il Paese ospite. Nel corso di un viaggio di 10 giorni la Pillay visiterà anche Qatar, Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Oman, gli altri cinque Paesi che insieme all’Arabia Saudita fanno parte del Consiglio di cooperazione del Golfo. (R.G.)

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    India: lotta allo sfruttamento del lavoro minorile nella regione di Piduguralla

    ◊   Piduguralla è una regione nello Stato dell’Andhra Pradesh caratterizzata da un alto numero di lavoratori minorenni che, mal pagati, privi di misure di sicurezza, di case adeguate, di servizi medico-sanitari e di istruzione, sono soprattutto sfruttati nelle cave di calce. L’organizzazione Intervita Onlus ha scelto di intervenire in 28 comunità della regione per assicurare l’iscrizione alla scuola materna e primaria a oltre 5100 bambini tra i 3 e 14 anni e a 300 adolescenti l’accesso a corsi di formazione professionale, senza tralasciare anche la sensibilizzazione contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Il progetto, che coinvolgerà oltre 19mila persone, realizzato in collaborazione con la Ong italiana Mani Tese e la Ong indiana Assist, impegnate in quest’ambito dal 2001, vuole offrire ai ragazzi prospettive di vita migliori grazie alla formazione scolastica che permetterà loro di emanciparsi dallo sfruttamento. Grazie al "sostegno a distanza" promosso da Intervita Onlus, che assicura supporto economico per fornire assistenza a un bambino e alla comunità per un tempo prolungato, sarà garantito l’accesso a quattro Centri diurni (asili) a 170 bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni, che successivamente passeranno alle scuole elementari. La formazione di 615 bambini lavoratori tra i 5 e i 14 anni avverrà invece in appositi "Centri di istruzione non formale". A 250 bambini tra i più bisognosi sarà inoltre riservato un centro residenziale, adatto a favorire la crescita e un corretto sviluppo. Saranno in generale rafforzate le infrastrutture scolastiche nei cosiddetti anganwadis (pre-scuola), nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie con interventi strutturali, sarà garantita la fornitura di materiale didattico e ludico e la costruzione delle infrastrutture idriche. Di queste attività con le scuole beneficeranno circa 5000 bambini. (R.P.)

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    I gesuiti piangono la scomparsa di padre D’Mello, primo Provinciale dell'India

    ◊   Un missionario pioniere, primo Padre Provinciale in India per la Compagnia di Gesù, punto di riferimento per i fedeli fino all’ultimo: così i gesuiti in India ricordando padre Ambrose D’Mello, scomparso domenica scorsa a Guwahati. Malato di cancro da diverso tempo, al momento della sua morte il religioso aveva 87 anni. Nato a Punthur, nel Mangalore, nel 1922, padre D’Mello aveva conosciuto la Compagnia di Gesù nel 1943 ed era stato ordinato sacerdote nel 1954. Ricordando la sua figura, padre Edward Mudavassery, attuale Provinciale dei gesuiti nell’Asia meridionale, ha sottolineato le grandi difficoltà affrontate da padre D’Mello nell’avviare le tante missioni in India. Egli, infatti, prese l’iniziativa di organizzare un ufficio provinciale dei gesuiti in India per coordinare il lavoro della Compagnia di Gesù sul posto. In seguito, l’ufficio fu rinominato “Provincia dei gesuiti nell’Asia meridionale”. Attento ai bisogni dei poveri e degli emarginati, nella sua vita padre D’Mello ha promosso l’alfabetizzazione, la costruzione di alloggi e tanti progetti di sviluppo e integrazione per i dalit e le comunità tribali, che rappresentano circa il 40% della popolazione locale. Un altro successo di padre D’Mello è stato l’avvio della missione di Kohima, la prima dei gesuiti nel nord est dell’India. “Ha fatto partire la missione da zero – ha ricordato padre Mudavassery – ed ora essa è una delle più attive della zona”. Punto di riferimento anche per i vescovi ed i religiosi locali, padre D’Mello ha guidato i suoi fedeli “fino all’ultimo respiro” ed ha incoraggiato i giovani in ambito lavorativo, utilizzando anche metodi di comunicazione sociale moderni ed al passo con l’attualità. (I.P.)

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    Angola: sempre molto alto il numero dei malati di malaria

    ◊   In Angola esistono due delle specie più violente al mondo di mosquito, l’anofele gigante e l’anofele spontaneo, che si adattano a vivere in diverse circostanze sia all’interno che all’esterno delle abitazioni e che si nutrono anche di sangue animale. In un incontro tenutosi recentemente a Luanda, il coordinatore del Programma per la lotta contro la malaria, Filomeno Fortes, ha dichiarato che nel Paese sono stati registrati 3.1 milioni di casi di malaria nel corso del 2009, con 8 mila morti. Parlando della situazione della malattia in Angola e del piano strategico nazionale per la lotta contro la malaria, ha anche detto che la trasmissione della malattia non è uniforme, evidenziando il fatto che la provincia centrale di Benguela è la più endemica delle 18 del Paese, dove sono stati registrati il 28% dei casi nel 2009. L’Angola - riferisce l'agenzia Fides - si è prefissata di ridurre la diffusione della malattia entro il 2015 e sradicarla completamente entro il 2030. Per raggiungere questo obiettivo, il Ministero della Sanità sta cercando di ridurre i casi del 60%, entro il 2012, vaccinare l’80% dei bambini al di sotto dei cinque anni di età e tutelare le donne incinte, attraverso test rapidi e l’uso di zanzariere. Nel 2008 nel Paese sono stati registrati 3.45 milioni di casi di malaria. (R.P.)

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    Sudafrica: la Chiesa promuove i campi estivi per i giovani durante i Mondiali di calcio

    ◊   Il fischio d’inizio è atteso per l’11 giugno a Johannesburg quando, con la partita Sudafrica-Messico, si apriranno ufficialmente i Mondiali di calcio 2010. In vista di questo appuntamento, anche la Chiesa sudafricana è “scesa in campo”, promuovendo numerose iniziative, tutti consultabili su un apposito sito Internet, www.churchontheball.com/. Tra i tanti appuntamenti in programma, anche i campi estivi per ragazzi, dedicati sia al gioco che alla preghiera e alla riflessione religiosa. “Evangelizzare i giovani durante i Mondiali!” è lo slogan dell’iniziativa, portata avanti dal movimento “Xaveri”, un gruppo per la formazione dei giovani che prende il nome da san Francesco Saverio e si pone l’obiettivo di “sviluppare le qualità spirituali, sociali e fisiche di tutti i giovani”. “Come movimento giovanile cattolico – si legge in una nota – che vuole portare i ragazzi in un’atmosfera gioiosa, ispirata anche alle tradizioni africane, intendiamo creare uno spazio sano e salutare per i giovani durante l’intero periodo dei Mondiali di calcio”. Di qui, l’idea di organizzare, a partire dal 10 giugno, dei campi estivi, ospitati da tre diverse oratori: il san Martino de Porres a Sunnyside, la cattedrale di Pretoria e la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Maboloka. “I campi estivi – conclude la nota – offriranno ai ragazzi la possibilità non solo di giocare, incontrare nuovi amici, rilassarsi ed imparare nuove cose, ma anche e soprattutto di approfondire la loro spiritualità”. (I.P.)

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    Benin: anno giubilare missionario per celebrare i 150 anni dell’evangelizzazione del Paese

    ◊   Sono iniziate le celebrazione per il 150.mo anniversario dell’evangelizzazione del Benin, con una Messa celebrata domenica scorsa ad Agoué. “Agoué è stata una delle prime località raggiunte dai Padri della Società delle Missioni Africane” dice all’agenzia Fides padre Jean-Marie Guillaume, vicario generale della Sma. I missionari della congregazione hanno avviato l’evangelizzazione del Paese tra il 1860 e il 1861. Le celebrazioni per i 150 anni dell’evangelizzazione si concluderanno l’anno prossimo, il 21 agosto 2011, con un pellegrinaggio mariano a Dassa-Zoumé. Il tema dell’anno giubilare è “Cristiano, testimonia la tua speranza”. “I vescovi locali hanno deciso di indire un anno di celebrazioni per far comprendere l’importanza dell’avvenimento per far sì che la Chiesa del Benin si faccia carico del suo sviluppo e diventi sempre più una Chiesa missionaria” dice padre Guillaime. “Già oggi - continua il Vicario Generale della Sma - vi sono missionari del Benin in Marocco, dove assistono la numerosa comunità di studenti provenienti dall’Africa occidentale francofona. Inoltre i vescovi locali stanno promuovendo lo spostamento di sacerdoti dal sud del Benin al nord, dove le condizioni ambientali sono più difficili”. La Messa che ha segnato l’avvio dell’Anno di celebrazioni è stata presieduta da mons. Antoine Ganyé, vescovo di Dassa-Zoumé, presidente della Conferenza episcopale del Benin, ed è stata concelebrata dai vescovi del Benin e del Togo. “Nel corso della Messa sono stati ordinati quattro diaconi beninesi della Sma, che in questo modo ha voluto riaffermare il suo impegno a sostegno della comunità cattolica locale e della missione” conclude padre Guillaime. (R.P.)

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    Europa: cattedrali aperte nella notte del 24 aprile

    ◊   Si intitola “La notte delle cattedrali” e si svolgerà sabato prossimo, 24 aprile, in cinque diversi Paesi: Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania e Bolivia. L’evento coinvolgerà, precisamente, le cattedrali delle diocesi di Liegi, Lussemburgo, Metz, Reims, Strasburgo, Treviri e la diocesi boliviana con essa gemellata, Concepción. “Nel corso dell’evento – informa una nota – le porte di queste cattedrali rimarranno aperte fino a mezzanotte, o poco oltre, ed ospiteranno spazi di riflessione spirituale e culturale attraverso concerti, mostre, conferenze, visite guidate, meditazioni, preghiere e momenti di silenzio”. “Questa iniziativa – si legge ancora – vuole dimostrare che la cultura e la spiritualità in Europa sono delle fonti di vita sociale”. Il calendario dettagliato degli eventi sarà aggiornato prossimamente sul sito www.nuit-des-cathedrales.org. (I.P.)

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    Conferenza di padre De Fiores al pellegrinaggio dei cappellani ospedalieri ad Ars e a Lourdes

    ◊   “Maria icona vivente del Vangelo della sofferenza”, è il tema della conferenza tenuta, sabato scorso a Lourdes, da padre Stefano De Fiores, rivolta ai partecipanti al pellegrinaggio dei cappellani ospedalieri ad Ars e a Lourdes (14-19 aprile 2010). Il rifiuto del dolore, che pervade molte culture contemporanee, e il rapporto tra la Madre di Dio e il Vangelo sono stati gli argomenti al centro dell’incontro. “Maria – ha sottolineato il prof. De Fiores - presenta il suo esempio evangelico, che concentra una forte esperienza del dolore salvifico derivante dalla sua relazionalità a Cristo, mentre nella sua situazione celeste indica l’approdo ad una gloria incompatibile con il dolore terreno ma intimamente partecipante alle sofferenze della Chiesa peregrinante”. Le lacrime hanno grande valore e valenza - ha aggiunto il religioso – perché “il pianto di Maria trascende il semplice fatto di cronaca per apparire un cristallo trasparente, un frammento prezioso che ricongiunge all’universo storico-salvifico passando dal cuore glorificato e sensibile della Madre di Dio”. Il pellegrinaggio ad Ars e a Lourdes è stato organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari in occasione del 25.mo dell’istituzione del Dicastero e in concomitanza con l’Anno Sacerdotale in corso. Hanno partecipato oltre 60 sacerdoti originari di 12 Paesi e 4 continenti: Africa, Asia, America ed Europa. L’Unitalsi ha invece provveduto alla gestione logistica del viaggio. (C.F.)

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    Roma: pellegrinaggio notturno sulle orme di San Pietro per la Giornata delle vocazioni

    ◊   Un pellegrinaggio notturno dalla chiesa di San Sebastiano fuori le Mura fino alla basilica di San Pietro per pregare per le vocazioni. Si terrà, a Roma, tra venerdì 23 e sabato 24, in occasione della 47ª Giornata mondiale delle vocazioni, che si celebra domenica 25 aprile. L’appuntamento, organizzato dai seminari romani in collaborazione con alcune religiose, è per le 23.30 a San Sebastiano, sulla via Appia Antica. Qui ad accogliere i pellegrini - riferisce l'agenzia Sir - ci sarà il cardinale vicario Agostino Vallini, che introdurrà la preghiera itinerante presentando il significato del “Cercare Gesù sulle orme di Pietro”. Quindi mezz’ora dopo la mezzanotte prenderà il via il cammino. Diverse le tappe previste, con altrettante catechesi, su cosa comporta oggi una scelta di vita cristiana, sull’esempio dei primi martiri, sul significato della nuova evangelizzazione, sulla figura del prete romano, sull’esempio di san Filippo Neri. L’arrivo in Vaticano è atteso per le 6. La conclusione è prevista per le 6.30, con la celebrazione nella basilica di San Pietro presieduta dal cardinale Vallini. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    La nube vulcanica regredisce: dopo giorni di caos si torna a volare in Europa

    ◊   Diminuisce dell’80% la portata dell’eruzione del vulcano islandese che ha lasciato a terra milioni di passeggeri, in seguito alla nube di cenere che si è diffusa nei cieli europei. Buone le previsioni meteorologiche per i prossimi giorni, mentre stanno riaprendo gli spazi aerei del Vecchio continente. Per Eurocontrol, ora è sicuro il 75% dei cieli europei, ma intanto lo stop dei voli ha fatto perdere alle compagnie 1,7 miliardi di dollari. Cecilia Seppia:

     
    Entro il fine settimana, grazie ad un sistema di bassa pressione, la nube di cenere sprigionata dal vulcano islandese potrebbe completamente dissolversi, mentre l’eruzione, secondo gli esperti, da sabato scorso è regredita dell’80%. La buona notizia arriva dall’Organizzazione metereologica mondiale, che prevede una normalizzazione anche sul fronte dei voli, dopo il caos degli ultimi giorni. Già ieri molti scali avevano ripreso a funzionare. Oggi si vola in tutta Italia, Francia e Svizzera, ma anche in Ungheria Slovenia e Moldavia. Fa eccezione la Germania, forti disagi ancora in Danimarca e Svezia, anche se in serata potrebbero esserci dei miglioramenti. Buone notizie poi da Londra, che ha riaperto lo spazio aereo compreso l'aeroporto di Heathrow, scalo chiave per l’Europa intera. Eurocontrol intanto assicura ai passeggeri l’operatività di circa 14 mila voli, la metà di quelli quotidianamente previsti. Un primo passo, dunque, per chiudere una parentesi di blocco come non si era vista dall’11 settembre 2001, costata alle compagnie aeree circa 1,7 miliardi di dollari. Un colpo enorme ad un settore già in affano, per parare il quale si stanno muovendo le istituzioni Ue: di aiuti economici ha parlato il commissario Ue alla Concorrenza, Joaquim Almunia. Critiche dal ministro degli Esteri francese, Kouchner, che ammonisce: "L’Unione Europea non ha saputo reagire all’emergenza causata dalla nube".

     
    Elezioni in Polonia
    Polonia alle urne il prossimo 20 giugno per eleggere il successore di Lech Kaczynski, il presidente morto lo scorso 10 aprile nel disastro aereo di Smolensk, in Russia, assieme a sua moglie Maria e ad altre 94 persone dell’élite politica e militare del Paese. Il primo turno delle presidenziali è stato convocato dal presidente ad interim, Bronislaw Komorowski, che i sondaggi sulla stampa polacca già danno come favorito. Nel caso nessun candidato raggiungesse il 50%, il ballottaggio si svolgerebbe il 4 luglio.

    Kirghizistan
    Nuovo appello dell’Ue al Kirghizistan, affinchè ripristini l’ordine costituzionale. Intanto, l’ex presidente kirghizo, Bakiev, è arrivato con la sua famiglia a Minsk ed è sotto la protezione della Bielorussia. Parlando nell'edifico che ospita la Comunità di Stati indipendenti (Csi), ha detto di non volersi dimettere e poi ha invitato i suoi concittadini e i leader dei Paesi della Csi a ''salvare il popolo e a far tornare il Kirghizstan nel campo costituzionale''. Il nuovo governo provvisorio del Paese ha chiesto a Mosca un incontro urgente per discutere di aiuti finanziari, dell'abbassamento delle tasse doganali e della fornitura di idrocarburi.

    Russia, operazione antiterrorismo in Daghestan
    Esercito e Servizi segreti russi hanno lanciato stamane una operazione di polizia contro terroristi in un'area del Daghestan, Repubblica del Caucaso del nord dove è attiva la guerriglia, responsabile dei due grossi attacchi che hanno messo in ginocchio il Paese meno di un mese fa. La notizia dell'offensiva è stata comunicata da un portavoce dei Servizi segreti russi in Daghestan, citato dall'agenzia Interfax: l'operazione si sta svolgendo nei pressi del villaggio di Gurguki e gli agenti stanno rastrellando le zone dei boschi attorno.

    Iran
    “L'Iran è pronto per uno scambio simultaneo di combustibile con le potenze straniere”. Lo ha dichiarato il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, spiegando di aver bisogno di uranio arricchito al 20% per il reattore di Teheran in base alle norme previste dall’Aiea, l'Agenzia internazionale per l’energia atomica. Il leader iraniano ha fatto sapere di non voler accettare nessuna condizione dalle potenze occidentali, minacciandole che in mancanza di risposte tempestive, l’Iran provvederà a produrre uranio da sé.

    Tornano in Italia i resti di Enzo Baldoni
    I resti umani recuperati a Latifiya, in Iraq e arrivati in Italia due settimane fa sono quelli di Enzo Baldoni, il giornalista freelance ucciso a 46 anni da un gruppo di estremisti islamici legato ad al-Qaeda il 26 agosto del 2004, dopo due giorni di prigionia. La conferma è arrivata ieri in serata dal Ris dei Carabinieri. Si chiude così una vicenda durata sei anni su cui si era speso anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che in più di un'occasione aveva rinnovato l'appello affinché si facesse di tutto per riconsegnare il corpo alla famiglia.

    Thailandia
    Si apre uno spiraglio nella crisi politica in Thailandia: il premier, Abhisit Vejjajiva, si è detto disposto a dialogare con i leader delle "camicie rosse", a patto che esse si impegnino a far abbassare le tensioni. Secca la replica dei sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinaewatra: "siamo pronti a negoziati per risolvere la crisi, ma non con il governo". La mossa diplomatica è in realtà dettata dalla volontà di evitare un bagno di sangue. L'esercito è pronto a un intervento armato entro domenica prossima per far sgombrare i manifestanti che da giorni hanno occupato un centro commerciale a Bangkok. Obiettivo delle camicie rosse resta quello di avere nuove elezioni entro tre mesi.

    Somalia
    Sono ancora nelle mani dei pirati somali i tre pescherecci thailandesi catturati domenica scorsa nel Golfo di Aden. E' quanto fa sapere oggi la Missione navale antipirati dell'Ue. Secondo un portavoce, i 77 membri dell’equipaggio stanno tutti bene, tra loro non ci sarebbe nessun ferito. Non è ancora chiaro invece se sia stato chiesto un riscatto per il rilascio delle imbarcazioni. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 111

     
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