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Sommario del 16/04/2010
Benedetto XVI alla Papal Foundation: la Chiesa non smette di dare il suo messaggio di amore e speranza perché il male non avrà mai l'ultima parola
◊ Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza i membri della Papal Foundation, associazione caritativa statunitense fondata nel 1990 dal cardinale John Krol. La Fondazione sostiene le diocesi in difficoltà economiche e promuove progetti umanitari in Paesi colpiti da povertà, guerre e carestie. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Salutando i membri della Papal Foundation, il Papa ha ricordato il viaggio apostolico in Terra Santa nel 2009. Rievocando, in particolare, la visita al Santo Sepolcro a Gerusalemme, il Santo Padre ha sottolineato che in ogni tempo e in ogni luogo, la Chiesa è chiamata a proclamare il messaggio di speranza del Vangelo e a confermare la sua verità con una concreta “testimonianza di santità e carità”. La Risurrezione di Cristo – ha aggiunto il Pontefice - ci ha insegnato che il dono della vita nuova vince tutto, anche la morte:
“Evil never has the last word, love is stronger …
Mai il male ha l’ultima parola, l’amore è più forte della morte, il nostro futuro e quello dell’umanità sta nelle mani di un Dio provvido e fedele”.
Il Papa ha anche ringraziato i membri della Papal Foundation per i generosi sforzi finalizzati ad offrire assistenza umanitaria in diversi Paesi, per assicurare la formazione della Chiesa di futuri leader e per portare avanti l’impegno missionario in diocesi e congregazioni in tutto il mondo. Il Santo Padre ha chiesto infine di pregare “per le necessità della Chiesa universale, e di implorare una rinnovata effusione dei doni dello Spirito di santità, unità e zelo missionario sull'intero popolo di Dio''.
Auguri da tutto il mondo per gli 83 anni del Papa
◊ Benedetto XVI compie oggi 83 anni. Tanti i messaggi di auguri che stanno giungendo da tutto il mondo in queste ore da autorità civili e religiose ma anche da semplici cittadini e fedeli. Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha espresso in un messaggio “i più fervidi voti augurali” per il compleanno del Papa “con profonda considerazione per il suo alto magistero”. Vicinanza e affetto sono stati espressi anche dalla Conferenza episcopale italiana in un telegramma a firma del cardinale presidente, Angelo Bagnasco, e del segretario generale, mons. Mariano Crociata: “Nel nostro deferente e affettuoso augurio – si legge nel messaggio – può trovare la profonda e incondizionata adesione della Chiesa che è in Italia al Suo magistero, da cui la Chiesa e il mondo ricevono un insegnamento sapiente e sicuro, reso ancora più vivo dalla Sua testimonianza di autentico Pastore secondo il cuore di Dio. Il prossimo 19 aprile, quinto anniversario della Sua elezione a Vicario di Cristo – conclude il messaggio - tutta la Comunità ecclesiale italiana si stringerà attorno a Lei, Padre Santo, infaticabile annunciatore del Vangelo e segno visibile di comunione, con iniziative di preghiera e di grande affetto”. Ascoltiamo l’augurio del Rinnovamento nello Spirito Santo attraverso il suo presidente, Salvatore Martinez, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Bisogna far sentire in questo giorno l’affetto e la sincera gratitudine del Popolo di Dio. Ci sembra di vedere, in Benedetto XVI, Gesù che, rendendo testimonianza, affermava: “Se dico la verità, perché non mi credete?” Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. In questo giorno, vorremmo davvero che lo Spirito Santo toccasse il cuore chiuso di tanti uomini che sembrano insensibili alla voce del Santo Padre, che sta richiamando l’umanità intera con grande coraggio e con grande senso di responsabilità a comprendere che c’è bisogno di ritornare più profondamente, più intimamente, a Dio. Il Santo Padre ha bisogno di sentire da parte di tutti noi laici, non soltanto quelli impegnati nei movimenti, ma in tutti coloro che ogni giorno professano la loro fede, anche timidamente, questa vicinanza, questo affetto. Il Santo Padre deve sapere che c’è una grande umanità che lo ascolta, che ha fiducia in lui, che non accetta queste riduzioni di senso così terribili, volgari, alle quali ogni giorno lui e la Santa Chiesa sono sottoposti. Fare gli auguri al Santo Padre, in questo giorno, significa promettere maggiore ascolto, revisione di vita, atteggiamenti di vita evangelici, personalmente e familiarmente, socialmente ed ecclesialmente. Questo sia il modo migliore per dire “lunga vita al Papa” in questo giorno.
Due gli auguri al Papa di un non credente, lo scrittore Erri De Luca, intervistato da Sergio Centofanti:
R. - Il primo è di riuscire a risanare il Tempio, perché Cristo lo liberò dai mercanti per un giorno, ma oggi il compito è meno simbolico, più incisivo e anche più doloroso. Il secondo è un augurio di integrità e di salute, secondo la regola benedettina, da cui prende appunto il nome il suo Pontificato, di mente sana in corpo sano.
D. – Lei come sta vedendo questo tempo difficile per la Chiesa?
R. – Lo vedo come un tempo difficile e doloroso, ma dove ci sono tutti i segni di reazione e di ripresa, quindi è un momento positivo per la Chiesa. Non lo vedo come un momento negativo, ma come un momento positivo.
Ascoltiamo infine gli auguri di suor Enrica Rosanna, sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, sempre al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Innanzitutto, porgo a Sua Santità l’augurio più sincero di buon compleanno, anche a nome di tutte le religiose e di tutte le consacrate, e lo affido a Maria Ausiliatrice, la Madonna della battaglia di Lepanto, la Madonna dei tempi difficili, come la chiamava don Bosco.
D. – Il 19 aprile prossimo, celebreremmo i cinque anni dell’elezione di Benedetto XVI. Quali sono, a suo avviso, i tratti principali di questo Pontificato?
R. – Dio sceglie il Papa per un determinato tempo, e Papa Benedetto è l’uomo di questo tempo, perché è l’uomo della verità, l’uomo dell’ascolto, l’uomo del discernimento sapienziale che già con la sua prima Enciclica “Deus caritas est” ha indicato il fondamento del cristianesimo: abbiamo creduto all’Amore, abbiamo creduto l’amore che Dio ha per noi.
D. – Queste ricorrenze avvengono in un periodo difficile per la Chiesa…
R. – Io credo che la Chiesa e tutti noi stiamo soffrendo in solidarietà con il Papa, in solidarietà con tutte le persone che soffrono per gli avvenimenti di questi tempi. Noi accogliamo, grati, il suo invito alla preghiera ed anche il suo invito alla penitenza, una penitenza quotidiana che però vogliamo fare con generosità, ma anche con lo sguardo fisso sull’evento della Risurrezione e in un esercizio quotidiano della speranza. Dio che salva ci salverà e ci redimerà anche attraverso questo momento di dolore.
La visita del Papa a Malta: la gioia del presidente George Abela e dell'arcivescovo Paul Cremona
◊ Domani pomeriggio il Papa partirà per Malta. Si tratta del suo 14.mo viaggio internazionale, l’ottavo nel Continente europeo. La breve visita apostolica, che si concluderà domenica, avviene nel 1950.mo anniversario del naufragio di San Paolo sull’isola del Mediterraneo. Il servizio del nostro inviato a Malta, Alessandro De Carolis:
La bambina ferma sul marciapiede assieme alla mamma svolge lentamente la grande pagina centrale a colori di quella che sembra una rivista per i più piccoli e l’immagine che appare è quella di un sorridente Benedetto XVI. La scena, un semplice scorcio di quotidianità colta a poche ore dall’arrivo del Papa, anima una polverosa viuzza di Rabat, sobborgo dove vecchie pietre a ridosso del mare custodiscono la piccola grotta nella quale 1950 anni fa San Paolo, sbattuto dalla tempesta contro le sue coste, fece scoccare a Malta la prima scintilla della fede. Tutto ciò che riguarda il prossimo arrivo eccellente è accompagnato da grande sobrietà. Foto, stemmi vaticani campeggiano in modo discreto, quasi a dire al mondo che il calore, l’affetto – quello sì intenso – che si nutre per il Papa non ha bisogno di essere acceso dal clamore. Del resto, per la gente dell’Isola, la cui solidità cristiana è testimoniata dalle 365 chiese sparse dovunque – “una per ogni giorno dell’anno”, dicono con orgoglio – San Paolo è più che l’Apostolo delle Genti universalmente noto. Qui è venerato come un “padre” dai 413 mila cattolici, il 95% dei 443 mila abitanti.
Da Rabat in mezz’ora si arriva a La Valletta e a Floriana, sorta di città-quartieri fortificate che si snodano l’una di seguito all’altra, divise da invisibili confini amministrativi ma unite da un unico cordone urbano: qui, si lavora per ultimare l’accoglienza e la sicurezza dei luoghi che vedranno la presenza di Benedetto XVI. Si ritocca il grande altare davanti alla Chiesa di San Publio che affaccia sulla piazza dei Granai, dove una volta i romani ammassavano le granaglie e gli angloamericani le vettovaglie di guerra, e da dove il Papa domenica parlerà al cuore dei maltesi durante la Messa. E fermento si registra sulle banchine della frazione portuale di Kalkara, da dove domenica pomeriggio il Pontefice rivivrà in simbolo l’arrivo di San Paolo a Malta, percorrendo in catamarano 3 miglia marine fino al Porto Grande di La Valletta, luogo del raduno dei giovani. A raccontare gli eventi saranno quasi 200 giornalisti stranieri (più di 300 contando i locali) e una sessantina di televisioni, gran parte dei quali già al lavoro nell’accogliente centro stampa allestito all’Hotel Excelsior. Per le strade saranno in servizio 1800 poliziotti. Intanto, la Chiesa maltese – annunciano i giornali di oggi – prepara al Papa una sorpresa: 5 mila bambini pronti a intonare sabato pomeriggio, subito dopo la visita al presidente, il “Tanti auguri a te” al Papa, che oggi festeggia il suo compleanno. Un segno di festa e soprattutto di innocenza in un periodo in cui – e Malta non è immune – la tempesta degli abusi commessi dal clero si è abbattuta sulla Chiesa. Ma qui sanno bene, e la loro storia lo insegna, che da venti contrari, tempeste e naufragi Dio sa impiantare il seme del Vangelo.
Ascoltiamo il presidente di Malta George Abela, al microfono di Alessandro De Carolis:
R. - Siamo molto lieti, siamo entusiasti di ricevere il Santo Padre qui, a Malta, in questo tempo particolare per il Santo Padre e anche per la nostra Isola. E' veramente una impronta sui nostri valori, basati sulla fede cattolica. E' una grande occasione, una grande gioia.
D. - Quindi, le radici cristiane che qui sono antichissime sono anche un valore da esportare?
R. - Sì, sì: certamente. Però dobbiamo essere un esempio per tutta l'Europa!
“E’ inevitabile che andiamo a finire su qualche isola”. Con queste parole tratte dagli Atti degli Apostoli i vescovi di Malta hanno deciso di sintetizzare lo spirito della visita apostolica che Benedetto XVI compirà sull’Isola del Mediterraneo. Le parole, attribuite a San Paolo, descrivono gli attimi prima del naufragio che nel 60 dopo Cristo porta l’Apostolo delle Genti a fondare sulle coste maltesi la prima comunità cristiana locale. Una comunità che sta preparandosi da diversi mesi all’incontro con il Papa. Lo conferma l’arcivescovo di Malta, Paul Cremona, nell’intervista di Alessandro De Carolis:
R. – Tra la popolazione, il clima è di attesa per la visita del Pontefice a Malta; in particolare, la Chiesa ha chiesto ai fedeli, nella Lettera pastorale pubblicata dai vescovi, di essere pronti ad accoglierlo come hanno fatto i maltesi quasi duemila anni fa con San Paolo: l’hanno accolto con tanto amore e con grande ospitalità, nella fede. E noi stiamo preparando le anime dei maltesi, in particolare di quelli che sono parte attiva nella Chiesa locale, affinché siano spiritualmente ricettive ai suoi messaggi, per poi ritrasmetterli quando il Santo Padre ci avrà lasciati, nella vita della Chiesa, nella società in cui viviamo. Aspettiamo questi messaggi nell’amore e nella fedeltà.
D. – “Oggi la Chiesa si trova in acque agitate”; qualcuno “vuole soffocare la voce profetica del Papa”, avete scritto. In particolare, il vostro messaggio come pastori ha trovato parole molto chiare di dolore, di pentimento, nell’affrontare le vicende degli abusi sui minori …
R. – Sì: questa è una delle prime cose che abbiamo detto. Insieme al Pontefice, in sintonia con la sua Lettera ai fedeli irlandesi, abbiamo mostrato la nostra angoscia in particolare nei riguardi delle vittime degli abusi da parte di sacerdoti in tutto il mondo, ma anche qui a Malta. Da 11 anni abbiamo un “response team”, al quale si può rivolgere chiunque abbia una segnalazione di un simile abuso e che si farà carico di aprire un’indagine in merito. Abbiamo anche scritto che noi vogliamo fare del nostro meglio per eliminare questi abusi dalla Chiesa e quindi abbiamo rivolto un appello a tutti i maltesi: chiunque sia a conoscenza di un abuso, venga da noi per aiutarci ad estirpare – come ha detto il Papa – questo peccato, questo delitto.
D. – Come capo della Chiesa di Malta, quali echi ha raccolto finora tra i giovani della sua diocesi, e quelli maltesi in generale, che incontreranno Benedetto XVI?
R. – Da alcune settimane è stata istituita, qui a Malta, la Commissione diocesana per i giovani; a Gozo ce n’è un’altra. La preparazione dei giovani si fa anche andando di parrocchia in parrocchia, quasi come si fa anche per il World Youth Day, con una croce, con un’icona della Madonna, e con programmi formativi sulla figura del Papa e in particolare sui suoi insegnamenti. Si sono già prenotati 500 tra artisti e gruppi che daranno un concerto per i giovani in attesa dell’arrivo del Pontefice, domenica pomeriggio alle 17.
D. – Il prossimo viaggio del Papa è anche una sorta di conclusione ideale dell’Anno Paolino, con la sosta nella Grotta di Rabat, che 1950 anni fa divenne, con il naufragio di San Paolo, il nucleo della prima Chiesa di Malta. Come vi siete preparati a questo momento di grande intensità spirituale?
R. – Due anni fa si è celebrato l’Anno Paolino, in cui già la Chiesa ha preparato il popolo con degli scritti e con dei corsi su San Paolo e sui suoi insegnamenti, con pellegrinaggi, anche, e con mostre culturali. Anche questa volta sono state allestite mostre culturali proprio per preparare la popolazione, attraverso questo viaggio di Papa Benedetto, ad un nuovo incontro con l’apostolo Paolo e recepire il suo modo di evangelizzare, che è forte: è proprio di San Paolo!
Difesa della fede e servizio ai poveri e ai sofferenti. Da 960 anni circa, da quando ne venne istituito il primo nucleo in Palestina, è questo il motto dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. Un antico Ordine cavalleresco e insieme religioso-laicale, conosciuto più comunemente come Ordine dei Cavalieri di Malta, che oggi gestisce attività mediche, sociali e assistenziali in 120 nazioni del mondo. L’isola di Malta, dove Benedetto XVI giungerà sabato prossimo per la sua visita apostolica di due giorni, è stata per quasi tre secoli la sede ufficiale del Sovrano Ordine Militare, che vi ha lasciato indelebili tracce architettoniche e artistiche, oltre che delle sue profonde radici cristiane. Alessandro De Carolis ne ha parlato con Eugenio Ayroldi di Robbiate, direttore dell’Ufficio comunicazioni dei Cavalieri di Malta:
R. – Noi abbiamo un legame strettissimo con l’Isola, che ci ha visto protagonisti dal 1536 al 1798. I nostri legami con Malta sono quindi molto stretti. Dal mio punto di vista, noi dobbiamo molto a Malta così come Malta deve molto all’Ordine dei Cavalieri e mi riferisco in particolar modo alle straordinarie opere artistiche che sono oggi patrimonio di Malta e che sono state realizzate nel periodo di presenza dei Cavalieri a Malta, come i grandi bastioni di La Valletta che porta il nome di uno dei Gran Maestri dell’Ordine; ma penso anche alla co-cattedrale di San Giovanni, che era la cattedrale dell’Ordine di Malta, un’opera straordinaria con le tombe dei Cavalieri nel pavimento. Sicuramente c’è stato uno scambio intellettuale e culturale straordinario da entrambe le parti.
D. – Possiamo dire che, del prossimo viaggio del Papa, il protagonista naturale sarà certamente il mare: il mare che circonda l’isola; il mare che quasi duemila anni fa vide il naufragio di San Paolo; il mare sul quale incrociano da molti anni a questa parte, spesso in modo molto drammatico, le rotte degli immigrati. L’Ordine di Malta ha un’antica e solida esperienza nel campo dell’assistenza, ma in che modo in particolare affrontate il fenomeno dell’immigrazione?
R. – Noi abbiamo sottoscritto con la Guardia Costiera Italiana nel 2007 un Protocollo di intesa che permette ai nostri medici e ai nostri volontari di imbarcarsi sulle navi della Guardia Costiera che sono di stanza a Lampedusa e che pattugliano il Mare di Sicilia. Questo ci permette di essere in prima linea nell’aiutare e nel soccorrere quelle migliaia di disperati che ogni anno tentano di giungere in Europa attraverso il Canale di Sicilia. Questo è un servizio veramente molto importante ed è fatto con spirito puramente umanitario. E’ estremamente importante poter intervenire e dare assistenza direttamente in mare, perché spesso e volentieri le distanze in mare e soprattutto in avverse condizioni di tempo possono richiedere alle imbarcazioni numerose ore prima di poter arrivare in porto.
D. – Tra qualche giorno, attraversando La Valletta e le altre città dell’isola, Benedetto XVI potrà ammirare le tracce lasciate dall’Ordine dei Cavalieri di Malta sull’isola nel corso dei secoli. Allora con quale auspicio l’Ordine dei Cavalieri di Malta segue la prossima visita del Papa?
R. – Noi siamo felicissimi, ovviamente, che il Papa si rechi a Malta e lo seguiremo come lo seguiamo in tutti i suoi viaggi apostolici. Ci sarà sicuramente una presenza dei nostri rappresentanti sull’isola, che parteciperà alle celebrazioni. Siamo molto, molto contenti che abbia la possibilità di visitare un’isola straordinaria, che ha un patrimonio architettonico ed artistico davvero unico.
La Chiesa dell'Amazzonia in difesa degli indios
◊ Prosegue la visita ad Limina dei vescovi brasiliani della Regione Norte 2: il Papa ha ricevuto stamani un altro gruppo di presuli. I colloqui di questi giorni in Vaticano sono stati un’occasione per tracciare un quadro della situazione negli Stati dell’Amapá e del Pará. Il servizio di Giada Aquilino:
Hanno trovato un Papa “attento” alle questioni del loro territorio, i vescovi brasiliani della regione Norte 2, che copre l’Amazzonia orientale. I presuli, in una conferenza stampa, ieri, presso la nostra emittente, hanno parlato delle grandi sfide dell'Amazzonia in campo ecologico e sociale. In particolare hanno messo l’accento sulla costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte sul fiume Xingu e delle 5 altre in progettazione sul fiume Tapajós. Nonostante le minacce di morte a tre vescovi per il loro impegno a fianco delle popolazioni autoctone, la Chiesa locale ha lanciato un allarme sulle prevedibili “disastrose” conseguenze di tali insediamenti industriali per tutta la zona. Ce ne parla mons. José Luiz Azcona, vescovo di Marajò:
R. – Una è già fonte di grandi discussioni, quella di Belo Monte, ma è già stata approvata la costruzione di altre cinque sul Rio Tapajós e ce ne sono altre due in programma per lo Stato dell’Amapá. Questa politica delle centrali idroelettriche colpirà profondamente il cuore dell’Amazzonia, creando gravissimi problemi all’ecologia, agli indigeni e all’umanità in generale.
D. – Come cambia la vita delle popolazioni autoctone, degli indigeni?
R. – Faccio un esempio, parlando della palma dell’olio di dendé, di cui nella nostra regione ci sono grandi piantagioni. Le grandi imprese comprano la terra dai contadini: loro, che hanno bisogno di denaro, vendono questi appezzamenti di terreno. E i grandi gruppi avviano una monocoltura di palma di dendé. Sull’argomento c’è molta disinformazione: al vertice di Copenaghen, in dicembre, questo programma è stato presentato come un modello di riforestazione dell’Amazzonia, quando in verità il concetto della monocoltura non si traduce in ciò. Non solo: la gente locale deve lasciare la regione perché non è più proprietaria della terra e si rifugia, come sta avvenendo, nelle periferie delle città. Di questo passo, la vita delle popolazioni indios cambierà in maniera radicale.
Il rischio quindi è lo stravolgimento di quello che è rimasto l’ultimo polmone della Terra. Ascoltiamo mons. Esmeraldo Barreto de Farias, vescovo di Santarèm:
R. – La primera implicaçao …
Per prima cosa, le popolazioni non sono state consultate sui progetti di tali centrali idroelettriche. Inoltre, gli indios dovranno lasciare le loro terre a causa di queste costruzioni. Tutte le famiglie che abitano in riva ai fiumi, che vivono della pesca, dovranno andar via dal loro luogo di origine: cambieranno completamente le condizioni di vita.
D. – Quali implicazioni ci saranno, dal punto di vista ecologico e climatico?
R. – Una grande parte …
Una vasta area di duemila chilometri verrà sommersa. La vegetazione e la fauna resteranno sott’acqua. Gli scienziati ritengono che anche lo stesso movimento delle turbine delle centrali contribuirà al riscaldamento globale del pianeta.
D. – Com’è impegnata la Chiesa al fianco di queste popolazioni?
R. – A Igreja …
La Chiesa vuole coinvolgere i gruppi indigeni e le popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi perché siano loro stessi ad assumere un dialogo con chi farà il progetto e con il governo che deve provvedere al riguardo.
Altra piaga della realtà amazzonica è lo sfruttamento sessuale dei minori: i vescovi brasiliani hanno evidenziato 100 mila casi di denunce negli ultimi 5 anni. Sentiamo mons. Pedro José Conte, vescovo di Macapá nello Stato dell'Amapá:
R. – E’ un problema grave. Un po’ lo viviamo tutti, perché lo sfruttamento dei minori, purtroppo, è diffuso. Comincia in casa e a volte diventa addirittura fonte di sostegno economico per la famiglia: la famiglia vive sullo sfruttamento di uno dei minori, figlio o figlia. Nello Stato dove vivo io, costruiranno un ponte sul Rio Oiapoque, che divide lo Stato dell’Amapá dalla Guyana francese: senza dubbio, creare una via di comunicazione è importante, ma se pensiamo a cosa succede tra il Brasile e l’Europa, passando per la Guyana francese, il Suriname, la Guyana inglese e il Centroamerica, noi prevediamo oltre al traffico delle persone, anche una migrazione dall’America Centrale. Quindi, oltre ai migranti che continuano ad arrivare in Amazzonia a causa della disoccupazione, delle sacche di povertà nel Nord-Est, ci saranno anche quelli dell’America Centrale. E allora rivolgiamo un appello a tutti, pure alla Caritas brasiliana, alla Caritas francese, alla Caritas Internationalis, per studiare modi di aiutare queste persone. La preoccupazione maggiore non è solo per gli uomini che vanno e che vengono alle frontiere: purtroppo è anche per le donne e i bambini.
Altre udienze
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il cardinale Sodano nominato rappresentante del Papa ai funerali del presidente polacco Kaczyński
◊ Benedetto XVI ha nominato il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio, suo rappresentante ai funerali delle vittime della sciagura aerea avvenuta lo scorso 10 aprile in Russia e costata la vita a 96 persone, tra cui il presidente Lech Kaczyński. I funerali pubblici si terranno domani a Varsavia in piazza Pilsudski. La Santa Messa sarà presieduta dal cardinale Angelo Sodano e concelebreranno i vescovi della Conferenza episcopale polacca. Domenica le bare del presidente polacco Lech Kaczyński e della moglie verranno poi portate a Cracovia, dove il cardinale Angelo Sodano presiederà la Santa Messa nella Chiesa di Santa Maria. Durante la celebrazione, sono previsti i discorsi del presidente del Parlamento Bronislaw Komorowski, capo di Stato ad interim, e del presidente di Solidarnosc, Janusz Sniadek. Dopo la Messa, il corteo funebre arriverà nella cattedrale di Wawel, dove si terrà l’ultima cerimonia liturgica presieduta dall’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanisław Dziwisz. I corpi di Lech Kaczyński e di sua moglie saranno deposti sotto la Torre delle Campane d’Argento, a Cracovia, dove è sepolto anche il maresciallo Jozef Pilsudski.
Nella Basilica di San Pietro, intanto, il cardinale Angelo Sodano ha presieduto ieri la Santa Messa in suffragio delle vittime della tragedia aerea. La profonda fede – ha detto il decano del Collegio Cardinalizio – sostenga i cristiani della Polonia “in questo nuovo momento di prova della loro sofferta storia nazionale”. Il porporato ha aggiunto che Cristo è l’unica via capace di portare ad “intravedere una luce sulle tragedie della storia”. Di fronte ad un nuovo dramma per la nazione polacca – ha poi osservato – c’è anche “una zona inaccessibile per la ragione umana”. Durante la Santa Messa, il cardinale Sodano ha inoltre affidato nelle mani misericordiose del Padre “tutti coloro che sono improvvisamente periti” nella sciagura aerea. Oltre al capo di Stato polacco, sono morti anche membri del Governo e del Parlamento, l’ordinario militare cattolico e i capi di Stato Maggiore. Il decano del Collegio Cardinalizio ha ricordato infine i numerosi “militari polacchi tremendamente massacrati a Katyń”. Questa zona, non lontana dalla città di Smolensk, è stata teatro nel 1940 di un eccidio costato la vita a quasi 22 mila tra ufficiali e cittadini polacchi, uccisi dai soldati dell’Armata Rossa. Sulle loro tombe – ha affermato il cardinale Angelo Sodano – sventoli “la bandiera bianca e rossa della patria”. La Croce gloriosa di Cristo - ha concluso - “ci ricordi sempre la fede di chi ci ha già preceduto verso la casa del Padre”. (A cura di Amedeo Lomonaco)
Reso noto il programma della visita pastorale del Papa a Torino
◊ Incontri con la cittadinanza, giovani e ammalati, la Santa Messa, la venerazione della Sindone. Sono i principali appuntamenti della visita pastorale di Benedetto XVI a Torino, in programma il prossimo 2 maggio. Il primo incontro - rende noto la Sala Stampa della Santa Sede - è con la cittadinanza in Piazza San Carlo. Seguirà la concelebrazione eucaristica e, subito dopo, la recita del Regina Caeli. Dopo il pranzo con i vescovi del Piemonte, seguiranno l’incontro con i giovani e la venerazione della Sindone nel Duomo di Torino. L’ultimo incontro previsto nel capoluogo piemontese è con gli ammalati nella Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza-Cottolengo.
Lettera del cardinale Hummes per la chiusura dell'Anno Sacerdotale
◊ “La conclusione dell’Anno Sacerdotale non costituirà propriamente una conclusione, ma un nuovo inizio”: è quanto scrive in una lettera indirizzata a tutti i sacerdoti il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, in occasione della chiusura delle celebrazioni legate al 150.mo anniversario della morte del Santo curato d’Ars. Nella missiva il porporato tocca anche il tema degli abusi sessuali contro minori commessi da sacerdoti sottolineando che, come fatti da condannare, la Chiesa è decisa a non nasconderli né minimizzarli, ma che tali delitti “non possono assolutamente essere usati per infangare l’intero corpo ecclesiale dei presbiteri”. Il servizio di Tiziana Campisi:
Con l’Anno Sacerdotale, scrive il cardinale Claudio Hummes, si è voluta “dare un’attenzione speciale, riconoscente e intraprendente al grande, laborioso e insostituibile presbiterio e ad ogni singolo presbitero della Chiesa”, e se “alcuni, ma proporzionalmente molto pochi, presbiteri hanno commesso orribili e gravissimi delitti di abusi sessuali contro minorenni” – “fatti … in modo assoluto e intransigente” da “rifiutare e condannare” –, ne dovranno “rispondere davanti a Dio e davanti ai tribunali, anche civili”. Usa chiarezza il porporato, nella sua lettera indirizzata a tutti i sacerdoti, riguardo ai crimini a danno di minori commessi da sacerdoti. Chiede preghiere per i colpevoli, per la loro “conversione spirituale” e perché abbiano “il perdono di Dio” ed esprime solidarietà per le vittime manifestando la volontà di volerle sostenere “nel recupero e nei loro diritti offesi”. Rivolgendosi poi direttamente ai presbiteri il cardinale Hummes scrive: “Riconosciamo quello che siete e quello che fate nella Chiesa e nella società. La Chiesa vi ama, vi ammira e vi rispetta. Siete anche una gioia per la nostra gente cattolica nel mondo, che vi accoglie ed appoggia, soprattutto in questi tempi di sofferenze”. Quindi l’invito a prendere parte alle celebrazioni conclusive dell’Anno sacerdotale dal 9 all’11 giugno a Roma. Un modo anche per offrire al Papa, aggiunge il porporato, “appoggio”, “fiducia” e “comunione incondizionata, dinanzi agli attacchi frequenti che Gli sono rivolti, nel momento attuale, nell’ambito delle sue decisioni riguardo ai chierici incorsi nei delitti di abusi sessuali su minorenni”. “Le accuse contro di Lui – prosegue il cardinale Hummes – sono evidentemente ingiuste ed è stato dimostrato che nessuno ha fatto tanto quanto Benedetto XVI per condannare e per combattere correttamente tali crimini”. “Noi, il popolo di Dio e i pastori … ci proponiamo di essere sempre attenti a ciò che lo Spirito Santo vuol dirci – conclude il porporato –. Intanto, torneremo all’esercizio della nostra missione nella Chiesa e nel mondo con gioia rinnovata e con la convinzione che Dio, il Signore della storia, resta con noi, sia nelle crisi sia nei nuovi tempi”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La libertà del Papa, su strade diverse da quelle del mondo: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia.
Il Bric chiede un nuovo ordine mondiale: in rilievo, nell’informazione internazionale, il summit di Brasilia, che ha auspicato una riforma della governance economica a vantaggio dei Paesi in via di sviluppo.
Sette ragioni per dire che il primo è anche l’ultimo: in cultura, Inos Biffi sui sacramenti e la risurrezione.
Arrivò Ruggero ma l’isola aveva già la sua Signora: Vincent Borg sul cristianesimo a Malta tra il VI e il XVI secolo.
Soluzione coraggiose a problemi senza precedenti: Rita Tolomeo alla presentazione del volume, curato da Cosimo Semeraro, “La sollecitudine ecclesiale di Pio XI. Alla luce delle nuove fonti archivistiche”.
Il gesuita e la regina dei talk show: un’intervista di Silvia Guidi allo scrittore nigeriano Uwem Akpan con un articolo di Antonio Spadaro, “Narrare il male con occhi innocenti”, che uscirà nel prossimo numero de “La Civiltà Cattolica”.
Le ragioni degli altri: Gaetano Vallini recensisce il film “Cella 211” del regista spagnolo Daniel Monzon.
Grazie per il sostegno alla testimonianza di carità al Papa: nell’informazione vaticana, Benedetto XVI ai membri della Papal Foundation.
Myanmar: sale la tensione dopo l'attentato a Rangoon
◊ Alta tensione in Myanmar, dopo l’attentato di ieri a Rangoon che ha provocato una carneficina. Secondo la Tv di Stato birmana, il bilancio ufficiale è di otto morti e 75 feriti mentrte fonti di AsiaNews parlano di “oltre 30 morti”. Molti osservatori credono che gli attacchi di ieri facciano parte di una strategia del terrore adottata dalla giunta militare in vista delle elezioni politiche per annientare qualsiasi tentativo di opposizione democratica. Analisi, questa, condivisa anche dalla sindacalista della Cisl, Cecilia Brighi, che da anni lavora al fianco del Sindacato clandestino birmano. L’intervista è di Salvatore Sabatino:
R. – La Cisl lavora con il sindacato clandestino e con tutte le organizzazioni democratiche birmane da anni, e tutte le organizzazioni rifiutano la violenza e il terrorismo da sempre: sono schierate per una lotta pacifica e non violenta, l’abbiamo visto nelle manifestazioni del 2007. Questo, quindi, non può che essere un tentativo della giunta militare di far vedere che la situazione è incontrollabile ed ingovernabile. Devo dire che io ho sentito con le mie orecchie l’ambasciatore birmano alle Nazioni Unite dichiarare all’Ilo che il sindacato è un’organizzazione terroristica: quindi, questo è l’inizio di un tentativo di aumentare il clima di tensione e di repressione nel Paese.
D. – Di recente, la leadership della Lega nazionale della democrazia, il principale partito di opposizione birmano, ha annunciato di non procedere alla registrazione necessaria per partecipare alle elezioni. Di fatto, questo è un ulteriore tassello della tensione …
R. – Era una cosa abbastanza scontata; la giunta ha cercato di dividere la lega nazionale per la democrazia sperando che potesse avere una sponda per queste elezioni che sono assolutamente inaccettabili, perché le leggi elettorali e la Costituzione violano qualsiasi standard minimo internazionalmente riconosciuto, tant’è che tutte le organizzazioni democratiche birmane, quelle rappresentative, compresa la Lega nazionale per la democrazia, non partecipano alle elezioni e, anzi, hanno lanciato un appello internazionale per chiedere che le istituzioni internazionali e i governi accettino le elezioni unicamente se verranno rispettate tre condizioni chiave: l’immediata liberazione di Aung San Suu Kyi e dei detenuti politici, la garanzia a tutti loro del diritto a partecipare alle elezioni e ad essere candidati, la cessazione di tutti gli attacchi contro le comunità etniche e egli attivisti democratici e la terza condizione, che è fondamentale, è l’apertura di un dialogo genuino ed inclusivo tra la giunta e tutte le organizzazioni democratiche e le nazionalità etniche e, soprattutto, la revisione della Costituzione.
D. – In molti denunciano poca attenzione della comunità internazionale nei confronti del problema birmano: è d’accordo?
R. – Assolutamente sì! C’è un silenzio enorme, tant’è che la Cisl oggi lancia un appello che verrà pubblicato sul sito della Cisl, sul sito birmaniademocratica.org perché raccolgano il messaggio di oltre 150 organizzazioni rappresentative della società civile e democratica birmana e del sindacato birmano, perché – appunto – riconoscano le elezioni unicamente se verranno accettate queste condizioni.
Haiti: il dramma dei bambini a tre mesi dal terremoto
◊ Sono oltre un milione e 500 mila i bambini ancora a rischio ad Haiti, a tre mesi dal terremoto. Più di 4.300 strutture scolastiche e 50 centri sanitari sono inagibili. Lo denunciano l’Ong Save the Children insieme all’Unicef. Secondo i loro ultimi rapporti, la situazione sta lentamente migliorando. Rimangono però molti problemi che minacciano il futuro della popolazione dell’isola, come la mancanza di adeguati servizi igienici e il rischio di violenze contro le donne nei campi di sfollati. Ma a quanti bambini Save the Children è riuscita a portare aiuto finora? Al microfono di Valeria Mura ce ne parla il direttore generale dell’associazione, Valerio Neri:
R. – Siamo riusciti ad oggi - in tre mesi - a portare aiuto ad almeno 550 mila di questi bambini e alle relative famiglie. Abbiamo costituito vari campi tendati, in cui i bambini – sia che abbiano famiglie vicine, sia che abbiano adulti di riferimento, ma anche che non li abbiano – vengono accolti. Via via, col passare delle settimane, questi centri vanno sempre più migliorando, da un punto di vista logistico e con l’ausilio di tende dedicate soprattutto agli ambienti scolastici. Piano piano, tutto sta procedendo per il meglio.
D. – In che senso lei dice che il lavoro sta procedendo “pian piano”?
R. - Io dico “piano piano”, perché bisogna ammettere che lavorare ad Haiti continua ad essere molto difficile. Si tratta di uno Stato che era povero già prima, senza strutture amministrative efficienti e quindi la ricostruzione stessa sta prendendo molto più tempo di quel che sarebbe stato augurabile e sperabile. Anche noi di "Save the Children" stiamo incontrando più difficoltà di quel che avremmo voluto nel riuscire ad implementare tutti i nostri programmi. All’inizio, tutto si è concentrato su Port-au-Prince e le cittadine intorno erano state un po’ abbandonate: adesso, a tre mesi dal terremoto, gli aiuti sono arrivati ovunque.
D. – Quali sono i problemi più gravi che ancora rimangono irrisolti?
R. - Il problema è che ci sono ancora molti dispersi, probabilmente persone ormai morte. Rimane poi il problema degli orfani, che sono veramente tanti: è un problema molto grande, perché ovviamente bisogna cercare di dare un futuro a questi bambini e questo al di là della possibilità di sistemarli in altri Paesi attraverso le adozioni internazionali, che pure – augurabilmente – potranno riprendere correttamente e seriamente in una fase un po' più avanzata. Il problema, ancora, è curare i tanti feriti. Ci sono tantissimi bambini che hanno perso gli arti e si trovano, quindi, in una situazione di handicap fisico molto forte. Ci sono bambini che hanno avuto stress psicologici fortissimi. Questi aspetti psicologici oggi stanno emergendo sempre più, così come è normale che sia in queste situazioni di emergenza, mano a mano che la situazione pratica va migliorando. Tengo a dire proprio questo: la situazione va migliorando, non si sta certo mettendo tutto a posto, perché la situazione ad Haiti continua ad essere difficile, molto difficile, logisticamente parlando.
D. – Dal punto di vista logistico quali sono le cose più importanti da fare, ancora?
R . - Le ricostruzioni non sono partite, i campi tendati non sono ancora accettabili e bisogna aumentare la capacità di portare tende, di dare servizi alla popolazione concentrata nei campi. Bisogna far ripartire l’economica: anche noi stiamo offrendo denaro alla popolazione per fare tutti i lavori che ci servono, proprio come "Save the Children", e questo per aiutarla a ripartire economicamente, almeno con la gestione familiare. Anche questo, però, sta tardando: tutto è molto, molto, molto difficile in quello scenario. Bisogna, però, anche essere ottimisti, perché è vero, sì, che le cose stanno andando troppo piano per quello che noi vorremmo, ma certamente stanno andando nel verso giusto. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Thailandia: incontro tra cattolici, buddisti e musulmani per promuovere la pace
◊ “Mantenere un atteggiamento consapevole e rispettoso, non cercare di prevalere uno sull’altro, pensare agli interessi nazionali e mettere fine alle violenze che feriscono il Paese”: è questo l’appello alle “camicie rosse” rivolto dai tre rappresentanti delle principali religioni professate in Thailandia, buddismo, islamismo e cristianesimo, riuniti dalla Commissione nazionale per i diritti umani. Lo riferisce l’agenzia Asianews. L’arcivescovo di Bangkok, Francis Xavier Kirengsak, ha esortato i manifestanti a “spalancare i cuori” e a “rispettare i diritti degli altri senza usare la violenza. “Il Paese può e deve essere unito – ha detto – nella diversità delle anime che lo costituiscono”. Il presule invita, dunque, le parti a tornare al dialogo e a essere animati dalla speranza, a confrontarsi all’insegna della franchezza e alla ricerca di un compromesso, perché “non siamo nemici, ma fratelli e sorelle”. Analogo richiamo al rifiuto della violenza da Phradhamakosajarn, rettore dell’università buddista Mahachulalongkornrajavidyalaya, che invita a “evitare lo scontro frontale”. Non nasconde le sue preoccupazioni per l’attuale situazione politica, e indica la via della compassione, da sostituire a quella della vendetta reciproca, come prescrive la Supremazia del Dharma, adottando le virtù della pazienza e del perdono. Infine, Imron Mauleem, esperto di legge islamica e presidente di Sheikul Islam, incita a smorzare i toni della polemica, ricorda che “senza giustizia non esiste armonia” e auspica che si possa dar vita a “una nuova cultura della politica”. (R.B.)
Kirghizistan: le comunità religiose chiedono il ripristino della libertà religiosa
◊ Membri delle diverse comunità religiose e rappresentanti per i diritti umani chiedono al governo ad interim di Rosa Otunbayeva di poter tornare alla libertà religiosa che godevano “prima di Bakiyev”, il leader deposto, fuggito ieri in Kazakistan. Da parte sua, - riferisce l'agenzia AsiaNews - Kanybek Imanaliyev, parlando a nome del nuovo gabinetto, ha dichiarato a Forum 18 che “vogliamo stabilire libertà di parola e di religione. Vogliamo riformulare la costituzione e le leggi, se necessario, anche la Legge sulle religioni”. La famigerata legge sulle religioni, varata lo scorso anno da Bakiyev, è stata molto criticata dalle organizzazioni religiose e per i diritti umani; dall’Unione europea e dall’Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Essa prevede il divieto di coinvolgere bambini nelle attività religiose; proibisce “il proselitismo aggressivo”, la distribuzione di letteratura religiosa, la stampa e materiale religioso audio e video; la registrazione obbligatoria delle comunità religiose. La legge discriminava anche le varie espressioni dell’islam: privilegiava l’islam tradizionale, emarginando altre espressioni di gruppi religiosi musulmani. Dopo larghe pressioni internazionali, anche Bakiyev aveva promesso di cambiarla. La fine del suo governo porta protestanti, cattolici, bahai, Testimoni di Geova, Hare Krishna a sperare che “il nuovo governo restauri la libertà religiosa almeno al livello goduto prima del presidente Bakiyev”. Mons. Nikolaus Messmer, amministratore apostolico della Chiesa cattolica, ha confermato a Forum 18 che “giorni prima degli scontri e della fine del governo, io e altri membri religiosi siamo stati invitati a un incontro straordinario presieduto dal presidente Bakiyev. Avevamo l’impressione che volesse cambiare la legge sulle religioni”. A proposito del futuro, mons. Messmer spera che “il nuovo governo possa fare i cambiamenti necessari. Vogliamo più libertà per i missionari e che i loro visti non vengano bloccati”. (R.P.)
Sri Lanka: festeggiato il Capodanno, ma in migliaia restano nei campi profughi
◊ Sono iniziati in tutto lo Sri Lanka i festeggiamenti per il Capodanno, in un clima di particolare pace e serenità grazie alla fine della guerra trentennale tra esercito e ribelli Tamil. Molti hanno affollato i templi e i luoghi di culto di Colombo, la capitale, offrendo preghiere perché la pace sia duratura e affinché il Sinhala (il nuovo anno buddista) non sia più minacciato da attacchi della Ltte. Anche cristiani e musulmani sono stati coinvolti nella festa, tanto che l’arcivescovo di Colombo, Malcom Ranjit, ha colto l’occasione per benedire il Paese. Non hanno festeggiato, invece, i circa 83mila sfollati di etnia Tamil ancora ospitati nei campi profughi, che vivono quasi come prigionieri perché il governo li considera potenziali ribelli. “Non possiamo pensare di essere una nazione – dichiara ad Asianews il leader cattolico del National fisheries solidarity, Herman Kumara – perché non consideriamo come nostri cittadini queste persone che vivono nei campi, sotto gli alberi?”. Padre S.M. Anthony, provinciale dei gesuiti, ha detto che “il Capodanno è un’ottima opportunità per avviare un processo di riconciliazione tra le comunità buddista e Tamil ed è una sfida per le alte sfere della politica”. (R.B.)
I vescovi polacchi sulla tragedia di Smolensk: basta dispute, mantenere unità nazionale
◊ “Emozioni profonde, sentimenti di solidarietà e amicizia”: sono questi i sentimenti che ha suscitato nell’opinione pubblica internazionale la tragedia aerea di Smolensk, in cui sabato scorso, tra gli altri, hanno perso la vita anche il presidente della Polonia Kaczynski e sua moglie. Così ha scritto l’episcopato polacco in una nota diffusa ieri sera e riportata dal Sir, in cui ricorda che sta lentamente proseguendo il rientro in patria delle salme, mentre enorme è l’affluenza commossa alla camera ardente allestita per il capo dello Stato e la consorte nel palazzo presidenziale, davanti al quale la gente resta in fila anche per dieci ore. I vescovi chiedono a tutti i gruppi politici, in un momento come questo, di rinunciare alle “dispute inutili” sul luogo della sepoltura della coppia presidenziale, accettando la scelta della cripta della cattedrale del Castello di Wawel, “luogo degno per preservare sia la memoria delle vittime di Katyn di 70 anni fa, sia del presidente polacco e di tutte le persone morte insieme con lui in servizio per la Polonia”. I vescovi invitano poi ad accostarsi ai riti funebri in maniera “dignitosa” e in un clima di “raccoglimento e preghiera”. Domani si svolgeranno a Varsavia i funerali pubblici delle vittime; domenica a Cracovia, poi, sono in programma le esequie della coppia presidenziale. Parteciperanno molti capi di Stato e di governo. (R.B.)
Africa: forte incremento dei fedeli cristiani e islamici
◊ Negli ultimi 100 anni si è registrato un forte aumento dei fedeli cristiani e di quelli musulmani in Africa. Lo rivela un rapporto presentato ieri a Washington dal Pew Research Center, frutto di un sondaggio condotto su 25mila africani tra il dicembre del 2008 e l'aprile del 2009, in 60 lingue e 19 Paesi (Botswana, Camerun, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Ghana, Gibuti, Guinea Bissau, Kenya, Liberia, Mali, Mozambico, Nigeria, Rwanda, Sudafrica, Senegal, Tanzania, Uganda e Zambia). Secondo il rapporto il numero dei musulmani nell'Africa subsahariana è passato da 11 milioni nel 1900 a 234 milioni nel 2010. I cristiani sono cresciuti da 7 milioni nel 1900 agli attuali 470 milioni. Questo significa che un cristiano su cinque nel mondo e un musulmano su sette vive nell’Africa sub-sahariana. Tenendo conto anche dell’Africa settentrionale si è così creata una sostanziale parità tra il numero dei fedeli cristiani e di quelli musulmani in un continente dove si contano dai 400 ai 500 milioni di cristiani quanto di musulmani. Gli estensori del rapporto sottolineano però che le credenze e le pratiche religiose tradizionali africane continuano ad essere adottate da un gran numero di musulmani e cristiani. Il rapporto constata che nell’Africa sub-sahariana cristiani e musulmani hanno generalmente una visione positiva gli uni degli altri, e nella maggior parte dei Paesi relativamente poche persone pensano che vi sia ostilità contro i cristiani oppure contro i musulmani. Ma, musulmani e cristiani riconoscono che sanno relativamente poco della fede degli altri. Molti africani affermano di essere preoccupati per l'estremismo religioso, anche all'interno della propria fede. Ad esempi diversi musulmani si dicono più preoccupati per la diffusione dell’estremismo islamico che di quello cristiano, mentre i cristiani in Ghana, Sudafrica, Uganda e Zambia si dicono più preoccupati per l'estremismo cristiano che non di quello islamico. (R.P.)
La Comece lancia l’allarme: “In Europa 79 milioni di poveri”
◊ Il dato è allarmante: in Europa 79 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà. È questo il contenuto più impressionante del rapporto con cui il presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea (Comece), mons. Adrianus van Luyn, ha aperto l’assemblea plenaria nei giorni scorsi. Il tema della povertà e dell’individuazione dei mezzi per combatterla, è al centro dell’evento che riunisce 21 vescovi e che si intitola “2010, Anno europeo per combattere la povertà e l’esclusione sociale”. “I sistemi di sicurezza sociale all’interno dell’Unione europea sono i più avanzati nel mondo – ha esordito il vescovo – tuttavia molti europei vivono ancora oggi al di sotto della soglia di povertà”. Le cause sono molto complesse, ma i numeri esplicitati, e riportati dalla Zenit, parlano da soli: 79 milioni di poveri, cioè il 16% della popolazione totale; 19 milioni (il 19%) i bambini esposti al rischio povertà. La crisi economica ha certamente peggiorato la situazione, creando un vistoso aumento di disoccupazione, anche se per l’8% dei cittadini Ue il lavoro non basta a sfuggire al disagio. La Comece si dedicherà a questo tema e, insieme con la Conferenza delle Chiese europee di Caritas Europa e di Eurodiaconie, elaborerà un documento sul fenomeno della povertà che contenga anche proposte concrete per contrastarla. (R.B.)
Haiti: da 40 anni non mantenute le promesse sugli aiuti allo sviluppo
◊ Quarant’anni di promesse non mantenute da parte dei Paesi che possono, ma non hanno mai stanziato gli aiuti necessari a quelli in via di sviluppo: la denuncia arriva dall’emittente haitiana Radio Metropole, raccolta dall’agenzia Misna, che si chiede se Haiti sarà l’eccezione che conferma la regola. Ai microfoni della radio, Patrick Lawson, portavoce dell’ong Oxfam, ha ribadito che le somme effettivamente erogate dai Paesi donatori bastano appena a far fronte alle conseguenze della crisi economica. Secondo i dati dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo, soltanto cinque Paesi, Svezia, Norvegia, Danimarca, Lussemburgo e Paesi Bassi, hanno rispettato l’impegno preso nel 1970 davanti all’Onu e più volte reiterato: di dedicare, cioè, lo 0,7% del Pil agli aiuti per lo sviluppo. (R.B.)
Cina: mons. Mattia Du Jiang insediato ufficialmente vescovo di Bameng
◊ Mons. Du, nato nel 1963, originario della Mongolia Interna, era stato consacrato vescovo nel 2004 con l’approvazione della Santa Sede ma le autorità civili, pur avendo riconosciuto la sua elezione da parte della comunità cattolica, non lo avevano ancora riconosciuto come vescovo. Per questo – riporta l’agenzia Fides - mons. Du non aveva mai potuto parlare o agire in pubblico in qualità di vescovo. Per la cerimonia d’insediamento, l’8 aprile scorso, le autorità avevano deciso di celebrare una solenne Eucaristia nella cattedrale di Sanshenggong presieduta da mons. Ma Yinglin, vescovo illegittimo di Kunming, segretario generale della Conferenza dei vescovi cinesi e vice-presidente dell’Associazione Patriottica, ma mons. Du ha categoricamente rifiutato questa scelta, riaffermando di essere lui il vescovo di Bameng. Dopo giorni di trattative durante i quali nessuno ha potuto mettersi in contatto con il presule, le autorità hanno accettato che mons. Du presiedesse l’Eucaristia, senza cancellare l’intera cerimonia d’insediamento come chiedeva mons. Du. A proposito della partecipazione del vescovo illegittimo mons. Ma come concelebrante, mons. Du ha detto apertamente che essa era contro la sua volontà. Prima della celebrazione, presieduta da mons. Du, è stato letto il documento della Conferenza episcopale che lo riconosceva vescovo di Bameng. All’omelia mons. Du ha ricordato il suo legame con la Santa Sede e ha ringraziato il Santo Padre per averlo nominato vescovo di Bameng. Erano presenti ventiquattro sacerdoti, - tra loro anche mons. Ma che ha concelbrato con i paramenti episcopali - ventisette religiose e circa 300 invitati. Alla Messa è seguito un pranzo, dopo di che le autorità civili e il personale addetto ai servizi di sicurezza hanno lasciato la zona, ponendo fine alla cintura di assedio che avevano imposto alla città, tenendo sotto controllo perfino internet e telefoni. A chi ha raccolto la testimonianza telefonicamente, mons. Du ha manifestato il proprio dispiacere per non essere stato in grado di impedire la concelebrazione col vescovo illegittimo mons. Ma Yinglin. Alcuni cattolici di Bameng hanno commentato positivamente quanto è accaduto: “Il coraggio di mons. Du è stato esemplare. Speriamo che sia seguito da molti altri vescovi. Tenendo conto della persona discreta, di poche parole e timida del nostro vescovo, - hanno sottolineato - non è difficile vedere che è stato lo Spirito Santo che ha parlato in lui”. (R.P.)
I vescovi boliviani riuniti in assemblea plenaria
◊ Con la relazione dell’arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas si sono aperti i lavori dell’assemblea plenaria dell’episcopato della Bolivia. Il primo tema affrontato dal porporato è stata la Missione continentale: “Si tratta di una sfida – ha spiegato – abbiamo ancora una lunga strada da percorrere e su questo rifletteremo in questi giorni”. A un anno dal lancio della Missione permanente, ne scopriamo i frutti nell’azione dello Spirito che risveglia le nostre comunità ecclesiali. La sfida che deriva dall’incontro personale con il Signore, è di essere veri discepoli e missionari e “ci deve portare, nella nostra azione evangelizzatrice, in ogni famiglia, in ogni comunità ecclesiale e nella società intera”. In seguito, il cardinale Terrazas ha espresso soddisfazione per la partecipazione del popolo boliviano alle recenti elezioni amministrative e regionali definendole una prova di “nuova crescita della maturità democratica, anche se non mancano segni di fragilità”. Il presidente dell’episcopato ha però chiesto che diverse situazioni irregolari rilevate, così come comportamenti, verbalmente violenti e intolleranti, siano oggetto di analisi e riflessione da parte di tutti, per dare risposta all’anelito del popolo che “chiede responsabilità, razionalità e serenità”. Rivolgendosi alle nuove autorità elette, il porporato ha rivolto loro i migliori auguri di lavoro e li ha invitati ad “andare al di là delle visioni settoriali, o di parte, mettendo l’accento sul bene comune, sul progresso del Paese e sulla convivenza pacifica”. Con riferimento all’aggressività mostrata negli ultimi tempi da parte del narcotraffico, il cardinale ha richiamato l’attenzione sulla pericolosità del fenomeno, auspicando che in merito vengano intraprese azioni adeguate. Prima di concludere, il presidente dei vescovi della Bolivia ha ricordato che la plenaria si apre pochi giorni dopo la Pasqua e perciò, ha detto, “ci riuniamo sotto il segno della pace, dono del Cristo Risorto verso il quale il nostro popolo ha rinnovato la sua fede, assettato di concordia, speranza e vita”. “Il nostro popolo - ha concluso citando il documento di Aparecida - s’indentifica con il Cristo sofferente, verso il quale guarda con amore e dedizione, senza dimenticare che Lui ci ama e che per questo amore ha dato la sua vita”. (A cura di Luis Badilla)
Messaggio dei vescovi del Messico al termine della plenaria
◊ “Ci auguriamo vivamente di realizzare con entusiasmo in tutte le diocesi del Messico, la Missione continentale permanente, come programma di azione pastorale per ravvivare, con la forza dello Spirito Santo, la vita cristiana dei cattolici e il loro impegno a mettersi al servizio, dal punto di vista della fede, di una vita degna del nostro popolo”: inizia così il messaggio conclusivo della 89.ma Assemblea plenaria dei vescovi del Messico. “Sentiamo sulla nostra pelle la varietà di problemi che riguardano il nostro Paese, - siu legge nella nota riportata dall'agenzia Fides - così come la travolgente ondata di violenza e insicurezza che si è scatenata, da diversi anni in Messico, e che ha aumentato il numero di vittime, molte delle quali innocenti. Ci preoccupa anche la povertà e la disuguaglianza, la disoccupazione e il basso reddito, la scarsa istruzione e la mancanza di opportunità, in particolare per i giovani; tuttavia vediamo segni di speranza di una graduale ripresa economica e un lieve aumento dei posti di lavoro” continua il testo dei Vescovi. La parte centrale del messaggio si sofferma sulla testimonianza dei sacerdoti: “Il sacerdozio, oltre a essere un dono, è un compito che dobbiamo vivere con umiltà e fedeltà, come servizio per far sì che l'amore misericordioso di Dio raggiunga tutti, in particolare i poveri e i sofferenti. E' giusto ricordare che molti sacerdoti vivono il loro ministero in modo eroico, a volte anche in mezzo alle minacce, alla povertà, alla violenza, alle estorsioni e alle aggressioni. Come Chiesa, siamo grati per la testimonianza, la discrezione e il generoso dono della loro vita, nonostante le difficoltà. Invitiamo tutti a rinnovare la loro fedeltà, incoraggiando la conversione permanente, per promuovere la fiducia del nostro popolo.” Il documento, pubblicato ieri, è firmato da mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla e presidente della Cem e da mons. Víctor René Rodríguez Gómez, vescovo ausiliare de Texcoco e segretario della Cem. In Messico, secondo dati non ufficiali, l'ondata di violenza che esiste nel Paese solo in questo anno ha fatto circa 3.000 morti violente e dalla fine del 2006 più di 22.000 morti. (R.P.)
Medici cattolici: più attenzione alla vita che programmi di controllo delle nascite nei Paesi poveri
◊ Gli ostetrici cattolici della Ong Mater Care International (Mci) hanno richiesto una maggiore attenzione alle cure prenatali e più medici qualificati per l’assistenza ai parti nei Paesi in via di sviluppo, piuttosto che l’incremento dei programmi di salute riproduttiva che comprendono il controllo delle nascite attraverso l’uso dei preservativi, e gli aborti cosiddetti sicuri. A questo riguardo, l’ostetrico e direttore della Mci, Robert Walley, ha dichiarato che migliaia di dollari sono stati spesi in questi programmi, mentre solo una piccola parte viene indirizzata a servizi che garantiscono la sopravvivenza di madri e figli durante la gravidanza. Inoltre, il medico ha criticato il fatto che molte agenzie di aiuti internazionali adottino come principale strategia il controllo delle nascite e l’aborto per ridurre le morti delle madri nei Paesi in via di sviluppo. Il dottor Walley ha pure fatto presente che la maggior parte delle madri, in particolare in Africa, desiderano tenere i propri bambini perché sanno che sono il futuro della loro famiglia, comunità e paese. La Mci - riferisce l'agenzia Fides - appoggia le proteste contro la nuova Legge sull’aborto, sia spagnola che di qualsiasi altro Paese del mondo. “Firmiamo una petizione online appoggiando le proteste e ci teniamo in contatto con le associazioni pro-vita, anche se ci piacerebbe mantenere contatti anche con ostetrici e ginecologi” ha detto ancora il direttore Walley. “La Chiesa, che ha una lunga storia nell’assistenza alle madri, non vede garantita la sua continuazione in questo ministero a causa degli attacchi dei governi e delle agenzie che offrono finanziamenti”, inoltre, denuncia sempre il direttore della Mci, “discriminano le Ong cattoliche e negano il diritto dei medici cattolici di praticare la loro professione secondo coscienza”. Il problema più grave è che nel mondo in via di sviluppo non ci sono sufficienti medici qualificati nè ospedali in grado di assistere le madri, in particolare nelle zone rurali. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno muoiono circa 529 mila donne per complicazioni durante il parto, e per ognuna che muore al momento del parto, altre 20 subiscono lesioni, infezioni o malattie. Molte muoiono da sole a causa di emorragie (25%); agonizzando per una infezione (12%); per distocia da parto vista la giovane età (8%); ipertensione. (R.P.)
Benin: al via il 18 aprile le celebrazioni del 150.mo dell’evangelizzazione del Paese
◊ La Chiesa del Benin festeggia quest’anno il 150.mo anniversario dell’evangelizzazione del Paese, iniziata nel 1860-61 con l’arrivo dei missionari francesi della Società delle Missioni Africane (SMA). Le celebrazioni dell’anno giubilare iniziano questa domenica 18 aprile con una solenne liturgia eucaristica presieduta ad Agoué dal vescovo di Dassa-Zoumé Antoine Ganyé, presidente della Conferenza episcopale beninese. Il tema scelto per il giubileo è “150 anni di evangelizzazione del Benin: eredi e costruttori dell’avvenire - Cristiano, testimonia la tua speranza” e vuole essere un invito a tutti i cristiani e le realtà ecclesiali beninesi a rendere grazie a Dio per il dono del Vangelo e a lasciarsi interpellare di nuovo “per ripartire da Cristo”. La Messa di apertura, concelebrata dai vescovi del Benin e del Togo, sarà trasmessa in diretta dalla radio e dalla televisione nazionale del Benin. Durante la celebrazione quattro diaconi beninesi della Società delle Missioni Africane (SMA) saranno ordinati sacerdoti e inviati in missione, come segno di riconoscenza all’Istituto, fondato a Lione nel 1856 da Melchior de Marion Brésillac, e a tutti i missionari che hanno contribuito all’evangelizzazione del Paese. Presenti alla cerimonia anche due religiose della Congregazione di Nostra Signora degli Apostoli che festeggiano il loro anniversario di vita religiosa, per ricordare anche il grande contributo dato dalle religiose all’annuncio del Vangelo in Benin. Tra le principali iniziative celebrative in calendario figurano un pellegrinaggio nazionale al Santuario nazionale di Dassa-Zoumé, , il prossimo 22 agosto, con la possibile ordinazione di nuovi sacerdoti e una liturgia eucaristica presieduta il 17 aprile 2011 a Ouidah dal cardinale arcivescovo di Lione Philippe Barbarin. Nel corso dell’anno giubilare sarà celebrato anche il 150° anniversario della creazione del primo Vicariato Apostolico del Dahomey, elevato a Prefettura apostolica nel 1883 e oggi arcidiocesi di Cotonou. Le celebrazioni si concluderanno il 21 agosto 2011 con un pellegrinaggio mariano a Dassa-Zoumé. (L.Z.)
Giornata del Catechista negli Usa: “Siate eroici nonostante le difficoltà”
◊ Il 7 aprile a Minneapolis, nel Minnesota, è stata celebrata la Giornata del Catechista, nell’ambito del Congresso annuale del National catholic educational association, patrocinata dalle Pontificie opere missionarie (Pom). Vi hanno partecipato ottomila educatori cattolici, direttori parrocchiali dell’educazione religiosa, catechisti e altri educatori impegnati nella formazione. L’agenzia Fides riferisce stralci del discorso del direttore nazionale delle Pom, mons. John E.Kozar, che ha parlato del ruolo critico della “testimonianza personale di fede” e ha raccontato i propri incontri con i testimoni nelle missioni. “Più che una fonte di informazioni sulla fede – ha detto – questi catechisti delle missioni sono testimoni della fede che ispirano e insegnano con l’esempio della loro vita”. Il presule ha tenuto a incoraggiare i formatori: “Siate eroici nei vostri sforzi, nonostante le sfide e le difficoltà. Voi siete i veri missionari”. Dopo il suo intervento è stata la volta di Monica Yehle, direttrice della rivista Mission: “Ogni missionario sa che ogni momento conta – ha esordito – i missionari sanno che il Signore vive in ogni momento, con la nostra fede in Lui e il nostro amore per il nostro prossimo”. (R.B.)
Si celebra oggi la Giornata mondiale della voce
◊ Ricordare l’importanza della salute vocale e diffondere sane abitudini per conservarla e curarla nel migliore dei modi. Sono gli obiettivi dell’odierna Giornata mondiale della voce. Il tema scelto per l’edizione di quest’anno è: “Ama la tua voce”. La voce – sottolineano medici specialistici – richiede attenzione quando si sente dolore o fastidio parlando o cantando. I problemi legati alla voce possono essere di tipo strutturale, se causati ad esempio da abusi funzionali, sia di origine psicologica. Le anomalie e il deterioramento della voce non devono essere valutati superficialmente, come spesso accade, perché potrebbero anche essere segnali di un tumore alla laringe. Sono diversi i consigli degli esperti per salvaguardare la salute vocale. In particolare si deve evitare di gridare e tossire continuamente. Non si devono inoltre inalare sostanze irritanti, fumare, parlare con toni troppo alti. Vanno poi attentamente valutati problemi legati all’asma, alla sinusite e patologie di tipo neurologico o respiratorio. Le disfunzioni della voce sono in crescente aumento, soprattutto tra coloro che utilizzano le corde vocali come strumento fondamentale nella loro attività lavorativa. Tra i “professionisti della voce” i più esposti sono cantanti, avvocati, professori e giornalisti. Nel caso delle patologie disfunzionali la cura principale consiste nello spezzare li circolo vizioso che ha causato il disturbo, imparando ad esempio a potenziare la respirazione diaframmatica, a non restare mai senza fiato alla fine della frase. E’ infine consigliabile ridurre il cosiddetto “carico vocale”, cioè lo sforzo quotidiano richiesto alle corde vocali. Le patologie organiche in alcuni casi possono essere trattate con terapie mediche, tra cui rieducazione foniatrica e logopedica. In altri si deve ricorrere ad interventi di microchirurgia. (A.L.)
Il cardinale Poletto: “La sofferenza va compresa nella prospettiva di fede”
◊ Ieri sera a Torino, presso la sala congressi Santo Volto, sono iniziati i lavori per il XII Convegno nazionale della pastorale sanitaria, promosso dalla Cei sul tema “Passio Christi, passio Hominis”. In apertura è intervenuto il cardinale Poletto spiegando il significato dell’incontro incentrato sul valore e sul senso della sofferenza di Cristo in relazione a quella dell’uomo. “Umanamente parlando – riferisce il porporato al Sir - nessuno riesce a spiegare perché all’ospedale Regina Margherita ci sia un bambino di tre anni sottoposto a chemioterapia”. Un tale dolore andrebbe compreso nella prospettiva di fede di chi offre il suo male come partecipazione e redenzione delle sofferenze dell’uomo. Il cardinale spiega che “non c’è nulla come il dolore che ci invita alla riflessione, al silenzio e alla preghiera” e “noi, pur stupiti dal mistero della sofferenza, non possiamo che ascoltare Dio, capire la sua volontà e obbedirgli”. (C.F.)
Ostensione della Sindone: riduzioni e assistenza grazie all’accordo Trenitalia-Orp
◊ Un accordo tra l’Opera Romana Pellegrinaggi e Trenitalia per agevolare il viaggio in treno delle migliaia di pellegrini diretti a Torino in occasione dell’ostensione della Sindone. In una nota riportata dall’agenzia Sir, si legge che l’accordo prevede riduzioni sui biglietti e un servizio di assistenza fin dalla partenza da Roma Termini, a cura degli animatori pastorali dell’Orp e del personale del Gruppo Fs. Da ogni parte d’Italia sono previste agevolazioni per chi sceglierà di raggiungere Torino in treno, con sconti del 20% sul prezzo del viaggio andata e ritorno e su tutti i treni di media e lunga percorrenza, compreso il Frecciarossa. Tale accordo segna l’inizio di una serie di collaborazioni in vista degli appuntamenti previsti nei prossimi mesi dall’Orp. (C.F.)
Aggregazioni ecclesiali in Piazza San Pietro per manifestare solidarietà al Papa
◊ Un modo per “testimoniare a Benedetto XVI l’affetto del popolo cristiano”: sarà questo il desiderio che porterà in piazza San Pietro, il 16 maggio prossimo, il Cnal, Consulta nazionale delle aggregazioni locali, che raduna 77 associazioni e movimenti ecclesiali italiani. In occasione del Regina Coeli, ricorda l’agenzia Sir da una nota del Cnal, ci si stringerà accanto al Pontefice con l’intenzione di sostenerlo nel suo impegnativo ministero. “Vogliamo consegnare nelle mani di Maria la nostra fedeltà al Santo Padre – scrivono dalla Consulta – per il bene della Chiesa, nella quale facciamo esperienza di misericordia, unica risposta adeguata al bisogno di giustizia, che emerge dal cuore di ciascuno in questi momenti”. Il Cnal ricorda le parole del Papa, il quale sottolinea che è nella comunione della Chiesa che ognuno di noi può fare l’incontro con Gesù: con questa consapevolezza la Consulta invita tutti in piazza San Pietro per ringraziare il Signore di aver donato alla Chiesa Benedetto XVI, guida al nostro cammino di fede. (R.B.)
Per i 50 anni di “Città nuova” tavola rotonda sul tema: “La cultura come dialogo”
◊ La casa editrice “Città Nuova” ha festeggiato, ieri al Palladium di Roma, i 50 anni dalla sua nascita. Una festa che punta direttamente alle radici dell’ispirazione della sua opera: il carisma dell’unità di Chiara Lubich. Donna di spiritualità e donna di dialogo, la fondatrice del Movimento dei Focolari, che nel corso della sua vita ha aperto strade impensate, facendo incontrare i cristiani di diverse chiese, di differenti esperienze religiose, uomini di ricerca impegnati per il bene. “La cultura come dialogo” è stato il titolo della tavola rotonda, ma è stata anche la direttrice su cui si è mossa l’esperienza della casa editrice in questi anni. Esperienza che ha prodotto un catalogo con più di 1.800 titoli, che ogni anno stampa 110 novità e che quest’anno ha venduto più di un milione e 200mila copie. Tra i relatori Sergio Zavoli, presidente della Commissione di vigilanza Rai, Angela Ales Bello, docente di filosofia alla Lateranense, e mons. Piero Coda, teologo e preside dell’Istituto universitario Sophia a Loppiano. E proprio mons. Piero Coda, ha voluto rendere omaggio alla prima presidente del Movimento dei Focolari, usando le parole fondanti della sua esperienza: “Amore reciproco, fraternità, dialogo, unità”. Parole, queste, che sono diventate storie nella testimonianza del Gran Rabbino di Ginevra, Marc-Raphaël Guedj, e nella testimonianza del Pastore Jens-Martin Kruse, parroco della Chiesa luterana di Roma. (A cura di Maddalena Maltese)
Aeroporti bloccati in Europa per l'eruzione del vulcano in Islanda
◊ Per il secondo giorno consecutivo l’eruzione del vulcano nel sud dell’Islanda sta rendendo insostenibile la situazione dei trasporti aerei in tutta Europa, con pesanti ripercussioni negli aeroporti americani e del nord Africa. L’Eurocontrol prevede che solo oggi saranno cancellati 17mila voli. Lo spazio aereo è stato infatti chiuso totalmente o parzialmente in ben 16 Paesi del Vecchio Continente, in una fascia che va dall’Irlanda ai Paesi baltici interessando diversi stati dell’Europa centrale, fra cui Germania e Polonia. Ma quale è ora il timore maggiore? Debora Donnini lo ha chiesto a Daniele Carrabba, direttore centrale coordinamento aeroporti dell'Enac:
R. – Il timore maggiore è che la situazione possa durare ancora. Questo dipende purtroppo dall’eruzione del vulcano, che è ancora in corso, dalle condizioni meteorologiche e quindi dai venti che spirano in quota e che trasportano questa nube molto densa e molto alta, che sta procurando questo problema a tutta l’aviazione civile in Europa.
D. – Qual è il problema per gli aerei?
R. – Il problema è che, essendo questa nuvola ad una quota, che è quella tipicamente utilizzata dagli aeroplani in crociera, ha due grossi inconvenienti. Uno è quello della visibilità. L’altro è ancora più grave: questa nube contiene all’interno diverse particelle che sono molto corrosive e erosive per l'aereo e in particolare per i motori degli aeroplani. Questa nube potrebbe procurare guasti e lo spegnimento dei motori.
D. – In Italia, quali disagi ci sono o ci potrebbero essere?
R. – In Italia i disagi sono collegati a tutti gli scali che sono stati chiusi, a partire da Inghilterra, Francia, Svizzera, Belgio e Danimarca. Tutti gli aerei in provenianza da quei Paesi o verso quelle destinazioni, chiaramente non partono.
D. – Ma voi potete fare delle previsioni su quanto durerà questo problema?
R. – Non è possibile fare previsioni. Dipende da quanto durerà l’attività del vulcano. Se il vulcano non smette, è difficile fare ipotesi. In più, ripeto, c’è il discorso di come si muove questa nube, che è molto estesa ed è molto spessa.
D. – Che lei sappia, si è mai verificato prima un problema del genere, che ha portato tanti disagi per gli aerei?
R. – No, in Europa mai. Ricordo un caso, nelle Filippine, qualche anno fa.
Pakistan
Almeno 10 persone sono morte per un attentato suicida nell’ospedale principale di Quetta, nel sud ovest del Pakistan. Oltre 30 persone sono rimaste ferite, tra cui alcuni giornalisti e un deputato locale. Altre sei persone sono state uccise in un attacco lanciato da due droni statunitensi contro presunte basi di miliziani talebani nel Waziristan settentrionale.
Afghanistan
I tre operatori italiani di Emergency sono in buone condizioni di salute. Lo ha annunciato stamattina il ministero degli Esteri, dopo che i medici della Ong, sotto fermo di polizia, hanno incontrato l’ambasciatore italiano Iannucci in una struttura detentiva a Kabul. Ieri il rappresentante speciale dell’Onu in Afghanistan, Staffan de Mistura, aveva rivolto un appello al presidente Karzai e alle autorità di Kabul affinché gli italiani di Emergency coinvolti nella vicenda di Lashkar-Gah ricevano “assistenza legale” e, per loro, siano applicate le regole di un normale processo. Intanto la missione Onu a Kabul ha reso noto che cinque dei suoi dipendenti afghani risultano scomparsi e che sono in corso verifiche per stabilire cosa sia loro accaduto.
Cina
In Cina si aggrava il bilancio delle vittime a due giorni dal sisma che ha colpito la provincia nord occidentale dello Qinghai. Fonti ufficiali parlano di 791 morti, 243 dispersi ed oltre 10 mila feriti, di cui circa mille in gravi condizioni. Intanto, le proibitive condizioni meteo nell’altopiano tibetano creano non pochi problemi alla macchina dei soccorsi. Il servizio di Marco Guerra:
Il vento e le temperature gelide della notte lasciano poche possibilità a tanti superstiti che aspettano i soccorritori sotto gli edifici crollati a Gyegu e dintorni, dove risiedono circa 100.000 persone. Questo non ferma però le squadre di soccorso che ieri sono state esortate dal premier, che si è recato sui luoghi del disastro dicendosi fiducioso che si possano ancora trovare tante persone in vita. I sopravvissuti, intanto, hanno vissuto la seconda notte al freddo nelle tendopoli di fortuna allestite dalle autorità. I convogli con acqua, cibo, coperte e medicinali continuano ad attraversare la contea di Yushu per raggiungere le località più colpite. Organizzazioni di volontariato e media di Stato cinesi hanno lanciato una raccolta fondi, mentre inizia muoversi anche la macchina della solidarietà internazionale. Particolarmente attivi i monaci tibetani. L'Unicef si sta inoltre mobilitando per inviare i soccorsi urgenti per i bambini. Le autorità locali hanno chiesto sostegno all’agenzia dell’Onu per fornire tende scuola e kit scolastici dal momento che nella contea 80% delle scuole elementari e il 50% di quelle secondarie risultano gravemente danneggiate, interessando oltre 22 mila studenti.
Thailandia
In Thailandia resta ancora alta la tensione. Fallito il tentativo delle forze dell’ordine di arrestare i leader delle camicie rosse, nascosti al “Park Hotel” di Bangkok. Uno dei più irriducibili fedeli all’ex premier deposto Thaksin Shinawatra è scappato dall’albergo calandosi con una fune. Il blitz deciso dal governo fa seguito ad una settimana di violenze culminate negli scontri di sabato scorso in cui sono morte 24 persone e più di 850 sono rimaste ferite.
Kirghizistan
Il presidente deposto del Kirghizistan, Kurmanbek Bakiev, ha lasciato il Paese dopo aver rassegnato le dimissioni. E’ dunque conclusa la violenta rivolta che ha portato l’opposizione alla guida del Paese, mentre le tensioni sembrano ormai dissolte, grazie anche alla mediazione di Stati Uniti e Russia. Intanto, il governo ad interim prolunga di un anno la concessione a Washington della base logistica di Manas, fondamentale per i rifornimenti alle truppe in Afghanistan. Su questa svolta politica nelle vicende della Repubblica ex sovietica, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici:
R. – Ritengo che le dimensioni siano state – come dire – aiutate anche dall’ambiente generale e riguardante soprattutto l’atteggiamento delle due superpotenze: la Federazione Russa e gli Stati Uniti. Sin dall’origine della rivolta, si è potuto notare che la Federazione Russa, in realtà, aveva già abbandonato Bakiev al suo destino; negli ultimi due giorni, improvvisamente, anche gli Stati Uniti hanno cominciato a fiancheggiare il possibile governo provvisorio. Le due potenze hanno trovato l’accordo e quindi Bakiev ha capito che non aveva più alcuna possibilità di ritornare alla presidenza. Non correndo ulteriori rischi, ha preferito sicuramente abbandonare.
D. – Perché il nuovo governo avrebbe ricevuto il favore delle grandi potenze rispetto a quello precedente?
R. – Vi era un problema di corruzione e di rapporti ormai molto tesi con i russi e, per via della basa di Manas e per via degli aiuti all’Afghanistan, in qualche modo anche con gli americani. Il presidente non rispondeva più né alla situazione interna né ai rapporti esterni ed internazionali. Una situazione logoratissima; al presidente non veniva più dato nessun affidamento e non è quindi un caso che nelle ultime ore siano stati definiti nuovi prestiti al Kirgizistan per oltre 50 milioni di dollari. Sembra che stia per essere definito anche il nuovo affitto della base americana. Arrivano quindi finanziamenti e danari nella nuova situazione, che negli ultimi anni erano completamente svaniti. Il Paese ne ha assolutamente bisogno e questo è stato anche uno dei motivi per allontanare un presidente che ormai sostanzialmente non serviva più a nessuno.
Nucleare
Il Brasile al fianco di India e Cina nel sostenere l’inefficacia delle sanzioni nei confronti dell’Iran per il suo programma nucleare. A ribadire la posizione è stato il presidente Lula, che ieri a Brasilia ha incontrato il suo omologo cinese Hu Jintao e il primo ministro indiano Singh. Si è trattato solo di uno scambio di idee - ha fatto sapere il ministero degli Esteri brasiliano – in cui Lula difeso la linea del negoziato chiedendo a Teheran di mostrare flessibilità.
Gran Bretagna
In Gran Bretagna netta sconfitta del premier uscente Brown al primo dibattito in diretta tv della storia britannica tra aspiranti primi ministri. Secondo i sondaggi, a vincere lo scontro è stato il liberaldemocratico Glegg, che è arrivato al 43% del gradimento: alle sue spalle il conservatore Cameron al 26% ed il laburista Brown al 20%. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Carla Ferraro)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 106
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