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Sommario del 03/04/2010
La Croce di Cristo cambia il mondo, trasforma l'odio in amore, il tradimento in amicizia: così il Papa alla Via Crucis
◊ “Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande”: questo forte messaggio Benedetto XVI ha voluto lasciare ieri sera ai cristiani che si preparano alla Veglia di Pasqua. Alla Via Crucis, che si è svolta al Colosseo, il Papa ha scosso i fedeli con parole di incoraggiamento, invitando a guardare la Passione di Cristo come segno dell’amore di Dio che vince su tutto, perfino sull’odio e che può far nascere anche l’amicizia dal tradimento. A portare la croce durante le 14 stazioni, fra gli altri, due giovani haitiani, un disabile, una famiglia romana, due iracheni e due frati francescani della Custodia di Terra Santa. C’era per noi Tiziana Campisi:
La speranza: è questa la parola chiave offerta da Benedetto XVI ieri sera ai fedeli riuniti attorno al Colosseo. Nel Venerdì in cui la Croce di Cristo svetta nel cuore dei cristiani portando l’io alla consapevolezza del peccato, il Papa ha incoraggiato più volte a guardare oltre il dolore, perché nella condivisione della Passione di Gesù c’è da scorgere l’amore senza limiti di Dio che ha donato tutto se stesso all’uomo, amore che è sorgente di grazia, liberazione e pace. Dunque il buio della morte, ha spiegato il Pontefice, non è il termine di tutto, perché prelude all’alba “della vittoria dell’amore di Dio, l’alba della luce che permette agli occhi del cuore di vedere in modo nuovo la vita, le difficoltà, la sofferenza”:
“Da quando Gesù è sceso nel sepolcro, la tomba e la morte non sono più un luogo senza speranza, dove la storia si chiude nel fallimento più totale, dove l’uomo tocca il limite estremo della sua impotenza. Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande, quella maturata sulla Croce. Mentre Gesù muore, mentre esala l’ultimo respiro, gridando a gran voce ‘Padre, nelle tue mani, consegno il mio spirito’. Consegnando la sua esistenza donata nelle mani del Padre, egli sa che la sua morte diventa sorgente di vita. Come il seme nel terreno deve rompersi, perché la pianta possa nascere”.
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”: Benedetto XVI ha ribadito ancora che la vita fiorisce rigogliosa se l’uomo muore a se stesso, se va oltre la sua piccola dimensione e si apre agli altri e al mondo. Proprio come Gesù, che “è il chicco di grano che cade nella terra, si spezza, si rompe, muore e per questo può portare frutto”. Così la Croce non è il punto in cui tutto si è concluso:
“Dal giorno in cui Cristo vi è stato innalzato, la Croce che appare come il segno dell’abbandono, della solitudine, del fallimento, è diventato un nuovo inizio: dalla profondità della morte si innalza la promessa della vita eterna, sulla Croce brilla già lo splendore vittorioso dell’alba del giorno di Pasqua”.
E allora contemplare la Via Crucis non è altro che “apprendere l’immensa lezione di amore che Dio ci ha dato sulla Croce”. Perché, ha proseguito Benedetto XVI “nasca in noi un rinnovato desiderio di convertire il nostro cuore vivendo ogni giorno lo stesso amore, l’unica forza capace di cambiare il mondo”. Amore che è sorretto dalla grazia della Risurrezione, sicchè..
"... i nostri insuccessi, le nostre delusioni, le nostre amarezze, che sembrano segnare il crollo di tutto, sono illuminate dalla speranza. L’atto di amore della Croce viene confermato dal Padre e la luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma: dal tradimento può nascere l’amicizia, dal rinnegamento il perdono, dall’odio l’amore".
Benedetto XVI è stato accolto con un caloroso applauso dalla folla che ha meditato sulle riflessioni proposte dal cardinale Camillo Ruini.
Il porporato, nei suoi testi, ha invitato a guardare “al male e al peccato che abitano” nell’uomo, a percorrere un itinerario di penitenza e di conversione, a riflettere sull’immane dolore fisico vissuto da Gesù, che si è fatto solidale con coloro che soffrono invitando così anche tutti noi ad essere solidali gli uni verso gli altri, con il cuore e attraverso gesti concreti:
“Libera la nostra volontà dalla presunzione … ingenua e infondata, di poter costruire da soli la nostra felicità e il senso della nostra vita”.
Il Papa ha pregato così all’inizio della Via Crucis introducendo i fedeli a quella pia pratica che al Colosseo è stata istituita nel 1750 da Benedetto XIV. Era stato San Leonardo da Porto Maurizio a chiedere di poter costruire nell’anfiteatro Flavio 14 edicole a ricordo della Passione di Gesù. Benedetto XIV lo concesse dichiarando sacro il monumento più grande della romanità per il sangue che, secondo la tradizione di allora, vi avrebbero versato i martiri. Per conservarlo, dunque, Benedetto XIV ed altri suoi successori ne hanno disposto restauri e ristrutturazioni impedendo che il suo travertino venisse impiegato, come era accaduto, per altre costruzioni.
(lettore)
Dodicesima stazione
Gesù muore sulla Croce
Giunti al termine del percorso che Cristo ha affrontato per arrivare al Golgota sorgono gli interrogativi. Gesù spira e tutto ci appare oscuro e misterioso, ma in realtà è un altro l’atteggiamento con il quale porsi dinanzi alla Croce:
(Paola Quattrini)
“Di fronte alla morte di Gesù la nostra risposta è il silenzio dell’adorazione. Così ci affidiamo a lui, ci mettiamo nelle sue mani, chiedendogli che niente, nella nostra vita come nella nostra morte, ci possa mai separare da lui”.
Affidarsi a Dio, dunque, questa è la strada per affrontare cristianamente la vita, come invita a fare la meditazione della tredicesima stazione:
(Orazio Coclite)
"Per essere veramente cristiani, infatti, per poter seguire davvero Gesù, bisogna essere legati a lui con tutto quello che c’è dentro di noi: la mente, la volontà, il cuore, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane. Soltanto così Dio potrà stare al centro della nostra vita, non ridursi a una consolazione che dovrebbe essere sempre disponibile, senza interferire però con gli interessi concreti in base ai quali operiamo”.
E nel giorno che prelude alla Pasqua l’invito è ad un momento di pausa, ma solo per prendere coscienza del cammino rischiarato da Cristo:
(Luca Lionello)
“Davanti al sepolcro di Gesù sostiamo in preghiera, chiedendo a Dio quegli occhi della fede che ci consentono di unirci ai testimoni della sua risurrezione. Così il cammino della croce diventa anche per noi sorgente di vita”.
L’insegnamento da trarre dalla Via Crucis, è dunque saper portare con amore le croci quotidiane, ha suggerito Benedetto XVI, nella certezza che ad illuminarle è il fulgore della Pasqua.
(canto)
"Cristo è il miglior alleato delle donne vittime della violenza": così padre Cantalamessa nella celebrazione della Passione
◊ Il dramma della violenza sulle donne, spesso consumato al riparo delle mura domestiche, è stato al centro dell’omelia del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa ieri pomeriggio nella celebrazione della Passione del Signore, presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana. Cristo, nel sacrificio della Croce, è il “migliore alleato” delle vittime di tali abusi, ha detto il sacerdote francescano. “Metà dell’umanità deve chiedere perdono all’altra metà, gli uomini alle donne” - ha proseguito – “Il sacrificio di Cristo ricorda che la violenza è sempre perdente”. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Il valore moderno della difesa delle vittime, dei deboli, della vita minacciata è nato sul terreno del cristianesimo, è un frutto tardivo della rivoluzione operata da Cristo, “vincitore perché vittima”. Lo ha notato padre Cantalamessa constatando però come purtroppo “la stessa cultura odierna che condanna la violenza, per altro verso, la favorisce e la esalta”. “Violenza e sangue sono diventati ingredienti di maggior richiamo in film e videogiochi” e "una generazione di giovani che ha avuto il rarissimo privilegio di non conoscere una vera guerra si diverte a inventare piccole guerre negli stadi, nel bullismo delle scuole e in certe manifestazioni di piazza". Ma c’è una violenza ancora più grave ha sottolineato il predicatore della Casa Pontificia:
"Non parlo qui della violenza sui bambini, di cui si sono macchiati sciaguratamente anche elementi del clero; di essa si parla già abbastanza fuori di qui. Parlo della violenza sulle donne. Molta di questa violenza è a sfondo sessuale. È il maschio che crede di dimostrare la sua virilità infierendo contro la donna, senza rendersi conto che sta dimostrando solo la sua insicurezza e vigliaccheria".
Le vittime si ritrovano disperatamente sole e indifese, solo alcune grazie al sostegno di tante associazioni trovano la forza di denunciare violenze che spesso si svolgono all’insaputa di tutti e che addirittura vengono giustificate con pregiudizi pseudo-religiosi e culturali.
"La violenza contro la donna non è mai così odiosa come quando si annida là dove dovrebbe regnare il reciproco rispetto e l'amore, nel rapporto tra marito e moglie. È vero che la violenza non è sempre e tutta da una parte sola, che si può essere violenti anche con la lingua e non solo con le mani, ma nessuno può negare che nella stragrande maggioranza dei casi la vittima è la donna".
"Ci sono famiglie – ha rilevato padre Cantalamessa – dove l’uomo si ritiene autorizzato ad alzare le mani sulle donne di casa":
"A questi tali bisognerebbe dire amabilmente: 'Cari colleghi uomini, creandoci maschi, Dio non ha inteso darci il diritto di arrabbiarci e pestare i pugni sul tavolo per ogni minima cosa. La parola rivolta a Eva dopo la colpa: Egli (l'uomo) ti dominerà (Gen 3,16), era una amara previsione, non una autorizzazione".
Quindi il religioso cappuccino ricordando la pratica delle richieste di perdono per torti collettivi, inaugurata da Giovanni Paolo II, ha esortato gli uomini a chiedere perdono alle donne con “gesti concreti di conversione, parole di riconciliazione all’interno delle famiglie e della società”. Poi alle donne violate ha indicato Cristo, “il migliore alleato”, colui che “ha conosciuto in tutta la sua crudezza “la situazione delle vittime, le grida soffocate e le lacrime silenziose”.
"In ogni vittima della violenza Cristo rivive misteriosamente la sua esperienza terrena. Anche a proposito di ognuna di esse egli dice: 'L'avete fatto a me'".
In Cristo viene spezzato il meccanismo del capro- espiatorio: è cioè Dio che si sacrifica, non l’uomo che offre sacrifici a Dio – ha spiegato il sacerdote francescano. "Il sacrificio di Gesù grida al mondo che la violenza è un residuo antico, una regressione a stadi primitivi e superati della storia umana e che la violenza è perdente".
"Gesù ha cambiato segno alla vittoria. Ha inaugurato un nuovo genere di vittoria che non consiste nel fare vittime, ma nel farsi vittima. 'Victor quia victima!', vincitore perché vittima, così Agostino definisce il Gesù della Croce".
Infine un pensiero è andato ai fratelli ebrei, che per esperienza sanno cosa vuol dire essere vittima della violenza collettiva: ricordando tra l’altro la coincidenza, quest’anno, tra la Pasqua ebraica e quella cristiana padre Cantalamessa ha letto il seguente passo di una lettera ricevuta da un amico ebreo in cui quest’ultimo esprime la propria solidarietà al Papa, oggetto di recenti attacchi:
"Dice: ‘Sto seguendo con disgusto l'attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli da parte del mondo intero. L'uso dello stereotipo, il passaggio dalla responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più vergognosi dell'antisemitismo. Desidero pertanto esprimere a lei personalmente, al Papa e a tutta la Chiesa la mia solidarietà di ebreo del dialogo e di tutti coloro che nel mondo ebraico (e sono molti) condividono questi sentimenti di fratellanza. La nostra Pasqua e la vostra hanno indubbi elementi di alterità, ma vivono ambedue nella speranza messianica che sicuramente ci ricongiungerà nell'amore del Padre comune. Auguro perciò a lei e a tutti i cattolici Buona Pasqua’".
Padre Lombardi: il paragone con l’antisemitismo non è la linea della Chiesa
◊ Polemiche ha suscitato la citazione fatta da padre Cantalamessa, durante la sua predica, della lettera inviatagli da un amico ebreo che esprimeva solidarietà al Papa per gli attacchi di questi giorni. A questo proposito, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha detto che “avvicinare gli attacchi al Papa per lo scandalo della pedofilia all’antisemitismo non è la linea seguita dalla Santa Sede. Padre Cantalamessa – ha spiegato padre Lombardi – ha solo voluto rendere nota la solidarietà al Pontefice espressa da un ebreo, alla luce della particolare esperienza di dolore subita dal suo popolo. Ma è stata una citazione che poteva dare adito a malintesi”.
Il direttore della Sala Stampa: fuorviante la ricostruzione del “caso Teta” sugli abusi nella diocesi di Tucson
◊ La presentazione fatta recentemente da alcune testate del “caso Teta”, un caso drammatico di abusi da parte di un sacerdote della diocesi di Tuscon in Arizona negli anni 70, “è fuorviante”. E’ quanto sottolinea in una nota il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Dalla documentazione sul caso, afferma padre Lombardi, risulta “con chiarezza e certezza che i responsabili della Congregazione per la Dottrina della Fede – a cui la diocesi si era rivolta trattandosi di un caso che riguardava il crimine di “sollecitazione” nel Sacramento della Penitenza – si sono più volte interessati attivamente nel corso degli anni 90”. E ciò, si legge, “perché il processo canonico in corso nella diocesi di Tucson fosse portato a termine debitamente”. Cosa che avvenne nel 1997, “con sentenza di riduzione allo stato laicale”. Ciò, spiega la nota, “è stato già confermato con precisione in risposta alle domande della stampa locale dal vescovo di Tucson, mons. Kicanas, anche tramite la pubblicazione delle lettere provenienti dalla stessa Congregazione”. Il reverendo Teta, ricorda il direttore della Sala Stampa, “presentò però appello contro la sentenza e il suo ricorso pervenne al Tribunale della Congregazione quando era stata già avviata la revisione delle norme canoniche precedentemente in vigore”. Gli appelli rimasero perciò “pendenti fino all’entrata in vigore della nuova legislazione nel 2001, che porta tutti i casi di ‘delitti più gravi’ sotto la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede per una trattazione più sicura e rapida”. Dal 2001, ricorda padre Lombardi, “tutti gli appelli pendenti furono tempestivamente trattati, e quello del caso Teta fu uno dei primi ad essere discusso”. Ciò “richiese del tempo, anche perché la documentazione prodotta era particolarmente voluminosa”. In ogni caso, sottolinea il comunicato, “la sentenza di primo grado venne confermata ‘in toto’, con la conseguente riduzione a stato laicale nel 2004”. “Non si deve dimenticare – conclude padre Lombardi – che anche quando gli appelli rimangono pendenti e la sentenza è sospesa, sono in vigore le misure cautelative imposte dal vescovo all’imputato. Infatti il reverendo Teta era già sospeso dall’anno 1990”.
Solidarietà al Papa, bersaglio di una campagna diffamatoria per delegittimare tutta la Chiesa
◊ La Chiesa si stringe attorno a Benedetto XVI in un momento difficile. Continuano così a giungere da tutto il mondo attestati di solidarietà al Papa per gli attacchi che sta subendo in questi giorni sulla questione degli abusi. Il servizio di Sergio Centofanti:
Solidarietà al Papa esprime l'arcivescovo di Lima, il cardinale Juan Luis Cipriani: il Vicario di Cristo – afferma il porporato citato da Zenit – è sottoposto ad “una inusitata mancanza di rispetto per la verità e un'incredibile ostentazione di cinismo; si vede, dietro a ciò, un attacco alla Chiesa per danneggiarla. Noi suoi figli non possiamo restare in silenzio. La preghiera è l'arma principale che lo Spirito Santo ci mette a disposizione”.
L’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois, sottolinea che nessuno mette in dubbio l’orrore di quanto compiuto da alcuni sacerdoti ma è assurdo attribuire la pedofilia al celibato in quanto si tratta di “una piaga sociale che colpisce principalmente le relazioni familiari”. Inoltre – spiega – “tirare fuori fatti vecchi e conosciuti da molto tempo come nuove rivelazioni dà molto da pensare sull’onestà intellettuale degli informatori ed è sufficiente a rivelare il loro vero scopo: mettere in dubbio la legittimità morale della Chiesa”. Si tratta – afferma l’arcivescovo di Parigi – di una “offensiva che mira a destabilizzare il Papa e, attraverso di lui, la Chiesa”.
I vescovi canadesi esprimono “ammirazione e gratitudine” per l’azione forte e decisa intrapresa dal Papa per combattere l’odioso crimine degli abusi, ricordando che si tratta di una piaga che riguarda l’intera società, mentre l’attenzione dei media è stranamente concentrata solo sulla Chiesa cattolica.
La Conferenza episcopale del Paraguay ha inviato a Benedetto XVI una lettera di “sostegno, comunione e solidarietà per gli attacchi che appaiono sulla stampa internazionale”.
Nella Repubblica Dominicana, l'arcivescovo di Santo Domingo, il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, ricorda i criteri di fermezza, trasparenza e severità con cui Benedetto XVI ha trattato e tratta i casi di abusi sui minori. Alcuni mezzi di comunicazione – afferma il porporato - cercano di “forzare le interpretazioni … Ciò non è affatto nuovo e nessuno ignora che si tratti di una macchinazione” di alcune lobby “che non perdonano al Papa o alla Chiesa la ferma posizione in difesa della vita”.
L'arcivescovo di Valencia, Carlos Osoro, ha affermato che “nulla, neanche le opinioni degli uomini, per quanto possano essere organizzate e orchestrate, distruggerà il ministero sacerdotale che lo stesso Gesù Cristo ha delineato con tanto amore”.
A Roma, il cardinale Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha espresso la sua vicinanza al Papa: “con tutta la Chiesa, e in modo particolare nel momento attuale – ha detto - siamo con Pietro, con il grande dono che Dio ci ha dato nel suo Successore, il nostro amatissimo Papa Benedetto XVI”.
E’ in corso una vera e propria “campagna diffamatoria” contro la Chiesa e il Papa, basata sulla pochezza delle insinuazioni – afferma il presidente dell’Episcopato brasiliano, l’arcivescovo di Mariana, Geraldo Lyrio Rocha che cita San Paolo: "Siamo … tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi" (2 Corinzi, 4, 8-9).
Veglia Pasquale in San Pietro: un padre gesuita spiega i simboli della solenne celebrazione
◊ Benedetto XVI presiederà stasera alle ore 21, nella Basilica Vaticana, la celebrazione della Vegli Pasquale. Nel corso della celebrazione, il Papa amministrerà il Battesimo, la Confermazione e la Prima Comunione a 6 catecumeni preparati dal Vicariato di Roma. La Veglia Pasquale, nella quale si celebra la Risurrezione di Cristo e la sua vittoria sulla morte, è stata definita da Sant'Agostino la "Madre di tutte le Veglie". Un momento centrale nella vita di ogni cristiano, che ha le sue radici nella Pasqua ebraica. Lo spiega, parlando anche dei segni di questa Solenne Celebrazione, il gesuita padre Arturo Elberti, professore di Liturgia e Arte sacra all’università La Sapienza di Roma. L’intervista è di Debora Donnini:
R. – Nella Pasqua ebraica, Israele è stato liberato dalla sua schiavitù, ha trovato una sua identità, ha ottenuto la promessa di una terra stabile. Le stesse cose ritornano con la Pasqua di Cristo: l’uomo viene liberato dalla schiavitù del peccato, ritrova in Cristo la pienezza della vera libertà, riceve la natura di figlio di Dio e ottiene una terra promessa, che è non fisica ma è una realtà, un modo di essere come Chiesa. Quindi, trova questi tre elementi.
D. – La Veglia Pasquale inizia con la benedizione del fuoco da cui si accende il cero: cosa indicano questi segni?
R. – Sia il fuoco, sia il cero si rifanno al mistero della luce. Il cero, rappresentando Cristo all’interno dell’assemblea, indica la nuova luce che ha sconfitto le tenebre e ha vinto la morte del mondo.
D. – Durante la Veglia vengono proclamate letture del Vecchio e del Nuovo Testamento per ripercorrere la storia della salvezza; quindi ci sono i Battesimi. Perché i Battesimi nella notte di Pasqua?
R. – Già nell’antichità noi abbiamo l’accettazione dei catecumeni che entravano a far parte della Chiesa attraverso il sacramento del Battesimo. E quindi la Veglia Pasquale che ricorda le opere ed i prodigi, la liberazione da parte di Dio del suo popolo, trova concretezza in questo momento del Battesimo così centrale che la Chiesa ha conservato. Lì, dove non ci sono i Battesimi, resta però il ricordo del nostro Battesimo con il rinnovo delle promesse battesimali.
D. – In fondo, la Veglia Pasquale parla di un’attesa, della Risurrezione di Cristo nelle morti dell’uomo, già oggi …
R. – Uno dei drammi più grandi dell’uomo di oggi è quello di chi ha perso ogni attesa, e l’uomo quindi entra in un circolo di morte, mentre la Veglia è un’attesa perché Cristo viene … Quello che in fondo l’ebraismo dice: la Pasqua ci viene a cercare. La Pasqua non è solo un’attesa, ma è una ricerca di Dio che entra in questa assemblea, la rinnova e la apre alla speranza. E questo rinnovo avviene nel ricordo di ciò che è avvenuto in noi – il Battesimo e le promesse battesimali – e attraverso l’Eucaristia ci apre al futuro, alla certezza che il Signore ritorna!
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Dal tradimento e dall'odio al perdono e all'amore: la Via Crucis presieduta da Benedetto XVI al Colosseo nella sera del Venerdì Santo.
Discese il Pastore di tutti per cercare Adamo pecora smarrita: in prima pagina, Manuel Nin sulla Pasqua nella tradizione siro-occidentale.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente: la diplomazia si mobilita per scongiurare una nuova guerra a Gaza.
In cultura, un articolo di Inos Biffi dal titolo “Creati per la Risurrezione”: a Pasqua l'uomo celebra il proprio destino.
Il tesoro nascosto nella Pompei d'Oriente: Fabrizio Bisconti sull'affresco della “domus ecclesiae” di Dura Europos, il più antico sul tema delle donne al sepolcro vuoto.
Un volto per la Parola: Emilio Ranzato sull'immagine di Gesù nella storia del cinema, tema anche di una mostra - al Museo nazionale del cinema di Torino - recensita da Alberto Barbera.
Un tornado sul Mediterraneo greco-romano: a un anno dalla morte, Giuseppe Zecchini ricorda Marta Sordi, insigne studiosa di storica antica.
Nell'informazione religiosa, in merito alle vicende degli abusi su minori in strutture ecclesiastiche, un articolo dal titolo "Una propaganda grossolana contro il Papa e contro i cattolici".
L'omelia dell'arcivescovo di Dublino e primate d'Irlanda, Diarmuid Martin, alla Messa crismale.
Pasqua a Gerusalemme. Padre Pizzaballa: gioia per i tanti pellegrini
◊ A Gerusalemme, stamani, è già risuonato l’Alleluja pasquale. Un momento di straordinaria intensità e al tempo stesso un evento che rinnova l’invocazione per la pace in Terra Santa. Sulla Veglia mattutina nella Basilica del Santo Sepolcro, ci riferisce da Gerusalemme Sara Fornari:
La prima celebrazione della Pasqua del Signore avviene nel cuore della Città Santa, e si svolge nel luogo stesso della Resurrezione, l’Anastasis, come la chiamano i greci. La liturgia pasquale è solenne e raccolta, secondo il Rito Romano: con la benedizione del fuoco nuovo ai piedi del Calvario, la preghiera sul cero pasquale, le otto letture in latino e la proclamazione del Vangelo davanti alla Tomba del Risorto. L’annuncio del preconio ha risuonato nelle arcate della maestosa Basilica già poco dopo le 6 e 30 ora locale. E’ per ragioni di status quo – il regolamento che stabilisce i turni delle comunità latina, greco-ortodossa e armena in questo luogo santo – che la Basilica della Resurrezione ha il primato nel celebrare la vittoria della vita sulla morte. Presieduta dal patriarca di Gerusalemme dei Latini, mons. Fouad Twal, la Veglia Pasquale si è svolta intorno all'altare posto davanti all’edicola che custodisce la Tomba vuota. Vi hanno partecipato circa 200 fedeli, soprattutto religiosi locali e pochi pellegrini. Solo scortati dalla polizia israeliana frati francescani e chierici hanno potuto raggiungere la Basilica. La Città Vecchia infatti è ancora transennata a motivo del grande afflusso di ortodossi. Centinaia di pellegrini giunti dalla Grecia e dall’Est Europa si affollano nelle vie circostanti la Basilica, in attesa di partecipare alla cerimonia del Fuoco santo, la luce che secondo la tradizione nasce nel Sepolcro nel giorno della Resurrezione. Nella Gerusalemme ancora avvolta nel silenzio del sabato che conclude la Pasqua ebraica, è già risuonato l’annuncio pasquale: Surrexit! Non è qui, è risorto. E presto per le vie della città si udrà il saluto in lingua araba e greca: Ha Massiah qam, Christos anèsti, Cristo è Risorto!
Su come i fedeli stanno vivendo questa Pasqua a Gerusalemme e nei Luoghi Santi, Luca Collodi ha intervistato padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:
R. – La speranza è che Gesù che muore e risorge proprio qui a Gerusalemme, proprio qui da Gerusalemme, possa anche invitare tutti gli uomini che vivono qui a vivere in maniera più riconciliata e più serena tra loro.
D. – Padre Pizzaballa, come si è svolta la Settimana Santa a Gerusalemme?
R. – La liturgia di Gerusalemme, durante la Settimana Santa, è una liturgia mobile, ci si sposta da luogo a luogo proprio per ricordare diversi eventi: Getsemani, Cenacolo, Santo Sepolcro, Monte degli Ulivi e così via.
D. – Qual è il messaggio pasquale per i cristiani che parte della Terra Santa?
R. – Non è una memoria di ciò che è accaduto duemila anni fa proprio qui. E’ anche questo sicuramente, ma è una consegna, uno slancio di andare là dove Gesù ci precede, e ci precede ovunque in Galilea, ma in tutto il mondo. E il messaggio di Pasqua è proprio questo: è un messaggio di gioia e di pace; Gesù che entra nel cenacolo e dice ai discepoli spaventati, nonostante tutto: “Pace a voi”.
D. – La Pasqua richiama sempre molti pellegrini in Terra Santa. Questo può aiutare la comunità cristiana locale?
R. – Certamente sì, la Città vecchia di Gerusalemme “scoppia” e le previsioni sono molto buone da questo punto di vista, per cui si prevede, oltre che il ritorno dei pellegrini, anche il ritorno di opportunità di lavoro per molte famiglie.
D. – Padre Pizzaballa, sul piano politico la crisi mediorientale sembra aggravarsi...
R. – La situazione non è buona sicuramente. C’è un deterioramento nelle relazioni tra israeliani e palestinesi qui in Terra Santa e più in generale in tutto il Medio Oriente c’è un clima sicuramente di tensione ed anche di stanchezza. Quindi, non prevedo, a breve, o a medio termine, grandi cambiamenti in senso positivo, purtroppo. Vorrei dirlo, ma con sano realismo cristiano devo dire che non si intravedono. Ci dovrà essere sicuramente una pressione internazionale, un minimo di maggiore stabilità, che, però, credo tarderanno a venire: non si vedono all’orizzonte. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Il cardinale Poletto: c'è la volontà di attaccare la Chiesa
◊ "La luce della Pasqua illumina la Sindone": è il titolo del messaggio pasquale del cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto, indirizzato ai fedeli della sua diocesi. "Celebrata la Pasqua - si legge nel messaggio del porporato - saremo ancora invitati a continuare la nostra meditazione sulla Passione e Risurrezione di Gesù venerando, da pellegrini credenti e fiduciosi, la Santa Sindone che per sei settimane rimarrà esposta nella nostra Cattedrale". L'ostensione della Sindone, sottolinea il messaggio, vivrà il suo momento culminante con la visita pastorale del Papa a Torino, il 2 maggio prossimo. Al microfono di Luca Collodi, il cardinale Poletto si sofferma sul sul contenuto del messaggio pasquale:
R. – Mandando alla mia diocesi un messaggio di augurio pasquale, ho voluto intitolare questo messaggio “La luce della Pasqua illumina la Sindone”, perché noi celebriamo la Pasqua e ringraziamo il Signore che con la sua Resurrezione ha vinto la morte e ha espiato i nostri peccati con il sacrificio della sua vita, offerto sulla Croce: ma la Sindone continua ad essere una meditazione prolungata sulla sofferenza di Gesù. Quando i pellegrini verranno a visitare la Sindone avranno modo di ripercorrere con silenzio, preghiera, meditazione, tutta l’immane e tragica sofferenza subita da Gesù durante la sua Passione e commuoversi di fronte all’amore, perché per amore Cristo ha sofferto.
D. – Cardinale Poletto, attraverso la sofferenza, Cristo ha offerto una nuova possibilità di vita per l’uomo, ma come possiamo far accettare la sofferenza sul piano umano a noi cristiani di oggi?
R. – L’ostensione della Sindone ci presenta la Passione e la sofferenza di Gesù, l’Innocente per eccellenza, perché Figlio di Dio; ma nello stesso tempo illumina e dà significato alla sofferenza umana. La sofferenza rimane, comunque, sempre un mistero. Dobbiamo riconoscere che noi non sappiamo dire perché a me o a te o a lui è capitato questo o quell’altro tipo di sofferenza o di croce o di prova o di difficoltà; resta, comunque, un mistero, ma contemplato alla luce del Cristo, che morendo e soffrendo per noi dice: “Vedi, io sono innocente più di tutti voi, tuttavia ho scelto la sofferenza, perciò cerca di capire che la sofferenza accettata e offerta ha un significato di redenzione per te e per l’umanità”. E lì, dunque, guardando il Cristo, inchiodato sulla Croce, noi possiamo trovare la forza per portare le nostre croci.
D. – Anche la Chiesa sta soffrendo, sta portando la sua croce...
R. – Se persone consacrate come sacerdoti non sono stati fedeli al loro impegno di castità e hanno abusato di altre persone, soprattutto minori, dobbiamo chiedere perdono, vergognarci anche e pentirci di questo. E dobbiamo essere solidali con le vittime e collaborare con la magistratura perché faccia il suo corso. Però io dico che dobbiamo stare attenti. Per esempio, si parla di preti pedofili, come se tutti i preti fossero pedofili, quando magari ce ne è uno per mille o uno per cento, e gli altri 99? E i preti santi? E i preti che danno la loro vita dalla mattina alla sera al servizio degli altri, dei poveri e così via, chi ne parla? Qui ho l’impressione che ci sia una volontà di attaccare la Chiesa e lo si è visto anche nei tentativi di raggiungere addirittura l’intoccabile e grandissima figura di Sua Santità, Benedetto XVI, che su queste cose è sempre stato chiaro e intransigente. Quindi, non vorrei che fosse una macchinazione contro la Chiesa. Il demonio è sempre all’opera, si serve di tutto. Stiamo attenti, però, a non generalizzare e a non dimenticarci mai che la Chiesa è peccatrice, perché fatta di noi, persone umane che possiamo peccare, ma è anche santa, perché ha come capo Gesù Cristo, che la santifica, la sostiene e la guida. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo di Pasqua
◊ La liturgia del giorno di Pasqua ci presenta il passo del Vangelo in cui Maria di Màgdala, recandosi al sepolcro di mattino, vede che la pietra è stata tolta dal sepolcro. Corre allora da Pietro e Giovanni dicendo:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
"Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti". Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
La giornata di Pasqua comincia con il grido angosciato di Maria di Magdala: “Hanno portato via il mio Signore”, ripetuto fra le lacrime. E si sviluppa con un gran correre di qua e di là, fino a notte fonda. Il cuore di tutti i discepoli e le discepole danza tra paura e sorpresa, gioia e nostalgia, presenza ed assenza. Il sepolcro vuoto non è il punto essenziale, ma solo la circostanza: centrale è il Vivente, il Maestro che non giace più nella morte, e a cui il Padre ha donato vita nuova, costituendolo fonte di vita per tutti. Non c’è bisogno di aromi e profumi: la sua risurrezione è il balsamo eterno di novità e grazia. Mancano perfino le parole per dire e spiegarsi: perché ciò che è avvenuto è nuovo, unico, divino. Le parole sono incapaci di dirlo con compiutezza. Solo la nostra vita risorta, trasfigurata, saprà fornire il vocabolario adeguato e convincente: perché la risurrezione non è una formula linguistica, o una ricompensa benefica, ma è una grazia di trasformazione. Un dono di immortalità: da Cristo a noi, a tutta l’umanità.
Cina: Pasqua nella siccità per i cattolici dello Yunnan
◊ È una Pasqua segnata dal grave allarme siccità per le comunità cattoliche cinesi delle campagne del Guizhou e dello Yunnan. La gente affronta ogni giorno difficoltà nell’approvvigionamento di acqua da bere, per gli animali e per l’agricoltura e molti fedeli temono che anche le loro chiese possano prendere fuoco nella notte di Pasqua. Padre Tao Zhihai di Kunming, parroco nel villaggio di Langshuigou, racconta ad AsiaNews che alcuni cattolici hanno partecipato a un tentativo di estinguere le fiamme di un incendio divampato sulle colline vicine. Questa è la seconda volta che le colline prendono fuoco a causa dell’estrema secchezza del clima e a diversi mesi senza pioggia. Padre Tao Zhibin, cugino del parroco e anch’egli sacerdote a Dali (Yunnan), ha detto che dal tardo novembre - data in cui egli è ritornato dai suoi studi all’estero – non vi è stata alcuna pioggia. “I contadini di Wenchang – continua – soffrono per la mancanza di acqua. Essi non hanno soldi per istallare condutture e pompe per distribuire acqua da pozzi lontani”. Molti cattolici sono stremati dalla ricerca di acqua da bere e per gli allevamenti e per questo pochi di essi vanno in chiesa di questi tempi. Tutti i giorni il sacerdote e i fedeli pregano per la pace e la pioggia. I cattolici devono essere anche cauti con l’uso del fuoco la sera della veglia di Pasqua perché vi è rischio di incendi. Ogni sera padre Tao fa un giro di ispezione attorno alla chiesa per assicurarsi che non vi è alcun pericolo di incendio. Anche la Chiesa del Guizhou sta domandando aiuto per le popolazioni che vivono nelle zone aride, soprattutto quelli sulle montagne. A tutti i cattolici si domandano preghiere e cura nella conservazione delle acque. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, la siccità e la mancanza di acqua ha colpito almeno 18 milioni di persone e 11 milioni di capi di bestiame nella regione fra il sud-ovest dello Yunnan, il Guizhou, il Sichuan, il Guangxi e Chongqing. (M.G.)
I Gesuiti della Repubblica Dominicana celebrano la Pasqua fra i terremotati haitiani
◊ È una Pasqua di impegno per le vittime del terremoto di Haiti anche nella vicina Repubblica Dominicana. Nella gara di solidarietà in corso nella metà dell’isola più fortunata sono in prima linea gli operatori di ‘Solidaridad Fronteriza’, organismo dei Gesuiti che lavora in collaborazione con il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati e i migranti (Sjrm), a Dajabón. “Questa Pasqua ci trova più che mai con l’impegno cristiano di dare tutto per i più umili e bisognosi del nostro Paese e del mondo. In questo momento stiamo aiutando migliaia di famiglie haitiane colpite dal sisma del 12 Gennaio che hanno bisogno di farmaci, cibo e alloggi” dicono alla Misna fonti di ‘Solidarietà di Frontiera’, guidata da padre Regino Martínez. “Abbiamo costruito sette centri di accoglienza coordinati dai gesuiti. Per noi la gioia più grande è la condivisione con tutti i nostri fratelli e sorelle che, come Gesù, soffrono per le ingiustizia commesse dall’egoismo umano” aggiungono le stesse fonti. ‘Solidaridad Fronteriza’ è nata nel 1997 per iniziativa dei Gesuiti che da 70 anni offrono il loro servizio missionario nelle terre della frontiera nord nella provincia di Dajabón, dove hanno formato molti giovani professionisti, creato quattro parrocchie e l’emittente ‘Radio Marién’ e promosso la nascita di organizzazioni popolari per il diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione e a tutti i servizi di base. Organizzazioni in cui si ritrovano “uomini e donne che sono uniti da un filo di solidarietà e condividono gli obiettivi di lavorare per la giustizia, difendere l’identità culturale e contadina e promuovere uno sviluppo sostenibile, autogestito ed eco-compatibile con la società”. (M.G.)
L’Ora della Madre a Santa Maria Maggiore
◊ Il Sabato Santo è “l’Ora della Madre”, alla quale morendo Gesù ha consegnato i suoi discepoli e tutti gli uomini redenti dal suo Sangue: “Donna – le disse - ecco il tuo figlio. E da quell’Ora il discepolo la prese con sé”. Per far rivivere la fede suprema della Vergine nell’attesa della Risurrezione del Signore si è tenuta stamani nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore a Roma la speciale celebrazione mariana: “L’ora della Madre”. Al rito presieduto dall’arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, cardinale Bernard Francis Law, ha preso parte anche il coro “Jubilate Deo” diretto da suor Dolores Aguirre. La tradizione bizantina contempla oggi la Madre di Dio vigile e orante, come sposa che attende il ritorno glorioso dello Sposo divino. La tradizione occidentale sottolinea la fede della Vergine. Nella sua fede - affermano diversi autori latini - risposava Cristo e tutta la Chiesa in quel giorno “stette in Maria”. La “Madre della nostra fede” diventa ponte di vita tra Oriente e Occidente, tra il Venerdì Santo, Passione del Signore, e il mattino della Pasqua. (A.L.)
Inghilterra: la Student Cross è arrivata al Santuario di Walsingham
◊ Capire la sofferenza di Cristo portando la Croce attraverso il Paese. È questo lo spirito che muove i partecipanti del più antico pellegrinaggio annuale del Regno Unito, "Student Cross", che si tiene durante la Settimana Santa. I 250 partecipanti di quest’anno hanno raggiunto ieri il Santuario di Nostra Signora a Walsingham. All’arrivo, la maggior parte dei fedeli aveva percorso almeno 120 miglia. Il pellegrinaggio, tenuto per la prima volta nel 1948, dal 1972 è un evento ecumenico che riunisce anche tante persone insicure della propria fede cristiana. Nelle ultime edizioni i pellegrini sono soliti dividersi in dieci gruppi chiamati “gambe”, che partono da diverse regioni dell’Inghilterra. Sei di questi coprono l’itero percorso gli altri quattro coprono tragitti più brevi adatti alle famiglie. L’Osservatore Romano cita le testimonianze di molti giovani pellegrini che hanno reso questo appuntamento una pietra angolare della propria vita. I rapporti tra i partecipanti rimangono molto profondi. Un’intensità che deriva anche dalle difficoltà del pellegrinaggio. Oltre alla fatica fisica si incontra, infatti, la reazione non sempre positiva della gente. Le Croci portate dai diversi gruppi sono tutte delle stesse dimensioni, alte più di 2 metri e larghe 1,30. In media i pellegrini camminano dalle 9 alle 18 con due o tre soste giornaliere. Una volta a Walsingham i dieci gruppi di pellegrini partecipano al servizio per il Venerdì Santo presso la chiesa dell’Annunciazione. A seguire la Messa della veglia pasquale e la domenica di Pasqua il servizio anglicano seguito da una “Santa parata” che conduce le croci adorne di fiori in giro per i luoghi santi di Walsingham. (M.G.)
Va avanti la causa di beatificazione per 15 missionari martiri del Laos
◊ Va avanti la causa di beatificazione i 15 missionari, tra religiosi e laici, uccisi in Laos in odio alla fede cristiana tra il 1954 e il 1970. A Nantes, in Francia, si è infatti concluso il processo diocesano per la beatificazione che ora passa alla Congregazione per le Cause dei Santi. Tra i martiri vi sono 5 religiosi francesi dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI), 5 membri della Società per le Missioni Estere di Parigi (Mep), nonché 5 laotiani. Come riferito all’Agenzia Fides, in una solenne Concelebrazione presieduta da mons. Jean-Paul James, vescovo di Nantes, la Chiesa locale ha espresso tutta la sua gioia per l’esito del processo: “Questo processo canonico ha permesso a molti di noi di conoscere meglio la storia della Chiesa del Laos e di continuare a pregare per i nostri fratelli nella fede che vivono in quel Paese”. Il processo ha rappresentato l’occasione per rinverdire l’eroica stagione missionaria portata avanti dai missionari nel Sudest asiatico: “La guerriglia cercò di eliminare tutto quel che era straniero e cristiano. E di fronte a questa situazione i missionari scelsero di restare sul posto come la Santa Sede domandava loro, nonostante le pesanti minacce che gravavano su di loro”, rimarcano i religiosi del Mep, ricordando i loro confratelli. Esemplare è la vicenda di uno dei missionari francesi, padre Jean Baptiste Malo, il quale morì per stanchezza e debolezza mentre era condotto, a marce forzate, in un “campo di rieducazione” marxista verso il vicino Vietnam. Le ricerche per attestare l’eroicità delle virtù dei 15 martiri si sono svolte anche in Laos, con inchieste e interviste a testimoni locali di quell’epoca. Il tutto, si sottolinea, è avvenuto in maniera molto discreta perché “i cristiani in Laos vivono in libertà vigilata”. Un’altra causa di canonizzazione, giunta due anni fa alla sua fase romana, è in corso per il missionario italiano padre Mario Borzaga Omi, e per il catechista laotiano Paul Thoj Xyooj, anch’essi martiri in Laos. (M.G.)
Sudafrica: prime vittime della Febbre della Rift Valley
◊ L’epidemia di Febbre della Rift Valley (Rvf) in corso da settimane in Sudafrica, che finora aveva interessato soprattutto il bestiame, si sta propagando sempre di più anche tra gli esseri umani. L’allarme è stato lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, citando i bilanci dell’Istituto nazionale sudafricano delle malattie secondo cui al momento i test di laboratorio hanno confermato due casi mortali e 63 casi di contagio umano. La Febbre della Rift Valley finora ha colpito prevalentemente persone che hanno a che fare con gli animali (veterinari, allevatori e contadini), ma il timore è che il contagio si stia propagando anche a causa delle zanzare e che quindi potrebbe subire un’accelerazione se non è contenuto in fretta. Secondo l’Oms, che definisce la Febbre della Rift Valley una “malattia pericolosa”, al momento l’epidemia animale è in corso in sette delle nove province del Sudafrica. La Misna riferisce che intanto le istituzioni sanitarie nazionali hanno già avviato campagne di vaccinazione, principale strumento per contenere la diffusione della malattia. La più grave epidemia di Rvf in Sudafrica risale al 1974 e causò la morte di decine di migliaia di capi di bestiame. La Febbre della Rift Valley è una malattia infettiva che colpisce sia gli animali – soprattutto ovini, bovini, caprini e cammelli – sia l'uomo. Non esiste una cura specifica, ma solo una terapia sintomatica e di supporto, basata sulla vaccinazione degli animali, su adeguate misure di protezione per evitare il contatto con materiale infetto e sul controllo della diffusione delle zanzare. (M.G.)
Thailandia: primo campo estivo per giovani thai organizzato dalle suore del Sacro Cuore
◊ Incontri, condivisione di esperienze, lettura del Vangelo e lezioni di catechesi sulla morale. Sono solo alcune delle iniziative che hanno animato la settimana di campo estivo organizzato dalle suore del Sacro Cuore di Gesù di Bangkok, con l’aiuto di 14 fra catechisti e novizie, che si è svolto nella chiesa parrocchiale di Santa Teresa a Wiengpapao, distretto della provincia settentrionale di Chieng Rai. L’evento ha vistola partecipazione di oltre 150 giovani, di età fra i 6 e 18 anni, provenienti da sei diverse parrocchie. Suor Chalieng Vejjayan, madre provinciale delle S.H.B., parlando ad AsiaNews, ha evidenziato lo sforzo di catechisti e novizie nel preparare attività che consentono ai partecipanti di “imparare a essere dei buoni cristiani”, approfondire le conoscenze legate al catechismo “attraverso la lettura del Vangelo”. “Essi apprendono – aggiunge la religiosa – il valore della condivisione, soprattutto con i più sfortunati”, insieme al significato del “perdonare ed essere perdonati”. Suor Rosy, di Wiengpapao, spiega quanto sia bello vedere “bambini e giovani di famiglie diverse che si prendono cura l’uno dell’altro, come fratelli e sorelle: questa è la grande famiglia chiamata Chiesa”. Imparare il valore della condivisione è fondamentale, aggiunge, come “godere della compagnia del gruppo”. Chieng Rai è la provincia più a nord della Thailandia, distante oltre 800 km dalla capitale Bangkok. La zona è inserita all’interno del Triangolo d’Oro – centro di coltivazione dell’oppio e crocevia del traffico di droga – che comprende anche le zone oltreconfine di Laos e Myanmar. La maggioranza della popolazione è di etnia thai, con un 12,5% che appartiene alle tribù montane sparse nel nord del Paese. La Congregazione delle suore del Sacro Cuore di Gesù di Bangkok (S.H.B.) è nata nel 1900 su iniziativa di p. Aloys Alphonse d’Hondt, delle Missioni estere di Parigi (Mep). Le religiose lavorano nel campo della catechesi, dell’istruzione e dell’amministrazione. Gestiscono centri per orfani e bisognosi e dove la loro opera viene richiesta. Fra le numerose parrocchie, le religiose sono presenti nelle diocesi di Chieng Mai, Nakhon Sawan, Rajjaburi e Bangio. (M.G.)
Al Qaeda fa strage in un villaggio in Iraq: 25 i morti, anche bambini
◊ Giornata di sangue in Iraq. Alcuni uomini, legati alla rete terroristica di Al Qaeda hanno compiuto un raid nel villaggio di Sufia, a sud di Baghdad, uccidendo almeno 25 persone. Intanto a Mosul, 23 miliziani, in carcere con l’accusa di terrorismo, sono riusciti ad evadere dopo aver creato un varco nel muro di cinta della prigione. Il servizio di Cecilia Seppia.
Sono arrivati a bordo di fuoristrada simili a quelli dell’esercito, gli uomini di Al Qaeda che nel giro di pochi minuti hanno legato, imbavagliato e ucciso brutalmente a colpi di arma da fuoco 25 persone. Il volto coperto da passamontagna, indosso le tute mimetiche, i miliziani hanno fatto irruzione in alcune case presso il villaggio di Sufia alle porte di Baghdad portando a termine l’esecuzione indisturbati. Tra le vittime anche 5 donne e 2 bambini. Secondo fonti del Ministero dell’interno, obiettivo del raid era proprio quello di uccidere alcuni rappresentanti dei cosiddetti Sahwa, i Comitati per il risveglio, nati a partire dal 2005 nelle zone sunnite irachene e costantemente impegnati a fianco delle forze occidentali nella lotta alla rete terroristica di Osama Bin Laden. Il Ministero della difesa per ora ha confermato il bilancio, forse destinato a salire, ma ha precisato di non poter rendere pubblici i nomi delle vittime. La polizia ha circondato l’area e con elicotteri sta dando la caccia al commando formato da 10, forse 15 uomini. Il massacro di oggi arriva in un momento in cui i principali gruppi politici iracheni stanno tentando di trovare un accordo per formare una coalizione di governo in grado di guidare il Paese. Intanto a Mosul, 23 miliziani di al Qaeda, in carcere con l’accusa di terrorismo, sono riusciti ad evadere dopo aver creato un varco nel muro di cinta della prigione.
Thailandia
Nuova protesta nel cuore di Bangkok. Le "camicie rosse" thailandesi – i sostenitori dell'ex premier Thaksin Shinawatra - hanno occupato questa mattina la capitale con l’intento di aumentare la pressione sul governo di Abhisit Vejjajiva e costringerlo a sciogliere il Parlamento. Circa 45 mila manifestanti, secondo la polizia, si sono riversati nella zona commerciale, creando enormi disagi al traffico. Nel frattempo un altro corteo di sostenitori dell'ex premier ha occupato la superstrada Viphavadi Rangsit, che porta a diversi palazzi governativi nel nord della capitale, con l'obiettivo di circondarli. I leader delle camicie rosse hanno annunciato di voler portare avanti la protesta fino a domani.
Afghanistan
In Afghanistan sale il bilancio delle vittime della dura battaglia avvenuta ieri nel distretto di Chardara, tra soldati delle forze internazionali e talebani. Almeno tre militari tedeschi sono morti e altri sette sono rimasti feriti. Uccisi da fuoco amico secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa Pajhwok, anche 6 soldati afghani. Secondo il governatore di Kunduz, Mohammad Omar, gli uomini della Nato, dopo essere stati attaccati, avrebbero organizzato una controffensiva, poi avrebbero sparato per errore contro un veicolo dell'esercito uccidendo sei soldati, che credevano essere talebani in fuga. Nel corso dell’attacco è morto anche il comandante talebano Mullah Habib.
Pakistan
Nuova offensiva dell'esercito pachistano contro i talebani nelle aree tribali al confine con l'Afghanistan. Oltre 15 miliziani islamici sono stati uccisi nel distretto di Orakzai, divenuto una roccaforte dei ribelli fuggiti dal Waziristan del Sud dopo mesi di scontri con le forze di sicurezza di Islamabad. Secondo fonti dell'esercito pachistano, oltre 100 miliziani sono stati uccisi dalla fine del mese scorso, appartenenti al Tehreek-e-Taliban di Hakimullah Mehsud, ucciso in un attacco di un drone americano lo scorso gennaio. Secondo il generale pachistano Tariq Khan, entro maggio le zone tribali al confine con l'Afghanistan saranno totalmente sradicate dal controllo dei talebani.
Nuova sfida dell’Iran alla comunità internazionale
Forte scambio di opinioni sul controverso programma nucleare iraniano. Ieri, nuova dura presa di posizione del presidente americano, Barack Obama, che ha ribadito la sua volontà di “aumentare la pressione” su Teheran, parlando di una comunità internazionale sempre più unita su questo fronte. Stamani la risposta immediata dell’Iran. Il servizio di Giancarlo La Vella:
“Più l’occidente manifesta la sua animosità verso l'Iran, più l’Iran sarà determinato ad andare avanti”. In questo modo stamani il presidente iraniano, Ahmadinejad, ha risposto alle annunciate pressioni della Casa Bianca sulla questione del programma nucleare della Repubblica islamica. “Non fermerete il progresso e la ricostruzione della nazione iraniana”, ha detto Ahmadinejad, parlando oggi dalla città di Sirjan. Obama aveva sottolineato che, se Teheran riuscisse a produrre armi nucleari, le conseguenze immediate sarebbero la destabilizzazione e la corsa agli armamenti nell’intero Medio Oriente. Ipotesi, questa, da evitare per il presidente, che ora apre a qualsiasi soluzione: dalle sanzioni, all’opzione militare, mai finora esclusa in modo palese. Una posizione ferma, dunque, quella di Obama, che cerca l’appoggio del governo cinese, con cui Obama solo ieri aveva iniziato un percorso di disgelo, dopo mesi di tensioni, attraverso una telefonata fiume con il presidente Hu Jintao. Pechino rimane per ora in silenzio sull’appoggio ad eventuali misure da adottare; annuncia la partecipazione dello stesso Hu Jintao alla conferenza internazionale sul nucleare che si terrà a Washington il 12 e 13 aprile e per ora parla di soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato.
Somalia
Sempre più pericolose le acque somale. Una nave di Taiwan con almeno 14 uomini di equipaggio è stata sequestrata da pirati al largo delle coste del Corno d'Africa. Lo ha confermato Andrew Mwangura, coordinatore regionale del programma di assistenza alla navigazione Sap (Seafarers' Assistance Program), precisando che a bordo dell'imbarcazione 'Jih Chun Tsai 68', ci sarebbero marittimi di nazionalità taiwanese e indonesiana. Per il momento non sarebbe giunta alcuna richiesta di riscatto.
Russia
Ancora un attentato terroristico in Russia. Un poliziotto è rimasto ucciso e un altro ferito in un attacco nell'instabile Repubblica caucasica russa del Daghestan. Lo riferiscono le agenzie russe. Secondo fonti di sicurezza persone non identificate hanno attaccato una stazione di polizia, presso il villaggio di Shontaul, nel distretto di Kizilyartovsky. L’attacco non è stato ancora rivendicato.
Medio Oriente
Dopo mesi di calma relativa, Hamas ed Israele tornano a fronteggiarsi. Nelle dichiarazioni dei rispettivi dirigenti si assicura di essere interessati a mantenere la calma imputando all'avversario la responsabilità di una serie di violenze che di settimana in settimana è sempre più fitta. Oggi da Washington nuovo appello ad israeliani e palestinesi a privilegiare il dialogo sulla violenza. ''Gli israeliani hanno diritto all'autodifesa", ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley. "Nello stesso tempo – ha aggiunto - non pensiamo che possa esistere una soluzione militare''.
Italia - immigrazione
Due immigrati dispersi in mare, tre feriti gravi e altri 20 in salvo. E' il bilancio di un nuovo sbarco avvenuto nella notte a Lampedusa. I migranti, tutti tunisini, sono stati soccorsi dai mezzi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza che hanno raccolto l'allarme lanciato con un telefono satellitare. L'imbarcazione si sarebbe infatti rovesciata quando si trovava a poca distanza dalla costa. I feriti sono stati trasportati presso l’ospedale di Porto Empedocle.
Economia: il Fmi rialza le stime del Pil mondiale
Il Fondo Monetario Internazionale rivede al rialzo le previsioni di crescita di tutto il mondo. Quest'anno il Pil mondiale progredirà infatti del 4,1%, con un rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto alle ultime previsioni di gennaio e di addirittura un punto rispetto alle stime di ottobre scorso. E' quanto si legge nell'ultima bozza del World Economic Outlook, dove il Fmi torna ad insistere sul risanamento delle economie deboli e la riforma del sistema finanziario.(Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia e Carla Ferraro)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 93
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