![]() | ![]() |

Sommario del 30/08/2010
Il Papa alla Messa per i suoi ex allievi: imparare da Dio lo stile della gratuità
◊ Il Papa ha ricevuto oggi in udienza l’arcivescovo Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha partecipato in questi giorni al tradizionale incontro estivo degli ex studenti di Benedetto XVI, il cosiddetto Ratzinger Schülerkreis. L’appuntamento si è concluso ieri, con una Messa presieduta dal Pontefice presso il Centro Mariapoli a Castel Gandolfo: al centro del seminario, iniziato venerdì scorso, è stato il tema dell’interpretazione del Concilio Vaticano II. Ha tenuto l’omelia il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, anch’egli ex allievo del prof. Ratzinger. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa all’inizio della Messa, ha salutato i partecipanti al seminario, circa una quarantina, facendo riferimento al Vangelo della liturgia domenicale sulla scelta dei primi posti nei banchetti, con l’esortazione di Gesù all’umiltà e all’amore gratuito, a invitare cioè, quando offriamo un pranzo, quanti non ci possono ricambiare. Ascoltiamo le parole di Benedetto XVI:
“Liebe Freunde, am Ende des heutigen Evangeliums …
Cari amici, nel Vangelo di oggi il Signore ci fa notare come in realtà continuiamo a vivere alla maniera dei pagani: invitiamo per reciprocità soltanto chi ricambierà l’invito, doniamo solo a chi ci restituirà. Ma lo stile di Dio è diverso: lo sperimentiamo nella Santa Eucaristia. Egli invita alla sua mensa noi, che davanti a lui siamo zoppi, ciechi e sordi; egli invita noi, che non abbiamo nulla da dargli”.
In particolare durante la Messa – ha proseguito il Papa – siamo chiamati a farci toccare dalla gratitudine per il fatto che, nonostante non abbiamo nulla da dare a Dio e, anzi, siamo pieni di colpe, Egli ci inviti alla sua mensa e vuole stare a tavola con noi:
“Aber wir wollen doch auch uns davon berühren lassen …
Ma vogliamo imparare anche a sentirci in colpa perché usciamo così poco dallo stile pagano, perché viviamo così poco la novità, lo stile di Dio. E per questo iniziamo la Santa Messa chiedendo perdono: un perdono che ci cambi, che ci faccia diventare più simili a Dio, a sua immagine e somiglianza”.
Nella sua omelia, il cardinale Schőnborn ha ripreso il tema dell’umiltà, ricordando che Gesù ha affidato il Regno del Padre agli Apostoli, ma affinché questa grande vocazione non li renda presuntuosi li ha messi, e soprattutto il primo degli Apostoli, all’ultimo posto. Quindi ha spiegato quale è l’atteggiamento dei cristiani davanti alle umiliazioni e agli insulti: disprezzati, benedicono…
“Die Demut wendet diese Beschimpfungen in Segen. …
L’umiltà trasforma gli insulti in una grazia! Grazie, Santo Padre, perché lei incarna per noi l’atteggiamento di Cristo, che è mite e umile di cuore. Non è questa una cosa meravigliosa, nella fede cristiana e nell’esperienza cristiana? La gioia per il fatto che i parametri del Cielo siano così diversi dai nostri …”.
◊ Pace e sviluppo: è il binomio delle intenzioni di preghiera di Benedetto XVI per il mese di settembre. Nell’intenzione generale, il Papa chiede ai fedeli di pregare affinché l’annuncio della Parola di Dio “rinnovi il cuore delle persone, incoraggiandole ad essere protagoniste di un autentico progresso sociale”. In quella missionaria, invece, il Papa auspica che aprendo il cuore, si ponga fine alle tante guerre che insanguinano il mondo. Sulla pace e lo sviluppo umano, riascoltiamo alcune riflessioni di Benedetto XVI nel servizio di Alessandro Gisotti:
“Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”: la celebre affermazione di Paolo VI viene fatta propria da Benedetto XVI, che fin dal frontespizio dell’Enciclica “Caritas in Veritate” sottolinea la necessità di “uno sviluppo umano integrale nella carità e nella verità”. Per costruire la pace, è il suo monito, bisogna combattere la povertà:
“Faccio volentieri mio quanto Papa Montini esprimeva con chiarezza appassionata nella sua Enciclica ‘Populorum Progressio’: ‘ Se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori di amore, amicizia, di preghiera e di contemplazione”. (Discorso alla Fondazione Centesimus Annus, 19 maggio 2007)
Il Papa sottolinea, dunque, che alla base di un autentico progresso sociale sta la persona, “che Cristo svela nella sua dignità più profonda”. Come l’ultima crisi finanziaria ha dimostrato, avverte il Pontefice, non si può privilegiare “ciò che è materiale e tecnico rispetto a ciò che è etico e spirituale”:
“In tale contesto è importante saper vincere quella mentalità individualistica e materialistica che suggerisce di distogliere gli investimenti dell’economia reale per privilegiare l’impiego dei propri capitali nei mercati finanziari, in vista di rendimenti più facili e più rapidi”. (Discorso agli imprenditori romani, 18 marzo 2010)
Serve, afferma il Papa, un umanesimo cristiano anche nelle scelte economiche. Quello stesso umanesimo che dovrebbe essere guidato dall’apertura del cuore. L’amore non la corsa agli armamenti, sostiene con forza Benedetto XVI, è la “via per conservare saldamente la pace”:
“L’autentica conversione dei cuori rappresenta la via giusta, la sola che possa condurre ciascuno di noi e l’intera umanità all’auspicata pace. E’ la via indicata da Gesù: Lui – che è il Re dell’universo – non è venuto a portare la pace nel mondo con un esercito, ma attraverso il rifiuto della violenza”. (Discorso ai giovani del Servizio Civile, 28 marzo 2009)
Il Papa chiede di partire dal cuore, dalla sua conversione per divenire autentici operatori di pace. E invita soprattutto le giovani generazioni a farsi “strumenti di pace, rigettando con decisione l’egoismo e l’ingiustizia, l’indifferenza e l’odio”. Da Assisi, città simbolo del dialogo e della concordia, il Papa, sulla scia di San Francesco, leva un vibrante appello affinché ognuno di noi, nella vita quotidiana, diventi un appassionato promotore della pace:
“Considero mio dovere lanciare da qui un pressante e accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione! (…) Voglia San Francesco, uomo di pace, ottenerci dal Signore che si moltiplichino coloro che accettano di farsi 'strumenti della sua pace', attraverso i mille piccoli atti della vita quotidiana; che quanti hanno ruoli di responsabilità siano animati da un amore appassionato per la pace e da una volontà indomita di raggiungerla, scegliendo mezzi adeguati per ottenerla”. (Angelus ad Assisi, 17 giugno 2007)
◊ “Proclamare Gesù Cristo in Asia oggi”: questo il titolo del Congresso dei laici cattolici dell’Asia che si apre domani a Seoul, nella Corea del Sud. I lavori, che proseguiranno fino a domenica prossima, vedranno la presenza di 400 partecipanti, membri sia delle Conferenze episcopali asiatiche che di movimenti ecclesiali e nuove comunità. Sul significato del titolo scelto, Isabella Piro ha chiesto una riflessione al cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per il Laici, che ha promosso l’evento:
R. - Con questo tema abbiamo voluto mettere in evidenza ciò che costituisce il cuore stesso della missione evangelizzatrice della Chiesa: annunciare Gesù Cristo come unico Salvatore dell’umanità. La questione è particolarmente viva proprio in Asia: questo immenso continente, abitato da quasi quattro miliardi di persone, di cui solo 120 milioni sono cristiani, ha il diritto di ascoltare l’annuncio della buona novella di Cristo Redentore dell’uomo.
D. - Qual è l’obiettivo principale del Congresso?
R. - Stimolare i laici cattolici in Asia a riscoprire l’importanza e la bellezza della loro vocazione e della loro missione nella Chiesa e nel mondo. Ci preme, infine, destare una maggiore apertura delle Chiese locali in Asia alla “nuova stagione aggregativa dei fedeli”. Oggi lo Spirito sta suscitando tanti nuovi carismi che danno origine a movimenti ecclesiali e nuove comunità. Questo Congresso vuole essere per tutti i partecipanti - laici, vescovi, sacerdoti e religiosi - una vera scuola di speranza cristiana.
D. - Sono trascorsi 16 anni dal precedente Congresso asiatico: cosa è cambiato nel mondo laico di quel continente nel frattempo?
R. - Se osserviamo con attenzione la vita della Chiesa in Asia in questi 16 anni, possiamo vedere chiaramente come questa Chiesa - nonostante le molteplici sfide e difficoltà - sia piena di zelo missionario. È una Chiesa che cresce in media del 4-5% all’anno e può vantare schiere di Santi, soprattutto di martiri della fede, tra cui non pochi laici. Certo, si tratta di una Chiesa minoritaria, ma non è una minoranza timida. Ci troviamo, infatti, davanti ad una Chiesa piena di vitalità e animata dalla grande speranza che scaturisce dalla fede.
D. - Quali sono i punti critici dell’evangelizzazione in Asia oggi?
R. - Si diffonde sempre più il fondamentalismo integralista che impone drastici limiti alla libertà religiosa in molti paesi asiatici. Non mancano casi di discriminazione o vere e proprie persecuzioni religiose. I vescovi di alcuni Paesi asiatici denunciano il triste fenomeno di una “emorragia della presenza cristiana”. Altra sfida per l’opera dell’evangelizzazione è costituita dall’incontro con le grandi tradizioni religiose asiatiche. Tale incontro crea il pericolo della diffusione di una mentalità relativista e sincretista che deforma addirittura il vero senso dell’evangelizzazione. Si tende, ad esempio, a rimpiazzare la missione con un vago dialogo all’interno del quale tutte le posizioni si equivalgono; si tende a ridurre l’evangelizzazione a semplice opera di promozione umana. Infine, la globalizzazione porta anche in Asia la mentalità post-moderna che rifiuta Dio e da questi influssi non sono esenti i laici cattolici in Asia. Tutte queste sfide dimostrano un’urgente necessità di un serio lavoro di formazione, di una approfondita iniziazione cristiana dei battezzati, sia nelle parrocchie sia nelle aggregazioni laicali.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell’Angelus di domenica 29 agosto Benedetto XVI indica in Cristo un modello di umiltà e di gratuità.
Nell’informazione internazionale, in primo piano i nuovi negoziati diretti tra israeliani e palestinesi: Barack Obama cerca di rilanciare le prospettive di pace in Medio Oriente.
Teologia e mistica della montagna: un articolo dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sul significato spirituale e storico dei monti nella Bibbia.
Il paradosso delle sinagoghe: Anna Foa sulla storia e sulla spiritualità dell’architettura sinagogale in occasione della Giornata europea della cultura ebraica che si terrà domenica 5 settembre.
I cento anni del manifesto del Futurismo: Sandro Barbagallo sul rapporto tra cultura e fede in Filippo Tommaso Marinetti.
Cresce nel mondo la devozione mariana: il cardinale Giovanni Battista Re alla celebrazione per i millecinquecento anni di Santa Maria delle Grazie alla Mentorella.
Gheddafi in Italia. Islam e immigrazione: intervista con mons. Mogavero
◊ Il leader della Libia, Muammar Gheddafi, incontrerà nel pomeriggio il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi in occasione di un convegno, che si terrà nella sede dell'Accademia libica in Italia. In serata prenderà poi parte alle celebrazioni del secondo anniversario del Trattato italo-libico. Durante le celebrazioni, Gheddafi incontrerà anche mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per gli affari giuridici. Hanno suscitato vasta eco, intanto, le parole pronunciate ieri da Gheddafi nella sede dell’Accademia libica di Roma: “L'Islam - ha detto - dovrebbe diventare la religione di tutta Europa”. Il primo passo - ha aggiunto - potrebbe essere l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Su queste dichiarazioni si sofferma al microfono di Fabio Colagrande proprio mons. Mogavero:
R. - Io credo sia una parola provocatoria che per noi europei dovrebbe suonare molto positivamente: finiamola di considerare la religione un aspetto secondario della nostra identità e soprattutto finiamola di tentare di relegare il patto religioso all’ambito meramente privato, come se ostacolasse il progresso e lo sviluppo delle persone. Il patto religioso, la religiosità è un aspetto integrante e fondamentale dell’identità di una persona e dell’identità di un popolo. Purtroppo noi, in Europa, a tutto questo abbiamo rinunciato da tempo e ne è una testimonianza significativa il rifiuto del riferimento alle radici cristiane dell’Europa nel Trattato dell’Unione.
D. - Passando ad altro argomento, lei ha espresso preoccupazione per la sorte dei migranti, dei rifugiati africani che sono detenuti in Libia. Perché?
R. - Perché nessuno mai ha avuto la possibilità di verificare quali erano le condizioni nelle quali questi poveri immigrati venivano mantenuti. Non ci sono state mai ispezioni, né da parte dell’Italia - che pure ha un protocollo d’intesa con la Libia al riguardo -, né da parte delle organizzazioni internazionali e quindi, in mancanza di notizie, credo che la preoccupazione sia più che legittima.
D. - Perché, secondo lei, la Chiesa ha voce in capitolo su questi temi?
R. - Perché la Chiesa è amica dell’uomo. Noi guardiamo l’uomo che è nel bisogno. Se non c’è nessun’altra normativa o istituzione che ne tuteli i diritti, noi dobbiamo essere i paladini della dignità e del rispetto dei diritti fondamentali della persona. Ne va di mezzo la nostra identità e la nostra accettazione coerente del messaggio evangelico. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Cile: si lavora senza tregua per salvare i 33 minatori intrappolati a 700 metri di profondità
◊ Si lavora senza tregua nel deserto di Atacama in Cile per portare al più presto in salvo i 33 minatori intrappolati nell’impianto di San Josè a 700 metri di profondità. Ieri la preghiera del Papa all’Angelus per il buon esito delle operazioni che si annunciano complesse. Da oggi, infatti, dovrebbe iniziare lo scavo della galleria verticale che impiegherà non meno di tre mesi per raggiungere gli operai. Contemporaneamente però si valuta un piano alternativo che potrebbe ridurre i tempi. Si tratta dell’impiego di una seconda macchina perforatrice che amplierebbe un condotto già esistente, fino a 660 metri dov’è un’officina che i minatori possono già ora raggiungere. Su questa ipotesi e sui rischi che comporta Gabriella Ceraso ha chiesto il parere di Michele Angus, geologo dirigente del Cnr:
R. – Io la ritengo una cosa buona, anzi, una cosa che da subito bisognava vedere, perché sicuramente questo accelererebbe i tempi del soccorso, perché chiaramente è una galleria già preesistente. Però attenzione, c’è pericolo di crolli: praticare un foro di maggiore diametro con una macchina che creerà quindi delle vibrazioni, ha dei rischi superiori di un foro di piccola dimensione come quello che hanno già fatto e che oggi consente ai soccorritori di arrivare giù ai minatori.
D. – C’è anche comunque una componente di rischio legata alla geologia proprio delle miniere di oro e rame...
R. – Questa miniera è in terreni di tipo vulcanico con grosse fratturazioni, perché questi filoncelli di rame e oro si formano proprio all’interno di queste fratture. Quindi, non è che i terreni siano molto compatti.
D. – E’ possibile che parte della responsabilità di quanto è accaduto sia nella inosservanza delle misure di sicurezza, di questa come in altre miniere in Cile?
R. – Io non sono a conoscenza del piano di sicurezza in quella miniera, però le posso dire una cosa: che di solito l’oro e il rame in Cile, lo coltivano e lo cavano a cielo aperto. Adesso sono andati nei sotterranei, a cavarlo, perché come ben si sa, i prezzi dell’oro in questo momento sono saliti molto, quindi, non è escluso che per andare a prendere questo oro, anche in sotterraneo, si siano trascurate delle misure di sicurezza. Fare una miniera, cioè costruire una miniera, non a caso si chiama “arte mineraria”, perché è un’operazione proprio di arte, d’esperienza...
D. –Quando parla di sicurezza cosa intende? Controlli, ispettori...
R. – Certo, certo controlli di sicurezza, l’armamento delle gallerie, quindi fare delle opere di consolidamento, i sistemi di areazione della miniera...
D. – Infatti, secondo alcune critiche, sarebbe mancata la scala di emergenza nei corridoi di ventilazione. Che cosa è questa scala?
R. – Si chiamano fornelli nelle nostre miniere, e sono delle scale verticali che consentono di accedere da un livello all’altro della miniera, da una galleria all’altra. Sono dei passaggi molto stretti.
D. – La presenza di questa scala, avrebbe potuto salvare in questo caso i minatori...
R. – ...salvo che i crolli non si fossero verificati proprio in quelle zone che gli impedivano l’accesso a queste scale d’emergenza.
L'Onu: forze ruandesi responsabili dei massacri in Congo negli anni '90
◊ Il governo del Rwanda minaccia l'Onu di ritirare le proprie truppe dalle forze di pace internazionali se pubblicherà un rapporto in cui denuncia che le forze ruandesi si sarebbero rese protagoniste di "gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale" nella Repubblica Democratica del Congo negli anni '90. Il rapporto, di prossima pubblicazione, è opera dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Nel dossier - di cui il quotidiano francese ‘Le Monde’ anticipa alcuni passaggi - sono raccolte testimonianze dirette e prove di crimini contro l’umanità commessi dalle forze ruandesi in Congo. Crimini legati al dramma del genocidio in Rwanda, come sottolinea al microfono di Emanuela Campanile, il direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie, padre Giulio Albanese:
R. - Il genocidio, iniziato nel 1994 in Rwanda con l’abbattimento dell’aereo dell’allora presidente Juvenal Habyarimana, è andato avanti dal 1994 al 2004. Questo è davvero sconcertante, anche perché viene sempre enfatizzato, dalla grande stampa, l’eccidio perpetrato dagli Interahamwe – l’ex gruppo delle Forze armate ruandesi (Far) del presidente Habyarimana - che certamente hanno massacrato centinaia di migliaia di Tutsi e, si dice, Hutu moderati. La verità, però, è che successivamente c’è stata la vendetta perpetrata dai vincitori.
D. - Il rapporto dell’Onu, dunque, accusa le forze ruandesi ed anche una serie di alleati locali…
R. - Perché in effetti, quando nell’ottobre del 1996 un certo Laurent-Désiré Kabila - che fino a quel momento era un illustre sconosciuto - iniziò con il suo movimento la marcia dal Rwanda verso Kinshasa, con l’intento dichiarato di destituire l’allora presidente zairese Mobutu Sese Seko, erano davvero in pochi a credere nella riuscita di questa marcia. Questo fu possibile proprio grazie all’intervento ruandese, al fatto che l’esercito del Rwanda ha sostenuto l’iniziativa di Kabila. Non vi è dubbio che da quando Kabila prese il potere - nel maggio del 1997 - iniziarono le stragi nei confronti dei rifugiati Hutu, che erano nel settore orientale dell’ex Zaire.
D. - Dopo la diffusione di questo rapporto, quali saranno le relazioni tra Rwanda, Repubblica Democratica del Congo ed Onu?
R. - Qualcosa sta cambiando anche perché, indubbiamente, lo scenario geopolitico nella regione dei Grandi Laghi sta subendo dei mutamenti, soprattutto con l’ingresso della Cina. Quello che c’è da augurarsi è che davvero, in Rwanda, possa esserci un processo di riconciliazione nazionale, perché il popolo ruandese ha troppo sofferto, come anche il popolo dell’ex Zaire, la Repubblica Democratica del Congo. La gente chiede di vivere in pace. Questa è un’istanza che non può essere disattesa.
Conclusi all'Aquila i riti della Perdonanza Celestiniana
◊ Con la tradizionale chiusura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio si sono conclusi ieri sera all’Aquila i riti della Perdonanza, istituita nel 1294 da Papa Celestino V, per consentire a tutti fedeli che lo avessero desiderato di lucrare l’indulgenza plenaria. Anche quest’anno migliaia i pellegrini giunti nel capoluogo abruzzese, dove sono ancora evidenti i segni del terremoto di sedici mesi fa. Il servizio del nostro inviato all’Aquila, Giancarlo La Vella:
(musica)
La Basilica di Santa Maria di Collemaggio, uno dei simboli dell’Aquila più cari ai cittadini del capoluogo abruzzese, è un cantiere in piena attività. Una copertura in plexiglas sostituisce la cupola, completamente crollata con la scossa del 6 aprile 2009. Ma tutto avviene lo stesso, normalmente: il percorso di riconciliazione con il Signore, voluto da san Celestino V, in questo particolare clima, ancora di vivo dolore ed evidente difficoltà, anzi acquista ancora più significato. Cinque familiari delle vittime del terremoto hanno partecipato all'offertorio della santa messa conclusiva e la stessa reliquia del corpo del Pontefice, al secolo Pietro Angeleri da Morrone, partecipa alla situazione di emergenza: appoggiata su un moncone di colonna, continua a ricevere la venerazione degli aquilani e dei fedeli giunti in città per assistere alla chiusura della Porta Santa, uno dei riti finali della Perdonanza. L’arcivescovo della città, mons. Giuseppe Molinari, spiega nell’omelia come il messaggio di Celestino in realtà valichi la sia pur drammatica realtà locale, per rivolgersi ai cristiani di tutto il mondo:
“Il cristiano non è l’uomo che continuamente è succube dei sondaggi e dei consensi dell’opinione pubblica. Il cristiano è sempre autenticamente libero, pronto a rendere ragione delle proprie scelte prima di tutto a Dio, che parla attraverso la coscienza di ognuno, attraverso il Vangelo e attraverso il magistero della Chiesa. Una volta che con sincerità abbiamo offerto disponibilità al dialogo e all’ascolto di tutti non dobbiamo aver paura di rimanere sempre fedeli a Dio, a costo di metterci contro il mondo intero”.
L’edizione di quest’anno della Perdonanza, inoltre, ha coinciso con la chiusura dell’Anno Celestiniano, indetto dal Papa in occasione degli 800 anni dalla nascita di Pietro da Morrone, un evento che ha portato quest’anno Benedetto XVI nei luoghi di Celestino V, soprattutto la diocesi di Valva e Sulmona, nella quale esiste ancor oggi l’eremo dal quale 716 anni fa il monaco si recò all’Aquila per l’incoronazione pontificia. Al vescovo della diocesi, mons. Angelo Spina, abbiamo chiesto che cosa rimane del messaggio celestiniano ai fedeli di oggi:
“Soprattutto l’avvicinamento alla Parola di Dio, alla preghiera, agli stili di vita cristiani coerenti e soprattutto a riscoprire la bellezza del Creato, a farne un uso e non un abuso ed anche a guardare il grande Santo, San Pietro Celestino. Se alcuni hanno parlato di rinuncia, la rinuncia è una virtù, non tanto una viltà ma una virtù, cioè un uomo santo che ha saputo obbedire sempre a Dio e alla Chiesa”.
Atto finale della giornata è stato il corteo della Bolla, il documento originale con cui Celestino V istituì la Perdonanza, che si è fermato in piazza Duomo, mentre storicamente, fino al 2008, raggiungeva la torre civica, attualmente in zona vietata al pubblico per motivi di sicurezza.
◊ Al via domani il Pellegrinaggio nazionale in Terra Santa del Rinnovamento nello Spirito, che si concluderà il prossimo 7 settembre. Oltre 200 i pellegrini che si recheranno nei principali luoghi della fede cristiana, da Nazareth a Cafarnao, da Betlemme a Gerusalemme. Sul significato e la peculiarità di questo pellegrinaggio, Federico Piana ha intervistato il presidente del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez:
R. - La particolarità di quest’anno è data dalla presenza di 60 giovani che scopriranno le radici della loro fede e proveranno ad attualizzare quest’amicizia personale con Dio. La Terra Santa ci dice che Dio è vicino, molto più vicino di quanto noi possiamo immaginare. Tornare in Terra Santa significa ritornare sulle orme dello Spirito, sulle orme della nostra fede. Credo che sia una straordinaria pedagogia rieducativa per gli adulti ed educativa per i giovani. Non sono soltanto luoghi da visitare o da ammirare, ma da interiorizzare.
D. - Lei ha fatto un’affermazione molto forte e molto bella ma anche molto impegnativa. Ha detto: “Un viaggio in Terra Santa può cambiare la vita”. Perché?
R. - Se tutto ha avuto inizio e se la vita è apparsa in questi luoghi, la vera vita, la possibilità di una vita piena, felice, di una vita non solo dimentica del cielo ma di una vita che avvicina il cielo, allora credo che non c’è terapia di guarigione e di liberazione più potente che un viaggio in Terra Santa. La Terra Santa ci ricorda il primato di Dio, la sacralizzazione del tempo e della storia. In un tempo che sta rendendo insignificante la presenza di Dio, chi ha una grandissima opportunità cambia la vita in questo senso, la schiude a realtà eterne, alle realtà essenziali e significative. Non è soltanto un cammino a ritroso nel tempo. L’uomo, oggi, ha bisogno del trascendente, c’è questa sete d’ infinito.
D. - So che c’è una cosa che impreziosisce questo pellegrinaggio, perché nel 2013 accadrà una cosa che a voi sta molto a cuore…
R. - E’ la nascita del Centro Internazionale dedicato alla famiglia. Lo scorso anno il Santo Padre, Benedetto XVI, pellegrino in Terra Santa, ha parlato di questo Centro, ne ha benedetto la prima pietra. Sarà un Centro dedicato alla famiglia per raccontare tutto ciò che di bello, di buono, di vero e di giusto la famiglia realizza a livello internazionale, per sostenere le famiglie in difficoltà, in primis quelle della Terra Santa e poi per ricordare a questo nostro tempo - che sta colpevolmente smarrendo l’istituto naturale della famiglia - che una famiglia ci vuole ed il modello della Sacra Famiglia rimane non soltanto insuperabile ma la forma della vera umanità.
D. - Questo pellegrinaggio sarà anche l’occasione per pregare per il Medio Oriente…
R. - Gli uomini pii, gli uomini di preghiera, gli uomini che non vedono decadere la speranza, sono poi coloro che costruiscono la civiltà dell’amore. Mi sembra importante richiamare ciò che proprio Benedetto XVI ha voluto indicare: bisogna pregare affinché tutti gli uomini si persuadano che in questo nostro mondo abbiamo bisogno gli uni degli altri. Dobbiamo aiutarci come fratelli per costruire la civiltà dell’amore. Credo che, perché ci sia la civiltà dell’amore, serva anche una cultura della Pentecoste, una cultura dell’unità che abbatta le barriere dell’orgoglio, che abbatta i muri che si continuano a costruire e sappia davvero realizzare ponti interiori, che sono per l’appunto quelli della preghiera, della cultura e dei valori dello spirito. Terra Santa, Israele e Medio Oriente sono ancora portatori di queste grandissime ricchezze e purtroppo la storia di ogni giorno racconta le degenerazioni della violenza, delle crudeltà e dell’egoismo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Pakistan: sono statunitensi i tre volontari uccisi dagli integralisti islamici
◊ I tre operatori umanitari uccisi nella valle di Swat fra il 24 e il 25 agosto da un attacco di gruppi integralisti islamici sono di nazionalità statunitense, informano fonti di Fides sul luogo. L’organizzazione per cui lavoravano in Pakistan, impegnata nel soccorso agli sfollati della alluvioni, è ancora tenuta segreta per motivi di sicurezza ma, secondo alcune fonti, a breve il governo pakistano potrebbe fornire dettagli sull’accaduto. Il fatto è, precisa una fonte di Fides in una Ong pakistana, che “non si vuole creare panico nel mondo delle organizzazioni umanitarie e fra i donatori, proprio in un momento di mobilitazione internazionale che sta generando, dopo lo stallo iniziale, il flusso di aiuti necessario per gestire l’emergenza”. In Pakistan vi sono circa 1.500 fra Ong e associazioni straniere presenti sul territorio, impegnate nell’assistenza umanitaria, mentre prima delle alluvioni erano circa 200. “L’episodio della brutale esecuzione di tre volontari rischia invece di raffreddare gli animi e invertire il trend dei donatori”, nota la fonte. “Per questo il governo e l’esercito pakistano mantengono uno stretto riserbo sull’accaduto”. Il portavoce dell’ufficio delle Nazioni Unite in Pakistan, Maurizio Giuliano, ha detto sempre all’agenzia Fides che “sono in corso ricerche: per ora non possiamo né confermare, né smentire questa notizia. Continuiamo a lavorare per salvare milioni di persone”, spiegando che 29 Ong, delle quali 10 pakistane e 19 internazionali, operano in partnership con l’Ufficio dell’Onu in Pakistan per gli aiuti di emergenza. Anche la Caritas e altre Ong affermano che continueranno nell’opera di soccorso, anche se “con la necessaria prudenza”. Gli altri volontari feriti nell’attacco, sono stati trasferiti in ospedali militari nell’area di Mingora, preservandoli da contatti con l’esterno. Il sistema ospedaliero militare in Pakistan, d’altronde, è rinomato per alti standard di tecnologia, professionalità e competenza. Fonti di Fides nel mondo delle Ong pakistane indicano i probabili responsabili della strage: si tratterebbe di gruppi di jihadisti locali, legati alla rete della “Tehreek-e-Nafaz-e-Shariat-e-Mohammadi” (Tnsm), organizzazione militante pakistana con orientamenti wahabiti, dichiarata terrorista e bandita dal governo nel 2002, molto attiva nella valle di Swat, ma anche nei distretti di Dir e Malakand, nella Provincia di Frontiera di Nordovest. (R.P.)
Missionari e religiosi in prima linea nei soccorsi agli sfollati pakistani
◊ In Pakistan, missionari e laici sono impegnati in prima linea, senza alcuna discriminazione, nel soccorso agli sfollati. Aiutano cristiani, musulmani e indù mettendo in pratica le parole di Gesù: “Amate il prossimo come io vi ho amato”. E’ quanto afferma all’agenzia Fides padre James Channan, domenicano, presidente della Conferenza dei Superiori religiosi maggiori nel Paese asiatico. Sono 43 le Congregazioni religiose presenti in Pakistan ed oltre 100 i religiosi che partecipano alle operazioni di soccorso. Nove missionari della Società di San Colombano per le Missioni estere si trovano, in particolare, nell’area di Hyderabad dove resta alta l’allerta in seguito alle alluvioni dei giorni scorsi. In questa zona i missionari aiutano oltre 18 mila sfollati giunti dalle aree circostanti. Più a nord nell’area di Quetaa sono i missionari Oblata di Maria Immacolata a prendersi cura di coloro che sono sopravvissuti alle inondazioni. “Nella scuola gestita dai religiosi – spiega padre Aloysius Roy – sono attualmente ospitati oltre 1500 profughi”. In questa regione offrono il loro prezioso contributo anche i salesiani. Sono almeno 50 mila le famiglie a ricevere aiuto e cibo grazie all’aiuto della “Jugend Eine Welt”, Ong salesiana austriaca. Nell’area di Faisalabad i domenicani hanno inoltre stabilito una partnership con una Ong locale di medici per portare medicine e assistenza agli sfollati. Campagne di soccorso, promosso dai gesuiti e dai frati francescani cappuccini, sono poi in corso nelle zone di Lahore e Multan. Sono diverse, infine, anche le Congregazioni femminili che stanno aiutando migliaia di persone colpite dal dramma delle alluvioni. Tra queste, vi sono le suore di Gesù e Maria, le domenicane, e le suore della Carità. Dopo un mese dalle inondazioni, intanto, la situazione resta drammatica. L’acqua sta cominciando a ritirarsi ma sono milioni i sopravvissuti in pericolo di vita per malattie e mancanza di cibo. (A.L.)
Niger: circa 200 mila senza tetto per le inondazioni. E' allarme alimentare
◊ In Niger, già afflitto da mesi da una grave crisi alimentare, sono quasi 200 mila le persone rimaste senza tetto a causa delle inondazioni causate dalle piogge che dai primi di agosto flagellano il Paese del Sahel. Le inondazioni, provocate dallo straripamento del fiume che dà il nome al Paese, - riferisce l'agenzia Sir - hanno colpito tutte le otto regioni del Niger. E’ quanto si legge in una nota dell’Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) diffusa ieri. L’agenzia delle Nazioni Unite parla di “29.252 nuclei familiari sinistrati per un totale di 198.742 persone colpite" dalle inondazioni; il doppio rispetto alla settimana precedente. Secondo l’Ocha, infatti, lo scorso 23 agosto il bilancio dei senzatetto era di circa 100 mila persone. Secondo l’agenzia Onu “si tratta di perdite molto gravi per popolazioni che non si sono ancora riprese dagli effetti della crisi alimentare, nutrizionale e della pastorizia". Di qui l’appello: “Il Paese ha urgente bisogno di quasi 10 mila tonnellate di aiuti alimentari, di 60 mila tende e di 34 mila zanzariere”. (R.P.)
L’arcivescovo di San Salvador plaude al presidente Funes per le sue scelte a favore della vita
◊ Mons. Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, nella conferenza stampa della domenica, occasione in cui, dopo la Santa Messa, parla con i giornalisti sugli eventi principali della settimana, si è complimentato con il presidente della Repubblica Maurcio Funes, che ha confermato la sua decisione di non promuovere in nessun modo la revisione della legislazione che depenalizza l'aborto nel Paese. Lo scorso 24 agosto, Funes, aveva pubblicamente esautorato "l'Istituto salvadoregno per lo sviluppo della donna" (Isdemu) che, nel corso del "Consenso di Brasilia" aveva firmato un documento a favore della promozione dell'aborto. "La condotta del presidente in favore della vita, ha osservato l'arcivescovo, è coerente con quanto aveva detto nel corso della sua campagna elettorale. Ricordo che al riguardo la Chiesa sarà sempre molto attenta e vigilante affinché la legislazione protegga sempre la vita, il primo diritto delle persone". Commentando il "Consenso di Brasilia" il presule si è dichiarato contrario ad altri accordi come per esempio la facilitazione dell'acceso ai contracettivi da parte dei giovani anche perché, ha aggiunto, "non offrono le garanzie che paventano e a volte sono vettori di malattie contagiose". Mons. Escobar Alas d'altra parte ha commentato positivamente le modifiche proposte alla legge sul consumo di bevande alcoliche, che saranno caricate da nuove pesanti imposte, "poiché è chiaro, ha detto, che l'alcool causa molti danni alla società e all'economia del nostro popolo, oltre al costo che il Paese deve sopportare nell'ambito del sistema sanitario". Prima di concludere l'arcivescovo di San Salvador ha detto che la Chiesa salvadoregna si somma alle preghiere che il Papa ha chiesto per la serenità e la salvezza dei minatori cileni in attesa di essere soccorsi e con riferimento alla strage di 72 immigrati in Messico, a Tamaulipas, e tra i quali ci sono alcuni salvadoregni, mons. Escobar Alas ha sollecitato "da parte del governo del Messico e del Salvador inchieste chiare fino in fondo per conoscere la verità". Si deve sempre ricordare, ha precisato, che sono persone "che fuggono non per turismo, bensì alla ricerca di un modo per sopravvivere. "Se il governo fosse in grado di offrire sufficienti fonti di lavoro, e risorse per costruirsi il proprio futuro, nessun giovane sarebbe costretto ad emigrare dal proprio Paese". (A cura di Luis Badilla)
Venezuela: in 26 mesi uccisi 122 sindacalisti
◊ In Venezuela, nell’indifferenza della comunità internazionale, tra giugno 2008 e agosto 2010 sono stati assassinati 122 sindacalisti od operatori che lavoravano nell'ambito della difesa dei diritti dei lavoratori. La denuncia è contenuta in un rapporto del Programma venezuelano di educazione-azione pro diritti umani (“Provea”) e del vicariato per i diritti umani della diocesi di Caracas. L'elenco completo delle vittime può essere consultato sul sito www.derechos.org.ve/proveaweb/?p=6059. Dall'analisi dei dati del rapporto si evince che la stragrande maggioranza delle vittime sono state uccise da sicari. Due i settori economici sullo sfondo di questo dramma: l'industria edile e quella del petrolio. Il 42% degli omicidi sono avvenuti nello Stato di Bolivar, nella regione sudorientale del Paese. In questa area abitano poco più di un milione e 200 mila persone. Si tratta, in gran parte, di famiglie di lavoratori attratti dalle grandi ricchezze idroelettriche, minerarie (bauxita e ferro) e dalla grande industria “Siderúrgica del Orinoco”. Questa serie di violenze, paragonabile solo ai periodi più difficili della Colombia e del Guatemala, ha avuto inizio alcuni anni fa ed è continuata nell'indifferenza e nell'impunità. Il 2001 è l'anno della prima vittima, Wilmer Velásquez. Pesanti, in particolare, i bilanci del 2006 con 23 vittime e del 2007 con 29 morti. Le organizzazioni che firmano il rapporto denunciano soprattutto l’impunità che accompagna questi crimini. Una ricerca complementaria al dossier rileva, infatti, che su 52 crimini registrati in 10 anni, sono stati individuati e puniti i responsabili in solo 3 casi (5,7% del totale). “Questo rivela - si legge nella presentazione del documento - l'esistenza di una situazione di alta impunità”. Rivela anche “l'assenza di indagini sulle denunce che coinvolgono una presunta partecipazione nei crimini di funzionari della polizia così come di differenti organizzazioni sindacali, mandanti intellettuali degli assassini”. Le cause di questa strage strisciante e silenziosa sono molteplici. II rapporto ne identifica le principali. In primo luogo, la situazione di violenza generalizzata esistente da alcuni anni nel Paese sudamericano, più volte denunciata dai vescovi. Una violenza che prospera anche perché accompagnata da un'impunità endemica. Si ricorda che, secondo dati ufficiali del “Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminalísticas”, nel 2008 sono stati compiuti 3 omicidi ogni due ore, in pratica 14.467 in dodici mesi. I gruppi d'interesse che operano all'interno di alcuni sindacati, come quello del settore edile, appaiono poi protetti da una legge che fa dell'organizzazione sindacale l'ente chiamato a fornire il 75% della mano d'opera. C’è dunque un "parallelismo sindacale” dilagante che snatura e minimizza i sindacati tradizionali e storici, spesso molto critici con le politiche governative. Infine, conseguenza delle realtà precedenti, la debolezza del movimento sindacale che, nonostante la crescita numerica, non ha nessun peso contrattuale. Le organizzazioni che firmano il rapporto chiedono, infine, al presidente della Repubblica, al procuratore generale un "esplicito riconoscimento della gravità del problema”, “l'apertura di un ampio dibattito sulle cause del fenomeno” e “il disegno di politiche che consentano un cambio di rotta di una realtà che ha portato tanto dolore e lutti in numerose famiglie”. (A cura di Luis Badilla)
India: i funerali a Vijayawada del vescovo di Hyderabad, apostolo dei dalit
◊ Si sono svolte oggi a Vijayawada, nell'Andra Pradesh, in India, i funerali di mons. Marampudi Joji, arcivescovo di Hyderabad, spentosi venerdì scorso dopo una lunga malattia, all’età di 68 anni. Il presule è stato il primo arcivescovo fuori casta nella storia indiana e un attivo fautore della promozione dei dalit. La Santa Messa esequiale è stata celebrata nella Cattedrale di Vijayawada; al termine mons. Joji è stato tumulato nel cimitero di St. Joseph a Gunadala, accanto alla tomba del vescovo Joseph Thumma che lo aveva ordinato sacerdote nel 1971. Nato il 7 ottobre 1942 a Bhimavaran (Andra Pradesh) in una famiglia dalit di etnia telugu, mons. Marampudi incontra il cristianesimo attraverso i missionari del Pontificio istituto missioni estere (Pime), i primi ad estendere la missione cristiana tra i fuori casta della diocesi di Hyderabad. Battezzato dai padri del Pime, diventa sacerdote il 14 dicembre 1971 e nel 2000 viene nominato arcivescovo di Hyderbad, primo Dalit a guidare un’arcidiocesi. In precedenza era stato vescovo di Vijayawada. Per oltre 30 anni egli si è battuto per l’emancipazione dei fuori casta all’interno della società indiana, dialogando con le più alte cariche politiche e religiose. Padre Aloisius Selvakumar, segretario di mons. Marampudi per tre anni, lo ricorda come una persona molto vivace. “Lui – afferma - sapeva parlare alle persone di tutti gli strati sociali e ci invitava sempre ad accogliere tutti quelli che si rivolgevano alla Chiesa. Padre Selvakumar elogia il lavoro di mons. Marampudi, che nei suoi 10 anni di apostolato ha saputo rinnovare la vita spirituale delle parrocchie, costruendo scuole superiori e restaurando diverse chiese. (R.P.)
Terra Santa: il Patriarcato latino istituisce la Missione per i cattolici indiani
◊ Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, ha eretto in questi giorni, la Missione per i migranti cattolici indiani che vivono nei territori del Patriarcato. Si tratta di una comunità di circa 2000 fedeli residenti principalmente nelle città di Tel Aviv, Herzliya, Rameh, Tiberia e Haifa, dove svolgono in gran parte il lavoro di badanti. Secondo quanto riferisce lo stesso Patriarcato, fino ad ora essi potevano partecipare alla messa ogni sabato nella chiesa di sant’Antonio a Giaffa, al Santo Sepolcro, presso la chiesa di san Salvatore di Gerusalemme e nella chiesa di san Giuseppe a Haifa. Ora, con la nomina di un padre cappellano e di due suoi coadiutori, tutti e tre padri francescani provenienti dall’India, la vita ecclesiale dei fedeli indiani sarà più curata ed organizzata. La nuova Missione con cura d’anime per i cattolici indiani si aggiunge alle parrocchie personali, cappellanie e comunità di migranti già presenti in Terra Santa: per i fedeli di lingua inglese, tedesca, francese, per la comunità africana, austriaca, filippina, polacca, romena. (R.P.)
Sri Lanka: il cardinale Cañizares Llovera ha aperto l'Anno dell'Eucaristia
◊ L’arcidiocesi di Colombo, nello Sri Lanka, ha lanciato ieri l’Anno dell’Eucaristia con una solenne celebrazione eucaristica presso il Santuario nazionale di Nostra Signora di Lanka a Tewatte. Ha presieduto la liturgia il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. A sintetizzare la finalità dell’ “Anno” è il tema al centro dell’iniziativa: “Che l’Eucaristia possa trasformarti, così da essere una benedizione”. L’arcidiocesi e tutti i suoi fedeli sono dunque chiamati ad intraprendere un cammino di riflessione sul tema del mistero vivificante dell’Eucaristia, che possa produrre un autentico rinnovamento a livello personale e comunitario. Sacerdoti, religiose e religiose sono stati inviatati a partecipare al lancio dell’Anno” e a preparare le celebrazione inaugurale con un triduo di preghiera e di penitenza, dal 25 al 28 agosto scorsi. Nel quadro delle manifestazioni programmate nell’arco dell’ “Anno”, un Convegno sulla Sacra Liturgia si terrà dal 1° al 3 settembre presso l’Università San Tommaso d’Aquino in Colombo, al quale farà seguito il lancio dell’ “Anno” nelle parrocchie (5 settembre) e nelle scuole cattoliche (9 settembre). L’iniziativa si concluderà il 28 agosto 2011 nello stesso Santuario mariano di Tewatte, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna. (A cura di Marina Vitalini)
I vescovi dello Sri Lanka chiedono al presidente di aiutare gli sfollati della guerra
◊ Una delegazione della Conferenza episcopale dello Sri Lanka (Cbcsl) ha incontrato il presidente Mahinda Rajapaksa lo scorso 22 agosto, per parlare della situazione nel nord e nell’est del Paese. Secondo quanto dichiarato ad AsiaNews da padre Leopold Rathnasekara, vice-segretario generale della Cbcsl, i vescovi hanno chiesto di procurare una nuova casa agli sfollati della guerra civile e dello tsunami. Hanno anche domandato di far tornare alle proprie abitazioni gli Idp (Internally Displaced Person), le persone rinchiuse nei campi di rieducazione dalla fine della guerra civile tra governo e Tigri tamil (Ltte), nel maggio 2009. I vescovi, guidati da mons. Malcolm Ranjith, presidente della Cbcsl, hanno chiesto a Rajapaksa di “far ritornare gli Idp alle loro case; facilitare i loro mezzi di sussistenza, come pesca e agricoltura; demilitarizzare velocemente i villaggi e abolire le High Security Zones; infine, impedire ai militari di occupare le terre dei civili”. I vescovi hanno offerto l’intervento della Chiesa e invitato Rajapaksa a permettere anche alle Ong di affiancare il governo nel soccorso degli sfollati. Infine, per assicurarsi che gli aiuti vengano davvero effettuati, la delegazione ha chiesto di formare una Commissione consultiva interreligiosa, guidata da un ministro, per monitorare l’andamento dei lavori. Nei campi Idp, sono state rinchiuse più di 300mila persone nel 2009. I vescovi si sono congratulati con il presidente dello Sri Lanka per aver re-insediato 250mila persone in appena un anno. Secondo dati forniti dall’Onu, nei campi vi sarebbero ancora 77mila persone. (R.P.)
Malaysia: nuova diga idroelettrica lascerà 1400 famiglie, in prevalenza cristiane, senza casa
◊ Gli abitanti dei villaggi della valle di Kaiduan, Sabah, nella parte nord dell’isola del Borneo, in Malaysia, protestano contro la costruzione di una diga idroelettrica che causerà lo sfollamento di 1400 famiglie. La diga Kaiduan, che verrà eretta nella foresta e che procurerà acqua ed elettricità alla capitale Kota Kinabalu, costerà 700 milioni e la distruzione di fattorie, cliniche, scuole, chiese e cimiteri della zona. Gli abitanti dei villaggi, in prevalenza cristiani, - riferisce l'agenzia AsiaNews - già in giugno hanno cercato di bloccare i lavori costruendo una barriera e una croce alta due metri nel luogo dove verrà realizzata la diga. “Siamo del tutto contrari a questo progetto e continueremo a difendere i nostri diritti” ha dichiarato John Sobitang, capo di un villaggio. La prospettiva di cambiare casa e terra è ancora più dolorosa per le famiglie che vivono nella foresta, perché negli ultimi anni hanno costruito a proprie spese le infrastrutture necessarie per collegare le loro case al mondo esterno. Gli abitanti godono di elettricità, luce, televisione e internet grazie a una micro-turbina idroelettrica installata nel fiume. Il governo respinge però le critiche degli abitanti e ribadisce la necessità della diga, perché le scorte d’acqua non bastano a soddisfare la domanda che si avrà dopo il 2010. “Il mio ministero - ha dichiarato Datuk Seri Joseph Pairin Kitingan, ministro dello sviluppo - è pronto a monitorare l’andamento del progetto e ad assicurarsi che gli effetti negativi della diga verranno ridotti al minimo”. “Il progetto - ha continuato - porterà vantaggi alla gente e gli abitanti danneggiati dalla costruzione della diga saranno compensati con terre, case e comodità primarie”. (R.P.)
Filippine: organizzazioni cattoliche premono per leggi pro-vita
◊ Gruppi cattolici che difendono il valore della vita umana hanno lanciato una campagna di mobilitazione e di pressione sui membri del Congresso filippino per far approvare due importanti documenti che promuovono il valore della vita umana. Come si afferma in una nota inviata all’agenzia Fides, si tratta del “Citizen Protection Act” and “Protection of the Unborn Child Act 2010”, l’uno riguardante la protezione dei diritti dei cittadini e l’altro focalizzato sulla difesa dei bambini non nati. Il primo documento puntualizza la difesa di ogni cittadino contro forme di ingiustizia, violazione di diritti umani, tortura o abuso di potere da parte dei corpi militari, sottolineando il “diritto alla vita in ogni attività umana”, e chiedendo uno stretto controllo sul rilascio del porto d’armi, nonchè “il rispetto della vita nelle attività professionali e sociali”. Il secondo provvedimento punta l’attenzione sull’aborto e chiede l’assoluto rispetto della vita umana nascente da parte delle strutture mediche pubbliche e private e da parte del personale medico. I due provvedimenti, si afferma, sono appoggiati dalla Chiesa cattolica filippina e, secondo gli attivisti, costituiranno un banco di prova per gli orientamenti del governo del neo presidente Aquino. (R.P.)
Cina: nella comunità di Xi Ning impartito il battesimo a cinque catecumeni tibetani
◊ Oltre 700 fedeli della comunità cattolica della diocesi di Xi Ning, della provincia di Qing Hai, hanno partecipato al primo battesimo in forma comunitaria di 5 catecumeni tibetani che è stato celebrato dopo l’apertura della comunità, avvenuta nella solennità dell’Assunzione, il 15 agosto scorso. Il parroco don Li Dong Sheng, - riferisce l'agenzia Fides - che è stato anche il catechista di questi catecumeni tibetani, ha sottolineato che “il primo battesimo comunitario di catecumeni tibetani dopo l’apertura della nostra comunità assume un significativo particolare, che darà un grande impulso allo sviluppo della nostra piccola comunità”. Così nel villaggio di Tu Guan Gou, che conta circa 400 tibetani, ci sono già ben nove neo battezzati tibetani. Ora diversi catecumeni stanno studiando il Catechismo della Chiesa Cattolica grazie alla cura pastorale di don Li, seguiti dai catechesti laici ed anche dai neo battezzati. La diocesi di Xi Ning, nella provincia di Qing Hai, nel 1937 era Prefettura Apostolica gestita dai missionari Verbiti. Oggi la comunità conta più di 3.000 fedeli, 6 sacerdoti, 17 religiose, 3 chiese e 19 stazioni missionarie. (R.P.)
Australia: il vescovo di Wollongong invita alla tolleranza verso i rifugiati
◊ Il vescovo di Wollongong, mons. Peter Ingham, ha celebrato, presso la sua diocesi, la Domenica per i Rifugiati ed i Migranti (Refugee and Migrant Sunday) invitando tutti all'apertura ed alla tolleranza verso i nuovi arrivi. "In questa giornata vogliamo ricordare i tanti migranti e rifugiati in cerca di una nuova casa in Australia, e riflettere su come poter meglio rispondere alle loro necessità", si legge in una nota del vescovo al quotidiano locale, Illawarra Mercury, ripresa dall'agenzia Fides. "Terrorismo, razzismo o recessione economica possono essere tutte addotte come motivazioni per rifiutare i nuovi arrivati” ha affermato mons. Ingham. "Questo atteggiamento alimenta sfiducia ed è contrario allo spirito australiano e al nostro patrimonio cristiano che fondamentalmente si basa sulla cura della persona umana, in qualunque circostanza. Faccio appello ad un approccio politico bipartitico verso i rifugiati colpiti da situazioni traumatiche, in fuga da conflitti e persecuzioni." (R.P.)
Gmg di Madrid 2011. Mons. Cesar Franco ai giovani: Cristo non smette di cercarvi
◊ “In ogni Gmg viene meno il mito che i giovani non vogliono saperne di Cristo né della Chiesa”. Lo ha detto mons. César Franco, vescovo ausiliare di Madrid e coordinatore generale della Giornata Mondiale della Gioventù 2011, in una intervista resa nota dall’Ufficio comunicazioni sociali della Gmg di Madrid, a meno di un anno dalla celebrazione dell’evento. Per il presule – riferisce l’agenzia Sir - “ci sono molti motivi per partecipare alla Gmg. Direi a un giovane che con la sua presenza la Chiesa è più giovane e lui ‘più Chiesa’. L'incoraggerei a partecipare affinché vivesse in pienezza il fatto di essere ‘cattolico’, universale. Se è credente, l'inviterei a condividere la sua fede e la sua vita con gli altri; se è credente a metà, per partire di qui più fortificato; se crede poco, perché sono sicuro che Cristo passerà vicino a lui, lo guarderà, l'amerà e aumenterà la sua fede. E se non crede, affinché apra la porta a Cristo che non smette di cercarci”. Che impatto avrà la Gmg sulla Chiesa spagnola? Mons. Franco, pur dichiarando di “non essere un profeta”, crede che la Chiesa in Spagna “uscirà fortificata ed animata dalla testimonianza dei giovani che, nonostante le difficoltà ambientali, seguono Cristo, si fidano di lui e cercano di essergli fedeli. In tutti i posti dove si è celebrata la Giornata Mondiale della Gioventù, la Chiesa ha recuperato fiducia in se stessa”. Alla Gmg “ogni paese apporta la sua propria ricchezza, la sua storia, la sua tradizione. La fede è una, indubbiamente, ma ogni popolo apporta alla fede la propria particolarità, il suo proprio vissuto. In Spagna, per esempio, la Settimana Santa si vive” anche “per strada, con le processioni. Abbiamo un bel patrimonio artistico”, come i cosiddetti “passi” (gruppi scultorei con i momenti della passione di Cristo), che “vogliamo mostrare nella grande Via Crucis che presiederà il Papa. La Spagna è anche un Paese di ricca tradizione eucaristica e mariana. Nella Veglia dei giovani, sarà mostrata l'Eucaristia nella custodia di Arfe” messa a disposizione dalla diocesi di Toledo. Sono esempi che mostrano come la Spagna sia “una nazione di ricca e feconda tradizione cattolica dalle origini del cristianesimo”. Secondo mons. Franco le Gmg “lasciano nei posti dove si celebrano ‘il buon odore di Cristo’. È un'esperienza comune che la gente, anche chi non crede, rimane colpita per l'allegria dei giovani, per il loro buon modo di agire”. Le diffidenze iniziali “spariscono presto e cedono il passo a una simpatia generalizzata”. I giovani vengono “come pellegrini alla ricerca” di “Dio, Cristo, la vita eterna”. E “questo è l'impatto che mi piacerebbe che lasciassero i giovani a Madrid, quello di una gioventù che cammina verso Dio lasciando al suo passaggio il buon odore di Cristo”. (R.G.)
Vertice Onu sulla salute a Melbourne in Australia: presenti 300 Ong di 70 Paesi
◊ Si è aperta ieri sera a Melbourne, con una cerimonia aborigena di benvenuto, la 63/ma Conferenza delle Organizzazioni non governative convocata dall'Onu sul tema “Far avanzare la salute globale”, a cui partecipano oltre 1400 delegati di 300 Ong di 70 Paesi, che lavorano con le Nazioni unite. Scopo della Conferenza è di esplorare le sfide che restano da affrontare per raggiungere i cosiddetti Obiettivi di sviluppo del Millennio, al fine di migliorare le condizioni di salute della popolazione mondiale, in particolare delle madri e dei neonati, e per progredire prevenzione dell'Hiv-Aids. La conferenza, che arriva in una fase critica, in cui gli obiettivi del millennio si sono allontanati a causa della crisi finanziaria globale, servirà di preparazione al Vertice di leader mondiali convocato dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon in settembre, per discutere i modi di recuperare il ritardo nella tabella di marcia, fissata nell’agenda del Millennio. In un messaggio video ai delegati, Ban Ki-moon esorta a fare di più per ''mantenere la promessa'' di salvare le vite di donne e bambini, l'area d’intervento - ha stimatizzato - in cui si è rimasti più indietro rispetto agli obiettivi. (R.G.)
Anniversario della strage di Beslan: nel cortile della scuola sarà eretta una chiesa ortodossa
◊ Una croce commemorativa, in attesa della costruzione di una chiesa ortodossa, sarà posta nel cortile della scuola di Beslan il prossimo 2 settembre, sesto anniversario della strage di innocenti nel Nord Ossezia. Il programma delle commemorazioni - di cui riferisce l'agenzia AsiaNews - prevede anche un concerto in requiem,
“La memoria del cuore”, organizzato dal comitato delle “Madri di Beslan”. Tutto inizierà il primo settembre alle 9.15 di mattina: il suono della campanella scolastica e quello delle campane della chiesa richiameranno il primo colpo sparato dai terroristi nel sequestro delle classi nel primo giorno dell’anno scolastico. Parenti, amici e ogni persona che vorrà, depositeranno fiori e candele sulle rovine dell’edificio. Fino al 3 settembre - giorno dell’assalto delle forze speciali russe alla scuola, finito in bagno di sangue - una musica senza interruzioni verrà diffusa da quello che resta della scuola. I circa 1200 ostaggi ammassati nella palestra imbottita di esplosivo, rimasero tre giorni, senza bere, mangiare o poter andare in bagno. Il commando terroristico, composto da ceceni e ingusci, chiedeva l’indipendenza della Cecenia. Secondo le stime ufficiali, i morti furono 331, tra i quali 186 bambini. Circa 720 i feriti, di cui 135 rimasti invalidi. (R.G.)
A Pietrelcina convegno sul sacerdozio nella Chiesa sull'esempio di san Pio
◊ “Il sacerdozio nella Chiesa tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio comunitario: l’esempio di Padre Pio”. È il tema del convegno organizzato a Pietrelcina, il 6 e 7 settembre, dal comitato per il centenario dell’ordinazione sacerdotale di san Pio. Il 6 settembre - riferisce l'agenzia Sir - interverranno padre Ildebrando Scicolone, benedettino, docente di Sacra liturgia presso il Pontificio Istituto liturgico dell’Ateneo “Sant’Anselmo” di Roma, mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, mons. Michele Castoro, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, direttore generale della “Associazione internazionale dei gruppi di preghiera di Padre Pio”. Il 7 settembre il programma prevede gli interventi di Cettina Militello, direttrice della cattedra “Donna e cristianesimo” alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum, e padre Luciano Lotti, direttore della rivista scientifica “Studi su Padre Pio”. Il convegno terminerà con la processione per la “via del rosario” e la santa messa in ricordo delle prime stimmate di Padre Pio, ricevute a Pietrelcina, nella contrada di Piana Romana, il 7 settembre 1910. La processione inizierà alle ore 17 e alle 18.30 a Piana Romana ci sarà la solenne concelebrazione presieduta da padre Francesco Colacelli, ministro della Provincia dei frati minori cappuccini di Sant’Angelo e Padre Pio. (R.P.)
Hong Kong: seminario per i giovani sul valore del matrimonio cristiano
◊ “La sfida del matrimonio”. E’ il titolo del seminario organizzato dalla Commissione di Pastorale Giovanile della diocesi di Hong Kong che si terrà il prossimo 5 settembre. L’obiettivo è di consolidare il valore del matrimonio cattolico e la vocazione matrimoniale. Il bollettino diocesano in versione cinese precisa che il seminario è destinato ai capi gruppo delle Associazioni giovanili, ai catechisti e agli operatori pastorali. L’iniziativa intende aiutare i giovani a conoscere meglio il sacramento del matrimonio e a condividere questa occasione di formazione cristiana all’amore e alla vita. La Commissione di Pastorale Giovanile – rende noto l’agenzia Fides - ha promosso il seminario dopo aver constatato l’urgenza della formazione al matrimonio cristiano. Don Martin Ip Po Lam, parroco della parrocchia del Santissimo Salvatore e direttore spirituale dell’Associazione degli Studenti Cattolici dell’Università di Ling Nan, sottolinea che “i giovani hanno bisogno di conoscere il valore del matrimonio tra un uomo e una donna promosso dalla Chiesa. E la Chiesa – conclude - ha il dovere di offrire tale riflessione e indicazioni precise. Quindi è molto importante intensificare l’impegno e la pastorale sulla vocazione matrimoniale”. (A.L.)
L’Africa e i media: Congresso mondiale della stampa cattolica in Burkina Faso
◊ Sarà l’Africa, e il ruolo della Chiesa e dei media nel continente, il tema centrale intorno a cui ruoterà il Congresso mondiale dell’Ucip, l’Unione internazionale della stampa cattolica, di cui riferisce l'agenzia Sir. Ad ospitare l'evento sarà infatti quest’anno, dal 12 al 19 settembre, la città di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. “I media al servizio della giustizia, della pace e del buon governo in un mondo di disuguaglianze e di povertà” è il titolo del Congresso, che vedrà riuniti giornalisti, studiosi ed esperti da tutto il mondo. “Un evento mondiale – spiega l’Ucip – per promuovere la libertà di espressione ed informazione e lo sviluppo di media liberi, indipendenti e pluralistici". Ma anche per “costruire capacità per un accesso universale all’informazione e alla conoscenza, per formare reti e messaggeri di pace” e “comprendere la Chiesa in Africa, i suoi impegni e prospettive". Il Congresso sarà preceduto, l’11 e 12 settembre, da una Convention mondiale dei giovani giornalisti cattolici. La mattina del 14 settembre è prevista l’apertura ufficiale. Interverranno numerose personalità e accademici del Burkina Faso. E’ prevista anche una visita alla sede della Conferenza episcopale ed una Messa solenne nel pomeriggio del 18 settembre. (R.G.)
Perù: una preghiera nel web a Santa Rosa da Lima dai fedeli di tutto il mondo
◊ L’arcidiocesi di Lima ha aperto un sito web per permettere di celebrare la festa di Santa Rosa de Lima a tutti i devoti che si trovano in qualsiasi luogo nel mondo. Nella nota inviata all’Agenzia Fides si legge che "in occasione della festa di Santa Rosa da Lima, l'arcidiocesi di Lima mette a disposizione del pubblico un sito web speciale in onore della Patrona delle Americhe, delle Indie e delle Filippine". Il sito - riferisce l'agenzia Fides - contiene informazioni biografiche, immagini, documenti, articoli, link e tutte le informazioni utili sulla vita della santa peruviana e sulla sua influenza nel mondo cattolico. Si possono anche trovare i testi delle preghiere e la novena in preparazione alla festa principale che si svolge oggi, 30 agosto, in tutto il Perù, sebbene il calendario liturgico universale la ricordi il 23 agosto. La vera novità di questo anno è l'apertura di una casella di posta virtuale: grupo_santarosa@hotmail.com dove i fedeli possono scrivere ed inviare le loro richieste e le loro intenzioni, che saranno depositate nel "pozzo dei desideri" che si trova nel Santuario di Santa Rosa da Lima. (R.P.)
Iran: prosegue la mobilitazione internazionale sul caso Sakineh
◊ C’è preoccupazione ma anche speranza nel mondo per la sorte di Sakineh Mohammadi Ashtiani, l’iraniana condannata a morte per adulterio e complicità nell’omicidio del marito, dopo che Teheran ha dichiarato di “non aver ancora preso alcuna decisione” sul caso. Prosegue, intanto, la mobilitazione internazionale. Condanna dal capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, che ha definito le esecuzioni con lapidazione come “pratiche di altri tempi”. Sulle ultime dichiarazioni della Repubblica islamica, Linda Giannattasio ha raccolto il commento di Riccardo Noury, portavoce di "Amnesty International Italia:
R. – Non c’è da essere molto tranquilli perché sono arrivate nel corso di queste settimane dichiarazioni di segno spesso contraddittorio. Prendiamo per buona questa cosa: sappiamo che Sakineh è ancora viva e che c’è possibilità di salvarla.
D. – Il suo è diventato un caso internazionale: quanto è importante, quindi, che il mondo sappia perché questo tipo di condanne venga sospeso ed eventualmente annullato?
R. – È fondamentale che il mondo sappia e ancora più fondamentale che l’Iran sappia che il mondo sa. Tante vite sono state salvate grazie alla mobilitazione di cittadine e cittadini. Ai governi dà fastidio che il mondo sappia e quando c’è molto 'non-governativo' che esercita pressioni, sembra quasi che questa azione sia più efficace.
D. – Qual è lo stato della pena di morte in Iran, in particolare per i casi di adulterio per cui è prevista la lapidazione? E qual è la situazione in altri Paesi?
R. – L’adulterio è un reato punibile con la pena capitale in diversi altri Paesi, anche se per fortuna sono rarissime le esecuzioni. Ci sono state lapidazioni fino a tre anni fa, nonostante in Iran fosse stata istituita una moratoria su questo tipo di esecuzioni. E poi ci sono Paesi di religione islamica che prevedono che l’adulterio sia un reato penale. L’Iran, insieme alla Cina, rappresenta la vera e propria emergenza internazionale in tema di pena di morte: dell’Iran sappiamo che sicuramente c’è, in media, più di un’esecuzione al giorno; si è intensificata la pena di morte anche per reati di opinione; c’è una donna giornalista che il 4 settembre potrebbe essere messa a morte per aver denunciato le violazioni dei diritti umani … Naturalmente, non è soltanto una "prerogativa" di questi Paesi che violano sistematicamente i diritti umani: la pena di morte è prevista e applicata anche in Paesi del G8: gli Stati Uniti, il Giappone … nonostante il suo uso sia sempre più ristretto e siano 140 Paesi che non la applicano più, nel mondo …
Pakistan: scende il livello dei fiumi dopo le inondazioni
Le autorità annunciano che in Pakistan il livello dei fiumi nella provincia meridionale dell'Indo sta lentamente scendendo. Ci vorranno almeno 10 giorni perché rientrino nei livelli normali e perché si possa avere un quadro chiaro del bilancio delle vittime che oggi è fermo a 1.600, senza tenere conto dei dispersi. L'emergenza continua per cercare di “salvare” i centri abitati che non sono ancora stati inondati. La situazione è ancora critica per la città storica di Thatta, un importante centro a est del porto di Karachi, ormai deserta dopo l'evacuazione di quasi tutti gli abitanti. In totale sono 6 milioni le persone che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni.
Nella capitale afghana, ucciso un funzionario del distretto di Nangarhar
All’esterno della sede del governatore della provincia afghana di Nangarhar che si trova nel cuore di Jalalabad, la capitale, si è fatto esplodere un attentatore suicida uccidendo il capo del distretto. Il governatore è rimasto illeso. L’attacco è avvenuto, nell’ora di punta mentre alcuni funzionari stavano entrando nell’edificio. Il governatore, Gul Agha Sherazi è stato in passato bersaglio di altri attacchi dei talebani. Il suo portavoce, Esmatullah, ha dichiarato che “è stato un attacco suicida”.
Fermento nel mondo politico israeliano per la prospettiva dei negoziati
Nell'imminenza della ripresa dei negoziati diretti con i palestinesi il premier Benyamin Netanyahu incontra oggi a Tel Aviv i membri del Likud in un clima di tensione dovuto alle pressanti richieste di chiarimenti avanzate da alcuni dirigenti del partito. L'occasione del convegno è di carattere festivo. "Si tratta di un incontro abituale alla vigilia del Capodanno ebraico (che inizia l'8 settembre, ndr)", ha spiegato un portavoce del Likud. Ma alcuni esponenti del partito - fra questi l'ex ministro Silvan Shalom e il deputato Dany Danon - si attendono oggi da Netanyahu alcune delucidazioni circa le modalità e gli obiettivi delle trattative.
Sudafrica: Zuma chiede ai ministri trattative contro lo sciopero
Il presidente sudafricano Jacob Zuma ha detto ai suoi ministri di avviare immediatamente le trattative per porre fine allo sciopero dei lavoratori del settore pubblico. Finora, il governo ha detto di non poter far fronte alle richieste per un aumento salariale che corrisponde al doppio dell'inflazione per porre fine allo sciopero di 1,3 milioni di lavoratori, entrato ormai nella terza settimana e che minaccia di estendersi. La protesta coinvolge insegnanti, infermieri e segretari e oltre alla chiusura di scuole, ha fermato il lavoro degli obitori con pesanti conseguenze. Il portavoce di Zuma ha detto che il presidente è particolarmente preoccupato.
In Sudan rapiti tre piloti russi, liberata l’operatrice americana rapita cento giorni fa
Tre piloti russi sono stati rapiti da un gruppo di uomini armati nel Darfur sudanese, precisamente a Nyala, capitale dello stato del Darfur del sud. L’inviato speciale del Cremlino in Sudan, Mikhail Margelov, ha specificato che gli uomini rapiti sono il capitano dell’elicottero e due membri dell’equipaggio, aggiungendo che l’elicottero stava trasportando cibo e altre forniture civili per la missione delle Nazioni Unite in Darfur. Sempre in Darfur questa mattina è stata invece liberata un’operatrice umanitaria americana rapita più di cento giorni fa. L’operatrice, che lavora per l’organizzazione “Samaritan’s Purse” nella travagliata regione del Sudan, sembra sia in buona salute.
Fallito attentato al presidente della Cecenia, uccisi 12 ribelli
All’alba di ieri, dodici ribelli islamici e due agenti delle forze di sicurezza sono morti in una sparatoria nel villaggio di Tsentoroi, in Cecenia, dove si trovava il presidente Ramzan Kadyron. Un commando di una trentina di insorti ha compiuto un’incursione al convoglio su cui viaggiava il presidente, in visita nella sua città natale. Kadyron è rimasto illeso dall’agguato, ma nella sparatoria sono rimasti feriti 17 civili. Negli ultimi tempi la guerriglia, non solo cecena, ha ripreso slancio; la settimana scorsa almeno 10 ribelli sono stati uccisi in alcuni scontri con le forze di sicurezza, cinque in Kabardino-Balkaria, dove sono morti due agenti russi.
Evacuate 34 mila persone a Sumatra per il vulcano Sinabung
Continua lo stato di grande allerta nel nord dell”isola di Sumatra, in Indonesia, dove, dopo 400 anni di inattività, il vulcano Sinabung è tornato ad eruttare. Almeno 34 mila le persone che, per sicurezza, sono state evacuate. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Le eruzioni del Sinabung sono di tipo esplosivo, cioè quasi senza colate laviche, ma con colonne di fumo grigio e cenere che si alzano in cielo per centinaia di metri dense di vapori bollenti che si riversano a valle distruggendo tutto ciò che incontrano. Dopo quella di ieri, stamani all’alba una nuova forte eruzione, con colonne di fumo alte 2000 metri. Confermata, dunque, l’evacuazione decisa dalle autorità di circa 34 mila abitanti delle zone limitrofe al vulcano, che sono stati ricoverati in centri di accoglienza allestiti per l’emergenza situati in zone più sicure. Vi dovranno rimanere sinché non sarà sceso il livello di allarme, un dato per ora non prevedibile: l’attività vulcanica potrebbe durare settimane e al momento non è possibile fare previsioni. La nube di fumo e cenere che si è levata nell’atmosfera ha causato l’interruzione di tutti i collegamenti aerei. La stessa situazione si era creata in Europa nei mesi scorsi, per l’eruzione del vulcano in Islanda. Vulcani del tipo del Sinabung sono il Vesuvio, in Italia, e il Pinatubo, nelle Filippine, la cui eruzione fu talmente violenta da avere per vari mesi sensibili ripercussioni sul clima terrestre.
Ucciso probabilmente dai narcotrafficanti il sindaco di Hidalgo in Messico
In Messico è stato ucciso da sconosciuti, probabilmente sicari dei narcotrafficanti, il sindaco di Hidalgo, piccola città di 25.000 abitanti nella regione di San Fernando: Leal Garcia, di 46 anni. Viaggiava con la figlioletta di 4 anni che è ora in gravi condizioni. Il suo predecessore era stato gravemente ferito in un attentato un anno fa. Hidalgo fa parte della stessa regione dove la scorsa settimana sono stati massacrati 72 emigranti clandestini. Per questo massacro, al confine con il Texas, è stato arrestato un uomo indicato quale leader del cartello del narcotraffico 'Los Zetas'.
28 immigrati irregolari giunti sulle coste salentine in yacht
Un gruppo di 28 immigrati è stato stato rintracciato a nord di Gallipoli dai militari della Capitaneria di porto - Guardia costiera di Gallipoli, impegnati in servizi di pattugliamento e perlustrazione della costa salentina. Gli immigrati (sono in corso accertamenti per stabilire la nazionalità) sono giunti nello Ionio a bordo di uno yacht, lungo 13 metri, che è stato sequestrato. Sono stati anche individuati ed arrestati i tre presunti scafisti.
Slovacchia: un drogato uccide sei persone e poi si suicida a Bratislava
Si è suicidato l'uomo che oggi ha aperto il fuoco con un mitra uccidendo sei persone e ferendone 20 in un quartiere della capitale slovacca Bratislava. Secondo quanto raccontano alcuni testimoni l'aggressore che, oltre al mitra era in possesso anche di un fucile a pallettoni, è apparso ubriaco e drogato. I soccorritori hanno confermato che fra i feriti c'è anche un bimbo di cinque anni. Tuttora ignoto il movente.
“Panel on global sustainability”: nuovo organismo Onu per lo sviluppo sostenibile
Far uscire i popoli dalla povertà rispettando e preservando i sistemi naturali e il clima. Questo è l’obiettivo di “Panel in global sustainability”, il nuovo organismo creato dall’Onu, che entro la fine del 2011 predisporrà proposte concrete di sviluppo sostenibile. L’organismo, come ha dichiarato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, è formato da 21 rappresentanti della società civile, organizzazioni politiche e imprenditoriali. A guidarla in partnership con il presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, è la presidente della Finlandia, Tarja Halonen. Il Panel è stato creato, per fare il punto della situazione climatica in vista della conferenza sui cambiamenti climatici dell’Unfcc del 2011 e della Conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro nel 2012. Dell’organismo fanno parte personalità politiche che rappresentano i punti più esposti e impegnati del mondo dal Giappone alla Corea, dagli Emirati al Messico, da numerosi partner europei alla Cina, dalla Russia agli Usa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Elisa Castellucci)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 242
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.