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Sommario del 25/08/2010
◊ Il Papa, durante l’udienza generale di stamani a Castel Gandolfo, ha lanciato un accorato appello per la fine delle violenze in Somalia. Nella catechesi ha esortato ad avere i Santi come compagni di viaggio nel cammino di fede ed è tornato a parlare di Sant’Agostino e di una delle sue caratteristiche fondamentali: la ricerca costante della Verità. Il servizio di Sergio Centofanti:
Il Papa ha rivolto il suo pensiero a Mogadiscio, da dove continuano a giungere notizie di efferate violenze e che ieri è stata teatro di una nuova strage:
“Sono vicino alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che, in Somalia, soffrono a causa dell'odio e dell'instabilità. Auspico che, con l'aiuto della comunità internazionale, non si risparmino sforzi per ristabilire il rispetto della vita e dei diritti umani”.
Nella catechesi, Benedetto XVI ha invitato i fedeli ad avere i Santi come “compagni di viaggio” nel cammino della vita cristiana. “Ognuno - ha affermato - dovrebbe avere qualche Santo che gli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e l’intercessione, ma anche per imitarlo”. Occorre perciò conoscere di più i Santi, a partire da quello di cui si porta il nome, leggendone la vita e gli scritti:
“Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di più il Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e cristiana. Come sapete, anch’io sono legato in modo speciale ad alcune figure di Santi: tra queste, oltre a san Giuseppe e san Benedetto dei quali porto il nome, e ad altri, c’è sant’Agostino, che ho avuto il grande dono di conoscere, per così dire, da vicino attraverso lo studio e la preghiera e che è diventato un buon ‘compagno di viaggio’ nella mia vita e nel mio ministero”.
Il Papa ricorda un aspetto importante dell’esperienza umana e cristiana di Sant’Agostino, ovvero “la ricerca inquieta e costante della Verità”. Una caratteristica – spiega - “attuale anche nella nostra epoca in cui sembra che il relativismo sia paradossalmente la ‘verità’ che deve guidare il pensiero, le scelte, i comportamenti”. Il Santo vescovo di Ippona – rileva - “è un uomo che non è mai vissuto con superficialità”, non ha cercato “pseudo-verità incapaci di dare pace duratura al cuore”, ma “quella Verità che dà senso all’esistenza ed è ‘la dimora’ in cui il cuore trova serenità e gioia”:
“Il suo, lo sappiamo, non è stato un cammino facile: ha pensato di incontrare la Verità nel prestigio, nella carriera, nel possesso delle cose, nelle voci che gli promettevano felicità immediata; ha commesso errori, ha attraversato tristezze, ha affrontato insuccessi, ma - e questo è importante - non si è mai fermato, non si è mai accontentato di ciò che gli dava solamente un barlume di luce; ha saputo guardare nell’intimo di se stesso e si è accorto, come scrive nelle Confessioni, che quella Verità, quel Dio che cercava con le sue forze era più intimo a sé di se stesso, gli era stato sempre accanto, non lo aveva mai abbandonato, era in attesa di poter entrare in modo definitivo nella sua vita”.
“Sant’Agostino – ha proseguito il Papa - ha capito, nella sua inquieta ricerca, che non è lui ad aver trovato la Verità, ma la Verità stessa, che è Dio, lo ha rincorso e lo ha trovato”. E in questo cammino verso la verità, per il Santo è fondamentale il silenzio: “le creature debbono tacere se deve subentrare il silenzio in cui Dio può parlare”. "Questo - ha osservato - è vero anche nel nostro tempo: a volte si ha una sorta di timore del silenzio, del raccoglimento, del pensare alle proprie azioni, al senso profondo della propria vita":
"Spesso si preferisce vivere solo l’attimo fuggente, illudendosi che porti felicità duratura; si preferisce vivere - perché sembra più facile - con superficialità, senza pensare; anzi, si ha paura di cercare la Verità o forse si ha paura che la Verità ci trovi, ci afferri e cambi la vita, come è avvenuto per sant’Agostino”.
Quindi, il Papa ha concluso la sua catechesi con questa esortazione:
“Cari fratelli e sorelle, vorrei dire a tutti, anche a chi è in un momento di difficoltà nel suo cammino di fede, o anche a chi partecipa poco alla vita della Chiesa o a chi vive ‘come se Dio non esistesse’, di non avere paura della Verità, di non interrompere mai il cammino verso di essa, di non cessare mai di ricercare la verità profonda su se stessi e sulle cose con l’occhio interiore del cuore. Dio non mancherà di donare Luce per far vedere e Calore per far sentire al cuore che ci ama e che desidera essere amato”.
◊ Quando un cristiano presta aiuto per un bisogno concreto, un'emergenza umanitaria, il suo sguardo non si ferma - o almeno non dovrebbe - solo alla contingenza più immediata, ma si prende cura anche della salute dell'anima. E' lo spirito della carità del Papa che il cardinale Paul Josef Cordes, presidente del dicastero di Cor Unum, ribadisce parlando della recente mobilitazione vaticana per il Pakistan. Il porporato ha parlato alla Radio Vaticana a margine del Meeting di Rimini, dove è stato intervistato dal nostro inviato, Luca Collodi:
R. – Noi abbiamo dato, nel nome del Papa, un aiuto alla Caritas. Si vede di nuovo che non basta l’aiuto materiale: si deve dare un messaggio. Per grazia di Dio, ci sono degli ambiti, a volte, nei quali l’aiuto materiale mostra la compassione, ma non può cambiare la situazione, non può far vivere i morti. Quindi, io penso che noi cristiani, con il nostro aiuto, dobbiamo avere presente questa dimensione trascendentale. Sono tante le fonti che fanno bene. Per me è importante sottolineare che in questo momento si debba mostrare - sia alle persone colpite, sia a quelli che offrono denaro - che con i soldi si può fare una piccola cosa, importante, ma che non bastano: ci vuole un messaggio che vada al di là della vita terrena.
D. – Eminenza, le Nazioni Unite hanno lamentato un certo egoismo da parte degli Stati nazionali nell'inviare aiuti umanitari alle popolazioni colpite. Lei cosa pensa?
R. – Io penso che la gente sia molto generosa. Certamente, quelli che governano i popoli, avendo sempre di fronte molta miseria e pensando alla propria popolazione, non sempre sono così generosi. Per questo gli appelli sono importanti. D’altra parte, se pensiamo allo tsunami, alle grandi catastrofi, se pensiamo a questo, la gente si rivela molto generosa. Io non conto tanto sull’aiuto degli Stati, conto sull’aiuto delle agenzie di solidarietà e anche delle agenzie cattoliche. Tramite queste agenzie, passano le offerte della popolazione che è sensibile e generosa. Io ho molta fiducia nella sensibilità degli uomini e delle donne di oggi. Noi del dicastero pontificio di Cor Unum mettiamo di fronte ai nostri cristiani il grande compito di non ridurre l’aiuto all’aiuto materiale. Adesso faremo un grande ritiro a Częstochowa per tutti i responsabili della Caritas europea - sono già 300 gli iscritti - per far vivere quello che il Papa ha detto nell’Enciclica Deus Caritas est: che la carità dell’uomo nasce dall’amore di Dio e che noi cristiani dobbiamo vivere questo, esserne convinti ed anche parlarne. Mi sembra questo il grande compito del nostro dicastero Cor Unum. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ I santi come Agostino compagni di viaggio del cristiano: all’udienza generale il Papa invita a non avere paura della verità.
In rilievo, nell’informazione internazionale, l’economia: crolla il mercato immobiliare negli Stati Uniti.
Un plebiscito di tutti i giorni: in cultura, su unità nazionale e unità morale degli italiani la prolusione di Francesco Paolo Casavola all’undicesimo corso dei Simposi Rosminiani sul tema “Antonio Rosmini e il problema storico dell’Unità d’Italia”. Con un articolo di Pier Paolo Ottonello su una nuova biografia di Rosmini.
Il gesuita che convertì Shakespeare: Enrico Reggiani su Gerard Manley Hopkins e la sua interpretazione del Bardo.
Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Un respiro regalato con la magia di un clic”: la natura in mostra al Policlinico Tor Vergata di Roma.
L’immagine negata: Anna Foa sull’arte figurativa, al centro dell’undicesima Giornata europea della cultura ebraica.
Nell’informazione religiosa, i cent’anni dalla nascita di Madre Teresa di Calcutta.
◊ Al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, giunto alla quarta giornata di questa sua edizione 2010, la mattinata di oggi è stata contrassegnata dai temi dell’immigrazione e dell’integrazione, dal confronto sul bene della scienza e sul prossimo Expò del 2015. Ieri, a suscitare attenzione, è stata la riflessione dell’arcivescovo di Dublino e primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, dedicata alla figura del cardinale Newman, prossimo a essere proclamato Beato dal Papa. Da Rimini, ci riferisce il nostro inviato, Luca Collodi:
Anglicano, convertitosi al cattolicesimo nel 1845, Newman fu teologo, letterato e filosofo. Una figura importante sul piano della testimonianza cristiana nella società britannica e irlandese del XIX secolo, ostile alla fede e che, in parte, ricorda l’attuale. La Chiesa irlandese, ha sottolineato al Meeting di Rimini il Primate d’Irlanda, mons. Diarmuid Martin, attraversa infatti un periodo difficile a causa dello scandalo degli abusi sessuali commessi da alcuni preti su minori. “Allora come oggi è urgente che la Chiesa torni a cercare uno spazio nell’ambito culturale che non ha”. L’Irlanda è oggi fortemente laicizzata con il rischio di ridurre la fede ad una semplice “religione civica”, che “ognuno si costruisce da solo” prendendo ciò che interessa di più del messaggio cristiano. “Newman ha sottolineato che la fede non è una semplice adesione intellettuale, ma comporta dei rischi personali per cambiare il corso delle cose”. Rischi che l’uomo di oggi non è più disposto a correre.
“L’Irlanda – ha detto mons. Martin – ha bisogno di uomini che sappiano, come Newman, confrontarsi con la modernità partendo da una fede salda. La Chiesa irlandese non ha bisogno di riforme organizzative, ma di una fede che sfidi la modernità”. “A volte – ha concluso il Primate d’Irlanda, ci sono le crisi – i dubbi, che sembrano non portare da nessuna parte, ma il desiderio vero di Dio ci porta una luce inaspettata che è la certezza di una fede fondata sulla ragione”. Resta, tuttavia, il rischio di una gran parte della popolazione, anche cattolica, che continua a non capire la vastità del cambiamento culturale in atto con inevitabili ripercussioni negative nella vita quotidiana.
◊ “Esperienze che educano”: è il titolo di una delle numerose tavole rotonde che hanno caratterizzato questi primi giorni di lavoro al Meeting di Rimini. Tra i relatori, anche il reverendo Joshua DuBois, Consigliere per gli affari religiosi del presidente statunitense, Barack Obama, che si è soffermato sull’importanza della famiglia e dell’educazione per sconfiggere la povertà e l’emarginazione. A Dubois, la collega della nostra redazione inglese, Emer McCarthy, ha chiesto di raccontare come sia nato il suo impegno al fianco del presidente Obama:
R. - The first time ever…
La prima volta in assoluto in cui ho sentito parlare il presidente è stato nel discorso del 2004, in occasione della Convention nazionale dei democratici per le presidenziali. In quel discorso aveva parlato del Dio “strepitoso” che tutti adoriamo nel nostro Paese. La sua fede cristiana è profonda come anche il suo impegno per una responsabile collaborazione tra fede e vita pubblica.
D. - Lei è a Rimini per parlare di questioni riguardanti esperienze che educano. Cosa ha da dire alle persone che stanno partecipando al Meeting?
R. - There’s no more fundamental crisis we’re facing…
La crisi più grave da affrontare in questo momento è il divario nell’istruzione, specialmente tra ricchi e poveri, ed è in questo ambito che dobbiamo unire le nostre forze, al di là dei confini nazionali. Ho anche parlato del ruolo dei genitori nell’educazione: sono loro, infatti, che spesso conoscono meglio i loro figli e noi dobbiamo fornire loro i mezzi per orientare la formazione e l’educazione dei loro figli. Infine, ho parlato del ruolo delle organizzazioni religiose, che si occupano d’istruzione, sia durante l’orario scolastico che nel dopo-scuola. Certamente, la Chiesa cattolica svolge un lavoro enorme, per rispondere ai bisogni dei più svantaggiati nel sistema educativo. Quindi, ho tessuto le lodi di questo impegno e ho illustrato come possiamo rafforzare il ruolo delle organizzazioni basate sulla fede nel campo dell’istruzione.
D. - Una delle iniziative dell’amministrazione Obama è stata una campagna focalizzata sulla famiglia, soprattutto su famiglie che si trovano nel bisogno …
R. - That’s exactly right…
Sì, è vero. C’è una sfida particolare che stiamo affrontando negli Stati Uniti che riguarda la “paternità”. C’è un tasso estremamente alto, in alcune comunità, di padri assenti dalle famiglie e di madri che se la devono cavare da sole. Il presidente ha ripetuto spesso che pur tra le molte responsabilità come presidente, la più importante è quella di padre delle sue due figlie, e di marito. Per questo, egli vuole affrontare questo argomento della “paternità” per incoraggiare i padri ad impegnarsi attivamente nella vita dei loro figli. Ecco, questa è una delle sue priorità ed è una questione alla quale si dedica molto.
D. - Ma perché coinvolgere i gruppi di fede?
R. - Because they are so essential…
Perché sono veramente essenziali nella formazione delle famiglie. Non c’è nessuna istituzione che porti le famiglie a stare insieme con più spirito e profondità della Chiesa. Per questo, Obama chiede alla Chiesa un impegno ancora maggiore in questa opera di consolidamento della famiglia.
D. - Un’altra sfida da affrontare tra i leader delle varie fedi negli Stati Uniti, in particolare i leader musulmani e cristiani, è la controversia sulla moschea a New York vicino a Ground Zero. Quanto è importante l’educazione anche in questo contesto?
R. - I think civility is critically important…
Io penso che l’educazione civica rivesta un’importanza fondamentale, come anche il bisogno di comprensione e di rispetto interreligioso. Direi che in tutto il nostro Paese ci sia un vero rispetto per le differenze religiose. A volte, incentrarsi sui conflitti rende la storia più interessante, ma viaggiando nel Paese si nota che in realtà la grande maggioranza degli americani rispetta profondamente le differenze religiose. Ovviamente, possono esserci dibattiti accesi, così come adesso, ma alla fine riusciamo sempre ad accordarci sui principi fondamentali. E penso veramente che il focus al Meeting di Rimini sia quello di interrogarsi sulle domande fondamentali: quali sono le cose più importanti nella vita? Quali sono le cose che, giorno dopo giorno, ci inducono ad essere le persone che Dio vuole che noi siamo? Siamo molto interessati a continuare il dialogo a questo livello. Il presidente è impegnato personalmente in una forte collaborazione con la Chiesa.
Domani il mondo unito nel ricordo dei 100 anni dalla nascita di Madre Teresa di Calcutta
◊ A Calcutta ,si vive con grande emozione la vigilia del centenario della nascita di Madre Teresa. Domani, sono previste celebrazioni in tutto il mondo che uniranno donne e uomini senza distinzioni di fede, insieme nel ricordare la straordinaria vita della religiosa nata a Skopje, in Macedonia, il 26 agosto del 1910. Per una testimonianza su come si vive questa ricorrenza nella città che raccoglie le spoglie della Beata, Julie Duclos, del nostro programma francese, ha raggiunto a Calcutta il sacerdote indiano, Domenic Gomez:
R. – E’ in atto una grande preparazione, molto festosa… Un aspetto importante è che musulmani, indù e sikh, tutte le religioni si riuniscono, e questa è una grande cosa per la pace che, nello spirito di Madre Teresa, si riesce a vivere in questo frangente.
D. – Cosa rappresenta Madre Teresa, oggi, per gli indiani?
R. – Lo spirito dell’umanità. Per noi tutti, ricchi, poveri, fedeli di qualsiasi religione: tutti siamo uguali. Nel corso di questi festeggiamenti, tutto è gratuito e questo fa sì che anche i poveri possano partecipare; e per i disabili abbiamo organizzato degli autobus.
D. – La Chiesa cosa ha organizzato per celebrare questo anniversario?
R. – In tutte le Chiese si prega, e periodicamente si organizzano visite alla tomba di Madre Teresa. Preghiamo tanto, ci sono incontri di adorazione, nelle parrocchie vengono distribuiti biglietti di partecipazione in modo che tutti possano usufruire di ogni possibilità. Abbiamo stampato dei poster, volantini con la biografia di Madre Teresa, con le informazioni sulle celebrazioni che si svolgeranno e con le relative trasmissioni via radio e via televisione… La Chiesa è molto attiva.
D. – Al di là dell’aspetto religioso, dunque, si tratta proprio di una grande festa in onore di Madre Teresa…
R. – Tutte le religioni si incontrano, anche per contribuire all’organizzazione di questa festa. Ci sono tra di loro tanti volontari, vengono a titolo gratuito e questa è una bella cosa, perché è proprio come Madre Teresa è vissuta: ha sempre accolto tutti. Così, mettiamo lo spirito di Madre Teresa in ogni cosa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
◊ Il Parlamento universale della gioventù, costituito da giovani di 20 Paesi, ha presentato nei giorni scorsi alle Nazioni Unite la Magna Charta dei valori per edificare una nuova civiltà. Il Parlamento universale della gioventù è un progetto della Gioventù Idente, organizzazione internazionale senza fini di lucro aperta a tutti i giovani e fondata in Spagna nel 1975 da Fernando Rielo Pardal. Sulla struttura della Magna Charta e sui principi che la ispirano, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, Paolo Zordan, missionario e membro del comitato scientifico del Parlamento universale della gioventù:
R. - La Magna Charta è un documento che tocca 10 punti fondamentali della convivenza, come per esempio la persona, che non a caso è il primo punto. Il Parlamento propone una definizione della persona aperta alla trascendenza, poi tocca svariate altre tematiche come la politica, l’economia, l’ambiente, la società civile. L’ipotesi di lavoro da cui siamo partiti è Cristo come modello di persona, Cristo come modello di umanità.
D. - Promotore della Magna Charta è il Parlamento universale della gioventù. Di che tipo di Parlamento si tratta?
R. - Il Parlamento universale della gioventù nasce da un sogno di Fernando Rielo Pardal, fondatore dell’Istituto religioso dei Missionari Identes. Nel 1981, lui partecipò ad una conferenza alle Nazioni Unite e sognò in questo contesto, un’assemblea di giovani, una specie di Nazioni Unite della gioventù che proprio in forza dell’assenza di pregiudizi, di una purezza di intenzione, potesse riunirsi e far sentire la voce dei giovani illuminata dai valori e dalle sue aspirazioni più nobili.
D. - Aspirazioni nobili che riecheggiano in particolare in questi giorni. Lo scorso 12 agosto è stato inaugurato dall’Onu l’Anno internazionale dei Giovani, un’ulteriore occasione questa proprio per far ascoltare la voce dei giovani…
R. - Noi, per una circostanza anche provvidenziale, il giorno 13 abbiamo avuto la possibilità di svolgere una sessione del parlamento all’Onu e un compito importante è proprio quello di dare un contributo nel senso di un approfondimento del fondamento dei diritti umani. Si deve proporre Cristo come modello, anche in questo senso.
D. - Su quale modello fa leva la Magna Charta elaborata dai giovani?
R. - Il modello emerso dalla Charta Magna è quello della civiltà dell’amore. E’ un modello che punta, che aspira, che tende ad una comunione, una comunione tra generazioni. Una comunione che veramente impronti l’ambito economico della vita sociale, come pure l’ambito politico e l’ambito della tutela dell’ambiente. Quindi, sono tute proposte che i ragazzi hanno votato e hanno elaborato nel corso di questi giorni e che vanno in questa direzione.
D. - Una direzione, questa, anche profondamente legata alla Dottrina sociale della Chiesa?
R. - Il Parlamento universale della gioventù ha una dimensione e un’apertura universale ecumenica: è aperto ai giovani di qualsiasi credo e di qualsiasi razza. Però, ha come punto di riferimento e come modello la persona di Cristo e la Dottrina sociale della Chiesa è stata un punto di riferimento costante, una fonte di ispirazione, d’illuminazione per tutti i giovani che hanno lavorato al progetto.
◊ Ha preso il via ieri a Fabriano, in provincia di Ancona, la 61.ma Settimana liturgica nazionale sul tema: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Eucaristia e condivisione”. L’iniziativa, promossa dal Centro di azione liturgica, si pone di dare una risposta condivisa sull’aiuto della liturgia domenicale ai problemi quotidiani dell’economia, del lavoro, del disagio. Il servizio di Davide Dionisi:
Presentare l'Eucaristia come pane quotidiano nella condivisione. E’ questo l’obiettivo principale della 61.ma Settimana liturgica nazionale in corso da ieri a Fabriano. Il Convegno si inserisce nelle manifestazioni che la Chiesa italiana ha programmato in preparazione del 25.mo Congresso eucaristico nazionale, che verrà celebrato ad Ancona dal 4 all’11 settembre del prossimo anno. Ha aperto i lavori con la relazione introduttiva il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, mentre la chiusura, prevista per venerdì prossimo, sarà affidata al predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Sulla scelta del tema e sugli obiettivi dell’iniziativa ascoltiamo il vescovo di Fabriano-Matelica, mons. Giancarlo Vecerrica:
R. - Lo stesso Catechismo della Chiesa cattolica parla del pane quotidiano come la fiducia dei figli che attendono tutto dal loro Padre e quindi indica il pane della vita, indica il Corpo di Cristo. La Chiesa può dare il Corpo di Cristo, ma dare il Corpo di Cristo significa dare la sostanza e la bellezza alla vita quotidiana, dare cioè il senso del tutto. L’Eucarestia dona il pane della vita, dona Gesù, e donando Gesù dona tutte le possibili risposte alle domande inquietanti degli uomini, e su questo lavoreremo in questa Settimana liturgica.
D. - E’ forte la preoccupazione per il futuro dei giovani. La crisi economica e la piaga della disoccupazione rende difficile ogni loro progetto per il domani. In che modo questi temi trovano spazio nei dibattiti della Settimana liturgica nazionale?
R. - I giovani sono lontani dalla Chiesa, ma sono tesi a cercare il senso della vita. A Pasqua, ho posto la domanda ai giovani: “Chi è per te il prete?”. Ho ricevuto 580 risposte: l’80% è lontano dalla Chiesa, ma il 99% desidera una guida, un prete vicino, delle Messe che siano coinvolgenti. Questa non è una contraddizione, ma è un accorato appello, un’accorata domanda.
D. - Per quanto riguarda il problema della disoccupazione, quale risposte potrà dare la Settimana liturgica nazionale?
R. - Io mi auguro che la Settimana liturgica nazionale possa essere una risposta di coraggio e di speranza alla nostra gente. Per cercare speranze per il futuro occorre avere certezze, e la certezza che viene dall’esperienza cristiana, dalla presenza del Signore nella vita, mi fa dire che possiamo rispondere ai giovani, possiamo sostenere l’attesa, la speranza dei nostri lavoratori.
D. - Lei ha scritto nel messaggio di presentazione: "La liturgia è testimonianza pubblica; è vita; è vita umana toccata dal Mistero, e perciò cambiata…"
R. - Abbiamo bisogno di personalità forti, capaci di testimoniare che la vita è più grande di ciò che appare e questo lo impariamo proprio dall’Eucarestia. Il piccolo pane che ci è donato contiene la sostanza e la bellezza di tutta la vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Chiesa pakistana: giorno di preghiera e impegno con i musulmani per le alluvioni
◊ I cattolici del Pakistan hanno osservato ieri un giorno di preghiera per rinsaldare il loro impegno contro i danni causati dall’enorme alluvione che ha colpito il Paese. La giornata di preghiera, come l’organizzazione dell’emergenza, segue a pochi giorni dall’appello lanciato dalla Conferenza episcopale lo scorso 20 agosto. Mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad e direttore nazionale della Caritas, mette in luce che nella sua diocesi cristiani e musulmani stanno lavorando insieme per raccogliere fondi e aiuti. La lettera dei vescovi, - riferisce l'agenzia Fides - firmata da mons. Lawrence Saldhana, presidente della Conferenza episcopale, dà la misura del disastro: “Il nostro Paese – si dice – è di fronte al più grande disastro naturale della sua storia. L’enorme alluvione del potente fiume Indo ha portato morte e grande distruzione – oltre 15 milioni di persone sono state colpite e centinaia di migliaia di case sono state trascinate via dalle acque torrenziali. Noi siamo solidali con coloro che soffrono in questa tragedia nazionale. In questo momento critico di tragedia nazionale – continua – è nostro dovere cristiano stare fianco a fianco con musulmani e indù come fratelli e far fronte alla comune calamità con coraggio e determinazione. Noi, vostri capi religiosi vogliamo mobilitare le nostre limitate risorse facendo il possibile per alleviare le sofferenze di molti sfollati. Noi vescovi domandiamo a tutti i nostri membri a offrirsi e aiutare le persone colpite dall’alluvione con cibo cucinato o con razioni confezionate; provvedere tende o ripari e medicine contro il colera e altre malattie. Chiediamo ai nostri giovani di servire come volontari nei campi di rifugio”. Mons. Coutts afferma che per quanto riguarda i cristiani, le diocesi più colpite sono quelle di Hyderabad, Multan, Rawalpindi e Quetta, “ma – aggiunge – le piogge torrenziali hanno prodotto danni alla vita e alle persone in altre diocesi”. Ieri il vescovo ha presieduto ad un’adorazione eucaristica e una messa nella cattedrale di S. Pietro e Paolo a Faisalabad. Egli sottolinea che nella sua diocesi cristiani e musulmani stanno collaborando per raccogliere fondi e aiuti per i disastrati. Mons. Coutts ricorda che nella sua diocesi vi è la città di Gojra, dove un anno fa è avvenuto un massacro di cristiani. Jasmine Joseph, la direttrice della Caritas di Faisalabad, confessa che il compito davanti a tutta la popolazione del Pakistan è immenso. Sebbene la diocesi non è stata colpita in modo diretto dalle alluvioni, vi sono molti problemi: i raccolti sono andati distrutti e le case di molti poveri sono crollate. Jasmine racconta che la Caritas sta cercando di raggiungere il maggior numero di persone. Finora quelle aiutate sono in maggioranza musulmane. “In questo momento il problema non è la fede o la religione, ma l’aiuto alle persone più colpite”. Padre Khalid Rashid, vicario generale di Faisalabad e direttore della Commissione giovanile è impegnato a motivare i giovani a partecipare alla raccolta di fondi e alle operazioni di soccorso. (R.P.)
Denuncia dell’Onu: in Congo almeno 179 donne violentate da ribelli rwandesi
◊ Almeno 179 donne e ragazze hanno subito violenza sessuale da parte dei ribelli rwandesi a Luvungi, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). A lanciare l'allarme è l'International Medical Corps, agenzia umanitaria delle Nazioni Unite. I ribelli hutu della Forza democratica per la liberazione del Rwanda, che lo scorso 30 luglio hanno occupato il villaggio nell'est del Congo, avrebbero compiuto nei quattro giorni successivi stupri sistematici ai danni delle donne locali. "Quasi tutte le violenze denunciate sono state commesse da gruppi composti da due a sei uomini, spesso alla presenza dei figli o dei mariti delle donne", riporta l'agenzia Onu in un comunicato. "Molte di queste donne hanno dichiarato di aver subito violenza fisica prima di essere stuprate, e alcune di loro hanno denunciato violenze ai danni dei loro bambini, strappati con la forza dalle loro braccia". Le violenze hanno avuto luogo a soli 30 chilometri dalla base di una missione di pace delle Nazioni Unite. Al momento i volontari dell'International Medical Corps hanno preso in cura tutte le donne vittime delle violenze. Sul tragico episodio dello stupro di gruppo è intervenuta oggi anche l’Unicef lanciando per voce del suo direttore generale, Anthony Lake, “un appello per fermare subito l'uso della violenza sessuale come arma di guerra''. ''Gravi violazioni dei diritti umani, come lo stupro e la violenza sessuale - dichiara Lake - sono diventate endemiche nella Rdc”. L’Unicef riferisce che lo scorso anno circa 18 mila vittime di violenze sessuali nella Repubblica Democratica del Congo hanno cercato assistenza, di questi 11.855 hanno avuto bisogno di cure mediche d'urgenza. Ed “è probabile che molte più violenze non siano state denunciate''. ''Le sofferenze causate dalla violenza sessuale - prosegue Lake - vanno oltre il momento in cui avvengono. Molti superstiti portano cicatrici fisiche e psicologiche per il resto della loro vita. E la violenza sessuale ha anche un profondo impatto sulle famiglie, sulla comunità e sulla società, rafforzando una cultura della violenza. La violenza sessuale - ribadisce il direttore generale dell’Unicef - è un crimine internazionale e tutti i responsabili devono essere ritenuti pienamente perseguibili. L'impunità dalla punizione deve finire''. Per questo il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon, riferisce Lake ''ha chiesto al suo Rappresentante speciale per la violenza sessuale nei conflitti di seguire questi terribili episodi nella Rdc e di coordinare una risposta, compreso il supporto indispensabile e la cura per le ragazze e le donne che sono state colpite. L’Unicef sostiene questo sforzo - conclude Lake - ed è disposto a fare tutto il possibile''. (A cura di Roberta Gisotti)
◊ “Durante gli scontri tra nazionalisti irlandesi e unionisti filo-britannici in Irlanda del Nord, la Chiesa cattolica, insieme alle altre Chiese nord-irlandesi, ha sempre condannato il male della violenza. E’ pertanto scioccante che un prete possa essere stato sospettato di essere coinvolto in una tale violenza”. Con queste parole il cardinale Sean Brady, arcivescovo di Armagh e mons. Seamus Hegarty, vescovo di Derry, commentano il rapporto pubblicato ieri dall’Ombudsman della polizia dell’Irlanda del Nord (la Royal Ulster Constabulary – Ruc), circa il coinvolgimento di un prete cattolico, padre James Chesney, nella strage avvenuta il 31 luglio 1972 a Claudy nella contea di Londonderry. “L'attentato a Claudy – scrivono i due vescovi in una nota congiunta - è stato un crimine orrendo. Nel leggere il rapporto della polizia dell’Irlanda del Nord non possiamo perdere di vista il terribile costo umano di questa atrocità. Nove persone persero la vita, compresi bambini. Molti rimasero feriti. L'intera comunità di un piccolo paese rurale rimase traumatizzata da un terribile attacco contro persone innocenti. In una giornata come questa – proseguono i presuli - è importante ricordare il dolore sofferto da migliaia di persone” e “ci rendiamo conto che la pubblicazione ieri, della dichiarazione dell’Ombudsman farà tornare alla mente molti ricordi dolorosi e per questo vogliamo assicurare le nostre preghiere e sollecitudine in questo momento”. Qualche tempo dopo l’attentato, padre Chesney, morto nel 1980, fu interrogato dall'allora vescovo di Derry, Neil Farren, e poi dal successore mons. Edward Daly. In entrambi i casi il sacerdote negò qualsiasi coinvolgimento. Della vicenda fu informato anche il cardinale William Conway, allora arcivescovo di Armagh. Nel comunicato i due vescovi irlandesi assicurano che tutto “il materiale in possesso alla Chiesa cattolica è stato consegnato alla polizia”. E aggiungono: “Questo caso avrebbe dovuto essere oggetto di indagine e risolto quando padre Chesney era in vita. Se ci fossero state prove sufficienti per collegarlo ad attività criminali, avrebbe dovuto essere arrestato e interrogato al più presto, come chiunque altro. Siamo d'accordo con il mediatore della polizia che il fatto che questo non sia accaduto, ha offeso ancor di più coloro che sono stati uccisi, feriti e tutte le vittime degli attentati”. La nota assicura che “la Chiesa cattolica non ha tentato di insabbiare la vicenda” e che “le azioni del cardinale Conway e di ogni altra autorità ecclesiastica non hanno mai impedito la possibilità di un successivo arresto e interrogatorio di padre Chesney”. I due vescovi rivolgono quindi un appello “a chiunque abbia informazioni su questo orribile crimine a fornirle alle forze di Polizia dell'Irlanda del Nord. Solo con l’onestà e il coraggio – concludono - possiamo affrontare come comunità queste questioni dolorose e fare il possibile perché le terribili lezioni del passato siano di insegnamento e non si ripetano”. (A cura di Lisa Zengarini)
Il Gran Muftì di Turchia: la chiesa di San Paolo a Tarso sia luogo di culto e non museo
◊ La Chiesa di San Paolo a Tarso deve essere aperta come luogo di culto e non come museo. Questo il messaggio lanciato da Ali Bardakoglu, Gran Mufti di Turchia e capo della direzione per gli Affari religiosi, la più importante autorità religiosa del Paese della Mezzaluna, per il 95% musulmana. Le parole di Bardakoglu, riportate dal giornale Avvenire, arrivano a pochi giorni dalla celebrazione dell’Eucarestia il giorno dell'Assunta nel monastero greco-ortodosso di Sumela, a Trebisonda sul Mar Nero, che è stato luogo di culto per 88 anni e riaperto alla preghiera una volta l’anno. La chiesa di San Paolo, riferimento per i cristiani di tutto il mondo, è infatti attualmente adibita a museo. I fedeli possono celebrarvi la Messa, avvisando le autorità turche con un anticipo di tre giorni. “Trovo molto corretto che la chiesa di San Paolo a Tarso venga utilizzata come chiesa e non con la sua attuale destinazione di museo - ha sottolineato Bardakoglu - si tratta di un luogo consacrato ai cristiani, loro vogliono poter tener le loro celebrazioni religiose lì e non ci devono essere ragioni per proibirglielo”. L’Anno Paolino e il clima positivo creatosi fra le autorità turche e il compianto vicario apostolico dell’Anatolia, Luigi Padovese, sembravano aver posto le premesse per il cambio di destinazione dell’edificio, che sarebbe rimasto di proprietà turca, ma gestito dai cristiani. Il protrarsi dei colloqui e l’uccisione di Padovese hanno bloccato la situazione. Le dichiarazioni di Bardakoglu arrivano come un raggio di luce in un momento delicato per i cristiani poiché profondamente colpiti dalla morte del vicario apostolico. Bardakoglu ha poi esteso il discorso alla tolleranza fra fedi diverse. “Ci sentiamo disturbati – ha detto - quando sentiamo che in Europa vengono banditi i minareti. Dobbiamo proteggere la libertà di religione per prima cosa nei nostri territori”. Il Gran Mufti di Turchia è noto per la sua propensione al dialogo fra fedi. Nel 2006, durante la visita di Benedetto XVI in Turchia lo accompagnò a Santa Sofia e nella moschea di Sultanahmet, dove il Papa e il Gran Mufti pregarono fianco a fianco. Dal canto suo il nunzio apostolico in Turchia mons. Antonio Lucibello ha affermato che “plaudiamo a questa dichiarazione che apre prospettive importanti per il futuro della chiesa-museo di san Paolo a Tarso per la quale da tempo sia la Santa Sede che la Conferenza episcopale turca avevano inoltrato richiesta come luogo permanente di culto. Un’apertura importante - ha detto il nunzio - che speriamo possa concretizzarsi presto”. (E.C.)
Pellegrinaggio ecologico delle Chiese europee per "la custodia del Creato"
◊ Un pellegrinaggio “ecologico” per la “custodia del creato in Europa nel cuore dell’Europa” tra Esztergom (Ungheria) fino al santuario mariano di Mariazell (Austria) passando per Bratislava (Slovacchia). A compierlo saranno dal 1° al 5 settembre prossimo, in 5 tappe, i vescovi e delegati delle Conferenze episcopali d’Europa responsabili per la custodia del Creato. Nel corso del pellegrinaggio - riferisce l'agenzia Sir - i partecipanti rifletteranno attorno al tema indicato da Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2010: "Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato". E’ padre Duarte da Cunha, Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) che promuove l’iniziativa, a spiegarne gli scopi e le motivazioni: “La crisi ecologica – dice -, intesa come uso irrazionale e irresponsabile dei doni del creato, che oggi stiamo attraversando in Europa non è dissociata dall’attuale crisi morale del continente, ma l’una influisce sull’altra. Spesso il tema della custodia del creato è incentrato sugli aspetti scientifici, politici ed etici. Pensiamo - prosegue padre Duarte - che sia altresì centrale ricordare la visione spirituale, teologica e antropologica che vi è alla base di una vera attenzione per il creato che non sia legata a meri fini politici e/o economici. Non possiamo continuare ad affrontare il tema a segmenti. L’uomo è un tutt’uno!”. Il pellegrinaggio prenderà il via da Esztergom il 1° settembre dopo la celebrazione eucaristica e la benedizione del pellegrino da parte del cardinale Peter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccee. Successivamente (2 settembre) le acque del più grande fiume d’Europa, il Danubio, porteranno i delegati fino a Bratislava. Sarà l’occasione per riflettere sul tema dell'acqua e dell'energia (è prevista una visita alla fabbrica di biodiesel a Komarom). Al loro arrivo a Bratislava, i pellegrini saranno accolti dall’arcivescovo della città, mons. Stanislav Zvolenský, e dal suo sindaco, Andrej Durkovský. Venerdì 3 si rifletterà sulla formazione alla custodia del creato con una tavola rotonda che prevede la partecipazione del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e di Ján Figel, ministro slovacco per i lavori pubblici. Dopo il trasferimento in bus a St. Polten, Austria, è prevista in cattedrale una celebrazione ecumenica. Sabato 4, si proseguirà in treno da St. Pölten a Bürgeralpe, per percorrere poi a piedi gli ultimi chilometri del pellegrinaggio fino a Mariazell. A concludere il pellegrinaggio, domenica 5 settembre, la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, al termine della quale verrà reso pubblico in messaggio finale dei partecipanti. (R.P.)
Il Consiglio d’Europa condanna le espulsioni dei rom in Francia
◊ L'agenzia del Consiglio d'Europa contro l'intolleranza (Ecri) ha condannato le espulsioni di zingari rom da parte della Francia, giudicando che si tratti di una evoluzione particolarmente negativa. L'agenzia in un comunicato emesso a Strasburgo si è detta "profondamente preoccupata" per il trattamento riservato ai rom immigrati in Francia ed "esprime la sua delusione di fronte a questa evoluzione particolarmente negativa". L'Ecri deplora che "i rom siano considerati come i soli responsabili delle violazioni della regolamentazione europea in materia di libertà di circolazione". Per l'agenzia, politiche basate sulla discriminazione etnica "sono inammissibili e vanno contro agli obblighi giuridici che pesano sull'insieme dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa. (R.G.)
Inghilterra: un manuale tascabile sulla visita del Papa
◊ Dalla prossima settimana - riferisce l'agenzia Sir - saranno distribuite in tutte le parrocchie di Inghilterra, Scozia e Galles un milione di copie di un manuale dal titolo “Magnificat - liturgie ed eventi della visita apostolica di Papa Benedetto XVI al Regno Unito 16-19 settembre 2010”. L’ “handbook”, pubblicato dalla Conferenza episcopale del Regno Unito, contiene testi per aiutare i fedeli a seguire gli eventi pubblici e le celebrazioni in programma durante il viaggio del Santo Padre, nonché una serie di brevi articoli sul significato e l’importanza della visita. La Conferenza episcopale britannica spiega in un comunicato che il manuale in formato tascabile sarà “un compagno di viaggio per le liturgie papali”. Un milione di esemplari – aggiunge mons. Andrew Summersgill, coordinatore della visita papale - non è una cifra sufficiente per tutti coloro che frequentano regolarmente la Messa, ma è certamente sufficiente perché ogni famiglia ne abbia una copia. Servirà naturalmente anche ai fedeli che si recheranno a Bellahouston, ad Hyde Park, o a Cofton Park. Sarà anche utile per coloro che seguiranno il Papa da casa o negli incontri organizzato nella loro parrocchia”. (R.G.)
◊ "I benefici del dialogo fra cristiani, musulmani ed ebrei superano i rischi". E’ quanto ha affermato il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I, nel discorso – di cui riferisce l’Osservatore Romano - pronunciato nei giorni scorsi, in occasione della laurea honoris causa, conferitagli dall’Università cattolica “Giovanni Paolo II” di Lublino, in Polonia. Nella relazione intitolata “L’Imperativo del dialogo interreligioso nel mondo moderno”, il Patriarca ha sottolineato che il dialogo presenta dei rischi quando ci si avvicina ad un’altra cultura e ad un altro credo, ma se si aprono la mente e il cuore avviene qualcosa di sacro. “Quando la volontà di accogliere l’altro è autentica – ha osservato Bartolomeo I - scocca una scintilla mistica prende il sopravvento la realtà di qualcosa, o di Qualcuno, che è molto più grande di noi”. Dal 1977 il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, promuove un dialogo religioso con la comunità ebraica, dal 1986 è in dialogo interreligioso con la comunità islamica e dal 1994 organizza una serie di incontri internazionali per approfondire il dialogo con i cristiani ebrei e musulmani. Emblematica del dialogo è un’immagine che adorna l’ingresso degli uffici del Patriarcato ad Istanbul. Si tratta di un magnifico mosaico che ritrae Gennadios Scholarios, il primo Patriarca ecumenico, che riceve dal sultano Maometto il “firmano”, un documento legale, che garantisce il proseguimento e la tutela della Chiesa ortodossa per il periodo del dominio ottomano. (E.C.)
Terra Santa: rischia di chiudere a Betania una scuola materna a causa del muro di separazione
◊ I bambini che frequentano la scuola materna di Betania (Shayyah) a Gerusalemme, in Terra Santa, gestita dalle suore comboniane, non possono più recarvisi attraversando il portoncino nel muro di separazione adiacente. La decisione è stata presa dopo un incontro cui hanno partecipato il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, le religiose comboniane e l’autorità militare della zona che non considera sicuro il passaggio. Come riferisce il sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, il varco è stato usato durante lo scorso anno scolastico: 50 bambini di Aizaria (una località dietro il muro) avevano il permesso transitare due volte al giorno sotto la sorveglianza dell’esercito. La scuola dovrebbe riaprire i battenti in questi giorni, ma non è stato ancora stabilito in che modo i piccoli scolari possano giungervi. Dovrebbero affrontare un viaggio di 15 chilometri in pullman, o, se muniti di permesso, potrebbero passare per una scorciatoia, usata soltanto dai militari. Sono ancora in corso le trattative per trovare una soluzione. Dovrà essere l’esercito a proporla, altrimenti la scuola sarà costretta a chiudere, a discapito del futuro delle nuove generazioni. (T.C.)
Sudafrica: anglicani e cattolici uniti per dire no alla nuova legge che limita la libertà di stampa
◊ I sudafricani si oppongano all’introduzione della nuova legge sulla libertà di stampa. È l’appello lanciato sia dall’arcivescovo cattolico di Durban, cardinale Wilfrid Napier, che dal quello anglicano del Sudafrica, Desmond Tutu. La normativa in questione sulla libertà di stampa, denominata Power of information act (Poi), è stata proposta dal capo di Stato, Jacob Zuma, e dal suo partito, l’African National Congress (Anc); il testo prevede l’istituzione di una giurisdizione speciale per la stampa e pene pesanti per quei giornalisti e media che dovessero mettere a rischio la sicurezza nazionale. La nuova legge istituisce anche tribunali dedicati alla sorveglianza dei mass media, pene fino a 25 anni per chi sia giudicato colpevole d’infrangerla e vasti poteri per il governo nel definire quali informazioni siano da proteggere in nome della sicurezza nazionale. “Si tratta di una normativa che somiglia alla legislazione sull’apartheid”, ha detto l’arcivescovo Tutu in un discorso a braccio, pronunciato nei giorni scorsi presso l’Istituto per la democrazia di Cape Town. Quindi, l’esponente anglicano ha esortato i sudafricani a lottare per difendere la libertà di stampa, mantenendo vivo quello stesso spirito che ha reso i Mondiali di Calcio 2010, svoltisi nel Paese, un vero successo. Sulla stessa linea anche il cardinale Napier, il quale ha lanciato un appello direttamente al presidente Zuma: “Non permetta alla nostra nazione – ha detto il porporato – di essere screditata così in fretta dopo la meravigliosa immagine di unità e solidarietà che essa ha presentato al mondo durante la World Cup”. (I.P.)
Ciad: passi avanti nel diritto all'informazione
◊ Il parlamento del Ciad ha approvato sostanziose modifiche alla legislazione che regola il diritto di informazione, tese a garantire maggiore libertà di stampa, anche se non mancano ombre e critiche al nuovo testo. Eliminato l'arresto per i giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa e cancellato il reato di offesa al capo dello Stato. Vengono introdotte, invece, misure detentive (da sei mesi a un anno), pesanti multe e perfino la sospensione delle pubblicazioni (fino a sei mesi) per chi incita all'odio razziale, etnico o alla violenza in genere. Per il governo si tratta di modifiche di "chiaro stampo democratico", mentre per l'opposizione, che pure sottolinea il buon indirizzo generale, la sospensione delle testate è una misura "spropositata e facilmente strumentalizzabile". (R.G.)
Cina: il neo vescovo di Xia Men ha amministrato la Cresima a oltre 800 fedeli
◊ Oltre 800 fedeli della parrocchia di Ping Hai della diocesi di Xia Men hanno ricevuto il Sacramento della Confermazione da mons. Giuseppe Cai Bing Rui, vescovo di Xiamen (Hsiamen/Amoy), consacrato l’8 maggio 2010 con l’approvazione della Santa Sede. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, il 20 agosto scorso sei sacerdoti diocesani hanno concelebrato la solenne liturgia. “Il Sacramento della Confermazione, effusione della Grazia operata dallo Spirito Santo, sia un consolidamento della vostra fede. Attraverso l’imposizione delle mani, dovete diventare coraggiose sentinelle di Cristo, testimoniandolo nella vostra vita quotidiana. Oggi, insieme all’intera comunità, riconfermiamo le nostre promesse battesimali consolidando la nostra fede. Ora avete ricevuto il mandato dello Spirito Santo, andate a evangelizzare i vostri prossimi” ha detto mons. Cai. Dopo un momento di fraternità, mons. Cai ha incontrato gli animatori missionari e i catechisti della parrocchia, incoraggiandoli a proseguire nel cammino e nell’impegno dell’evangelizzazione. (R.P.)
Thailandia: concluso il Seminario sull'educazione cattolica promosso dalla Chiesa
◊ Si è chiuso oggi il seminario “Riformare l’educazione cattolica”, che ha visto dal 22 agosto, più di 400 amministratori cattolici approfondire l’identità della formazione della Chiesa. Il seminario - riferisce l'agenzia AsiaNews - organizzato dal Consiglio della Thailandia per l’educazione cattolica (Cect) ha come obiettivo di riformare l’educazione per fare fronte “alle sfide che il mondo contemporaneo lancia ai giovani”. Per mons. Louis Chamniern Santisukniran, presidente della Conferenza episcopale della Thailandia, “le scuole cattoliche devono offrire una formazione in linea con gli insegnamenti di Cristo, che ne rappresentano il fondamento”. Fr. Leo Visit Srivichairat, segretario generale del Cect, ha dichiarato: “È importante che gli amministratori delle strutture educative capiscano l’identità cattolica per poi poterla diffondere nelle scuole”. Secondo fr. Miguel Garaizabal, le scuole cattoliche sono il luogo dove i ragazzi possono imparare a vivere secondo l’insegnamento del Vangelo, seguendo i valori della dignità umana, della moralità, dell’etica e della pace. “In questo modo - afferma - le istituzioni cattoliche sono davvero un campo missionario, ma non nel senso che nelle scuole bisogna convertire qualcuno. Promuovendo i valori di Gesù, nascerà nelle coscienze il rispetto per il cristianesimo”. Secondo le statistiche del 2005, in Thailandia ci sono 283 scuole cattoliche con più di 450mila studenti; 21 scuole professionali con oltre 13mila studenti e due università cattoliche con 20mila studenti. (R.P.)
Perù: più di 500 missionari in azione nella diocesi di Callao
◊ E' iniziata "l'Operazione Contatto" nella zona de La Perla nella diocesi di Callao in Peru. A Callao, "l'Operazione Contatto" è una festa della comunità cattolica di "Comunione ed Evangelizzazione", con la partecipazione di tutti i missionari dei quattro decanati della diocesi. Quest’anno più di 500 persone provenienti da tutte le parrocchie di Callao, si riuniscono con i fratelli missionari di recente formazione del decanato II, in un incontro chiamato “di sequela”. Una nota inviata all’Agenzia Fides afferma che l’attività della Missione permanente consiste in una settimana di lavoro intenso, che si apre con "l'incontro di sequela", il momento di ritiro spirituale e di preghiera per l'incontro personale con Cristo (dal 20 al 22 agosto), prosegue con la Scuola di formazione missionaria (dal 24 al 28 agosto) presso la sede della diocesi di Callao, nel salone "Sembrador de Paz", e si conclude con la Messa di Invio missionario presieduta dal vescovo di Callao, mons. Miguel Irizar Campos. Il presule invia i nuovi discepoli missionari, con la croce del missionario sul petto e la Bibbia in mano, ad evangelizzare la zona. Quest’anno l’attività missionaria riguarda la zona de La Perla, con i suoi quartieri, come Tarata, Cahuide, Brasil, e parte della Grande via Jose Galvez; l'evangelizzazione consiste in un’attività porta a porta, sull'esempio dei primi discepoli di Gesù Cristo. "L'Operazione Contatto" diocesano, l'incontro della Chiesa cattolica di Callao con i fratelli più poveri e lontani della diocesi, è animata da diversi anni da mons. Miguel Irizar Campos e viene realizzata da oltre due anni di seguito. (R.P.)
A Lima il secondo Congresso internazionale sulla Sacra Sindone
◊ Relatori nazionali ed internazionali discuteranno della Sindone dal 31 agosto al 2 settembre presso l'Università di Lima, in Perù, in un convegno organizzato dal Centro di Studi Cattolici di Lima (Cec-Lima) e dall’Accion Universitaria. In una nota inviata all’agenzia Fides si sottolinea che poiché la scienza non è in grado di spiegare pienamente come l’immagine si è formata sul lenzuolo, la Sindone è diventata la reliquia più studiata della storia. Quindi la Sindone non solo richiama la venerazione di un gran numero di credenti, ma ha attirato l'attenzione di molti eminenti studiosi provenienti da tutto il mondo, diventando oggetto di numerose ricerche di varie specialità scientifiche. Tra i relatori vi sono il dottor Bruno Barberis, professore associato di fisica matematica presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Torino e dal 2002 direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, dove si trova la Sacra Sindone, e il professor. Manuel Carreira, fisico, filosofo e teologo, membro dell'Osservatorio astronomico del Vaticano, docente presso la Carroll University, Cleveland (Usa) e insegnante di filosofia della natura presso l'Università di Comillas (Spagna). Completa il gruppo di relatori, il professore Rafael de la Piedra, teologo e studioso della Santa Sindone. Oltre al Congresso verrà realizzata una grande mostra tematica sulla Sindone che include la storia, i vari studi effettuati, le teorie della formazione dell'immagine, come anche una riproduzione digitale delle dimensioni del mantello che si trova a Torino. Tutte le attività saranno svolte presso l'Università di Lima, uno degli sponsor insieme con l'arcidiocesi di Lima. (R.P.)
Angola: attesi centinaia di pellegrini al santuario mariano di Muxima
◊ “Il pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Muxima, nella provincia di Bengo, costituisce la salvaguardia dei valori civici, morali, spirituali e culturali, nella misura in cui questi ultimi diventino le fondamenta di una società nuova”: ha definito così padre Orlando Martins, parroco di Santa Ana, una delle diverse parrocchie di Luanda, in Angola, che si stanno preparando al pellegrinaggio mariano che si svolgerà il 4 e 5 settembre. Al Santuario di Muxima, ha dichiarato alla stampa il portavoce del comitato organizzatore del pellegrinaggio, padre Domingos Pestana, sono attese centinaia di persone, soprattutto delle diocesi di Luanda, Viana e Caxito, che prenderanno parte a momenti di preghiera e celebrazioni liturgiche. Sono in programma, come si legge dalle notizie riportate da www.fr.allafrica.com, anche una processione aux flambeaux e spazi dedicati al sacramento della confessione. Il pellegrinaggio si concluderà con una messa che sarà presieduta dal vescovo della diocesi di Sumbe, mons. Benedito Roberto. Il villaggio di Muxima si trova a circa 130 chilometri da Luanda e risale al periodo dell’occupazione portoghese. L’immagine di Nostra Signora della Concezione, più nota nella lingua nazionale kimbundu come Nostra Nignora di Muxima, che signica Nostra Signora del Cuore, è venerata sin dal 1833 mentre la chiesa dedicata alla Madonna è stata fondata nel 1599 da Baltazar Rebelo di Aragona. “Un viaggio in un luogo sacro deve essere in uno spirito di evangelizzazione, per proclamare la Parola di Dio – ha detto padre Martins – il pellegrinaggio di quest’anno deve portare il messaggio della costruzione di una società e di una famiglia nuove”. (T.C.)
Pavia: triduo per la festa di Sant'Agostino. Sabato il pontificale con il cardinale Hummes
◊ Con la celebrazione eucaristica presieduta ieri sera, nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia da mons. Mario Delpini, vescovo ausiliare di Milano, si è aperto il triduo di preparazione alla festa di sant'Agostino, che verrà celebrata il 28 agosto. Durante la Messa inaugurale - riferisce l'agenzia Sir - è stata aperta la grata che protegge la cassa del secolo VIII e l'urna, di epoca recente, contenente le reliquie del santo. L’apertura è possibile solo con quattro chiavi distinte, in possesso del priore degli agostiniani, del vescovo locale, del capitolo della Cattedrale, del sindaco di Pavia. Una “custodia comune” per sottolineare - spiega una nota - “che sant'Agostino nella sua memoria e nel suo magistero è un bene di tutti, un’appartenenza significativa nelle sue componenti ecclesiali e sociali”. Sabato 28 agosto, il vescovo Giovanni Giudici presiederà al mattino l’Eucarestia, cui seguirà la visita alle memorie agostiniane. Quindi il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, presiederà nel pomeriggio il solenne pontificale. (R.G.)
Iraq: oltre 50 morti in diversi attacchi su tutto il territorio nazionale
◊ In Iraq, almeno 52 persone sono morte e quasi 200 sono rimaste ferite in una serie di autobombe e attentati apparentemente coordinati nel Paese. Le zone interessate riguardano il nord-est di Baghdad e il sud del Paese. Ce ne parla Marco Guerra:
Non accenna a placarsi l’escalation di violenze innescata dal ritiro delle truppe combattenti statunitensi, completato il 19 agosto scorso. Oggi una delle giornate più sanguinose degli ultimi mesi: l’episodio più grave a Kut, 160 km a sud di Baghdad, dove un kamikaze si e' scagliato contro un commissariato di polizia uccidendo 26 persone. Stessa dinamica nella capitale dove un camion imbottito di esplosivo ha causato 15 vittime. Altre 11 persone hanno perso la vita in cinque attacchi in altrettante zone del Paese. L’Iraq ripiomba, dunque, nell’insicurezza anche a causa del vuoto politico creatosi nei negoziati tra i partiti, quello laico dell’ex premier Allawi e quello sciita del Primo Ministroal Maliki, che non trovano un accordo a cinque mesi dalle elezioni per formare un governo di coalizione. E mentre la politica arranca se ne avvantaggia la militanza. Al-Qaeda ha appena rivendicato i recenti agguati contro i giudici avvenuti nella capitale. Il rischio, se i politici non troveranno una soluzione in fretta, è che possa riesplodere anche la violenza settaria.
Afghanistan
Un poliziotto afghano ha ucciso a colpi di arma da fuoco due militari e un interprete spagnoli durante un corso di addestramento per la polizia locale nella base di Qalaw-i-Naw, nel nord-ovest del Paese. Secondo quanto emerso, l’agente afghano avrebbe iniziato a sparare improvvisamente contro i militari di Madrid. Nella sparatoria che ne è seguita è morto anche l’aggressore. Dopo l'incidente, circa 200 afghani sono usciti nelle strade della città per manifestare contro le truppe spagnole. Dopo questo episodio il governo di Madrid ha garantito che i membri delle forze di sicurezza spagnole continueranno il loro lavoro, ma ha anticipato che è stato deciso di "accelerare il ritorno" delle truppe spagnole.
Pakistan emergenza umanitaria
800 mila persone in Pakistan sono completamente isolate e l’Onu ha lanciato un appello: servono 40 elicotteri per portare soccorso a questi sfollati, raggiungibili solo via aerea. In prima linea anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che ha chiesto 120 milioni di dollari per far fronte all’assistenza umanitaria. Il Paese sta affrontando la più grave crisi umanitaria della sua storia: 1500 morti, venti milioni di sfollati, di cui otto con immediato bisogno di aiuto urgente, l’allarme sanitario si sta allargando. Ieri, il premier Gilani ha organizzato una riunione a livello ministeriale, con il personale delle Nazioni Unite e delle organizzazioni non governative per elaborare un piano di intervento. All’incontro ha partecipato Guido Sabatinelli, responsabile dell’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, in Pakistan. Francesca Sabatinelli lo ha raggiunto a Islamabad:
R. – Questi sfollati vivono in condizioni veramente difficili: solo il 7-8 per cento di queste persone hanno accesso all’acqua potabile e i servizi sanitari sono limitatissimi, per cui questo, con l’affollamento, crea le condizioni per il diffondersi di epidemie. Naturalmente, quelle che ci preoccupano di più sono le malattie che sono trasmesse attraverso l’acqua – le malattie oro-fecali – le diarree e tra queste il colera, che ha un tasso di mortalità molto elevato. Successivamente, si dovrà contenere anche l’inevitabile epidemia di malaria legata alla proliferazione di zanzare e altre malattie trasmesse dalle zanzare stesse; ma ci sono altre malattie che sono trasmesse dagli animali all’uomo, perché in questo momento le persone che sono riuscite a salvare i pochi capi di bestiame vivono accanto ad essi, per cui aumentano le possibilità di trasmissione di queste malattie. Ci sono quattro milioni di bambini che hanno bisogno di vaccinazioni contro il morbillo, hanno bisogno di vitamina A e tutto questo dev’essere fatto in condizioni operative molto, molto difficili.
D. – Una tragedia destinata ad esplodere nell’immediato futuro. Temete di non riuscire a contenerla?
R. – Facciamo una pianificazione degli interventi, considerando che la situazione igienico-sanitaria e le conseguenze per la salute possano veramente deteriorarsi. Bisogna considerare che da una parte c’è una popolazione esposta all’alto rischio delle malattie trasmissibili, e dall’altra, in un territorio grande come la Svizzera, l’Austria e il Belgio insieme non esistono più servizi sanitari, non esiste più una clinica, un ospedale, un posto sanitario al quale la gente possa accedere per essere curata. E’ una situazione veramente complessa, forse unica. Si era visto qualcosa del genere naturalmente nei terremoti e anche nello tsunami, ma non di questa ampiezza, dimensione e uniformità. Bisogna pensare alla ricostruzione, ma prima ancora della ricostruzione servire l’emergenza e allo stesso tempo mettere in condizione, appena possibile, di rendere operativi i centri sanitari. In questo momento io ho già visto che dove l’acqua si è ritirata esistono degli ambienti vuoti dove il medico può operare, ma non ha più una seggiola, un letto, un endoscopio, uno stetoscopio, non ha più una medicina …
D. – Quello che si sta stigmatizzando è la scarsa attenzione della comunità internazionale nei confronti di questa enorme tragedia. Voi, da lì, avete la percezione di una disattenzione?
R. – Sicuramente nelle fasi iniziali. E' qualcosa di cui ho esperienza diretta, perché ho rivolto vari appelli e prima che ci fosse un risveglio abbiamo dovuto attendere molto. Adesso incomincia a migliorare la situazione: ci sono dichiarazioni di intenti ma, insomma, non è che si possano comprare medicine con una dichiarazione da parte di un governo o di un ente finanziatore. Occorre anche trasformare rapidamente queste, che sono dichiarazioni, in soldi; dev’essere fatto nei prossimi giorni se non nelle prossime ore. Per esempio, per il settore sanitario, dei 56 milioni di dollari che erano stati previsti per i primi interventi di emergenza, il 40% è stato “promesso”, ma di queste promesse pochissime sono state convertite in denaro corrente …
Cina - incidete aereo
È di 42 morti e 54 feriti, di cui sette in gravi condizioni, il bilancio dell’incidente aereo avvenuto ieri in Cina. Un velivolo di una compagnia interna ha fallito l’atterraggio all’aeroporto di Yichun, nel nordest del Paese. L'aereo, un Embraer 190 di fabbricazione brasiliana, è uscito dalla pista subito dopo essere atterrato e in seguito ha preso fuoco. Questa mattina è stata recuperata la scatola nera da cui si attendono indicazioni sulle cause dell'incidente.
Somalia - terrorismo
Dopo l’attentato di ieri all’hotel Muna, a Mogadiscio, in cui sono stati coinvolti diversi funzionari, oggi sono in corso nella capitale somala pesanti scontri tra le forze governative e i ribelli islamici. Nell’escalation di violenza iniziata lunedì, più di 80 persone sono state uccise finora. Anche il Papa, durante l'udienza generale, ha espresso apprensione per la situazione in Somalia, che rischia di infiammare nuovamente l’intero Corno d’Africa. A Mario Raffaelli, presidente di Amref ed esperto di Corno d’Africa, Stefano Leszczynski ha chiesto perché la crisi somala rischia di allargarsi a livello regionale:
R. - Ormai è un problema non solo per la Somalia, ma per l’intero Corno d’Africa. Questa degenerazione è in grado di coinvolgere gli altri Paesi, sia dal punto di vista di possibili attentati, come appunto è successo in Uganda, e come potrebbe succedere a Nairobi, dove ci sono circa mezzo milione di abitanti di origine somala e finora è stata risparmiata probabilmente perché gli Shabab la utilizzano più come un luogo logistico, ma può succedere anche un coinvolgimento - come si è rischiato negli scorsi anni - tra i Paesi che hanno interessi diversi e posizioni diverse sul conflitto somalo; ci vorrebbe un intervento migliore da parte della Comunità internazionale, che si è impegnata in questi anni a supporto del governo di transizione, che ha cercato con questo ultimo governo anche un compromesso con alcuni elementi moderati delle corti islamiche, ma che a mio avviso ha fatto tutto ciò troppo lentamente e soprattutto trascurando la parte più importante, quella della ricerca di maggior consenso a favore di questa transizione.
D. - Si ha un po’ sempre l’impressione che si voglia aiutare la Somalia, ma a distanza, senza mai coinvolgersi troppo e soprattutto senza mettere piede nel Corno d’Africa..
R. - Attualmente in Somalia non c’è praticamente più nessuno, ovviamente questo perché la situazione è diventata molto difficile dal punto di vista della sicurezza, ma questo anche perché - a mio avviso - negli ultimi anni, commettendo un errore, la Comunità internazionale ha più puntato sulla carta militare che su quella del dialogo, del consenso politico e prevalendo una logica più militare, si è creata questa escalation, che evidentemente va a favore di quella componente radicale interna anche con collegamenti internazionali terroristici che può prosperare solo in una situazione di guerra.
D. - Quali potrebbero essere adesso le dinamiche che coinvolgono la Somalia e che riguardano il Corno d’Africa?
R. - Credo che lo scenario più probabile sia quello del continuare questa situazione degenerata, questo caos, senza una soluzione chiara, né in un senso, né nell’altro. Questo può "infettare" maggiormente le aree. Ovviamente ci potrebbe essere poi un nuovo intervento etiopico che è stato per altro in qualche modo minacciato da parte del primo ministro, qualora gli Shabab tornassero a prendere il potere.
Messico - guerra narcotraffico
Orrore senza fine in Messico. I militari hanno ritrovato 72 cadaveri (58 uomini e 14 donne) in una fossa comune in una fattoria di Tamaulipas, nelle vicinanze di San Fernando, una delle zone più violente del Paese, dove imperversa la guerra tra potenti cartelli della droga. La scoperta dei corpi - che la polizia ritiene essere vittime del narcotraffico e sui quali ha avviato l'identificazione – è avvenuta dopo un raid delle forze dell'ordine che hanno assaltato la fattoria per arrestare i criminali che vi si nascondevano all'interno. Ieri sul ciglio dell'autostrada tra Città del Messico e Acapulco sono stati trovati i corpi di un ragazzo di quindici anni e dello zio, entrambi decapitati. Infine, a Ciudad Juarez, vicino alla frontiera con il Texas, durante uno dei tanti regolamenti di conti ha perso la vita un neonato di sei mesi colpito da una pallottola vagante.
Caucaso violenze
Ancora violenza nel Caucaso Russo. Cinque ribelli separatisti sono stati uccisi nella notte dalle forze di polizia nella Repubblica del Daghestan. Gli agenti, secondo la loro ricostruzione, hanno risposto al fuoco dei militanti dopo averli fermati a bordo di un'auto per un controllo. Fra le vittime due leader locali del movimento ribelle integralista.
Cile –Minatori
In Cile, dopo l’euforia seguita alla notizia che i 33 minatori intrappolati in una miniera del nord del Paese sono vivi, le autorità del Paese hanno chiesto l’appoggio di esperti internazionali per trovare una soluzione che accorci i tempi di permanenza nel sottosuolo per i minatori. Attualmente si stima che ci vorranno dai 3 ai 4 mesi per liberarli. Un potente escavatore australiano è in fase di assemblaggio. Dovrebbe permettere di realizzare un piccolo tunnel di 66 centimetri di larghezza dal quale estrarre uno ad uno i lavoratori imprigionati. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 237
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