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Sommario del 23/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • L’Opera omnia di Ratzinger presentata al Meeting di Rimini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Espulsione dei rom dalla Francia: non cessano le polemiche
  • Pakistan: ponte aereo Nato per soccorrere gli alluvionati
  • Gli scioperi continuano a scuotere il Sudafrica: la testimonianza di un missionario
  • Dolore e sgomento nella diocesi di Belluno per l'uccisione di don Francesco Cassol
  • Venti anni fa la Germania avviava il processo di riunificazione
  • Giornata per il ricordo della tratta degli schiavi: l'Onu contro le nuove forme di schiavitù
  • Incontri e dibattiti al Meeting di Rimini sulla sfida del cuore: intervista con Sandro Ricci
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: le Ong italiane chiedono di sostenere gli aiuti per milioni di sfollati
  • Cina: oltre 50mila evacuati per le alluvioni a Dandong
  • Messico: 'no' dei vescovi all’adozione dei bambini alle coppie gay
  • Cile: sono vivi i 33 minatori intrappolati in una miniera a 700 metri di profondità
  • L’arcivescovo di San Salvador: proteggere le popolazioni dall’inquinamento del piombo
  • Il patriarca Twal invita a pregare per la pace e la giustizia in Terra Santa
  • Nigeria: per la Chiesa di Jos sono soprattutto etniche e sociali la causa delle violenze
  • Usa: appello del Movimento Pro-life contro il finanziamento dell’aborto
  • 62.mo anniversario dalla nascita del Consiglio Mondiale delle Chiese
  • Taizé. Mons. Zollitsch: cercare punti in comune tra cattolici e protestanti
  • Tanzania: campagna di vaccinazione antipolio per circa 300mila bambini
  • Ghana: iniziativa del governo per fornire acqua potabile e servizi igienici
  • Educare alla pace: corso per giornalisti in Guinea-Bissau
  • Sri Lanka: incontro interreligioso per ricordare padre Brown
  • Vietnam: la Legione di Maria da 62 anni al servizio dei più bisognosi
  • Francia: aperta la sessione 2010 "La politica, una buona notizia"
  • Africa: concorso cinematografico per informare i giovani sui rischi dell’Aids
  • 24 Ore nel Mondo

  • Elezioni in Australia: conservatori e laburisti senza maggioranza assoluta
  • Il Papa e la Santa Sede



    L’Opera omnia di Ratzinger presentata al Meeting di Rimini

    ◊   Presentato, ieri, al Meeting di Rimini il primo volume dell’Opera omnia di Joseph Ratzinger, curata dalla Libreria Editrice Vaticana. Nel primo dei 16 tomi che costituiranno l’importante progetto editoriale sono raccolti gli scritti del futuro Pontefice sulla centralità della liturgia nella vita cristiana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La liturgia, sottolinea Benedetto XVI, è “la più alta espressione della bellezza della gloria di Dio, e costituisce in qualche modo un affacciarsi del Cielo sulla Terra”. Tale è la rilevanza della liturgia della Chiesa per Joseph Ratzinger che nella prefazione all’Opera omnia scrive: E’ stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale della mia vita”. E parlando di San Girolamo, l’autore della “Vulgata”, il Papa sottolinea che la liturgia è sempre viva, non è una cosa del passato:

    “Il luogo privilegiato della lettura e dell'ascolto della Parola di Dio è la liturgia, nella quale, celebrando la Parola e rendendo presente nel Sacramento il Corpo di Cristo, attualizziamo la Parola nella nostra vita e la rendiamo presente tra noi. Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l'eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l'eterno, la vita eterna". (Udienza Generale, 7 novembre 2007)

    Su cosa rappresenta la liturgia nella vita e nel magistero di Benedetto XVI si sofferma il vescovo di Ratisbona, mons. Gerhard Müller, curatore dell’Opera omnia in lingua tedesca. L’intervista al presule è del nostro inviato al Meeting di Rimini, Luca Collodi:

    "La fede cristiana non è una teoria, una filosofia, un’ideologia, ma è il contatto personale con Cristo, con il Dio che si è fatto uomo, Gesù che è presente nello Spirito Santo. La liturgia è la sacramentale partecipazione alla vita di Dio. Per questo la liturgia non è solo un 'teatro', un’auto espressione del cuore o dell’idea della soggettività, ma la liturgia cattolica è l’espressione obiettiva, reale, concreta del contatto con Dio stesso, che vuole convivere con noi, le sue creature".

    Al Meeting di Rimini è anche presente il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa. Al microfono di Luca Collodi, don Costa illustra le caratteristiche fondamentali dell’edizione italiana dell’Opera omnia di Ratzinger ed offre un’anticipazione sul secondo volume su Gesù di Nazareth di Benedetto XVI:

    R. - Sono 16 volumi che riguardano non i suoi insegnamenti da Pontefice ma i suoi scritti, i suoi insegnamenti, le sue interviste da cardinale. Questa Opera omnia si ferma laddove egli è stato eletto Pontefice col nome di Benedetto XVI per il quale la Libreria Editrice Vaticana pubblica ogni sei mesi un volume. Noi abbiamo pubblicato tutti gli insegnamenti di Benedetto XVI proprio nella collana “Insegnamenti” fino al 2009.

    D. - Questo senza contare altre iniziative editoriali del Papa a partire dal libro sulla vita di Gesù?

    R. - Certo, i traduttori della Segreteria di Stato stanno già lavorando, facendo un lavoro molto impegnativo per le varie traduzioni nelle varie lingue. Abbiamo già raggiunto un accordo con 18 editori che pubblicheranno in prima battuta il testo del Santo Padre, il nuovo “Gesù di Nazaret”, che avrà come centralità il mistero pasquale della Passione, morte e Risurrezione di Gesù. Sicuramente avremo richieste anche da altri editori.

    D. - Una data per la prossima uscita di questo libro del Papa?

    R. - Abbiamo già ipotizzato la prima domenica di Quaresima, marzo prossimo, e abbiamo già anche detto che entro il 15 gennaio consegneremo ai vari editori i testi per poter preparare a loro volta le edizioni nazionali.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un mondo di fratelli per costruire la civiltà dell'amore: all’Angelus il Papa invoca la pace per fermare l’assurda logica della violenza.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la situazione in Pakistan, dove si registrano altri sfollati per le alluvioni.

    Nell’informazione religiosa, Riccardo Burigana ricorda il vescovo Alberto Ablondi, pioniere del dialogo fra i cristiani.

    In cultura, Cristiana Dobner intervista padre Francisco Javier Sancho Fermin, direttore del Centro internazionale teresiano sangiovannistico (Cites), in occasione del congresso internazionale su “Il libro della Vita”.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Col modo d'essere dell'angelo”: è dedicato alla liturgia il primo volume dell’opera omnia del Papa presentato al Meeting di Rimini.

    Risse tra tifosi al Colosseo: Umberto Broccoli sulla storie della storia (che spesso sono cronaca nera).

    I legionari fatati di Victor Felix: Raffaele Alessandrini recensisce il romanzo “La legione occulta dell’impero romano” di Roberto Genovesi.

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    Oggi in Primo Piano



    Espulsione dei rom dalla Francia: non cessano le polemiche

    ◊   Il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, si è detto pronto ad incontrare il ministro dell'Interno francese, Brice Hortefeux, sulla questione delle espulsioni dei rom dalla Francia. La vicenda ha suscitato le critiche del mondo cattolico e non solo. In questo contesto, la stampa internazionale ha dato ampio risalto al saluto del Papa, ieri, ai pellegrini francesi durante l’Angelus a Castel Gandolfo: “tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza” – ha sottolineato Benedetto XVI - e questo rappresenta anche "un invito a saper accogliere le legittime diversità umane, alla sequela di Gesù venuto a riunire gli uomini di tutte le nazioni e di tutte le lingue". Il Pontefice ha quindi invitato i genitori a educare i loro bambini” alla fratellanza universale”. Su queste parole, Federico Piana ha raccolto i commenti del presidente delle Acli Andrea Olivero, e del presidente dell’Azione Cattolica italiana Franco Miano. Ascoltiamo Olivero:

    R. - Dobbiamo, come ci ha ricordato anche ieri il Papa, rammentare il valore dell’accoglienza, far comprendere quanto l’accogliere l’altro non diminuisce, non sminuisce quello che è il nostro specifico, ma invece ci allarga, ci dà prospettiva. Questo lo constatiamo anche nel farlo sperimentare concretamente. Noi in questi anni, là dove abbiamo avviato iniziative di volontariato, fatto conoscere, incontrare le comunità, ci siamo resi conto che la paura via via scemava. Noi abbiamo bisogno di fare questo lavoro. Ci rendiamo conto che i problemi sono molto grandi e talvolta è difficile, appunto, intervenire con l’urgenza che forse sarebbe necessaria, però non dobbiamo stancarci di lavorare in questa direzione e come organizzazioni sociali, dobbiamo portare a più persone possibili questo messaggio e questa proposta di un’accoglienza semplice, ma di un’accoglienza che alla fine ci faccia vedere davvero il volto dell’altro.

    D. - Franco Miano, l’accoglienza - il Papa lo ha detto ieri - è una cosa che ci deve mobilitare tutti, non solo i cattolici ovviamente, ai quali fa soprattutto riferimento il Papa, però questo non avviene spesso in Europa...

    R. - Questo è un punto molto grave e problematico, perché ci sono due livelli del problema. Da un lato c’è sicuramente un livello organizzativo, un livello economico che va tenuto presente, però al fondo di tutto questo c’è una questione di stile, di mentalità, di cuore, una questione di modo stesso di intendere la vita. D’altra parte, pensiamo a quanto il Papa ci ha detto nella “Caritas in Veritate” e alla necessità di riscoprire questo senso vivo di una fraternità universale che, rappresenta per un credente, per un cristiano, per un cattolico, un dato fondamentale della propria fede e della propria dimensione di umanità. In poche parole: oggi dovremmo tutti concorrere con forza ad educare da un lato e a porre azioni concrete dall’altro, per far cogliere che l’accoglienza delle genti di ogni Paese - il Papa ci ha detto - è una dimensione fondamentale della vita e tanto più in un mondo globalizzato.

    D. - Franco Miano, che idea s’è fatta di questa polemica, non solo tra associazioni che si occupano di immigrati, ma anche tra Europa e governo francese…

    R. - Io credo che il governo francese, non possa procedere in modo autonomo dall’Unione Europea. Penso che i cittadini dell’Unione Europea abbiano il diritto di muoversi liberamente e di stabilirsi dove meglio credono, naturalmente a condizione del rispetto delle leggi e della vita - evidentemente - di un Paese. Mi sembra che nella vita dell’Europa di oggi, sia necessario lavorare per sostenere processi d’inclusione e non processi di esclusione e questo è un dato importantissimo, perché espulsione, comunque, significa una penalizzazione del processo d’integrazione complessivamente, se di esclusione si tratta. Ma ci possono essere anche altre forme che hanno - diciamo - un carattere analogo dal punto di vista di fatto e possono finire nella stessa direzione cioè essere penalizzanti, problematiche dal punto di vista del processo di integrazione. Dobbiamo cogliere questa occasione come una grande opportunità per provare a guardare più in alto, non trovare situazioni al ribasso.

    D. - Andrea Olivero, che idea s’è fatto di questa storia?

    R. - Il problema sta nell’andare a capire se c’è una volontà di avere una politica comune europea rispetto a queste tematiche, che sono tematiche fondamentali, perché alla fine riguardano i diritti di tutti, i diritti di cittadinanza, la possibilità di vivere sicuri tutti quanti, perché come sempre anche in questo caso, il governo Sarkozy ha brandito la parola sicurezza, ma la sicurezza per una parte di francesi che vive tranquilla e non la sicurezza per tutti i cittadini europei, ivi compresi, questi cittadini rom e che oggi appaiono i più penalizzati di tutti, perché nessun Paese - fino in fondo - li riconosce come propri concittadini e quindi rischiano di non avere diritti. Noi crediamo che in questo momento sia necessario appunto che la politica dell’immigrazione diventi una delle questioni europee, dobbiamo avere il coraggio di affrontare politicamente il tema. Anche Sarkozy è scivolato su quello che purtroppo è una linea che molti hanno già intrapreso in Europa, di andare a blandire il proprio elettorato, piuttosto che cercare di affrontare seriamente la questione. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Pakistan: ponte aereo Nato per soccorrere gli alluvionati

    ◊   Il maltempo non dà tregua al Pakistan devastato dalle alluvioni da oltre quattro settimane. Lasciando dietro di sé scenari apocalittici, le acque dal nord stanno refluendo verso il meridione del Paese, radendo al suolo villaggi e campi ed ingrossando i letti dei fiumi. Un autobus è stato travolto dalle correnti nei pressi di Khad Buzdar nel centro, uccidendo 20 persone. L’allerta resta massima nella provincia meridionale del Sindh dove cresce il numero degli sfollati, solo in parte accolti nei campi profughi. La città di Shahdadkot è stata svuotata di oltre 100mila abitanti, 4 milioni invece gli sfollati intorno al centro di Sukkar. Oggi a Washington incontro cruciale tra il FMI ed esponenti del governo pakistano: al vaglio il piano aiuti e la ristrutturazione del debito del Paese. Nonostante sia operativo da oggi il ponte aereo della Nato, restano ancora milioni i civili non raggiunti dai soccorsi internazionali. Sentiamo a questo proposito la testimonianza dalla città di Quetta, di padre Peter Zago, missionario della Ong Vis. L’intervista è di Gabriella Ceraso

    R. – Proprio questa mattina abbiamo raccolto un centinaio di famiglie, a cui abbiamo dato l’essenziale almeno per un mese: farina e olio per il chapati, il loro pane quotidiano, le lenticchie e qualche medicina. Abbiamo bambini, bambine, ragazzi e ragazze e qualcuno ha dei problemi dovuti all’acqua non pulita.

    D. – Quante persone riuscite a soccorrere nei vostri campi?

    R. – Noi abbiamo 1500 famiglie. Qui le famiglie hanno sette, otto figli almeno, quindi possiamo raggiungere 150 mila persone. Abbiamo ricevuto parecchio aiuto dalla Germania, dalla nostra Opera salesiana di Vienna, però se riusciamo ad avere di più, possiamo raggiungere specialmente gli sfollati dal Sindh: abbiamo qui più di 100 famiglie che vengono da 850 km di distanza.

    D. – La comunità internazionale sta discutendo oggi di aumentare gli aiuti. Voi che cosa potete constatare,vi arrivano?

    R. – Qui le Nazioni Unite non ci sono. Noi siamo privati. Io ho 80 mila euro e siamo gli unici che andiamo sul posto, che prendiamo il nome delle famiglie che hanno bisogno. Ho dato incarico a questi grandi empori locali. A loro diciamo: “Guardate, facciamo del bene ai vostri fratelli musulmani, fatemi un buon prezzo” e loro mi preparano ogni giorno 50 porzioni di tutto. Io non vedo nessun altro.

    D. – Come conta di andare avanti, quando termineranno questi fondi?

    R. – Devo fermarmi, perché i fondi sono limitati.

    D. – A livello di organizzazione sanitaria, c’è allarme per malattie che si stanno diffondendo?

    R. – Al nord il colera ha già invaso. Per me sono più di 10 mila i morti, ma non li hanno contati e non possono contarli. 25 mila soldati, che potrebbero aiutare, vengono tenuti nello Swat, perché badino ai Talebani e quindi non c’è personale, non sono organizzati.

    D. – Alcune fonti anche dal Pakistan hanno detto di cristiani discriminati nella distribuzione degli aiuti. E’ vero per lei?

    R. – Sì, abbiamo delle prove, ma non da noi. Noi non discriminiamo nessuno assolutamente. Se noi, però, avessimo delle famiglie cristiane in mezzo a questa gente e venissero dei musulmani ad aiutare, nessun cristiano sarebbe accettato. Per prima cosa ti chiedono a quale religione appartieni. E’ questa la realtà: il Pakistan non è come i Paesi indonesiani, il Pakistan è veramente una Repubblica islamica e quindi le minoranze trovano difficile sopravvivere, non solo i cristiani, anche gli indù.

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    Gli scioperi continuano a scuotere il Sudafrica: la testimonianza di un missionario

    ◊   Il mondo guarda con attenzione alla dilagante protesta in corso in Sudafrica, dove i lavoratori del pubblico impiego sono in sciopero per avere miglioramenti salariali. Ma la protesta ha un significato ben più ampio in una giovane democrazia, dove il periodo dell’apartheid ha lasciato una pesante eredità per la nuova classe dirigente. Giancarlo La Vella ha intervistato il padre stimmatino Gianni Piccolboni, missionario per trenta anni nel Paese:

    R. - E’ un processo normale, di una democrazia che sta facendo i primi passi. Abbiamo avuto un momento di euforia, non appena il Paese è stato liberato dal sistema dell'apartheid, quindi c’era tutto un entusiasmo per le cose che sarebbero cambiate; poi le cose sono andate più a rilento, perché alcune realtà non si sono verificate. Dal nostro punto di vista, può essere anche questo, perché quando c’è un Governo - come era prima - di apartheid, quindi dittatoriale in un modo o nell’altro, è più facile fare l’opposizione. La politica propositiva è sempre più difficile, quindi un conto è essere all’opposizione, ed un conto è poi essere alla guida di un Governo. Non ultimo c’è anche un circolo di corruzione da parte dei Governi che forse non sono proprio all’altezza della situazione di oggi.

    D. - C’è il rischio che in Sudafrica si crei una spaccatura pericolosa tra tessuto sociale e politica?

    R. - Questo credo che si stia già verificando. Credo che le masse si siano un po’ staccate, abbiano perso un po’ di fiducia nei governanti. D’altra parte, dopo la caduta del sistema dell’apartheid, c’è stata una certa corsa verso l’occidente, con la caduta di valori di riferimento. Gli omicidi sono oggi all’ordine del giorno, le violenze non ne parliamo, abusi in tutti i modi, sfruttamento, non parliamo poi dell’aborto. Ora il governante forse non sta cogliendo il grido di disperazione che c’è da parte del popolo, il quale non vede via d’uscita, non vede che ci sono miglioramenti nell’assetto sociale ed economico.

    D. - Dopo l’apartheid, come la Chiesa locale, i missionari, hanno contribuito al cambiamento di questo Paese?

    R. - I missionari si sono tutti prodigati in molte istituzioni sociali, come le scuole e per creare una mentalità: non solo aspettarsi dall’alto, ma anche essere artefici di questo futuro, di questo nuovo Sudafrica, la nazione arcobaleno; poi l’assistenza ai ragazzi, creando delle possibilità di lavoro con scuole professionali; poi anche l’assistenza medico-sanitaria, per quelli che sono gli ammalati di Aids. Bisogna ricostruire nel tessuto morale della società.

    D. - Possiamo dire che è un periodo di difficoltà, ma che la speranza non è morta?

    R. - No, la speranza non è morta. Io sono convinto che abbiamo ancora della gente valida. Abbiamo l’esempio di un grande uomo, che è stato Mandela, un uomo eccezionale con un cuore e una visione meravigliosa. Finchè la sua ombra è presente, son convinto ancora che qualcuno s’ispirerà a lui.

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    Dolore e sgomento nella diocesi di Belluno per l'uccisione di don Francesco Cassol

    ◊   Sarebbe dovuta ad un errore fatale la tragica morte del sacerdote veneto, Francesco Cassol, 55 anni, nativo di Belluno, parroco da 10 anni a Longarone, ucciso da un colpo di fucile, intorno alla mezzanotte di domenica scorsa, mentre era in ritiro con un gruppo di fedeli nelle campagne di Altamura in Puglia. Un cacciatore si sarebbe infatti presentato spontaneamente questa mattina alla stazione locale dei Carabinieri denunciando di aver sparato per errore al sacerdote, che dormiva nel suo sacco a pelo, pensando fosse un cinghiale. L’uomo sarebbe ora in stato di fermo, mentre non è stata ancora fissata la data dei funerali di don Cassol. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Profondo il cordoglio di tutti quanti hanno conosciuto don Francesco Cassol e lo ricordano come un prete dedicato con passione al suo ministero, animato da grande spiritualità e carità verso il prossimo, così come sottolinea don Giuseppe Bratti, direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali della diocesi di Belluno Feltre:

    R. - E’ molto difficile fare ordine in questi momenti tra tanti ricordi. Vorrei sottolineare l’attenzione agli ultimi: don Francesco era responsabile di una comunità di ragazzi a Landris, di persone in situazioni problematiche, lui stesso faceva le notti in questa comunità. Un prete dedito alla pastorale in tutte le sue sfaccettature, che ha cercato sempre il contatto con la gente, ma in comunione con tutti i suoi confratelli, con tutto il presbiterio, con tutta la realtà della diocesi.

    D. - La vostra comunità perde dunque un sacerdote generoso.... ed amato da molti fedeli, che - sappiamo - lo seguivano sovente nei suoi ritiri spirituali...

    R. - Certamente, ritiri spirituali che lo portavano anche lontano dall’Italia, periodicamente andava in Togo e in altre parti dell’Africa, dove era chiamato da comunità religiose per la predicazione dei ritiri e degli esercizi spirituali; un'attenzione, quindi, anche verso tutte le comunità religiose, a partire da quella delle Piccole suore della Sacra Famiglia di Longarone, fino appunto a recarsi anche in Africa.

    D. - Don Francesco era anche assistente spirituale di un gruppo Goum, movimento fondato in Francia nel 1970: si è letto su qualche giornale che praticano ‘ritiri estremi’, di che cosa si tratta?

    R. - Gli ingredienti sono molto semplici e sono quelli che fanno parte - oserei dire - di tutte le esperienze estive, che ogni parrocchia, ogni realtà ecclesiale propone per i suoi membri più giovani. Sono la preghiera prolungata, sono la contemplazione della natura, sono il cammino, sono la condivisione della fatica; nel Goum, ci sono alcune accentuazioni che riguardano proprio la difficoltà, quindi il cibo molto misurato, un orario della giornata segnato da lunghe ore di cammino, ma che proprio per questo risulta affascinante ai giovani, ai giovani adulti che scelgono di fare questa esperienza ogni anno.

    D. - Restiamo in attesa di notizie per questa morte improvvisa e assurda...

    R. – Ci sono decisioni che devono essere prese da chi sta indagando, noi vogliamo soprattutto in questo momento, vivere - proprio come don Francesco ha insegnato nella nostra diocesi e nelle sue parrocchie - con uno sguardo ampio di fede.

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    Venti anni fa la Germania avviava il processo di riunificazione

    ◊   Il 23 agosto di 20 anni fa, il parlamento della Germania Orientale approvò la proposta di unione alla Repubblica federale tedesca. Il patto di unificazione è stato firmato il 31 agosto del 1990 dai rappresentanti della Repubblica democratica e federale tedesca. Cosa resta di quell’atto? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di Economia Politica Europea, presso l’Università Bocconi di Milano:

    R. – Resta la storia di un problema economico non indifferente da affrontare perché, evidentemente, la Germania dell’Est doveva essere ricostruita, e resta però oggi l’eredità di un Paese che ha saputo integrare la Germania dell’Est in maniera molto opportuna e che ha costruito, se vogliamo, le basi della sua attuale competitività anche su questa vicenda.

    D. – La Germania ha dovuto affrontare in questi venti anni una dura politica di riunificazione, soprattutto, dal punto di vista economico. Quali sono state le maggiori difficoltà?

    R. – C’era da ricostruire completamente la base produttiva della Germania dell’Est e, quindi, sostanzialmente dare capitali, macchinari, base industriale, aumentare la dotazione di tecnologia; quindi, tutte le questioni legate alla produttività che andava stimolata. Mentre la forza lavoro che, invece, era già abbastanza ben qualificata, andava ovviamente riorientata rispetto agli standard produttivi della Germania Occidentale. Questo è stato fatto con degli enormi trasferimenti di denaro pubblico dalla Germania dell’Ovest alla Germania dell’Est, trasferimenti peraltro resi possibili dal fatto che la Germania ha sempre mantenuto una stretta disciplina di bilancio in tutti questi ultimi anni.

    D. – Oggi la Germania, nonostante tutto, continua a essere la locomotiva d’Europa dal punto di vista economico….

    R. – Sì, la Germania nel 1990 era la locomotiva d’Europa e forse era l’unico Paese che poteva permettersi di ingoiarne un altro sopravvivendo, senza fare indigestione, e oggi è ritornata a esserlo perché risulta oggi il Paese più competitivo dell’area dell’euro in quanto ha un costo del lavoro, rispetto alla produzione, tra i più bassi d’Europa. Questo è stato possibile perché c’è stata una politica di moderazione salariale e, soprattutto, un aumento della produttività del fattore lavoro che in qualche modo è anche frutto delle politiche che sono state avviate verso la Germania dell’Est ma poi espandendo questo tipo di ristrutturazione rispetto a tutti gli altri Paesi dell’economia dell’Est, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Polonia e grazie a questo appunto la Germania oggi è sicuramente il Paese più competitivo dell’area dell’euro.

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    Giornata per il ricordo della tratta degli schiavi: l'Onu contro le nuove forme di schiavitù

    ◊   Sono almeno 2 milioni e 700 mila le vittime di tratta e sfruttamento in tutto il mondo, per un giro d’affari di 32 miliardi di dollari. Sono i dati emersi dal rapporto annuale di "Save the Children", pubblicato in concomitanza con l’odierna Giornata internazionale del ricordo della tratta degli schiavi e della sua abolizione, sotto l’egida dell’Onu. La ricorrenza costituisce un importante momento di dibattito e riflessione sulle moderne forme di schiavitù. Il servizio di Elisa Castellucci:

    Richiamare il ricordo di una realtà lungamente occultata, sconosciuta, attribuendone la giusta collocazione nella coscienza degli uomini, ma anche far riflettere sulle attuali forme di sfruttamento: è il duplice obiettivo della Giornata che commemora oggi l’abolizione della tratta degli schiavi, una delle più grandi tragedie dell’umanità. Con il fiorire delle nuove rotte migratorie, la schiavitù continua ad essere presente nella società attuale in molteplici forme, dallo sfruttamento sessuale a quello lavorativo. Ma quali specifiche caratteristiche ha assunto il fenomeno oggi? Lo abbiamo chiesto al docente di storia e geopolitica africana dell’università di Bologna, Jean Leonard Touadì:

    “Con il fenomeno della globalizzazione che rende così agevoli i trasporti, gli spostamenti degli esseri umani, anche questo crimine odioso che è la tratta delle persone ha acquisito una dimensione transnazionale. Quindi, le strategie di contrasto a livello nazionale non bastano più. C’è sempre più un’esigenza di coordinamento a livello regionale per quanto riguarda l’Europa. Le agenzie internazionali del crimine hanno capito come è possibile sfruttare la globalizzazione e la facilità che dà in termini di comunicazione e di trasporto. Le rotte di traffico sono conosciute ma anche le agenzie che promuovono questo turpe commercio sono conosciute. Manca una legislazione sia preventiva, sia repressiva, che sia all’altezza del carattere transnazionale del fenomeno e su questo penso che ci sia ancora molto da fare. Il nostro Paese ha sottoscritto due mesi fa il protocollo europeo proprio sulla tratta, in modo da adeguare la nostra legislazione, il nostro codice penale, a questa fattispecie di reato particolarmente odiosa. Tuttavia, molto resta ancora da fare per distinguere quello che è il semplice fenomeno dell’immigrazione da un fenomeno che invece è legato allo sfruttamento della persona, il commercio delle persone”.

    Ma cosa fa, in particolare, l’Unesco per arginare il problema della tratta? Lo abbiamo chiesto al presidente della commissione italiana dell’Unesco, Giovanni Puglisi:

    “L’Unesco ha lanciato il programma, “La rotta degli schiavi”, che è un programma molto importante che dovrebbe tendere a connettere interessi culturali in diversi Paesi per acquisire la coscienza del problema. E’ importante oggi ricordare la schiavitù, ma non ricordare solo che siamo riusciti a sconfiggerla, ma ricordare la schiavitù che ancora continua ad essere incombente”.

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    Incontri e dibattiti al Meeting di Rimini sulla sfida del cuore: intervista con Sandro Ricci

    ◊   135 incontri, 8 mostre, 19 spettacoli, oltre 300 ospiti: scienziati, politici, intellettuali, uomini di Chiesa, rappresentanti di associazioni. Nella 31.ma Edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, inaugurata ieri a Rimini, si parla di fede, ma anche di economia, della crisi del lavoro e dell’uomo, tutto a partire dal tema del cuore, ovvero “quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi”. Il servizio del nostro inviato Luca Collodi.

    Non potevano mancare, in una edizione dedicata al cuore dell’uomo e al suo desiderio di cose grandi, incontri e convegni che approfondissero il tema della libertà di religione e della situazione dei cristiani perseguitati. Il riconoscimento della libertà religiosa è infatti un diritto fondamentale del cuore di ogni uomo. Sono venti i Paesi rappresentati, oltre tremila i volontari che lavorano gratis tra i capannoni dell’immensa Fiera. Provengono da ogni parte d’Italia e anche dall’estero (circa 200): Brasile, Cile, Messico, Paraguay, Stati Uniti, Egitto, Nigeria, Portogallo, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Polonia, Ungheria, Russia, Lituania, Kazakistan, Kosovo. Il bilancio preventivo del Meeting 2010 è di 8 milioni e 300.000 euro. Una novità fondamentale è la crescita della dimensione internazionale dell’incontro riminese con la presentazione dell’edizione di quest’anno a New York, Madrid e Budapest, ad ottobre al Cairo. Ascoltiamo il direttore del Meeting, Sandro Ricci, ai nostri microfoni sul valore del Meeting per l’impegno dei laici cattolici al servizio del bene comune:

    D. - I laici cattolici sono persone vive, le vediamo qui camminare nei nostri corridoi, nelle nostre sale, che hanno voglia di affrontare la realtà, di mettersi in gioco, di verificare se la loro fede è in grado di diventare anche un’intelligenza della realtà efficace ed utile.

    D. - Il Meeting come guarda l’evoluzione sociale, politica dell’Italia di questo periodo?

    R. - Io penso che come tutti noi, la vediamo con una certa preoccupazione perché c’è come un decadimento della politica. La politica potrebbe essere un’espressione elevatissima di cultura. Noi pensiamo con il nostro lavoro di favorire questa maturazione culturale, che può portare le persone a riappassionarsi al bene comune, al bene sociale e quindi a lavorarci, perché possa esserci un passaggio di progresso.

    D. - Guardare al bene comune, senza un’esperienza di fede vera, è difficile di questi tempi...

    R. - Perché quello che prevale normalmente è l’interesse personale, l’interesse particolare. Si fa fatica a capire che l’interesse particolare è valorizzato proprio dal bene comune, ma il bene comune, è che abbiamo un destino comune, che siamo fatti per un grande bene.

    D. - Al Meeting c’è anche tanta gratuità, ci sono tanti volontari, tanti giovani soprattutto, che offrono parte del loro tempo, delle loro vacanze per un ideale...

    R. - Io rimango stupito ogni anno da 31 anni perché queste persone vengono qui e danno gratuitamente, ma sotto c’è un grande segreto, che riconosciamo di aver ricevuto, tutto ci è dato e quindi possiamo ridare gratuitamente. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: le Ong italiane chiedono di sostenere gli aiuti per milioni di sfollati

    ◊   “Agire”, il network delle Ong italiane per le emergenze, ha deciso di lanciare un appello di raccolta fondi per sostenere il lavoro di cinque Organizzazioni non governative della propria rete, impegnate fin dai primi giorni dell’emergenza a portare gli aiuti necessari alle popolazioni colpite. Marco Bertotto, direttore di "Agire", ha dichiarato all’agenzia Sir che “l’attenzione su questa emergenza è purtroppo assolutamente inadeguata alle dimensioni della catastrofe - ha detto - solo aumentando la visibilità sul dramma, che stanno vivendo 20 milioni di persone in Pakistan, sarà possibile portare gli aiuti necessari e sostenere l’impegno generoso delle organizzazioni umanitarie”. Altro appello viene lanciato da un’altra Ong, il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) che, insieme alla comunità salesiana di don Bosco di Quetta, sta chiedendo offerte e donazioni per “aiutare le centinaia e centinaia di famiglie sfollate”. I fondi raccolti da "Agire" sosterranno gli interventi di ActionAid, Cesvi, Intersos, Save the Children e Vis, che in Pakistan stanno distribuendo generi di prima necessità e fornendo cure mediche all’enorme popolazione sfollata. (C.F.)

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    Cina: oltre 50mila evacuati per le alluvioni a Dandong

    ◊   Oltre 50mila persone sono state evacuate dalla città di Dandong, nel Liaoning, dopo le alluvioni lungo il fiume Yalu, al confine con la Corea del Nord; tre i dispersi. Lo rende noto l’agenzia AsiaNews. Secondo i dati trasmessi dall’agenzia cinese Xinhua, risultano distrutte 230 case e venute meno le comunicazioni e l’elettricità. Un funzionario addetto al controllo delle alluvioni a Dandong rifiuta di confermare il numero delle persone evacuate, ma insiste che l’incidente “non è grave” visto che la popolazione della città è di 2,4 milioni. La pioggia cade incessante sulla città da ieri mattina. I tentativi da parte dei cittadini di creare un cordone di sacchi di sabbia per contenere il fiume, non sono bastati. Le pesanti piogge estive del 2010 hanno causato in Cina le peggiori alluvioni degli ultimi 10 anni. Nel 2010, circa 3900 persone sono morte o sono scomparse a causa delle alluvioni; 12 milioni gli sfollati. Il fatto più grave è quello avvenuto a Zhouqu (Gansu) – nel nord-ovest della Cina – dove sono morte 1750 persone per una valanga di fango che ha sommerso tre villaggi. (C.F.)

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    Messico: 'no' dei vescovi all’adozione dei bambini alle coppie gay

    ◊   "Responsabilità e libertà d'opinione, un diritto di ogni persona", è il titolo della nota che la Conferenza episcopale del Messico ha inviato all’agenzia Fides nella quale si spiega la posizione della Chiesa Cattolica sugli ultimi eventi della vita pubblica del Messico. La nota in particolare prende posizione sul dibatto sulle unioni fra persone dello stesso sesso con la possibile adozione di bambini . “È ben nota - si legge nella nota - l'approvazione dell'Assemblea del Distretto Federale che ha dato via libera a tali unioni. Questa approvazione è stata ottenuta in modo accelerato, senza le necessarie consultazioni con i diversi settori della società e senza affrontare il consenso della maggioranza, che era contraria a queste unioni e soprattutto all'adozione di bambini.” Pochi giorni fa la Corte Suprema ha dato la conferma della legalità del processo giuridico realizzato dall'Assemblea dei rappresentanti del Distretto Federale. La comunità cattolica non è d’accordo con questa sentenza. Come si legge nella nota: “Noi vescovi del Messico, sensibili al parere della maggioranza non solo di Città del Messico, ma dell'intero Paese, affermiamo, nell'esercizio della libertà di espressione garantita dal nostro sistema politico democratico, che non siamo d'accordo con la sentenza della Suprema Corte (Scjn); questa posizione non significa una mancanza di rispetto alle istituzioni dello Stato messicano. Noi crediamo che se si mettono sullo stesso piano con il nome di matrimonio queste unioni è una mancanza di rispetto, sia all'essenza del matrimonio tra un uomo e una donna, come espresso nella Costituzione all’articolo 4, sia ai costumi e alla cultura stessa che ci hanno guidati per secoli. Ci dispiace che nell’esprimere questi concetti all'opinione pubblica, vi siano persone che recriminano e che minacciano l'intolleranza, quando la tolleranza è la possibilità da parte di tutti di esprimere le proprie opinioni e posizioni. Pertanto, esprimiamo la nostra solidarietà ai cardinali Norberto Rivera Carrera e Juan Sandoval Iñiguez su questa delicata questione.” La nota termina con l'appello all'unità del Messico, nel momento in cui il Paese vive gravi problemi come l'insicurezza, la violenza, la corruzione, ecc. I vescovi, infine, invitano a pregare la Madonna di Guadalupe per i governanti, affinché prendano decisioni sagge, e per tutti i bambini che non hanno voce ma il diritto ad avere una famiglia che sia per loro un esempio di virtù. Il documento è firmato da mons. Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di Tlalnepantla e presidente della Conferenza episcopale e da mons. Víctor René Rodríguez Gómez, vescovo ausiliare di Texcoco e segretario generale della Cem. (R.P.)

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    Cile: sono vivi i 33 minatori intrappolati in una miniera a 700 metri di profondità

    ◊   Il vescovo di Copiapò, nel nord del Cile, mons. Gaspar Quintana, ha confermato ieri che i 33 minatori della miniera di “San José” intrappolati da 17 giorni a 700 metri di profondità, sono “tutti vivi anche se in precarie condizioni di salute”. L’annuncio del presule ha suscitato grande gioia non solo nella città e tra i parenti, che da quasi tre settimane vivono all’ingresso della miniera, ma in tutto il Cile. “Un dono di Dio, un dono della Vergine Regina, proprio nel giorno in cui celebriamo la sua festa”, ha aggiunto il vescovo. Le parole di mons. Quintana sono state subito confermate da Héctor Medina, procuratore regionale, che ha assicurato: “Con alcuni di loro siamo riusciti a stabilire un contatto visuale con speciali telecamere e sembra, almeno allo stato attuale, che tutti si trovino bene nonostante la situazione in cui vivono da molti giorni. I minatori hanno comunicato con noi accendendo e spegnendo i faretti dei loro caschi di lavoro. Una cosa davvero commovente!”. Nel cosiddetto accampamento della “speranza”, dove vivono decine di parenti e familiari dei minatori a pochi metri dalle strutture dei soccorritori, i sacerdoti presenti hanno guidato preghiere e la recita del Santo Rosario come segno di gratitudine e, soprattutto, come “auspicio che tutto si concluda presto e bene per tutti”, ha detto mons. Quintana. Il vescovo, nel corso della sua breve omelia, ha chiesto a tutti di “pregare con animo grato al Signore e alla sua Madre Santa” per il dono ricevuto in un momento di “stanchezza e forse di pessimismo”. Tutto ciò “ci insegna che un cristiano deve sempre sperare poiché la vita di tutti noi è nelle mani di chi l’ha donata, il Signore”. Infine, mons. Quintana ha chiesto altre preghiere alla Madonna della “Candelaria”, Patrona dei minatori del Cile, la cui statua originale è stata trasferita qui il 10 agosto dal Santuario nazionale in cui si trova, e “qui rimarrà - ha detto - perché possa essere venerata dai nostri figli minatori, quando usciranno dal profondo della terra”. Secondo gli esperti, tuttavia, potrebbero essere necessari alcuni mesi per la loro liberazione. (A cura di Luis Badilla)

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    L’arcivescovo di San Salvador: proteggere le popolazioni dall’inquinamento del piombo

    ◊   Mons. Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ieri, nella sua tradizionale conferenza stampa dopo la Santa Messa domenicale, da un lato si è complimentato con le autorità per le “recenti misure a difesa dell’ambiente e delle popolazioni a rischio contaminazione” e dall’altro ha ribadito che occorre “fare giustizia evitando che fatti gravi passino senza interpellare la coscienza di tutti”. Il presule si riferiva specificamente al caso di un’industria di batterie per automobili, chiusa nel 2007, ma mai smantellata, perché in pratica abbandonata, e dalla quale tuttora fuoriescono sostanze inquinanti pericolose come il piombo. Il caso era tornato alla ribalta alcuni giorni fa e sulla stampa locale erano cresciute le espressioni di “preoccupazione e allarme da parte delle popolazioni coinvolte e da numerose organizzazioni territoriali”. Perciò il Ministero per l’Ambiente ha deciso la creazione “di una zona d’emergenza attorno all’industria abbandonata”, misura che mons. Escobar Alas ha salutato come “positiva e opportuna”. “Ci auguriamo, ha aggiunto, che non sia solo buona volontà e dunque si passi presto a cose concrete”. Secondo l’arcivescovo oggi occorre “approfondire il caso” e chiedere alla “giustizia che si occupi della questione” che tra l’altro “ha colpito persone molto umili”, 4 mila circa: “non è giusto che si provochi un tale danno all’ambiente e dunque alla salute delle persone”. Ora, in un raggio di 1,5 km attorno all'industria situata nella località di San Juan Opico (distante oltre 40 km dalla capitale del Salvador), è stato imposto una sorta di coprifuoco per tutti a conferma che si tratta di una zona altamente pericolosa per la salute e la vita, come d’altra parte, tempo fa, aveva già dimostrato uno studio statunitense dell’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale, secondo il quale in alcuni luoghi i “livelli di contaminazione di piombo sono spaventosi". Le prime reazioni della popolazione interessata, che supera i 35 mila abitanti, sono state di grande soddisfazione per le parole dell’arcivescovo. Mons. Escobar Alas ha precisato di seguire molto da vicino la vicenda e che i suoi parroci la “ritengono di primaria importanza umana e pastorale”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il patriarca Twal invita a pregare per la pace e la giustizia in Terra Santa

    ◊   “Venite in Terra Santa per testimoniare la nostra comunione ecclesiale e pregare insieme per più giustizia e più pace per tutti i popoli”: è l’appello lanciato dal patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che ieri ha concluso una visita in Ungheria (dal 19 agosto), invitato dai vescovi locali per la solennità di santo Stefano, primo Re e primo Santo ungherese. Celebrando nella cattedrale di santo Stefano - riferisce l'agenzia Sir - il patriarca ha ricordato la condizione in cui versa la Terra Santa: “la situazione rimane molto difficile, soprattutto per le persone della Terra Santa, appartenenti a due popoli e a tre religioni, che continuano a soffrire. Pensiamo alle ingiustizie di cui sono vittima soprattutto gli arabi palestinesi: umiliazioni quotidiane, limitazioni di libertà di spostamento, di movimento, di possibilità di studio, di lavoro, di viaggio, di cure mediche; pensiamo al muro di separazione, lungo più di 700 km e alto circa 8 mt. che di fatto isola la popolazione locale. I cristiani palestinesi non hanno nemmeno accesso ai Luoghi Santi, visto che è molto difficile ottenere i permessi per motivi di sicurezza”. Una situazione resa ancora più grave dall’esodo dei cristiani, oggi solo “il 2% circa della popolazione, quasi tutti arabi palestinesi e giordani, più una percentuale molto ridotta di stranieri, nonché alcune centinaia di cristiani cattolici di lingua ebraica”. Nonostante ciò, ha ricordato Twal, “a Gerusalemme c’è una ricchezza molto grande di riti e di liturgia, sono presenti più di 100 congregazioni religiose, impegnate nel settore educativo, sociale oppure contemplativo. Un fenomeno degli ultimi anni è poi una presenza massiccia, in Terra Santa, di immigrati cristiani da altri popoli, per la maggior parte operai, impiegati, badanti, che a volte diventano più numerosi dei cristiani locali, vivendo in una situazione molto precaria, senza alcuna protezione legale”. “In Terra Santa – ha aggiunto - stiamo sperimentando, a volte, un venir meno della speranza. Un’intera generazione di israeliani e palestinesi è cresciuta testimoniando e sperimentando violenza, occupazione, separazione, e odio. È diventato sempre più difficile immaginare un futuro di convivenza, più facile è incolpare gli altri, più difficile è perdonare. Eppure – è stata la conclusione del patriarca - sappiamo che l’unica soluzione al conflitto è quella che riconosce la dignità intrinseca di tutte le persone che vivono in questa terra, israeliani e palestinesi, cristiani, ebrei e musulmani. Ogni uomo è infatti creato ad immagine di Dio, ed in quanto tale, è investito di dignità assoluta”. (R.P.)

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    Nigeria: per la Chiesa di Jos sono soprattutto etniche e sociali la causa delle violenze

    ◊   I recenti episodi di violenza che hanno sconvolto lo Stato di Plateau (Nigeria centrale) negli ultimi mesi sono stati al centro dell’ottava Assemblea generale dell’arcidiocesi di Jos, capitale dello Stato, il cui tema si intitolava “The Challenges of Religious and Political Conflicts to the Church in Plateau State”. L’Assemblea si è tenuta dal 16 al 20 agosto presso il centro pastorale “Sacro Cuore” di Jos. “L’Assemblea generale deplora la perdita di vite e di proprietà provocate dalla recenti crisi e offre le condoglianze alla famiglie dei defunti, pregando per le loro anime” afferma il comunicato finale inviato all’agenzia Fides. “Non vi è dubbio che, direttamente o indirettamente tutti noi abbiamo sofferto per le crisi che hanno sconvolto lo Stato” continua il documento. “Nonostante le pesanti sfide economiche, politiche, sociali e relative alla sicurezza che dobbiamo affrontare nello Stato e, in generale, nel Paese, incoraggiamo i cristiani di non perdere la fede nel Dio onnipotente, né di rimanere paralizzati dalla paura e dalla collera, ma piuttosto, di rinnovare il loro amore verso Dio e il prossimo. La Chiesa continuerà ad insegnare l'amore, la pace, la riconciliazione, ad ogni costo. Ogni cattolico è chiamato ad essere un agente del cambiamento che auspichiamo. Preghiamo per la pace nei nostri cuori, nelle nostre case, nel nostro Stato e nel Paese. Cerchiamo di essere i primi a dire “no alla violenza” e di essere in prima linea nel sviluppare una cultura di pace e di non violenza”. L’Assemblea dopo aver ringraziato le forze dell’ordine e le autorità di governo per gli sforzi volti a mantenere la pace nella regione, invita tutti i cittadini a non farsi giustizia da soli, ma a segnalare alle autorità di sicurezza tutti i movimenti sospetti. Il messaggio lamenta “la polarizzazione delle nostre comunità” sulla base dell’essere cristiane o musulmane, perché questa comporta “ulteriori sospetti, diffidenza e paura”, e lancia l’allarme per la crescita dell’estremismo religioso. “Ribadiamo l'importanza del dialogo nella risoluzione dei conflitti. La posizione della Chiesa cattolica è che il dialogo rimane un vero e proprio strumento per la pace. Le recenti crisi hanno generato sfiducia e ci vorrà un grande lavoro per ricostruire la fiducia e la relazione tra musulmani e cristiani”. Dal dibattito assembleare sono emerse diverse posizioni sulle cause delle violenze. “La mancanza di una chiara comprensione sull'origine e sulle cause della crisi ha provocato problemi anche tra i cristiani. Mentre alcuni considerano tali crisi come il tentativo da parte dei musulmani di invadere lo spazio sacro di quello che viene considerato uno Stato profondamente cristiano, altri pensano che le cause della crisi siano etniche, sociali e politiche, ma con una colorazione religiosa. Le crisi devono essere inquadrate nella giusta prospettiva. Le cause sono molteplici e pertanto non si può attribuire la colpa solo alla religione” sottolinea il messaggio. (R.P.)

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    Usa: appello del Movimento Pro-life contro il finanziamento dell’aborto

    ◊   Sostenere la proposta di legge che dice no al finanziamento dell’aborto: è l’esortazione che arriva dal Movimento Pro-life degli Stati Uniti e che è indirizzata a tutti i membri della Camera dei rappresentanti. In una lettera a firma del cardinale Daniel Di Nardo, presidente del Movimento Pro-life, si ribadisce che la proposta di legge H.R. 5939 ha già 166 sostenitori, inclusi 20 esponenti democratici. “Questo progetto di legge – scrive il cardinale Di Nardo nella missiva – introdurrà in modo definitivo una politica sulla quale, per oltre 35 anni, c’è sempre stato un forte accordo, sia a livello popolare che governativo, ovvero: il governo federale non deve utilizzare il denaro dei contribuenti per sostenere e promuovere l’aborto. Persino i rappresentanti politici “pro-scelta” e i giudici che hanno affermato la validità del “diritto costituzionale” all’aborto – continua il porporato – sono d’accordo sul fatto che il governo possa usare il proprio potere per incoraggiare in modo valido le nascite, invece dell’aborto”. Poi, il presidente del Movimento Pro-life fa un’ulteriore precisazione: “Durante il recente dibattito sulla riforma sanitaria, alcuni hanno erroneamente dedotto che, nella nuova legge, non ci fosse bisogno di norme restrittive relative al finanziamento dell’aborto, poiché questa materia era stata già trattata dall’emendamento Hyde”. Ma ciò non è affatto vero, continua il cardinale Di Nardo, poiché “l’emendamento Hyde, che esclude fondi per l’aborto e per progetti sanitari che lo garantiscano, è in realtà solo una clausola della Carta dei servizi relativi al lavoro e alla sanità”. Tuttavia, ribadisce il porporato, “mentre la politica del Congresso è stata effettivamente consistente per decenni, al contrario l’attuazione di tale politica è stata frammentaria e talvolta inadeguata”. Quindi, il cardinale Di Nardo conclude: “Nessun ospedale, dottore od infermiera dovrebbe essere costretto a smettere di fornire cure mediche legittime perché non possono, in coscienza, partecipare alla distruzione di una vita umana”. (I.P.)

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    62.mo anniversario dalla nascita del Consiglio Mondiale delle Chiese

    ◊   Il 23 agosto 1948, ad Amsterdam, 147 Chiese di diverse confessioni e Paesi diedero ufficialmente vita al Consiglio Mondiale delle Chiese (World Council of Churces, Wcc), un movimento ecumenico che si prefiggeva l’unità dei cristiani. Oggi il Wcc – riferisce l’agenzia Misna – riunisce 349 Chiese, denominazioni e comunità di Chiese, in rappresentanza di 560 milioni di cristiani. Mentre in origine le Chiese fondatrici erano in gran parte d’Europa e del Nord America, oggi la maggioranza è costituita dalle Chiese d’Africa, Asia, Caraibi, America latina, Medio Oriente e della regione del Pacifico. Il Wcc – ritenuto la più vasta espressione del movimento ecumenico moderno – è impegnato nel rafforzare la testimonianza delle Chiese che ne fanno parte, rispondendo ai bisogni della popolazione mondiale, all’insegna dei valori di giustizia e pace, attraverso la missione e il servizio. In vista del prossimo “Vertice sugli obiettivi del Millennio” – a New York dal 20 al 22 settembre, promosso dalle Nazioni Unite – il Wcc, in un appello inviato all’Onu, ha di recente ricordato che “l’eliminazione della povertà è di per sé un obiettivo fondamentale” e che “da tempo il Consiglio ribadisce che molti dei conflitti tuttora in corso in diverse parti del mondo sono in gran parte causati dalle privazioni socio-economiche sofferte dalla gente”. La richiesta del Wcc è dunque quella di “riesaminare un sistema perverso di priorità che privilegia il salvataggio di grosse banche o l’acquisto di macchine per uccidere a discapito della liberazione di popolazioni dalla fame e dalla povertà”. In conclusione, “la scusa spesso avanzata di mancanza di risorse per sconfiggere la povertà è piuttosto indicativa di un’assenza di valori e principi morali capaci di affermare la vita, una mancanza di giustizia e di umanità”. (E.C)

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    Taizé. Mons. Zollitsch: cercare punti in comune tra cattolici e protestanti

    ◊   “Porre maggiore attenzione ai punti in comune tra cattolici e protestanti”. È quanto ha auspicato mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, in visita a Taizé dal 20 al 22 agosto, a pochi giorni dal 70.mo anniversario della nascita del centro fondato da Frère Roger Schutz. Mons. Zollitsch – riferisce l’agenzia Sir – ha sottolineato la necessità di ridurre gli attacchi reciproci tra le confessioni. “Deve essere possibile arricchirsi reciprocamente” – ha aggiunto – in virtù delle analogie esistenti tra cattolici e protestanti, “perché nel lungo periodo non esiste alternativa all’ecumenismo”. Nel corso della visita, mons. Zollitsch ha poi evidenziato il “particolare fascino di Taizé, che attrae soprattutto giovani cristiani e la sua importanza quale centro spirituale ecumenico". (C.F.)

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    Tanzania: campagna di vaccinazione antipolio per circa 300mila bambini

    ◊   È stata varata una campagna di vaccinazione antipolio, che coinvolgerà circa 300.000 bambini fino ai cinque anni, nelle regioni tanzaniane di Rukwa (ovest) e Katavi (sud-ovest). L'iniziativa, il cui costo è pari a oltre 18.000 euro, sarà gestita dal ministero della Salute, in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). In una dichiarazione – riportata dai media locali – il responsabile sanitario della regione di Rukwa, dottor Emmanuel Mtika, ha assicurato che l'epidemia di polio, segnalata da alcune settimane nella provincia di Kalemie, nella Repubblica Democratica del Congo, "non si è estesa nella vicina Tanzania, dove dal 1966 non si verificano casi della malattia". “La Tanzania – ha sottolineato Mtika – è uno di quei rari Paesi che si sia attenuto scrupolosamente alle raccomandazioni dell'Oms e ha perciò eliminato la polio". (C.F.)

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    Ghana: iniziativa del governo per fornire acqua potabile e servizi igienici

    ◊   Si chiama “Ghana unito su servizi idrici e igienico sanitari” (Mlgrd) l’iniziativa del governo che mira a fornire acqua potabile e servizi igienici in tutto il Paese. Lo rende noto l’agenzia Misna. Presentato nei giorni scorsi, il progetto costituisce un impegno da parte dell’esecutivo di stanziare circa 156 milioni di euro l’anno, per rispettare entro il 2015 gli obiettivi del millennio contro la povertà e per lo sviluppo fissati dalle Nazioni Unite. Altri finanziamenti sono previsti per il trattamento igienico delle acque reflue, per la costruzione di fognature e per la realizzazione di depuratori. Il progetto si collega a un’analoga iniziativa internazionale, denominata Rete d’azione globale (“Global framework for action”), che pone insieme governi, istituzioni e rappresentanze della società civile per aumentare l’efficacia degli aiuti e una migliore distribuzione delle risorse. (C.F.)

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    Educare alla pace: corso per giornalisti in Guinea-Bissau

    ◊   Educare alla pace attraverso la radio è stato il tema di un corso di formazione per giornalisti organizzato da due emittenti della Guinea Bissau, una cattolica e l’altra islamica. L’iniziativa – resa nota dall’agenzia Misna – ha coinvolto “Radio Sol Mansi”, diretta a Bissau da padre Davide Sciocco, superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), e “Recom”, un’emittente islamica con sede nella città di Mansoa. Al corso hanno partecipato circa 50 giornalisti, uniti dalla convinzione che il dialogo interreligioso può essere un contributo prezioso anche per superare le tensioni politico-sociali e le difficoltà economiche della Guinea Bissau. In queste settimane, periodo di Ramadan per i musulmani, “Radio Sol Mansi” dà spazio ogni giorno alle riflessioni di un imam. Allo stesso modo “Recom” trasmette un programma cattolico, curato da padre Sciocco. (C.F.)

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    Sri Lanka: incontro interreligioso per ricordare padre Brown

    ◊   Singalesi, tamil e musulmani si sono riuniti al Centro per la società e la religione di Colombo per ricordare padre Nihal Jim Brown, sacerdote cattolico di etnia tamil, scomparso il 20 agosto 2006. Lo rende noto l’agenzia AsiaNews. La chiesa della diocesi di Jaffna, affidata a padre Brown, era immersa nella zona di guerra tra militari e ribelli tamil. “Padre Brown ci chiede di crescere nella fede in Dio e di sviluppare il nostro coraggio per costruire una società più giusta”. Con queste parole padre Nandana Saparamadu ha aperto l’incontro, dopo aver pronunciato una preghiera in singalese. Padre Selvarathnam ha richiamato tutti all’unità in nome di padre Brown: “Dio prende sempre le parti degli oppressi e ci chiede di avere cura dei nostri fratelli. E dov’è nostro fratello Jim? Noi dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri: i tamil si prendano cura dei singalesi e i singalesi dei musulmani”. Migliaia di civili, giornalisti, attivisti per i diritti umani e accademici, in maggioranza di etnia tamil, risultano scomparsi, così come accaduto nel 2006 a padre Brown. (C.F.)

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    Vietnam: la Legione di Maria da 62 anni al servizio dei più bisognosi

    ◊   Più di 700 persone dell’arcidiocesi di Saigon hanno festeggiato il 62mo anniversario della Legione di Maria, nell’arcidiocesi di Hanoi, il giorno dell’Assunzione. L’associazione laicale in Vietnam è stata fondata nel 1948 da mons. Joseph Maria Trinh Van Can, secondo cardinale vietnamita. Oggi la Legione di Maria conta più di 100mila membri ed è diffusa in 26 diocesi. Uno dei partecipanti alle celebrazioni, avvenute nella parrocchia di Xom Moi (sud del Vietnam), ha dichiarato ad AsiaNews: “Portiamo avanti diversi lavori apostolici sotto la guida dei vicari o dei sacerdoti. Ogni mese aiutiamo i bambini più sfortunati, gli anziani e gli emarginati, come i senza tetto o i malati di Aids”. In particolare, è molto attiva “La comunità delle tre parrocchie di Saigon” (Comutium SG3, Comutium of Saigon Three’s Parishes), che è nata all’interno della parrocchia di Xom Moi. Il gruppo, nel quale militano come volontari oltre 4500 legionari di Maria, compie un lavoro apostolico in 12 parrocchie e tre piccole chiese. I membri di Comutium SG3 hanno aiutato e battezzato migliaia di persone, centinaia di queste erano malati in fin di vita. I legionari di Maria hanno anche soccorso centinaia di famiglie povere, orfani e bambini disabili. (R.P.)

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    Francia: aperta la sessione 2010 "La politica, una buona notizia"

    ◊   “Una settimana per cambiare il proprio sguardo sulla politica”. Questo il tema della sessione 2010 di “La politica, una buona notizia” che, promossa ogni due anni dall’omonima associazione fondata nel 1996, si è aperta sabato scorso a La Baume (Aix-en-Provence), e vede riuniti fino al 29 un centinaio di giovani francesi dai 20 ai 35 anni per una riflessione sulla politica e per “stabilire – spiegano gli organizzatori all'agenzia Sir - un rapporto fecondo tra Chiesa e mondo nel rispetto dell’espressione della fede e dell’autonomia della politica, al servizio dell’uomo e della società”. In programma conferenze, forum, atelier, giochi di ruolo, celebrazioni, momenti di preghiera e di svago. “L’obiettivo – afferma padre Matthieu Rougé, direttore del Servizio pastorale di studi politici di Parigi (Spep), che per la prima volta prenderà parte all’incontro - è formare i giovani cristiani all’impegno politico”. A questo fine, prosegue, “porterò la testimonianza della mia missione pastorale presso i parlamentari e il mondo politico e condividerò le riflessioni che essa mi suggerisce”. In programma, tra gli altri, interventi di mons. Pontier, arcivescovo di Marsiglia; Paul Valadier, filosofo politico; Christophe Theobald (teologo al Centre Sèvres); Joël Roman (filosofo e membro della rivista Esprit) e di politici di ogni schieramento. (R.P.)

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    Africa: concorso cinematografico per informare i giovani sui rischi dell’Aids

    ◊   Un concorso cinematografico riservato ai giovani, affinché conoscano i rischi dell’Aids e imparino la giusta educazione sessuale: è l’iniziativa lanciata dall’Ajan, l’organizzazione dei gesuiti per la lotta al virus Hiv in Africa. Il concorso si svolgerà dal 15 settembre al 15 dicembre e vedrà la partecipazione di bambini e ragazzi dai 10 ai 25 anni, iscritti alle scuole della Compagnia di Gesù presenti in Africa. Per partecipare alla gara, i giovani dovranno presentare una breve sceneggiatura per un cortometraggio di circa 5-8 minuti in cui si racconta come i ragazzi affrontano le sfide di una pandemia di Aids, adottando uno stile di vita basato sui giusti valori e facendo scelte a favore della vita, come la promozione di relazioni sane e durature. “in questo modo – spiega una nota – l’Ajan spera di offrire alle giovani generazioni un metodo chiaro per capire cosa significa una pandemia di Hiv per se stessi, i loro amici, le loro famiglie e le loro comunità”. Le 20 migliori sceneggiature saranno adattate per lo schermo dall’Ajan stessa che le inserirà in un Dvd didattico sulla prevenzione dell’Aids nell’Africa sub-sahariana. (I.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Elezioni in Australia: conservatori e laburisti senza maggioranza assoluta

    ◊   In Australia, si fa sempre più concreta l’ipotesi di un esecutivo di coalizione, dopo le legislative di sabato. Mentre continua il conteggio dei voti postali, i dati parziali dello scrutinio indicano che né il partito laburista al potere né l’opposizione conservatrice sono riusciti a conquistare la maggioranza assoluta dei consensi necessaria a governare autonomamente. Il servizio di Marco Guerra:

    Bisognerà aspettare ancora una settimana, il tempo necessario per scrutinare tutte le schede giunte via posta per conoscere il risultato finale delle lezioni politiche di sabato. Ma lo spoglio di oltre il 77% dei voti indica chiaramente una situazione di parlamento bloccato. Le ultime proiezioni danno infatti 73 seggi ciascuno alle due formazioni. Ed è la prima volta in oltre 60 anni che il sistema maggioritario non consegna ad uno dei partiti la maggioranza di 76 dei 150 seggi nella Camera. Il premier laburista uscente, Julia Gillard, e il leader dell'opposizione conservatrice, Tony Abbott hanno già aperto i negoziati con i quattro partiti indipendenti e con i verdi, i quali si sono assicurati nove seggi-chiave in Senato. Ambedue i leader chiedono dunque il mandato per guidare il governo. La Gillard fa leva sulla continuità affermando che “il partito laburista è nella posizione migliore per formare una coalizione efficace”. Secondo Abbott, invece, “l’esecutivo uscente ha perso la sua legittimità”. Dal canto loro, tre dei quattro deputati indipendenti si sono già incontrati per cominciare a formulare una linea comune.

    Filippine
    E' di almeno 4 ostaggi morti e un ferito grave il bilancio provvisorio del sequestro del bus turistico a Manila su cui si trovavano 15 passeggeri. Lo riferiscono le emittenti locali, precisando che altri sette ostaggi sono vivi. La polizia ha intanto confermato che Rolando Mendoza, l'ex agente che aveva sequestrato il bus, è stato ucciso nel corso del blitz delle teste di cuoio. Un bambino di 10 anni è stato ricoverato dopo esser stato ferito da un proiettile vagante esploso dall'interno del bus.

    Pakistan
    È di almeno 26 morti e 40 feriti il bilancio di un attacco kamikaze in una moschea nel Sud Waziristan, la regione pachistana al confine con l'Afghanistan. Secondo fonti dell'intelligence pachistana, l'attacco è stato condotto da un kamikaze, il cui obiettivo era Noor Mohammad, un religioso filo-governativo che risulta tra le vittime. In mattinata altre sette persone sono morte in un attacco dinamitardo nella regione tribale di Kurram.

    Afghanistan
    Due soldati Nato, uno dei quali americano, sono stati uccisi stamane in due distinti attacchi, rispettivamente nel nord e nel sud dell’Afghanistan. Prosegue così l’ondata di violenze che, nelle ultime 48 ore, ha lasciato sul terreno almeno altre 15 vittime fra militari, civili e ribelli integralisti. Sul fronte politico si registrano le dichiarazioni del presidente Karzai, secondo il quale al momento non c’è nessun processo formale per i colloqui di pace con i talebani. E resta dura la posizione del presidente afghano sui "contractor", vietati da settembre. Le società operative di sicurezza sul territorio, ha detto Karzai, sono un ostacolo allo sviluppo delle forze di polizia e dell'esercito afghano.

    Iraq
    La fine della missione in Iraq delle truppe statunitensi sarà al centro di un discorso del presidente Obama, nei prossimi giorni al rientro dalle sue vacanze. Intanto ieri a Bassora prima vittima tra i soldati americani rimasti dopo la smobilitazione, mentre il comandante delle forze Usa in Iraq, il generale Ray Odierno, in un’intervista alla Cnn, si è detto convinto che l'Iran stia manovrando e finanziando segretamente gruppi estremisti iracheni con l'obiettivo di impedire alla democrazia irachena di radicarsi in modo forte.

    Cina - inondazioni
    Le inondazioni continuano a minacciare la zona al confine tra Cina e Corea del Nord, flagellata in questi giorni da piogge torrenziali che hanno gonfiato il fiume Yalu, frontiera naturale tra i due Paesi. Oltre 250 mila persone sono state evacuate da diverse città. Particolarmente colpita la provincia nord orientale cinese del Liaoning, dove si contano quattro vittime, e sul versante nordcoreano preoccupa il fiume Amnok, che ha già raggiunto il livello di emergenza. Il ponte sul fiume Yalu a Dandong, un passaggio di transito vitale per le forniture e il combustibile destinato alla Corea del Nord, rimane aperto, ma i servizi ferroviari sono stati interrotti.

    Medio Oriente
    Il raggiungimento di un accordo di pace è “difficile ma possibile”. Così, il primo ministro israeliano Netanyahu, in vista della ripresa dei negoziati diretti con i palestinesi in programma per il 2 settembre prossimo a Washington. Dal canto suo, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, ha avvertito il Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) che l'eventuale ripresa delle costruzioni negli insediamenti ebraici, porterà all'arresto dei colloqui di pace diretti.

    Russia - incendi
    È di 33 miliardi di rubli, pari a circa 850 milioni di Euro la prima stima sui danni causati dagli incendi delle scorse settimane al settore agricolo russo, diffusa oggi dal Ministero dell'Agricoltura di Mosca. Quanto alla raccolta del grano, ad oggi ammonta a 40,7 milioni di tonnellate, 18 milioni di tonnellate in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo stesso ministero prevede una raccolta complessiva tra i 60 e i 67 milioni di tonnellate, contro le 97 del 2009. A causa della riduzione del raccolto, il premier Vladimir Putin ha proclamato una sospensione dell'export dal 15 agosto a fine anno.

    Italia - carceri
    Nuovo suicidio in un carcere italiano. Questa volta è avvenuto a Parma, dove un detenuto, ieri sera, si è tolto la vita impiccandosi con le lenzuola. Si tratta del 43.mo caso dall’inizio dell’anno. L’episodio riaccende il dibattito sulla sicurezza e sul sovraffollamento negli istituti penitenziari del Paese. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    539 detenuti a fronte di 418 posti letto, con tre sezioni chiuse per carenza di agenti. Questa la situazione nel carcere di Parma che è molto simile a quella di altri penitenziari della penisola, dove da tempo si chiede la revisione del sistema penitenziario. I detenuti presenti nelle 206 prigioni nazionali sono oltre 68 mila, la capienza regolamentare, invece, è di meno di 45 mila posti, mentre mancano almeno 6 mila agenti. La richiesta da più parti è quella di rivedere al più presto il sistema delle pene. Mons. Giorgio Caniato è ispettore generale dei Cappellani delle carceri italiane:

    "Io mi chiedo se l’Amministrazione della Giustizia in uno Stato deve essere fatta col concetto della retribuzione: “Hai sbagliato e paghi tanto..” – in termini di anni di carcere - o se non convenga farlo su un altro tipo di discorso di base: “Tu hai distrutto, tu hai rovinato, allora tu ricostruisci e tu ripari.” Quindi, il concetto di una giustizia che fa riparare e che ricostruisce quello che il reato distrugge. Se ci sono molti detenuti che riescono a recuperare - e ce ne sono - il più delle volte è perché incontrano in carcere delle persone che le aiutano".

    Dunque, ottenere il reinserimento sociale del detenuto attraverso misure detentive alternative al carcere, in caso di reati non gravi. Misure che sono contenute nella proposta del Ministero della giustizia attualmente in discussione in Parlamento e che potrebbero risolvere anche il problema del sovraffollamento.Donato Capece è segretario generale del sindacato autonomo di polizia:

    "Non capisco, perché tutti i detenuti che hanno una pena minima definitiva da scontare, devono stare rinchiusi nelle patrie galere, quando invece possono essere benissimo affidati per esempio ai lavori socialmente utili. Questo permetterebbe di essere retribuiti per il lavoro svolto, ma si potrebbe trattenere una parte di questa retribuzione per costruire un fondo di risarcimento per le vittime del reato".

    Italia politica
    In Italia si fa sempre più concreta l’ipotesi di elezioni anticipate. Il premier Silvio Berlusconi lancia un nuovo ultimatum ai finiani: "Se dalla verifica non esce una maggioranza coesa e compatta prepariamoci ad elezioni entro poco tempo". Intanto Gianfranco Fini sembra deciso alla formazione del nuovo partito, mentre il leader dell'Udc Casini assicura: non staremo mai con la Lega. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 235

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