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Sommario del 20/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa ricorda San Bernardo. Il Papa: ci insegna che la vera teologia è l’incontro con Gesù
  • Rinuncia e nomina
  • Espulsioni di rom dalla Francia. Le critiche di mons. Marchetto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan. Denuncia dei missionari: cristiani discriminati negli aiuti
  • Elezioni in Australia: è testa a testa tra laburisti e conservatori
  • Sciopero in Sudafrica. I vescovi: inumano impedire ai malati l'accesso agli ospedali
  • La sfida del cuore al centro del Meeting di Rimini per riportare Cristo in mezzo agli uomini
  • Chiesa e Società

  • L’arcivescovo di Bangalore al governo: stop ai predicatori di odio anticristiano
  • I vescovi indonesiani: progresso economico compromesso da intolleranza e corruzione
  • El Salvador. Cooperazione Chiesa-Stato per la ricerca dei bambini scomparsi durante la guerra civile
  • Perù. La Chiesa favorisce un accordo sul gas tra governo e popolazioni locali
  • Messico: la guerra dei narcotrafficanti contro sacerdoti e pastori
  • Appello dei vescovi del Kenya: emendare al più presto la nuova Costituzione
  • Corea del Nord: la crisi alimentare colpisce anche la capitale
  • Celebrazioni solenni a Budapest per la festa di Santo Stefano, Re e Patrono dell'Ungheria
  • Bielorussia: pellegrinaggio delle famiglie al Santuario della Regina dei Laghi
  • Passione laica e profezia al centro della settimana di studi alla Cittadella di Assisi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cautela da israeliani e palestinesi sulla ripresa dei colloqui diretti sotto l'egida Usa
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa ricorda San Bernardo. Il Papa: ci insegna che la vera teologia è l’incontro con Gesù

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di San Bernardo di Chiaravalle, definito “l’ultimo dei Padri della Chiesa”. Vissuto nel XII secolo, San Bernardo è uno dei massimi esponenti della teologia monastica. Alla sua figura e ai suoi insegnamenti, Benedetto XVI ha dedicato due udienze generali. Da questo Santo, ha affermato il Papa, siamo esortati a cercare Dio con la preghiera e la contemplazione piuttosto che con il mero esercizio della ragione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Promuovere l’esperienza viva e intima di Dio”: è questo l’unico scopo che la teologia deve avere secondo San Bernardo di Chiaravalle. La teologia, per il monaco francese, sottolinea Benedetto XVI, deve dunque essere “un aiuto per amare sempre e di più e sempre meglio il Signore”:

    Per Bernardo, infatti, la vera conoscenza di Dio consiste nell’esperienza personale, profonda di Gesù Cristo e del suo amore. E questo ... vale per ogni cristiano: la fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!” (Udienza generale, 21 ottobre 2009)

    San Bernardo, ricorda il Papa, era un innamorato di Gesù e di Maria. A Lui Dante Alighieri, nella Divina Commedia, attribuisce la sublime preghiera a Maria: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio”. Un amore che, osserva il Pontefice, anche oggi i teologi dovrebbero tenere in considerazione:

    “A volte si pretende di risolvere le questioni fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo con le sole forze della ragione. San Bernardo, invece, solidamente fondato sulla Bibbia e sui Padri della Chiesa, ci ricorda che senza una profonda fede in Dio, alimentata dalla preghiera e dalla contemplazione, da un intimo rapporto con il Signore, le nostre riflessioni sui misteri divini rischiano di diventare un vano esercizio intellettuale, e perdono la loro credibilità”. (Udienza generale, 21 ottobre 2009)

    Insieme a Bernardo di Chiaravalle, è l’esortazione di Benedetto XVI, anche noi dobbiamo riconoscere che l’uomo cerca meglio e trova più facilmente Dio “con la preghiera che con la discussione”:

    “Alla fine, la figura più vera del teologo e di ogni evangelizzatore rimane quella dell’apostolo Giovanni, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro”. (Udienza generale, 21 ottobre 2009)

    Il Papa rammenta che alla “teologia del cuore” di Bernardo si contrapponeva la “teologia della ragione” che aveva in Abelardo il suo esponente più insigne. Il monaco di Chiaravalle contesta Abelardo e quanti con lui “sottoponevano la verità della fede all’esame critico della ragione”, un esame che comportava a suo avviso il “grave pericolo” dell’intellettualismo, “la relativizzazione della verità, la messa in discussione delle stesse verità della fede”:

    “Inoltre, occorre mettere in evidenza che, tra le motivazioni che indussero Bernardo a 'schierarsi' contro Abelardo e a sollecitare l’intervento del Magistero, vi fu anche la preoccupazione di salvaguardare i credenti semplici ed umili, i quali vanno difesi quando rischiano di essere confusi o sviati da opinioni troppo personali e da argomentazioni teologiche spregiudicate, che potrebbero mettere a repentaglio la loro fede”. (Udienza generale, 4 novembre 2009)

    Quel confronto teologico tra Bernardo e Abelardo, tuttavia, si concluse con una piena riconciliazione tra i due. Abelardo, ricorda il Papa, “mostrò umiltà nel riconoscere i suoi errori, Bernardo usò grande benevolenza”. Una vicenda da cui trarre un insegnamento particolarmente attuale:

    “In entrambi prevalse ciò che deve veramente stare a cuore quando nasce una controversia teologica, e cioè salvaguardare la fede della Chiesa e far trionfare la verità nella carità. Che questa sia anche oggi l’attitudine con cui ci si confronta nella Chiesa, avendo sempre come meta la ricerca della verità”. (Udienza generale, 4 novembre 2009)

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    Rinuncia e nomina

    ◊   Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saint-Brieuc (Francia), presentata da mons. Lucien Fruchaud, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Denis Moutel, finora vicario generale della diocesi di Nantes. Mons. Denis Moutel è nato il 6 gennaio 1952 a Ancenis, nella diocesi di Nantes. Dopo il diploma di studi superiori, è entrato nel Seminario di Angers per il primo ciclo di formazione e poi nel quello di Nantes per il secondo ciclo. Nel 1981, dopo studi a Münster e a Parigi, ha ottenuto la licenza in Teologia presso l’Istituto Cattolico di Parigi. È stato ordinato sacerdote l’11 giugno 1977 per la diocesi di Nantes.

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    Espulsioni di rom dalla Francia. Le critiche di mons. Marchetto

    ◊   Il governo francese prosegue nel rimpatrio di rom. Ieri hanno lasciato la Francia in 89; oggi altri 139 partiranno alla volta di Romania e Bulgaria. Dall’inizio dell’anno a fine agosto si prevede che circa 850 rom siano ricondotti nei loro Paesi di origine, fa sapere il ministro francese dell’Immigrazione, Eric Besson, che precisa: “queste persone stanno lasciando la Francia su base volontaria, in cambio di un contributo di 300 euro a persona”. Una decisione, quella di Parigi, che ha suscitato critiche. Debora Donnini ha chiesto un commento a mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti.

    R. – Io andrei un momentino indietro e cioè al fatto che si parla di 51 campi illegali che sono stati smantellati dall’inizio di agosto: quindi, c’è certamente una situazione di precarietà, per questi nostri fratelli, che può evidentemente condizionarli per quanto riguarda l’accettazione di un certo tipo di aiuto economico che li sostenga in questa partenza. Certamente, bisogna anche pensare che le espulsioni non possono essere collettive secondo l’ordinamento europeo, e quindi bisognerebbe vedere anche queste cose, anche se naturalmente il governo si è premurato di cercare di rispondere a questa obiezione.

    D. – Da una parte, la Commissione europea lancia un monito a Parigi; la Francia, d’altra parte, si difende dicendo che sta rispettando le regole dell’Unione Europea…

    R. – Questo è normale nelle relazioni internazionali; credo che ci siano da tener presenti le regole dell’Unione Europea, che proibisce – per esempio – espulsioni collettive e che dice che se non c’è un grave pericolo per la sicurezza non ci può essere espulsione. Naturalmente, lì c'è una valutazione sulla sicurezza, quando si vuole spingere l’acceleratore su questo punto, che intende creare una certa opinione pubblica. In ogni caso, ripeto, questo smantellamento dei campi, dall’inizio di agosto, ha creato sicuramente una situazione di non libertà. E aggiungo che in Francia esiste una legislazione che obbliga i comuni che superino i 5 mila abitanti a creare delle zone protette e a disposizione di quelle che loro chiamano – appunto – “gens de voyage” e che noi chiamiamo “rom” e “sinti” eccetera, per cui la Francia stessa si trova a non aver adempiuto ad una legge che è stata creata proprio per proteggere queste persone e perché non ci siano i campi illegali. Quindi, evidentemente dev’essere considerato quello che c’è a monte…

    D. – Tra l’altro, è iniziato a Lourdes il pellegrinaggio dei rom francesi…

    R. – Io aggiungo che è una coincidenza, che migliaia di zingari da ieri si stanno dirigendo verso Lourdes, per quello che è un pellegrinaggio tradizionale, annuale di questi nostri fratelli e sorelle che vanno lì, a pregare la Madonna. E credo che sia bene che ci uniamo a questa intercessione, perché la “questione-zingari” è una questione grave per l’Europa, perché si tratta del più numeroso gruppo minoritario in Europa: si tratta di almeno 12 milioni di persone tra cui cinque milioni di bambini che dovrebbero andare a scuola… Sono tutte realtà importanti per l’Europa di oggi e di domani…

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo del Prelato dell'Opus Dei, Javier Echevarria, dal titolo “Il futuro dell'Anno sacerdotale”.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'emergenza in Pakistan, prostrato dalle alluvioni.

    Il diritto alla libertà e il suo rovescio: in cultura, in vista del “Meeting per l'amicizia fra i popoli” a Rimini, anticipazione dell'articolo - che sarà pubblicato sul quadrimestrale “Atlantide” - del cardinale Peter Erdő.

    L'eterno e il tramonto: Antonio Paolucci sulla vecchiaia nell'arte.

    Rosmini e le armi contro l'omologazione: Roberto Cutaia a colloquio con il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.

    Hollywood surreale: Emilio Ranzato sulle radici della comicità sul grande schermo.

    Nell'informazione vaticana, Mario Ponzi intervista l'archiatra Patrizio Polisca.

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    Oggi in Primo Piano



    Pakistan. Denuncia dei missionari: cristiani discriminati negli aiuti

    ◊   Si fa sempre più difficile la situazione in Pakistan dopo le terribili inondazioni delle settimane scorse. Nonostante stia lentamente aumentando l’impegno da parte dei Paesi donatori, diverse agenzie umanitarie ribadiscono che gli aiuti stentano ad arrivare a tutti i 20 milioni di pakistani colpiti. Intanto in queste ore è arrivato un nuovo drammatico appello dell’Unicef, mentre i missionari denunciano: i cristiani sono discriminati negli aiuti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Più di 3 milioni e mezzo di bambini rischiano di perdere la vita a causa delle acque contaminate che veicolano malattie mortali ed epidemie. Per questo l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia ha ribadito che bisogna incrementare le donazioni e soprattutto portare urgentemente gli aiuti alle popolazioni colpite. Sono milioni le persone non ancora raggiunte dai soccorsi. Il Pam (Programma alimentare mondiale) ha chiesto l’invio immediato di elicotteri. Alla lentezza e alle difficoltà sul fronte umanitario si affianca anche la discriminazione subita dai cristiani nel Paese. A denunciarla è stato padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie nel Paese, che, in un’intervista all’agenzia Fides, ha parlato di una “guerra tra poveri” per l’accaparramento degli scarsi aiuti gestiti soprattutto dal governo. “I profughi cristiani – ha detto - spesso ricevono ben poca assistenza, oppure ne sono esclusi del tutto”. Il religioso ha poi raccontato di sacerdoti e volontari, che, nelle province di Punjab, Sindh e Baluchistan raccolgono centinaia di sfollati appartenenti alla minoranza cristiana portandoli nei campi gestiti dalla Caritas, per garantire loro assistenza minima necessaria. Intanto la comunità internazionale cerca di intensificare gli sforzi. Proprio per coordinare l’emergenza, ieri si è riunita a New York in seduta straordinaria l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Rappresentanti dell’esecutivo pakistano hanno precisato che i danni ammontano a 43 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno garantito l’invio di altri 150 milioni di dollari, mentre oggi Islamabad ha accettato gli aiuti offerti dall’India, nonostante i complessi rapporti tra le due diplomazie.

    Sulla situazione in Pakistan, Federico Piana ha intervistato Daniele Donati, capo delle operazioni di emergenza della Fao in Asia:

    R. – L’area colpita ha un ordine di magnitudine assolutamente mai conosciuto prima. E’ come se l’area fra Parigi e Reggio Calabria fosse completamente inondata e con un quarto della popolazione italiana colpita da un fenomeno naturale della stessa violenza che possono aver conosciuto gli abruzzesi con il terremoto dell’Aquila.

    D. – L’aspetto più importante, adesso, è l’aiuto alimentare?

    R. – L’aiuto alimentare immediato sì, certamente, ma va considerato anche l’aiuto alimentare per gli animali che danno, a loro volta, alimenti agli uomini. In questo momento il Pakistan ha già perso 200 mila capi di bestiame. Dovete pensare che questo rappresenta, a volte, il risparmio di una generazione di lavoro. Ci sono 700, 800 mila animali a rischio e questo significa prodotti alimentari che stanno per scomparire se non saremo rapidi a mantenere questi animali in vita. L’altro aspetto estremamente prioritario è questo, all’orizzonte, dei prossimi due mesi: c’è da seminare grano. La campagna più importante del Pakistan inizia i primi di settembre – e siamo già in ritardo – e termina a fine ottobre in altre aree del Paese. Ora, compatibilmente con la condizione dei suoli, perché l’alluvione certamente ha portato via, in larghe parti del Paese, lo strato fertile, compatibilmente con questa situazione bisogna cercare di portare ai contadini pakistani quelle sementi di grano necessarie a non perdere questa campagna, altrimenti i raccolti perduti saranno due invece che uno. Si è appena perso il raccolto di mais, cotone, riso, canna da zucchero, quei 3.2 milioni di ettari che sono stati spazzati via dall’alluvione nelle settimane scorse: quello è già perso. Se non si fa in tempo a sovvenire ai loro bisogni con sementi di grano a quest’orizzonte brevissimo – immaginate di dover comprare sui mercati internazionali le giuste varietà di sementi – ed organizzare la logistica in un Paese colpito nelle sue infrastrutture ed ancora sotto l’acqua, per molti versi, questa è una sfida titanica. Se non si arriva in tempo, si perde anche quella finestra di opportunità ed il costo, in termini di aiuto alimentare, sarà smisurato. E’ un’operazione come non se n’è mai immaginata una. Quest’anno il Pakistan ha fatto uno sforzo speciale di preparazione a questi monsoni, perché avvengono tutti gli anni. Ci si aspettavano dei danni, non è che non fossero scontati in anticipo, ma nessuno si aspettava questa dimensione.

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    Elezioni in Australia: è testa a testa tra laburisti e conservatori

    ◊   In Australia elezioni legislative, questo sabato, banco di prova decisivo per la premier laburista Julia Gillard, in carica da due mesi dopo la sfiducia del partito a Kevin Rudd. I sondaggi prevedono un risultato sul filo di lana, il più risicato in quasi 50 anni, fra il governo laburista, che ha una maggioranza di 16 seggi nella Camera, e l'opposizione guidata dall'ultraconservatore Abbott. Si intravede la possibilità che, come avvenuto in Gran Bretagna, per la prima volta nessuno dei due partiti possa formare da solo un governo. La premier Gillard ha incentrato la sua campagna sulla gestione economica, evocando il tempestivo programma di stimolo economico che ha messo al riparo l'Australia dalla crisi globale e ha mantenuto alto il livello di occupazione. I vescovi senza dare indicazioni di voto invitano a dare priorità alla dignità della persona e ai suoi diritti basilari ricordando i più svantaggiati a partire dagli aborigeni. Ma come ha attraversato la crisi globale di questi due anni il continente australiano? Risponde nell’intervista di Fausta Speranza, Elena Saba che da anni vive a Perth con la sua famiglia in missione:

    R. – La crisi in Australia si è sentita agli inizi, ma adesso si vede la ripresa. Agli inizi sì, erano tutti molto spaventati: molte fabbriche hanno chiuso, come anche i negozi. Molte attività hanno avuto dei problemi, ma adesso si stanno pian piano riprendendo. Le istituzioni hanno dato molti aiuti, investito soldi, hanno immesso sul mercato valuta e quindi adesso la situazione sta migliorando.

    D. – La disoccupazione, dunque, non è una priorità per la gente?

    R. – Non molto. Un anno fa era una delle prime priorità perché le persone perdevano il lavoro, mentre oggi non più: comunque tutti promettono soldi, sia il partito laburista che il partito liberale. Promettono soldi per la scuola, gli ospedali, per le amministrazioni.

    D. – Per quanto riguarda la sanità ed i servizi di base, l’Australia è un Paese preso anche a modello dagli altri Paesi...

    R. – Certo. Qui nel Western Australia ci sono progetti per nuovi ospedali perché la popolazione è aumentata molto e quindi gli ospedali, chiaramente, sono carenti solo per questo. Si progettano ospedali nuovi, nuove strutture.

    D. – Tra i punti citati dai vescovi c’è l’appello per le donne, per una protezione da tutte le forme di violenza…

    R. – Sì, ci sono casi di violenza perché c’è il problema dell’alcol, un problema che porta poi alle violenze sulle donne e sui bambini. I vescovi, quindi, prendono le difese della dignità delle donne. Ci sono certamente soprusi, ma secondo me il tutto va relazionato al problema di droga ed alcol.

    D. – Che dimensione ha questo fenomeno, è davvero così grave?

    R. – E’ molto grave. I giovani non hanno posti di ritrovo, non sanno come impiegare il tempo e come donarsi agli altri, per cui l’unica attività, per loro, il venerdì sera o il sabato, è quella di ubriacarsi. Anche i giovanissimi fanno molto uso di alcol e droghe nonostante il proibizionismo. La diffusione è altissima: è aumentata negli ultimi anni davvero molto.

    D. – Come mai, secondo lei, in un Paese che ha servizi di base efficienti, una sanità efficiente, una scuola efficiente e non ha grossi problemi di disoccupazione, c’è questo vuoto esistenziale tra i giovani, un vuoto che li spinge all’alcol e alle droghe?

    R. – Secondo me c’è un non-senso in tutto quello che fanno, proprio come un vuoto. Molti di loro perché hanno problemi familiari, famiglie distrutte e quindi perdono il senso della vita. Che valore ha la mia vita se la mia famiglia non mi accetta, se ci sono divisioni laceranti? Tutto perde di significato. Per cui, anche avere tanti soldi a cosa serve? A dare un po’ di piacere e quindi a bere, a drogarsi. Si perdono i valori primari della famiglia, del volersi bene l’un l’altro, dell’aiuto reciproco e l’unica felicità che si può trovare è nell’evasione e nell’alcol. Il problema di fondo, secondo me, è che si è perso il significato profondo della famiglia.

    D. – Dunque è forte il senso di individualismo?

    R. – Molto. Qui in Australia ognuno vive per conto proprio, c’è un individualismo molto profondo.

    D. – I vescovi, nel loro appello, citano anche la situazione dei nativi, degli aborigeni. Parlano di condizioni di vita da Terzo Mondo…

    R. – Ed hanno ragione. Gli indigeni, gli aborigeni non riescono ad integrarsi in questo tipo di società. Si sentono vittime di abusi, di ingiustizie e non riescono ad integrarsi in una società così moderna. I giovani non continuano la scuola, non vanno avanti nella scolarizzazione ed hanno anche loro, molto forte, il problema dell’alcol.

    D. – Di recente si è parlato di iniziative a livello governativo per cercare di migliorare la situazione degli aborigeni. Qualcosa è stato fatto?

    R. – Ci sono state le scuse pubbliche del primo ministro, Kevin Rudd, lo scorso anno. Scuse che loro hanno apprezzato molto, anche se comunque non basta, perché alla fine vogliono essere compensati finanziariamente, vogliono soldi. Dopo le parole ci vogliono dei fatti.

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    Sciopero in Sudafrica. I vescovi: inumano impedire ai malati l'accesso agli ospedali

    ◊   Rischia di sfociare in una protesta generale lo sciopero dei lavoratori del settore pubblico che sta bloccando il Sudafrica. Quasi un milione e mezzo di manifestanti sono scesi ieri in piazza a Johannesburg, rivendicando radicali miglioramenti salariali. Nel corso della manifestazione si sono registrati momenti di forte tensione con le forze dell’ordine, che continuano a presidiare scuole e ospedali. In un comunicato, i vescovi sudafricani, pur riconoscendo il diritto di sciopero, esprimono il forte rincrescimento per l’inumano comportamento dei dimostranti, che hanno impedito l’accesso ai nosocomi, per medici e pazienti, e agli istituti di istruzione, per docenti e studenti. I presuli, inoltre, invitano i lavoratori in sciopero a prendere in seria considerazione la condizione di poveri, deboli, malati e giovani, che stanno disperatamente lottando per una vita migliore. Sulle motivazioni dello stato d’agitazione, Giancarlo La Vella ha intervistato Laura Mezzanotte, esperta di Africa australe:

    R. - Questo sciopero rischia di essere il catalizzatore di una protesta popolare e sociale che viene soprattutto dalle zone povere, dove la gente da molto tempo sta protestando per la mancanza di servizi e per le mancate promesse; quindi la richiesta di avere acqua, di avere casa e di avere servizi, che non è stata soddisfatta, potrebbe saldarsi politicamente a questo sciopero, che è uno sciopero apparentemente salariale, ma che in realtà ha nel sottofondo, una richiesta molto precisa al presidente Zuma di una specie di bonus elettorale, perché il sindacato al momento dell’elezione di Zuma, è stato uno dei suoi grandi elettori e adesso dice: noi vogliamo quello che ci hai promesso.

    D. - Dopo la fine dell’Apartheid si è sempre guardato dal Sudafrica in termini molto positivi: a tuo avviso, invece, il Paese sta un po’ scontando quelli che sono i problemi economici e sociali di tanti altri Paesi occidentali?

    R. - Sicuramente il Sudafrica risente della crisi, anche se forse, un po’ meno di quello che potrebbe essere il livello europeo, ma ne risente in un certo senso di più rispetto ai Paesi africani, perché è un Paese, comunque, più integrato nel sistema globale anche finanziariamente. Inoltre, c’è il grosso problema che la classe politica sta dando uno spettacolo abbastanza indecoroso di sé, perché ci sono stati moltissimi scandali, c’è ormai una tendenza ad avere connessioni politiche che servono per avere contratti pubblici. Questa è una cosa che del resto anche in questo sciopero è venuta fuori, perché il sindacato ha già detto: “Noi siamo stufi di avere degli stipendi miseri, quando i nostri politici vivono nel lusso!” C’è stato proprio un aumento massiccio dei problemi nella gestione pubblica, anche perché la generazione che oggi è al potere, è una generazione che non fa più parte dei padri fondatori. Sono rimaste persone che hanno fatto la lotta contro l’Apartheid, ma che poi non hanno mantenuto quel tipo di integrità, forse, e si è instaurata una cultura politica abbastanza preoccupante, non diversa, né da altri Paesi africani, né anche da altri Paesi europei; però comunque per i sudafricani è un grosso choc, perché loro escono da un’idea di sé stessi come la Nazione pura, la Nazione che va avanti sulla base di alti ideali e forse hanno sottovalutato il problema dell’arrivo al potere di tutta una classe politica che ha poco sofferto nella lotta e ha molto pensato a che cosa fare quando riuscirà ad avere il potere.

    D. - Dopo le divisioni etniche, oggi, la popolazione è compatta o ci sono comunque divisioni?

    R. - Ci sono molte divisioni e comunque quella tra bianchi e neri non è assolutamente scomparsa. Poi, ci sono altre divisioni che derivano dallo scarto economico tra poveri e ricchi, che è molto grande, in questo senso è da Paese del Terzo mondo, mentre per altri versi il Sudafrica ha dinamiche che non sono da Terzo mondo.

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    La sfida del cuore al centro del Meeting di Rimini per riportare Cristo in mezzo agli uomini

    ◊   “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”: è il titolo della 31.ma edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli, promosso a Rimini da “Comunione e Liberazione”, che avrà inizio domenica prossima. L’evento si aprirà con la Messa presieduta dal vescovo diocesano, mons. Francesco Lambiasi. In apertura della celebrazione, il presidente della Fondazione del Meeting, Emilia Guarnieri, leggerà il messaggio augurale di Benedetto XVI. Proprio ad Emilia Guarnieri, Luca Collodi ha chiesto di soffermarsi sul tema di quest'anno che mette il cuore al centro dei nostri tempi:

    R. – Vuol dire che l’uomo è fatto per la grandezza, per l’infinito, per la positività e che se é leale con questo cuore, questo cuore sarà sempre, in ogni circostanza, la sua grande risorsa.

    D. – Presidente Guarnieri, ne parlerete al meeting: ci sono, secondo lei, forze che possono cambiare la storia economica, sociale e politica?

    R. – C’è un titolo, per le tavole rotonde del meeting, che recita proprio: “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”, perché in effetti é proprio vero che se l’uomo perde il suo desiderio, perde la sua spinta alla grandezza, alla realizzazione di sé, l’uomo non solo si perde sul piano personale e soggettivo individuale, ma si perde proprio come costruttore di storia, si perde come protagonista sociale. Nel meeting abbiamo anche una mostra che documenta proprio come il ‘fattore-uomo’, il ‘fattore-persona’ sia l’elemento determinante - anche in una circostanza che é quella di cui la mostra parla - della crisi economica.

    D. – Un europeo, perché, oggi, deve ancora credere nella divinità di Gesù Cristo?

    R. – Questo é un altro bellissimo tema che verrà trattato proprio dalle due anime dell’Europa, dai ‘due polmoni’ dell’Europa - come diceva una volta Giovanni Paolo II - : da una parte il polmone Russo – avremo il metropolita di Minsk, Filarete – e dall’altra parte il polmone occidentale ed avremo il presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, il primate d’Ungheria Erdő. Mi piace proprio sottolineare questo, che é sicuramente l’incontro storico di questo meeting: cioé il fatto che queste due grandissime personalità abbiano accettato di parlare insieme e su questo grandissimo tema, che significa proprio dire: “oggi Cristo ha ancora qualcosa da dire all’uomo!”. Un tema che si domanda anche cosa sia oggi Cristo per l’attesa dell’uomo. Argomento, peraltro, sul quale – da un’altra angolatura – interverrà anche il cardinale Scola, che metterà proprio a tema questa questione, perché in effetti, oggi, é come se di fronte a questa questione – almeno a noi sembra, anche per l’esperienza che viviamo, per i rapporti che abbiamo della fede cristiana – gli uomini non possano non rimettersi in gioco, perché oggi o il cristianesimo é veramente una risorsa per l’umanità, oppure é un fardello inutile.

    D. – Per non parlare, poi, del rapporto tra religione e politica...

    R. – Credo che sicuramente la religione ponga alla politica la grande questione della libertà, perché o la libertà religiosa é proprio un diritto umano che la società civile e la società politica riconoscono come fattore importante, o appunto siamo inevitabilmente condannati – in un modo o in un altro – alla persecuzione. Potranno essere delle persecuzioni violente o potranno essere persecuzioni apparentemente meno violente, comunque la politica non può sottrarsi ad un riconoscimento della libertà dell’esperienza religiosa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    L’arcivescovo di Bangalore al governo: stop ai predicatori di odio anticristiano

    ◊   Urge fermare al più presto i predicatori di odio che infiammano gli animi alla violenza contro i cristiani, diffondendo false accuse, soprattutto se si tratta di uomini politici, leader che rappresentano la nazione: lo chiede l’arcivescovo di Bangalore, Bernard Moras, in un lettera inviata al governatore dello Stato del Karnataka (India meridionale), H. R Bhardawaj, e al primo ministro dello stesso stato, B. S. Yeddyurappa. La missiva, giunta all’Agenzia Fides, è la risposta della Chiesa alle gravi dichiarazioni del parlamentare Prahlad Remane – membro del partito nazionalista indù Barathiya Janata Party (BJP) – che, nella giornata dell’indipendenza dell’India, aveva lanciato pesanti accuse contro la comunità cristiana. Il leader ha detto che fra le eredità lasciate dai colonizzatori Inglesi all’India “c’è quella di aver diffuso sistematicamente il seme del cristianesimo nel Paese”. Una “malapianta” che Prahlad Remane ha invitato a “sradicare al più presto”. Tali dichiarazioni – osservano fonti locali della Fides - sono in linea con le peggiori affermazioni dell’estremismo indù, che ha provocato negli ultimi due anni oltre 1.000 episodi di violenza anticristiana solo in Karnataka e massacri in altri stati dell’India. “Ma per i massacri in Orissa c’è stata una sollevazione dell’opinione pubblica, lo sdegno della comunità internazionale, l’intervento del governo federale. In Karnataka, invece, grazie alla sotterranea copertura del BJP e della polizia di Stato, non c’è alcun impatto culturale né emotivo sulla popolazione. Spesso non vi sono denunce ufficiali (che la polizia rifiuta di registrare), non vi sono articoli e servizi dei mass-media. Tutto avviene nel silenzio, nell’indifferenza e nell’impunità, ma la comunità cristiana è in evidente sofferenza”, spiega la fonte di Fides. Per questo l’arcivescovo Moras ha rotto gli indugi e ha scritto al governo locale: “Apprendiamo con profondo disappunto che il parlamentare del BJP Prahlad Remane ha diffuso false accuse contro i cristiani, parlando anche di conversioni operate con mezzi fraudolenti”, afferma il presule, chiedendo al governatore e al primo ministro di intervenire al più presto per bloccare tali leader irresponsabili che attentano alla pace nella società indiana. “Tali rilievi falsi e ingiustificati gettano benzina sul fuoco dei sentimenti di intolleranza”, nota allarmato mons. Moras, che ha inviato copia della lettera anche alle autorità federali. L’arcivescovo ha sottolineato che “secondo la Costituzione indiana, i valori di pluralismo, laicità, tolleranza, mutuo rispetto, armonia” devono essere rispettati da tutti, soprattutto da persone che rappresentano i cittadini nelle assemblee legislative, a livello statale e federale. Costoro “sono chiamati a proteggere e garantire i diritti costituzionali di tutta la popolazione indiana, senza pregiudizi di casta, colore o religione”, contribuendo a creare a creare pace e armonia nella società.

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    I vescovi indonesiani: progresso economico compromesso da intolleranza e corruzione

    ◊   La povertà, la crescente intolleranza religiosa e la corruzione hanno costituito i maggiori ostacoli al progresso dell'Indonesia in questi ultimi anni. Il miglioramento del tenore di vita, conseguito nel frattempo da molti cittadini, potrebbe essere quindi annullato se questi problemi non saranno affrontati in modo adeguato: questo, in sintesi, il contenuto del messaggio che i membri della Conferenza episcopale dell'Indonesia hanno indirizzato al presidente della Repubblica, Susilo Bambang Yudhoyono, in seguito ai recenti gravi episodi d'intolleranza religiosa provocati da alcuni gruppi di fanatici integralisti a Bekasi e in altre località dell'arcipelago. Lo riferisce L’Osservatore Romano. La lettera è stata recapitata lunedì scorso presso l'ufficio della segreteria di Stato del presidente, giusto alla vigilia dell'Indipendence Day. Rivolgendosi direttamente alla più alta carica del Paese, i presuli indonesiani sottolineano che «sotto la tua leadership, la nostra nazione ha affrontato molte sfide negli ultimi dodici anni. Il tenore di vita nel Paese è aumentato, i conflitti interni sono diminuiti e si è verificata una consistente crescita economica». Nel messaggio, i responsabili della Conferenza episcopale dichiarano che gravi problemi ancora permangono e questi affliggono la vita di milioni di concittadini. «Il popolo — aggiungono — chiede linee di condotta politica ed economica che favoriscano i ceti più poveri. Quello su cui noi vescovi particolarmente insistiamo è che lo Stato dimostri la volontà di difendere i vari gruppi religiosi minoritari. Certamente non possiamo rallegrarci se dei credenti devono vivere in una situazione di paura». Tuttavia, secondo i presuli, il problema della corruzione a tutti i livelli sociali è ancora quello che maggiormente tormenta la società indonesiana. Nel messaggio al leader sottolineano «di essere riconoscenti perché le iniziative contro la corruzione si sono maggiormente intensificate nel periodo della tua leadership. Tuttavia pensiamo che sia arrivato il momento di intraprendere delle azioni legali contro i corrotti senza riguardo per chi questi rappresentano». L'aumento degli episodi di intolleranza verso le minoranze religiose da parte degli integralisti islamici riguarda soprattutto alcune organizzazioni protestanti che vengono accusate di proselitismo. Di questi episodi si è occupata anche l'organizzazione Christian Solidarity Worldwide (Csw) che lo scorso giugno aveva inviato in Indonesia alcuni suoi rappresentanti per incontrare leader religiosi di alcuni gruppi cristiani e musulmani. Recentemente, al termine del viaggio, il direttore della Csw, Stuart Windsor, ha dichiarato «di essere stato favorevolmente colpito dal pluralismo e dal grado di libertà che attualmente caratterizzano la società indonesiana ma di essere al tempo stesso molto preoccupato dalla crescita del fenomeno dell'intolleranza religiosa». Per il responsabile di questa organizzazione, è indispensabile che il Governo di Giakarta lanci delle iniziative per proteggere le minoranze da ulteriori aggressioni.

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    El Salvador. Cooperazione Chiesa-Stato per la ricerca dei bambini scomparsi durante la guerra civile

    ◊   Il vescovo di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chávez, insieme ad altre personalità e alla presenza del capo di Stato Mauricio Funes, ha assunto ieri l’incarico di membro della Commissione nazionale per la ricerca di bambini e bambine "scomparsi" durante i dodici anni di guerra civile. Il conflitto ha causato la morte di oltre 75mila salvadoregni e la scomparsa di più di 8mila cittadini, fra cui centinaia di bambini che a tutt'oggi mancano ancora all’appello. La guerra, dopo una lunga e faticosa mediazione dell'Onu e del Premio Nobel della pace Oscar Arias, due volte presidente del Costa Rica, si è conclusa il primo gennaio 1992 e da allora, la Chiesa locale, insieme con altre organizzazioni nazionali e internazionali, è fortemente impegnata nella ricerca di soluzioni ai tanti problemi ereditati con lo scopo di fare giustizia e consolidare un autentico processo di riconciliazione. Nel 1994 il sacerdote Jon Cortina ha creato l' Associazione pro ricerca dei bambini salvadoregni scomparsi, basando la sua azione su un elenco che registra più di 600 denunce. L'Associazione, sino ad oggi, ha potuto chiarire la sorte di 200 minori ma ne mancano all'appello altri 400. D'altra parte si teme che i bambini scomparsi siano molti di più poiché si sa, con certezza, che in molti casi, soprattutto genitori delle aree rurali non hanno mai presentato denuncia. Questa commissione, durante questi anni, era stata richiesta a più riprese dalla Chiesa salvadoregna ma i governi precedenti si sono sempre rifiutati di istituirla. Il presidente Mauricio Funes, alcuni mesi fa ha chiesto scusa a nome dello Stato a tutto il Paese per le vittime della guerra civile e per i gravi crimini commessi dai corpi militari salvadoregni. "Riconosco pubblicamente la responsabilità dello Stato davanti a questi fatti, tanto per le azioni commesse che per quelle omesse" ha detto il presidente durante la cerimonia di commemorazione della fine della guerra nel gennaio scorso. Funes è militante del "Fronte Farabundo Martì per la liberazione nazionale", oggi partito politico costituzionale, ma che tra il 1980 e il 1982 era il principale gruppo della guerriglia che si scontrava con i governi salvadoregni che si sono susseguiti negli anni della guerra civile. (A cura di Luis Badilla)

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    Perù. La Chiesa favorisce un accordo sul gas tra governo e popolazioni locali

    ◊   “Ciò che abbiamo fatto dimostra che solo il dialogo può aiutare veramente a risolvere i nostri problemi”. Così l'arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale del Perù, mons. Miguel Cabrejos Vidarte, ha commentato ieri la firma degli accordi - raggiunti con la mediazione della Chiesa - tra le autorità di governo e la popolazione di La Convención, nella regione di Cuzco, a margine di una trattativa sulla gestione delle riserve locali di gas naturale che si prolungava da diverse settimane e che minacciava di destabilizzare altre popolazioni. "Mi complimento per questo nostro incontro, e per le sue conclusioni, che sono il frutto del dialogo", ha precisato il presule che alcuni giorni fa aveva offerto la presenza dell'Episcopato se ciò poteva "aiutare a riaprire le trattative alla ricerca di soluzioni condivise". "Penso - ha aggiunto l'arcivescovo di Trujillo - che ciò che abbiamo fatto dimostra quale sia il modo migliore per superare i conflitti e le difficoltà di natura sociale. Si tratta quindi, ha rilevato, di incontrarsi, di parlarsi, tenendo sempre presente il bene comune". Ricordando la natura della controversia, che riguardava soprattutto l'uso delle risorse naturali esistenti sul posto, il presidente dell'Episcopato ha ribadito di ritenere possibile che problemi di questi tipo tendano a moltiplicarsi nel futuro e dunque di pensare che il modello scelto, basato sul dialogo e la discussione, possa anche servire a prevenire nuovi conflitti". "Nel Perù - ha precisato -, abbiamo ingenti ricchezze naturali che Dio ha donato. Sono tesori che nello stesso modo in cui possono favorire alcuni è possibile utilizzare perché favoriscano anche tutti gli altri. È una questione che possiamo definire sviluppo equo che mette al centro delle sue dinamiche il bene di tutti, il bene comune, e non solo quello particolare". Il punto principale dell'accordo è l'impegno governativo a costruire un impianto per la gestione del gas di Camisea, nella località di Kepashiato, la cui esportazione senza controllo da parte delle autorità locali aveva dato origine al conflitto protrattosi dal 27 luglio sino a ieri con occupazioni, blocchi stradali e scioperi. Questa decisione si accompagna a quella, ritenuta fondamentale da gran parte del Perù, che fissa a un minimo dell'88% la quota di gas naturale peruviano da destinare al consumo interno. (L.B.)

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    Messico: la guerra dei narcotrafficanti contro sacerdoti e pastori

    ◊   Negli ultimi mesi centinaia di sacerdoti cattolici e di pastori protestanti sono stati vittime di estorsioni o di minacce di morte da parte dei narcotrafficanti che operano ai confini tra il Messico e gli Stati Uniti. Lo riferisce L’Osservatore Romano. "Alcuni religiosi messicani, ma anche stranieri — ha dichiarato il presidente messicano della Confraternita delle chiese cristiane evangeliche, il pastore Arturo Farela — sono stati minacciati dal crimine organizzato che ci considera un'impresa commerciale. Diamo fastidio perché abbiamo più volte lanciato campagne di sensibilizzazione per riabilitare i tossicodipendenti e gli alcolizzati e cerchiamo di aiutare le persone in difficoltà". La Confraternita gestisce numerosi centri di rieducazione in Messico, come la clinica del "Tempio cristiano fede e vita", a Ciudad Juarez, dove una banda armata ha ucciso diciannove persone l'11 giugno scorso durante un raid. Sempre a Ciudad Juarez, nel settembre del 2009 furono uccise diciotto persone. Questa città di 1,3 milioni di abitanti alla frontiera americana, vicino a El Paso, in Texas — riferisce la France Press — è divenuta il campo di battaglia più sanguinoso della "guerra dei cartelli" per il controllo del traffico e dell'approvvigionamento della droga. Da quando il presidente Felipe Calderon nel 2006 ha deciso di considerare una priorità nazionale la lotta ai narcotrafficanti sono state uccise ventottomila persone durante gli scontri tra le forze di polizia governative e le bande criminali. La zona considerata "calda" è quella compresa tra la California e il Golfo del Messico. "Più di mille persone - ha spiegato il portavoce della Conferenza episcopale del Messico, padre Manuel Corral - sono state vittime di minacce di morte o di tentativi di estorsione. I cartelli, per i quali l'estorsione non è che una delle molte attività criminali, chiedono da mille a centomila pesos al mese. Alcuni sacerdoti accettano di pagare perché viene detto loro che si tratta di un contributo per un'opera buona. Ci si rende conto solo più tardi di essere entrati in una spirale di estorsioni. In caso di rifiuto - ha aggiunto padre Corral - arrivano le minacce contro la famiglia, la sicurezza dei parrocchiani, gli edifici. Alcuni sacerdoti sono stati costretti a cambiare parrocchia di fronte a minacce reiterate". Nelle ultime settimane i responsabili religiosi del Paese, cattolici e protestanti, hanno moltiplicato gli incontri con le autorità perché la situazione si fa sempre più insostenibile. "Soltanto a Ciudad Juarez - ha sottolineato il pastore Farela - su una popolazione totale stimata di 1,3 milioni di abitanti, più di un centinaio dei nostri ottocento officianti ha ricevuto minacce di morte".

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    Appello dei vescovi del Kenya: emendare al più presto la nuova Costituzione

    ◊   In una conferenza stampa svoltasi ieri presso la Basilica della Santa Famiglia di Nairobi, il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi e presidente della Conferenza Episcopale del Kenya, ha affermato la necessità di emendare al più presto la nuova Costituzione. Lo riferisce la Fides. La conferenza stampa era stata convocata al termine di una riunione dei vescovi keniani, per discutere l'esito del referendum del 4 agosto che ha approvato la nuova Costituzione del Paese. La Chiesa cattolica, pur riconoscendo alcuni aspetti positivi del testo, si era opposta alla nuova Costituzione a causa dell’articolo 26, che al comma 4 recita: “L’aborto non è permesso a meno che, secondo l’opinione di un professionista sanitario specializzato, vi sia la necessità di un trattamento d’emergenza, o la vita o la salute della madre sia in pericolo, o se è permesso da ogni altra legge scritta”. È soprattutto l’ultima affermazione (“se è permesso da ogni altra legge scritta”) ad allarmare gli oppositori dell’aborto, perché di fatto apre la strada alla sua legalizzazione. Al termine della loro riunione, i vescovi hanno deciso di accettare la decisione dei keniani di approvare la nuova Costituzione, ma hanno ribadito che gli errori contenuti nel nuovo dettato costituzionale siano affrontati e corretti al più presto. La Conferenza Episcopale ha inoltre criticato i risultati di alcuni sondaggi, secondo i quali i keniani avrebbero più fiducia nei politici rispetto alla Chiesa. Il cardinale Njue ha detto che se i keniani hanno votato in maniera compatta a favore della nuova Costituzione, questo non significa che si possa ignorare la verità. "La credibilità non riguarda i numeri, ma la verità. Storicamente la verità non è mai stata popolare, ma la Chiesa ha sempre avuto e avrà il suo ruolo da svolgere nella società. Come i pastori in grado di fornire un orientamento morale, dobbiamo ancora ribadire la necessità di affrontare le questioni morali che viziano la nuova Costituzione. Questa voce non potrà mai essere messa a tacere”.

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    Corea del Nord: la crisi alimentare colpisce anche la capitale

    ◊   La disastrosa riforma valutaria dello scorso anno e la pianificazione economica quinquennale, che il regime comunista della Corea del Nord continua a portare avanti, stanno mettendo in ginocchio la popolazione di Pyongyang. La capitale era abituata a un regime alimentare leggermente migliore rispetto al resto del Paese ma ora è stretta nella morsa della fame a causa dell’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e dalla mancanza degli alimenti base nei negozi. AsiaNews ha raccolto la testimonianza di alcuni ex cittadini fuggiti in Corea del Sud secondo cui iniziano a manifestarsi i primi timidi segnali di malcontento: la popolazione è irata, e si lamenta di questi fattori. Secondo alcune stime, il 60 % degli abitanti è scontento delle autorità”. D’altra parte gli abitanti di Pyongyang, data la vicinanza con il potere politico, erano abituati ad avere accesso alle merci migliori che transitavano per il Paese: ora devono vivere di patate. La stessa fonte, che è andata fino in Cina in cerca di cibo, aggiunge: “La vita, semplicemente, non tornerà più come prima: la distribuzione del cibo non funziona più. La cosa diversa dal solito è il modo in cui la gente reagisce: a luglio e ad agosto sono state distribuite soltanto patate, e iniziamo a sentire vere proteste contro il governo”. Un ulteriore segno del disastro in corso viene dalle classi privilegiate della società, come militari e membri delle agenzie di sicurezza nazionale, che ricevono razioni limitate come il resto della cittadinanza. Fino a poco tempo fa, invece, il loro regime alimentare era paragonabile a quello di una capitale dell’Europa orientale ai tempi del comunismo. La Corea del Nord vive da almeno due decenni una situazione alimentare insostenibile. Poggiandosi sul principio dell’autosostenibilità predicata dal precedente regime di Kim Il-sung, il governo ha portato avanti dei progetti di pianificazione economica che si sono dimostrati fallimentari. A questo vanno aggiunte le pesantissime sanzioni imposte dalla comunità internazionale dopo l’annuncio dello sviluppo di un arsenale atomico, che hanno di fatto eliminato ogni merce straniera dal mercato, e la terribile riforma valutaria ordinata dal “Caro Leader” Kim Jong-il lo scorso dicembre. Per evitare nuove defezioni negli alti ranghi militari, infatti, il dittatore ha tolto due zeri dalla valuta nazionale, azzerando risparmi e investimenti. In questo modo ha costretto alla povertà anche la misera classe media del Paese, gettandola nel panico. “Ora – dice ancora la fonte di AsiaNews – l’effetto di tutto questo sta colpendo anche la capitale. Ma senza cibo, il patriottismo non dura a lungo”. (M.G.)

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    Celebrazioni solenni a Budapest per la festa di Santo Stefano, Re e Patrono dell'Ungheria

    ◊   Solenni celebrazioni, oggi in Ungheria, per la festa di Santo Stefano, Re e Patrono della Nazione. A Budapest, il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, presiede la Santa Messa nella piazza antistante la Basilica del Santo, alle ore 17.00: concelebrano tutti i membri della Conferenza episcopale ungherese. Al termine prenderà avvio la processione con la reliquia del braccio destro del primo Re d’Ungheria. Sarà presente il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, accompagnato a Budapest da una delegazione di Cavalieri dell’Ordine del Santo Sepolcro dell’Austria. Santo Stefano, secondo la tradizione, venne consacrato Re nella notte di Natale dell’anno 1000; fu il primo sovrano e primo Santo ungherese, governò con saggezza, si preoccupò del bene dei suoi cittadini e del consolidamento della fede nel Paese, offrendo una forte testimonianza personale di vita cristiana. Anche la moglie Gisella è beata ed è Santo il figlio Emerico, morto in giovane età.

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    Bielorussia: pellegrinaggio delle famiglie al Santuario della Regina dei Laghi

    ◊   Si svolgerà domani il quarto Pellegrinaggio interdiocesano delle famiglie bielorusse, sul tema “La felicità della persona è nella santità della famiglia”, presso il Santuario della Beata Vergine Maria Regina dei Laghi, in Braslav; presiede l’incontro il vescovo di Vitebsk, mons.Wladyslaw Blin. Dopo l’accoglienza dei pellegrini, il presule guiderà la preghiera del Rosario dedicato alle intenzioni delle famiglie e officerà la Santa Messa con il rinnovo delle promesse matrimoniali. Nel pomeriggio è previsto un momento di preghiera con particolare invocazione della misericordia divina, in cui si alterneranno testimonianze delle famiglie e contributi di riflessione; al termine il vescovo concluderà il Pellegrinaggio, con il rito di benedizione dei pellegrini. Lo stesso Santuario mariano ospiterà il 22 agosto la solenne Liturgia a conclusione delle celebrazioni per il X anniversario dell’erezione della diocesi di Vitebsk; nella circostanza sarà anche ricordato il primo anniversario dell’Incoronazione della Beata Vergine Maria Regina dei Laghi. (M.V.)

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    Passione laica e profezia al centro della settimana di studi alla Cittadella di Assisi

    ◊   Al via oggi alla Cittadella di Assisi la 68.ma edizione del Corso di studi cristiani organizzato dalla Pro Civitate Christiana con la Comunità di Bose e l’editrice Queriniana. “Passione laica e profezia” è il tema che animerà i lavori che si terranno fino al 25 agosto e che puntano a richiamare alla responsabilità etica e all’impegno per il bene comune. Secondo una nota degli organizzatori l’appuntamento richiamerà oltre trecento persone. Il programma dell’iniziativa, prevede la prolusione di apertura, nella serata di oggi, affidata al filosofo Roberto Mancini, che farà chiarezza sulle ambiguità e le storture interpretative ma anche sulle aperture di senso relative al tema della laicità. Domani sarà la volta del confronto sulla laicità fra il giurista Stefano Rodotà, il vescovo di Campobasso-Boiano, mons. Bregantini, il sociologo algerino Fouad Allam e il docente di etica all’università di Torino, Giannino Piana. Domenica la meditazione di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose e la Messa celebrata dal vescovo di Assisi- Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Sorrentino. Lunedì le relazioni della biblista Rossana Virgili, del pastore battista Lidia Maggi e dell’archimandrita greco-ortodosso Athenagoras Fasiolo. Di passione e profezia in campo politico parleranno martedì l’europarlamentare Rita Borsellino, il coordinatore nazionale della “Tavola della pace” Flavio Lotti e il sociologo Gian Enrico Rusconi interpellati da Tonio Dell’Olio dell’associazione “Libera International”. Un video/memoria su testimoni e profeti, curato da Renzo Salvi e Dario Barezzi, e l’intervento di Raniero La Valle, politologo completeranno la giornata del 24 agosto. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Cautela da israeliani e palestinesi sulla ripresa dei colloqui diretti sotto l'egida Usa

    ◊   C’è attesa per il comunicato ufficiale da parte della Casa Bianca che potrebbe sancire la ripresa dei colloqui diretti tra israeliani e palestinesi. Secondo fonti dell’Amministrazione Usa e le due parti, citate dalla stampa americana, Netanyahu e Abu Mazen avrebbero accettato l’invito del presidente Obama ad incontrarsi il prossimo 2 settembre a Washington. Tuttavia in queste ore prevale la cautela. Fino ad ora non è giunta alcuna conferma né da parte israeliana né da quella palestinese.

    Corea del Nord-Nucleare
    Via libera della Corea del Nord alla ripresa dei colloqui a sei con le grandi potenze internazionali sul suo programma atomico. Pyongyang ha garantito la sua disponibilità alla Cina, che guida da sempre l’opzione negoziale con il regime nordcoreano. Stefano Leszczynski ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il quotidiano La Stampa:

    R. - La cosa nuova è che questo accordo per il ritorno ai colloqui sia stato fatto solo con la Cina. Quindi, oggi la Cina si trova in condizioni di andare dall’America e in qualche modo trattare le condizioni per la ripresa dei colloqui a sei. Questi colloqui non sono una questione certo semplice e lineare, perché è possibile che la Cina non voglia parlare solo di Nord Corea e di nucleare nord coreano, ma voglia invece parlare in generale di tutta la strategia americana intorno alla Cina. Quello che abbiamo, però, è certamente l’apertura di una stagione di colloqui.

    D. - Una stagione di colloqui che vengono giocati sul terreno di un Paese che, tuttavia, resta diviso e qualsiasi tentativo di riavvicinamento e di unificazione, che viene insistentemente frustrato…

    R. - In realtà, il problema cruciale della Corea è che non c’è nessuno che voglia la sua riunificazione. Il Nord naturalmente non può, il Sud non lo vuole, perché si tratterebbe di assumersi dei costi giganteschi. Giappone, Cina ed altri sono anche diffidenti sulla possibilità di una riunificazione, che creerebbe molti problemi e cambierebbe i tanti equilibri geopolitici nella regione.

    D. - Com’è la situazione della Corea del Nord e, soprattutto, in cosa consistono gli aiuti cinesi?

    R. - Gli aiuti cinesi sono per la grandissima parte solo granaglie, riso, cereali e olio pesante, che serve per i riscaldamenti. Senza questi aiuti, naturalmente la Nord Corea sarebbe alla fame e al freddo e questo sì farebbe crollare la Nord Corea. Questo è uno dei punti di divergenza con alcuni settori americani. Vale o non vale la pena far crollare la Nord Corea? Secondo i cinesi no, perché una Nord Corea veramente allo stremo è ancora più pericolosa e potrebbe lanciare missili, potrebbe cercare di far crollare o comunque danneggiare molto l’economia e la politica dei Paesi vicini.

    Iran nucleare
    Oggi il presidente iraniano Ahmadinejad ha annunciato che il suo Paese è pronto alla ripresa immediata dei negoziati con le potenze occidentali sullo scambio di combustibile nucleare per l’arricchimento dell’uranio avviato dalla Repubblica Islamica. Solo ieri però la guida spirituale del Paese, l'ayatollah Ali Khamenei, aveva detto che l'Iran sarebbe disponibile per i negoziati, ma a senza gli Stati Uniti.

    Russia - Armenia
    Russia ed Armenia hanno esteso la loro alleanza militare fino al 2044. L’accordo, firmato oggi a Yerevan dal presidente russo Medvedev e il suo collega armeno Sargsyan, estende quello siglato nel 1995 che prevedeva la presenza dei soldati russi fino al 2020. Attualmente nel Paese si contano circa 3 mila 500 militari di Mosca. Secondo gli analisti il patto ha conseguenze sui complessi rapporti fra l’Armenia e l’Azerbaigian.

    Thailandia
    La Thailandia ha decretato l’estradizione negli Stati Uniti di un trafficante di armi russo, un’ex ufficiale dell’aviazione sovietica detenuto a Bangkok dal 2008. Una Corte d’appello della capitale ha accolto la richiesta avanzata delle autorità statunitensi, che in un primo tempo era stata rifiutata. Mosca ha definito la decisione “illegale” e “frutto di pressioni”, chiedendo la liberazione dell’uomo.

    Russia - roghi
    Il presidente russo Medvedev ha revocato lo stato di emergenza per altre tre regioni del centro della Russia, dopo gli incendi e le alte temperature delle settimane scorse. Il provvedimento resta in vigore solo attorno alla città di Riazan, dove i pompieri continuano a lavorare contro le fiamme. A Mosca piove spesso e il cielo è completamente ripulito dallo smog. Secondo gli organi di stampa locali il bilancio complessivo dei roghi è di 54 morti e oltre 5 mila senza tetto.

    Italia-Cossiga
    E’ stato sepolto nella tomba di famiglia nel cimitero monumentale di Sassari il feretro del presidente emerito della repubblica Francesco Cossiga. Dopo i funerali a Roma, ieri l’ultimo saluto nella sua città natale. Le esequie, nella chiesa di San Giuseppe, sono state officiate dall’arcivescovo di Sassari, mons. Atzei, e dal vescovo di Nuoro, mons. Meloni, che ha ricordato la sua scelta di una cerimonia semplice parlando di “un ritorno alla culla, alla sua famiglia e alla sua comunità”.

    Italia-politica
    Politica Italiana. Vertice del Pdl oggi a Roma per la verifica nuovo programma di governo da presentare ai finiani. Il documento – forse a settembre - potrebbe essere sottoposto al voto di fiducia in parlamento. In caso di bocciatura il premier Berlusconi è intenzionato a chiedere elezioni anticipate. Dello stesso avviso la Lega, con il leader Bossi che ha chiesto il voto già a novembre o a dicembre e le dimissioni del presidente della Camera, Fini. Il Pd preme invece per una convocazione urgente delle Camere. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 232

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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