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Sommario del 19/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La Parabola del banchetto nuziale. Il Papa: Dio non si scoraggia mai nell'amore
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iraq. Si ritirano le forze di combattimento Usa. Mons. Warduni: hanno il dovere di lasciare la pace
  • Afghanistan: dibattito sulla smobilitazione Usa nel 2011
  • Francia: polemiche per il rimpatrio dei rom
  • A Sassari i funerali di Cossiga: il ricordo del vescovo di Nuoro e del senatore Pera
  • Il bene comune nella dottrina sociale della Chiesa: la riflessione del prof. Baggio
  • Giornata mondiale dedicata agli operatori umanitari
  • Oltre cento scienziati ad Erice per il seminario sulle emergenze planetarie
  • Chiesa e Società

  • Nuove violenze contro i cristiani in India
  • Dieci anni di dialogo fra i leader religiosi per la riconciliazione nel sud delle Filippine
  • Iniziativa della Chiesa sudcoreana per l’abolizione della pena di morte nel Paese
  • San Giovanni in Fiore conferisce un riconoscimento al cardinale Bertone
  • Usa: varata legge in South Carolina per ridurre il numero di aborti
  • Il Pellegrinaggio dei tre popoli al Santuario di Maria Worth in Carinzia
  • Attesi a Lourdes circa 8 mila nomadi per le celebrazioni di Nostra Signora dei Gitani
  • Costa d'Avorio. Inaugurata a Bouaké la prima Cattedra universitaria sulle questioni bioetiche
  • Nuove regole alle mense per i poveri del Triveneto per garantire dignità e decoro
  • Roma: nuova chiesa copto-ortodossa in onore della Madonna
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pakistan: per l'Onu raccolti la metà degli aiuti necessari
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Parabola del banchetto nuziale. Il Papa: Dio non si scoraggia mai nell'amore

    ◊   La liturgia odierna ci presenta nel Vangelo la parabola del banchetto nuziale che il Papa ha più volte commentato. Dio, ogni giorno, ci invita ad entrare nel suo amore, l’unica cosa necessaria. Benedetto XVI, nelle sue catechesi, ci esorta a coltivare, giorno dopo giorno, l’unione col Signore. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Nella parabola del banchetto nuziale, il re fa chiamare gli invitati, ma questi rispondono con un rifiuto, perché hanno molti impegni:

    “Il re però non si scoraggia e invia i suoi servi a cercare altri commensali per riempire la sala del suo banchetto. Così il rifiuto dei primi ha come effetto l’estensione dell’invito a tutti, con una predilezione speciale per i poveri e i diseredati. E’ quanto è avvenuto nel Mistero pasquale: lo strapotere del male è sconfitto dall’onnipotenza dell’amore di Dio. Il Signore risorto può ormai invitare tutti al banchetto della gioia pasquale, fornendo Egli stesso ai commensali la veste nuziale, simbolo del dono gratuito della grazia santificante”. (Omelia, 12 ottobre 2008)

    Tra gli invitati, tra quelli cioè che seguono Dio, c’è però un uomo che non indossa l’abito nuziale e il re lo fa gettare fuori nelle tenebre. Ma che specie di abito è quello che gli manca?

    "Il vestito dell’amore … purtroppo, tra i suoi ospiti ai quali aveva donato l’abito nuovo, la veste candida della rinascita, il re trova alcuni che non portano il vestito color porpora del duplice amore verso Dio e verso il prossimo. In quale condizione vogliamo accostarci alla festa del cielo, se non indossiamo l’abito nuziale – cioè l’amore, che solo può renderci belli?… Una persona senza l’amore è buia dentro. Le tenebre esterne, di cui parla il Vangelo, sono solo il riflesso della cecità interna del cuore”. (Omelia, 5 aprile 2007)

    Dunque, non basta dirsi cristiani per salvarsi:

    “Non basterà pertanto dichiararsi ‘amici’ di Cristo vantando falsi meriti: ‘Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’ (Lc 13,26). La vera amicizia con Gesù si esprime nel modo di vivere: si esprime con la bontà del cuore, con l’umiltà, la mitezza e la misericordia, l’amore per la giustizia e la verità, l’impegno sincero ed onesto per la pace e la riconciliazione. Questa, potremmo dire, è la ‘carta d’identità’ che ci qualifica come suoi autentici ‘amici’; questo è il ‘passaporto’ che ci permetterà di entrare nella vita eterna”. (Angelus, 26 agosto 2007)

    Molti sono chiamati, pochi gli eletti, dice Gesù. Non si tratta di privilegi – afferma il Papa - come potrebbe pensare qualcuno:

    “E’ sempre in agguato la tentazione di interpretare la pratica religiosa come fonte di privilegi o di sicurezze. In realtà, il messaggio di Cristo va proprio in senso opposto: tutti possono entrare nella vita, ma per tutti la porta è ‘stretta’. Non ci sono privilegiati. Il passaggio alla vita eterna è aperto a tutti, ma è ‘stretto’ perché è esigente, richiede impegno, abnegazione, mortificazione del proprio egoismo”. (Angelus, 26 agosto 2007)

    Dio ci invita ogni giorno alla sua festa di nozze, ma siamo spesso presi dai nostri piccoli attaccamenti che non ci lasciano entrare nel suo infinito amore. Di qui l’appello del Papa:

    "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui! Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!". (Omelia, 5 dicembre 2005)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “La collina di Taizé”.

    Una fede granitica e aperta: in prima pagina, il cardinale Tarcisio Bertone ricorda Francesco Cossiga.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il Pakistan devastato dalle alluvioni.

    In cultura, un articolo di Marco Tibaldi da titolo “La chimera della mano invisibile”: non regge la teoria secondo la quale il mercato si autoregola.

    Il tabù dell’errore umano: Carlo Bellieni sul boom della medicina in tv.

    Sculture appese a un filo di ragno: Sandro Barbagallo sull’opera di Fausto Melotti.

    Un articolo dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi dal titolo “Il divertimento di creare”: la serietà e la bellezza del gioco dai profetici biblici a Montaigne.

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    Oggi in Primo Piano



    Iraq. Si ritirano le forze di combattimento Usa. Mons. Warduni: hanno il dovere di lasciare la pace

    ◊   Nove persone hanno perso la vita ieri in Iraq in diversi attacchi, tra cui uno a Rabiya, 120 chilometri a nord-est di Baghdad. E’ solo l’ennesimo bollettino sulle violenze quotidiane che insanguinano il Paese. Intanto nella notte è stata annunciata la partenza dell'ultima brigata da combattimento Usa, oltre sette anni dopo l'inizio della guerra, il 20 marzo 2003, che ha portato al rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Ad oggi, i militari Usa stanziati in Iraq sono 56.000 e solo a fine mese scenderanno come previsto a 50.000. Ma dalla fine del mese la missione sarà di “assistenza” alle forze locali. Il ritiro di tutti i militari è in calendario entro la fine del 2011. Una guerra, quella in Iraq, decisa dall'allora presidente Usa George W. Bush, convinto che Hussein possedesse armi di distruzione di massa (che poi non sono state mai trovate). Una guerra che ha portato spaccature in Europa. Bush aveva dichiarato la fine dei combattimenti in Iraq il primo maggio del 2003, in un famoso discorso a bordo della portaerei Lincoln, al largo di San Diego in California. In realtà i combattimenti sono durati molto più a lungo, con oltre 4mila morti militari americani e decine di migliaia di vittime irachene, e tensioni fortissime nel biennio 2006-2007. Ma anche oggi la situazione non può dirsi pacificata, come spiega, nell’intervista di Fausta Speranza, mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:

    R. – E’ molto difficile vivere in un luogo dove non c’è la legge, dove non c’è il governo. L’Iraq è senza un governo, è senza legge. E come si può vivere in un posto così? Bisogna avere prima di tutto un governo stabile, una legge che governi il Paese, perché adesso i terroristi vanno e vengono come vogliono. Non c’è lavoro e ci sono autobombe, kamikaze e altre manifestazioni di violenza. Le truppe straniere, se vanno via, hanno il dovere di lasciare dietro di loro la pace e la sicurezza. Oggi vediamo i risultati negativi della guerra. Come diceva il compianto Papa Giovanni Paolo II e come dice Benedetto XVI, la guerra distrugge tutto e non fa nessun bene. Chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà di cooperare con coscienza, quella coscienza che mette Dio al centro e non i propri affari, non i propri interessi. Vogliamo, chiediamo, gridiamo: pace e sicurezza!

    D. – Le forze governative sono deboli: non ce la fanno di fronte alla violenza o ci sono anche tensioni interne tra chi governa?

    R. – Questa è una questione molto difficile. Ci sono le forze del governo, ma al loro interno forse qualcuno lavora male oppure chi lavora bene non ha grande forza. E la gente si chiede: se non c’è lavoro, se c’è pericolo di vita, se non c’è di che vivere per ogni famiglia, perché dicono stiamo qui?

    D. – Mons. Warduni, quanto è lontana la democrazia che qualcuno pensava di esportare in Iraq?

    R. – Bisogna educare alla democrazia, bisogna seminarla e non imporla. Se una grande diga si apre improvvisamente, cosa succede? Si verificano grandi inondazioni. Quindi, qui noi eravamo in una grande prigione e cosa accade se una prigione viene aperta troppo repentinamente? Bisogna insegnare la democrazia, non bisogna solo parlare di democrazia. Quelli che parlano di democrazia, che vengano a camminare sulle strade di Baghdad…

    D. – In tutta questa situazione, in particolare per le minoranze, è sofferenza aggiunta, non è così? Per i cristiani e per altre minoranze...

    R. – La situazione è generale in tutto l’Iraq, riguarda tutti i cittadini iracheni. Bisogna, quindi, vedere bene come risolvere i problemi in tutto il Paese. Noi certamente siamo presi di mira...

    D. – Oggi da dove si dovrebbe cominciare per risanare davvero la situazione in Iraq, secondo lei?

    R. – Bisogna che tutti lascino perdere i loro interessi e guardino agli interessi dell’Iraq. Che si discuta bene, al tavolo, e si aiuti a cercare di fare un governo stabile, un governo forte. E che questo governo poi metta in pratica la legge, perché senza la legge non si può né camminare né vivere. Io voglio lanciare un grido forte a tutto il mondo, perché aiuti a spegnere le guerre.

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    Afghanistan: dibattito sulla smobilitazione Usa nel 2011

    ◊   Giornata di celebrazioni ieri in Afghanistan in occasione del 91° anniversario dell’indipendenza dall'Impero Britannico. Il Paese, dopo la sanguinosa guerra con i sovietici dal 1979 al 1989, è ancor oggi terra di violenze, mentre è in corso il dibattito sulla smobilitazione delle forze armate statunitensi, previsto per il luglio 2011. Proprio oggi è stata data notizia di un raid aereo della Nato, contro postazioni dei ribelli talebani a sud di Kabul, che ha provocato la morte di una ventina di miliziani. Un soldato della coalizione, ieri, ha invece perso la vita per l'esplosione di una bomba. Sulla situazione odierna del Paese, Giancarlo La Vella ha intervistato Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

    R. - Innanzitutto dobbiamo ricordare subito una questione di frontiera che è fondamentale per definire oggi che cos’è l’Afghanistan: attualmente la frontiera sud dell’Afghanistan passa attraverso la cosiddetta linea Durand. Durand era un ufficiale britannico che tracciò il confine tra quella che allora era l’India britannica e l’Afghanistan. Questo confine, tra l’altro, include il Khyder Pass dentro il territorio pakistano. Ebbene, questa frontiera non è mai stata riconosciuta ufficialmente da nessun governo afghano, neppure da quei governi talebani che erano in ottimi rapporti con il Pakistan. I confini afghani hanno dunque ancora un’incertezza, che, in qualche modo, si riflette sulla situazione politica, perché la parte meridionale è abitata dall’etnia pashtun e questa etnia - maggioritaria in Afghanistan e in forte minoranza in Pakistan - costituisce una specie di Stato mai dichiarato ai confini tra i due Paesi. E’ proprio quest’istanza indipendentista pashtun grava sul futuro dell’Afghanistan e anche sulla stabilità dei confini pakistani.

    D. - Come vedi un futuro - luglio 2011 - gestito autonomamente dalle forze interne afghane?

    R. - Tutto è agganciato al fatto che le forze militari e di polizia afghane – quantificabili oggi intorno ai 200 mila uomini - possano, in futuro, prendere il controllo del Paese. Proprio su questo processo ci sono ancora molti dubbi ed abbiamo già visto, ad esempio, il caso dell’Iraq, dove, dopo alcuni anni, già si sollevano molti dubbi su questo ritiro, perché le forze locali non sono ancora in grado di controllare la situazione. In Afghanistan questo mancato controllo da parte del governo centrale è ancora più dirompente, perché praticamente l’esecutivo, da solo, non ce la farebbe.

    D. - E’ solo quello talebano il pericolo a cui, eventualmente, le forze afghane dovranno far fronte?

    R. - Certamente i talebani sono il pericolo maggiore, ma i talebani sono anche degli afghani, come più volte ripetuto dallo stesso presidente Karzai. Quindi è possibile che in qualche modo, prima o poi, si arrivi - se si vuole stabilizzare la situazione - ad un accordo almeno con una parte della guerriglia afghana. Ci sono poi i problemi esterni: sono tre le potenze che hanno, oggi, una forte influenza sugli affari afghani: il Pakistan, l’Iran nella parte nord-occidentale e in altre zone del Paese, e l’India, che non confina direttamente con l’Afghanistan ma che, nel gioco di forte concorrenza con l’India, fa in Afghanistan il suo gioco. E quindi queste tre potenze, unitamente alla Russia e alla Cina, devono per forza di cose essere coinvolte in un piano che, in qualche modo, porti a rispettare i confini afghani e non a renderli ancora più instabili e permeabili come sono oggi.

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    Francia: polemiche per il rimpatrio dei rom

    ◊   Crescono in Francia le polemiche per la decisione del presidente Sarkozy di rimpatriare gli stranieri irregolari. Oggi sono tornati in Romania i primi 93 rom. Proprio da Bucarest sono arrivate dure proteste e anche l’Unione Europea ha richiamato le autorità francesi al rispetto delle leggi sulla libera circolazione dei cittadini. Parigi ha risposto che le misure sono in linea con i trattati e che l’obiettivo è quello di rimpatriare 700 persone entro la fine del mese. Sulla situazione, Alessandra De Gaetano ha sentito Antonio Stango, presidente del Comitato italiano Helsinki:

    R. - Il problema credo sia quello di avere dei rimpatri o su base volontaria, quando questo accade, o su base di un decreto di espulsione quando ve ne siano i termini legali ma individuali, quindi mai di massa e non certamente sulla base dell’etnia.

    D. - Facciamo luce proprio su questo discorso dei rimpatri. Si tratta, in questo caso, di rimpatri volontari o forzati?

    R. - Da quello che dicono le autorità francesi, questi primi rimpatri sarebbero tutti volontari e c’è un contributo economico di alcune centinaia di euro per coloro che accettano di essere rimpatriati. Vi saranno comunque anche dei rimpatri ordinati, in seguito a violazioni di leggi e ai principi generali dell’ordine pubblico.

    D. - La questione dei rimpatri è strettamente legata con il discorso dei rientri clandestini. Come garantire, allora, la sicurezza e, allo stesso tempo, il rispetto dei diritti umani?

    R. - Bisogna essere sicuri che i rimpatri non avvengano in massa e non avvengano su base etnica, perché questo sarebbe intollerabile, sarebbe una manifestazione, di fatto, di razzismo e sarebbe contraria ai principi del diritto internazionale e ai principi del diritto interno comunitario. Se queste espulsioni avvengono su base individuale, la cosa può essere legittima. Se il ritorno viola un decreto legittimamente motivato di espulsione, questo può essere un reato; se il ritorno avviene liberamente, a questo punto non c’è di per sé un motivo per espellere la persona.

    D. - Da oggi Lourdes raccoglie tra otto mila e dieci mila pellegrini rom e provenienti da etnie di zingari. Probabilmente per paura i negozianti hanno chiuso le loro attività commerciali. Una scelta, secondo lei, che richiama atteggiamenti di xenofobia?

    R. - Sì. Richiama una paura del diverso. Bisogna assicurare condizioni di dignità a tutte le persone presenti in un determinato territorio con un patto di legalità, rispetto delle leggi, rispetto dell’ordine pubblico, rispetto sempre della dignità umana.

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    A Sassari i funerali di Cossiga: il ricordo del vescovo di Nuoro e del senatore Pera

    ◊   Un lunghissimo applauso ha accolto stamani nella chiesa di San Giuseppe, a Sassari, l’arrivo del feretro di Francesco Cossiga, avvolto nel tricolore e nella bandiera dei quattro mori bendati, il simbolo del popolo sardo. A rendere onore al presidente emerito della Repubblica italiana, morto martedì scorso all'età di 82 anni, anche il picchetto d'onore della Brigata Sassari. Le esequie sono state concelebrate dall’arcivescovo di Sassari, mons. Paolo Virgilio Atzei e dal vescovo di Nuoro, mons. Pietro Meloni. Prima di morire il presidente emerito Cossiga aveva chiesto che i funerali si tenessero in forma privata a Sassari. Su questa decisione si sofferma al microfono di Massimiliano Menichetti proprio mons. Pietro Meloni:

    R. – Io l’ho interpretata come un ritorno alla culla della sua famiglia e alla culla della comunità cristiana, dove il parroco e i sacerdoti lo hanno guidato nella Chiesa. Ha imparato anche la bellezza dello stare insieme agli altri, della preghiera, della meditazione e poi, quando ha scoperto in sé il dna della politica, ha approfondito la dottrina sociale della Chiesa, si è impegnato per la giustizia, per il bene comune...

    D. – Mons. Meloni, tratto anche molto forte del Presidente Cossiga è la sua appartenenza alla Sardegna..

    R. – Certo sì, un po’ tutti i sardi sono famosi per questo. Quando poteva, come già faceva Antonio Segni che tornava quasi ogni settimana, così Cossiga tornava nel suo ambiente e in particolare nella sua parrocchia. La prima visita era sempre nella chiesa, s’inginocchiava, poi chiedeva anche la Confessione e spesso chiedeva la corona del Rosario e chiedeva preghiere. Poi si fermava con i giovani con grande simpatia.

    D. – Oggi l’abbraccio dei suoi conterranei...

    R. – C’era la strada piena di gente che non è potuta entrare nella chiesa ... gli sono stati molto vicini.

    D. – Quando eravate piccoli, eravate ministranti nella stessa parrocchia, vuole condividere con noi questo ricordo?

    R. – Io ero un po’ più piccolo, lui aveva qualche anno più di me. C’era una distinzione: noi avevamo la veste nera e i più grandi la veste rossa. Si vantava quando io sono diventato vescovo che lui mi aveva insegnato a servire la Messa. In un certo senso, se ero diventato vescovo era merito anche suo. Quando poi lui mi accompagnò - perché era senatore eletto nel territorio dove io sono diventato vescovo la prima volta - mi accompagnava dappertutto, in macchina e senza parlarmi mi faceva un segnale con la mano ad indicarmi che dovevo essere un po’ severo ed esigente come vescovo.

    D. – Mons. Meloni, una parabola difficile fu la vicenda di Aldo Moro, la morte di Aldo Moro...

    R. – E’ rimasto nel silenzio, ha versato lacrime sincere proprio dinnanzi alla tragedia di Moro, che è capitata proprio a lui che forse era uno dei migliori amici e suo discepolo; lui stesso ha confidato, che non dormiva per anni e non dormiva la notte, si svegliava di soprassalto pensando di essere stato lui il massimo responsabile, che poi non era vero. I carnefici credo che avessero già prescelto la vittima sacrificale.

    D. – Che cosa lascia, secondo lei, il Presidente Cossiga all’Italia e alla Sardegna?

    R. – Virgilio dice che “i figli imparano dai padri dopo che i padri non ci sono più”, quindi il meglio del suo messaggio e della sua testimonianza credo che rimarrà come un seme che porterà frutto e proprio per la testimonianza migliore, perché si potranno dimenticare - anche se certe volte erano simpatiche - le sue battute taglienti, però la sua coerenza, la sua fede, la sua testimonianza civile e culturale, questo credo che susciterà imitazione.

    Sulla figura del presidente emerito Cossiga ascoltiamo anche il senatore Marcello Pera, intervistato da Luca Collodi:

    R. – Io ritengo che sia stata una figura importante della storia della Repubblica italiana e che sia stato un grande personaggio, un personaggio che ha vissuto pagine tragiche della Repubblica e ha anche vissuto il passaggio dalla cosiddetta “Prima Repubblica” alla sempre più cosiddetta “Seconda Repubblica”. Credo che fosse un uomo di fede sincera. Era anche un grande ammiratore dell’attuale Pontefice, che conosceva bene quando era cardinale, di cui ammirava due cose: la fede e la dottrina molto profonda.

    D. – Molti ricordano Cossiga come un ‘picconatore’, ma alcuni osservano che il suo ‘picconare’ va interpretato come un servizio allo Stato...

    R. – Sì, c’era qualche cosa di fondo e di profondo nelle sue ‘picconature’, cioè la circostanza che egli viveva un sistema politico che si stava disgregando e un sistema istituzionale che non riusciva ad assecondare la nascita di una nuova Repubblica. In questa lucidità, in questa drammatica lucidità, tra l’analisi che era precisa e il modo con cui reagiva, consisteva in parte la sua personalità. Ha anche inciso nei modi con cui s’interpreta la funzione del presidente della Repubblica che, dopo di lui, è sempre stata più da protagonista, anche più da interprete della situazione politica e da guida degli equilibri politici. Questo si deve ad una rottura che lui fece nella gestione della presidenza della Repubblica.

    D. – A Cossiga cosa non piaceva della politica moderna?

    R. – Una preoccupazione l’aveva e ce la siamo scambiata tante volte, proprio negli ultimi tempi. Non vedeva nella politica moderna un salto di qualità, cioè una strategia complessiva sull’Italia, su che cosa è l’Italia, su che cosa deve diventare l’Italia, e quale Costituzione nuova – perché riteneva che ce ne fosse bisogno – dovesse essere elaborata. Questa era un’Italia che non gli piaceva, perché non vedeva queste strategie.

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    Il bene comune nella dottrina sociale della Chiesa: la riflessione del prof. Baggio

    ◊   La Chiesa è da sempre impegnata, a livello nazionale e internazionale, nella promozione e difesa del bene comune nella società: il centro della sua riflessione parte dai diritti inalienabili della persona umana e dai doveri che essa ha nei confronti della comunità, in vista della giustizia, della pace e della solidarietà. Uno dei richiami costanti della Chiesa è quello della lotta alla corruzione, causa di ingiustizie e povertà. Luca Collodi ne ha parlato con il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia Politica presso l’Istituto universitario Sophia di Loppiano, in provincia di Firenze:

    R. - Normalmente quando la corruzione viene avvertita come eccessiva e insopportabile, il primo punto da considerare è che c’è una debolezza della politica. Un certo tasso di corruzione, purtroppo, è fisiologico, è nelle cose umane. La situazione si appesantisce e la corruzione diventa intollerabile, quando la debolezza dei progetti politici, la frammentazione della società e del Paese fa avvertire tutto il peso della corruzione, cioè di risorse umane che remano contro la nazione anziché aiutarla, tanto più che in periodi di crisi, quando la gente soffre più del solito, appare socialmente e moralmente intollerabile che ci sia gente che non rispetta le regole.

    D. - Non tutti i sistemi politici sono dunque utili al bene comune…

    R. - Certo. Non qualunque sistema può attuare il bene comune, nessuno può pensare che una dittatura produca bene comune. Vorrei ricordare che per arrivare all’idea di bene comune bisogna elaborare un concetto importante che è quello dello stato di diritto. Cioè, perché ci sia il bene comune si deve governare non per sé ma per gli altri. Si deve governare non in base all’arbitrio ma obbedendo alle leggi e si deve governare con il consenso. Perché il pensiero sociale cristiano, che è dottrina, pone dei vincoli per poter dire che un sistema è giusto.

    D. – Prof. Baggio, in Italia, che fine ha fatto quella parte di società civile che porta valori, che fa crescere il Paese?

    R. - Un problema è nell’attuale legge elettorale: il problema è che il Paese l’ha accettata. Non c’è stata sufficiente opposizione. Non è solo un problema del centrodestra. Ciò va sottolineato. E’ un intero ceto politico che si sente debole e non vuole più essere scelto. Pensa di scegliersi da solo. Solo che così si creano modifiche di sistema. Perché al posto della democrazia si creano delle oligarchie, cioè dei gruppi di potere che possono perpetuarsi per cooptazione, anziché per scelta di coloro che sarebbero i sovrani. Questo è un allontanamento dagli ideali democratici, nella sostanza e nella forma. Perché ciò che va perso è l’idea di bene comune. Il bene comune non è un concetto vuoto che chiunque può riempire come vuole con la sua azione di governo. Il bene comune pone delle condizioni per essere realizzato.

    D. - C’è spazio, in Italia, per una proposta culturale del laicato cattolico al servizio del Paese?

    R. - Credo che bisognerebbe lanciare una campagna in questo senso, perché c’è una politica della società prima di formare i partiti e prima di fare le Istituzioni. E poi c’è un riferimento anche alla Costituzione e al presidente della Repubblica che ne è il primo garante. Molto spesso Napolitano ha invitato a costruire una cittadinanza forte. Credo che questo si possa attuare. Ma dovrebbero sorgere delle realtà non di partito, non per singole leggi, ma da una coscienza civile che si attiva. Se non è questo il momento, quando pensiamo di farlo?

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    Giornata mondiale dedicata agli operatori umanitari

    ◊   “Noi siamo operatori umanitari”: è il titolo dell’odierna Giornata Mondiale Umanitaria, la seconda da quando è stata istituita nel 2008 dalle Nazioni Unite per ricordare le 22 persone morte nel 19 agosto del 2003 in un bombardamento dell’Ufficio Onu in Iraq. Sono moltissimi gli operatori umanitari, dell’Onu e delle varie organizzazioni non governative, che perdono la vita ogni anno nell’adempimento del loro lavoro. Nel 2009 si sono registrati 102 morti, quattro volte più di dieci anni fa. Quest’anno la perdita più grande si è verificata a seguito del terremoto di Haiti del gennaio scorso. Ma chi sono gli operatori umanitari? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Marco Bertotto, direttore di “Agire”, l’Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze che raggruppa le più importanti ed autorevoli organizzazioni non governative italiane.

    R. - I primi operatori umanitari sono le comunità colpite dalle emergenze, dai disastri naturali; i primi operatori umanitari intervengono sul loro Paese … Quindi dobbiamo in qualche modo allontanare l’idea che l’operatore umanitario sia un eroe occidentale che porta sicurezza e prosperità, e dare invece un’immagine più complessa. Ci sono tantissimi professionisti occidentali, ma ci sono in prima fila le popolazioni colpite, le organizzazioni non governative locali, le comunità che sono direttamente coinvolte nelle catastrofi.

    D. - Negli ultimi decenni, il lavoro delle organizzazioni umanitarie e la loro risposta alle emergenze è diventata molto più rapida, molto più efficace. Tutto questo ha corrisposto, però, ad una maggiore esposizione alla violenza ed ai rischi, e lo abbiamo visto nelle cifre di quest’anno: i 102 operatori uccisi nel 2009, una cifra che è di quattro volte superiore a quella di dieci anni fa. Dunque: maggiore azione, maggiori rischi?

    R. – Intanto, una diversa esposizione del lavoro umanitario, che oggi – in un contesto globalizzato – vede gli stessi governi utilizzare l’attività di assistenza umanitaria per finalità di politica estera, per cui in qualche modo c’è una commistione tra assistenza umanitaria politica e – spesso – presenza militare che mette a rischio l’azione degli operatori umanitari autentici, quelli, cioè, che intervengono nel rispetto dei principi umanitari, di imparzialità, di indipendenza, di neutralità...

    D. – ... che sono i fondamentali principi del lavoro umanitario … Quanto è difficile, per voi, mantenervi fede?

    R. – E’ molto difficile proprio perché siamo – in qualche modo – vittime di una politicizzazione dell’aiuto umanitario. Siamo in un contesto in cui l’aiuto umanitario viene utilizzato in modo strumentale, viene accompagnato da strategie di presenza militare … L’operatore umanitario non è più considerato dalle popolazioni colpite dai disastri e coinvolte nei conflitti, come un soggetto “terzo”, neutrale, indipendente: molto spesso la sua presenza è associata, invece, alla presenza di potenze occupanti e al ruolo invasivo ed invadente di potenze militari. E’ più difficile, quindi, essere operatori umanitari, è più rischioso ma siamo anche in una situazione in cui il ruolo e l’azione delle agenzie umanitarie è indispensabile a fronte di un aumento del numero di persone colpite da emergenze complesse e disastri naturali. Si calcola che ormai siano circa 300 milioni le persone che, ogni anno al mondo, vivono situazioni che rendono necessario un intervento di assistenza umanitaria.

    D. – Ma quali sono le sfide per gli operatori umanitari?

    R. – Molto spesso, ci sentiamo incapaci come agenzie e organizzazioni umanitarie, di intervenire in contesti in cui ci rendiamo conto che siano in gioco vite umane; ma l’intervento rende indispensabile affrontare problematiche politiche, strategiche, militari e di sicurezza che spesso esulano dalle prerogative degli operatori militari. C’è un problema di invisibilità dell’emergenza, c’è un problema di fondi – sono sempre di più i fondi a disposizione: nel 2009, 15 miliardi di dollari – ma è sproporzionato il modo in cui i fondi vengono distribuiti. C’è una sperequazione legata a fenomeni di comunicazione, di attenzione mediatica che deprime la capacità d’intervento delle organizzazioni umanitarie.

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    Oltre cento scienziati ad Erice per il seminario sulle emergenze planetarie

    ◊   Si apre oggi ad Erice, in Sicilia, la 43.ma sessione dei seminari sulle emergenze planetarie, promossi dal Centro di cultura scientifica Ettore Majorana. All’incontro, che si chiuderà il prossimo 24 agosto, prendono parte 110 scienziati. I lavori sono incentrati sul ruolo della scienza nel Terzo millennio. Ma perché è stato scelto questo tema? Antonella Palermo lo ha chiesto al prof. Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati:

    R. – Perché tutti parlano di scienza. Come diceva Enrico Fermi più di mezzo secolo fa, il pericolo è che a parlare di scienza e di tecnica sono persone che non hanno mai fatto né l’una né l’altra. Persone che non sono arrivate a nessuna scoperta scientifica e a nessuna invenzione tecnologica. Per questo c’è bisogno di rigore scientifico. Quando si parla per esempio di crisi energetica mondiale, di monitoraggio globale del pianeta c'è bisogno di questo rigore. Il pianeta deve essere globalmente messo sotto controllo. La sicurezza informatica, la difesa da oggetti cosmici, il contenimento degli atti terroristici, sono temi di grande attualità e dobbiamo far capire al grande pubblico che c’è bisogno di scienza nella vita di tutti i giorni. Se vivessimo l’era della scienza, le emergenze planetarie non esisterebbero. La grande conquista scientifica che porta al processo tecnologico deve essere corroborata dallo sviluppo culturale di tutti gli abitanti della terra. Se ci fosse scienza nella vita di tutti i giorni, nessuno direbbe che scienza e fede sono in contrapposizione.

    D. – Ma perché è prevalsa l’approssimazione?

    R. – Il livello culturale mediamente è aumentato. Più persone s’interessano a tante cose. Ad esempio con Internet più persone hanno accesso ad informazioni. Ma quale è il problema? Queste informazioni non sono controllate. Io sono ottimista e dico che questo, alla fine, porterà il grande pubblico a selezionare quello di cui ha veramente bisogno. Se così non fosse, noi correremmo grossissimi pericoli. Ecco per quale motivo la battaglia culturale – che peraltro è la più civile delle battaglie che si possa immaginare perché non provoca né morti né feriti – va portata avanti con forza e determinazione.

    D. – Lei presiede la Federazione Mondiale degli Scienziati, che è formata da tantissimi esperti che hanno identificato ben 63 emergenze planetarie…

    R. – Sono emergenze tutte più o meno note. Tra queste, per esempio, quelle mediche, legate alle infezioni. Una delle emergenze di cui si parlerà quest'anno ad Erice è la sicurezza informatica. Bisognerebbe introdurre nelle scuole lo studio delle 63 emergenze planetarie.

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    Chiesa e Società



    Nuove violenze contro i cristiani in India

    ◊   Ancora un episodio di violenza anti-cristiana in India. Teatro del nuovo attacco il St. Pius Higher Secondary School, una scuola cattolica nello Stato del Madhya Pradesh. Ieri mattina – riferisce l’agenzia Ucan - una sessantina di persone sono entrate con la forza nell’istituto distruggendo finestre, porte, computer e altre suppellettili. Gli aggressori si sono quindi allontanati dopo l’arrivo della polizia e finora nessuno è stato arrestato. I responsabili della scuola, che hanno deciso di sospendere per un giorno le lezioni, sospettano i membri dell’ala studentesca del Bharatiya Janata Party (BJP), il partito nazionalista indù al governo dello Stato. Il Madhya Pradesh è uno degli Stati indiani più colpiti dalle violenze settarie: nel solo 2009 si sono verificati ben 654 fra attentati, aggressioni e incidenti legati all'odio religioso. Intanto – riferisce l’agenzia cattolica indiana Sarnews - in un altro Stato indiano, quello del Karnataka stanno suscitando vive reazioni le dichiarazioni anti-cristiane di un esponente locale del BJP. Intervenendo il 15 agosto a una cerimonia per il 64° anniversario dell’indipendenza, Prahlad Remani, questo il nome del politico, ha invitato i presenti a “sradicare il cristianesimo” seminato nella società indiana dai coloni inglesi. Immediate le proteste della comunità cristiana locale che chiede le scuse formali di Remani. Il portavoce dei vescovi del Karnataka, padre Faustin Lobo ha parlato di affermazioni “profondamente offensive” per i cristiani che “minacciano l’unità e l’integrità sociale” dello Stato. Secondo il vescovo di Belgaum, mons. Peter Machado, le dichiarazioni di Remani hanno provocato forti tensioni in un’area finora risparmiata dalle violenze religiose che hanno colpito altre parti del Karnataka. Remani da parte sua ha ribadito l’intenzione di continuare la sua campagna anti-cristiana. Il Karnataka, in particolare i distretti di Mangalore e Bangalore, sono stati il teatro numerose violenze anti-cristiane. Secondo fonti della la Chiesa locale, esse avrebbero subito un’escalation a partire dal 2008, dopo la salita al governo locale del Bharatiya Janata Party. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Dieci anni di dialogo fra i leader religiosi per la riconciliazione nel sud delle Filippine

    ◊   Dieci anni nel segno del dialogo e della riconciliazione. È l’esperienza di “Interfaith Council of Leders”, che riunisce i leader cristiani e musulmani delle turbolente zone del sud delle Filippine. Area tormentata da conflitti e movimenti ribelli che da anni creano instabilità, sofferenze e sfollamento dei civili. Come riferisce l’agenzia Fides, il forum è stato fondato nell’anno 2000, grazie all’opera di sensibilizzazione del movimento per il dialogo “Silsilah”, da molti anni attivo nella regione. Il Consiglio accoglie oggi leader cattolici, cristiani evangelici e musulmani, che intendono impegnarsi nel territorio per promuovere attività culturali, sociali e religiose all’insegna del dialogo e della pacificazione. In occasione dell’anniversario è stata celebrata una convention a Zamboanga alla presenza di oltre 200 persone. Il prof. Randolf David, docente di sociologia all’Università delle Filippine, ha sottolineato l’importanza e l’efficacia del dialogo interreligioso come strumento di mediazione e pacificazione dei conflitti, riferendosi in particolare alla realtà di Mindanao, grande isola delle Filippine meridionali, come laboratorio di convivenza in cui superare il “narcisismo delle piccole differenze”, che spesso crea blocchi contrapposti. Il padre gesuita Albert Alejo, antropologo, ha poi illustrato la sua esperienza di consulente della “Bishop-Ulama Conference”, e ha affermato che “gli operatori di pace devono essere nel contempo nemici della corruzione”, in quanto, specialmente a Mindanao, molti fattori che ostacolano la pace sono legati a questa piaga. Durante l’incontro i leader hanno eletto i due nuovi coordinatori del consiglio: Ismael B. Abubakar Jr (musulmano) e Santiago Navarro (cristiano), che porteranno avanti le attività dell’organismo nei prossimi anni. (M.G.)

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    Iniziativa della Chiesa sudcoreana per l’abolizione della pena di morte nel Paese

    ◊   Un grande concerto per chiedere la definitiva abolizione della pena di morte in Corea del Sud. A organizzarlo il 2 settembre a Seul è la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale coreana (Cbck), attraverso la sua sotto-commissione contro la pena capitale. All’evento – riferisce l’agenzia Ucan - sono stati invitati a partecipare diverse grandi personalità del mondo della cultura e dello spettacolo. L’obiettivo è di premere per l’accelerazione dell’iter della proposta di legge presentata all’Assemblea Nazionale che vuole sostituire la pena di morte con l’ergastolo. In Corea del Sud l’ultima esecuzione capitale risale a più di 12 anni fa e per questo essa è considerata come un Paese abolizionista di fatto. “Ma – rileva una nota del presidente di Giustizia e Pace, mons. Matthias Ri long-hoon - secondo la legge è ancora in vigore e quando vengono commessi delitti particolarmente efferati, come quelli seriali o contro bambini, le voci a favore della sua applicazione si fanno più forti”. Contro chi commette questi crimini – sottolinea la nota - è importante applicare punizioni severe, “ma una cosa è punire, una cosa è che lo Stato uccida una vita umana”, alimentando la spirale della violenza. I vescovi coreani si battono da più di dieci anni per l’abolizione definitiva della pena di morte. Lo scorso febbraio la Commissione Giustizia e Pace aveva espresso grande disappunto per la sentenza della Corte costituzionale che sanciva la costituzionalità dell’attuale legge. (L.Z.)

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    San Giovanni in Fiore conferisce un riconoscimento al cardinale Bertone

    ◊   Il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone ha ricevuto ieri pomeriggio a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, il premio ‘Man of the Year’. Il riconoscimento è stato dato da Heritage Calabria, associazione nata a metà degli anni ‘90 che raduna calabresi emigrati in varie regioni del mondo, promuovendo importanti iniziative di collegamento tra di loro e con i paesi di origine. Il porporato ha salutato le comunità cristiane della Calabria e, in particolare, coloro che sono emigrati portando nel mondo “fede, laboriosità e solidarietà” e rimanendo saldamente ancorati “ai fondamenti cristiani”. Il cardinale Bertone ha ricordato in particolare “il cospicuo tributo di sacrifici e di sangue versato dai calabresi negli infortuni sul lavoro, nelle miniere o nella costruzione di città più sicure e confortevoli”. Quest’anno – ha aggiunto - ricorre il 50.mo anniversario del disastro della miniera belga di Marcinelle, costato la vita a molti calabresi. “Quanti calabresi – ha poi osservato il cardinale Tarcisio Bertone - hanno dimostrato di “saper fare”, hanno raggiunto posizioni prestigiose, “politiche, amministrative, imprenditoriali”. “Onore quindi ai calabresi nel mondo - ha detto il cardinale Bertone - auspicando “sempre più prestigiosi successi, come esempi trainanti per una crescita virtuosa delle giovani generazioni”. Il segretario di Stato ha poi sottolineato che è “importante tenere presente il pensiero dei Santi cristiani, in particolare di san Benedetto, San Francesco di Paola, come pure dell’Abate Gioacchino da Fiore, i quali hanno costantemente riproposto il messaggio del Vangelo, che è luce, vita, verità, salvezza dell’uomo e dei popoli”. “La Calabria – ha concluso - è terra ricca religiosità e di fede, dove diffusa e sentita è la devozione alla Madonna, e numerose sono state sempre le vocazioni sacerdotali e religiose, offerte generosamente a servizio anche di altre regioni d’Italia e del mondo. Questo stesso luogo così suggestivo in cui ci troviamo, è segno e testimonianza delle risorse spirituali della popolazione calabrese”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Usa: varata legge in South Carolina per ridurre il numero di aborti

    ◊   Più informazioni alla donna prima dell’interruzione volontaria di gravidanza. È quanto prevede la nuova legge del South Carolina firmata dal governatore dello Stato americano, Mark Sanford. Si tratta di un testo molto dibattuto che introduce come principale novità l’estensione del periodo di attesa da un’ora a ventiquattro. L’obiettivo dichiarato del senatore repubblicano Cooper, tra i promotori della legge, è ridurre il numero degli aborti. Secondo quanto riferisce Avvenire, le misure contenute sono frutto di un compromesso: il testo inizialmente prevedeva l’obbligo di un’ecografia da mostrare alla paziente e successive 24 ore di attesa prima dell’intervento. La versione definitiva prevede che nessun aborto possa essere effettuato prima di 24 ore dalla consegna della documentazione prevista in ogni caso di interruzione volontaria di gravidanza, con l’aggiunta di tre nuove informazioni: l’elenco completo delle strutture che effettuano ecografie gratuite, l’esatta età gestazionale del feto, il contributo di ciascuno dei due genitori alla costituzione genetica del nascituro. Solo dopo aver fornito tutte queste informazioni e passate 24 ore di tempo la struttura potrà procedere all’interruzione di gravidanza. (M.G.)

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    Il Pellegrinaggio dei tre popoli al Santuario di Maria Worth in Carinzia

    ◊   “Abbiate fiducia” è il tema scelto per la 29.ma edizione del Pellegrinaggio dei tre popoli che, sabato 21 agosto, raggiungerà il santuario di Maria Worth, sul Worthersee, il lago posto nella regione austriaca della Carinzia. L’itinerario di Penitenza, promosso dalle diocesi di Klagenfurt, Lubiana e Udine, nasce nel 1982 con la volontà di unire i tre popoli (Italiano, Austriaco e Sloveno) per riflettere sulla nuova Europa che cresce e sulla fede che deve cementarla. Dal primo al secondo pellegrinaggio il passo è stato breve: ne sono seguiti altri, ospitati ogni volta da una delle tre diocesi. Il vescovo di Klagenfurt, mons. Schwarz, citato da Avvenire, nell’invito ai fedeli ricorda che il pellegrinaggio “è un segno di speranza e di legame con Cristo che rende più visibile la luce della Chiesa là dove si incontrano la cultura germanica, latina e slava”. Il presule si augura quindi che il pellegrinaggio “contribuisca al dialogo tra le genti e al dispiegamento di una fede più viva”. Anche l’arcivescovo di Udine, mons. Bruno Mazzocato, pone l’accento sulla “comunione tra le tre Chiese” che può diventare “un segno forte di speranza nel cuore dell’Europa”. Sabato, dopo l’arrivo dei pellegrini al Santuario carinziano, alle ore 11.15 sarà celebrata un Messa concelebrata da mons. Schwarz con numerosi vescovi. Al termine della celebrazione eucaristica seguiranno le esibizioni di cori friulani e sloveni nonché dell’orchestrina austriaca di strumenti a fiato Abwerzger e Die Stromlosen. (M.G.)

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    Attesi a Lourdes circa 8 mila nomadi per le celebrazioni di Nostra Signora dei Gitani

    ◊   Circa 8 mila gitani e nomadi giungeranno a Lourdes per il loro pellegrinaggio annuale che quest’anno si svolgerà dal 20 al 25 agosto. Lo si apprende dal sito www.eglise.catholique.fr. L’evento sarà caratterizzato il 24 agosto dalla traslazione del simulacro pellegrino di Nostra Signora dei Gitani nella Grotta. Qui presiederà una Messa mons. Raymond Centène, vescovo di Vannes. La storia di Nostra Signora dei Gitani è legata ad un miracolo: alla fine della seconda guerra mondiale una famiglia di zigani rimasta illesa dopo che la roulotte sulla quale viaggiava aveva preso fuoco perché urtata da un camion dell’esercito americano, ha voluto rendere omaggio alla Vergine dedicandole una scultura in legno. Nostra Signora dei Gitani porta in una mano una piccola roulotte e nell’altra regge Gesù Bambino; benedetta da Paolo VI nel 1965 è venerata da diverse etnie di nomadi. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Costa d'Avorio. Inaugurata a Bouaké la prima Cattedra universitaria sulle questioni bioetiche

    ◊   Inaugurata nei giorni scorsi all’università di Bouaké, nella Costa d’Avorio la prima Cattedra universitaria dedicata alla bioetica. Lo riferisce il sito del Pime www.missionline.org. L’iniziativa è dell’Unesco che ha aperto un istituto culturale dedicato alle questioni bioetiche nell’ateneo del Paese. Si tratta della prima cattedra di bioetica promossa dall’Unesco nell’Africa francofona. Un istituto simile, ma di lingua inglese, esiste già all’università di Egerton, in Kenya. La Cattedra avrà – tra gli altri – il compito di “adattare conoscenze e comportamenti alle nuove domande bioetiche poste dallo sviluppo tecnologico e scientifico e dalla crescente domanda di affermazione dei diritti umani”. Durante la cerimonia di inaugurazione della cattedra, il presidente della Costa d’Avorio, Lazare Poamé, ha definito la nuova istituzione “uno dei più grandi eventi intellettuali di questa università”. “La bioetica non è un lusso ma una necessità per un Paese che ha bisogno di ricostruirsi dopo la fase della grande crisi”, ha spiegato il presidente della Commissione ivoriana dell’Unesco, il professor Lou Mathieu Bamba, riferendosi alla recente guerra civile. (T.C.)

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    Nuove regole alle mense per i poveri del Triveneto per garantire dignità e decoro

    ◊   Commensali sempre più numerosi e pochi aiuti. La situazione che vivono le mense per i poveri del Veneto e del Friuli sta mettendo a rischio il servizio di carità rivolto ai tanti senza-fissa-dimora che si appoggiano a queste strutture. Il campanello d’allarme è suonato dopo che i Cappuccini che gestiscono la mensa di Mestre sono stati costretti a sbarrare l’accesso alla struttura per evitare il bivacco notturno di molti sbandati che la usavano anche per i bisogni personali. Il superiore della comunità, padre Umberto Lunardi, spiega ad Avvenire che l’istallazione della cancellata è stata fatta a malincuore ma si è resa necessaria “per salvaguardare la dignità anzitutto dei circa 300 poveri che ogni giorno raggiungono il convento per usufruire della mensa, e dei volontari che frequentano la struttura”. “Le generose offerte non sempre bastano a sfamare quanti, italiani e stranieri, bussano da noi – aggiunge padre Umberto – proprio per questo esigiamo rispetto”. I frati respingono quindi le polemiche sollevate in questi giorni e assicurano l’impegno a ricevere sempre più ospiti. Nel frattempo i Cappuccini hanno concesso una pausa ai volontari del centro esausti per la domanda che si è fatta sempre più crescente. Sarà invece una pausa dedicata alla riorganizzazione quella della mensa dei poveri dei Cappuccini di Udine. I religiosi dedicheranno una settimana per correggere i molti avventori che sprecano cibo. “Uno stop per correggere i comportamenti sbagliati – racconta padre Antonio Berton, responsabile della Mensa –. Spesso qualcuno prende il pranzo completo e lascia tutto nel piatto”. Alla mensa di Udine arrivano ogni giorno 200 persone per un pasto gratuito che i frati e i volontari non negano a nessuno. (M.G.)

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    Roma: nuova chiesa copto-ortodossa in onore della Madonna

    ◊   È tutto pronto per l’inaugurazione della nuova chiesa del monastero copto ortodosso di Roma. Il 22 agosto apriranno i battenti dell’edificio di culto realizzato secondo i tradizionali canoni delle Chiese d’Oriente. “Ogni singolo materiale e tutti gli ornamenti provengono infatti dall'Egitto, così come la manodopera”, spiega all’Ansa mons. Barnaba El Soryany, vescovo della diocesi della Chiesa copta ortodossa di Roma. Per realizzare la struttura, che sarà dedicata alla Madonna, ci sono voluti tre anni lavori e sono stati utilizzati marmi di Assuan, iconostasi lignee, drappi bordeaux e panche e portale intarsiato. L’inaugurazione del luogo di culto coinciderà con la conclusione del digiuno in onore della Santa Vergine iniziato il 7 agosto. Quello dedicato alla Madonna è uno dei molteplici digiuni che scandiscono la vita spirituale di questa antica comunità cristiana che dipende dal Patriarcato di Alessandria. ''In preparazione del Natale - ricorda mons. Barnaba - digiuniamo 43 giorni. Subito dopo l'Epifania, c'è il digiuno dedicato a San Giona''. Tuttavia, aggiunge, è la Quaresima - conosciuta come 'il Grande digiuno' - il momento più importante nella vita religiosa dei copti: quello osservato con maggiore slancio. In tutto 55 giorni, in cui il digiuno inizia la sera e dura fino alle 15 del giorno successivo, e viene interrotto da un pasto a base di verdure. E in memoria del sacrificio degli Apostoli, Pietro e Paolo si digiuna 3 giorni intorno al 12 luglio, così come anche tutti i mercoledì e venerdì dell'anno. Il digiuno - da cui sono però esentati malati, donne incinte e bambini - è vissuto con partecipazione non soltanto in Egitto ma in ogni altro Paese in cui i copti della diaspora (tra i 12 e i 15 milioni) hanno scelto di vivere. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Pakistan: per l'Onu raccolti la metà degli aiuti necessari

    ◊   In Pakistan sono più di quattro milioni gli sfollati in seguito alle alluvioni, che hanno colpito in tutto 20 milioni di persone. La nuova stima è stata diffusa dalle Nazioni Unite, mentre l’emergenza nel Paese sarà al centro della riunione odierna dell’Assemblea Generale dell’Onu. Intanto Islamabad ha fatto sapere di aver ricevuto 300 milioni di euro dalla comunità internazionale, mentre l’Onu ritiene che siano stati raccolti circa la metà dei 459 milioni di dollari necessari per i primi aiuti. Francesca Sabatinelli ha intervistato Maurizio Giuliano, portavoce dell’ufficio per il coordinamento Onu degli Affari Umanitari in Pakistan, raggiunto telefonicamente a Islamabad:

    R. - Anzitutto dobbiamo dire che non è poco. La risposta dei donatori finora è stata abbastanza incoraggiante. Ci rendiamo conto che sino a tre, quattro giorni fa, la risposta era meno del 30 per cento; siamo riusciti ad arrivare, in pochi giorni, al 45 per cento e se includiamo anche le promesse dei soldi che sono in arrivo, arriviamo al 54 per cento. Quindi, da un lato è certamente una risposta positiva ed incoraggiante, ma dall’altro, effettivamente, la risposta deve essere ancora più veloce, perché se non ci muoviamo in modo veloce ci saranno molte più persone che potranno morire per malattie di origine idrica e malattie portate e trasportate dagli insetti.

    D. – Quali sono le vostre preoccupazioni ?

    R. – Sicuramente le malattie che sono legate alla mancanza di acqua potabile. In un contesto come questo, dove già la gente è più vulnerabile, perché il cibo non è sufficiente e perché abitano non in case, ma in tende o all’aria aperta, in modo sovraffollato, in questo contesto la gente è più vulnerabile e la mancanza di acqua potabile e di medicine è letale. Sappiamo certamente che la mortalità causata da certe malattie è in aumento.

    D. – Maurizio Giuliano, dal punto di vista invece della sicurezza voi avete registrato emergenze?

    R. – Il Pakistan è certamente un Paese dove ci sono delle preoccupazioni di sicurezza e ciò non aiuta. Comunque, finora questo non ha rappresentato un ostacolo maggiore per le nostre operazioni.

    Italia sbarco immigrati
    136 immigrati, soprattutto curdi, sono sbarcati in nottata nella Locride, in provincia di Reggio Calabria. Si tratta di 65 uomini, 35 donne e 36 bambini, tutti in discrete condizioni di salute. Gli extracomunitari sarebbero arrivati in zona a bordo di una nave, forse uno yacht, e poi a riva con dei gommoni. Dunque cambiano le strategie e le rotte dei trafficanti di esseri umani. Alessandro Guarasci ne ha parlato con il vicedirettore generale della Caritas, Francesco Marsico:

    R. - Evidentemente sono cambiati i soggetti che agiscono, purtroppo, in questo traffico infame, sono cambiate le rotte e stanno cambiando anche le modalità. Il passaggio dalla costa africana ad altri porti del Mediterraneo sta modificando le strategie d’ingresso. E’ chiaro, quindi, che i governi devono porre due strategie, anche in base alle normative europee e alle forme di controllo di contrasto al fenomeno: lungimiranza nel capire quali sono le aree critiche in Africa e nel continente asiatico, dove vengono prodotte queste situazioni.

    D. - Forse servirebbe anche una politica più flessibile nei confronti di chi richiede asilo, perché le domande sono assolutamente crollate…

    R. - Il blocco della costa africana, con l’accordo italo-libico, pone una grande domanda su cosa accade dall’altra parte del Mediterraneo ed evidentemente quello era uno dei luoghi da cui partivano molte persone che avevano, potenzialmente, la possibilità di fare richiesta d’asilo. Dall’altro lato, c’è una questione più generale, cioè come tutelare questa categoria di cittadini che non devono essere accomunati anche a flussi di tipo economico di migrazione. In questo momento l’Europa - ma evidentemente anche l’Italia - non risponde pienamente ad un’idea di difesa dei diritti di queste persone in maniera piena.

    D. - Chi una volta arrivava in Libia e poi tentava il viaggio verso le coste della Sicilia ora che fine ha fatto?

    R. - Da quello che sappiamo, negli sbarchi in Puglia sono minori le presenze di cittadini nordafricani, però il problema è per quelle persone che non hanno alternative e provengono da Paesi di guerra o in cui sono violati i diritti umani. In quel caso, chiaramente, la domanda che lei fa rimane senza risposta.

    Coree
    Torna a salire la tensione fra le due Coree. Oggi Pyongyan ha confermato il sequestro del peschereccio di Seoul avvenuto il 10 agosto nel Mar Giallo con tutto il suo equipaggio, composto da quattro cittadini del Sud e da tre cinesi. In una nota diffusa in queste ore il regime ha ribadito che l’imbarcazione ha violato il confine pescando illegalmente nelle "acque di esclusivo interesse economico" nord coreano.

    Cina: esplode autoveicolo
    In Cina almeno sette persone sono morte e dodici sono rimaste ferite a causa dell'esplosione di un veicolo. L’episodio è avvenuto nella tormentata regione dello Xinjiang, teatro nel 2009 di violenti scontri tra uighuri e immigrati cinesi che hanno provocato la morte di quasi 200 persone.

    Cina: crolla un ponte
    In Cina almeno due carrozze di un treno passeggeri sono precipitate in un fiume per il crollo del ponte su cui stava passando. L'incidente è avvenuto nella provincia del Sichuan. Per il momento non sono segnalate vittime. A causare il crollo, la piena dovuta alle violente piogge di questi giorni che hanno causato altri 14 morti.

    Russia
    In Russia sembra terminata l'emergenza caldo e incendi. Oggi a Mosca la temperatura è in calo di una decina di gradi e un’ulteriore diminuzione è attesa anche per domani. I roghi hanno tuttavia distrutto almeno un quarto dei raccolti di grano. Il Paese, dopo aver sospeso l’export, probabilmente dovrà fare ricorso all’importazione, acquistando dall’estero - contrariamente alle previsioni del premier Putin - più di 5 milioni di tonnellate di grano.

    Grecia-Ue
    La situazione finanziaria della Grecia soddisfa le condizioni necessarie per la prossima tranche di aiuti da 9 miliardi di euro che saranno pagati a settembre. Lo ha fatto sapere la Commissione Europea a conclusione della missione nel Paese compiuta il cinque agosto assieme agli esperti del Fondo Monetario internazionale. Bruxelles ha precisato che Atene ha fatto progressi sul fronte del deficit di bilancio ma deve proseguire con le riforme per ripristinare la fiducia degli investitori.

    Germania
    L’economia tedesca potrebbe crescere intorno al 3 per cento quest’anno. Questa la previsione della Bundesbank che oggi ha corretto al rialzo la stima precedente di crescita dal Prodotto Interno Lordo, sulla scia della buona performance realizzata nel primo semestre. Solo ieri l’Ocse ha segnalato che la Germania, grazie ai risultati messi a segno da aprile a giugno, guida la ripresa dell’Europa.

    Colombia
    Prima condanna in Colombia per reati inerenti alla pedopornografia e allo sfruttamento della prostituzione minorile. Un tribunale di Cartagena ha inflitto 15 anni di prigione ad un italiano accusato anche di atti sessuali con un 14enne. L’uomo dovrà subire un altro processo per la morte di ragazzino di 15 anni, trovato privo di vita nel suo appartamento.

    Sudafrica
    Prosegue in Sudafrica lo sciopero “ad oltranza” degli impiegati del settore pubblico proclamato ieri dalle principali sigle sindacali dopo la rottura delle trattative col governo sugli aumenti salariari. La polizia ha sparato proiettili di gomma e utilizzato idranti per disperdere un gruppo di dimostranti che aveva bloccato una strada alle porte di Johannesburg. Numerosi gli incidenti segnalati anche in altre parti del Paese. L’agitazione riguarda più di un milione di lavoratori appartenenti a settori-chiave come la sanità e la giustizia. Il Paese rischia la paralisi.

    Colera in Camerun e Nigeria
    In Camerun l’epidemia di colera che si è diffusa nel nord del Paese a partire dal mese di maggio ha provocato fino ad ora la morte di 225 persone. A diffondere il nuovo bilancio è stato il ministro della Sanità. E il colera miete vittime anche in Nigeria, dove nelle ultime settimane ci sono stati 67 decessi e più di 500 nuovi casi. I contagi – secondo le autorità locali – sono dovuti all’acqua contaminata.

    Indonesia
    Al via da oggi in Indonesia il servizio di vagoni ferroviari per sole donne. La decisione di Giacarta per contrastare il fenomeno delle molestie sessuali sui treni utilizzati dai pendolari delle periferie. Secondo la stampa locale il programma prevede la realizzazione di una ventina di carrozze. Al momento ne sono state approntate 10. Un funzionario dell’azienda ferroviaria ha precisato che le passeggere non sono obbligate ad usarle e che l’obiettivo è quello di garantire maggiore comodità e sicurezza. (Panoramica Internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 231

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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