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Sommario del 17/08/2010
◊ Cordoglio di Benedetto XVI per la morte del presidente emerito della Repubblica italiana, Francesco Cossiga, spentosi stamani all'età di 82 anni. Il Papa è stato immediatamente informato della notizia della morte di Cossiga, avvenuta alle 13.18 di oggi al Policlinico Gemelli. Profondamente addolorato si è raccolto in preghiera. Pochi giorni fa mons. Rino Fisichella era stato incaricato dalla segreteria di Stato, a nome del Papa, di informarsi sullo stato di salute dell’ex presidente e si era recato in visita al policlinico di Roma. Alle 12 di oggi era stato diffuso un bollettino medico che parlava di condizioni di salute di “estrema gravità”. Il servizio di Alessandro Guarasci:
Un uomo politico precocissimo. Nato a Sassari nel 1928, deputato a nemmeno 30 anni, nel ’66 fu il più giovane sottosegretario alla Difesa del terzo governo Moro; nel ’76 il più giovane ministro degli Interni, nell’83 il più giovane presidente del Senato, e a soli 57 anni, nel 1985, il più giovane inquilino del Quirinale. Cossiga viene ricordato per aver perseguito la linea della fermezza con le Br durante il rapimento di Moro. Dopo il ritrovamento del corpo del presidente della Dc, Cossiga dette le dimissioni. Poi il periodo alla presidenza del Consiglio dei Ministri, dall’agosto del ’79 all’ottobre dell’80. Il Pci ne propose la messa in stato d’accusa per favoreggiamento personale. Divenne l’ottavo presidente della Repubblica nell’85. Dopo i primi anni al Quirinale, si caratterizzò per una forte esposizione mediatica su tanti temi di politica interna, fu detto “il grande picconatore”. Si ricorda inoltre "Gladio": la sezione italiana di Stay Behind, organizzazione segreta della Nato, di cui Cossiga si definì “l’unico referente politico”. Fervente cattolico, ha incontrato più volte Giovanni Paolo II e nell’agosto del 2008 pranzò con Benedetto XVI nella residenza estiva a Bressanone.
Per un ricordo dell'uomo Francesco Cossiga, ascoltiamo mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, intervistato da Alessandro Guarasci:
R. – Un uomo di grande fede, una fede magari austera, essenziale, ma che ha segnato l’intera sua vita, fin da ragazzo, anche il suo ingresso in politica. Perdiamo un grande italiano, un grande uomo di Stato. Tutto sgorga da una prospettiva di fede, e nello stesso tempo questa fede gli ha dato un grande amore per il Paese, per la patria, e lo ha reso un lottatore caparbio. La sua straordinaria intelligenza gli ha fatto prevedere molte cose a volte, è stata anche causa di incomprensioni, di dibattiti vivacissimi. Un grande italiano, appassionato di questo Paese, appassionato della libertà.
D. – Un uomo con grandi principi morali, fatto sta che si dimise, in alcune occasioni. Un caso raro in Italia...
R. – E questo perché aveva compreso che era cambiato tutto e bisognava cambiare anche la politica. Purtroppo questo non fu compreso. Gli anni successivi gli hanno dato ragione.
Per un profilo politico di Francesco Cossiga e della sua importanza nella vita istituzionale del Paese, Alessandro Guarasci ha chiesto il commento di Andrea Cangini, giornalista del “Quotidiano Nazionale”, e autore di un saggio scritto con lo stesso Cossiga:
R. – Cossiga è stato a lungo un uomo di Stato più che di partito. Non era un uomo di corrente, non aveva un potere interno tale da minacciare gli assetti correntizi della Democrazia Cristiana. Cossiga, però, era un uomo estremamente raffinato, estremamente intelligente, estremamente colto e dotato di antenne politiche assai sensibili e questo gli ha consentito di vedere il cambio di scenario che nessuno vedeva, perché il paradosso è che molto spesso l’élite politica non ha coscienza dei cambiamenti radicali che la storia gli prospetta.
D. – L’attività di Presidente della Repubblica di Cossiga in qualche modo è stata caratterizzata da due tempi: dapprima un presidente "notaio" poi "esternatore". Perché questa differenza così notevole?
R. – Sostanzialmente il suo repentino e radicale cambio di atteggiamento rispetto al modo di interpretare la presidenza della Repubblica fu dovuto all’istinto di sopravvivenza politica. Dopo i primi due anni di mandato presidenziale, Cossiga si rese conto che la Democrazia Cristiana stava manovrando per costringerlo alle dimissioni usando la sponda del Partito Comunista e si rese anche conto che il mondo stava cambiando attorno a loro. Il crollo del muro di Berlino avrebbe devastato non il Pci – come ingenuamente ritenevano i dirigenti democristiani di allora – ma la Democrazia Cristiana ed il Psi. Dovette quindi diventare altro da sé, parlare direttamente all’opinione pubblica, nella speranza di avere una sponda contro il sistema dei partiti che gli si stava rivoltando contro.
◊ Un fine statista, di esempio per chi ha incarichi pubblici: così il Papa ricorda il prof. Guido De Marco, ex presidente di Malta di cui sono stati celebrati ieri i funerali nella Co-Cattedrale di San Giovanni, nella capitale La Valletta. Il Papa aveva incontrato il prof. De Marco, nel corso del suo viaggio apostolico a Malta, lo scorso aprile. Il servizio di Fausta Speranza:
Il Papa esprime il suo cordoglio ai familiari e a quanti ne piangono la scomparsa nel telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e indirizzato all’arcivescovo di Malta, letto a conclusione della celebrazione funebre. Il prof. Guido De Marco è scomparso il 12 agosto per problemi cardiaci, all’età di 79 anni. Benedetto XVI ricorda il “significativo contributo che ha dato non solo sul piano delle questioni interne a Malta ma anche per la vita della comunità internazionale, in particolare nel periodo in cui è stato presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”. E il Papa ricorda “con stima” come il prof. De Marco “si sia distinto nel servire la nazione maltese per molti anni”. Avendo “testimoniato la fede in Cristo nell’esercizio della vita politica”, il Papa prega che “molti di quanti sono impegnati in ruoli pubblici traggano ispirazione dal suo esempio”. Alla famiglia e a tutta la nazione di Malta, imparte l’apostolica benedizione. Guido de Marco, nato a La Valletta il 22 luglio 1931, è stato ministro degli Esteri di Malta nel 1990, anno in cui è stato eletto presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Poi è stato presidente della Repubblica di Malta dal 1999 al 2004, anno in cui Malta è entrata nell'Unione Europea.
◊ Ricordando Colonia, aspettando Madrid. Ricorre in questi giorni il quinto anniversario della prima Gmg di Benedetto XVI nell’agosto del 2005 nella città tedesca. E intanto, fervono i preparativi per la Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, dal 16 al 21 agosto del 2011. Proprio ieri, gli organizzatori della Gmg spagnola hanno dato il via ad una campagna di finanziamento via Sms per realizzare un fondo che consenta ai giovani meno abbienti di spostarsi a Madrid. Sull’importanza delle Gmg nel Pontificato di Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha intervistato don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Cei:
R. - E’ un momento che coinvolge, significativo. Un momento che porta veramente tantissimi frutti e che insegna uno stile. Benedetto XVI nelle sue Gmg, con uno stile diverso da quello di Giovanni Paolo II, dice qualcosa ai giovani, e mi sembra, che tocchi anche le loro corde spirituali.
D. - In effetti, di Colonia abbiamo tutti, impressa negli occhi, nella mente l’immagine dell’Adorazione Eucaristica, nella notte. Come dire: un Papa esigente, ma che raccoglie anche l’entusiasmo, l’entusiasmo profondo dei giovani..
R. - Sì, infatti, questa cosa ci ha lasciato un po’ "a bocca aperta". Il Papa ha invitato tutti i giovani, un milione e mezzo di giovani a Mariazell. Questo invito al silenzio adorante, all’inizio ci ha stupiti tutti, poi in realtà Benedetto XVI ci ha creduto profondamente, l’abbiamo rivissuta assieme l’Adorazione. La preghiera, il silenzio sono un qualcosa di cui i giovani avevano bisogno. Hanno risposto in modo così entusiasta e ancora oggi non è difficile trovare giovani che da soli fanno delle visite eucaristiche nelle chiese delle nostre città e comunque l’Adorazione eucaristica spesso unita al Sacramento della Riconciliazione sono molto, molto frequentate nelle pastorali giovanili italiane, negli incontri che i giovani fanno con i vescovi.
D. - Cinque anni da Colonia e ormai praticamente un anno, un anno preciso da Madrid. Come ci si sta preparando?
R. - I lavori sono già partiti da un bel po’, nel senso che ci si è mossi per tempo, c’è una grandissima attesa. Molte diocesi italiane hanno già realizzato dei gemellaggi, sanno già dove andranno nelle giornate precedenti la Gmg, perché c’è questa tradizione che le diocesi spagnole accolgono i ragazzi nella settimana precedente di Madrid. Quindi, i lavori in corso sono già molto bene avviati. Ora, certamente da settembre in poi, ci sarà questa preparazione immediata. Noi lo abbiamo chiamato proprio "Anno dell’incontro", il 2011, in cui ci saranno così delle preparazioni più mirate. Anche noi prepareremmo una specie di libro di preghiera che accompagnerà per un anno intero i ragazzi a questo momento. C’è una grande vivacità, un grande movimento.
◊ E’ morto ieri sera a Roma, all’età di 75 anni, il fisico italiano Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Negli ultimi anni, dopo aver lavorato nel Cern di Ginevra, ha insegnato nelle Università di Roma “La Sapienza” e “Tor Vergata”. E’ stato anche presidente dell’Istituto italiano di fisica nucleare. I funerali si terranno domani mattina nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura e saranno presieduti da mons. Sànchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Come scienziato e uomo di fede, il prof. Cabibbo è intervenuto in diverse occasioni sul rapporto tra evoluzione e Creazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nicola Cabibbo, uno dei fisici italiani più noti a livello mondiale per il contributo dato alla conoscenza del mondo delle particelle elementari, era presidente dal 1993 della Pontificia Accademia delle Scienze. Ha affrontato più volte il tema della relazione tra fede e scienza, ribadendo che il fulcro di questo rapporto è il rispetto reciproco. Non vanno posti limiti alla ricerca ma è necessario – aggiungeva - fare attenzione alle possibili implicazioni etiche. In un’intervista rilasciata nel 2008 alla nostra emittente, illustrava con queste parole il ruolo della scienza:
“Mi sembra bellissimo ricordare che il centro di tutto è l’uomo, l’amore. La scienza ha il suo ruolo, su questo non c’è dubbio: la scienza ha un ruolo che diventa sempre più importante nella vita umana. La scienza sarà un elemento non indifferente nella continuazione della vita umana. Da questo punto di vista, io non ho mai visto contrasti tra scienza ed amore”.
L’eredità del prof. Cabibbo tocca vasti campi del sapere. Ma alle qualità dello scienziato, distintosi nel campo della fisica, si aggiungono anche e soprattutto straordinarie qualità umane, come sottolinea mons. Gianfranco Basti, ordinario di filosofia della natura e della scienza alla Pontificia Università Lateranense e decano della facoltà di filosofia:
“Ho avuto ovviamente occasione di conoscerlo più volte ed anche alla Pontificia Accademia delle Scienze ha portato la stessa umiltà di tutti i grandi. Era un uomo che valeva tanto e, proprio perché valeva tanto, era estremamente umile e molto umilmente ha lavorato anche alla Pontificia Accademia delle Scienze, portando nel dialogo fra scienza e fede quello stesso rigore che aveva nel campo scientifico”.
Affrontando il dibattito su evoluzione e cosmologia, il prof. Cabibbo ha anche sottolineato che la teoria dell’evoluzione non è in contrasto con l’opera della Creazione. Ancora mons. Basti:
“Il professor Cabibbo sottolineava che la nostra esistenza nel tempo dipende verticalmente da questa casualità divina, che tiene insieme l’universo e le sue leggi, e dipendiamo orizzontalmente dalla successione delle cause seconde. Quindi, essendo su due piani distinti e complementari, evoluzione e creazione non si contraddicono. Sono gli ‘-ismi’, ovvero il creazionismo che pretende di negare l’evoluzione e l’evoluzionismo che pretende di negare la Creazione, che entrano in contrapposizione, proprio perché si fa confusione tra i due piani. Credo che da qui siano nate molte confusioni, almeno nell’ambito del dialogo moderno tra scienza e fede, ma ormai questi errori sono stati abbondantemente denunciati e capiti ed il professor Cabibbo ha collaborato attivamente a questa chiarificazione”.
Evoluzione e Creazione non sono dunque in contrasto e anche il sapere scientifico e i testi biblici sono in un rapporto di continuità e di proficua relazione:
“C’è una continuità nella distinzione e la continuità nasce dal fatto che la persona è una. Anche per fare scienza c’è bisogno di fede, una fede che può essere innanzitutto fede nella verità. Il credente, poi, sa che questa verità ha anche un nome: Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio. Viceversa, anche la fede ha bisogno della ragione. Sant’Ireneo diceva: ‘La gloria di Dio é l’uomo vivente’, e l’uomo vivente é innanzitutto l’uomo intelligente. Quindi, la fede che offendesse l’intelligenza sarebbe una fede che non dà gloria a Dio”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Sulle parole del Papa in occasione della solennità dell'Assunta, in prima pagina un editoriale del direttore dal titolo “Una speranza forte”.
Un ricordo dell'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, e un suo articolo sul pensiero di John Henry Newman, apparso nel 2009 sulla rivista “Vita e Pensiero”.
In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: il sorpasso della Cina sul Giappone.
In cultura, un articolo di Vicente Carcel Orti dal titolo “Senza una sola accusa concreta”: nel 1931 il vescovo di Vitoria veniva espulso dalla Spagna.
Se l'architettura segue il ritmo del mondo: Christine Barbier-Kontler sulla città imperiale cinese come rappresentazione del potere.
Il fisico noncurante: Maria Maggi ricorda Nicola Cabibbo.
Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Agata, casta diva”: la patrona di Catania secondo Pietrangelo Buttafuoco, Luigi Maina e Marco Samà.
Giulia Galeotti su “About love” di Joseph L. Mankiewicz.
◊ Nuovi sviluppi legali in Belgio nella vicenda delle perquisizioni eseguite il 24 giugno scorso nella sede dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles e nella residenza del cardinale Godfried Danneels. La Procura generale di Bruxelles, secondo il legale rappresentante dell’arcidiocesi e del porporato, considera infatti tali azioni irregolari, e quindi tutti gli atti dell’inchiesta fondati su oggetti e documenti sequestrati nel corso dell’operazione non potranno più essere utilizzati nelle indagini riguardo agli abusi sessuali sui minori da parte di membri della Chiesa locale. La sezione d’accusa della Corte d’Appello non ha ancora deciso se seguire le indicazioni della Procura generale e a tutt’ora nessuno conosce la sua posizione. Rimane il fatto che questo evento cambia le posizioni nell’inchiesta. Il servizio è di Xavier Sartre, della nostra redazione francese:
Le perquisizioni avevano fatto scalpore ed erano finite sulle prime pagine dei giornali. I metodi “forti” del giudice per le indagini preliminari avevano scioccato la Chiesa belga ed anche il Papa. Si tratta quindi di una sconfessione dura da parte della giustizia belga per gli inquirenti: infatti, se la sezione d’accusa della Corte d’Appello stabilirà, come la Procura generale, che queste azioni siano da considerare irregolari, sarà necessario riprendere un’inchiesta delicata di per sé. Per l’avvocato Fernando Keuleneer, legale dell’arcidiocesi di Malines e del cardinale Danneels, non si devono, comunque, respingere le indagini …
“Evidemment, nous n’avons rien contre une enquête judiciaire …
E’ ovvio che non siamo contrari ad un’inchiesta giudiziaria, laddove ci siano elementi precisi, concreti, credibili … Dove è stato commesso un delitto, è necessario esaminare tutto, a carico e a discarico, ma sempre rimanendo all’interno di un ambito legale, con ogni garanzia”.
E sembra che proprio queste garanzie non siano state rispettate, e questo nuoce ovviamente all’inchiesta sugli abusi sessuali; peraltro, sono poi proprio le vittime di tali abusi che risentono di questi imprevisti giudiziari, perché la sostanza dell’inchiesta sono in realtà appunto gli abusi sui minori: e – secondo l’avvocato Keuleneer – sembra che questo si sia perso di vista …
“On n’est pas très certain en ce qui est le fond de l’affaire, d’ailleurs, …
Sembra in effetti che non sia molto chiara la sostanza della questione, perché le perquisizioni sono state effettuate su scala talmente ampia che ci si chiede se ci fossero elementi concreti specifici, o se lo scopo non fosse piuttosto quello di andare ‘alla cieca’ sperando di trovare qualcosa …”.
Il sospetto lanciato sulla Chiesa belga nel suo insieme, e sul cardinale Danneels in particolare, è stato alimentato quindi da una perquisizione-evento. L’avvocato Keuleneer ricorda che i suoi clienti, allo stato attuale, non sono in alcuna maniera incriminati: sono anche loro “vittime” di una giustizia – questa volta – troppo impaziente.
◊ Era il 12 gennaio di quest’anno quando violentissime scosse di sismiche devastarono Haiti. Oltre 220 mila vittime e danni materiali incalcolabili hanno messo in ginocchio il Paese caraibico, uno dei più poveri della Terra che, tutt’oggi, vive drammaticamente un’emergenza terremoto mai risolta, nonostante la solidarietà internazionale si sia subito messa in moto. Oggi a Port au Prince si riunisce la Commissione per la valutazione dei piani di ricostruzione. Ma qual è la situazione oggi ad Haiti? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italia, in partenza proprio alla volta di Haiti:
R. – E’ una fase di grande fermento, sia sociale che politica. E’ un momento molto delicato per il Paese, con manifestazioni – anche ieri ce ne è stata una – con momenti di grave tensione. Dobbiamo sempre contestualizzare il disastro avvenuto in una realtà complessiva che resta estremamente povera e fragile, non solo dal punto di vista sociale ed economico, ma anche dal punto di vista politico. Ad oggi la situazione é ancora molto delicata, perché i piani di ricostruzione, con un governo debole e contestato, come quello in carica, e con le elezioni rinviate, non sono ancora stati messi a punto. Siamo ancora in una fase in cui, di fatto, si gestisce l’emergenza, si gestiscono i campi profughi; ci sono persone che vagano nel Paese alla ricerca di situazioni migliori, chi scappa ancora dalla capitale, chi vi rientra, perché altrove ha trovato delle situazioni peggiori. Effettivamente, quindi, siamo in una situazione molto delicata, molto instabile e molto frammentaria.
D. – La situazione di malcontento tra la popolazione haitiana da quali carenze nella macchina degli aiuti è stata causata?
R. – Penso che un elemento evidente resti quello della debolezza delle istituzioni locali. Se chi deve dare le autorizzazioni non le dà, perché non ha fatto un minimo di pianificazione non solo precedente, ma anche successiva al terremoto, tutta la macchina degli aiuti rimane bloccata. Evidentemente, la morte di circa 230 mila persone, il crollo di tutte le strutture e la promessa di grandi aiuti internazionali, di miliardi di dollari, non si sta trasformando in fatti concreti, in fatti evidenti, visibili. Quindi i problemi sono ancora quelli di cibo, acqua, malattie, tende. Inoltre, registriamo flussi di profughi al nord, all’interno e fino a tutto l’ovest del Paese. E nella gente tutto questo provoca la perdita di ogni speranza.
D. – In questa situazione come riesce ad operare la Caritas?
R. – C’é un lavoro minuzioso della Caritas insieme con tutta la Chiesa locale: abbiamo appena rifinanziato la costruzione di un banco agricolo con dei magazzini per sementi ed abbiamo appena fatto lavoro per aprire pozzi idrici in varie parrocchie. Anche questi piccoli segni sono importanti, perché danno, ad esempio, l’acqua potabile ad un villaggio. Questa miriade di piccoli interventi quotidiani penso sia un bel segno per la popolazione haitiana. Purtroppo è insufficiente, però certamente, per chi lo riceve, spesso dà vita e sollievo concreti.
Nel Pakistan devastato dalle inondazioni, difficoltà per gli aiuti umanitari
◊ A tre settimane dalle inondazioni che hanno colpito il Pakistan, degli oltre 20 milioni di persone bisognose di aiuto molte ancora non hanno ricevuto alcun sostegno. A denunciarlo sono le Nazioni Unite, che lamentano anche la lentezza della mobilitazione internazionale temendo una seconda ondata di morti oltre i 1500 già provocati dalle alluvioni nel Paese. Intanto, nelle zone più colpite, le aree nord occidentali del Punjab e del Sindh, c’è preoccupazione per possibili nuove piogge. Sulla situazione nel Paese ascoltiamo al microfono di Linda Giannattasio il commento di Daniele Scaglione, direttore comunicazione di Actionaid, associazione presente da oltre 18 anni sul territorio pachistano e ora coinvolta nei soccorsi.
R. - La situazione è drammatica perché è enorme il numero di persone che hanno immediato bisogno di aiuto, si parla di almeno sei milioni di persone a fronte dei 14 milioni colpite e le comunicazioni sono ancora molto difficili, quindi quello che c’è ancora bisogno di fare è portare un aiuto immediato di prima necessità. Poi bisognerà parlare della ricostruzione. Quello che forse non si capisce è che qui stiamo parlando di un’emergenza che è enormemente più grande di quella dello Tsunami, che aveva colpito cinque milioni di persone, e ancora più grande di quella di Haiti con il terremoto che ha portato alla morte di 530 mila persone, ma tre milioni di persone colpite. Qui le persone morte sono meno tra virgolette sono "solo" 2000, ma qui si tratta proprio di andare ad aiutare i sopravvissuti, che sono invece molti e molti di più rispetto a quelli delle altre emergenze. Non si può dare un’attenzione a queste catastrofi solo in maniera direttamente proporzionale al numero delle vittime. I sopravvissuti di oggi sono quelli che hanno bisogno di forti interventi subito, sul momento, sennò rischiano di essere le vittime di domani.
D. - Di cosa c’è più bisogno nelle aree colpite dalle alluvioni?
R. - Realmente di tutto, perché si tratta di portare assistenza alle persone dando loro del cibo, dando loro dell’acqua pulita e quindi cercando di prevenire le epidemie. Bisogna fare attenzione anche a continuare quelle terapie delle persone ad esempio malate di A.I.D.S.. Non se ne parla in questo contesto, ma il Pakistan è fortemente colpito da questa pandemia.
D. - Qual è la situazione degli sfollati?
R. - Sono sistemati sostanzialmente in campi, ci sono anche campi da migliaia di persone in alcuni contesti, in alcuni casi vengono utilizzati degli edifici e quella è la situazione meno precaria, in molti altri casi invece si va con le classiche tende o anche meno e queste sono situazioni molto più precarie. Il fatto che ci siano così tanti sfollati è un fattore positivo, perché vuol dire che gli allarmi e che le azioni per spostare le persone sono state efficaci.
D. - L’Onu inoltre ha espresso preoccupazione per la lentezza della mobilitazione internazionale, qual è lo stato degli aiuti?
R. - L’appello dell’Onu sembra quasi deprimente, perché ci porta a dire che anche un’istituzione forte come le Nazioni Unite non riesce a far capire ai Paesi e ai Governi quanto sia importante questa emergenza e quanto ci si debba attivare. Le Nazioni Unite hanno stimato la necessità di 459 milioni, bisogna donare di più!
Il “Bambino Gesù” di Roma primo ospedale pediatrico con l’iPhone e l’iPad
◊ L’informatica al servizio dei bambini: al via a settembre il progetto “App” dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Le informazioni, i servizi interattivi e le notizie relative alle attività dell’ospedale saranno visibili su iPhone e iPad, attraverso un’applicazione scaricabile dalle prossime settimane. Su questa ed altre iniziative di carattere informatico al servizio dei piccoli pazienti, Eliana Astorri ha intervistato l’ingegner Giulio Siccardi, responsabile dei Sistemi Informativi e Telematici del “Bambino Gesù” di Roma:
R. – “App” è un’applicazione che l’ospedale ha sviluppato per iPhone e iPad ed è un’applicazione che consente a tutti i possessori di questo tipo di cellulare di collegarsi all’ospedale e di fruire di alcuni servizi, tra cui la prenotazione, le prestazioni ambulatoriali, la disdetta, il pagamento dei ticket … Poi, anche alcuni servizi informativi, come dei tour virtuali sull’ospedale e, per i più piccoli, anche delle favole.
D. – Le prenotazioni normali per chi non è possessore di un iPhone o di un iPad, continuano come sempre?
R. – Sì, questo rientra nell’ambito dei progetti che ha lanciato il nostro presidente, il professor Profiti, di ampliare tutti i canali per i quali è possibile accedere all’ospedale, limitando l’accesso fisico soltanto, dove sia possibile, al momento dell’erogazione in modo da decongestionare l’accesso all’ospedale e consentire a tutti di fruire di alcuni servizi precedenti la prestazione ambulatoriale da casa o dal lavoro. In questo senso, abbiamo lanciato l’anno scorso la prenotazione via Internet, oltre a quelle telefonica e da sportello che erano già attive; affianco a queste, da settembre, per i possessori di questi dispositivi mobili, sarà possibile svolgere le stesse funzionalità.
D. – Attualmente, quindi, è in via di sperimentazione?
R. – In questo momento, la stanno sperimentando alcune mamme, alcuni papà che sono al tempo stesso genitori e colleghi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; sono stati scelti tra un panel di sperimentatori, e stanno fruendo di questi servizi in modo che poi possano essere resi disponibili al pubblico, a settembre, dopo essere stati provati sul campo.
D. – Ci sono altri servizi innovativi, per quanto riguarda l’informatica, all’Ospedale Bambino Gesù?
R. – Il servizio che ha avuto maggiore successo, e che abbiamo avviato a marzo, è stato il servizio di “remainder” via sms, cioè 48 ore prima dell’appuntamento prenotato il genitore viene avvisato sul proprio cellulare con un Sms e può confermare, rispondendo “sì”, o disdire rispondendo “no”. Questo servizio, che sembra molto semplice, in realtà ha avuto un successo enorme e questo ci ha consentito di ridurre di 7 punti percentuali il numero di appuntamenti che vanno persi perché il genitore non si presenta con il bambino. E questa è una cosa abbastanza grave perché impedisce anche ad altri di accedere a quell’appuntamento.
No dei vescovi messicani alle adozioni da parte delle coppie omosessuali
◊ La Suprema Corte di giustizia del Messico, con nove voti a favore e due contro, ha approvato ieri la possibilità che le coppie omossesuali, unite in "regolare matrimonio" possano adottare dei figli, ma ciò è valido solo nel Distretto federale dove nel dicembre 2009 questo tipo di unioni sono state sancite dal Parlamento dello Stato. La stessa Corte, lo scorso 5 agosto, in risposta al ricorso presentanto da parte dell'Ufficio del governatore, aveva dichiarato che questa legge statale è costituzionale. L'arcivescovo di Guadalajara, cardinale Juan Sandoval Íñiguez, in un ampio documento pubblicato sul sito dell'episcopato messicano, ribadendo quanto detto a più riprese da parte dai vescovi messicani, oltre alla "tristezza e delusione" per una così grave decisione rileva che i giudici "hanno disatteso il bene comune, la logica del senso comune e hanno palesato disprezzo per la legge naturale". Per l'arcivescovo, la concessione dei medesimi diritti di una coppia eterosessuale ad un’omossesuale "è un aberrazione che si somma ad altre che si sono accumulate recentemente" e "danneggia profondamente il matrimonio, formato da una maschio e da una femmina, e la famiglia, prole di un'unione fra due persone di sesso diffirente". Nella sua dichiarazione il cardinale di Guadalajara, con riferimento specifico ai bambini che potrebbero essere adottati da coppie omosessuali, cita diversi studi scientifici ed antropologici sulla materia che dimostrano i rischi a cui vanno incontro questi figli "adottivi" e aggiunge: "Non devono essere tenuti in conto solo i diritti delle persone dello stesso sesso che vogliono adottare figli, ma anche i diritti fondamentali dei bambini, in particolare di chi potrebbe essere dato in adozione". Se un bambino ha bisogno di essere adottato, osserva il porporato, "lo stato deve sorvegliare affinché questo suo diritto sia un'opportunità per inserirsi nella società nel modo migliore" e al riguardo, sottolinea il cardinale Juan Sandoval Íñiguez, "avere un padre e una madre è l'ambiente migliore e più adatto". "No si tratta di argomenti di carattere religioso - prosegue l'arcivescovo di Guadalajara -, e neanche di un semplice coinvolgimento morale nell'ordine civile, né tantomeno di ingerenza nella laicità dello Stato, bensì di prove scientifiche che conosciamo sino ad oggi così come delle conseguenze della legge naturale", tutti "elementi determinanti per affermare che l'ambiente propizio per lo sviluupo di questi bambini è la coppia eterosessuale". Tornando agli argomenti che il porporato ha già proposto nei giorni scorsi, ribadisce: "I bambini nascono dall'unione tra un uomo e una donna. Mai è nato un bambino dall'unione tra due persone del medesimo sesso; dunque, il suo sviluppo resta legato strettamente alla sua origine e questo è un diritto che oggi è stato violato da parte della Suprema Corte di giustizia della nazione". (A cura di Luis Badilla)
La Chiesa tedesca si confronta sulle "sfide della pastorale missionaria"
◊ “Le sfide della pastorale missionaria”, è il tema scelto per il convegno del nuovo Ufficio per la Pastorale Missionaria dei vescovi tedeschi, che si terrà dal 6 al 8 settembre ad Erfurt, nell’Est della Germania. Da una nota della Conferenza Episcopale Tedesca (Dbk), ripresa dall'agenzia Fides, si apprende che al centro del dibattito vi sono le premesse, le difficoltà e le possibilità di una pastorale missionaria nel tempo di oggi. I partecipanti affronteranno l’argomento sotto l’aspetto sistematico, ecumenico e della teologia pastorale, basandosi sulle esperienze concrete dei delegati presenti all’incontro. Un secondo scopo del convegno è la creazione di una rete fra quanti si occupano della pastorale missionaria e della nuova evangelizzazione nelle diocesi, negli ordini religiosi, nelle associazioni e nelle comunità cattoliche. Parteciperanno al convegno circa 50 delegati in rappresentanza di 20 diocesi tedesche, sei ordini religiosi, cinque comunità ecclesiali e quattro associazioni cattoliche. Vi parteciperà inoltre una delegazione della chiesa protestante tedesca, la Evangelische Kirche Deutschland. (M.G.)
Sri Lanka: la famiglia al centro delle celebrazioni per la Festa dell’Assunzione
◊ Grandissimo afflusso di pellegrini al santuario di Madhu, in Sri Lanka, per le celebrazioni della Festa per l’Assunzione di Maria. Il 15 agosto, oltre 450 fedeli hanno preso parte alla Messa solenne celebrata dall’arcivescovo di Colombo mons. Malcolm Ranjith, insieme ad altri vescovi e sacerdoti. La gran parte dei cattolici si è riunita presso il santuario già per i Vespri del giorno prima. È il secondo anno che la festa torna ad essere celebrata a Madhu dopo la sconfitta dei ribelli Tigri Tamil nel maggio 2009: per almeno due decenni la guerra civile non aveva risparmiato la zona, rendendo difficile la celebrazione dell’Assunta. Le celebrazioni di quest’anno hanno inoltre concluso la Settimana Nazionale per la Famiglia proclamata dalla Commissione nazionale per il laicato. “La famiglia è l’insegnante dei valori cristiani” è il tema scelto per l’iniziativa che ha avuto inizio il 6 agosto nella diocesi di Mannar. Mons. Winston Fernando, presidente della Commissione per il laicato, ha guidato in questa settimana di incontri giornalieri per famiglie, giovani e bambini, insieme ai Coordinatori diocesani dell’Apostolato per la Famiglia. Padre Julian Patrick Perera, direttore dell’Apostolato nazionale per la famiglia, ha ricordato ad AsiaNews che tramite messe e incontri, in lingua sia Sinhala che Tamil, “vogliamo dare buoni principi a ogni famiglia. Con la partecipazione a questi incontri giornalieri, i fedeli possono essere aiutati a rinnovare la loro vita familiare”. “Chi partecipa alle nostre iniziative, sia cattolico o no, può ricevere insegnamenti per vivere in modo esemplare”. La famiglia è stata anche al centro dell’omelia di mons. Ranjith, al santuario di Madhu, il quale ha ricordato che “nel nord ci sono famiglie che hanno perso sorelle e fratelli, famiglie che hanno perso padri e madri e ancora famiglie che hanno perso mariti e mogli. Alcune di queste famiglie colpite vivono ancora sotto il riparo di poche lamiere sottili. Questa gente che soffre appartiene alla stessa famiglia amata da Dio”. L’arcivescovo ha anche ricordato che la famiglia è la fonte dell’amore, che da Dio viene comunicato dai genitori ai figli e tra i coniugi: “Molte coppie sposate – ha detto - non vogliono figli e altre rinviano. Per il cristiano, la famiglia è come una piccola chiesa”. (M.G.)
In crescita i fedeli della Chiesa cattolica in Malaysia
◊ Cresce la comunità cristiana in Malaysia: su una popolazione di 23 milioni di abitanti, il 60,4% sono musulmani e il 9,1% sono cristiani, in maggioranza cattolici. La grande maggioranza di questi vive nell’isola del Borneo, in particolare nello Stato di Sabah, dove i cattolici superano il 10% della popolazione. In questo contesto si segnala la vitalità della comunità cattolica dell’arcidiocesi di Kota Kinabalu, capitale del Sabah, dove i fedeli sono più di 180mila. Qui molte chiese hanno aumentato il numero delle Messe domenicali, per far fronte all’affluenza dei fedeli. La chiesa di Stella Maris, ad esempio, ha deciso di celebrare la domenica una terza funzione in Bahasa Melayu, la lingua locale, insieme ad altre due in inglese. Leonard Chin, fedele della parrocchia, dichiara ad AsiaNews che “la popolazione cattolica cresce in modo costante, anche se lento”. “Abbiamo costruito nuove chiese – prosegue Chin - e a Pasqua sono state battezzate 80 persone, in una parrocchia che conta 5mila fedeli”. Insieme alla religione cattolica, si diffonde molto velocemente anche quella islamica: “Ci sono due motivi – spiega Chin - per cui i musulmani crescono con maggiore rapidità. Da una parte fanno più figli, dall’altra molti membri del gruppo etnico Kazadan, che sono cattolici per l’influenza dei missionari del 19.mo secolo, si convertono per motivi politici”. In Malaysia la religione di Stato è l’islam, la libertà religiosa è garantita dalla Costituzione, anche se si sono verificate diverse violazioni di questo diritto. Infatti, afferma Chin, “molte persone sono portate a convertirsi all’islam” a causa della pressione sociale che viene fatta sui non musulmani. (M.G.)
Serve un nuovo impegno sociale: l'appello dei vescovi del Congo per il 50.mo dell'indipendenza
◊ “Riflettendo sulla nostra esistenza con uno spirito di fede, come ha fatto la Vergine Maria, ci sarà possibile percorrere strade sconosciute e imprevedibili per ‘prendere il largo’ e così andare avanti e rispondere con una adesione rinnovata a Dio e al suo disegno d’amore”: è quanto scrivono i vescovi della Repubblica Democratica del Congo in un messaggio sul 50.mo anniversario dell’indipendenza del Paese dal titolo “Prendere il largo”, ispirato al versetto 4 del capitolo 5 del Vangelo di Luca. Era il 15 agosto del 1960 quando, conquistata l’indipendenza, la repubblica del Congo venne consacrata alla Madonna Assunta dal primo presidente Fulbert Youlou. La sua iniziativa, spiegano i presuli, rivela le radici cristiane del Paese, che è stato costruito sui valori del Vangelo. E se “il Congo ha vissuto, in alcuni periodi dei suoi 50 anni di indipendenza, lunghi e dolorosi anni di guerra”, per i vescovi è il momento per affermare "mai più questo, per chiedere perdono a Dio e per perdonarsi a vicenda”, oltreché per prendere coscienza che sono ancora da debellare corruzione, concussione, frodi. “In Africa siamo sempre più preoccupati dai problemi sociali”, si legge ancora nel messaggio che evidenzia carenza di servizi sanitari e di assistenza medica ed una scarsa educazione sociale. “Incoraggiamo gli sforzi dei nostri responsabili per un miglioramento vigoroso delle strutture sanitarie ed educative a tutti i livelli - affermano i vescovi – la Chiesa non può che impegnarsi a partecipare ad un tale programma che le è familiare, attraverso la gestione di scuole e ospedali già prima dell’indipendenza del Paese. Auspica, come nei primi tempi dell’indipendenza, di costituirsi come partner dello Stato, in materia di educazione e di sanità pubblica, attraverso la firma di protocolli d’intesa”. “La vera pace, quella che Gesù ci ha lasciato, si basa sulla giustizia, si schiude nell’amore e nella riconciliazione”, prosegue il messaggio, che sottolinea come, alla civiltà attuale, preoccupata per lo più dello sviluppo dei beni materiali e svuotata della dimensione spirituale, è la Dottrina sociale della Chiesa ad offrire punti di riferimento per promuovere la verità, la libertà, la solidarietà, il rispetto della vita e del bene comune. Infine, l’esortazione dei vescovi è a “prendere il largo”, poiché “Dio ci dona tutto, ossia la libertà del cuore e dello spirito e la capacità di cambiare le cose, per andare avanti, al fine di sviluppare il nostro Paese nella pace”. (T.C.)
Russia: la Chiesa ortodossa in aiuto delle popolazioni colpite dagli incendi
◊ Con la distribuzione di oltre 15 milioni di rubli e di 200 tonnellate di generi di prima necessità la Chiesa ortodossa si pone in prima linea negli aiuti umanitari per le popolazioni della Russia colpite dagli incendi che devastano la parte centrale del Paese dalla fine di luglio. Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, ha espresso la sua soddisfazione per la mobilitazione della Chiesa e di migliaia di fedeli: “Stiamo facendo molto. Forse la cifra raggiunta a qualcuno sembrerà poco, ma sono le donazioni di gente semplice, che dà tutto ciò che può”. “Sono anche molto soddisfatto - ha continuato Kirill citato da AsiaNews - del lavoro dei volontari. Molti giovani vengono all’ufficio della chiesa che si occupa di soccorsi e chiedono: ‘Come posso essere utile?’. Hanno raccolto aiuti umanitari, li hanno caricati nei veicoli e hanno rischiato le loro vite perché hanno guidato nelle aree dove c’era più fumo”. Il Patriarca di Mosca ha anche parlato dei segnali positivi emersi nella società russa: “Tutto quello che è successo ci ha aiutato a capire quanto è importante la solidarietà, senza la quale è impossibile vivere in una società a misura d’uomo. E se la nostra gente, specialmente i giovani, risponde al dolore di quelli che soffrono oggi, questo è un buon segno. Dio ci permette di crescere tutti in unità e solidarietà”. (M.G.)
Iraq: almeno 59 morti in un attentato contro l'esercito a Baghdad
◊ Strage a Baghdad. Un kamikaze si è fatto esplodere davanti alla sede del quartier generale dell’esercito della capitale dell'Iraq, provocando almeno 59 vittime e un centinaio di feriti tra le aspiranti reclute. Si tratta di uno dei più gravi attentati delle ultime settimane, che giunge all’indomani della sospensione da parte dei due principali blocchi politici dei colloqui per la formazione del nuovo esecutivo dopo le elezioni di marzo. Stefano Leszczynski ne ha parlato cone Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera in Iraq, raggiunto telefonicamente a Baghdad:
R. - La cosa più importante è che quest’attentato avviene in un momento di dibattito in Iraq sulla tenuta dell’esercito. Basti tenere presente che entro il primo di settembre tutte le unità combattenti americane avranno lasciato il Paese. Quindi, da allora, la missione americana cambierà completamente di carattere: da una missione di presenza sul campo, combattente, a, semplicemente, addestramento. La settimana scorsa uno dei comandanti dello Stato maggiore, il generale Zebari, che tra l’altro è curdo, aveva dichiarato che, in realtà, lui non riteneva che le nuove forze di sicurezza irachene, sia la polizia - 440 mila uomini - che l’esercito - 220 mila - fossero in grado di prendere il posto degli americani.
D. - Qual è l’impressione, l’atmosfera che si respira? E’ un’atmosfera diversa da quella dei mesi passati o rimane comunque la tensione e la paura?
R. - Se uno tiene conto di quello che è stato l’Iraq negli ultimi anni, le cose sono nettamente migliorate. E’ visibile. Il Paese vive in qualche modo una normalizzazione. Direi che la rabbia della gente, la rabbia della popolazione, oggi, si riflette contro i politici locali. L’accusa, in generale, è che i politici pensino più alle loro tasse, ai loro interessi che non a quelli della popolazione. Direi che questo sia il grande elemento d’incertezza che domina sull’intero Paese.
D. - Mi sembra di capire insomma che un Iraq politicamente debole rischia di cadere nuovamente nel caos?
R. - Rischia di ridare spazio a movimenti eversivi, ad Al Qaeda, ai movimenti sunniti della zona di Falluja, Ramadi, del famoso triangolo sunnita: tutti personaggi che, in qualche modo, erano stati battuti o, comunque, tenuti sotto controllo dalle operazioni congiunte americane e del nuovo esercito iracheno. Tutto questo lavoro rischia di essere reso vano da questa impasse politica. Certamente questo è il grande rischio.
Attentato in Ossezia del Nord
Sale la tensione in Ossezia del Nord per un attentato kamikaze contro un posto di polizia, avvenuto in mattinata. Due agenti hanno perso la vita. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:
Ci sono volute ore per ricostruire la dinamica dell’attentato, ma alla fine gli inquirenti sembrano esserci riusciti: un’automobile, proveniente dalla Repubblica dell’Inguscezia, è stata fermata per un normale controllo di documenti alle 9.30 del mattino, ora di Mosca, 7.30 in Europa centrale, al posto di polizia 105, al confine con l’Ossezia settentrionale. Un giovane di una ventina d’anni, che era alla guida del veicolo, é stato fatto accomodare all’interno dell’adiacente stazione. Qui, dopo aver chiesto di incontrare il capo-pattuglia, ha azionato la cintura esplosiva che aveva nascosto sotto ai vestiti. Lo scoppio, di una potenza di circa 300 grammi di tritolo, non ha dato scampo ai presenti. Il bilancio dell’attentato é di tre morti – due poliziotti ed il kamikaze – e di tre feriti gravissimi, che sono stati trasportati al vicino ospedale di Beslan, città diventata famosa per l’assalto terrorista alla scuola del primo settembre del 2004. In tutta l’Ossezia sono state rafforzate le misure di sicurezza. In Caucaso settentrionale l’attacco contro i posti di polizia é un evento abbastanza frequente: nel 2010 sono morte 12 persone e 20 sono rimaste ferite. Mosca ha difficoltà a controllare le retrovie di queste repubbliche, in cui i gruppi radicali hanno buon gioco sia per la grave crisi socio-economica, sia per la corruzione imperante e sia per le tradizionali logiche di clan.
Afghanistan
La guerriglia continua a colpire in Afghanistan. Tre soldati della Nato e due civili hanno perso la vita in tre diversi attentati avvenuti in varie zone del Paese. Intanto il presidente Karzai ha firmato il decreto che impone alle società di sicurezza di lasciare il territorio nazionale entro i prossimi quattro mesi. Dagli Stati Uniti, infine, il capo della Casa Bianca Obama ha ribadito che il ritiro totale delle forze statunitensi, previsto per il 2001, non subirà alcun rinvio.
Yemen-Al Qaeda
Nello Yemen militanti di Al Qaeda hanno ucciso un agente dei servizi segreti nel sud del Paese. Si tratta del settimo attentato contro le forze di sicurezza locali rivendicato da giugno dalla rete legata ad Osama Bin Laden, che combatte contro la collaborazione in chiave anti terrorismo tra Yemen e Stati Uniti.
Medio Oriente
Ripreso il lancio di ordigni verso il territorio israeliano, all’indomani dell’uccisione di un miliziano palestinese mentre tentava di piazzare una bomba al confine. In mattinata due feriti nel Sud dello Stato Ebraico per l’esplosione di alcuni colpi di mortaio sparati dalla Striscia di Gaza. Oggi intanto riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere la proposta del quartetto per il Medio Oriente - composto da Usa, Onu, Ue e Russia – di rilanciare l’ipotesi di negoziati diretti tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese.
Iran
Un complotto per rovinare le buone relazioni tra Iran e Brasile. Così il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha definito la mobilitazione occidentale per salvare la donna condannata alla lapidazione, cui il Brasile ha offerto asilo politico. Teheran ritiene che l'Occidente sia inquieto per l'avvicinamento Iran-Brasile-Turchia dopo un intervento di Brasilia e Ankara per risolvere la disputa internazionale sul nucleare iraniano e la loro opposizione a sanzioni votate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Nigeria
La Nigeria, il più popoloso degli Stati africani, è alle prese con una grave emergenza sanitaria in seguito al dilagare di un’epidemia di colera. Migliaia finora le persone contagiate dall’infezione e quasi un centinaio i morti. Nella zona le condizioni sanitarie sono pessime, mentre nei pozzi a cielo aperto l’acqua è contagiata.
Indipendenza Repubblica del Congo
La Repubblica del Congo in festa per celebrare le nozze d’oro con l’indipendenza. Tra i migliaia di cittadini erano presenti alla parata 14 capi di Stato e i soldati dei Paesi amici. Il cuore dell’Africa, colonia francese fino al 1960, è il centro di una fitta rete di interessi e di appetiti che hanno attirato le mire della grandi multinazionali occidentali e dei Paesi limitrofi, rendendo la storia di questi anni estremamente complessa. Il servizio di Elisa Castellucci:
Si sono svolti ieri i festeggiamenti per la celebrazione dei 50 anni di indipendenza della Repubblica del Congo. Nella capitale Brazzaville hanno sfilato come di rito le forze armate del Paese sotto gli occhi di migliaia di cittadini e dei rappresentanti istituzionali. Tra loro c’erano anche 14 capi di Stato africani invitati dal presidente congolese Denis Sassou Nguesso. Alla parata hanno preso parte 5000 civili e 5300 militari congolesi ed anche i soldati dei Paesi amici: Francia, Angola, Ciad, Benin, Libia, Marocco, Camerun e Gabon. Il presidente, inoltre, ha inaugurato un nuovo monumento a memoria dei cinquant’anni dell’indipendenza: una colonna alta 17 metri alla cui sommità è posta una donna che porta sulle ginocchia le tavole della legge e su cui sono scritte le tre parole che riassumono l’ideale repubblicano della nazione, unità, lavoro e progresso. Ieri tutto il Paese è stato in festa e le parate sono svolte nelle principali città, dove a sfilare è stata però, solo la società civile.
Romania: esplosione ospedale
I Romania tre neonati sono morti e altri otto sono rimasti gravemente ustionati in un incendio scoppiato nel reparto di terapia intensiva della maternità di un ospedale di Bucarest. La tragedia è stata probabilmente causata da un’esplosione dovuta ad un guasto nell’impianto elettrico. Si pensa al malfunzionamento di un condizionatore, ma sarà l’inchiesta avviata dalle autorità a stabilire la dinamica di quanto accaduto.
Francia immigrazione
Aumenta dell’otto e tre per cento il numero di permessi di soggiorno concessi dalla Francia rispetto al primo semestre del 2009. Il dato ha sfiorato quota 100 mila. Lo ha reso noto il ministero dell’Immigrazione di Parigi, precisando che l’aumento più rilevante si è registrato nei permessi per motivi di studio. Incrementato anche il numero delle naturalizzazioni per matrimonio. Resta elevato, infine, il numero delle espulsioni di stranieri irregolari: nei primi sei mesi dell’anno sono stati circa 15 mila.
Italia Terremoto
Momenti di paura ieri alle isole Eolie. Una scossa di magnitudo 4.5 è stata registrata a 19 Km di profondità e a sei km da Lipari. Proprio su quest’ultima isola, il terremoto ha provocato il crollo di un costone roccioso su una spiaggia ma non ci sono stati feriti. Stamani è atteso il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, per una riunione dell'unità di crisi mentre stamani si sono susseguite altre scosse di assestamento.
Russia-incendi
E’ in calo il numero di focolai attivi in Russia. Tuttavia la zona centrale del Paese è ancora oppressa dal caldo e da una densa nube di smog, provocata proprio dai roghi di questi giorni. Stesso scenario anche a Mosca, dove si attende la pioggia prevista per i prossimi giorni e che ieri ha colpito il nord del Paese.
Caldo Giappone
Afa e alte temperature in Giappone dove, a partire dal 31 maggio, si registrano oltre 130 vittime e più di 31 mila ricoveri in ospedale per i colpi di calore. Secondo l’Agenzia nipponica per la gestione di calamità e incendi – che oggi ha fornito il bilancio aggiornato al 15 agosto – le persone maggiormente colpite sono gli anziani. In giornata la colonnina di mercurio ha toccato il record di 38,2 gradi nel quartiere di Tokio Nerima.
India-Marea
Prosegue l’emergenza ambientale nel mare di fronte al porto di Mumbai dove una decina di giorni fa due navi cargo si sono scontrate causando una fuoriuscita di petrolio. Decine di container sono ancora dispersi, minacciando diversi chilometri di coste. A rilanciare la vicenda la stampa locale che riferisce anche di un altro grave disastro avvenuto in un'isola delle Laccadive. Un cargo si è incagliato distruggendo circa 400 metri quadrati di preziosa barriera corallina. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata ed Elisa Castellucci)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 229
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