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Sommario del 10/08/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa celebra San Lorenzo diacono e martire. Benedetto XVI: la sua testimonianza eroica ci mostra la strada per andare incontro a Cristo
  • Negli Usa, ritirata una denuncia contro la Santa Sede in una causa per pedofilia. Padre Lombardi esprime soddisfazione
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A New York, prima riunione della Commissione Onu sul blitz israeliano contro la flottiglia pro Gaza
  • Pakistan e India flagellate dal maltempo. Allarme epidemie di "Medici Senza Frontiere"
  • "Scienza e Vita" sul calo degli aborti in Italia: il dato statistico non ci distolga dall'orrore della soppressione di vite innocenti
  • L'appello della Caritas italiana, dopo gli ultimi sbarchi sulle coste siciliane: non strumentalizzare il tema dell'immigrazione
  • Centenario dell’ordinazione sacerdotale di San Pio da Pietrelcina. L’arcivescovo di Benevento: in Padre Pio scorgiamo l'immagine del Cristo Crocifisso e Risorto
  • Prosegue la sfida educativa degli oratori, oltre 6 mila in Italia attivi anche in estate
  • Chiesa e Società

  • La tv cubana trasmette la Messa per il Pellegrinaggio della "Vergine de la Caridad del Cobre"
  • India: giornata di manifestazioni contro la discriminazione dei dalit cristiani e musulmani
  • Messaggio di mons. Sako per il Ramadan: un'occasione di riconciliazione per l'Iraq
  • Lettera pastorale dell'arcivescovo di Glasgow sulla prossima visita del Papa nel Regno Unito
  • Stati Uniti: i vescovi ribadiscono l'impegno a protezione dell’infanzia nelle scuole
  • Messa del cardinale Bagnasco per San Lorenzo: “Più etica nella vita personale e sociale”
  • Convegno della Fondazione Migrantes a Roma sulla pastorale per i fieranti e circensi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Fumo e caldo in leggero miglioramento a Mosca, ma la situazione resta difficile
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa celebra San Lorenzo diacono e martire. Benedetto XVI: la sua testimonianza eroica ci mostra la strada per andare incontro a Cristo

    ◊   “Esempio di intrepida fedeltà cristiana sino al martirio”: così, Benedetto XVI ha definito, in diverse occasioni, San Lorenzo diacono e martire, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica. Vissuto nella Roma del III secolo, subì le persecuzioni dell’imperatore Valeriano e fu sottoposto al martirio della graticola. Ma a caratterizzare la sua vita furono soprattutto le opere di carità. Ripercorriamo il pensiero di Benedetto XVI su San Lorenzo in questo servizio di Isabella Piro:

    (con musica)

    “Ecco, questi sono i tesori della Chiesa”. Rispose così San Lorenzo al prefetto dell’imperatore Valeriano che gli chiedeva di consegnare i suoi tesori, in cambio della vita. Ma i tesori che Lorenzo indicava non erano né oro né pietre preziose: erano i poveri, gli ammalati, gli emarginati che egli assisteva ogni giorno. Quella risposta, in un’epoca di persecuzioni anticristiane, gli costò la vita e Lorenzo fu martirizzato sulla graticola. Era il 10 agosto 258. Quattro giorni prima, a morire era stato Papa Sisto II, che Lorenzo assisteva come arcidiacono. E la storia non li ha dimenticati:

    "La storia ci conferma quanto sia glorioso il nome di questo Santo, presso il cui sepolcro siamo riuniti. La sua sollecitudine per i poveri, il generoso servizio che rese alla Chiesa di Roma nel settore dell’assistenza e della carità, la fedeltà al Papa, da lui spinta al punto di volerlo seguire nella prova suprema del martirio e l’eroica testimonianza del sangue, resa solo pochi giorni dopo, sono fatti universalmente noti". (Omelia nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura, 30 novembre 2008)

    Testimone coraggioso della fede in Cristo, San Lorenzo diventa così messaggero del valore della santità e ci indica la strada da seguire:

    "Egli ci ripete che la santità, cioè l’andare incontro a Cristo che viene continuamente a visitarci, non passa di moda, anzi, col trascorrere del tempo, risplende in modo luminoso e manifesta la perenne tensione dell’uomo verso Dio. (…) Lorenzo, testimone eroico di Cristo crocifisso e risorto, sia per ciascuno esempio di docile adesione alla volontà divina perché, come abbiamo sentito l’apostolo Paolo ricordare ai Corinzi, anche noi viviamo in modo da essere trovati “irreprensibili” nel giorno del Signore (cfr 1 Cor 1,7-9)". (Omelia nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura, 30 novembre 2008)

    Oggi, le spoglie di San Lorenzo si venerano nella Basilica a lui dedicata a Roma, nei pressi del Verano. E insieme a tutti i Santi, il diacono ci lascia un grande insegnamento:

    "Questi santi sono testimoni di quella carità che ama “sino alla fine”, e non tiene conto del male ricevuto, ma lo combatte con il bene (cfr 1 Cor 13,4-8). Da essi si può apprendere, specialmente i sacerdoti, l’eroismo evangelico che ci spinge, senza nulla temere, a dare la vita per la salvezza delle anime. L’amore vince la morte!"(Angelus Castel Gandolfo, 9 agosto 2009)

    Colui che diede la vita per amore dei poveri e dei bisognosi, ci ricorda quindi l’importanza della carità, quella carità che trasforma il mondo:

    "La carità è in grado di generare un cambiamento autentico e permanente della società, agendo nei cuori e nelle menti degli uomini, e quando è vissuta nella verità “è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera” (Caritas in veritate, 1). La testimonianza della carità per il discepolo di Gesù non è un sentimento passeggero, ma al contrario è ciò che plasma la vita in ogni circostanza". (Basilica San Giovanni in Laterano, 15 giugno 2010)

    (con musica)

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    Negli Usa, ritirata una denuncia contro la Santa Sede in una causa per pedofilia. Padre Lombardi esprime soddisfazione

    ◊   Nel Kentucky, tre persone che sostengono di aver subito degli abusi sessuali da parte di membri del clero locale hanno deciso di rinunciare alla causa intentata contro la Santa Sede. La notizia è stata diffusa ieri dal loro avvocato, William McMurry. Per il legale del Vaticano negli Stati Uniti, Jeffrey Lena, è la dimostrazione che la causa contro la Santa Sede era sbagliata nel merito. Rispondendo al riguardo alle domande dei giornalisti, padre Federico Lombardi ha detto che "la Santa Sede apprende con soddisfazione le notizie" sulla causa nel Kentucky. “Naturalmente – ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana – ciò non significa in alcun modo minimizzare l’orrore e la condanna per le vicende degli abusi sessuali e la compassione per le sofferenze delle vittime”. Tuttavia, ha concluso padre Lombardi, “è positivo che una causa durata sei anni su un presunto coinvolgimento della Santa Sede in responsabilità di occultamento degli abusi, che ha avuto anche forti riflessi negativi sulla opinione pubblica, si sia alla fine dimostrata originata da una accusa non fondata”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Non c’è mai stata una politica della Santa Sede che richiedeva l’occultamento degli abusi sui bambini”: è quanto dichiara in una nota l’avvocato Jeffrey Lena dopo la decisione da parte di tre presunte vittime di abusi sessuali nel Kentucky di non procedere nella causa contro la Santa Sede. Tale sviluppo, rileva il legale del Vaticano negli Stati Uniti, dimostra che “la teoria elaborata dagli avvocati delle parti lese, sei anni fa, ha fuorviato l’opinione pubblica”. “Che il caso intentato contro la Santa Sede sia sempre stato sbagliato nel merito – prosegue la nota dell’avvocato Lena – non significa che le parti lese non abbiano sofferto a causa degli abusi”. Tuttavia, prosegue Lena, questa causa contro la Santa Sede ha “solamente distratto” l’attenzione “dall’importante obiettivo di proteggere i bambini.”

    Dal canto suo, l’avvocato dell’accusa, William McMurry, ha ricordato all’Associated Press che molte delle vittime hanno già raggiunto degli accordi con le diocesi dove si sono verificati gli abusi e che dunque non possono ora chiamare in causa il Vaticano. McMurry ha rappresentato un numeroso gruppo di vittime, che nel 2003 avevano siglato un accordo con l’arcidiocesi di Louisville per un risarcimento di 25 milioni di dollari. Tra quanti avevano raggiunto l’accordo, anche una delle vittime che aveva poi intentato causa al Vaticano. Gli altri due casi riguardano presunti abusi sessuali risalenti ad alcuni decenni fa. Al momento, il giudice che presiede la causa nel Kentucky non l’ha ancora archiviata, ma entrambe le parti ritengono ormai chiuso il procedimento.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha accolto le dimissioni presentate da mons. Ercole Lupinacci, vescovo di Lungro degli Italo-Albanesi dell’Italia Continentale, a norma del Cceo can. 210 § 1, ed ha nominato mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, amministratore Apostolico, sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis, della medesima eparchia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un pioniere del cammino ecumenico: lettera del cardinale Tarcisio Bertone a nome del Papa a cinque anni dalla morte di frere Roger di Taizé.

    In prima pagina, un fondo di Luca M. Possati dal titolo "La sottile linea blu": le prospettive dopo gli scontri fra Libano e Israele.

    In cultura, un articolo di Pietro Messa dal titolo "Al di là di ogni sospetto": santa Chiara d'Assisi tra agiografia e storia.

    Un articolo dell'arcivescovo Gianfranco Ravasi dal titolo "La vetta dell'Oltre e dell'Altro": in ogni cultura l'uomo religioso ha le sue montagne.

    La vera storia di Rosalina: Silvia Guidi in una conversazione impossibile con la prima fidanzata di Romeo, con un articolo dal titolo "E se Shakespeare fosse una medicina?": dietro i segreti di un successo che dura da quattrocento anni.

    Nell'informazione vaticana, Gianluca Biccini intervista monsignor Lucio Adrian Ruiz, responsabile del servizio internet del Governatorato.

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    Oggi in Primo Piano



    A New York, prima riunione della Commissione Onu sul blitz israeliano contro la flottiglia pro Gaza

    ◊   Per la prima volta oggi a New York si riunisce la Commissione d'inchiesta internazionale, voluta dall’Onu e incaricata di far luce sul blitz israeliano alla flottiglia pro Gaza di fine maggio, costato la vita a nove persone. A Gerusalemme, intanto, è cominciato anche il lavoro della commissione istituita, sulla vicenda, dallo Stato ebraico: ieri è stato ascoltato il premier israeliano Netanyahu, oggi il ministro della Difesa Barak. Rimane però il giallo sull’eventuale deposizione al Palazzo di Vetro dei soldati che parteciparono all’azione contro la nave turca Mavi Marmara: sulla questione, le Nazioni Unite paiono favorevoli, mentre Netanyahu ha fatto sapere che non permetterà ai militari di riferire alla commissione d’inchiesta dell'Onu. Sulle funzioni del gruppo nominato dalle Nazioni Unite, Giada Aquilino ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto di questioni mediorientali:

    R. – E’ importante a livello politico il fatto che questa vicenda arrivi alle Nazioni Unite. Conta molto di meno, però, dal punto di vista giuridico. Non è come quella di Goldstone, che indagò sulle operazioni a Gaza, nella guerra dell’inizio 2009. Il mandato di questa Commissione ristretta è molto più blando.

    D. – Di fatto che competenze può avere questa Commissione?

    R. – Viene incaricata sostanzialmente di esaminare i risultati delle due Commissioni indipendenti, che stanno lavorando sia in Israele sia in Turchia. E sulla base dei rapporti stilati, tale Commissione potrà poi chiedere ai rispettivi governi ulteriori istruzioni. Come si capisce, una Commissione d’inchiesta del genere giuridicamente è molto debole, nel senso che non ha un mandato preciso per condurre indagini per conto proprio. Nonostante ciò, è importante anche per quello che sta succedendo parallelamente con le due Commissioni d’inchiesta, in particolare in Israele. Quella dello Stato ebraico è guidata da un ex giudice della Corte Suprema, Jacob Turkel, che proprio in questi giorni sta raccogliendo testimonianze, deposizioni. Ieri ha deposto Netanyahu, oggi è stata la volta di Barak. Inizialmente, anche per questa Commissione d’inchiesta il mandato era molto ristretto, si parlava solo genericamente di esaminare se l’operato dell’esercito israeliano fosse in accordo con la legalità internazionale, ma il capo di questa Commissione ha ottenuto di poter fare degli interrogatori, di sentire delle deposizioni.

    D. – Alla Commissione Onu, quanto è importante che vengano ascoltati anche i militari israeliani, che parteciparono al blitz? Su questo punto ci sono posizioni diverse…

    R. – Credo che sia molto difficile che vengano ascoltati i militari israeliani che parteciparono al blitz, appunto per il mandato ristretto. Questa è una Commissione composta da quattro membri, che sono l’ex premier neozelandese Palmer, l’ex presidente della Colombia Uribe, un rappresentante d’Israele e un rappresentante della Turchia. Già da questa composizione si capisce che questo non è un tribunale, non c’è un giurista a presiederla. Quindi, credo che sia molto difficile che alla fine questi soldati vengano ascoltati. Ma non è un fatto meno importante perché, al di là di quella che è la vicenda dell’esito drammatico dell’assalto alla Freedom Flottiglia, il vero nodo della questione ora è l’embargo a Gaza. C’è stato un alleggerimento che è stato annunciato da Israele sull’onda della pressione internazionale; si tratta di un allentamento, che comunque è ancora molto parziale. Entrano più beni di prima necessità rispetto ai mesi scorsi, ma non siamo certamente ancora ad una situazione di normalità a Gaza.

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    Pakistan e India flagellate dal maltempo. Allarme epidemie di "Medici Senza Frontiere"

    ◊   Il Pakistan devastato dalle alluvioni. Almeno sei milioni le persone bisognose d’aiuto. Si tratta della peggiore catastrofe umanitaria della storia del Paese. L’Onu si è rivolto alla comunità internazionale chiedendo diverse centinaia di milioni di dollari per rispondere alle necessità immediate. L’ondata di maltempo ha colpito anche la regione indiana del Ladakh, dove il numero delle vittime è salito a 165 persone, centinaia i dispersi. Michele Raviart ha intervistato Pierluigi Testa, capo missione di Medici Senza Frontiere che sta opererando lungo la frontiera pakistana del Balucistan:

    R. – Ci troviamo nella zona di Peshawar, nella zona del Balucistan, quindi tutto lungo la frontiera afghana, e stiamo facendo esplorazioni anche lungo la zona di Sindh che da due giorni è stata colpita da queste inondazioni, e nella zona del Pundjab. Da qualche giorno stiamo facendo interventi anche con distribuzione di kit di igiene per prevenire le malattie legate all’acqua, stiamo vedendo cosa possiamo fare per le popolazioni che in questo momento sono ancora sotto l’acqua, identificare queste persone per poterle aiutare in termini di assistenza medica: in pratica, tutti i dispensari della zona sono completamente alluvionati …

    D. – Quanti sono i pakistani coinvolti nell’emergenza, in particolare a Peshawar?

    R. – I numeri sono molti contraddittori: sono intorno ai 14 milioni; a Peshawar sembra ce ne siano 4 milioni. Il Pakistan adesso è un Paese completamente ricoperto d’acqua. Non si può dire che una zona sia più colpita di un’altra perché il Pakistan vive ora un’emergenza globale.

    D. – Quanti siete ad operare nella zona?

    R. – Qui in Pakistan siamo intorno ad un centinaio di persone di staff internazionale e 1.200-1.300 persone dello staff nazionale. Penso che nelle prossime settimane sicuramente verrà qualcuno, ma fino ad oggi le uniche persone che stanno facendo qualcosa sono il governo, la Croce Rossa internazionale che opera attraverso la Croce Rossa pakistana che sta cercando di intervenire nelle zone colpite.

    D. – Cosa vi serve?

    R. – Medici senza frontiere è un’organizzazione di medici in urgenza ed in emergenza, però qui dietro possono esserci anche organizzazioni che possono aiutare queste popolazioni alla ricostruzione di tutto quello che hanno perso. La distribuzione di cibo sarebbe l’ideale per queste persone, perché uno dei problemi che possiamo identificare è la malnutrizione, soprattutto per i bambini, perché non hanno più nulla da mangiare.

    D. – Temete un’emergenza sanitaria particolare?

    R. – Il colera che potrebbe scoppiare da un momento all’altro, nel momento in cui si verifichi una mancanza di igiene per queste persone.

    D. – Quali sono le prospettive a breve termine?

    R. – La prima fase di emergenza è ancora in atto. Quanto durerà? Durerà per mesi, perché ci vorrà tempo prima che la situazione possa tornare alla normalità.

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    "Scienza e Vita" sul calo degli aborti in Italia: il dato statistico non ci distolga dall'orrore della soppressione di vite innocenti

    ◊   “Il mero dato statistico non deve distoglierci dall’orrore della soppressione della vita umana”. Così Lucio Romano, presidente dell’associazione pro life “Scienza e Vita”, commenta il rapporto del Ministero della salute, presentato ieri in Parlamento sull’applicazione della legge 194. Secondo i dati pubblicati, nel 2009 sono stati praticati 117mila aborti, un valore in progressivo calo negli ultimi dieci anni. In costante crescita il personale medico che sceglie l’obiezione di coscienza: sette ginecologi su 10, infatti, decidono di non uccidere. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Lucio Romano.

    R. – 117 mila vite umane, persone a cui è stato impedito di poter nascere, che si vanno ad accumulare alle altre migliaia degli anni precedenti. Noi arriviamo a valori numerici di milioni e milioni di vite umane, e non vorrei che questo calo statistico finisca per ottundere una valutazione di ordine critico ed un’osservazione più approfondita sulla gravità di un aborto stesso, benché il raffronto con le altre nazioni europee ci dica che invece in Italia ci sia una riduzione.

    D. – Eppure oggi, larga parte della stampa mette in evidenza il fatto che l’interruzione volontaria della gravidanza in dieci anni è diminuita …

    R. – Credo che la nostra attenzione non debba essere posta solamente sul dato cosiddetto “statistico” che è enfatizzato da alcuni come un risultato “ottimo” che si consegue con la legge 194; bisogna andare a rilevare le inadempienze, le inadeguatezze e le criticità di una legge stessa che di per sé non tutela assolutamente né la gravidanza, né la vita sul suo nascere. Basti riportare solamente alcuni dati, per esempio: nel 21,6% dei casi, abbiamo la ripetitività del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, quindi l’aborto volontario ripetuto. E a me sembra che il 21,6% dei casi significa che l’aborto è diventato una sorta di metodo contraccettivo.

    D. – Quali sono le linee da percorrere per prevenire l’aborto?

    R. – Un percorso che è sicuramente di ordine culturale, un percorso di rivisitazione normativa, organizzativa e statutale da parte dei consultori: il consultorio non deve assolutamente essere semplicemente la ratifica di una volontà! Il terzo è di porre all’attenzione pubblica che il problema dell’aborto non è un problema residuale in ragione di un miglioramento dei dati statistici, ma è un problema di civiltà: indice di una civiltà giuridica e della civiltà di una popolazione.

    D. – Presidente, la metà delle donne che abortiscono hanno un’occupazione, sono sposate e non hanno figli …

    R. – Quindi significa che le problematiche non sono solamente di ordine economico, ma sono ancora una volta problematiche di ordine culturale. L’auspicio è quello di diffondere, quanto più possibile, un lavoro che si svolga lungo due strade: una prima direttiva è quella di ordine culturale, una seconda direttiva è di concreta vicinanza, di prossimità, di presa in carico, di cura nei confronti di queste gestanti le quali si trovano in situazioni drammatiche sotto il profilo psicologico, molte volte anche sotto il profilo economico. La semplice vicinanza, l’aiuto, la presa in carico possono risolvere questi drammatici problemi.

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    L'appello della Caritas italiana, dopo gli ultimi sbarchi sulle coste siciliane: non strumentalizzare il tema dell'immigrazione

    ◊   Nonostante gli accordi con la Libia, la pressione migratoria verso l’Italia “resta immutata se non aumentata”. Così, Oliviero Forti responsabile nazionale immigrazione Caritas italiana, precisando che il grosso degli immigrati continua ad arrivare nel Paese soprattutto via terra. Tuttavia – ha aggiunto, invitando le forze politiche a non trattare “il tema in modo strumentale” – “il trend estivo di sbarchi è destinato a proseguire”. Proprio nelle ultime 36 ore almeno 50 persone sono giunte in Sardegna e sulle coste siciliane di Linosa, mentre il Ministero degli interni ha puntualizzato che nell’ultimo anno si è registrata una diminuzione del fenomeno dell’88 per cento. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Gabriele Del Grande fondatore dell’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione "Fortress Europe":

    R.- I numeri sono sicuramente più bassi: circa un decimo rispetto a quelli che arrivavano l’anno scorso in Italia. Anche in Spagna il numero sta diminuendo, l’unica frontiera marittima nel Mediterraneo dove si segnalano più arrivi, forse è quella della Grecia. Tra la Turchia e la Grecia lo scorso anno sono aumentati in qualche modo i numeri degli ingressi. D'altronde è una legge quasi scontata: quando si tenta di impedire il passaggio di persone da una frontiera, poi quelle persone scelgono un’altra destinazione.

    D. - Ecco, comunque pare che gli scafisti riescano a superare più velocemente i controlli rispetto al passato?

    R. - Questo accade perché ci sono meno pattugliamenti. Il fatto di avere impegnato la nostra marina militare nei respingimenti in Libia, ha significato aver spostato le navi della Marina italiana vicino alle coste libiche e quindi di aver lasciato scoperto tutto un altro tratto di mare. Anche la missione Frontex di pattugliamento europeo nel canale di Sicilia, quest’anno non è ancora partita. Quindi - paradossalmente - ci sono dei tratti di mare che sono molto meno pattugliati rispetto agli anni precedenti.

    D. - Da più parti, si lamenta il fatto che la stampa italiana parli poco degli sbarchi..

    R. - Lì ci sarebbe da domandarsi come mai la stampa decida che uno sbarco faccia notizia o non faccia notizia. Perché le agenzie stampa continuano a battere i lanci in cui dicono che ci sono gli sbarchi. Poi però i quotidiani non riprendono quelle notizie. “Come mai?” Probabilmente perché a differenza di qualche anno fa, quando gli sbarchi erano in aumento, non nasce più un "polverone" tra i vari partiti, le solite polemiche al vetriolo che hanno riempito le nostre pagine per anni su questo tema. L’altra cosa invece di cui la stampa non si occupa è andare a vedere quali siano gli effetti. Il fatto che sono diminuiti gli arrivi a Lampedusa, in Sicilia, non è di per sé una buona notizia. Non si dice mai, ma una persona su tre di quelle che arriva via mare a Lampedusa, statisticamente, era un rifugiato politico. Il fatto che oggi non arrivino più questi rifugiati politici ci dovrebbe quantomeno mettere in allarme, dovrebbe far chiedere, soprattutto alla stampa, che fine ha fatto tutta questa gente.

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    Centenario dell’ordinazione sacerdotale di San Pio da Pietrelcina. L’arcivescovo di Benevento: in Padre Pio scorgiamo l'immagine del Cristo Crocifisso e Risorto

    ◊   “Ogni sacerdote e ogni cristiano è chiamato, come Padre Pio, a rispondere con il suo ‘eccomi’ incondizionato alla volontà di Dio”. E’ quanto ha detto stamani l’arcivescovo di Benevento, mons. Andrea Mugione, durante la celebrazione per il centenario dell’ordinazione sacerdotale di San Pio. Sull’importanza di questa ricorrenza, che cade all’indomani del tentativo di furto di alcune reliquie del frate di Pietrelcina, si sofferma proprio mons. Mugione intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Questo centenario dell’ordinazione è veramente un momento specialissimo di preghiera, di grazia e anche di riflessione sul ministero sacerdotale. E’ avvenuto, per un misterioso disegno della divina Provvidenza, nella chiusura dell’Anno Sacerdotale, proprio perché si continui a chiedere, mediante la sua intercessione, che il Signore ravvivi in noi, sacerdoti, la grazia ricevuta nel giorno dell'ordinazione presbiterale. Questa mattina ho ricordato la testimonianza fondamentale di Padre Pio, sottolineando come da sempre nella sua vita e nei suoi scritti emerga continuamente il riferimento ad una sua peculiare vocazione: quella di farsi vittima sacrificale per espiare il peccato nel mondo e per la conversione di tutta l’umanità. Padre Pio, già dal giorno della sua ordinazione, nell’immaginetta scriveva: “Con Te io sia nel mondo via, verità e vita e per Te sacerdote santo e vittima perfetta”. Quindi, sotto questa luce, con questo suo sacerdozio, vediamo una Chiesa che ha sempre bisogno di essere salvata da qualcuno che porta le stimmate o porta impressa nella propria carne la Passione di Cristo.

    D. - Torniamo proprio al giorno dell’ordinazione. Padre Pio aveva 23 anni. Chi era da giovane Padre Pio?

    R. - Da giovane è entrato nel convento di Morcone ed è stato là per un periodo di prenoviziato. Poi ha continuato la sua formazione. Aveva sempre paura di morire da un momento all’altro, date le sue malattie. In una delle sue lettere insisteva molto con il padre superiore provinciale, perché chiedesse la dispensa e fosse subito ordinato sacerdote. E a 23 anni e pochi mesi fu ordinato sacerdote. Ha vissuto poi sei anni in parrocchia, con le sue sofferenze e gli attacchi del Male, che tutte le notti lo lasciavano poco tranquillo. Noi sottolineiamo molto l’icona del Cristo Crocifisso per Padre Pio, ma dobbiamo aggiungere che l’icona vera non è solo quella del Cristo Crocifisso. E' anche quella del Cristo Crocifisso e Risorto, per cui alla fine lui ci comunica sempre la gioia di vivere.

    D. - Padre Pio, ricordando proprio il giorno dell’ordinazione sacerdotale, ha scritto anni dopo che in quel giorno ha cominciato a gustare il Paradiso. Già il suo cuore era teso alla santità…

    R. - “Se adesso ho tanta gioia nel cuore - diceva - è perché sto gustando il Paradiso”. E poi si domanda: “Cosa sarà quando lo vedremo, lo gusteremo eternamente?”. Lui viveva già nell’eternità praticamente e ha saputo vivere il Vangelo con la vita trasformata in Cristo e da Cristo.

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    Prosegue la sfida educativa degli oratori, oltre 6 mila in Italia attivi anche in estate

    ◊   In questo tempo d’estate alcuni luoghi diventano ancora più importanti e costituiscono insostituibili punti di riferimento per bambini e ragazzi. Si tratta degli oratori, che in Italia sono oltre 6 mila. La sfida educativa, scelta dalla Chiesa italiana per gli orientamenti pastorali del prossimo decennio, non può prescindere da una forte responsabilizzazione dei ragazzi, come sottolinea don Marco Mori, presidente del Forum oratori italiani, al microfono di Antonella Palermo:

    R. - Noi non possiamo rinunciare a testimoniare l’idea che si può crescere. Siamo in un periodo in cui la nostra cultura tende a "tener piccoli" tutti; in realtà crescere è bello e questo penso sia la cosa più importante che dobbiamo testimoniare nei prossimi anni. In un ambiente come quello dell’oratorio, serve alla fine per dire che crescere è possibile, che crescere fa bene all’altra persona, che si deve crescere insieme, perché nessuno può crescere da solo; la presenza all’interno dell’oratorio di tante età, di tante situazioni serve esattamente per questo. Per crescere si ha bisogno di tanti apporti e di tutto l’uomo: c’è la dimensione spirituale, che è necessaria, che fa crescere tutta la persona. C’è proprio la dimensione, ad esempio ludica, dello stare insieme, dell’incontrare gli altri. Io penso che questa sfida del crescere significhi andare un po’ controcorrente: mettere nelle persone la voglia proprio di giocare, di crescere, eccetera, significa fare un grande servizio educativo. Dal nostro punto di vista, l’oratorio è un ambiente strategico perché non è un’idea astratta. E’ concretamente la mia parrocchia che mi è vicina, mi aiuta, che mi fa vedere che crescere è possibile.

    D. - Insomma, da un lato tendere ad una fede adulta, matura, dall’altra parte conservare la semplicità del cuore, tipica dei più piccoli. E’ questo poi in sostanza il messaggio evangelico...

    R. - Occorre farlo insieme, nel senso che l’oratorio mette insieme sia i bambini sia gli adulti. Obbliga queste due categorie a parlarsi. E' possibile incontrarsi a livello anche di generazioni diverse, prendendoci cura gli uni degli altri. Questa cosa ci permette esattamente di crescere e anche da un punto di vista nostro cristiano di incarnare il Vangelo, perché nessuno di noi è completo da solo. E’ possibile scoprire anche la cura che il Signore Gesù ha per ciascuno di noi. Questa dimensione concreta, penso che sia preservare il Vangelo da un punto di vista educativo anche nella nostra comunità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    La tv cubana trasmette la Messa per il Pellegrinaggio della "Vergine de la Caridad del Cobre"

    ◊   Un canale della televisione cubana ha trasmesso, ieri, in deferita la solenne celebrazione eucaristica, a Santiago di Cuba, presieduta domenica scorsa da mons. Dionisio García Ibañez, arcivescovo della diocesi omonima, in occasione del Pellegrinaggio nazionale della Vergine di Mambisa, nome con il quale le popolazioni della regione chiamano la "Nuestra Señora de la Caridad del Cobre", la cui immagine si venera nella chiesa di San Tommaso a Santiago. Si è trattato, secondo quanto osserva la stampa, di un fatto abbastanza inusuale poiché questi programmi religiosi, da alcuni anni, sono possibili solo nel periodo della Settimana Santa e per le festività di Natale. Alla Messa di domenica scorsa, che apre le celebrazioni della fase finale di preparazione al grande giubileo del 2012 - anno in cui saranno ricordati i 400 anni della scoperta della statua della Madonna della Caridad, patrona di Cuba - oltre a migliaia di fedeli e pellegrini, hanno preso parte come concelebranti numerosi vescovi dell'isola. Domenica dunque è cominciato il pellegrinaggio nazionale che porterà una replica della Madonna a tutti i luoghi di Cuba fino all'ultimo appuntamento previsto per il 12 dicembre 2011 all'Avana. Nella sua omelia, mons. García ha sottolineato a più riprese l'importanza del nome della Madre di Dio con il quale i cubani la invocano: "Caridad..., quella che unisce i figli del Padre poiché soltanto dall'amore - ha rilevato - è possibile sanare e cambiare, perdonare e riconciliarsi". D'altra parte, l'arcivescovo di Santiago di Cuba ha voluto insistere nel senso del pellegrinaggio nazionale ricordando che Lei, la Madonna, è quella che “meglio può intercedere presso il suo Figlio affinché la nostra opera evangelizzatrice doni a tutti grandi frutti (...) insegnandoci a essere sempre disponibili verso gli altri, i nostri fratelli”. “Lei - ha aggiungo il presule - ci mostra suo Figlio, unico Salvatore del mondo e Principe della pace. Noi, ciascun cristiano, di ciò deve dare sempre testimonianza ovunque si trovi: nella scuola, nel lavoro, nei centri di studi, nella famiglia, nella politica e nella cultura. Ciascun cristiano insomma - ha concluso - deve essere capace di portare ovunque riconciliazione e pace. Noi, la invochiamo come la nostra regina e la nostra patrona, ma sappiamo che lei è soprattutto Madre, e così l'aspettano ovunque”. Al termine della Santa Messa, i fedeli provenienti da ogni angolo di Cuba, hanno deposto ai piedi della statuetta che pellegrinerà lungo tutta l'isola, i frutti del lavoro dei cubani e doni della natura. La statuetta della Vergine della Carità fu trovata da tre rappresentanti delle classi più povere e sfruttate: due indios e uno schiavo, che la Vergine riempì di allegria con la sua presenza. Poco dopo la statua fu trasferita al paese del Cobre da cui prende il nome. Dall’apparizione, la devozione per la Vergine della Carità si propagò con incredibile rapidità in tutta l’isola, nonostante le difficili comunicazioni. Durante la guerra d’indipendenza, le truppe si affidarono alla Vergine della Carità. Nel 1915, dopo la guerra d’indipendenza, i veterani chiesero al Papa che dichiarasse la Vergine della Carità del Cobre patrona di Cuba. In un documento firmato il 10 maggio 1916 dal cardinale Vescovo di Hostia, Sua Santità Benedetto XV acconsentì alla richiesta, dichiarando la Vergine della Carità del Cobre Patrona Principale della Repubblica di Cuba e fissando la sua festività l’8 settembre. (A cura di Luis Badilla)

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    India: giornata di manifestazioni contro la discriminazione dei dalit cristiani e musulmani

    ◊   Bandiere nere, in segno di lutto, su chiese e altri edifici cristiani: così viene celebrato oggi in India il “Black Day”, la giornata di lutto contro la discriminazione dei dalit cristiani e musulmani indetta dal Consiglio nazionale delle Chiese in India e dal Consiglio nazionale dei Dalit Cristiani. La data scelta ricorda l’approvazione, il 10 agosto 1950, dell’articolo 3 della Costituzione sulle caste ("Scheduled Castes"). L’inclusione in tale ordinamento consentiva la fruizione di benefici economici, educativi e sociali e riservava ai dalit induisti quote di posti di lavoro nei ranghi della burocrazia statale. Appositi emendamenti del 1956 e del 1990 hanno esteso tali privilegi a buddhisti e sikh e ne restano tuttora esclusi musulmani e cristiani, che continuano a subire umiliazioni, emarginazioni e disuguaglianze in ambito sociale e nel campo dell’istruzione. I dalit cristiani e islamici hanno da tempo tacciato di illegalità la norma, che viola principi costituzionali-base come l’uguaglianza (art. 14), il divieto di discriminazioni per la propria fede (art. 15) e la libertà di scegliere la propria religione (art. 25). La commissionale nazionale per le minoranze linguistiche e religiose ha indicato di abrogare alcune norme della legge, in modo da rendere il sistema delle caste completamente neutrale rispetto all'appartenenza religiosa. Vari enti hanno pure chiesto di ammettere in tale sistema altre religioni come cristiani e islamici, come pure hanno fatto 12 governi di Stati indiani. I Consigli parlamentari statali di Bihar (2000), Uttar Pradesh (2006) e Andhra Pradesh hanno chiesto di far subito rientrare nelle "Scheduled Castes" i dalit cristiani e quelli islamici. Anche la Corte Suprema ha più volte sollecitato il governo federale ad affrontare il problema ma, finora, senza alcun risultato. Mons. Marampudi Joji, presidente della Commissione per le "Scheduled Castes" e Tribù e per le Classi meno sviluppate, organo della Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha spiegato nei giorni scorsi ad AsiaNews le ragioni della protesta. La speranza è che – afferma mons. Joji – “questo sia un momento forte per far prendere consapevolezza alle nostre comunità cristiane e per sollecitare il governo centrale a prestare attenzione alla nostra giusta richiesta”. Mons. Joji ricorda inoltre che “Madre Teresa è stata l’Icona dei Poveri, si è battuta per i poveri e questa discriminazione dei dalit sulla base della loro fede è la peggiore discriminazione contro i poveri”. L'arcivescovo Joji conclude: “Nel centenario della nascita della Beata Madre Teresa, speriamo che sia fatta giustizia per i dalit cristiani e musulmani”. Dalit, aggiunge, “in sanscrito significa “calpestati” e un tempo erano considerati rifiuti sociali. Madre Teresa ha amato i dalit e si è dedicata alla loro causa. Madre Teresa è fonte di amore, speranza e carità e noi speriamo che il governo dia ascolto alla voce degli ultimi”. (M.G.)

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    Messaggio di mons. Sako per il Ramadan: un'occasione di riconciliazione per l'Iraq

    ◊   Alla vigilia dell’inizio del Ramadan in Iraq, l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, si rivolge ai musulmani chiedendo che questo mese sacro sia tempo “privilegiato di preghiera” ma anche di “coraggio per il perdono e la riconciliazione e la giustizia”. In un messaggio reso pubblico oggi e ripreso da AsiaNews, il presule chiede inoltre ai cristiani di “rispettare i sentimenti dei loro fratelli musulmani”, evitando di mangiare in pubblico e portando abiti modesti. “A nome dei cristiani di Kirkuk – si legge nella nota dell’arcivescovo -, vorrei esprimere ai fratelli musulmani i nostri sinceri auguri in questo mese di digiuno, affinché esso sia un tempo per crescere nella virtù. Il Ramadan è un’occasione anche per trovare il coraggio per il perdono e realizzare la riconciliazione e la giustizia, guarire le ferite degli iracheni e ritrovare la pace, la sicurezza e la stabilità in una vita dignitosa”. Il presule dedica un pensiero anche alla delicata situazione politica che, a cinque mesi dalle elezioni politiche, vede le forze politiche ancora lontane da un accordo per la formazione di un nuovo esecutivo: “Ci auguriamo che molto presto sia formato un nuovo governo, un governo di unità nazionale capace di assumersi una piena responsabilità, un governo per tutti gli iracheni e non solo per una parte di essi”. Il Ramadan è il mese più sacro nell’Islam, dedicato al digiuno e alla preghiera. In questo periodo i musulmani non mangiano e non bevono nulla dalle 4 del mattino fino alle 6.30 di sera. In Iraq seguire questi dettami è molto difficile perché le temperature durante il giorno raggiungono anche i 50°. Un’altra difficoltà è data dall’insicurezza del Paese. In passato diversi estremisti hanno usato il mese di Ramadan per attentati e violenze contro la popolazione. I cristiani temono un'escalation degli attacchi contro le loro comunità. (M.G.)

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    Lettera pastorale dell'arcivescovo di Glasgow sulla prossima visita del Papa nel Regno Unito

    ◊   “Un evento storico” e un “momento di grazia” per la Scozia e tutto il Regno Unito. Con queste parole mons. Mario Conti, arcivescovo di Glasgow, ha definito il viaggio apostolico che Benedetto XVI compirà il prossimo settembre nel Paese e che avrà come prima tappa proprio la Scozia, il 16 settembre. In una lettera pastorale diffusa domenica scorsa, il presule scozzese esorta i fedeli ad accogliere con entusiasmo la visita del Papa che, scrive, è un “privilegio” per l’arcidiocesi di Glasgow. “Questo genere di visite – ricorda la lettera - sono un’occorrenza rara e solo la seconda di un Papa regnante nella lunga storia del nostro Paese”. Mons. Conti sottolinea quindi la particolare importanza che riveste il viaggio del Papa in questo difficile momento storico in cui la Chiesa è "sotto tiro": “Abbiamo bisogno della presenza di Simon Pietro – scrive - per dare nuovo vigore alla nostra fede e un rinnovato coraggio per affrontare le difficoltà e alleviare il dolore che la Chiesa e ognuno di noi incontra inevitabilmente in un mondo imperfetto in continua trasformazione”. Dopo avere espresso grande apprezzamento per il “notevole entusiasmo” dimostrato dalle autorità scozzesi e cittadine nella preparazione dell’accoglienza del Papa, mons. Conti si sofferma in conclusione sui preparativi spirituali alla visita, annunciando che nella prossima Solennità dell’Assunzione, il 15 agosto, l’arcidiocesi lancerà uno speciale mese di preparazione in tutte le parrocchie. La tappa in Scozia – lo ricordiamo – prevede due appuntamenti: l’incontro con Regina Elisabetta II nel Palazzo Reale di HolyRood House, a Edimburgo, e una Celebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre nel Bellahouston Park di Glasgow. (L.Z.)

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    Stati Uniti: i vescovi ribadiscono l'impegno a protezione dell’infanzia nelle scuole

    ◊   Negli Stati Uniti, sta per cominciare un nuovo anno accademico e i vescovi ribadiscono l'impegno a promuovere una serie di norme a protezione dell’infanzia. Nelle scuole cattoliche e nelle parrocchie – si legge nel documento - i bambini ricevono un’adeguata formazione per proteggersi da eventuali molestatori. Mary Jane Doerr, direttore associato del Segretariato per la protezione dell’infanzia e della gioventù della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ricorda in particolare alcuni aspetti prioritari. I responsabili degli abusi – sottolinea Mary Jane Doerr - cercano di rendere i bambini complici di queste ignobili azioni. Ma la colpa è sempre dell’adulto che approfitta della fiducia e della vulnerabilità di un minore. Dio ama i bambini e vuole per loro una vita felice. In caso di abusi sessuali – si legge ancora nel testo - la vergogna riguarda solo l’adulto che compie tali azioni. In caso di violenze e molestie, i bambini devono confidarsi con i genitori. Un altro elemento sottolineato nel documento è che è possibile riconoscere segnali legati a possibili casi di abusi. I bambini devono imparare a distinguere comportamenti inadeguati per interrompere così il processo con cui i molestatori attirano le loro vittime. I bambini non devono inoltre mantenere segreti con i genitori. Devono sempre informarli – si legge nel comunicato - quando qualcuno si comporta in modo anomalo e offre loro doni. I bambini spesso cercano di proteggere i loro genitori da una brutta notizia. Ma devono apprendere – si sottolinea nel documento - che possono raccontare qualsiasi cosa ai genitori. Possono inoltre difendersi da soli e imparare a conoscere i confini comportamentali. Ci sono infine dei modi per spiegare atteggiamenti inappropriati. I bambini devono imparare a descrivere quello che accade. La capacità di spiegare ciò che succede porta un bambino a confidarsi più facilmente con i genitori. L’obiettivo di queste norme – si legge infine nel comunicato - è di rendere più sicuro l’ambiente in cui vivono i bambini. (A.L.)

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    Messa del cardinale Bagnasco per San Lorenzo: “Più etica nella vita personale e sociale”

    ◊   E' il sottosviluppo morale alla radice di tanti mali e povertà dell'Italia di oggi per il cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei ed arcivescovo di Genova dove, stamattina, ha celebrato la ricorrenza di San Lorenzo nell'omonima cattedrale. Nell'omelia ha sottolineato che, per questo, la Chiesa non cessa di “servire il mondo”, nei poveri, definiti “figure amate”, e nelle istituzioni che “presiedono il bene comune, con richiamo alla dimensione etica della vita personale e sociale”. Inequivocabile invito a chi ha responsabilità istituzionali, ad agire correttamente. Chi detiene potere, ha sottolineato il porporato, deve attenersi ad un “codice morale che nasce dallo spirito e dalla natura di ogni uomo” distinguendo bene e male non con arbitrii personali ma ricordando come, “tutti un giorno risponderemo all'istanza superiore e assoluta che è Dio”. L'arcivescovo di Genova ha toccato poi il tema dei beni della Chiesa. “Non sono per se stessa”, ha detto, ma piuttosto per la vita della comunità, i poveri. Come San Lorenzo che “non cedette agli ordini iniqui dell'imperatore Valeriano quando confiscò i beni della Chiesa ma consegnò tutto ai poveri, li radunò e li presentò all'imperatore dicendo: “Ecco i tesori della Chiesa”. Le opere di sostegno delle comunità ecclesiali, ha insistito il porporato, “sono capillari ed evidenti, aperti a tutti e creano rete di solidarietà e pronto intervento per rispondere a bisogni urgenti e concreti”. Ma il patrimonio della Chiesa, ha affermato il cardinale Bagnasco, è anche “artistico, storico e culturale a disposizione di tutta l’umanità”. Infine, l'esortazione a “noi moderni ad entrare nel mondo del bello creato dalla Fede, quando la cultura contemporanea a volte fa difficoltà a generare bellezza". “Il bello - ha detto il presidente Cei - anticipa il Cielo”. (A cura di Dino Frambati)

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    Convegno della Fondazione Migrantes a Roma sulla pastorale per i fieranti e circensi

    ◊   “Tentare di approfondire il ruolo delle Comunità ecclesiali radicate in un territorio nei confronti delle Comunità itineranti” e “individuare quali percorsi e strumenti sono possibili per aiutare e sostenere i diversi operatori in questo ambito pastorale”. È quanto si propone il convegno nazionale dell’Ufficio per la pastorale dei fieranti e circensi della Fondazione "Migrantes", che si svolgerà dal 30 agosto al 3 settembre a Roma, sul tema “Il campanile del circo e luna park”. “Ogni paese, ogni quartiere ha il suo campanile… spesso ne è il simbolo identificativo – Si legge nel depliant dell’iniziativa, citato dall'agenzia Sir - Tanta vita di quel paese o di quel quartiere è trascorsa ‘all’ombra del campanile’, tutti lo riconoscono, lo hanno come riferimento, conoscono la sua storia. A ciascuno la responsabilità di frequentare o meno la ‘comunità’ che in quel campanile si identifica. Chi vive viaggiando ha visto tanti campanili, uno per ogni piazza, ma nessuno di questi lo rappresenta; per lui sono tutti uguali, senza storia, senza vita”. “La gente del viaggio che vive sradicata da un territorio, senza riferimenti geografici – spiegano ancora i promotori – ha maggiormente bisogno di relazioni umane autentiche”. La Chiesa deve piantare il suo “campanile” in mezzo a queste famiglie, e “l’unico campanile riconoscibile sono le persone che con la loro amicizia e testimonianza percorrono un tratto di strada con loro”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Fumo e caldo in leggero miglioramento a Mosca, ma la situazione resta difficile

    ◊   La nuvola di fumo che ha invaso Mosca da una settimana è stata leggermente dissipata dal vento migliorando la visibilità, mentre la temperatura è scesa di qualche grado, attestandosi però sempre sopra i 30 gradi. L'aria resta tuttavia fortemente inquinata. Autorità sanitarie temono un’epidemia di colera. Non mancano dunque motivi di preoccupazione e non mancano polemiche. Il servizio di Fausta Speranza:

    L'opposizione chiede le dimissioni del sindaco Iuri Luzhkov denunciando ritardi e inadeguatezze nel modo in cui ha affrontato la situazione. Ma il primo cittadino, dopo essersi rifiutato di decretare lo stato di emergenza, assicura al premier Vladimir Putin che nella capitale la situazione è “sotto controllo”. Fa sapere che il Comune ha iniziato a bagnare strade e aiuole con tonnellate di acqua. Intanto, il numero dei decessi direttamente collegati agli incendi e alle ondate di calore sono saliti a 62, secondo dato forniti da Oms Europa. E uscendo da Mosca, a 500 km a est della capitale, nella lotta agli incendi intorno al centro nucleare di Sarov hanno perso la vita un soldato di 22 anni, travolto dalla caduta di un albero in fiamme, e un dipendente del ministero dell'Interno di 27 anni. E per quanto riguarda gli impianti a rischio, viene sottolineato che sono stati sospesi i test dei missili a corto raggio Iskander, quelli che Mosca minaccia di installare nell'enclave di Kaliningrad contro lo scudo antimissili Usa: domenica le fiamme avevano seriamente danneggiato i laboratori a Kolomna, 100 km circa a sud est della capitale. Intanto alcuni analisti azzardano bilanci economici: le perdite a breve termine derivanti dalla prolungata ondata di caldo e dagli incendi potrebbero arrivare all'1% del Pil 2010, ossia a circa 15 miliardi di dollari. Secondo Hsbc, uno dei maggiori gruppi bancari mondiali, l'economia russa potrebbe perdere circa il 4% di valore aggiunto nel terzo trimestre dell’anno, quando cioè in agricoltura si crea il 50% del valore aggiunto dell'intero anno.

    Raddoppia il numero delle vittime delle disastrose inondazioni in Cina
    Sono aumentate a 702 le vittime delle disastrose inondazioni che hanno colpito la contea cinese di Zhoqu, nella provincia nord orientale del Guansu. A meno di 24 ore dall'annuncio delle autorità di un bilancio di 337 morti, oggi i funzionari del governo locale hanno raddoppiato la cifra annunciando anche che i dispersi sono scesi a 1042, invece dei 1148 annunciati ieri. Molti villaggi sono ancora sotto il fango, in alcuni punti alto fino a due metri. Inoltre, la circostanza che nelle ore immediatamente successive al disastro lo stesso premier Wen Jiabao fosse volato a Zhoqu per coordinare i soccorsi, ha fatto pensare che le vittime finali potessero essere molte di più delle 137 dichiarate nell'immediatezza dei fatti. Il nemico da combattere per gli oltre 3.000 soccorritori è ancora il fango: un torrente di acqua, terra e detriti copre un'area lunga cinque chilometri, rendendo impossibili i soccorsi. Molti mezzi di soccorso sono bloccati lungo le strade di accesso alla valle, al centro della quale scorre il fiume Bailong. Bloccate anche le tende e i generi alimentari spediti da diverse province cinesi. Militari dell'esercito cinese a bordo di motociclette stanno cercando di raggiungere i villaggi remoti della valle, abitata per il 34% da tibetani. Oggi i soccorritori hanno tratto in salvo un tibetano cinquantenne che è rimasto per oltre 50 ore sotto le macerie della sua casa. Intorno a lui, i cadaveri dei vicini. Oltre 200 i sopravvissuti ricoverati negli ospedali della zona, mentre 41 feriti sono ancora in gravissime condizioni nell'ospedale di Lanzhou, il capoluogo del Guansu.

    Nei primi sei mesi del 2010 in Afghanistan morti oltre 1200 civili
    È di tre morti, un agente di polizia e due kamikaze, il bilancio provvisorio dell'attacco condotto oggi nel centro di Kabul. Due kamikaze sono entrati in azione nelle vicinanze di un albergo abitata da stranieri, ingaggiando uno scontro a fuoco con la polizia. L'attentato, va notato, è stato realizzato alla vigilia del Ramadan. E proprio oggi a proposito di violenze in Afghanistan si è appreso che oltre 1.200 civili sono stati uccisi nel Paese nei primi sei mesi dell'anno. Il numero dei civili morti o feriti è aumentato del 31% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo ha reso noto in conferenza stampa, a Kabul, il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per l'Afghanistan Staffan de Mistura. In particolare, l'Onu ha poi rilevato un aumento del 25% del numero di civili uccisi dagli insorti e dalle forze internazionali.

    L’Iran apre a negoziati multilaterali
    L’Iran “non avvierà” alcun negoziato bilaterale con gli Usa, “ma è pronto a partecipare a negoziati multilaterali sia sul nucleare sia sui focolai di crisi nella regione”. Lo ha annunciato il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, dopo che il presidente americano Barack Obama e il segretario di Stato, Hilary Clinton, avevano sottolineato, nei giorni scorsi, la possibilità di una trattativa con la Repubblica islamica, nonostante le sanzioni adottate contro Teheran. Durante la conferenza, Mehman-Parast ha lamentato la politica di Washington affermando che “se gli americani hanno intenzione di creare una zona di sicurezza in quest’area del mondo devono andarsene dalla regione”. Il portavoce ha chiesto inoltre all’amministrazione americana di non creare ostacoli nella cooperazione dell’Iran con gli altri Stati regionali (Iran, Afghanistan e Tagikistan e i Paesi di lingua persiana). Teheran, secondo le dichiarazioni di Mehman-Parast, è pronta a cooperare attraverso negoziati multilaterali per creare una situazione di stabilità nella regione. In questo scenario geopolitico gli Stati Uniti “possono avanzare i loro punti di vista ma allora si vedrà se prevarrà la loro logica o quella dei Paesi indipendenti che lottano per la libertà”.

    Si profila schiacciante la vittoria di Kagame in Rwanda
    Massiccia l’affluenza alle urne ieri in Rwanda alle elezioni presidenziali. Si profila una schiacciante vittoria di Kagame. Il servizio di Giulio Albanese:

    Le elezioni presidenziali si sono svolte regolarmente ieri, in Rwanda, e l’affluenza alle urne – secondo fonti governative – è stata massiccia ovunque nel "Paese delle mille colline". Sempre secondo le stesse fonti, niente disordini e brogli di sorta negli oltre 15.500 seggi, anche se la tensione era palpabile stando a voci della società civile che hanno segnalato un dispiegamento notevole di forze dell’ordine. Sta di fatto che già ieri sera è iniziato lo spoglio e pare che in alcuni seggi Kagame sia riuscito ad ottenere oltre il 98 per cento dei consensi. D’altronde, se si considera che la popolazione rwandese conta circa 10 milioni di abitanti e che gli elettori iscritti nelle liste sono poco più di cinque milioni, si comprende facilmente perché quella di Kagame è davvero una vittoria scontata; anche se lui – l’uomo forte del Rwanda – ieri ha respinto con fermezza ogni tipo di critica sul clima di repressione, affermando che le consultazioni aperte ieri si sono dimostrate molto democratiche.

    Gravi ma stabili le condizioni del presidente emerito italiano Francesco Cossiga
    Rimangono in un quadro di gravità ma stabili le condizioni di salute del presidente emerito italiano Francesco Cossiga, ricoverato ieri al Policlinico Gemelli di Roma per problemi respiratori. Secondo quanto si è appreso, Cossiga continua ad essere assistito nel reparto di rianimazione dell'ospedale dell'Università cattolica.

    Tensione tra Seul e Pyongyang, nonostante i tentativi dell'Onu
    La Corea del Nord, che ieri sera ha compiuto l'ennesima provocazione militare sparando oltre un centinaio di colpi nel mar Giallo all'altezza del confine con il Sud, minaccia di utilizzare il proprio deterrente nucleare per “mostrare cosa sia una vera guerra”. Intanto i tentativi dell’Onu di far fare passi in avanti ai negoziati su vecchie controversie non fanno progressi. Il servizio di Elisa Castellucci:

    Dopo la crescente escalation di tensione degli ultimi giorni tra Corea del Nord e Corea del Sud, il tentativo dell’Onu di una risoluzione su vecchie controversie si è concluso senza progressi. Secondo i rappresentanti del comando Onu, l’incontro con le delegazioni militari della Corea del Nord, non avrebbe fatto registrare progressi rilevanti sui temi legati all’armistizio del 1953 e alla questione dell’affondamento della nave Cheonan. Una commissione di esperti internazionali guidata da Seul ha addebitato l’affondamento della corvetta Cheonan all’attacco militare nordcoreano, costato la vita di 46 marinai sudcoreani; Pyongyang ha sempre negato con forza qualsiasi responsabilità nella vicenda. Le tensioni nella penisola coreana sono ulteriormente aumentate negli ultimi giorni, dopo le imponenti esercitazioni navali effettuate dalla marina sudcoreana e da ultimo dopo i colpi di artiglieria sparati ieri sera dalla Corea del Nord all’altezza del confine con la Corea del Sud nel mar Giallo. Stando alla ricostruzione dell’accaduto, i colpi non hanno causato danni alla parte nordcoreana della Northern Limit Line, la linea di demarcazione ideale tracciata nel mar Giallo dopo la guerra di Corea (1950-53) e mai riconosciuta da Pyongyang. Il governo sudcoreano oggi ha protestato con le autorità del nord per l’accaduto, invitando il regime comunista a “interrompere immediatamente ogni azione provocatoria.”

    Dopo lo strappo, si lavora per la riconciliazione tra Colombia e Venezuela
    Si lavora per la ripresa del dialogo tra Colombia e Venezuela, dopo l’interruzione dei rapporti diplomatici deciso a luglio dal presidente venezuelano Hugo Chavez, accusato dall’ex presidente Alvaro Uribe di appoggiare i guerriglieri delle Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Il neopresidente colombiano, Jual Manuel Santos - che oggi incontrerà Chavez per porre fine alla crisi tra i due Paesi - ha annunciato al brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva che la Colombia è pronta a ristabilire le relazioni diplomatiche con il Venezuela “nelle prossime ore”. Al di là della questione delle Farc, Santos punterà a porre fine il contenzioso al più presto anche alla luce della diminuzione degli scambi tra i due Paesi. La Colombia era arrivata a vendere per 6 miliardi di dollari all’anno al Paese vicino, ma l’anno scorso è scesa ad appena un miliardo di dollari. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 222

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