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Sommario del 04/08/2010
◊ Il clima festoso delle Gmg ha caratterizzato l’udienza generale di Benedetto XVI stamani in Piazza San Pietro gremita da oltre 80 mila fedeli: protagonisti migliaia di giovani ministranti di tutta Europa, convenuti a Roma in questi giorni per il loro decimo pellegrinaggio. Il Papa, che ha pronunciato la sua catechesi in tedesco - lingua della maggior parte dei “chierichetti” presenti - ha svolto una riflessione sulla figura di San Tarcisio, giovane martire, patrono dei ministranti. In particolare, il Papa ha esortato i giovani fedeli ad aiutare i sacerdoti a rendere Gesù più presente nel mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Cari ragazzi e giovani, siate i benvenuti!” (Applausi)
La gioia dei ragazzi e del Papa per un incontro a lungo atteso. Benedetto XVI ha accolto con affetto e gratitudine i ministranti pellegrini a Roma. Rendete gioioso non solo questo luogo, ha confidato, ma anche il mio cuore. Parlando in tedesco, ha ricordato quando anche lui era ministrante e per suggellare questo significativo evento, durante tutta l’udienza, ha tenuto sulle spalle il foulard dei “chierichetti”, donatogli dal vescovo ausiliare di Basilea, mons. Martin Gächter, presidente del “Coetus Internationalis Ministrantium”:
Canti - Emmanuel
Canti delle Gmg hanno accompagnato l’udienza, in una Piazza San Pietro policromatica grazie ai diversi colori delle magliette dei ragazzi. Sul sagrato era presente una grande statua di San Tarcisio, patrono dei ministranti, giunta a Roma dopo un lungo pellegrinaggio partito dalla Svizzera. La statua, ha detto il Papa, verrà collocata presso le catacombe di San Callisto dove il martire Tarcisio venne sepolto. Ma chi era dunque San Tarcisio, ha domandato il Papa? Giovane ministrante, ha rammentato, all’epoca delle persecuzioni dell’imperatore Valeriano, sacrificò la propria vita pur di custodire l’Eucaristia che si era proposto di portare ad alcuni fedeli che l’attendevano.
“Schicke mich! Dieser junge schien aber…”
“Manda me”, aveva detto coraggiosamente il ragazzo al sacerdote che cercava qualcuno disposto ad un servizio così impegnativo. E come aveva promesso, ha sottolineato il Papa, Tarcisio difese le ostie consacrate fino al martirio per mano di alcuni giovani che volevano strappargli le particole. Morente, San Tarcisio venne portato al sacerdote da un ufficiale pretoriano convertitosi al cristianesimo. Vi giunse privo di vita, ma stretto al petto teneva ancora un piccolo lino con l’Eucaristia. La tradizione vuole che la particola consacrata, difesa con la vita dal piccolo martire, non fu trovata nelle mani di Tarcisio, perché era diventata “carne della sua carne, formando così con lo stesso suo corpo un’unica ostia immacolata offerta a Dio”:
“Liebe Ministrantinnen und Ministranten...”
“Cari ministranti – è stata l’esortazione del Papa – la testimonianza di san Tarcisio e questa bella tradizione ci insegnano il profondo amore e la grande venerazione che dobbiamo avere verso l’Eucaristia”. E’ “un bene prezioso – ha aggiunto – un tesoro il cui valore non si può misurare, è il Pane della vita, è Gesù che si fa cibo, sostegno e forza per il nostro cammino di ogni giorno e strada aperta verso la vita eterna; è il dono più grande che Gesù ci ha lasciato”:
“Tut großzügig euren Dienst an Jesus..."
“Servite con generosità Gesù presente nell’Eucaristia”, ha esortato il Papa, “è un compito importante, che vi permette di essere particolarmente vicini al Signore" e di crescere come suoi veri amici. E li ha invitati a custodire “gelosamente questa amicizia” nel loro cuore, “come san Tarcisio, pronto a dare la vita perché Gesù giunga a tutti gli uomini”. Anche voi, ha detto, “comunicate ai vostri coetanei il dono di questa amicizia, con gioia, con entusiasmo, senza paura!”:
“Jedes Mal, wenn ihr zum Altar…”
“Ogni volta che vi accostate all’altare – ha osservato il Papa – avete la fortuna di assistere al grande gesto di amore di Dio, che continua a donarsi a ciascuno di noi ad esserci vicino, ad aiutarci, a darci forza per vivere bene”. Siete fortunati, ha detto, “a poter vivere da vicino” il grande mistero eucaristico e li ha invitati a prepararsi bene interiormente alla Santa Messa, a non entrare in Chiesa con superficialità. Aiutando i vostri sacerdoti nel servizio all’altare, è stato il suo incoraggiamento, “contribuite a rendere Gesù più vicino", affinché "Egli possa essere più presente nel mondo, nella vita di ogni giorno, nella Chiesa e in ogni luogo”.
Liebe Freunde, ihr leiht Jesus…
“Cari amici – ha detto il Papa – voi prestate a Gesù le vostre mani, i vostri pensieri, il vostro tempo. Egli non mancherà di ricompensarvi, donandovi la gioia vera, la felicità più piena”. A noi, ha concluso, “probabilmente non è richiesto il martirio” come per San Tarcisio, “ma Gesù ci domanda la fedeltà nelle piccole cose, il raccoglimento interiore", "la nostra fede e lo sforzo di mantenere presente questo tesoro nella vita di ogni giorno". Ci chiede la fedeltà "nei compiti quotidiani, la testimonianza del Suo amore, frequentando la Chiesa per convinzione interiore e per la gioia della Sua presenza". E "così possiamo far conoscere anche ai nostri amici che Gesù vive”. All’udienza generale ha preso parte anche il cardinale Tarcisio Bertone, invitato dai chierichetti d’Europa in omaggio al nome del loro Santo patrono.
Canti – Jesus Christ you’re my life
E Piazza San Pietro era stata già invasa pacificamente ieri da 50 mila ministranti, provenienti da tutta Europa, che hanno preso parte ad una Veglia nell'ambito del loro decimo pellegrinaggio, all'insegna del motto “Bere alla vera Fonte”. Culmine dell’incontro, animato da canti gioiosi, momenti di riflessione, preghiere e testimonianze, è stata la presentazione della grande Statua di San Tarcisio, patrono dei chierichetti. Il servizio di Cecilia Seppia:
(musica)
Foulard colorati, bandiere di ogni Paese, sorrisi, canti: è una piazza in Festa, quella dove ieri sera si è svolta la veglia di preghiera in attesa dell’incontro con Benedetto XVI, una piazza rumorosa, giovane, come giovane è la Chiesa rappresentata dai ragazzi e dalle ragazze provenienti da ogni parte d’Europa. 45 mila solo dalla Germania, ma anche dall’Austria e dalla Francia. E ancora Polonia, Slovacchia, Romania, Croazia. C’è anche l’Italia con i suoi mille ministranti. Insieme un esercito, dove la diversità, come raramente accade è motivo di gioia piena e di condivisione. Sentiamo alcune testimonianze di ministranti:
R. - Quello che unisce è proprio la gioia e la bellezza del servizio liturgico dei ministranti. E’ bello anche vedere ed incontrare altre persone di nazionalità diverse e fare con loro amicizia.
D. - Cosa senti nel fare questo servizio e cosa ti ha spinto a farlo?
R. - E' un servizio che mi stare vicino al Signore, in prima persona.
R. - E’ una esperienza molto bella, perché riesci a vivere la Liturgia. Quando poi si trova un sacerdote che è innamorato della Liturgia, ne fa innamorare anche i ragazzi. Ci si appassiona a compiere questo servizio. Il ministrante è colui che serve e, secondo me, è anche colui che riesce a testimoniare attraverso i gesti, senza parole, agli altri quello in cui crede.
Tra gli obiettivi di questo pellegrinaggio dunque anche l'invito a testimoniare con coraggio la fede, come sapeva fare Tarcisio, il martire romano, oggi patrono dei ministranti. Ieri sera la grande statua che lo rappresenta, realizzata dall’artista svizzero Bernhard Lang, è stata presentata e accolta tra gli applausi di tutti. Una speciale scultura in bronzo, alta 5 metri per 4 tonnellate che vuole a dire ai giovani: non restate fermi, seguite Cristo!
(musica)
Appello del Papa per gli alluvionati di Pakistan e Afghanistan e per la Russia colpita dagli incendi
◊ Al termine dell’udienza generale, Benedetto XVI ha lanciato stamani un accorato appello per le popolazioni di Pakistan e Afghanistan, colpite da alluvioni e inondazioni che hanno causato in questi giorni oltre 1400 morti e centinaia di migliaia di sfollati. Il Santo Padre ha ricordato anche un altro dramma, quello degli incendi che in Russia hanno provocato la morte di almeno 48 persone. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il pensiero del Papa è andato alle popolazioni colpite, in questo periodo, da gravi calamità naturali, che hanno causato perdite di vite umane, feriti e danni, lasciando numerose persone senza tetto:
“In modo particolare, penso ai vasti incendi nella Federazione Russa e alle devastanti alluvioni in Pakistan e in Afghanistan. Prego il Signore per le vittime e sono vicino spiritualmente a quanti sono provati da tali avversità. Per essi chiedo a Dio il sollievo nella sofferenza e il sostegno nelle difficoltà. Auspico, inoltre, che non venga a mancare la solidarietà di tutti”.
Le inondazioni in Pakistan hanno portato orrore e devastazione come sottolinea la suora domenicana di Santa Caterina da Siena, suor Gabriella Seganti, raggiunta telefonicamente a Faisalabad:
R. – Tutte le zone che sono attorno ai grandi fiumi, sono allagate. L’acqua è molto alta e distrugge tutte le case, specialmente nelle campagne dove ci sono parecchi morti, perché le persone non fanno in tempo a scappare. Naturalmente, chi scappa ha perso tutto: la casa, gli animali, i raccolti sono completamente distrutti. Ora la pioggia continua ed è questo il guaio.
D. – Cosa state facendo voi come missionari per cercare di aiutare la popolazione?
R. – Quelle famiglie che possiamo raggiungere le raggiungiamo, ma ci sono anche tanti parenti delle nostre suore di cui non si sa cosa sia successo. Cercano di stabilire contatti in qualche maniera, ma a molti parenti non si sa cosa sia successo e dove siano. Per noi è impossibile andare in quelle zone dove l’acqua è alta. Durante questo periodo ci sono i monsoni che vengono dall’India, ma una situazione così distruttiva come questa volta non si era mai verificata.
D. – E poi c’è anche grande preoccupazione per il rischio di carestie…
R. – Sono morti tanti animali ... Ci vuole anche l’assistenza, le medicine. La gente che ha perso tutto è tanta e non so come faranno. E’ un problema molto grande. Bisogna capire come alloggiare, come vestire, come dare da mangiare a tutte queste migliaia di persone che hanno perso tutto.
D. – Come suore missionarie domenicane in Pakistan, volete lanciare un appello?
R. – L’appello è che chiunque può dare qualche aiuto economico intervenga con urgenza. Speriamo che ci sia un po’ di tranquillità per poter poi raggiungere le persone e aiutarle.
Un altro Paese devastato da calamità naturali è la Russia. Il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, ha chiesto ai vescovi delle diocesi colpite dagli incendi di organizzare la rete di soccorsi per le migliaia di persone che hanno perso le proprie abitazioni a causa dei roghi divampati a seguito dell’eccezionale ondata di calore che ha fatto salire le temperature fino alla soglia dei 40 gradi.
◊ Parole di gratitudine e stima nel messaggio del Papa - a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone - rivolto ai Cavalieri di Colombo, riuniti in Assemblea, da ieri fino a domani a Washington, negli Stati Uniti, intorno al tema “Io sono il custode di mio fratello”. Il servizio di Roberta Gisotti:
Benedetto XVI ringrazia i Cavalieri di Colombo “per il sostegno” offerto “nei recenti mesi, specialmente attraverso le loro costanti preghiere”, che chiede di continuare - tenuto conto della “turbolenza dei tempi” - “per l’unità della Chiesa, la diffusione del Vangelo e la conversione dei cuori”, e ancora un grazie particolare per la Novena promossa alla vigilia del quinto anniversario della sua elezione.” E’ il cardinale Bertone a farsi latore del messaggio del Papa inviato in occasione della 128.ma Suprema Convention dell’associazione benefica, fondata – ricordiamo - negli Usa nel 1882, dal sacerdote Michael Mc Givney, ispirata a principi di carità, unità, fratellanza e patriottismo, che conta oggi circa un milione ed 800 mila membri laici in tutto il mondo.
Benedetto XVI sottolinea “la solidarietà spirituale” manifestata dai Cavalieri di Colombo al clero durante l’Anno sacerdotale, concluso di recente. Riporta il cardinale Bertone di come il Papa sia convinto che “la risposta più efficace” “agli attacchi, spesso ingiusti e infondati, alla Chiesa e ai suoi leader” sia “una grande fedeltà alla parola di Dio, una più risoluta ricerca della santità, un accresciuto impegno alla carità nella verità da parte di tutti i fedeli".
Citando l’enciclica “Caritas in veritate”, il cardinale Bertone richiama la lettura che Benedetto XVI dà dell’attuale crisi economica, monito perché nessuna attività umana sia esente da responsabilità morale. Tanto più - “in un tempo in cui le fondamentali norme etiche, fondate nella verità e inscritte nel cuore dell’uomo, sempre sono rimesse in discussione e a volte sovvertite dalla legislazione” - il Papa apprezza gli sforzi compiuti dai Cavalieri di Colombo, in collaborazione con uomini e donne di buona volontà, per confermare la ragionevolezza della dottrina morale della Chiesa e la sua importanza per un solido, giusto e durevole ordine sociale”.
◊ Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Taiohae nelle Isole Marchesi (Isole del Pacifico) padre Pascal Chang-Soi, parroco nell’Isola di Moorea e maestro dei novizi della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Padre Pascal Chang-Soi è nato il 18 ottobre 1966 a Tahiti, nell’arcidiocesi di Papeete, da genitori protestanti, non-praticanti, successivamente convertitisi al cattolicesimo. Il padre è di origine cinese, mentre la madre è polinesiana. Uno dei fratelli è diventato cattolico ed ha attirato alla fede cattolica i suoi fratelli, tra cui Pascal, le sorelle e alla fine i genitori. Ha svolto gli studi primari a Tahiti, a Piafau, e poi a Punaauia (1975-1980). Dal 1980 al 1984 è stato alunno al Collegio di Faaa e dal 1984 al 1986 studente al liceo di Taanoe. Dopo gli studi secondari, ha lavorato per alcuni anni nei settori dell’elettronica e dell’informatica. Il 23 agosto 1991 è entrato nel noviziato della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria (Picpus). Ha emesso i primi voti il 23 agosto 1992 ed i voti perpetui il 9 novembre 1997. Ha completato gli studi di Filosofia e Teologia al Seminario Notre-Dame de Pentecôte a Tahiti. È stato ordinato sacerdote il 4 febbraio 2000. In seguito, ha ricoperto vari incarichi: 2000 - 2002: vicario parrocchiale a Hiva Oa nella Diocesi di Taiohae, Isole Marchesi; 2002 - 2003: anno di formazione a Parigi, in preparazione per la nomina a maestro dei novizi; dal 2003: parroco all’Isola di Moorea e maestro dei novizi. È attualmente uno dei consiglieri della vice-provincia di Tahiti della sua Congregazione. Inoltre, è uno dei consultori dell’arcidiocesi di Papeete, ed è membro del Consiglio presbiterale e del Consiglio di Amministrazione della Missione di Tahiti.
Memoria del Curato d'Ars. Il Papa: ci aiuti ad essere fedeli a Cristo a partire dalle piccole cose
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di San Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci di tutto il mondo: il Papa lo ha ricordato durante l’udienza generale di stamani, chiedendo la sua intercessione perché i credenti siano fedeli a Cristo a partire dalle piccole cose di tutti i giorni. In occasione del 150.mo anniversario della sua morte, Benedetto XVI ha indetto l’Anno Sacerdotale, conclusosi nel giugno scorso. Sulla figura del Santo Curato d’Ars, il Pontefice è intervenuto più volte lungo quest’anno. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Giovanni Maria Vianney nasce nel 1786 in Francia, nei pressi di Lione: figlio di contadini, lavora nei campi e pascola gli animali, sempre cercando – afferma il Papa - di “conformarsi alla divina volontà anche nelle mansioni più umili”. A diciassette anni è ancora analfabeta. Vorrebbe diventare sacerdote, ma gli studi, necessari per l’ordinazione, gli causano molti “insuccessi e tante lacrime”:
“Giunse infatti all’Ordinazione presbiterale dopo non poche traversìe ed incomprensioni, grazie all’aiuto di sapienti sacerdoti, che non si fermarono a considerare i suoi limiti umani, ma seppero guardare oltre, intuendo l’orizzonte di santità che si profilava in quel giovane veramente singolare”. (Udienza generale, 5 agosto 2009)
I superiori non credono molto nelle sue capacità. Lo mandano ad Ars, un piccolo e sconosciuto villaggio vicino Lione: ha appena 300 abitanti e poco inclini alla pratica religiosa. Il nuovo Curato non corre a far proseliti: si inginocchia nella Chiesa davanti al Tabernacolo e prega. Di lì a poco la sua testimonianza di santità fa accorrere fedeli da tutta la Francia e oltre:
“La sua esistenza fu una catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale … A ben vedere, ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è l’essere innamorato di Cristo. Il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, e che è diventato amore delle pecore di Cristo, delle persone che cercano Dio”. (Udienza generale, 5 agosto 2009)
Il Curato d’Ars – ricorda il Papa – ha saputo rispondere alla sete di verità dell’uomo, resistendo alle pressioni culturali e sociali della Francia post-rivoluzionaria, dominata da una sorta di “dittatura del razionalismo volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società”. Come lui – ha sottolineato Benedetto XVI - ogni sacerdote è chiamato ad annunciare la Parola di Dio anche in tempi difficili come quelli attuali:
“Quella del sacerdote … non di rado, potrebbe sembrare 'voce di uno che grida nel deserto' (Mc 1,3), ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita e per la vita del mondo e ci dona la Verità, il modo di vivere”. (Udienza generale,14 aprile 2010)
In molti ad Ars ritrovano la luce della fede. Consumato dalla fatica, Giovanni Maria Vianney muore a 73 anni, il 4 agosto del 1859. Pio XI lo canonizza nel 1925 e quattro anni più tardi lo proclama Patrono dei parroci.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “I cappelli dei chierichetti”.
Nell’informazione internazionale, un articolo di Emanuele Rizzardi dal titolo “La nuova Costituzione del Kenya non promuove la vita”.
In cultura, un articolo di Irene Iarocci dal titolo “Due civiltà e un mare di risonanze”.
Quella marcia in più contro la malattia: Carlo Bellieni su uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche.
Athanasius Kircher, un genio per Spielberg: Andrea Monda sulla rocambolesca vita e gli infiniti mondi del gesuita tedesco.
Sull’astrattismo di Carlo Nangeroni (nel castello settecentesco di Rivara) un articolo di Sandro Barbagallo dal titolo “Rosso fuoco per reinventarsi a ottant'anni”.
Si allenta la tensione tra Israele e Libano dopo gli scontri sul confine
◊ Si sta allentando la tensione tra Libano e Israele dopo gli scontri di ieri sul confine che hanno causato 4 morti: due militari libanesi, un militare israeliano e un giornalista libanese. All'origine delle violenze c'è un presunto sconfinamento delle truppe israeliane per l'abbattimento di un albero che ostruiva la vista sulla frontiera. Oggi l'eliminazione della pianta è stata portata a termine. Il servizio di Fausta Speranza:
In una conferenza stampa il ministro dell'Informazione libanese Tareq Mitri ha detto che l'azione israeliana interrotta ieri e completata stamani per lo sradicamento di un albero “è avvenuta a sud della Linea blu”. Dunque non c'è stato uno sconfinamento da parte israeliana. In ogni caso, una riunione d'urgenza si terrà fra rappresentanti dell'esercito israeliano, di quello libanese e della forza internazionale a Capo Naqura, al confine fra Israele e Libano. Usa e Unione europea hanno fatto un accorato appello al ritorno alla calma. Il Consiglio di sicurezza Onu ha pubblicato un messaggio, sia pure informale, di forte inquietudine per la situazione in tutta la regione. Negli scontri di ieri, da parte libanese due soldati, di 31 e 39 anni, sono rimasti uccisi e altre quindici persone sono rimaste ferite. Da parte dello Stato ebraico, si fa sapere che un tenente colonnello di 45 anni ha perso la vita mentre un altro ufficiale è rimasto seriamente ferito. Israele e il Libano si sono attribuiti reciprocamente la responsabilità delle violenze, le più sanguinose alla frontiera tra i due Paesi dalla guerra del 2006 tra l’esercito israeliano e il movimento sciita libanese Hezbollah. Tra le dichiarazioni di oggi, il Libano fa sapere che risponderà ad ogni aggressione israeliana.
Sulla situazione che sta vivendo la regione mediorientale, Luca Collodi ha sentito il vescovo di Byblos dei Maroniti, Béchara Raï, intervistato dopo una riunione dei vescovi libanesi:
R. - In questi giorni c’è una forte minaccia contro il Libano, dovuta all’attesa della sentenza che il Tribunale internazionale emetterà riguardo all’assassinio del premier Rafiq Hariri e da quanto si sa e in base a quello che si dice, ci sarebbero elementi Hezbollah. Hezbollah è pronta a rifiutare la decisione del tribunale e minaccia di infuocare la situazione. Il secondo punto è quelle relativo gli eventi verificatesi ieri nel sud del Paese. Ci sono poi altre tensioni che riguardano la crisi economica e la situazione interna.
D. - Sul fronte della crisi con Israele cosa avete detto in particolare durante la riunione?
R. - Abbiamo espresso il nostro rammarico per l’atteggiamento di Israele e lanciato un appello alla Comunità internazionale. Abbiamo, inoltre, espresso le nostre condoglianze per le vittime e rivolto un appello ai libanesi affinché rimangano uniti di fronte a tutti i nemici del Libano, a coloro che non vogliono che questo Paese possa vivere in sicurezza e in pace. Bisogna proteggere questo Paese, che come ha detto Giovanni Paolo II, rappresenta un messaggio di convivialità per il mondo.
D. - In riferimento alla crisi con Israele, Hezbollah è rimasta neutrale. Siete preoccupati dalle minacce avanzate dal “Partito di Dio”?
R. - Certo che siamo preoccupati, perché non possiamo accettare che si possa decidere di usare le armi senza l’autorità legittima. L’utilizzo delle armi deve sottostare alla decisione del governo libanese e non alle decisioni del capo di una milizia o di un gruppo armato. E’ per questo che, a livello libanese, si sta studiando la questione della strategia armata e della strategia di difesa, che includa anche Hezbollah. Non possiamo accettare che Hezbollah dichiari guerra o la pace. Questo certo che ci preoccupa! (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Kenya al voto sulla nuova Costituzione: il "no" delle Chiese cristiane
◊ Alle urne, dall’alba di questa mattina, sono chiamati oltre 12 milioni di keniani: si vota per la nuova Costituzione che prevede limitazioni ai poteri del presidente e introduce una seconda Camera al Parlamento. Tra i punti più controversi della nuova legge fondamentale ci sono la legalizzazione dell’aborto, il riconoscimento dei tribunali civili musulmani e la riforma agraria. Ingenti le misure di sicurezza per evitare incidenti: mobilitati oltre 63mila agenti. La chiusura dei seggi è prevista per le 17 locali, le 19 in Italia. Per i risultati definitivi si dovrà attendere la giornata di domani. Ma la nuova Costituzione risponde alle attese di democrazia della popolazione? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Mariano Tibaldo, superiore provinciale dei Missionari comboniani a Nairobi:
R. - Purtroppo no. Sembra che in alcune parti questa Costituzione sia migliore della prima. Non risponde, però, totalmente ai bisogni della gente, proprio perché i politici l'hanno politicizzata. Ci sono poi delle cose nella Costituzione - e questo soprattutto riguardo all’aborto e alle “khadi courts”, i cosiddetti tribunali islamici - che gran parte della popolazione, così come la Chiesa cattolica, non approva.
D. - Ecco, l’aborto sarà permesso per qualsiasi ragione di salute…
R. - Soprattutto la Chiesa cattolica, così come le altre Chiese protestanti, non approva il fatto che l’aborto venga esteso a chiunque lo domandi, purché venga dimostrata da parte di un ufficiale medico una necessità per praticare l’aborto. Ci sono alcune clausole in questo testo che dimostrano come l’aborto diventerebbe una pratica normale e questo proprio perché l’ufficiale medico non è un medico, ma può essere un infermiere, può essere un’ostetrica, può essere chiunque!
D. - Altro punto controverso l’introduzione delle corti civili islamiche: perché?
R. - Anche nella Costituzione precedente si parlava di “khadi courts” e cioè di tribunali islamici, ma lo spazio di azione era ridotto a dieci chilometri dalla costa e quindi allo “stripe” di costa che una volta era sotto il sultanato di Zanzibar. Ora si vogliono estendere questi tribunali islamici. Il problema è che la Chiesa cattolica e molte altre Chiese si chiedono: se il Kenya è uno Stato laico e quindi non ha di per sé una religione ufficiale, istituendo i tribunali islamici si favorisce una religione rispetto alle altre...
D. - Al centro delle polemiche c’è poi la riforma agraria. Perché?
R. - Il punto in sé è ottimo, nel senso che prevedrebbe che a coloro che hanno acquistato ingenti terre, possano queste essere espropriate. Allo stesso tempo, però, dice che un atto del Parlamento può emendare la legge. Ma ho l’impressione che, essendo i grandi proprietari terrieri seduti all’interno del Parlamento, prima o poi questo emendamento verrà cambiato.
D. - Il nuovo testo prevede una forte diminuzione dei poteri del presidente della Repubblica e l’istituzione di una seconda Camera al Parlamento, il Senato. Questo è positivo?
R. - Teoricamente sì, anche se poi in pratica non c’è. E questo perché il secondo ramo del Parlamento - il Senato - avrebbe poteri legali soprattutto sulle province. Lo strapotere che ha, quindi, adesso il presidente dovrebbe ridursi, ma di fatto sarà lo stesso.
D. - L’elettorato sarà diviso: secondo gli ultimi sondaggi il testo godrebbe dell’approvazione del 50 per cento degli aventi diritto…
R. - Quello che personalmente prevedo è che vinca il “sì”, ma con un margine molto stretto. Se il “sì” vince con un margine molto stretto, secondo me non sarà una vittoria vera. Non si può avere una Costituzione che il 45 per cento dell’elettorato non approva!
Inaugurato in Abruzzo il Festival di Musica “Pietre che cantano”
◊ Nell’ambito del Festival di Musica “Pietre che cantano”, inaugurato ieri al Monastero di Santo Spirito di Ocre in Abruzzo, questa sera viene riaperto ufficialmente al pubblico, con un concerto dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese diretta da Marcello Bufalini che dirigerà la “Settima Sinfonia” di Beethoven, il quattrocentesco Chiostro di San Domenico, unico complesso architettonico del centro storico dell’Aquila rimasto indenne dopo il terremoto del 2009. Una testimonianza, per tutta la città, di come vi sia un futuro che non recide le profonde radici della sua storia millenaria. Il servizio di Luca Pellegrini.
In Abruzzo e all’Aquila ci sono due tipi di pietre: quelle che testimoniano una tragedia le cui ferite non sono ancora rimarginate e rimangono drammaticamente dolorose e quelle che cantano la speranza di una regione e dei luoghi colpiti. Il Festival ideato e diretto dalla pianista Luisa Prayer nato nell’anno 2000, quando un terremoto devastante era del tutto inimmaginabile, ha cambiato volto, scopo, ideali dopo il 2009: tutte le iniziative inserite nella manifestazione sono volte a guadagnare spazi alla città dell’Aquila e alle zone colpite dal sisma conferendo loro forte valenza identitaria, mentre si guarda anche al futuro dei giovani musicisti abruzzesi. Lo conferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, nel comunicare le motivazioni della sua personale adesione all’XI edizione del Festival, ne riconosce “ il meritorio impegno profuso nel riaffermare il valore del patrimonio artistico e monumentale del territorio aquilano e nel promuoverne la riscoperta”. Abbiamo chiesto a Luisa Prayer con quali criteri ha quest’anno programmato i diversi appuntamenti artistici del Festival:
R. - “Pietre che cantano” dopo il terremoto non può abbandonare di certo questo territorio cui si sente legato e anche debitore come Festival e quindi torna per parlare di questi luoghi, che adesso sono trasformati, cambiati, sconvolti e per parlare di tutto questo patrimonio artistico di cui poco purtroppo ancora si conosce e che invece è necessario conoscere a fondo per volerne davvero la ricostruzione. Quindi i nostri concerti ripartono come di consueto dal monastero di Santo Spirito d’Ocre a vanno avanti fino al 18 anche con una manifestazione pensata per quei Paesi dove davvero non ci sono in questo momento luoghi dove ospitare i concerti. Abbiamo pensato di organizzare la manifestazione nelle scuole con larga partecipazione di giovani, sul tema molto attuale che è quello della tutela della musica dal vivo.
D. - “Pietre che cantano” è un festival legato all’Abruzzo e alla sua storia e questo determina la sua forte valenza civica. Come si concretizza questo impegno per la città de L’Aquila e per il territorio?
R. - Abbiamo due iniziative molto importanti in questo senso. La prima è stato il nostro impegno affinchè ci fosse data l’autorizzazione dal demanio e anche dagli enti che utilizzano questo chiostro meraviglioso di San Domenico a L’Aquila, per aprire questo spazio a chi vuole organizzare manifestazioni culturali. Facciamo da apripista a chi vuole organizzare insieme all’Istituzione Sinfonica abruzzese, questo luogo nel quale gli aquilani vorranno veramente sentirsi di nuovo a casa, ed è anche un esempio importantissimo di come un restauro fatto a regola d’arte possa salvare il patrimonio artistico anche nel caso di un terremoto così devastante com’è stato quello de L’Aquila, perché questo complesso fu finito di restaurare alla vigilia del terremoto e veramente lo ha superato in maniera eccellente. L’altra cosa che abbiamo fatto è lanciare su “facebook” una campagna: “missing”, “disperso”. Una campagna di testimonianza collettiva sull’importanza nella vita quotidiana di quelle tracce della storia che sono rappresentate dai beni architettonici, monumentali, dalle opere d’arte, con le quali in realtà soprattutto nei piccoli centri, noi, abbiamo un rapporto molto intenso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
I vescovi di Panama: superare violenza e insicurezza per rafforzare la democrazia
◊ “Il problema della violenza e dell’insicurezza che colpisce il Paese non riguarda solo lo Stato, poiché anche i cittadini devono fare la loro parte”. Così ha esordito ieri il presidente della Conferenza episcopale di Panama e vescovo di David, mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, alla conferenza stampa di presentazione della Lettera pastorale dei vescovi, intitolata “La sicurezza e l’integrità della vita umana”. Il presule ha subito precisato che l’episcopato desidera offrire al Paese un “contributo per superare presto il clima di violenza” lavorando, tutti assieme, per “instaurare una cultura della pace e rafforzare la democrazia”. A dimostrazione di quanto angoscia i vescovi, mons. Lacunza ha citato i recenti scontri nella provincia caraibica di Bocas del Toro, confinante con il Costa Rica, dove nel mese di luglio si sono registrate vittime fra la polizia e la popolazione aborigena, numerosi feriti e ingenti danni materiali. La Conferenza episcopale, ha osservato il vescovo, appoggia la chiamata a “un grande dialogo nazionale”, incoraggiato dal presidente di Panama, Ricardo Martinelli, dopo il rifiuto popolare della legge 30 che modificava tre codici e diverse leggi sull’ambiente, e la pubblica sicurezza; rifiuto che ha molto accresciuto le tensioni politiche e sociali del Paese bloccando ogni intesa e dialogo. La “medesima preoccupazione e angoscia - ha aggiunto mons. Lacunza - abbiamo manifestato in occasione del triste assassinio di due pastori evangelici” coinvolti in un sequestro da parte di bande giovanili. Secondo il documento dei vescovi panamensi, tra i fattori che configurano il clima di violenza, occorre ricordare “la crisi istituzionale, l’indebolimento del tessuto sociale, la crisi morale e la corruzione”. Sono tutte realtà che, purtroppo, si “sommano ad altre situazioni non meno gravi in cui i cittadini hanno le proprie responsabilità: le omissioni, l’indifferenza e le bande criminali” che a volte la cittadinanza subisce senza reagire. “Siamo arrivati a un tale grado di apatia cittadina - ha rilevato il presule - che si preferisce avere un poliziotto alle spalle piuttosto che denunciare un delinquente”. (…) I vescovi esortano la popolazione a una costante interazione reciproca, nella quale tutti riconoscano le proprie responsabilità. “Se non ci poniamo nella posizione di chi vuole reagire con la forza della legge, sarà difficile che lo Stato, da solo, possa risolvere la questione”. Citando alcuni brani della lettera pastorale, il presule ha ribadito più volte che “non sarà la paura a farci diventare una società tranquilla”; occorre di “più, molto di più (…) occorre responsabilità ma anche che lo Stato promuova l’equità sociale, la ridistribuzione delle ricchezze, più posti di lavoro, il rispetto assoluto dei diritti umani e dei cittadini, affinché loro stessi siano la vera garanzia della pace sociale”. (A cura di Luis Badilla)
India: la suora violentata durante i pogrom del 2008 ha riconosciuto un quarto stupratore
◊ Suor Meena Barwa, la religiosa indiana picchiata e violentata da un gruppo di estremisti indù durante i pogrom anticristiani dell’estate 2008, il 31 luglio scorso ha riconosciuto un altro dei suoi stupratori. La religiosa dell’ordine delle Servitrici, originaria di Sambalpur, ha preso i voti definitivi nell’aprile scorso. All’epoca della violenza, precisa AsiaNews, era impegnata nel centro pastorale Divyajyoti a K Nuagaon, nel distretto di Kandhamal, Stato indiano dell’Orissa, insieme con padre Thomas Chellan. I due sono stati aggrediti il 25 agosto 2008 e minacciati di essere bruciati vivi. L’anno scorso il processo, durante il quale la suora aveva già riconosciuto tre dei suoi violentatori, è stato spostato per motivi di sicurezza da Kandhamal, dove ancora oggi il clima d’intolleranza non consente il regolare andamento delle indagini, al distretto di Cuttack. “Suor Meena potrà finalmente avere giustizia e i colpevoli saranno ufficialmente iscritti nel registro degli indagati”, ha commentato padre Dibakar Parichha, responsabile delle indagini per l’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar. (R.B.)
La Chiesa cattolica siro-malankarese promuove in India il dialogo interreligioso
◊ È stato organizzato su iniziativa di mons. Baselios Mar Cleemis, capo della Chiesa cattolica siro-malankarese nello Stato meridionale del Kerala, in India, l’incontro interreligioso per contrastare le “forze negative che mirano a dividere e destabilizzare la nostra società” e ostacolano il mantenimento “dell’armonia e del mutuo rispetto”. L’iniziativa ha avuto luogo, nella capitale dello Stato, Thiruvananthanpuran, alla quale hanno partecipato esponenti cristiani, musulmani e indù, secondo quanto detto dalla stampa locale. A motivare l’iniziativa dell’arcivescovo è stato un nuovo caso di tensione tra le locali comunità cristiane e musulmane, non rare nel grande Paese asiatico. Un professore cattolico ha subìto il taglio della mano da parte di estremisti musulmani che lo accusavano di aver insultato l’Islam. “Questo progetto per la pace è il benvenuto”, ha dichiarato in una nota riportata dall'agenzia Misna, l’imam Maulavi Jamaluddin, un locale capo musulmano. “Deploriamo gli episodi di violenza - aggiunge l’imam - che non sono in linea con la spiritualità islamica. Nessuna religione predica l’odio comunitario, ma l’aggressione del professore ha portato a una polarizzazione. Nessuna comunità deve essere isolata sulla base di incidenti sporadici”. (E.C)
La Chiesa vietnamita celebra il 150.mo anniversario di due martiri della fede
◊ Il 150.mo anniversario dei due martiri vietnamiti Santi Peter Doan Cong Qui ed Emmanuel Le Van Phung, è stato celebrato con una Messa solenne il 31 luglio scorso a Gieng Island, officiata dal vescovo di Long Xuyên, nel Vietnam del sud, e da 60 sacerdoti. Nel corso dell’omelia, riferisce AsiaNews, il presule ha ricordato come la Chiesa vietnamita vada fiera dei suoi 117 martiri e ha evidenziato come in queste due figure in particolare sia esemplare lo spirito di corresponsabilità, caratteristica originale emersa nel Concilio Vaticano II. Peter Doan Cong Qui ed Emmanuel Le Van Phung erano, rispettivamente, il sacerdote e un fedele della comunità parrocchiale di Dau Nuoc: insieme hanno vissuto la loro fede, affrontato le difficoltà e non hanno esitato a versare il proprio sangue per portare testimonianza dell’amore di Gesù verso gli uomini. Alla celebrazione hanno partecipato oltre tremila fedeli, un centinaio di seminaristi del Seminario Maggiore di Saint Qi, del Cai Rang Seminary e del Seminario Maggiore della diocesi di Can Tho, alcune suore della congregazione delle Lovers of Holy Cross di Cai Nhun e delle Sisters of Providence di Gieng Island, località scelta dal vescovo per il giubileo della Chiesa vietnamita. (R.B.)
Il padre brasiliano Angelo Mezzari nuovo superiore generale dei Rogazionisti
◊ È un brasiliano, padre Angelo Mezzari, il nuovo superiore generale dei Padri Rogazionisti del Cuore di Gesu. È la prima volta di un non-italiano alla guida della Famiglia rogazionista, diffusa in 17 Paesi con lo scopo di promuovere una spiritualità vocazionale fondata sulla preghiera, di evangelizzare i poveri e di educare i ragazzi più bisognosi. A eleggerlo, specifica il quotidiano Avvenire, i 53 delegati del Capitolo conclusosi oggi nel Centro di Spiritualità Rogate di Morlupo, in provincia di Roma. La riunione del Capitolo, aperta il 6 luglio, aveva come obiettivo anche discutere della “regola di vita” sullo sfondo della sfida dell’inculturazione richiamata dal Papa con un messaggio ai Rogazionisti. Padre Mezzari, che e il decimo successore di Sant'Annibale Maria Di Francia, ha 53, anni, ha la licenzia in teologia, filosofia e giornalismo ed è già stato Superiore dalla provincia latinoamericana e direttore dell’Istituto di pastorale vocazionale di San Paolo del Brasile. Sono stati inoltre eletti padre Bruno Rampazzo alla carica di vicario generale; padre Bruno Francesco, padre Matteo Sanavio e padre Martirizar Yessie come consiglieri e padre Gioacchino Chiapperini, infine, nuovo economo generale. (R.B.)
Al via in Ucraina il Congresso internazionale della gioventù redentorista
◊ Partirà lunedì 9 agosto per concludersi sabato 14, il Congresso internazionale della gioventù redentorista ucraina a Lviv, promosso dalla Congregazione locale del SS. Redentore. All’appuntamento sono attesi oltre 500 giovani volontari provenienti da più di 20 Paesi d’Europa, ma anche da Stati Uniti, Canada e Russia, che da tempo affiancano i loro coetanei ucraini nella preparazione. “Si tratta di un’eccellente opportunità per i giovani – ha detto al Sir il coordinatore del Congresso, padre Roman Lahish – per condividere le proprie tradizioni e conoscere la cultura e la spiritualità del rito bizantino cattolico ucraino”. Le giornate prevedono momenti di preghiera, ma anche laboratori, danze e canti locali, tutti nell’ambito di un’unica idea: “quella della missione redentorista”. I congressi internazionali della gioventù redentorista si tengono dal 1987; l’ultimo si è svolto nel 2007 a Limerick, in Irlanda. In Ucraina la Congregazione redentorista è presente dal 1913. (R.B.)
Medici senza Frontiere chiede rispetto per i propri team in Sud Sudan
◊ L’associazione umanitaria Medici senza Frontiere (Msf) chiede a tutti i gruppi armati attivi nel sud del Sudan di rispettare la neutralità dei suoi team medici, delle attività svolte e delle strutture allestite. In seguito a ripetute incursioni armate, infatti, l’associazione ha dovuto interrompere il lavoro nella clinica di Gumuruk, nello Stato di Jongley, dove vivono circa 150mila persone, i villaggi sono molto lontani tra loro, le strade spesso impraticabili e dove, soprattutto, Msf è l’unica realtà sanitaria operante. Il presidio sanitario ora chiuso, serviva circa 30mila persone e assicurava, così, un’assistenza medica di base, erogando visite, trattamenti contro la malnutrizione e vaccinazioni. “Questi incidenti sono totalmente inaccettabili – ha detto al Sir il capo missione di Msf nel Sud Sudan, Rob Mulder – non ci permettono di avere accesso ai pazienti e mettono in pericolo le nostre equipe”. Nello Stato di Jongley, Medici senza frontiere gestisce un centro di assistenza sanitaria di base nella città di Pibor e una clinica a Lekwongole, oltre a quella di Gumuruk, che in questo momento, a causa delle forti piogge, sono raggiungibili solo in barca o in aereo. “Nella clinica di Gumuruk stavamo curando oltre 160 bambini malnutriti – ha precisato il coordinatore medico di Msf per l’area, Gbane Mahama – e ogni settimana ricevevamo una ventina di nuovi casi”. I casi più complessi venivano trasferiti alla clinica di Pibor, mentre quelli gravi che necessitavano interventi chirurgici, erano trasportati a Boma o a Juba, la capitale del Sud Sudan. (R.B.)
Dal mese prossimo l'Ospedale Bambino Gesù sbarca su iPhone e iPad
◊ È il primo ospedale italiano a entrare nel mondo di Apple. Da poco l’iPad e l’iPhone hanno fatto la loro comparsa in Italia, ma l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma attiva già la sua “app”. Dal prossimo mese, infatti, precisa il Sir, le informazioni, i servizi interpretativi, le notizie e le guide dell’ospedale pediatrico saranno visibili su iPhone e iPad. Si tratta di un’applicazione innovativa, studiata e realizzata secondo i principi dell’uso intuitivo e con una grafica immediatamente riconoscibile, che consente agli utenti di poter essere sempre in contatto con il nosocomio attraverso il telefonino. Con iPhone e iPad, infatti, sarà possibile non solo prenotare e disdire le visite, ma anche conoscere tutte le informazioni utili e continuamente aggiornate sulle varie sedi e sulle prestazioni erogate. Tra i tanti contenuti a cui sarà possibile accedere, il servizio donazioni, le news, le mappe per raggiungere le varie sedi dell’ospedale, il tour virtuale e la galleria fotografica. Inoltre, prevista un’area dedicata ai bambini, alle favole e ai giochi. Dopo la fase di sperimentazione, resa possibile dal coinvolgimento di alcune categorie selezionate di utilizzatori, l’applicazione sarà scaricabile dalla rete a partire dal prossimo mese di settembre.(E.C)
Iran: fallito attentato contro Ahmadinejad
◊ Il presidente iraniano, Ahmadinejad, è scampato ad un attentato nella città di Hamedan. Inizialmente una fonte della presidenza ha smentito categoricamente che si trattasse di attentato ma poi l'agenzia iraniana filogovernativa Fars ha confermato che una bomba a mano è stata lanciata subito dopo il passaggio dell'auto su cui viaggiava il presidente Mahmud Ahmadinejad. L’attentatore è stato arrestato. Ahmadinejad, hanno poi reso noto la tv panaraba Al Arabiya e la libanese Future Tv, era appena arrivato a Hamedan, circa 350 chilometri a ovest di Teheran, per una visita di due giorni. L'attentato è avvenuto sulla strada che il corteo presidenziale percorreva dall'aeroporto allo stadio Qods, dove poi Ahmadinejad ha tenuto regolarmente il primo discorso previsto durante la visita, trasmesso in diretta dalla televisione e nel quale il presidente non appariva scosso. Alla luce di questo evento, come si può inquadrare l’opposizione ad Ahmadinejad? Giada Aquilino lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. - In Iran, all’inizio degli anni Ottanta, all’inizio della Rivoluzione, erano attivi grandi movimenti terroristici o comunque caratterizzati dall’utilizzo della violenza, debellati poi dal regime. Ultimamente gli unici eventi etichettati come terroristici sono presenti soprattutto in Baluchistan, dove ci sono movimenti sunniti contrari al regime. E’ vero che vi sono infiltrazioni all’interno dell’Iran, ma vedo molto difficile un tentativo, com’è stato detto, da parte israeliana o da parte occidentale, di eliminare Ahmadinejad. Questa mi sembra veramente fantapolitica. Quanto all’attività sul versante interno, il dissenso politico attuale non è mai stato un dissenso violento.
D. – Com’è possibile inquadrare l’opposizione interna oggi in Iran?
R. - Vi sono molte opposizioni. Anzitutto un’opposizione ad Ahmadinejad, che è interna allo stesso regime: si tratta cioè di personaggi che lavorano all’interno del quadro politico, dell’élite politica post rivoluzionaria e quindi fanno parte del sistema della Repubblica Islamica, ma sono contrari alla linea dei Pasdaran e di Ahmadinejad. Vi è poi un’opposizione politica esterna alla Repubblica Islamica, ma che non è una opposizione violenta. Vi sono quindi frange e gruppi che ricorrono anche alla violenza: sono gruppi sunniti legati ai baluchi. Nel sud, c’è un certo fermento da parte curda ed azera, anche se non così strutturato come quella nel sudest. Questo è un po’ il quadro. Io non lo collegherei, però, al dissenso politico più manifesto, che c’è stato nell’ultimo anno dopo le elezioni, perché quello era un movimento pacifico.
D. - Gli Stati Uniti hanno aumentato la pressione sull’Iran inasprendo le sanzioni per prevenire la proliferazione nucleare di Teheran e la Casa Bianca ha giudicato “non seria” la proposta di colloqui avanzata da Ahmadinejad ad Obama. A che punto è la situazione?
R. - Dopo le aperture dell’anno scorso da parte dell’amministrazione Obama e il quasi accordo in autunno sul nucleare, si è arrivati ad una fase molto più confusa. Obama - anche per le pressioni interne - ha puntato a nuove sanzioni, nonostante vi siano chiari segnali dall’amministrazione americana di una volontà di aprire negoziati se l’Iran avesse una intenzione seria di negoziare attorno al nucleare. Da parte iraniana i segnali sono ancora molto contraddittori: si ripete che si vuole negoziare, ma intanto "l’orologio del nucleare" continua ad andare avanti.
Gaza: miliziano palestinese ucciso da un bombardamento israeliano
Un bombardamento israeliano sulla Striscia di Gaza ha ucciso stamani un miliziano palestinese e ne ha ferito un altro. Lo hanno reso noto fonti mediche di Gaza. Il bombardamento è avvenuto vicino alla città palestinese di Khan Younis e segue una escalation di violenze in questa settimana sul confine con la Striscia. Militari israeliani hanno detto che un velivolo ha sparato contro un gruppo di palestinesi che si erano avvicinati alla recinzione di confine, dove le pattuglie dell'esercito vengono a volte colpite da bombe o proiettili.
Attacco a un asilo in Cina: 3 bambini e due insegnanti uccisi, 12 i feriti
Sono forse cinque i morti - tre bambini e due insegnanti - e 12 i feriti nell'attacco di ieri a un asilo in Cina. Si tratta dell'asilo di Zingbo, nella provincia orientale dello Shandong. La polizia cinese ha arrestato un uomo di 26 anni. Nell'assalto, le cui motivazioni non sono note, l'uomo ha usato un coltello, ritrovato poco dopo.
Marea Nera: sembra funzionare l’operazione “Static Kill”
L’operazione “Static Kill” ha avuto successo e il pozzo sottomarino Macondo, all'origine della Marea Nera nel Golfo del Messico, è stato chiuso. L'operazione "Static Kill", dopo 106 giorni, avrebbe messo fine all'emergenza nel Golfo del Messico, almeno per quanto riguarda i rischi di una nuova fuga di petrolio. Ma intanto emerge l’allarme lanciato dal nuovo studio, pubblicato sul "New Scientist", svolto dai ricercatori del "Mote Marine Laboratory" in Florida: i piccolissimi organismi del corallo sono in pericolo per colpa del disperdente utilizzato per eliminare le fuoriuscite di petrolio dalla "Deepwater Horizon". (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 216
E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.