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Sommario del 03/08/2010
◊ “Perché la Chiesa sia la ‘casa’ di tutti, pronta ad aprire le sue porte a quanti sono costretti dalle discriminazioni razziali e religiose, dalla fame e dalla guerra ad emigrare in altri Paesi”. E’ l’intenzione missionaria di preghiera del Papa per questo mese di agosto. Roberta Gisotti ha chiesto una riflessione a padre Gianromano Gnesotto, direttore della “Fondazione Migrantes”, l’Ufficio della Conferenza episcopale italiana per la pastorale degli immigrati esteri in Italia e dei profughi:
D. - Padre Gnesotto, questa intenzione - che arriva nel periodo estivo di maggiore criticità per le persone in difficoltà - in che modo interpella la coscienza dei cristiani, considerato che il fenomeno migratorio entra nelle nostre case ed abita le nostre strade, sovente lasciandoci indifferenti al di là di preoccupazioni legate alla sicurezza sociale?
R. – Le migrazioni sono per la Chiesa il segno visibile di una realtà invisibile che è propria della natura stessa della Chiesa, che è quella di un popolo in cammino. Dunque, i migranti ci ricordano questa realtà profonda, che siamo qui in questa terra pellegrini e dobbiamo dunque avere i piedi piantati sì per terra, ma lo sguardo rivolto verso il cielo, con quei valori che fanno della vita della persona, una vita che sempre è valevole da qualsiasi punto di vista; e poi la nostra Chiesa si riscopre con la sua vocazione cattolica fondamentale grazie anche a questi immigrati cattolici che provengono da più parti.
D. – Padre Gnesotto, si può fare di più nelle nostre parrocchie per promuovere una catechesi appropriata di accettazione dell’immigrato, che non è altro da noi?
R. – Esatto, l’immigrato è sempre nostro fratello, nostra sorella e questo qui, è il punto fondamentale. Poi oltretutto va ricordato come Cristo s’identifica anche con l’immigrato nell’ultimo capitolo del Vangelo di Matteo, quando appunto dice: “Ero straniero e tu mi hai accolto!”. Diciamo che i valori sono quelli di sempre e anche con gli immigrati questi valori vanno esercitati. Indubbiamente l’immigrazione è una frontiera che pone con maggior rilievo la nostra capacità di essere persone che sanno vivere in profondità i valori che il Vangelo ci immette dentro, quindi da questo punto di vista, c’è un impegno che va comunque esteso a tutti. Poi gli immigrati in sé stessi, certamente, sono una categoria particolare che deve movimentare il rinnovamento, la catechesi, la liturgia, il nostro modo di essere Chiesa, quindi da questo punto di vista, diciamo che gli immigrati sono una risorsa, perché mettono in movimento quello che la Chiesa ha di meglio nelle sue radici e nel suo essere.
D. – Quindi da cristiani per fare di più occorre non solo guardare alle istituzioni civili, ma anche alle nostre realtà ecclesiali…
R. – Sì, mentre un tempo la missione era prendere, partire e andarsene in Paesi molto lontani, adesso la missione è qui da noi. Sono le nostre parrocchie che devono essere missionarie ed ogni cristiano che vive nel suo territorio deve dimostrare che è discepolo di Cristo nella misura in cui sa esercitare i valori della solidarietà, dell’apertura, del dialogo, della comprensione reciproca.
◊ Ad un mese e mezzo dall’inizio del viaggio apostolico di Benedetto XVI nel Regno Unito, il 16 settembre prossimo, cresce l’aspettativa nella comunità cattolica britannica e non solo. A sottolinearlo è Lord Christopher Patten, incaricato del primo ministro britannico per la visita papale nel Regno Unito, intervistato da Alessandro Di Bussolo del Centro Televisivo Vaticano:
R. – I think interest is growing and will grow rapidly…
Mi sembra che l’interesse stia aumentando e penso che aumenterà ancora di più quando la gente tornerà dalle vacanze estive. I media daranno una copertura "a tappeto" della visita: in definitiva, questa è la prima visita di Stato in assoluto di un Pontefice nel Regno Unito! Non la prima visita, perché Giovanni Paolo II venne, nel 1982, in visita pastorale; l’interesse per la visita di Benedetto XVI è grande e credo anche che la stessa forma della visita che comprenderà eventi “di Stato” e pastorali, non possa non portare con sé un entusiasmo crescente. Penso che andrà crescendo man mano, lungo il corso dell’attesa.
D. – Quali frutti vi aspettate dalla visita del Papa?
R. – Well, I hope it will help to animate what is a thriving Church community …
Spero che possa incoraggiare la fiorente comunità ecclesiale, e spero anche che spinga quelle persone che pensano di non avere bisogno di Dio ad interrogarsi in merito.
D. – Il motto della visita del Papa sarà “Il cuore parla al cuore”. Questo era il motto del cardinale Newman, che sarà beatificato da Benedetto XVI il 19 settembre. Che importanza riveste oggi questa figura storica nella società britannica?
R. - Cardinal Newman is one of the great figures…
Il cardinale Newman è una delle grandi figure del XIX secolo in Gran Bretagna; non solo per il suo ruolo in campo ecumenico e pastorale – è stato un grande parroco a Birmingham per tanti anni; non solo per il suo ruolo in campo intellettuale, ma anche per il suo contributo per la civilizzazione della società. Io sono preside della Oxford University, dove il cardinale Newman prima studiò e poi insegnò in due dei nostri istituti, prima di diventare sacerdote anglicano ad Oxford stessa. Il cardinale Newman ha scritto il miglior testo in assoluto sui valori liberali dell’istruzione e dell’istruzione superiore. E’ molto importante che noi ricordiamo questo, proprio quando la gente concentra l’attenzione sugli aspetti utilitaristici della formazione universitaria, mentre il cardinale Newman ha scritto dell’impatto dell’istruzione sulla personalità individuale. Egli ha scritto dell’impatto che la formazione, la possibilità di “ampliare” le persone, di consentire loro di sviluppare appieno il loro potenziale, ha sulla società nel suo insieme. E’ stato un grand’uomo, il cardinale Newman, e io credo che con la sua Beatificazione, e celebrando la memoria di un uomo che è stato un grande inglese, un grande europeo, un grande cristiano, Benedetto XVI intenda mettere in risalto una parte veramente importante della storia inglese, della storia britannica.
D. – Dopo le tensioni tra il governo laburista e la Chiesa cattolica a proposito dell’approvazione della “Equality Bill” (sull’obbligo, in nome della non discriminazione, per le agenzie cattoliche di dare in adozione i bambini anche alle coppie omosessuali, n.d.t.), e la recente elezione del nuovo primo ministro, come possiamo definire oggi i rapporti tra la Chiesa e lo Stato nel suo Paese?
R. – I don’t think that the British Government and the Catholic Church see eye to eye …
Non credo che il governo britannico e la Chiesa cattolica abbiano la stessa opinione su tutto. Nemmeno io sono d’accordo su tutta la linea con il governo britannico, ma spero che sia possibile concentrarsi sugli argomenti più importanti sui quali c’è accordo come l’equità globale, l’istruzione, i temi di un’ecologia sostenibile, un disarmo sensibile, il ruolo di istituzioni religiose come la Chiesa cattolica nella promozione di solidarietà sociale e di un più preciso senso della comunità. Ecco, questi sono i grandi punti su cui l’accordo c’è e io non penso che eventuali disaccordi su questo o quell’aspetto legale debbano dominare l’agenda. Per questo – e mi ripeto – non credo che Chiesa e governo conservator-liberale in Gran Bretagna possano operare in perenne accordo, ma nell’insieme stiamo cercando, sui due fronti, di dare a questo mondo una forma più civilizzata.
◊ Sei mesi dopo il terremoto, la Chiesa non dimentica Haiti: è quanto sottolinea la Fondazione "Populorum Progressio", in un comunicato a conclusione della riunione del Consiglio di Amministrazione dell’organismo - istituito da Giovanni Paolo II nel 1992 - svoltasi nei giorni scorsi a Santo Domingo. Durante la riunione, presieduta dal cardinale arcivescovo di Santo Domingo, Nicolás de Jesús López Rodríguez, sono stati approvati 186 nuovi progetti per 20 Paesi, in particolare in favore delle comunità povere dell’America Latina e del Caribe. Momento culminante dell'incontro, la visita ad Haiti dei membri della Fondazione, il 22 luglio scorso. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La visita, informa un comunicato, è stata l’occasione per poter verificare direttamente in loco le conseguenze del terremoto. Da sempre, la Fondazione ha avuto un riguardo particolare nei confronti della nazione di Haiti: dal 1993, infatti, vi ha finanziato un totale di 150 progetti. Durante una Messa, in un campo di accoglienza della Chiesa, è stato letto il messaggio del Santo Padre al popolo di Haiti. Benedetto XVI ha assicurato che non dimentica quanti sono stati colpiti dal sisma ed ha invitato il popolo haitiano alla speranza. Insieme al messaggio del Papa, era stata prevista la consegna di un dono del Santo Padre di 250 mila dollari per la ricostruzione della scuola di Saint François de Sales a Port au Prince. Problemi di tipo burocratico hanno però costretto a cambiare la scuola beneficiaria, e a rimandare la consegna della donazione. La presenza della Chiesa, unita a coloro che soffrono, viene sottolineato, si manifesta anche attraverso le sue istituzioni ed organizzazioni di aiuto. Sicuramente, rileva la Fondazione, uno dei maggiori problemi da affrontare in questo momento è quello degli alloggi per le centinaia di migliaia di persone che vivono nelle tende nei campi di accoglienza. Problemi di sicurezza, problemi morali e umani, si legge ancora nel comunicato, si moltiplicano in questi spazi non adatti ad una vita familiare e sociale dignitosa. L'ultima visita dei membri della Fondazione è stata alla sede della Caritas Haiti, dove mons. Segundo Tejado, a nome del cardinale Paul Josef Cordes, presidente di "Cor Unum", ha consegnato al direttore della Caritas locale un dono del Papa di 50 mila dollari quale contributo per il grande lavoro svolto da questa istituzione.
◊ Nella ricerca della felicità, “avete deciso di stare con Gesù”: è quanto affermato stamani nella Basilica di San Paolo fuori le Mura dal vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, nella Messa per i giovani ministranti d’Europa riuniti a Roma per il loro decimo pellegrinaggio. L’assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana ha esortato i ragazzi a seguire Gesù nonostante le seduzioni del mondo. Oggi pomeriggio, i “chierichetti” parteciperanno ad una Veglia in Piazza San Pietro. Domani mattina, poi, i giovani fedeli saranno all’udienza generale di Benedetto XVI. Ma chi sono oggi i ministranti delle parrocchie? Federico Piana lo ha chiesto a mons. Domenico Sigalini:
R. – Questi ragazzi sono in genere molto generosi e vivono nel cuore dell’esperienza della fede, perché servendo la liturgia, che è il punto di arrivo e il punto di partenza di ogni esperienza cristiana, sono proprio al cuore della vita cristiana. Sono ragazzi capaci di costruirsi anche un proprio cammino personale, che amano la preghiera. Evidentemente, con tutta la vivacità che hanno i ragazzi, i giovani e gli adolescenti di questo tempo, sono per la Chiesa una risorsa, sono un aiuto a rivedere continuamente la nostra capacità di dialogare con il mondo giovanile, anche in questioni molto profonde, come sono quelle della preghiera e del servizio alla liturgia. Sono anche ragazzi capaci di fare da apostoli, da annunciatori.
D. – Questo pellegrinaggio si svolge all’insegna del motto “Bere alla vera fonte”. Cosa vuol dire questo motto?
R. – Questo servizio che fanno i ragazzi intanto è una chiamata, non è una scelta che hanno fatto solo perché a loro piaceva. Si parte pure da lì, ma il Signore scrive nella vita di ciascuno un progetto. Ed è un luogo, uno spazio, un’esperienza, che aiuta i ragazzi a trovare la vera strada della felicità. Bere alla vera fonte vuol dire che se vivo dentro questa esperienza, se rispondo alla chiamata del Signore, se gli sto cuore a cuore com’è il servizio alla liturgia, all’Eucaristia, allora sono a contatto con la vera sorgente della felicità.
D. – Cosa vuol dire nel tempo di oggi essere ministrante, diventare ministrante, mettersi al servizio della Chiesa?
R. – Vuol dire avere quella dimestichezza con la vita cristiana, che porta i ragazzi a far diventare veramente un amico quel Gesù, che annunciamo a tutti.
D. – Questi giovani si mettono a disposizione della Chiesa con grande entusiasmo...
R. – Sì, in genere sono molto decisi. Appare come una "stranezza" che, di fronte ad un mare di divertimenti, di proposte che vengono fatte, questi ragazzi sappiano scegliere qualcosa che gli costa, perché costa anche sacrificio dover essere presenti alle volte anche al mattino presto, quando i loro amici dormono. Ne sono entusiasti e allora vale la pena aiutarli, perché, secondo me, il mondo giovanile di oggi, i ragazzi di oggi mancano di proposte impegnative. Continuiamo a ridurre il sacrificio, a ridurre lo sforzo e riducendo lo sforzo cancelliamo le loro energie. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Elezione ausiliare dell’Arcieparchia di Lviv degli Ucraini
◊ Benedetto XVI ha concesso il suo assenso all'elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina di padre Venedykt Aleksiychuk, monaco Studita di Univ, a vescovo ausiliare dell'Arcieparchia di Lviv degli Ucraini, assegnandogli la sede titolare di Germaniciana.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un articolo di Pierluigi Natalia sul Kenya dal titolo "Il referendum e la pacificazione difficile".
In cultura, un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "La grotta oscura e la fonte": restaurato e riaperto al pubblico, presso il Foro romano, il carcere Mamertino.
Com'è antico il cuore dell'Etiopia cristiana: Alessandro Bausi sulla vicenda, complessa e affascinante, dei manoscritti di Abba Garimà.
Quando il treno sfrecciava nella notte: Antonio Spadaro su come recuperare tutti i significati di un viaggio.
Il marchio di fabbrica delle antichità romane: il saggio di Michael Greenhlagh nel catalogo della mostra "La forma del Rinascimento. Donatello, Andrea Bregno, Michelangelo e la scultura a Roma nel Quattrocento".
Fotografo perché ho qualcosa da scrivere: Silvia Guidi recensisce la mostra di Enrico Nicolò "Impressioni d'Abruzzo".
Il curato rivoluzionario: nell'informazione religiosa, l'arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero, su san Giovanni Maria Vianney, del quale domani ricorre la memoria liturgica.
Nell'informazione vaticana, il cardinale Marc Ouellet inviato speciale del Papa in Canada per i quattrocento anni del battesimo del gran capo Mambertou dei Mik'maq.
Inondazioni in Pakistan: oltre 1400 morti e rischio epidemie per l'inquinamento delle fonti idriche
◊ Oltre 1400 morti, un milione di sfollati, almeno 45 ponti crollati, strade bloccate, case, scuole e ospedali sommersi dall’acqua. E’ il drammatico bilancio, ancora provvisorio, delle inondazioni che in questi giorni hanno colpito diverse regioni del Pakistan, soprattutto le aree nord occidentali. Complessivamente, sono oltre 3 milioni le persone colpite da frane e inondazioni. Il 60 per cento sono bambini. Sono numerose le organizzazioni impegnate nel portare aiuti. La Caritas Svizzera ha stanziato 200 mila franchi per le vittime delle alluvioni. Ma la situazione è drammatica e i soccorritori vanno incontro a numerose difficoltà, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, Donata Lodi, direttore di Unicef Italia per i programmi e le relazioni internazionali:
R. – Si parla di persone che hanno perso le case, che hanno perso le loro fonti di reddito e, soprattutto, sono esposte ad un rischio altissimo per l’inquinamento di tutte le fonti idriche. Un’alluvione oltre ai disastri immediati che provoca, ovviamente innesca conseguenze a medio e lungo termine su tutte le forniture idriche di una regione, dove già igiene e qualità dell’acqua sono abbastanza scarse. I nostri operatori in questo momento stanno lavorando in una situazione di grande difficoltà, perché alcuni dei nostri magazzini, nelle zone colpite, sono stati distrutti. Stiamo facendo affluire nuovi aiuti. E’ una situazione di enorme difficoltà. La priorità assoluta è senz’altro la fornitura di acqua potabile e piani di intervento sul campo sanitario e nutrizionale a brevissimo termine.
D. – Oltre a cibo ed acqua potabile, dunque, un’altra urgenza riguarda anche le vaccinazioni per scongiurare il diffondersi di epidemie...
R. – Le vaccinazioni, ma anche la fornitura di quei farmaci di pronto intervento: per esempio sali reidratanti per contrastare gli effetti delle malattie gastrointestinali, il kit di pronto intervento medico sanitario. La logistica in questo momento è estremamente complessa. Abbiamo una certa preoccupazione per la disponibilità dei fondi necessari. Noi abbiamo già stimato di spendere nelle primissime settimane una decina di milioni di dollari attingendo ai nostri fondi di emergenza. Se la comunità internazionale non si mobilita in modo massiccio per aiutare le popolazioni civili del Pakistan, colpite da questa ennesima tragedia, il rischio per la popolazione è ancora più alto.
D. – E poi tutto questo avviene in un Paese, il Pakistan, segnato da forti tensioni alimentate anche dalle ultime violenze, scoppiate a Karachi, costate la vita ad oltre 40 persone. C’è una fattiva collaborazione con il governo, anche in questo contesto così difficile?
R. – In questa fase c’è stata un’ottima collaborazione con il governo, come anche in passato in altre situazioni, e il coordinamento delle organizzazioni non governative dell’Agenzia delle Nazioni Unite, presente sul posto, sta funzionando molto bene. Dal 29 luglio è partito il coordinamento di tutte le organizzazioni presenti. Uno dei problemi è proprio la dispersione sul territorio delle aree colpite. E’ una situazione molto complessa, perché non è limitata ad un’unica provincia. Si tratta di una realtà in cui gli insediamenti abitativi seguono una struttura geografica ed orografica del Paese molto difficile e per giunta si tratta quasi sempre di abitazioni di cattiva qualità. Questo rende particolarmente pesante il costo umano in situazioni di questo tipo. Come sempre, nell’emergenza, i più poveri sono anche i più esposti. E’ la terza catastrofe naturale che si abbatte sul Pakistan in poco tempo e si aggiunge ad una situazione sociale, politica e generale molto complessa. Quindi è veramente una situazione assai preoccupante.
Obama conferma il ritiro delle forze di combattimento dall'Iraq entro la fine del mese
◊ Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha confermato in modo ufficiale le tappe del ritiro delle truppe americane dall'Iraq, che prevede dall’agosto 2010 la fine della missione di combattimento. Nel Paese del Golfo rimarranno 50 mila soldati, ma si limiteranno ad addestrare le forze irachene, sino alla fine del 2011, quando torneranno tutti a casa. Contemporaneamente, però, il capo della Casa Bianca ha rilanciato la guerra in Afghanistan, dove, afferma, si stanno facendo "progressi'' contro i terroristi di al Qaeda. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paolo Mastrolilli, esperto di politica statunitense del quotidiano “La Stampa”:
R. - Il presidente Obama sta seguendo un programma che era stato concordato dal suo predecessore: già il presidente Bush aveva deciso questo genere di disimpegno, concordandolo con le autorità irachene. Il problema, naturalmente, è che prima di tutto in Iraq non siamo sicuri che la situazione di instabilità sia effettivamente terminata: queste truppe americane, questi 50 mila soldati americani, resteranno per addestrare gli iracheni in modo che possano poi controllare il Paese, ma eventualmente anche intervenire se ci fosse un ritorno della violenza. Le violenze potrebbero anche ripartire e scatenarsi proprio con la partenza degli americani, perché magari alcuni gruppi etnici o politici potrebbero decidere di fare i conti con i loro avversari, approfittando proprio dell’uscita dal Paese delle truppe americane. Dall’altro lato, poi, il presidente si trova di fronte al gravissimo problema dell’Afghanistan, che forse non sarebbe nelle condizioni attuali se non si fossero sprecati i soldi, le energie, gli uomini e le intelligenze che sono servite a gestire l’invasione in Iraq e che naturalmente allo stato attuale rappresenta il problema più grave per la coalizione occidentale in quella zona del mondo.
D. - Secondo molti osservatori quella in Iraq è la guerra di Bush. Si può dire che Obama si sia scrollato di dosso, a questo punto, l’eredità del suo predecessore?
R. - Se l’è scrollata di dosso fino ad un certo punto, perché non siamo appunto sicuri che la guerra in Iraq sia terminata. Gli americani vogliono ritirarsi completamente entro la fine dell’anno prossimo. Bisognerà poi vedere cosa succederà all’interno del Paese. Se ci sarà una stabilità democratica accettabile, allora la guerra sarà effettivamente avviata verso la conclusione; se invece riprenderanno i disordini, sarà difficile per l’Occidente non interessarsene. Resta anche aperta la guerra in Afghanistan che è stata iniziata dal presidente Bush e che il presidente Obama ha ereditato, ma che continua perché ritiene che sia indispensabile per evitare che al Qaeda possa tornare a colpire gli Stati Uniti e gli altri alleati occidentali.
D. - Su una cosa non ci sono dubbi: Obama è in calo di consensi. Queste decisioni di carattere militare possono essere ricollegate alla necessità di risalire nell’appoggio da parte degli americani?
R. - Obama si era distinto durante la campagna elettorale, anche all’interno dei candidati democratici, per la sua opposizione alla guerra in Iraq. Aveva promesso di porre termine a questo intervento e, quindi, in questa maniera sta cercando di mantenere la sua promessa, ristabilendo un collegamento ed un consenso con la componente democratica pacifista che lo aveva sospinto durante le primarie e poi lo ha sostenuto anche durante le elezioni. A novembre sono in programma le elezioni midterm ed Obama è in calo dei sondaggi e spera in questo modo di recuperare un po’ di quell’elettorato che lo aveva aiutato a diventare presidente.
All'insegna della solidarietà i campi estivi dell'Azione Cattolica
◊ “Un tempo per sé, un tempo per l’altro”: è il tema scelto quest’anno dall’Azione Cattolica per i tradizionali campi estivi che vedono protagonisti in questi giorni i giovani, i ragazzi e gli adulti del sodalizio. Davide Dionisi ha chiesto al presidente nazionale di Azione Cattolica, Franco Miano, quali sono le novità della stagione in corso:
R. – Si tratta di un anno importante, specie per i giovani ed i ragazzi, perché l’estate in cui ci si prepara al grande incontro con il Papa in Piazza San Pietro, il 30 ottobre; un incontro importante per tutta l’Azione Cattolica, per dire a tutti l’impegno per le nuove generazioni. Un impegno che continua nella linea di una tradizione, ma che è un impegno ancora più attuale oggi e per il futuro. Un impegno importante, perché è un modo per rispondere alla sfida educativa.
D. – Tanti anche i temi, oltre a quelli classici, sempre al centro dell’impegno dell’Azione Cattolica; tra questi, la sfida educativa nei legami familiari. Quest’anno, però, ce n’è uno in particolare: “Tutta mia la città” …
R. – Questo tema ci dice fondamentalmente l’urgenza, come tante volte anche il Santo Padre ha richiamato, di un impegno dei cattolici per la vita della città, un impegno a tutto campo. E in questo senso l’Azione Cattolica italiana, insieme al Forum internazionale dell’Azione Cattolica, il Fiac, vuole sottolineare con forza il senso vivo dell’avere a cuore tutta la realtà. Il mondo, la realtà, il Paese ci sono affidati e come cattolici non possiamo tirarci indietro affinché sia pensata una vita sociale e politica che sappia mettere al centro il rispetto della persona nella integralità di tutte le dimensioni della vita e la ricerca viva e concreta del bene comune.
D. – Presidente, torno sul tema principale: perché l’estate è un tempo per sé e per gli altri?
R. – Intanto, è un tempo di sosta e sappiamo quanto sia significativo per ciascuno di noi riuscire a ritrovare l’intensità di momenti di incontro con il Signore, l’intensità di momenti in cui ritrovare il senso stesso della propria esistenza, delle scelte più importanti che ciascuno ha compiuto. Nello stesso tempo, è un’occasione importante per la vita comune, perché è un’occasione che io non vivo da solo ma che vivo con gli altri. Questo vale tanto più per un’associazione, perché essere associazione oggi significa fondamentalmente riuscire a mettere da parte elementi particolaristici, individualistici e riuscire a pensare che è possibile un cammino con gli altri. In fondo, l’associazione vuol essere in piccolo quello che in grande è l’intera comunità ecclesiale. E allora, un’esperienza estiva vissuta bene, un’esperienza estiva vissuta insieme è esperienza di comunità. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Violenza anticristiana in Pakistan: 5 fedeli uccisi davanti ad una chiesa a Sukkur
◊ Cinque cristiani sono stati uccisi il 15 luglio scorso da un gruppo di uomini armati con il viso coperto da una maschera, mentre uscivano dalla chiesa del Vangelo a Sukkur, in Pakistan, al termine di una riunione per parlare del tema della sicurezza. La notizia è stata resa nota soltanto oggi dall’agenzia Asianews e da alcune fonti locali. Il commando, composto da una dozzina di uomini mascherati, ha aperto il fuoco contro i fedeli uccidendo, tra gli altri, il pastore Aaron John e ferendo altre cinque persone. L’attacco è avvenuto, stando a quanto riportato da Asianews, a due mesi dall’invio di alcune lettere minatorie alla chiesa da parte di un gruppo di estremisti islamici ora bandito dal governo. Si tratterebbe del gruppo Sip-e-Sahaba, composto da alcuni membri di una madrassah, una scuola islamica locale che minaccia i non musulmani dell’area fin dal 2008. “Ci hanno detto che non siamo i benvenuti, che inquiniamo la terra”, è la drammatica testimonianza di uno dei feriti. Nell’area sono rimaste appena 55 famiglie cristiane, ha riferito la vedova del pastore ucciso, le altre sono scappate per la paura. La polizia avrebbe raccolto le denunce dei testimoni oculari, ma non ha aperto alcuna inchiesta. (A cura di Roberta Barbi)
I vescovi indiani promuovono un seminario per la formazione del clero alla comunicazione sociale
◊ La Conferenza episcopale dell’India ha promosso nei giorni scorsi un seminario di formazione del clero in materia di comunicazione sociale che si è tenuto a Bhopal, capoluogo dello Stato del Madhya Pradesh. Nelle intenzioni dei vescovi, come ha spiegato nella giornata inaugurale al Pastoral Centre il presidente della Commissione per le Comunicazioni sociali e vescovo di Indore, Chacko Thottumarickal, migliorare la comunicazione per contribuire a rafforzare la leadership pastorale e promuovere una formazione di qualità del clero nel settore delle comunicazioni, considerato prioritario per rendere l’attività pastorale ancor più feconda. Il segretario esecutivo della Commissione dell’episcopato, padre George Plathottam, invece, ha illustrato ai partecipanti le linee guida principali dell’iniziativa, soffermandosi in particolar modo sulle direttive della Chiesa in materia di formazione del clero nelle comunicazioni sociali. Tra le necessità che sono emerse nel corso del seminario, riferisce "L’Osservatore Romano", l’insegnamento sistematico delle tecniche di comunicazione nell’ambito della formazione sacerdotale, incluso lo svolgimento di esperienze pratiche sui vari strumenti, soprattutto Internet. A tale proposito è stato presentato il nuovo sito www.communicationformation.com, pensato per fornire nozioni didattiche e altre informazioni sul tema, oltre per dare l’opportunità di accedere a documenti relativi all’insegnamento della Chiesa nel settore delle comunicazioni sociali e permettere lo scambio di opinioni e testimonianze tra gli utenti. La Conferenza episcopale indiana, inoltre, nei giorni scorsi ha presentato anche il docu-film dedicato a Madre Teresa di Calcutta e intitolato “The living legend Mother Teresa”, realizzato come invito a tutti a seguire l’esempio della missionaria e molto apprezzato dall’arcivescovo di Delhi, Vincent Michael Concessao. (R.B.)
La missione degli studenti cattolici cileni: un aiuto alla ricostruzione dopo il terremoto
◊ Dopo la Messa solenne celebrata nel campus Joaquín dell’università dall’arcivescovo di Santiago del Cile, il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa il 31 luglio scorso, 452 tra studenti e volontari sono partiti alla volta della città di Chillàn per una settimana di attività di volontariato in una delle aree più colpite dal terremoto del 27 febbraio scorso. Come riportato dall’agenzia Fides, la settimana si concluderà domenica 8 agosto con una Messa di chiusura nella cattedrale della città. “Si tratta di una missione di ricostruzione e di volontariato – ha spiegato l’incaricato dell’iniziativa pastorale, Enrique Rojas – che nasce in risposta alla campagna ‘ricostruire l’anima del Cile’”. Su questo, infatti, il gruppo Duoc, incaricato del progetto educativo per la missione sociale dell’università cattolica, ha orientato il proprio anno pastorale, recandosi nell’area con gli studenti anche durante l’inverno e lavorando insieme con le comunità locali. Nello specifico, gli studenti appena partiti, si occuperanno della costruzione di una cappella nella zona di El Carmen e della tinteggiatura e riparazione di altre cappelle della zona. (R.B.)
Guinea Bissau, la tragedia dei bambini talibés
◊ È rischiosa la vita per molti talibés, studenti delle scuole coraniche affidati alla tutela di leader religiosi. Secondo un rapporto dell’Unicef del 2007, realizzato in collaborazione con l’International labour organization e la World Bank, e citato dalla Fides, molti di loro sono costretti all’accattonaggio, vengono picchiati regolarmente, sono malvestiti e malnutriti. Per cercare di arginare questo fenomeno, molte agenzie impegnate nella tutela dell’infanzia organizzano incontri con i familiari con l’obiettivo di reinserirli nelle famiglie d’appartenenza. Alcuni di loro, però, non ce l’hanno. Tra le associazioni impegnate in Guinea Bissau c'è l’ong Bissau-Guinean Amic di Gabu, impegnata dal 2004 a riportare indietro i bambini: le famiglie di queste zone a prevalenza musulmana, infatti, mandano i loro figli nelle scuole coraniche di Tambacounda nel Senegal occidentale, o nelle città del nord del Paese, come Thiés, Dakar e St. Louis. Stando ai dati del rapporto di recente pubblicazione elaborato da Human rights watch, la maggioranza dei 50 mila talibés proviene dal Senegal, da Bafata o da Gabu. Dal 2005 a oggi, l’Amic ha accolto nel suo centro di trasmissione 253 ragazzi e si è impegnato a sostenere le spese scolastiche di ogni bambino fino al completamento della scuola secondaria. Non sempre, però, l’opera di reinserimento in famiglia è semplice: nel 2006 ben 30 bambini sono tornati indietro perché le loro famiglie sono estremamente povere e distanti da scuole e ospedali. (R.B.)
Colombia, programma dell'Onu per le famiglie povere
◊ Dal 2008 il Chocò, una delle regioni più povere della Colombia, è stata inserita nel “Programma delle Operazioni di Soccorso e Recupero”, per il sostegno alle famiglie povere, attraverso l’approvvigionamento di alimenti di base. L’operazione umanitaria che proseguirà anche oltre il 2010, sostenuta dal programma delle Nazioni Unite - come riportato dall’Agenzia Fides - è una risposta al trasferimento forzato e agli altri problemi causati dalla violenza in quella zona. Scopo del progetto è assistere le famiglie che sono state costrette a trasferirsi e i gruppi che vivono una condizione di grave insicurezza alimentare nella regione fortemente segnata dalla violenza. Gli alimenti, distribuiti proporzionalmente secondo le stime dell’“Operazione Prolungata di Soccorso e Recupero” (Opsr), vengono consegnati gratuitamente, con l’obiettivo di promuovere e migliorare la salute, la nutrizione e l’educazione dei profughi e delle persone più deboli. Il programma da un lato offre formazione alle persone e dall’altro fornisce gli alimenti basilari che garantiscono il sostegno fondamentale all’unità familiare nel periodo in cui un membro della famiglia è impegnato nella formazione. Il programma è anche un utile strumento perché le persone più povere accedano ai corsi di alfabetizzazione e alla formazione. Al tempo stesso favoriscono la creazione di beni permanenti, alloggi, sistemi di approvvigionamento dell’acqua e progetti produttivi. (E.C.)
Congo: progetto dei guanelliani in favore delle ragazze di strada
◊ Un nuovo progetto di carità per aiutare le ragazze di strada nella Repubblica democratica del Congo. E' quello che i guanelliani faranno partire tra qualche mese nella capitale Kinshasa. “Il progetto – ha spiegato il direttore delle attività e dell’equipe mobile dell’Opera Don Guanella, Mauro Cecchinato – e durerà tre anni. L'iniziativa, che si svolgerà nel distretto di Tshangu, prevede il recupero di un migliaio di giovani di età compresa tra i 6 e i 18 anni che vivono per strada, soprattutto ragazze madri con i loro bambini”. In programma anche un centinaio di reinserimenti nella famiglia d’origine e una forte attività di sensibilizzazione delle autorità locali e delle forze militari, da portare avanti con Comic Relife e War Child, che lavoreranno in regime di partenariato con Oseper-Don Guanella. I guanelliani sono presenti in Congo dal 1980 con una comunità formativa per i giovani, tre comunità educative residenziali, una scuola primaria che nel pomeriggio offre corsi di alfabetizzazione per adulti e una comunità agricola per giovani disabili apprendisti nei campi agricolo e zootecnico, servizi sanitari erogati attraverso la presenza itinerante di un’equipe mobile. Infine anche un centro diurno che giorno dopo giorno offre ascolto, cure mediche, pasti e vestivi puliti, mentre di notte si trasforma in un dormitorio che accoglie oltre cento giovani. (R.B.)
In India le ong cattoliche in prima linea contro il lavoro minorile
◊ In India, è sempre molto attuale e sofferta la lotta al lavoro minorile, ufficialmente proibito dal governo federale per i minori di 14 anni, ma spesso prassi perché sono gli stessi genitori a mandare i figli a lavorare per il sostentamento della famiglia. Come scrive "L’Osservatore Romano", anche i vescovi indiani si sono pronunciati molte volte contro questa pratica: “Solo l’educazione fornisce ai bambini la reale opportunità di realizzare il loro potenziale – è la posizione della Conferenza episcopale – e solo questa è in grado di creare le condizioni per farli uscire dalla povertà, divenire indipendenti e vivere una vita dignitosa”. Infatti sono molte le ong cattoliche in prima linea nella lotta al lavoro minorile, come "Hand in hand", attiva nello Stato del Tamil Nadu, che collabora con la Caritas locale e si concentra su strumenti quali il microcredito, l’educazione e la salute. A tal fine ha avviato corsi di formazione in campo imprenditoriale dedicati ai nuclei familiari: “Uno dei primi progetti interessa la zona di Kancheepuram, famosa per le industrie della seta”, ha spiegato il responsabile del programma, Santhus Gnanapragsam, ma l’organizzazione ha anche aperto sette scuole gratuite nel distretto per educare i giovani dalle elementari alle superiori e ha esteso le proprie attività agli Stati del Madhya Pradesh e del Karnataka. "Hand in hand", comunque, non è l’unica impegnata in India: ad esempio, c’è la onlus Intervita, attiva nella regione di Piduguralla nello Stato dell’Andhra Pradesh, impegnata per assicurare la frequentazione della scuola primaria di cinquemila bambini e la partecipazione di 300 adolescenti ad appositi corsi di formazione. (R.B.)
Cala in Bangladesh il tasso di diffusione della tubercolosi
◊ Il tasso di diffusione della tubercolosi in Bangladesh è fortemente sceso dagli anni Novanta a oggi ed è passato dagli 800 contagiati su centomila ai 79 odierni. Lo riferisce l'agenzia Fides citando il rapporto 2007-2009 del "Nationwide Tuberculosis Disease-cum-infection prevalence survey". La correlazione tra povertà, analfabetismo e tbc è ben nota, tanto è vero che la maggior parte delle persone infettate è costituita dai più poveri della comunità. Nel 2009 si sono verificati 109.311 nuovi casi in Bangladesh, che è tra i sei Paesi al mondo con il più alto tasso di diffusione della malattia: circa 300mila contagi e 70mila morti l’anno, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La conoscenza della tubercolosi, la prevenzione e le relative cure, non sono molto diffuse nelle zone rurali, ma il governo ha esteso i trattamenti a tutto il territorio nazionale, con 1050 centri dove i trattamenti sono gratuiti. Il Bangladesh ha comunque raggiunto il Millennium Development goal per il 70 per cento per il rilevamento dei casi e l’85 per il tasso di cura. (R.B.)
All’arcivescovo dell’Avana il premio “Gaudium et Spes” dei Cavalieri di Colombo
◊ Il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana, riceverà oggi a Washington il Premio “Gaudium et Spes”, promosso dai Cavalieri di Colombo. Il poporato cubano terrà un discorso durante la cerimonia di consegna dell'importante riconoscimento. Tra le personalità che in passato hanno ricevuto il premio, Madre Teresa di Calcutta, il cardinale arcivescovo di New York, John O’ Connor, e il cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone. (A.G.)
Morti 3 soldati libanesi e un giornalista in scontri al confine tra Israele e Libano
◊ Tre soldati libanesi e un giornalista sembra siano stati uccisi oggi negli scontri armati con i militari israeliani. L'esercito di Beirut al momento conferma la morte di due soldati. Almeno due razzi katiuscia sono stati lanciati dal sud del Libano verso il nord di Israele e lo Stato ebraico ha risposto sparando colpi di artiglieria contro una postazione dell'esercito libanese nei pressi di Adayyse, lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi. Adaisse è una località libanese a ridosso della Linea Blu di demarcazione con Israele, nel settore centrale del confine. Il sud del Libano è dall'autunno 2006 pattugliato da oltre 10.000 caschi blu della missione Onu (Unifil), di cui fanno parte circa 2.000 italiani. I caschi blu spagnoli, responsabili di quel settore, hanno decretato la massima allerta.
46 morti per gli scontri nella città pachistana di Karachi
È salito a 46 morti il bilancio delle violenti proteste avvenute nella notte a Karachi in seguito all'uccisione ieri di un politico durante un funerale. Gli scontri erano iniziati dopo l’uccisione del politico del partito MQM (Muttahida Qaumi Movement), Raza Haider, freddato a colpi di pistola in una moschea, insieme alla guardia del corpo, mentre partecipava alle esequie della madre di un amico.
Rapito in Afghanistan il figlio del ministro per i Rifugiati e i Rimpatriati
Il figlio del ministro afghano per i Rifugiati e i Rimpatriati Jamahir Anwari è stato rapito da un commando armato di quattro uomini che hanno aperto il fuoco sull'auto in cui viaggiava a Kabul. Il sequestro del giovane Abdullah di 28 anni è avvenuto domenica e la polizia della capitale afghana sta affannosamente cercando le tracce. Ieri quattro anziani responsabili di gruppi tribali dell'Afghanistan nord-occidentale sono morti quando l'auto su cui viaggiavano è saltata su un rudimentale ordigno esplosivo (ied) nella provincia di Faryab. In un comunicato la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) ha confermato l'attentato mortale, sostenendo che “è abitudine dei talebani colpire i civili”. Da parte sua il presidente pachistano Asif Ali Zardari in un'intervista al quotidiano Le Monde ha affermato che la comunità internazionale, “cui appartiene anche il Pakistan”, sta “perdendo la guerra contro i talebani” in Afghanistan.
Uccisi 5 poliziotti in un posto di blocco in Iraq
Terroristi di Al Qaeda hanno ucciso la scorsa notte cinque poliziotti a un posto di blocco nell'ovest di Baghdad, precisamente nel quartiere di Mansur. Subito dopo hanno piantato la bandiera dello Stato islamico dell'Iraq', che riunisce una serie di organizzazioni di ribelli sotto l'egida di Al Qaeda".
Autobomba e terrore per un taxista in Ulster: esplosione senza feriti
A Londonderry, nell'Ulster, due uomini armati hanno dirottato un taxi, depositandovi sopra una bomba e hanno poi costretto il tassista a lasciare l'auto davanti a una stazione di polizia, dove l'autobomba è stata fatta esplodere, senza ferire nessuno. Gli attentati in Irlanda del Nord da parte di piccoli gruppi di dissidenti dell'Ira che non accettano gli accordi di pace del Venerdì Santo del 1998, sono cresciuti negli ultimi anni, prendendo di mira soprattutto la polizia. I più gravi, nel marzo 2009, sono costati la vita a due militari, uccisi fuori da una caserma nella contea di Antrim, vicino a Belfast, e a un poliziotto, assassinato il giorno seguente.
Cambiamenti climatici e riduzione dei gas serra: nuovo round di negoziati a Bonn
Durerà fino al 6 agosto il nuovo round di negoziati apertosi ieri a Bonn, in Germania, sul tema dei cambiamenti climatici e sulla riduzione dei gas serra. Si tratta di una tappa intermedia prima dell’incontro di ottobre in Cina e dell’appuntamento decisivo di novembre a Cancun in Messico, per la 16ma Conferenza Onu. Due i temi sul tavolo: i progetti di cooperazione a lungo termine e gli ulteriori impegni dei Paesi sviluppati nell’ambito del Protocollo di Kyoto. “Le posizioni politiche restano comunque molto lontane e c’è davvero bisogno di un lavoro intenso a tutti i livelli”. Così al microfono di Gabriella Ceraso, Corrado Clini, direttore generale al Ministero italiano dell’Ambiente e della tutela del territorio:
La discussione è ancora sugli stessi punti sui quali grosso modo è rimasta Copenaghen. Ci sono due questioni aperte. Se e come eventualmente proseguire sul Protocollo di Kioto - non credo che ci sia una soluzione - e l’altro tema è qual è il tipo d’impegno che le grandi economie responsabili dell’emissione di anidride carbonica e degli altri gas serra, possono assumere. E, da questo punto di vista, siamo ancora in una situazione molto confusa perché gli Stati Uniti non hanno assunto alcun impegno. Dall’altro lato la Cina, l’India, il Brasile, il Sudafrica, il Messico si dicono disposti alla riduzione delle loro emissioni, a condizione di essere aiutati allo sviluppo delle migliori tecnologie, e questo vuol dire impegno finanziario, che però, non è ancora nelle regole assunte dai Paesi industrializzati, perché la crisi economica persiste e questa direi che è la sfida più importante e anche quella più complicata.
D. - Tutti nodi che restano comunque da sciogliere e che a molti fanno dire che anche la Conferenza del Messico sarà un fallimento com’è stata quella di Copenaghen. Come evitare questo, anche attraverso incontri intermedi come quello di Bonn?
R. - Mi auguro che a Bonn si riesca a mettere in ordine i problemi, a mettere in evidenza se e quali sono i possibili punti di un accordo anche parziale. Noi dobbiamo arrivare a Cancun con in agenda i problemi reali, piuttosto che aspetti formali, procedure, eccetera, che sono quelle che hanno meno a che fare con la protezione del clima.
Drammatico bilancio della marea nera: 5 milioni di barili di greggio in mare fino ad oggi
La marea nera che ha avvelenato il Golfo del Messico rappresenta il più grave disastro ecologico di sempre per quanto riguarda le fughe di petrolio: quasi 5 milioni di barili di greggio sono finiti in mare in 105 giorni, dal 20 aprile ad oggi. Questa la stima ufficiale comunicata dalle autorità americane in accordo con la British Petroleum. Circa 4,9 milioni di barili di petrolio corrispondono a 780 milioni di litri, dei quali sono stati recuperati 127 milioni (800 mila barili). Il resto è andato disperso nelle acque calde del Golfo, oppure è stato “sciolto” dagli oltre 7 milioni di litri di solventi a suo tempo rovesciati sulla gigantesca macchia nera, e che secondo gli ambientalisti hanno fatto più danni che benefici. L'entità del disastro non ha precedenti secondo i dati forniti dalle autorità Usa. La più grave perdita in qualche modo paragonabile a quella provocata dall'incidente alla Deppwater Horizon risale al 1979, quando dalla piattaforma Ixtoc fuoriuscirono nella Baia di Campeche, in Messico, 3,3 milioni di barili di petrolio. L'altro disastro relativamente recente, quello della Exxon Valdez del 1989, si è fermato a 41 milioni di litri di petrolio dispersi in mare. Oggi partirà, con un test preliminare, l’operazione “Static kill” con cui la Bp intende chiudere definitivamente il pozzo sottomarino Macondo, responsabile della marea nera. La multinazionale britannica, ha annunciato che il test preliminare alla chiusura definitiva del pozzo, dovrà essere ritardato a causa di un problema tecnico e che l’operazione “Static Kill” avverrà probabilmente in giornata. L’operazione” punta, mediante l’iniezione di cemento e fango, a spingere il petrolio nel bacino sottostante, un deposito situato a 4 mila metri sotto la superficie marina; ed è il primo dei due interventi previsti per mettere fine a quello che è il peggior disastro ambientale della storia.
Domani referendum in Kenya sulla nuova Costituzione
Il Kenya è chiamato domani alle urne per un referendum confermativo di una nuova Costituzione che prevede limitazioni ai poteri del presidente, la devoluzione di molte materie a livello regionale e la creazione del Senato con poteri di controllo e coordinamento ma minori rispetto a quelli della Camera dei deputati. Il testo contiene anche articoli sul fine vita e i tribunali musulmani. I risultati dovrebbero essere noti tra venerdì e sabato. A sostegno della nuova Carta, il fronte guidato dal presidente Mwai Kibaki e il primo ministro Raila Odinga. Contrari il ministro per l'Istruzione William Ruto e l'ex-capo di Stato Daniel Arap Moi. Sono oltre 12 milioni e mezzo i keniani (su un Paese che ne conta 40 milioni) che si recheranno domani alle urne per la consultazione popolare.
Il FMI assicura allo Yemen 370 milioni di dollari contro povertà e carenza d’acqua
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato ieri sera l'approvazione di un credito di circa 370 milioni di dollari allo Yemen, 52,8 milioni dei quali immediatamente disponibili, per sostenere il suo programma di riforme economiche. "Lo Yemen di trova di fronte a tutta una gamma di difficoltà economiche dovute alla sua grande dipendenza a degli introiti petroliferi in calo, una grande povertà, una carenza d'acqua", ha spiegato il vicedirettore generale dell'Fmi Naoyuki Shinohara. Le autorità di Sanaa hanno presentato un programma triennale che "rafforza la stabilità macro-economica" e "mette le finanze pubbliche su una base consolidata a medio termine, combinando il consolidamento di bilancio con una ristrutturazione delle spese mirata sulle spese di investimento e sociali".
Ancora disordini in Kashmir: oggi due giovani sono rimasti uccisi
Le forze di sicurezza indiane hanno nuovamente aperto il fuoco oggi nello Stato del Kashmir per fare fronte ad una folla di dimostranti che ha sfidato il coprifuoco imposto dalla autorità, con un bilancio di almeno due giovani morti ed altri cinque feriti. Sono 42 le persone morte dall'11 giugno, quando l'attuale ondata di proteste a sfondo separatista è cominciata, prendendo spunto dall'uccisione di un giovane di 17 anni. La giornata di ieri è stata particolarmente violenta, con otto morti, una situazione che ha provocato il richiamo a New Delhi per consultazioni del capo del governo del Kashmir, Omar Muhammad, e la realizzazione di un vertice con il premier Manohan Singh ed alcuni ministri chiave. Il coprifuoco è in vigore in tutti i distretti dello Stato, ma di nuovo oggi migliaia di persone a Qamarwari e Budgam lo hanno sfidato per dare vita a manifestazioni anti-governative.
Ancora crisi politica in Nepal
È ancora piena crisi politica in Nepal dove da più di un mese il Parlamento non riesce ad eleggere un nuovo primo ministro, dopo le dimissioni forzate del premier Mahadav Kumara Nepal. Un'impasse provocata anche dalla mancata riforma costituzionale che dura da oltre un biennio. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
Neppure stavolta il Parlamento nepalese ce l’ha fatta ad eleggere un nuovo primo ministro, in grado di completare il processo di pace e garantire stabilità all’ex regno himalayano. Il favorito, il leader degli ex ribelli maoisti, Prachanda, non è riuscito a raggiungere la maggioranza dei voti necessari, a causa dell’astensione del partito comunista e di altri partiti minori, che rappresentano la comunità Madesi, che vive nel sud del Paese. Ancor meno voti ha ottenuto il suo rivale, secondo candidato, Ram Chandra Paudel, del partito del Congresso nepalese. Il nulla di fatto era prevedibile e ogni tentativo di compromesso della vigilia era fallito; il prossimo voto era fissato per dopodomani. Solo un accordo tra i maoisti e i partiti minori potrebbe assicurare la maggioranza dei 300 voti del Parlamento e superare lo stallo che dura da oltre un mese.
Italia: finiani e Udc per l'astensione alla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo
"C’è convergenza sulla posizione dell'astensione per ciascuno all'interno del proprio gruppo": lo ha reso noto l'on. Benedetto Della Vedova al termine del vertice tra Futuro e Libertà per l’Italia (finiani), Udc, Api ed Mpa convocato per decidere su una posizione comune in merito alla mozione di sfiducia al sottosegretario alla Giustizia Caliendo. Al momento, sono 85 i deputati del fronte astensionista sulla mozione di sfiducia.
Al Vertice del Mercosur si torna a parlare di accordo con l’UE
Ha preso il via ieri a San Juan, oltre 1.100 chilometri a ovest di Buenos Aires, un vertice a livello capi di Stato del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) in cui, tra gli altri temi, si è affrontata la possibilità di approfondire l'unione doganale tra i membri del blocco, nonchè di dibattere la questione della crisi tra Venezuela e Colombia. Al summit, i cui lavori si concluderanno domani, prendono parte anche i presidenti Hugo Chavez (Venezuela), Evo Morales (Bolivia) e Sebastian Pinera (Cile). Al termine degli incontri dei ministri degli Esteri e delle Finanze è stato annunciato in particolare un accordo di libero commercio tra il Mercosur e l'Egitto. Nel corso dei lavori è stato anche affrontato il tema dell’eventuale accordo con l'Unione Europea del quale, per altro, si parla da oltre un decennio ma, per ora, senza risultati concreti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 215
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