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Sommario del 02/08/2010
◊ “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”: è quanto si legge nell’Antifona al Vangelo di oggi che propone il racconto sulla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un passo, quello di Matteo, in cui risalta la compassione provata da Gesù per le folle che lo avevano seguito nel deserto. Sul mistero di Gesù pane di vita e la premura del Signore per gli affamati, Benedetto XVI ha offerto numerose riflessioni ai fedeli. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Gesù è il "Pane della vita", è il cibo che ci sostiene nel cammino della nostra esistenza. Benedetto XVI sottolinea che l’uomo per vivere ha “bisogno di nutrimento per la sua anima, ha bisogno di un senso che riempia la sua vita”. Questo senso è Cristo stesso, “il vero cibo per i nostri cuori”. Il Papa rammenta dunque che il Mistero Eucaristico è il dono che “Cristo fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito” di Dio. Ecco perché’ l’Eucaristia è “Sacramento d’amore”, il nutrimento vitale dei cristiani:
“Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte”. (Omelia al Corpus Domini, 7 giugno 2007)
Cibo di amore, dunque. E Benedetto XVI sottolinea che nel miracolo dei pani e dei pesci, il Signore chiama ognuno di noi a donarsi ai fratelli, ad essere “insieme a Gesù, pane spezzato per la vita e per il mondo”. I cinque pani e i due pesci, soggiunge, “stanno ad indicare il nostro apporto, povero ma necessario, che Egli trasforma in dono di amore per tutti”. Solo con questo spirito di amore possiamo allora comprendere l’atteggiamento di compassione di Gesù per gli affamati. E’ il suo, ribadisce il Papa, uno sguardo d’amore che si posa sui più piccoli, sugli ultimi. Uno “stile della compassione” che siamo tutti chiamati ad imitare:
La compassione cristiana non ha niente a che vedere col pietismo, con l’assistenzialismo. Piuttosto, è sinonimo di solidarietà e condivisione, ed è animata dalla speranza (…) E’ speranza, questa, che si fonda sulla venuta del Cristo, e che in ultima analisi coincide con la sua Persona e col suo mistero di salvezza” (Messa a Brindisi, 15 giugno 2008)
Gesù, è la riflessione del Papa, si è fatto piccolo: “nell’umile apparenza dell’ostia, di un pezzettino di pane, Egli ci dona se stesso”. E si sofferma, parlando con i bambini che si preparano alla prima Comunione, sul significato essenziale del pane della vita che è Gesù:
“Noi abbiamo oggi una cucina raffinata e ricca di diversissimi cibi, ma nelle situazioni più semplici il pane è il fondamento della nutrizione e se Gesù si chiama il pane della vita, il pane è, diciamo, la sigla, un'abbreviazione per tutto il nutrimento. E come abbiamo bisogno di nutrirci corporalmente per vivere, così anche lo spirito, l'anima in noi, la volontà, ha bisogno di nutrirsi”. (Incontro con i bambini della Prima Comunione, 15 ottobre 2005)
“Noi, come persone umane – sottolinea il Santo Padre – non abbiamo solo un corpo, ma anche un'anima; siamo persone pensanti con una volontà, un’intelligenza, e dobbiamo nutrire anche lo spirito, l'anima, perché possa maturare, perché possa realmente arrivare alla sua pienezza”.
“E, quindi, se Gesù dice io sono il pane della vita, vuol dire che Gesù stesso è questo nutrimento della nostra anima, dell'uomo interiore del quale abbiamo bisogno, perché anche l'anima deve nutrirsi. E non bastano le cose tecniche, pur tanto importanti. Abbiamo bisogno proprio di questa amicizia di Dio, che ci aiuta a prendere le decisioni giuste. Abbiamo bisogno di maturare umanamente. Con altre parole, Gesù ci nutre così che diventiamo realmente persone mature e la nostra vita diventa buona”. (Incontro con i bambini della Prima Comunione, 15 ottobre 2005)
◊ Benedetto XVI ha nominato segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica il padre redentorista Joseph William Tobin, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Obba, con dignità di arcivescovo. Padre Joseph William Tobin è nato a Detroit, Wayne Country, Michigan, il 3 maggio 1952. Al termine del cammino di formazione ha emesso la professione temporanea il 5 agosto 1972 e quella perpetua il 21 agosto 1976. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il primo giugno 1978. Nel 1975 ha ottenuto il Baccalaureato in Filosofia presso l'Holy Redeemer College, Waterford (Wisconsin); nel 1977 il Master of Religious Education e nel 1979 il Master of Divinity (teologia pastorale) presso il Mount Saint Alphonsus Major Seminary (New York). Dal 1979 al 1984 è stato vicario parrocchiale della Holy Redeemer Parrish di Detroit. Nella stessa Parrocchia ha svolto poi il Ministero di parroco dal 1984 al 1990. Dal 1990 al 1991 ha assunto il servizio di parroco della Saint Alphonsus Parrish di Chicago (Illinois). Vicario Episcopale per l'Arcidiocesi di Detroit dal 1980 al 1986, ha offerto la sua collaborazione anche al locale Tribunale diocesano. È stato eletto consultore generale dei Padri Redentoristi nel 1991 ed il 9 settembre 1997 superiore generale, riconfermato poi in tale incarico il 26 settembre 2003. Nello stesso anno è divenuto vice-presidente dell'Unione dei Superiori Generali. Inoltre è stato membro del Consiglio per i Rapporti tra la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e le Unioni Internazionali dei superiori e delle Superiore generali dal 2001 al 2009. Conosce l’inglese, lo spagnolo, il francese, l’italiano e il portoghese.
Pellegrinaggio dei ministranti a Roma: mercoledì l'incontro col Papa in Piazza San Pietro
◊ “Bere alla vera fonte”: il motto dei giovani ministranti europei in arrivo a Roma per partecipare al decimo pellegrinaggio, promosso dal Cim (Coetus Internationalis Ministrantum), l’associazione - presieduta dal vescovo ausiliare di Basilea mons. Martin Gächter - che riunisce i responsabili del settore nei diversi Paesi. L’incontro in due giornate culminerà con l’udienza generale del Papa. Domani, in piazza San Pietro, la presentazione di un’imponente statua di San Tarcisio, patrono dei ministranti, opera dell’artista svizzero Bernhard Lang, che verrà collocata nelle catacombe di san Callisto, dove si trova il sepolcro del giovinetto, lapidato nella seconda metà del III secolo. Il programma dell’evento è stato presentato stamane in una conferenza stampa nella sede della nostra emittente. Il servizio di Roberta Gisotti:
Oltre 50 mila, adolescenti e giovani, tra i 14 e i 25 anni, provenienti in gran parte dalla Germania, oltre che da Austria, Ungheria e Italia sono attesi per questo pellegrinaggio cui prenderanno parte anche delegazioni di Svizzera, Belgio, Slovacchia, Polonia, Croazia, Francia, Romania, in tutto 12 Paesi. Un evento che si annuncia di condivisione e di festa, per promuovere il servizio d’altare di bambini, ragazzi, una volta chiamati chierichetti, ed oggi anche di bambine e ragazze; un servizio che aiuta a valorizzare la celebrazione liturgica, un’esperienza che per alcuni segna l’inizio di una vocazione al sacerdozio. Mons. Martin Gächter, presidente del Cim:
R. - Per i giovani è molto importante incontrarsi tra le diverse nazioni, vedere Roma - per molti è la prima volta - e vedere anche il Papa! Ma, noi vogliamo soprattutto approfondire l’amore per Gesù e per l’Eucaristia. Io vedo che sempre più le parrocchie hanno coscienza dell’importanza di formare un bel gruppo di ministranti. E, questa responsabilità viene crescendo.
D. - E’ dunque una grande occasione e per alcuni è anche l’inizio di un cammino che può portare alla vocazione sacerdotale...
R. - Si, e non soltanto per divenire sacerdote ma per divenire cristiani. Non parliamo più infatti di chierichetti come fate in Italia, perché chierichetto vuol dire piccolo clero, mentre abbiamo anche delle ragazze. Questi incontri dimostrano le possibilità di questa esperienza.
Un pellegrinaggio che cade quest’anno in un periodo doloroso per la Chiesa universale a seguito dei tanti scandali sulla pedofilia emersi in molti Paesi. Questa festa – ha spiegato il vicepresidente del Cim, Peter Hahnen – sta a dimostrare la vitalità della presenza dei giovani nella Chiesa. Una festa – ha aggiunto - che non elude i problemi e le preoccupazioni e gli sforzi per migliorare la vigilanza.
Domani mattina tutti i ministranti si ritroveranno nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per partecipare alla Messa prevista alle 10.30. Nel pomeriggio, ragazzi e giovani converranno in Piazza San Pietro, dove ad un momento ricreativo di giochi e musica seguirà alle 17 una Veglia di preghiera. In questa occasione verrà presentata la nuova statua di San Tarcisio, patrono dei ministranti, dello scultore svizzero Bernhard Lang, opera imponente alta cinque metri per quattro tonnellate di peso, che verrà collocata nelle catacombe di San Callisto, dove si trova il sepolcro del giovinetto, lapidato nella seconda metà del III secolo durante le persecuzione cristiane, stringendo al petto l’Eucarestia che rifiutò di consegnare ai pagani.
La due giorni romana dei ministranti europei culminerà mercoledì mattina con l’atteso incontro con Benedetto XVI, previsto all’udienza generale.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Le munizioni a grappolo vanno bandite da tutti gli Stati: nel giorno dell'entrata in vigore della Convenzione il Papa auspica un allargamento delle adesioni.
Il Grande Fratello e l'identità perduta: in prima pagina, Luca M. Possati su privacy e business al tempo di Facebook.
In cultura, un articolo di Vicente Carcel Orti dal titolo “E il nunzio smentì il ‘Corriere della Sera’”: nell'aprile 1931 vennero diffuse false notizie sulle relazioni tra Santa Sede e Repubblica Spagnola.
Inos Biffi su Abramo e i filosofi: la fede non può fare a meno della ragione.
Una lobby per il cinema bello e buono: Gaetano Vallini inviato al Fiuggi Family Festival, conclusosi con le premiazioni di “From Time To Time” e “Vicky il vichingo”.
Quando Suso firmò “Avatar”: Emilio Ranzato ricorda la sessantennale carriera di Cecchi D'Amico.
Il saggio di Valeria Merlini e Daniela Storti nel catalogo della mostra su Caravaggio a Porto Ercole, dove l'artista morì quattrocento anni fa.
Nell'informazione vaticana, intervista di Nicola Gori al lazzarista Teglezghi Bahta, nuovo rettore del Pontificio Collegio Etiopico.
Alluvioni in Pakistan: un milione e mezzo di persone hanno perso tutto. Aiuti di Cei e Caritas
◊ Continua ad essere drammatica la situazione nel Pakistan nord-occidentale, colpito da devastanti alluvioni che finora hanno causato 1400 vittime e centinaia di migliaia di sfollati. E una nuova ondata di maltempo si sta abbattendo su queste regioni che sono già tra le più povere del Paese. La comunità internazionale si è mobilitata per i soccorsi, ma la difficoltà maggiore – denuncia l’Onu – è l’accesso alle zone alluvionate. Dal canto suo, la Conferenza episcopale italiana ha stanziato un milione di euro dei fondi derivanti dall'otto per mille per far fronte alle prime emergenze e ai bisogni della popolazione colpita. Sulla situazione in Pakistan, ascoltiamo Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, al microfono di Sergio Centofanti:
R. - Il bilancio delle vittime continua a salire: sono decine di migliaia - diciamo attorno alle 30 mila - le persone che devono essere ancora salvate e quindi che si trovano ancora in situazioni molto pericolose e quindi da portare al sicuro. Un milione e mezzo i senza tetto, rischio di epidemie, distruzione di raccolti (cotone, riso, canna da zucchero). E’ un quadro veramente molto allarmante!
D. - Quali sono le necessità più impellenti?
R. - Questa zona del Pakistan è già una zona molto a rischio, una zona molto povera, una zona già provata da precedenti calamità: questo milione e mezzo di persone che hanno perso sostanzialmente tutto sono persone da assistere urgentemente con viveri, acqua potabile soprattutto, ma anche vaccinazioni ed assistenza sanitaria, tanto più che il Pakistan è una popolazione molto giovane e quindi gran parte di queste persone sono bambini. C’è bisogno veramente di un aiuto a 360 gradi.
D. - Qual è l’appello che lancia la Caritas?
R. - In questo momento la Caritas Pakistan sta aiutando 1.300 famiglie, portando loro soprattutto generi di prima necessità e quindi cibo ed acqua potabile in primis. I programmi per i prossimi giorni sono di raddoppiare questi beneficiari e aiutarne almeno 3.000. Noi abbiamo stanziato centomila euro per questa prima fase, ma sicuramente sarà necessario molto di più. Sul nostro sito ci sono tutti i riferimenti per contribuire con offerte sia su conto corrente postale, sia su quello bancario, sia anche portando direttamente le offerte presso le nostre sedi. In particolare il conto corrente postale è il 347013, indicando nella causale “Emergenza Pakistan".
Cuba: Raul Castro annuncia riforme economiche
◊ Il presidente cubano, Raul Castro, ha affrontato ieri diversi temi durante il suo discorso pronunciato davanti al Parlamento. Sono state annunciate, in particolare, alcune riforme economiche. Sui principali temi toccati da Raul Castro si sofferma Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Raul Castro ha toccato sostanzialmente quattro grandi temi. Il primo riguarda l’annuncio di alcune riforme economiche. Il secondo argomento tratta complessivamente la situazione economica del Paese, nel contesto della crisi internazionale. Il terzo tema affronta il rapporto con gli Stati Uniti, ed in particolare, con la presidenza di Barack Obama. Ha fatto infine riferimento alla situazione dei dissidenti politici recentemente liberati.
D. – C’era, in particolare, molto interesse sul tema delle riforme economiche…
R. – In questo campo Raul Castro ha fatto alcuni annunci, non sostanzialmente clamorosi. Ha annunciato che saranno autorizzati nuovi piccoli esercizi commerciali e privati. Ha detto che ci sarà un ampliamento della libera contrattazione della manodopera. Ha aggiunto che ci sarà la possibilità legale di lavorare in proprio e in un modo diverso, con un nuovo regime tributario per i liberi professionisti. Raul Castro – forse questa é la cosa più delicata – ha annunciato poi che entro giugno del prossimo anno dovrebbe essere ridotta drasticamente la burocrazia statale.
D. – Un’altra questione affrontata è stata quella dei dissidenti politici…
R. – Il presidente cubano si è limitato a descrivere il processo che si è registrato in questi ultimi mesi. Non ha mai citato la Chiesa, non ha mai parlato del dialogo con la Chiesa. Ha voluto insistere molto sul fatto che si tratta di un atto sovrano dello Stato cubano senza nessun tipo di pressione. Non ha annunciato nuove liberazioni né ha descritto come andrà avanti questo processo, e in particolare, il dialogo con la Chiesa cattolica.
D. – E cosa ha detto, poi, sui rapporti tra Stati Uniti e Cuba?
R. – Ha precisato che, sostanzialmente, nulla di essenziale è cambiato. L’embargo continua ad essere applicato. Raul Castro ha anche aggiunto che c’é meno retorica ed ha specificato che ci sono periodicamente delle conversazioni puntuali su determinati argomenti.
D. – Dopo questo discorso, quali prospettive si possono aprire per Cuba?
R. – La prospettiva, secondo me, potrebbe essere questa: Raul Castro ha continuato a fare piccoli passi – queste riforme annunciate sono tutti piccoli passi - però inizia a configurarsi un cambiamento sotto certi aspetti qualitativamente rilevante.
◊ L’Italia ricorda oggi il 30.mo anniversario della strage di Bologna: alle 10.25 del 2 agosto 1980 una bomba esplode nella Stazione ferroviaria della città causando 85 morti e oltre 200 feriti. Dopo anni di indagini e depistaggi sono stati condannati con sentenza definitiva tre neofascisti, in quanto esecutori materiali: Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini.Tutti e tre si sono sempre dichiarati innocenti. Ma il dibattito è ancora acceso sugli eventuali mandanti. Polemiche sull’assenza di ministri alle cerimonie. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha invitato, in un messaggio, a compiere ogni sforzo per “colmare persistenti lacune e ambiguità sulle trame e le complicità sottese a quel terribile episodio”. Nella Messa celebrata stamani in suffragio delle vittime nella Chiesa di San Benedetto, il vescovo ausiliare di Bologna, mons. Ernesto Vecchi, ha affermato che la "dialettica sociale" che anima il dibattito su questa “abominevole strage” rimane “sterile, perché prigioniera dei preconcetti di parte e non riesce – e talvolta non vuole – fare fronte comune per affiancare, in serenità di spirito, quanti hanno il compito istituzionale di cercare la verità”. "L'oscuramento della verità e il libero vagare delle ipotesi - ha aggiunto - favorisce il permanere nella compagine sociale di forze oscure e brutali, pronte - come Caino - a spargere il sangue innocente". I colpevoli – ha infine ammonito il presule – potranno anche passare “indenni tra le maglie della giustizia umana, ma non potranno nascondere i loro misfatti davanti agli occhi di Dio”. Ma cosa significa celebrare ancora questa ricorrenza? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna:
R. - E’ una ricorrenza che innanzitutto vuol dire che la memoria si è mantenuta intatta, perché noi riteniamo che memoria e conoscenza siano determinanti per fare in modo che non si possano rivivere, in futuro, le tragedie che abbiamo vissuto.
D. - Ci sono ancora dei fronti aperti nella ricerca della verità?
R. - Come Bologna non abbiamo nessun processo in corso. C’è un processo a Brescia, che sta facendo un’analisi sulla strage di Brescia del 1974, dal quale processo sta emergendo tutta una serie di situazioni che chiaramente allora non si conoscevano e che possono far fare dei passi in avanti nel senso di un avvicinamento ai mandanti e agli ispiratori politici. Credo che questo sia un fatto estremamente importante. L’altra cosa è che quella pista, cosiddetta palestinese, messa a disposizione dei giudici dalla commissione Mitrokhin, si sta rivelando una pista che non porta da nessuna parte. Anche questo è un altro elemento di chiarezza che, a 30 anni dalla strage, può far pensare che, forse, siamo sulla strada giusta per arrivare alla verità.
D. – Sono stati condannati come autori materiali della strage Mambro, Fioravanti e Ciavardini. Che cosa significa, per voi, cercare la verità?
R. - Significa arrivare ai mandanti e agli ispiratori politici. Dobbiamo sempre tenere presente che in questo Paese abbiamo avuto, al di fuori delle stragi di mafia, altre 14 stragi ed i mandanti e gli ispiratori politici non sono stati trovati in nessuna di queste.
D. - Sulla possibilità di prorogare il segreto di Stato lei ha parlato di “vergogna bipartisan”…
R. - Sì. Se è una cosa che hanno studiato all’unanimità, è una vergogna all’unanimità. Credo invece che se veramente la classe politica volesse dare un contributo alla chiarezza, bisognerebbe assolutamente che, trascorsi 30 anni dall’evento, tutta la documentazione in possesso dei Servizi segreti, dei Carabinieri, della Polizia, del Ministero dell’Interno e degli Esteri venisse messa a disposizione dei giudici che stanno indagando. Questo sarebbe veramente un atto di trasparenza fino in fondo.
D. - Molti sono i testi che portano il titolo “Per non dimenticare la strage di Bologna”…
R. - Oltre che ricordare i morti e coloro che hanno subìto queste grandissime ferite, ricordare il contesto di quegli anni, ricordare quei momenti e cercare di sapere il più possibile, perché memoria e conoscenza sono un binomio assoluto per poter veramente avere un futuro migliore di quello che abbiamo vissuto noi.
Chiusa la plenaria del Secam: rilanciare il protagonismo della Chiesa in Africa
◊ Si è conclusa ieri ad Accra, in Ghana, la 15.ma Assemblea plenaria del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar. Si è trattato di un’importante occasione, attraverso dibattiti e incontri, per riflettere sui 40 anni di attività del Secam e in particolare sulle prospettive e l'autonomia della Chiesa in Africa. Il servizio del nostro inviato, padre Joseph Ballong:
Alla fine dei lavori della 15.ma Assemblea Plenaria del Secam, i vescovi hanno indirizzato un messaggio di gratitudine e di fedeltà al Santo Padre, Benedetto XVI. Hanno poi adottato un certo numero di risoluzioni e di raccomandazioni, che invitano ad un impegno rinnovato e concreto, affinché il Secam possa raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. I vescovi hanno anche rinnovato i dirigenti del Secam, rieleggendo - per un nuovo mandato di tre anni - il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Saalam, in Tanzania, alla presidenza; il cardinale Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, in Senegal, come primo vice presidente, e l’arcivescovo di Lubango, in Angola, mons. Gabriel Mbilingi, come secondo vice presidente. I vescovi della 15.ma Plenaria del Secam si sono quindi salutati, dandosi appuntamento fra tre anni a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo.
Per un bilancio dell'assemblea del Secam, ascoltiamo il commento di mons. Jean-Claude Bouchard, vescovo di Pala, in Ciad, e presidente della Conferenza episcopale del Paese africano. La sua riflessione è stata raccolta dal nostro inviato, padre Joseph Ballong:
R. – E’ stato un evento molto importante perché abbiamo avuto l'occasione di parlare con una sola voce. Penso sia stata una riunione molto ricca: abbiamo condiviso le nostre esperienze, abbiamo riflettuto a partire dagli interventi degli specialisti.
D. – Eccellenza, sono stati tanti i temi trattati durante l’Assemblea. Ne vuole sottolineare qualcuno in particolare?
R. – Il primo tema era i 40 anni del Secam e l’autosufficenza, le prospettive, e l’avvenire della Chiesa dell’Africa. Non si tratta solo di un problema economico ma anche di una necessità più globale. La Chiesa in Africa deve compiere la sua missione prima con i suoi propri mezzi, non aspettando e contando solo su l’aiuto degli altri. E’ un fatto che la Chiesa in Africa, come i Paesi africani, dipende troppo dalla comunità internazionale per l’idee, la ricerca, i mezzi materiali. L’Africa soffre di una mancanza di fiducia in se stessa. Però l’Africa è ricca, ha delle competenze ormai, ha gli Istituti di formazione: bisogna che trovi la fiducia in se stessa per prendere le proprie decisioni, le proprie responsabilità.
D. – Che cosa serve alla Chiesa d’Africa?
R. – Ci vuole una presa di coscienza che la Chiesa d’Africa appartiene agli africani. Già Paolo VI lo disse nel 1969: “Voi africani siate i vostri propri missionari”. Dunque quella Chiesa deve svilupparsi per se stessa, senza aspettare dagli altri. Sì, ci si può aspettare un aiuto, ma lo sviluppo viene dall’interno e questa presa di coscienza – abbiamo detto – si deve fare a tutti i livelli: nelle comunità di base, nelle diocesi, nelle associazioni regionali di Chiese e anche nel Secam che soffre di mancanza di mezzi. Dunque è importante prendere veramente sul serio questa presa in carico delle proprie Chiese. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Ad Assisi migliaia di pellegrini per la Festa del Perdono voluta da San Francesco
◊ Si celebra oggi la Festa del Perdono e come ogni anno, il 2 agosto, Assisi si riempie di fedeli e pellegrini. Milioni di uomini e donne – come ricordano i Frati minori dell’Umbria - hanno varcato nel corso dei secoli la porta della Porziuncola per ricevere l’indulgenza plenaria “nel desiderio di ritrovare la pace e vivere una profonda esperienza di fede”. Ripercorriamo la storia del Perdono di Assisi nel servizio di Amedeo Lomonaco:
Ai piedi della collina di Assisi all’inizio del 1200 una piccola chiesa diventa il punto di riferimento di San Francesco e dei suoi primi compagni. E’ la Porziuncola, dove il Santo Patrono d’Italia vive in povertà, fonda l’Ordine francescano e invia i frati in tutta la terra come missionari di pace. L’incontro tra Francesco e Papa Onorio III è l’origine del cammino di milioni di pellegrini. Francesco chiede al Papa un’indulgenza senza oboli per chi si reca alla Porziuncola. Al Pontefice che chiede quanto tempo debba durare questa indulgenza, risponde che gli siano concessi “non anni, ma anime”. Francesco aggiunge che non è lui a chiedere ma Colui che lo ha mandato, il Signore Gesù Cristo. Allora Papa Onorio III, senza indugio, dice per tre volte: “Ordino che tu l’abbia”. E’ il 1216 e il Pontefice concede l’indulgenza per tutti coloro che il 2 agosto avrebbero visitato la Porziuncola. Francesco, felice, si avvia verso la porta ma il Papa lo richiama perché non ha documenti che attestino la concessione dell’indulgenza. Francesco dice che basta la Parola del Papa. Se questa indulgenza è opera di Dio – aggiunge – il Signore penserà a manifestare la sua opera. Non c’è bisogno di alcun documento e “questa carta – afferma Francesco - deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”. Qualche giorno dopo, rivolgendosi ai fedeli convenuti alla Porziuncola, dice tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".
Anche quest’anno, la Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, all’interno della quale è custodita la Porziuncola, propone ai pellegrini un ricco e articolato calendario di eventi. Oggi, alle 15.30, è previsto l’arrivo della XXX Marcia Francescana, un’esperienza che coinvolgerà migliaia di giovani provenienti dall'Italia e dall'estero. Alle 18.00 mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, presiederà la Santa Messa. Tutte le celebrazioni, iniziate lo scorso 29 luglio, rinnovano l’insegnamento di Francesco fondato sull’autentico senso del perdono. Ma cosa significa perdonare e come rendere il perdono una delle pietre miliari della nostra vita? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi:
R. – Il perdono è iniziativa gratuita con cui Dio viene incontro al nostro peccato per salvarci. San Francesco questo lo aveva ben chiaro: voleva venire incontro al bisogno dell’uomo di incontrare la misericordia di Dio e di salvarsi pienamente. Questo perché dopo il perdono, c’è bisogno, poi, di una vita rinnovata. L’indulgenza che Francesco chiese è quella grazia ulteriore con cui il Signore, dopo averci dato il suo perdono, ci dà le condizioni per una vita veramente rinnovata.
D. – Ricordiamo proprio l’incontro di San Francesco con Papa Onorio III: Francesco chiede al Papa un’indulgenza senza oboli per chi visita la Porziuncola e che gli siano concessi “non anni ma anime”…
R. – E’ molto bello come Francesco senta molto questo e lo dica con l’espressione fiorita: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso”. Francesco aveva fatto la scelta degli umili e ne sentiva, in particolare, la condizione. A quel tempo la penitenza, che veniva assegnata per il perdono dei peccati, era spesso anche una penitenza esigente e costosa, fisicamente e pecuniariamente. Francesco sente il bisogno di mettersi ancora una volta dalla parte degli umili e dei poveri e chiede appunto al Papa quest’indulgenza speciale. Allora questa fu una grande novità.
D. – Come leggere questa pagina legata a San Francesco patrono d’Italia anche nella complessità della società italiana?
R. – Direi che la società di oggi ha più che mai bisogno dell’esperienza della misericordia. Innanzitutto della misericordia divina, ma, partendo dal Padre, anche della misericordia vicendevole. Questo non significa soltanto un vago sentimento di solidarietà ma, più concretamente, significa accoglienza e condivisione dell’altro, specialmente quando l’altro è più provato e più emarginato. Credo che tutto questo sia di grandissima attualità. Quello che si vede in questi giorni a Santa Maria degli Angeli, alla Porziuncola - questa marea di gente - credo sia un grande segno.
D. – E proprio la Porziuncola, il cuore della Basilica di Santa Maria degli Angeli, oggi è una fonte d’ispirazione e di luce anche in una società distratta dal secolarismo, dall’individualismo. Quale tesoro possiamo trovare ripercorrendo le orme di Francesco?
R. – Abbiamo bisogno di ritrovare l’intimo dell’esperienza religiosa. Questo simbolismo insito nella Porziuncola è un grande invito al ritorno a se stessi. Dobbiamo saper ritornare a noi stessi, perché Dio ci aspetta al centro della nostra esistenza, personale e comunitaria.
D. – Tornare in noi stessi, attingendo poi alla vita di San Francesco che non si esaurisce con la sua morte, ma è come un arco di santità che riempie il presente e si proietta poi anche nel futuro...
R. – Francesco continua a parlare con la sua santità radicale, tutta evangelica, centrata su Gesù Cristo, sul conformarsi a Gesù Cristo. Farsi nudo davanti a Dio per essere accolti da Lui e per conformarsi a Gesù Cristo, nudo sulla Croce, che si rende Pane per l’umanità. Francesco è per questo che continua a parlare. Vedo la gente che viene e trova in lui un segno di speranza sempre vivo. In fondo, Francesco, dicendo: “Voglio mandarvi in Paradiso”, diceva anche: “Vorrei farvi sperimentare il mio Paradiso, il mio Cantico, il mio ‘Laudate si’ mi Signore’, perché quando si ama Dio si è nella gioia, nonostante le sofferenze e le prove”.
D. – Proprio per partecipare a questa gioia, quali i luoghi e le condizioni per ricevere l’indulgenza plenaria?
R. – Naturalmente occorrono condizioni spirituali di fondo, cioè aver chiesto perdono a Dio ed averlo ricevuto. Occorre poi visitare la Porziuncola o anche altre Chiese francescane o parrocchiali con quest’intento. Poi una cosa soprattutto, a cui si pensa meno ma che è decisiva: la ferma decisione di staccarsi dal peccato. E’ estremamente importante che, accanto al perdono ricevuto nella Confessione e alle pratiche che ci fanno partecipare alla Comunione, ci sia questa ferma volontà di staccarsi dal peccato e di cominciare una vita nuova.
◊ Ogni turno del prossimo Campionato di calcio italiano sarà distribuito in più giorni: sono previste partite alle 12.30 della domenica, anticipi al venerdì sera e anche posticipi del lunedì. Ad influenzare questa decisione sono soprattutto le scelte, dettate da motivi economici, di chi detiene i diritti televisivi. Si tratta di novità discutibili, sottolinea al microfono di Luca Collodi il vescovo di Fidenza, mons. Carlo Mazza, già direttore dell'Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport:
R. - Credo che quest’anticipo alle 12.30 sia veramente deleterio, in tutti i modi, sia per quanto riguarda i calciatori, che scendono in campo alle 12.30 - per i quali ci si potrebbe chiedere in che modo siano preparati e disposti, anche se questo è un problema di tipo atletico che può essere accantonato -, sia per la famiglia, che è il problema più grande. Mettersi davanti agli schermi alle 12.30, quando si va a pranzo o ci si prepara per andare a pranzo, a me pare un’invasione di campo. Questa sì che è un’invasione di campo e credo che bisognava pensarci bene ed anche un po’ prima rispetto alla decisione finale. Io rispetto molto tutti coloro che hanno dovuto decidere su questi aspetti, però non possiamo non dire una parola su questa situazione, che in qualche modo lede quello che è un minimo di stile familiare, cioè lo stare insieme, come può essere il pranzo, il sedersi a tavola, il ritrovarsi con i familiari ma anche con gli amici ed i parenti. La famiglia è uno snodo importantissimo, non possiamo “svenderlo” ad altri eventi, a meno che non siano eventi eccezionali. Sotto il profilo familiare come anche quello etico, cioè il modo in cui l’Italia vive il calcio, credo bisogna mettere dei paletti, perché se vogliamo riformare il calcio dobbiamo dare anche dei segnali su questi aspetti che sembrano marginali e secondari, ma che, di fatto, hanno sul tutto una loro incidenza, non ultima quella delle Messe. Questo è un problema dei cattolici - come si usa dire - e quindi se lo risolvono loro. Bisogna, però, stare molto attenti a togliere questi fondamenti e questi valori che, in qualche modo, strutturano una tradizione di grande pregio. Così, in qualche modo, la inficiamo con iniziative che potrebbero in qualche modo metterla a rischio.
D. - Questo va appunto a confliggere con quello che più volte la Chiesa ha sottolineato, cioè di santificare la Domenica. Lo abbiamo ricordato, la Domenica é il giorno del Signore, ma è anche il giorno della famiglia…
R. - Negli anni Novanta abbiamo fatto battaglie incredibili. Tutte perse, per la verità. Lo spostamento delle partite al sabato ed anche la domenica, questo "spalmare" il calcio sul tempo dell’uomo e sul tempo della Domenica credo sia una forzatura. Direi, allora, che occorre, anche qui, riprendere in mano il senso profondo dei valori veri dell’uomo, della famiglia, del calcio e di tutto quello che è la nostra civiltà italiana. Bisognerà ripensare a fondo, perché se tocchiamo la Domenica, che è il giorno più bello, più elevato, più ricco di significati ed anche più disponibile all’umano, dove vogliamo arrivare, poi, con la nostra società e con il nostro modo di vivere insieme?
D. - Di fatto, secondo lei, gli sportivi possono modificare questa situazione? Ad esempio, i primi dati sugli abbonamenti ci dicono che c’è un calo drastico…
R. - A me dispiace molto se gli abbonamenti calano. D’altra parte, però, può essere un segnale che viene dato dagli sportivi più avveduti, più coscienziosi e pensosi alle società, ai presidenti delle società. Allora, anche qui, bisognerà ritrovare quelle linee armoniche che tengono insieme i valori degli sportivi, i valori delle squadre, i valori dello sport in generale e trovare una linea che sia di sostegno a questi valori. Se il calo degli abbonamenti dovesse mantenersi, occorrerà rifletterci veramente tanto, perché sarebbe la prima volta che gli sportivi, con un gesto preciso, danno un segnale altrettanto preciso al calcio italiano. (Montaggio a cura di Maria Brigini)
El Salvador. Mons. Escobar Alas: l'indipendenza dei candidati nelle elezioni aiuta la democrazia
◊ Ieri, nella sua tradizionale conferenza stampa dopo la Santa Messa della domenica, mons. Luis Escobar Alas, arcivescovo di San Salvador, ha auspicato che nelle consultazioni elettorali si iscrivano la maggior quantità di candidati indipendenti poiché ciò aiuta a migliorare la classe dirigente e poi “fa parte del vero esercizio democratico”. L’arcivescovo, con queste osservazioni, ha voluto fare riferimento alla recente sentenza della Corte suprema che sancisce questo diritto in contrasto con una riforma alla legge elettorale che invece lo vieta. “Con la migliore volontà e con molto rispetto chiedo ai deputati di rispettare la decisione della Corte”, ha precisato mons. Escobar Alas e poi ha chiesto che siano evitati “i conflitti tra i poteri dello Stato”. “Che si discuta è salutare per il Paese - ha proseguito il presule - ma il dibattito deve svolgersi con buona volontà e rettitudine, soprattutto nelle intenzioni. Fa parte della democrazia consentire la presentazione di candidati indipendenti”, ha ribadito mons. Alas che, come aveva già fatto il presidente della Repubblica, Mauricio Funes, ha nuovamente invocato “prudenza ed equilibrio in una materia così delicata”. Le tensioni politiche in El Salvador si sono acuite dopo la sentenza della Corte suprema che è arrivata poche ore dopo che l’Assemblea nazionale, con 68 voti favorevoli su 84, aveva modificato un articolo della legge elettorale e un comma della Costituzione per impedire che alle elezioni si presentino candidati senza partito politico, cancellando, sostanzialmente, la categoria degli indipendenti. La Corte suprema ritiene che si tratti di misure incostituzionali poiché “l’esigenza di affiliazione ad un partito politico dei candidati limita il diritto ad essere eletto, di cui gode ogni cittadino della Repubblica”. Da ricordare che questa riforma era stata introdotta nella legislazione precedente ma, in virtù del sistema politico salvadoregno, per poter entrare in vigore deve essere ratificata dalla legislatura successiva come è accaduto in questo caso con i 68 voti. La Corte suprema, che aveva ricevuto un ricorso contro queste riforme nel dicembre 2009, si è pronunciata poche ore dopo la ratifica da parte dell’Assemblea nazionale e questo suo verdetto, ritenuto troppo tardivo, ha appesantito il dibattito con accuse reciproche che secondo mons. Escobar Alas sono “inopportune e insidiose per la stabilità del Paese”. (A cura di Luis Badilla)
I vescovi del Brasile: nelle carceri la tortura è ancora diffusa e impunita
◊ A 25 anni di distanza dalla fine della dittatura militare, la tortura continua a essere una pratica corrente e a restare impunita in Brasile. È quanto emerge da un rapporto della Commissione per la Pastorale carceraria della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb). Nel documento, reso noto oggi, si parla di 211 casi accertati di tortura tra il 1997 e il 2009. “Una cifra - ha puntualizzato il coordinatore della Commissione, padre Valdir João Silveira - che andrebbe moltiplicata per cinque, anche se non ci sono dati precisi”. “È impossibile conoscere il numero esatto dei casi, perché si verificano alla presenza del solo carnefice e del torturato. Questo è il motivo per il quale è fondamentale la presenza di un organismo esterno”, ha spiegato il sacerdote all’agenzia Cns. I 211 casi denunciati alle autorità sono venuti alla luce grazie alle visite degli operatori della pastorale carceraria e alle denunce dei familiari, delle vittime e, in alcuni casi, dello stesso personale delle carceri. Anche quando scoperti, tuttavia, raramente i responsabili vengono puniti: la maggior parte degli accusati è stata, infatti, assolta. Da tempo i vescovi chiedono l’attuazione in Brasile del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che attende ancora la ratifica dei singoli Stati brasiliani. Ma ad ostacolare la fine della pratica della tortura nel Paese, secondo padre Silveira, c’è anche la società brasiliana: “Agli occhi dell’opinione pubblica ogni detenuto è un criminale e come tale merita di essere maltrattato”. Un giudizio rafforzato dai media. La realtà è che molti i prigionieri brasiliani sono detenuti senza capo d’imputazione o in attesa di un regolare processo: “Il nostro sistema giudiziario è lento, tanto che nel solo mese di giugno sono stati rilasciati ben 21mila prigionieri, perché detenuti illegalmente. È veloce per i ricchi, ma non per i poveri e la maggior parte dei carcerati sono poveri”, ha detto padre Silveira, osservando che se il sistema funzionasse, la popolazione carceraria in Brasile si ridurrebbe del 30 per cento. La Commissione brasiliana per la Pastorale carceraria ha registrato il maggior numero di casi di tortura nelle prigioni dello Stato di São Paulo (71), seguito dal Maranhão (30), Goiás (25) e Rio Grande do Norte. Solo il 18 per cento dei responsabili sono stati condannati, soprattutto a causa corporativismo omertoso del personale carcerario. (L.Z.)
I leader cristiani del Kenya contro la nuova Costituzione: non tutela la vita umana
◊ Cristiani e musulmani, elettori a favore ed elettori contro, governo, cittadini e comunità internazionale: sono tutti i destinatari della dichiarazione congiunta dei leader cristiani del Kenya a proposito della bozza della Costituzione. Il documento, diffuso il 30 luglio, è sostanzialmente un appello affinché la nuova Carta costituzionale, che verrà sottoposta a referendum il 4 agosto, venga respinta. “È vero – scrivono gli esponenti cristiani – che la bozza contiene molti aspetti positivi, ma il bene è mescolato al male che tocca la vita morale e i diritti della nazione, in modo irreversibile e fondamentale”. La proposta avanzata per la nuova Carta, infatti, “non tutela la sacralità della vita umana, l’educazione spirituale e morale dei minori e l’uguaglianza religiosa”. I firmatari della dichiarazione congiunta, quindi, si pongono alcune domande: “Se la bozza della Costituzione è davvero buona come dicono i suoi sostenitori, perché sono stati spesi tanti soldi per pubblicizzarla in nome dell’educazione civica? Perché ci sono pressioni dall’estero affinché venga approvata? Perché ha spaccato in due il Paese? Perché cittadini innocenti hanno perso la vita in atti di violenza e terrorismo in nome di questa bozza?”. Poi, i leader cristiani ricordano i tentativi di riconciliazione con il governo, la volontà di sedersi a un tavolo di discussione per cercare “un consenso accettabile per tutti”. Ma tutti questi sforzi, continua la dichiarazione congiunta, “sfortunatamente non hanno dato frutti”. Di qui, gli inviti rivolti dai leader cristiani ai diversi destinatari: ai contrari alla bozza della Costituzione, affinché “non si lascino influenzare dai soldi o dalle stravaganti dimostrazioni di potere dei sostenitori del documento provvisorio”. “Vi chiediamo – si legge nella dichiarazione congiunta – di avere fede e di credere nel fatto che a prevalere sarà la forza della preghiera in Gesù Cristo”. Ai favorevoli alla nuova Carta costituzionale, invece, i leader cristiani rivolgono una preghiera “affinché possano vedere la luce e, come il figliol prodigo, tornino a casa”. La dichiarazione congiunta si rivolge poi agli indecisi, chiedendo loro di “riflettere su dove il Kenya è nato, su dove è attualmente e su dove sta andando, così da cercare la saggezza divina e respingere la bozza costituzionale”. E ancora: “Alle sorelle e ai fratelli musulmani”, gli esponenti delle Chiese cristiane ricordano il desiderio comune di “giustizia, uguaglianza e armonia”. “Condividiamo gli stessi problemi – sottolineano i cristiani – gli stessi sogni e le stesse aspirazioni. La disuguaglianza verso una persona è la disuguaglianza verso tutti. Vi preghiamo di unirvi a noi nel respingere questa Costituzione provvisoria”. La dichiarazione congiunta, inoltre, si rivolge alla comunità internazionale: “Apprezziamo il vostro sostegno e la vostra preoccupazione per il nostro Paese – si legge – ma vi chiediamo di non interferire in questo momento importante che richiede una profonda riflessione da parte del Kenya”. Infine, i leader cristiani si rivolgono ai governanti perché “si assumano la responsabilità di guidare il Paese con l’aiuto di Dio”. “Mantenete la nazione unita – scrivono i cristiani - siate la voce della ragione e, soprattutto, proteggete i cittadini”. “La bozza della Costituzione – sottolineano ancora i leader cristiani – nella sua forma attuale non è buona per il Paese”. Ribadendo l’appello all’unità nazionale, la dichiarazione congiunta chiede a tutti i kenioti di esercitare il proprio diritto di voto il prossimo 4 agosto, dicendo no a una bozza costituzionale “scorretta e lontana dalla sovranità popolare”. Un documento, concludono i leader cristiani, che non va accettato “solo per paura”. La dichiarazione congiunta termina con una lunga lista di firmatari, tra cui la Conferenza episcopale del Kenya, la Chiesa anglicana, la presbiteriana e la metodista, la luterana e l’Alleanza evangelica del Paese. (I.P.)
La Chiesa cattolica del Congo plaude alla legge Usa sui “conflict minerals”
◊ Il presidente della Conferenza episcopale congolese e vescovo di Tshumbe, mons. Nicolas Djomo Lola, ha tenuto oggi una conferenza stampa presso il centro interdiocesano della capitale Kinshasa, in merito alla nuova legge approvata negli Stati Uniti sui cosiddetti “minerali dei conflitti”, cioè quei minerali che provengono dai gruppi della guerriglia che da 15 anni affligge il Congo e che vengono venduti sul mercato internazionale. A fine luglio, riporta l’agenzia Fides, il Congresso degli Usa ha approvato una legge che regola le transazioni finanziarie, nella quale è inserita una norma che impone alle aziende americane di rendere note le procedure da adottare per assicurare che i propri prodotti come cellulari, computer e apparecchiature mediche, non contengano i “conflict minerals”. Si tratta di un provvedimento analogo al “Kimberly process” che certifica, invece, la provenienza dei diamanti e impedisce il commercio delle gemme provenienti dalle miniere controllate dai guerriglieri della Sierra Leone e del Congo stesso. La legge non prevede alcuna sanzione per le imprese, ma consentirà ai consumatori di scegliere liberamente quali prodotti acquistare, anche se alcuni esperti hanno già sollevato dubbi in merito alla tracciabilità di alcuni materiali. La Chiesa cattolica congolese, dal canto suo, s’inserisce nel dibattito plaudendo all’iniziativa di dar vita a una legislazione che impedisca al mercato internazionale di alimentare le guerre africane. I principali “conflict minerals” della Repubblica democratica del Congo sono stagno, tungsteno, e tantalio che si ricava dal coltan, di cui il Congo è il quinto produttore mondiale, e vengono impiegati soprattutto nell’elettronica. La nuova legge impone ai produttori di comunicare all’ente di controllo della borsa statunitense, la Securities and Exchange Commission, di specificare la provenienza di questi materiali. (R.B.)
La Caritas spagnola stanzia oltre 400mila euro per le emergenze
◊ L’ammontare di 130mila euro è stato stanziato dalla Caritas spagnola per il finanziamento di un progetto di ristrutturazione agricola e miglioramento della nutrizione infantile in Perù, dove è emergenza dopo i recenti allagamenti. Il Sir informa che la cifra fa parte degli oltre 400mila euro destinati dalla Caritas di Spagna a progetti per far fronte all’emergenza in alcuni Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sudamerica. In particolare, degli aiuti beneficeranno 537mila persone tra Perù, Kirghizistan, Cambogia, Angola e Mozambico. In quest’ultimo Paese sarà avviata la costruzione di un centro servizi polifunzionale che fornirà un’assistenza sanitaria completa e intrapreso il restauro dell’università cattolica di Pemba. Altri aiuti saranno destinati a progetti sulla sicurezza alimentare e l’educazione in Angola; per l’aiuto ai profughi in Kirghizistan e per un programma di salute rivolto ai detenuti cambogiani. (R.B.)
Il Patriarcato di Mosca avvia un progetto per la formazione morale dei giovani
◊ Il Patriarcato di Mosca ha avviato nel maggio scorso un progetto di formazione dei giovani adulti che si pone l’obiettivo di allontanarli da realtà come droga, alcolismo e promiscuità sessuale per riavvicinarli, invece, alla religione. Riferisce AsiaNews che nella Chiesa ortodossa russa, in realtà, già dal 1991 esiste il movimento della Gioventù ortodossa che coinvolge bambini e adolescenti, ma questo nuovo progetto ideato dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, intende promuovere, insieme con i valori religiosi, anche valori civili. Nel dicembre dello scorso anno, il Patriarca, durante una riunione del clero, aveva manifestato la necessità di formare futuri leader di gruppi giovanili e aveva parlato dell’importanza di indirizzare i giovani in una società piena di “relativismo morale, permeata dall’edonismo e dal culto del successo personale”. I corsi, dunque, ai quali si sono iscritti finora un centinaio di giovani, mirano a mettere in guardia dai falsi valori propinati dai mass media e preparano alla missione “on the road”, che avrà luogo oltre le mura delle parrocchie. I corsi sono finanziati dalla Chiesa ortodossa con il denaro che arriva da sponsor e parrocchie: il costo di ogni gruppo (da un minimo di 30 a un massimo di 70 persone) si aggira sul corrispettivo di circa 7600 euro. Solo a Mosca le chiese sono 300; oltre 14mila in tutta la Federazione russa, ma non è garantito che ogni parrocchia si faccia carico della formazione di un gruppo. (R.B.)
Il governo nepalese abolisce il divieto di espatrio verso l’Iraq
◊ Era in vigore dal 2004, ma ora, in seguito all’ordine del Comando centrale Usa a Baghdad, in Iraq, che nei giorni scorsi ha imposto il rimpatrio dei lavoratori migranti impiegati illegalmente nelle basi americane, il governo del Nepal ha tolto il divieto di espatrio verso l’Iraq. Come riferisce AsiaNews, infatti, tra i migranti che lavoravano nella base americana in Iraq, c’erano circa 30mila nepalesi: la decisione dell’esecutivo di Kathmandu, quindi, arriva in un momento particolarmente delicato per il Nepal, in cui la disoccupazione interna è molto elevata, e si pone come sostegno all’economia del Paese che per oltre il 40 per cento dipende dalle rimesse dei lavoratori migranti all’estero. Il divieto che venne imposto nel 2004, invece, derivò dall’esigenza di prendere contromisure dopo l’uccisione di 12 immigrati nepalesi uccisi in Iraq da estremisti islamici, vicenda che scatenò una serie di rappresaglie contro la popolazione musulmana residente in Nepal. In questi anni, però, secondo la polizia nepalese, molti hanno aggirato il divieto e ciascun migrante paga fino a tremila euro ai trafficanti per riuscire a espatriare: un fenomeno che non si limita alla popolazione nepalese, ma coinvolge anche indiani e filippini, i lavoratori più richiesti dalle agenzie straniere con sede in Iraq. (R.B.)
Si riunisce a Roma il Forum sulla sicurezza nel Mediterraneo
◊ Si propone di rispondere a tutti gli interrogativi inerenti alla sicurezza del settore, il Forum “Piattaforme petrolio-gas” che si svolgerà a Roma giovedì 5 agosto e a cui prenderanno parte l’associazione Fare ambiente, l’Eurispes e il Consiglio nazionale degli ingegneri. Tra le questioni affrontate, riferisce il Sir, “le garanzie di un’operatività in condizioni di sicurezza nel Mediterraneo” per evitare il ripetersi di disastri ambientali come quello del Golfo del Messico e “offrire elementi conoscitivi sulle iniziative in atto da parte delle compagnie e degli Stati”. Nel Mar Mediterraneo, attualmente, si trovano 131 piattaforme tra italiane e straniere: il 90 per cento si occupa dell’estrazione di gas; il restante 10 di quella di petrolio. "Fare ambiente" ha presentato un progetto di monitoraggio delle operazioni che contempla, allo stesso tempo, la valorizzazione dell’ambiente marino, il recupero e il riutilizzo degli impianti al termine delle operazioni di sfruttamento. Le piattaforme, inoltre, quasi tutte nell’Adriatico e nel Canale di Sicilia, si trovano a una distanza media di 21 km dalla costa, molto più vicino che in altre parti del mondo. Ciò crea comunque l’interrogativo su chi dei 22 Stati che si affacciano nel Mediterraneo debba intervenire, in caso di necessità, dal momento che ciascuno di essi, in base alle convenzioni vigenti, ha autorità solo all’interno delle proprie acque territoriali: fino a 12 miglia nautiche dalla costa. (R.B.)
Razzi contro Aqaba ed Eilat. Esplosione a Gaza distrugge casa di un leader di Hamas
◊ Una persona è rimasta uccisa e sei sono state ferite dai razzi che hanno colpito stamane la città giordana di Aqaba, sul Mar Rosso. Razzi anche sulla adiacente città israeliana di Eilat. L'attacco non è stato finora rivendicato da nessun gruppo terroristico. In Israele si sospetta che dietro l'operazione vi sia un gruppo radicale islamico. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Sono cinque i razzi lanciati all’alba sul porto di Eilat, la località turistica israeliana sul Mar Rosso. Un obbiettivo nuovo che inquieta, e non poco, le autorità israeliane che in un primo momento avevano parlato di una rampa di lancio sul Sinai in territorio egiziano, ipotesi questa esclusa dai servizi segreti del Cairo. I razzi sono tutti finiti in mare e uno al confine con la Giordania e un altro, invece, ha colpito la città di Aqaba, finito su una strada adiacente ad un hotel pieno di turisti stranieri, che per fortuna non ha causato morti, ma solo sei feriti, tra i quali uno versa in gravi condizioni. Gli attacchi di questa mattina seguono di poche ore una misteriosa esplosione che a Gaza ha distrutto l’abitazione di un dirigente di Hamas, provocando almeno 33 feriti. Testimoni sul posto riferiscono che un aereo israeliano avrebbe sorvolato l’area poco prima dell’esplosione, mentre i servizi di sicurezza dello Stato ebraico escludono il coinvolgimento dell’esercito. Su una cosa non ci sono dubbi, gli ultimi fatti tornano a far salire la tensione nell’area, dopo che ieri il presidente egiziano Mubarak e il suo omologo israeliano Perez si erano incontrati per discutere la ripresa dei colloqui diretti, dopo che quelli indiretti, promossi dagli Stati Uniti, non avevano portato risultati concreti.
Resta alta dunque la tensione dopo l’incontro ieri tra il presidente egiziano Hosni Mukarak e il suo omologo israeliano Shimon Peres, che hanno discusso dei modi per riavviare il dialogo diretto fra israeliani e palestinesi. Al giornalista Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto se vi sia un filo rosso che leghi questi ultimi episodi di violenza nell’area:
La situazione è certamente molto confusa, ma un filo rosso potrebbe esserci, un’ipotesi – secondo me – potrebbe essere quella della mano di Al-Qaida dietro ad azioni di questo tipo, soprattutto per questa contemporaneità degli attacchi, sia quello a Eilat e ad Aqaba e poi anche per questa contemporaneità con l’attentato a Gaza. Teniamo presente che Al-Qaida, sta penetrando in maniera molto forte nella striscia di Gaza, mettendo in discussione la supremazia di Hamas.
D. – La difficile situazione nella striscia di Gaza, potrebbe alimentare un’ipotesi di questo tipo, nonostante il fatto che si sia un pò alleggerito l’embargo?
R. – La situazione nella striscia di Gaza resta molto, molto difficile. L’alleggerimento dell’embargo è stata un’operazione sostanzialmente politica. Il modo di Israele per uscire da una situazione difficile, creatasi dopo l’incidente della Freedom flottiglia, ma non è certo un alleggerimento sostanziale. Il problema è l’isolamento di Gaza. Finchè Gaza rimane tagliata fuori dal mondo, la situazione rimane pericolosa, aldilà appunto della situazione umanitaria, dei viveri che arrivano o non arrivano e tutti questi discorsi, questo ragionare su processi di pace che fanno finta che non esista questo angolo del mondo. È molto pericoloso.
D. – Ci si chiede a che scopo e con quali obbiettivi proseguono questi incontri bilaterali, negoziati indiretti...
R. – Il problema è che in questo momento sono tutti segnali, appunto, di pura e buona volontà. Mancano le condizioni politiche per passi che siano realmente nella direzione di un negoziato di pace. L’altra cosa che mi viene da dire è: “Stiamo molto attenti alla situazione in Egitto!” C’è il presidente Mubarak, su cui c’è questo giallo sulle sue condizioni di salute, che sembrano ormai molto, molto precarie; c’è questo appuntamento l’anno prossimo, comunque, con le elezioni presidenziali. In Egitto sta succedendo qualcosa, il fatto che questi razzi con tutta probabilità siano partiti dal Sinai, può essere un brutto segnale anche rispetto ai giochi all’interno dell’Egitto.
Attentato kamikaze in Afghanistan uccide cinque bambini
Cinque bambini hanno perso la vita per un’esplosione nella provincia afghana di Kandahar: l’obiettivo avrebbe dovuto essere un amministratore locale. Inoltre una carica esplosiva è stata attivata a Jalalabad, capoluogo della provincia orientale afghana di Nangarhar, ferendo almeno otto persone fra cui il consigliere presidenziale Waheedullah Sabawoon.
Nuovi disordini nello Stato indiano del Jammu e Kashmir
Gravi disordini nello Stato indiano del Jammu e Kashmir hanno causato ieri nove morti, portando a 32 le vittime dall'11 giugno scorso, quando è cominciata un'ondata di proteste a sfondo indipendentista. Il capo del governo del Kashmir, Omar Abdullah, ha rivolto un appello alla calma, chiedendo nuovamente aiuto al governo centrale per controllare l'ordine pubblico.
Islamabad conferma la visita di Zardari a Londra
L'ambasciatore britannico in Pakistan è stato convocato oggi al ministero degli Esteri ad Islamabad per fornire spiegazioni sulle recenti dichiarazioni del premier David Cameron, durante il suo viaggio in India, sullo scarso impegno pachistano nella lotta al terrorismo. L'iniziativa precede di poco un viaggio del presidente pachistano Asif Ali Zardari a Londra che, nonostante l'incidente diplomatico, è stato confermato per questa settimana.
Sciopero della fame di 17 detenuti politici iraniani
Diciassette detenuti politici iraniani, tra i quali diversi giornalisti e studenti arrestati dopo le manifestazioni anti-governative dell'anno scorso, sono in sciopero della fame nel carcere di Evin, a Teheran. Lo riferiscono i siti dell'opposizione, aggiungendo che cinque di loro sono stati ricoverati in ospedale. Le famiglie dei 17 prigionieri hanno tenuto due giorni fa un raduno di protesta davanti alla Procura di Teheran, mostrando fotografie dei loro congiunti in carcere. Secondo il sito Kaleme, i detenuti hanno cominciato la protesta dopo essere stati trasferiti in celle d'isolamento. Un altro sito, Rahesabz, aggiunge che la punizione è stata imposta loro dopo alcune scaramucce tra i prigionieri e le guardie carcerarie, accusate di avere trattato male i congiunti che erano venuti a far loro visita. Tra i detenuti vi sono due importanti dirigenti del movimento studentesco, Abdollah Momeni e Majid Tavakoli.
Italia: Michele Vietti eletto nuovo vicepresidente del Csm
In Italia Michele Vietti è stato eletto vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. L'ex presidente vicario dell'Udc alla Camera è stato eletto alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha presieduto la seduta ma, come di consueto, non ha votato. Ha pronunciato però un discorso in cui ha raccomandato al nuovo plenum “il più stretto e leale rapporto di collaborazione con il ministro della Giustizia” e “il conferimento degli incarichi tempestivo che non si presti alle ricorrenti polemiche sul condizionamento di visioni correntizie”. Ha chiesto anche che si rivolga “uno sguardo attento agli aspetti organizzativi della giustizia escludendo che si debba richiedere tutto a modifiche normative o a nuove risorse finanziarie”. Ha anche chiesto cura nella formazione delle nuove leve.
Alaska: precipita un cargo militare Usa
Ha provocato diversi morti, ma non è ancora possibile stabilire quanti, lo schianto del cargo militare americano ieri in Alaska, che è precipitato nel parco nazionale di Denali (e non sulla base aerea militare di Elmendorf, ad Anchorage, come precedentemente comunicato). Lo riferiscono oggi le autorità Usa. L'incidente ha avuto luogo ieri intorno alle 23 Gmt (l'una del mattino di oggi in Italia) sulle pendici del monte Healy. Sulla base aerea di Elmendorf ad Anchorage era invece precipitato lo scorso mercoledì un altro cargo, un C-17 con quattro membri di equipaggio a bordo che sono rimasti uccisi nello schianto. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 214
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