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Sommario del 17/03/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa giunto in Camerun, prima tappa del suo 11.mo viaggio apostolico internazionale. Ai giornalisti a bordo dell’aereo dice: amo l’Africa e la sua fede gioiosa
  • L'attesa del Papa a Yaoundé e in tutto il Camerun nelle testimonianze di rappresentanti della Chiesa locale
  • Trasferimento nella Chiesa greco-cattolica ucraina
  • La colletta della Santa Sede per la Terra Santa: appello del cardinale Sandri per chi vive nei Luoghi Santi, tormentati dalla violenza
  • L’arcivescovo indiano Thomas Menamparampil sarà l’autore delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • In Iraq, rischio di esecuzioni capitali di massa. L'allarme di Amnesty International nelle parole del portavoce italiano, Riccardo Noury
  • La gestione delle risorse idriche della terra al centro del "World Water Forum" di Istanbul
  • La Settimana di prevenzione per il tumore alla prostata, patologia in aumento tra gli ultracinquantenni. Intervista con il prof. Mauro Dimitri
  • Chiesa e Società

  • L’eutanasia è legge nel Lussemburgo. I vescovi: difendere la vita impegno di Stato e cittadini
  • I vescovi tedeschi: nessun contrasto con la Santa Sede sull'eutanasia
  • Roma: ricordati i cristiani che nel mondo testimoniano la loro fede sino al martirio
  • Irlanda: messaggi dei vescovi per l'odierna festa di San Patrizio
  • “Un patto di fraternità per l’Italia e per il mondo” la proposta di Chiara Lubich è risuonata oggi tra i parlamentari italiani
  • Sempre più critica la situazione nella zona orientale della RD del Congo
  • Angola: iniziativa caritativa per 450 bambini di Huambo
  • Mozambico: a Beira un Centro per bambini orfani, anziani, disabili fisici, malati di Aids
  • Nigeria: i vescovi esortano i fedeli a vivere la Parola di Dio per costruire una nazione unita
  • Zimbabwe: il Consiglio delle Chiese locali annuncia un incontro con il governo
  • In India manifesto dei Gesuiti in vista delle elezioni di aprile e maggio
  • Spagna: i vescovi lanciano una campagna mediatica in difesa della vita
  • In Canada, documento dei vescovi cattolici e dell’Alleanza evangelica sulle tecniche di procreazione assistita
  • Convegno in Austria sulla pastorale in favore dei migranti africani in Europa
  • Il Patriarca ortodosso Kirill preoccupato per i dati sulla pratica religiosa in Russia
  • Iniziato il cammino per la convocazione del grande Sinodo ortodosso
  • In Australia gli universitari cattolici accolgono l’icona della Madonna
  • Prima parrocchia caldea in Germania
  • L’arcivescovo di Parigi dal 23 al 25 marzo a New York per incontrare la comunità ebraica
  • Il Premio Templeton 2009 al francese Bernard d’Espagnat, fisico e filosofo della scienza
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente del Madagascar si dimette e consegna i suoi poteri a un direttorio militare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa giunto in Camerun, prima tappa del suo 11.mo viaggio apostolico internazionale. Ai giornalisti a bordo dell’aereo dice: amo l’Africa e la sua fede gioiosa

    ◊   Amo l’Africa e la fede gioiosa degli africani, questo viaggio in Camerun e Angola vuole essere un segno di gioia e speranza: con queste parole, Benedetto XVI ha parlato del suo arrivo in terra camerunese, rispondendo a sei domande rivoltegli qualche ora fa dai giornalisti sull’aereo papale diretto a Yaoundé. Qui, dopo circa sei ore di volo, il Papa è atterrato poco prima delle 16 dando inizio, con la cerimonia di benvenuto, all’11.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI. Dall’aereo papale, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha riferito dei passaggi salienti della conferenza stampa:

    Il Papa ha risposto a sei domande dei giornalisti in circa venti minuti, mezz’ora. Ha toccato molti punti cruciali: ad esempio, la crisi economica mondiale e il suo impatto nei Paesi poveri e l’importanza dell’etica per un retto ordine economico-mondiale, argomento che sarà sviluppato ulteriormente anche nella prossima Enciclica:

     
    “Naturalmente, farò appello alla unitarietà internazionale (…) parlerò di questo anche nell’Enciclica: questo è un motivo del ritardo. (…) Spero che l’Enciclica potrà anche essere un elemento, una forza per superare questa crisi”.

     
    Ha parlato pure della Chiesa africana, della sua vitalità e dei suoi problemi: dell’annuncio del Vangelo per il continente, della capacità dell’annuncio della Chiesa di rispondere alle attese più profonde della cultura africana e di dare un ampio respiro comunitario e di lungo termine, a differenza delle promesse di benessere di breve termine che danno le sette religiose:

     
    “Io amo l’Africa, ho tanti amici africani già dai tempi in cui ero professore fino a tutt’oggi. Amo la gioia della fede, questa gioiosa fede che si trova in Africa”.

     
    Il Papa ha anche parlato dell’Aids e della prospettiva cristiana dell’amore e della sessualità e dell’impegno efficace e positivo di tante istituzioni cattoliche a vantaggio dei malati e dei sofferenti, un messaggio di speranza per l’Africa e per la Chiesa in Africa:

     
    “Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari (…) non si può superare con la distribuzione di preservativi, che al contrario aumentano il problema. La soluzione può solo essere una umanizzazione della sessualità, un rinnovo spirituale e umano”.

     
    Sorridendo il Papa, all’inizio della conferenza, ha anche risposto a una domanda circa la sua presunta solitudine, di cui parlano tanto spesso i media:

     
    “Per dire la verità, mi fa un po’ ridere questo mito della mia solitudine. In nessun modo mi sento solo. Ogni giorno ricevo delle visite dei collaboratori più stretti, incominciando dal segretario di Stato (...) Sono realmente circondato da amici e in stupenda collaborazione con vescovi, collaboratori, laici e sono grato per questo”.

     
    In sostanza, abbiamo visto, all’inizio di questo viaggio, un Papa sereno e fiducioso sulla strada del suo primo incontro, come Pontefice, con l’Africa.

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    L'attesa del Papa a Yaoundé e in tutto il Camerun nelle testimonianze di rappresentanti della Chiesa locale

    ◊   Durante la sua rotta verso l’Africa, Benedetto XVI ha indirizzato come di consueto alcuni telegrammi di saluto e di benedizione ai capi di Stato dei Paesi sorvolati. In particolare, al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, il Pontefice ha detto di accingersi al viaggio in Camerun e Angola “mosso dal vivo desiderio di incontrare i fratelli nella fede e gli abitanti di quelle care nazioni”. Analoghi sentimenti sono stati espressi da Benedetto XVI ai presidenti di Tunisia, Libia, Niger e Nigeria.

    Al suo arrivo, Benedetto XVI è stato accolto all’aeroporto Nsimalen di Yaoundé dalle massime cariche civili e religiose del Paese africano e terrà il suo primo discorso alla presenza del capo di Stato, Paul Biya. Il nostro inviato, Giancarlo La Vella, ci restituisce nel suo servizio l'atmosfera che si respira per le strade di Yaoundé:

    Il Papa riparte dal Camerun nel suo costante e attento dialogo con l’Africa e la città di Yaoundè si è vestita a festa per questo eccezionale incontro, il terzo con un Pontefice dopo le visite del 1985 e 1995 di Giovanni Paolo II. Ogni strada, soprattutto quelle attraverso le quali si snoderà il corteo papale negli spostamenti cittadini, reca un caloroso segno di saluto: “Santo Padre ti accogliamo a braccia aperte”, “Benvenuto in Cameroun, Benedetto”, le frasi più ricorrenti, e poi tante espressioni augurali nelle strade che il Santo Padre percorrerà il 19 marzo, San Giuseppe, giorno del suo onomastico. I colori, i profumi e le luci dell’Africa camerunense si fonderanno con il bianco e il giallo delle bandiere vaticane, che già a centinaia sono esposte in tutta Yaoundé. Una città in cui si vive all’aperto, tra i mille mercatini dove si vende di tutto, e il caos delle voci e dei rumori dei motori, che fanno da costante colonna sonora alla vita della gente, che nonostante oggi non conosca il dolore della guerra o le difficoltà della povertà, così come in altre regioni africane, mostra con dignità tutte le difficoltà del vivere quotidiano.

     
    Non sarà la magnificenza dell’arte rinascimentale o la strabiliante modernità ad accogliere il Papa, ma la semplicità dei luoghi e la sincera gioia dei fedeli. Questa è la ricchezza che offre al vicario di Cristo il Camerun, un Paese indipendente dal 1961, dopo la colonizzazione franco-britannica. Furono i padri Pallottini tedeschi a portare il Vangelo nel Paese nel 1890 e a sviluppare il cattolicesimo, che oggi è seguito da quasi il 27% dei 17 milioni di abitanti. “Con questa visita, intendo abbracciare l’intero continente africano: le sue differenze, il suo faticoso cammino di sviluppo e di riconciliazione; le sue dolorose ferite e le sue speranze. Parto con la consapevolezza di non avere altro da donare, se non Cristo e la Buona Novella della sua Croce”. E’ stato il Papa stesso, con sintesi efficace, a puntualizzare, all’Angelus di domenica scorsa, i motivi del suo viaggio pastorale in Africa, continente dalle tante contraddizioni e dalle tante potenzialità.

     
    Camerun e Angola, dunque le tappe, ma per parlare all’intero continente africano e per dare l’abbrivio all’evento che definirà in ottobre il ruolo della Chiesa del continente, chiamata a confrontarsi con ataviche emergenze, riassunte nel titolo del Sinodo che i vescovi africani terranno in Vaticano: “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Alle quattro di pomeriggio, l’arrivo dell’aereo papale all’aeroporto Nsimalen di Yaoundé, dove si terrà la cerimonia di benvenuto e durante la quale il Papa rivolgerà le sue prime parole di saluto. Il Pontefice si ritirerà nella nunziatura, dove alloggerà nel periodo camerunense. Una particolarità, la nunziatura, situata su di un colle che domina tutta Yaoundé, è circondata da un giardino tropicale, nel quale il nunzio apostolico, mons. Ariotti, ha fatto sistemare una serie di statue che raffigurano vita di Cristo, la storia della Salvezza, la storia della Chiesa e della devozione popolare, il tutto grazie all’opera di artisti locali.

     
    Per la sua conformazione interna - ricca di differenze etniche e religiose ma capaci di coesistere nel segno della collaborazione - il Camerun viene spesso indicato come uno Stato-modello dell’Africa contemporanea. Ma quale volto presenta oggi il Paese a Benedetto XVI, rispetto a quello del 1985 e 1995 quando lo visitò Giovanni Paolo II? Giancarlo La Vella lo ha domandato a mons. Joseph Akonga Essomba, segretario generale della Conferenza episcopale del Camerun:

    R. - E’ un Camerun che ha avuto una certa maturazione a più livelli, perché nelle due volte che Giovanni Paolo II è giunto in Camerun, già la prima volta era stato chiesto di avere nel Paese un’Università Cattolica, cosa che è diventata realtà. Esiste un’Università Cattolica per l’Africa Centrale, che ora è un riferimento per tutto il continente. Inoltre, si registra un processo di democratizzazione dappertutto in Africa, che allora non si viveva in modo concreto. Nuove diocesi sono state fondate da Giovanni Paolo II e anche da Benedetto XVI, il che fa sì che la Chiesa sia molto viva. Devo dire che il Camerun è cambiato da quel tempo.

     
    D. - Uno dei momenti più attesi è l’incontro con la comunità musulmana, una comunità molto numerosa in Camerun. Com’è la realtà islamica oggi nel Paese?

     
    R. – Le relazioni con i musulmani in Camerun sono molto buone, devo dire. In questo Paese ci sono soprattutto sunniti anche se, parlando di comunità di fede, essi rappresentano una minoranza, mentre i cristiani sono la maggioranza. Questo fa sì che i musulmani abbiano sempre collaborato con i cristiani. Adesso, nel sud del Paese, si nota la costruzione di alcune moschee, con l’aiuto dell’Arabia Saudita. Le relazioni sono molto buone e il rispetto è mutuo, non c’è traccia di estremismi presenti in altre parti. C’è un aiuto fraterno, anche perché la Chiesa cattolica si è impegnata in gruppi di riflessione: uno si chiama “Forum Camerun”, un altro agisce soprattutto a livello sociale. C’è poi un gruppo che agisce a livello teologico, che sviluppa una riflessione teologica sul dialogo interreligioso tra la comunità cristiana e i musulmani.

     
    D. - C’è poi l’incontro del Papa con il mondo della malattia. Come si manifesta la sofferenza in una realtà così difficile come quella africana?

     
    R. - La sofferenza fa parte della vita. Siamo molto lieti che il Santo Padre possa incontrare il mondo della sofferenza. Ci sono malattie che la gente non può curare, perché mancano i mezzi economici. La gente è ancora molto povera. C’è qualcuno che muore di malaria, perchè non ha i mezzi per farsi curare in ospedale. La Chiesa cattolica lavora molto, specie nei dispensari tenuti dalle suore missionarie e dai sacerdoti. E’ una realtà molto, molto viva qui in Camerun.

     
    D. - Come vive la Chiesa del Camerun, ma anche di tutta l’Africa, il tema del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, e cioè l’impegno della Chiesa africana per la riconciliazione, la giustizia e la pace?

     
    R. - L’Africa, purtroppo, è il continente dove non solo c’è povertà, ma ci sono anche guerre e rifugiati, frutto di conflitti e interessi egoistici di alcune persone. Penso, dunque, che tutta la gente, soprattutto la gioventù, vorrebbe avere per il suo futuro giustizia, vorrebbe vivere in pace. Per vivere bene - come creature degne, create da Dio - c’è bisogno di questa giustizia e di questa pace.

     
    D. - Quale sarà il saluto che il Camerun rivolgerà al Papa?

     
    R. - Sarà il saluto di una Chiesa, di una comunità di credenti, che accoglie il Pastore universale, che accoglie il successore di Pietro, che viene a incoraggiare, ad esortare i suoi figli nella fede, perché rimangano fedeli a quella fede che hanno ricevuto il giorno del Battesimo e perché siano veramente come nel tema del Sinodo: “Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo”. Che i cristiani di questo Paese possano invitare gli altri a capire che, vivendo da cristiani, si vive in maniera differente dal solito e che la fede in Cristo fa cambiare l’uomo.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

     
    Il ruolo della donna nella società africana costituirà - soprattutto con la successiva tappa in Angola di Benedetto XVI - uno degli punti di riflessione di questo viaggio pontificio. Il nostro inviato Giancarlo La Vella ne ha parlato con suor Jocelyne Kamga, della Congregazione delle Suore di Sant’Anna, che descrive anzitutto l’attesa del Papa tra le religiose del Paese:

    R. - Noi religiose del Camerun siamo molto contente. Viviamo questo momento come un momento di grazia e aspettiamo che il Santo Padre ci rinvigorisca nella nostra fede e ci aiuti ad essere segno di speranza in mezzo ai popoli che soffrono e hanno diversi problemi di povertà, di sofferenza; speranza per i giovani che si sentono un po’ abbandonati, smarriti, non hanno un futuro sicuro. Per noi, è un grande momento di speranza. Aspettiamo proprio quello che il Papa ci dirà per essere a nostra volta segno di speranza.

     
    D. - Uno dei momenti importanti di questo viaggio, che avverrà, però, in Angola, è l’incontro con i Movimenti cattolici per la promozione della donna. L’elemento femminile in Africa è sempre stato considerato molto importante...

     
    R. - La donna è la madre dell’umanità e per noi africani la donna è proprio la madre, perchè porta l’essere vivente nel suo seno. E’ al centro di questa nostra cultura. Poi voi sapete che da noi la Chiesa è fatta dalle donne. La maggior parte dei cristiani sono donne e sono molto ferventi, con il loro impegno spirituale e materiale, nel sostenere le nostre chiese. Poi abbiamo anche un altro elemento: noi religiose ci prendiamo cura della donna in modo speciale, perché, nonostante il fatto che la donna sia il centro, in quanto madre e perché porta la vita, dall’altro lato è abbandonata e messa in secondo piano, e non partecipa direttamente alle prese di decisioni, alla vita della società ed anche alla vita della cultura. Gli uomini si sono impadroniti della situazione. Nella nostra società, però, la donna sta prendendo piede, è intraprendente. Nel piccolo commercio in maggioranza sono donne e, come ho detto, sono sempre le donne che sono il fermento vivo della Chiesa in Camerun.

     
    Come ricordato in apertura, dopo la cerimonia inaugurale in programma tra meno di due ore all’aeroporto di Yaoundé, Benedetto XVI si trasferirà nella Nunziatura della capitale camerunense. Domattina, il Pontefice si recherà in visita di omaggio dal presidente, Biya, e terrà un discorso nel palazzo presidenziale. Quindi, sarà la volta del pranzo dei vescovi del Camerun con Benedetto XVI, nella Nunziatura apostolica. Nel pomeriggio, infine, il Papa presiederà la celebrazione dei Vespri nella solennità di San Giuseppe nella Basilica di Maria Regina degli Apostoli di Yaoundé, alla presenza del clero e di tutte le forze della Chiesa cattolica nel Paese, oltre che di rappresentanti di altre confessioni camerunensi.

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    Trasferimento nella Chiesa greco-cattolica ucraina

    ◊   Sua Beatitudine il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, ha trasferito con il consenso del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica-Ucraina, e in conformità al can. 85 § 2, 2° del C.C.E.O., S.E. R. Mons. Wasyl Ihor Medwit, O.S.B.M., Vescovo tit. di Adriane, dall’ufficio di Vescovo di Curia dell’Arcivescovato Maggiore di Kyiv-Halyč a quello di Vescovo Ausiliare dell’Esarcato Arcivescovile di Donetsk-Kharkiv (Ucraina).

    Mons. Wasyl Ihor Medwit è nato il 23 luglio 1949 a Przemysl, in Polonia. Dopo l’ingresso nell’Ordine dei Padri Basiliani nel 1978 e l’ordinazioen sacerdotale nel 1984 a Roma, ha conseguito la licenza in teologia spirituale al Teresianum di Roma. E’ stato, tra l’altro, superiore della casa religiosa dei Padri Basiliani a Wegorzewo in Polonia, e parroco per i greco-cattolici di quella città. Dal 1989 fino alla sua elezione ad ausiliare di Lviv, nel ‘94, ha ricoperto l’ufficio di provinciale dei Padri Basiliani in Polonia. E’ stato anche stato visitatore apostolico per i fedeli greco-cattolici nei Paesi dell’Asia centrale. Il Sinodo dei Vescovi greco-cattolici Ucraini del settembre 1997 lo ha trasferito alla sede dell’Esarcato Arcivescovile di Kyiv-Vyshhorod.

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    La colletta della Santa Sede per la Terra Santa: appello del cardinale Sandri per chi vive nei Luoghi Santi, tormentati dalla violenza

    ◊   C'è preoccupazione nel Papa e nella Chiesa universale per la sorte dei cristiani in Terra Santa, dove la violenza spinge all’emigrazione. Il cardinale Leonardo Sandri ne parla in una Lettera ai vescovi per la tradizionale Colletta di Quaresima a sostegno dei Luoghi Santi. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “La Terra che fu culla del cristianesimo rischia di rimanere senza cristiani”: l’allarme giunge dal prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, Leonardi Sandri, nella una Lettera inviata - com’è tradizione in tempo di Quaresima - a tutti i vescovi per sollecitare la solidarietà dei cattolici nel mondo intero verso i fratelli cristiani di Terra Santa, “i quali - sottolinea il cardinale Sandri - insieme con gli abitanti di vaste regioni del Medio Oriente, aspirano da lungo tempo alla pace e alla tranquillità ancora tanto minacciate”. Da qui, la “forte preoccupazione” del Papa e della Chiesa universale, di fronte “alla violenta ripresa delle ostilità nella striscia di Gaza”, che ha spento - scrive rammaricato il porporato - la gioia natalizia e offuscato la speranza, “dopo l’incoraggiante sostegno spirituale e materiale ricevuto dalla popolazione cristiana dei pellegrini”, che nel 2008 “hanno addirittura superato quelli del Giubileo del 2000”. Una “ferita aperta” il clima permanente di violenza - denuncia il porporato - che induce ad emigrare dai Luoghi Santi, privando la minoranza cristiana “delle migliori risorse per il futuro”.

     
    Da qui, il “vivo ringraziamento” - a nome del Papa - rivolto “a quanti nel prossimo Venerdì Santo prenderanno a cuore la Colletta pro-Terra Sancta”. Da parte loro - ha assicurato il cardinale Sandri - le Chiese di rito latino e dei diversi riti orientali, beneficiarie di “tale indispensabile aiuto” sono riconoscenti “nella costante preghiera” per tutte le Chiese particolari, sostenute nella missione da “unità di intenti” e “sensibilità ecumenica e interreligiosa”.

     
    La lettera del cardinale Sandri è corredata da una nota della Congregazione e da una relazione della Custodia di Terra Santa a documentare le tante opere realizzate grazie alla Colletta della scorsa Quaresima, a sostenere parrocchie, famiglie, scuole, università e altre istituzioni culturali come il Centro media francescano, oltre che progetti di recupero artistico a Gerusalemme, Betania, Betlemme, Giaffa, Magdala Nazareth e Nablus.

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    L’arcivescovo indiano Thomas Menamparampil sarà l’autore delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo

    ◊   L’arcivescovo indiano di Guwahati, mons. Thomas Menamparampil, sarà l’autore dei testi a commento della Via Crucis che Benedetto XVI presiederà la sera del Venerdì Santo al Colosseo. “La scelta di mons. Menamparampil – si legge sul sito Missionline.org – rappresenta un segno concreto attraverso cui il Pontefice vuole dimostrare la sua solidarietà ai cristiani che in India sono oggetto di particolari ostracismi e violenze da parte di frange integraliste indù”. Recentemente, l’Orissa e lo Stato di Assam, dove si trova l’arcidiocesi di Guwahati, sono stati teatro di drammatiche violenze perpetrate contro la comunità cristiana. L’arcivescovo, 62 anni, salesiano, guida una diocesi dove i cattolici sono 50 mila su 6 milioni di abitanti. E’ stato il primo missionario – ricorda Avvenire – “ad infrangere la barriera dell’Arunachal Pradesh, uno Stato indiano che fino al 1978 era proibito agli evangelizzatori”. Nel recente Sinodo dei vescovi mons. Thomas Menamparampil ha tenuto una delle cinque relazioni introduttive sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa. (A.L.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, la sintesi delle parole del Papa durante il volo verso Yaoundé, in Camerun.

    Ripresa vuol dire fiducia: Ettore Gotti Tedeschi sulle scelte strategiche per uscire dalla crisi.

    Vita randagia di una vittima inconsapevole: in cultura, Gaetano Vallini recensisce "Paesaggio con bambina" dello scrittore israeliano Aharon Appelfeld, che aggiunge un capitolo al suo originale racconto della Shoah.

    Per nazismo e comunismo in principio non è il Verbo ma l'azione: stralci dall'inedito che correda gli atti del convegno contenuti nell'omonimo volume "Romano Amerio, il Vaticano II e le Variazioni nella Chiesa cattolica del XX secolo".

    L'intervento di Paolo Biscottini, direttore del museo diocesano di Milano, all'inaugurazione del ciclo di incontri "Arte e Parola" nell'ambito del progetto "Imago Veritatis".

    Un articolo di Guseppe Buffon dal titolo "Poveri fondatori, schiacciati dal loro mito": gli ordini religiosi tra storia e identità.

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    Oggi in Primo Piano



    In Iraq, rischio di esecuzioni capitali di massa. L'allarme di Amnesty International nelle parole del portavoce italiano, Riccardo Noury

    ◊   Per Amnesty International, sono 128 i condannati a morte in Iraq e le loro esecuzioni potrebbero avvenire al ritmo di 20 a settimana. Già confermate le condanne capitali dalla Corte di cassazione locale, mentre sono ancora ignote le identità dei detenuti ed i loro reati. Annarita Mariani ha intervistato il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury.

     
    R. - Siamo di fronte al rischio di esecuzioni di massa, al termine presumibilmente di procedure del tutto sommarie. Tra i 128 condannati, con ogni probabilità ci sono soltanto criminali comuni e non funzionari della passata amministrazione.

     
    D. - Cosa si può fare?

     
    R. - Far riflettere il governo su quanto la pena di morte - nei suoi cinque anni ormai di nuova applicazione - non abbia dato alcun risultato in termini di deterrenza. Noi stiamo esercitando la massima pressione anche sul presidente dell’Iraq, Jalal Talabani, che, personalmente, si è sempre dichiarato contrario alla pena di morte. Speriamo che, anche con le pressioni che auspichiamo arrivino dall’Unione Europea e da altri Paesi abolizionisti, le autorità irachene recedano dalla decisione di portare avanti queste esecuzioni.

     
    D. - Come possono intervenire il governo e la giustizia iracheni?

     
    R. - Quello che può essere fatto è una decisione di natura extragiudiziaria per ragioni umanitarie: che il Consiglio di presidenza decida di non procedere con queste esecuzioni. Dal punto di vista giudiziario, ormai, c’è poco da fare, perchè appunto l’organo supremo di giustizia, che è il Consiglio supremo, ormai ha passato le condanne a morte e la Corte di cassazione le ha confermate. Dunque, a questo punto siamo al penultimo passo, prima che inizino queste impiccagioni di massa.

     
    D. - Alcuni membri del regime Hussein sono stati già impiccati e tra gli ultimi condannati figurano anche due fratellastri di Saddam. Altri esponenti invece, come Alì il chimico e Tarek Aziz, condannati a 15 anni. Che tipo di giustizia c’è in Iraq?

     
    R. - In generale, è un sistema di giustizia che non funziona e che si basa troppo spesso su procedure sommarie, veloci, irregolari.

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    La gestione delle risorse idriche della terra al centro del "World Water Forum" di Istanbul

    ◊   Il rapporto tra la politica e la gestione delle risorse idriche del pianeta è stato uno dei temi dominanti alla seconda giornata del "World Water Forum" di Istanbul. Fra le decine di incontri e meeting che si sono tenuti oggi, di grande valore simbolico il confronto tra il presidente turco, Abdulah Gül, e il suo omologo iracheno, Jalal Talabani. Da Istanbul, riferisce Alberto De Filippis:

    Le tensioni fra i due Paesi sono palpabili: la Turchia continua ad ammassare truppe alla frontiera con l’Iraq per evitare infiltrazioni di militanti nel suo territorio. I rapporti con Baghdad, inoltre, non sono idilliaci per la scelta di Ankara di costruire enormi bacini nelle regioni curde, ma soprattutto, l’accusa mossa da Baghdad è quella di voler assetare l’Iraq bloccando il corso dei fiumi che finiscono nel Paese confinante, ma che nascono in Turchia. Dunque, quello di Istanbul è stato un incontro doppiamente importante, non solo perché Talabani è il presidente iracheno, ma anche perché curdo e ben note sono le tensioni fra turchi e curdi.

     
    Fra i meeting di oggi, da rilevare anche l’incontro che ha visto di fronte esponenti della Nazioni Unite, del governo dell’Uruguay e attivisti di alcune Ong che, accompagnati da un manipolo di avvocati, chiedono il riconoscimento del diritto all’acqua: un diritto che Unione Europea e Stati Uniti non riconoscono. Un diritto volutamente lasciato ai condizionali di leggi che non sanciscono l’inalienabile diritto all’acqua potabile. L’Uruguay e altri governi, soprattutto latinoamericani, intendono presentare una dichiarazione finale in contrasto con quella ufficiale del forum. E intanto sta facendo molto rumore, ad Istanbul, il Rapporto presentato da 24 agenzie dell’Onu che descrive una situazione catastrofica. I contenuti si conoscevano praticamente da alcuni giorni, e l’intervento di Koichiro Matsuura, direttore generale dell’Unesco, non ha fatto altro che ripetere quello che tutti sapevano. Sin dal primo paragrafo che recita: “L’inazione non è più una risposta il tempo stringe e bisogna smetterla di pensare a compartimenti stagni. L’acqua non è più solo un problema ecologico. È un problema globale e in quel problema il mondo ci può affondare".

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    La Settimana di prevenzione per il tumore alla prostata, patologia in aumento tra gli ultracinquantenni. Intervista con il prof. Mauro Dimitri

    ◊   E’ iniziata giovedì scorso e terminerà il 19 marzo la Settimana dedicata alla Prevenzione del tumore alla prostata, promossa dalla World Foundation of Urology. E’ una patologia che colpisce gli uomini oltre i 50 anni di età e la Settimana mira a promuovere una giusta alimentazione e una diagnosi precoce con una campagna di informazione. Al microfono di Eliana Astorri, il prof. Mauro Dimitri, presidente della Fondazione:

    R. - Siamo passati, nel giro di circa quattro anni, da un Paese a media incidenza ad un Paese ad alta incidenza, come in Nord Europa e come negli Stati Uniti, e questo soltanto per un problema di alimentazione che è alla base dell’aumento sia di incidenza sia di progressione e di aumento di mortalità per tumore della prostata. Perché nel mondo c’è una crescita naturale, spontanea, su base genetica di crica il 20-25 per cento di tumori della prostata: quello che cambia di Paese in Paese è, tra i fattori ambientali quello più riconosciuto, l’alimentazione.

     
    D. - Perché l'alimentazione è così importante? Ci sono alcuni cibi che agevolano in modo particolare l’insorgenza del tumore alla prostata?

     
    R. - Sì. Abbiamo visto sia su grandi statistiche, sia anche nelle differenze tra Paese e Paese, che una dieta ricca di proteine, di grassi di origine animale è all’origine di questo aumento dei tumori, non solo della prostata ma anche del colon e della mammella. Quindi dobbiamo assolutamente rivolgerci ad una dieta più naturale, soprattutto poi in Italia, che è una dieta più vicina a noi, a base di verdure, di legumi, di cereali di tipo integrale. Alcuni di questi ortaggi, ad esempio i pomodori, sono ricchissimi di licopene che è una sostanza che ha un effetto molto protettivo per il tumore della prostata. Poi ci sono altre sostanze che possono essere introdotte nella dieta, quali ad esempio l’aglio: 10 grammi di aglio al giorno, si è visto in Giappone, prevengono quasi del 50 per cento l’insorgenza del tumore della prostata, e il tè verde, alla dose di 600 mg al giorno, ha un effetto protettivo.

     
    D. - Per una diagnosi precoce, quali visite e quali esami?

     
    R. - Noi diciamo che dai 45 anni in poi, l’uomo dovrebbe eseguire ogni anno la visita urologica ed eseguire ogni anno il testo del Psa, che è il dosaggio nel sangue di una proteina specifica per la prostata che può concorrere ad indicare un sospetto di tumore.

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    Chiesa e Società



    L’eutanasia è legge nel Lussemburgo. I vescovi: difendere la vita impegno di Stato e cittadini

    ◊   Il Lussemburgo da oggi è il terzo Paese nell'Unione Europea, dopo Olanda e Belgio, ad aver legalizzato l'eutanasia. La legge e' stata pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale, dopo essere stata approvata in seconda lettura dai deputati lussemburghesi il 18 dicembre scorso. In tale occasione la conferenza episcopale del Lussemburgo aveva deplorato la decisione sottolineando “il compito fondamentale dello Stato e di ogni cittadino di impegnarsi per la vita e la sua tutela”. I presuli sottolineavano inoltre che “non tutto ciò che è ammesso per legge è consentito anche moralmente. Forza morale e chiarezza sono più che mai necessarie”. L'attuazione della legge sulla fine della vita, concludeva la nota dell’episcopato, “richiede un’alta responsabilità morale da parte di tutte le persone coinvolte: pazienti, medici e infermieri, nonché i congiunti. Ogni segno a favore della vita è un segno di speranza!” (A.G.)

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    I vescovi tedeschi: nessun contrasto con la Santa Sede sull'eutanasia

    ◊   La Chiesa cattolica tedesca è in linea con il Vaticano sul tema dell'eutanasia. Lo ha affermato oggi Matthias Kopp, portavoce della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), in una nota inviata al Sir in relazione a un articolo della rivista italiana MicroMega sull'argomento. La rivista ha recentemente pubblicato la traduzione di alcune parti del documento 'Christliche Patientenverfügung', documento sulle disposizioni del paziente relativamente alle cure e al fine vita, realizzato dalla Dbk e dal Consiglio delle Chiese evangeliche nel 1999 e rivisto nel 2003, titolando "La Chiesa cattolica si spacca sulla bioetica. La Conferenza episcopale tedesca approva l'eutanasia passiva e l'eutanasia indiretta". Kopp, nell'osservare che il documento della Dbk riportato da MicroMega "non è tradotto integralmente", ha dichiarato che "i concetti di 'eutanasia passiva' ed 'eutanasia indiretta' vengono spiegati in modo esauriente" nel testo e "non contrastano in alcun modo con le affermazioni del Catechismo della Chiesa cattolica (cfr. paragrafi 2278 e 2279)", poiché "La differenziazione che abbiamo adottato nelle Disposizioni, è quella illustrata dal Vaticano nel Catechismo". Va peraltro ricordato che più recentemente, la Dbk si era espressa un'altra volta sul tema, con una dichiarazione del 29 marzo 2007, in cui si puntualizzava: "La Conferenza episcopale tedesca si oppone con decisione ai progetti che intendono consentire l'interruzione dei trattamenti necessari per la vita di pazienti in coma vigile e di persone con demenza grave. Tali persone non sono persone in punto di morte, bensì malati gravi che richiedono la nostra particolare dedizione e assistenza. Una simile regolamentazione supererebbe i limiti tra eutanasia passiva ammessa, ed eutanasia attiva, non ammessa. Può essere eticamente corretto non sfruttare tutte le possibilità di trattamento per una persona in punto di morte, consentendole di morire. Per contro, non è mai ammesso praticare l'eutanasia attiva". (R.P.)

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    Roma: ricordati i cristiani che nel mondo testimoniano la loro fede sino al martirio

    ◊   “Per 25 anni ho pregato Cristo, perché tradirlo?”. Sono le parole pronunciate da un pastore protestante pochi istanti prima di essere trucidato in India da fondamentalisti indù perché si rifiutava di rinnegare il cristianesimo. La sua testimonianza e quella di altre centinaia di cristiani uccisi in odio alla fede, sono state al centro dell’iniziativa "In memoriam martyrum", una tre giorni di preghiera e riflessione promossa dalla sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) a Roma, presso la Pontificia Università della Santa Croce. L’iniziativa, svoltasi in contemporanea anche in alcune città di Sicilia, Calabria e Puglia, ha ricordato le storie dei tanti martiri del nostro tempo. Sacerdoti, religiosi e laici hanno raccontato la loro esperienza e quella di confratelli che hanno testimoniato la loro fede sino al martirio. I loro interventi, proposti in due incontri intitolati “Testimonianze sulla Passione della Chiesa oggi” hanno ricordato le condizioni di oppressione e violenza in cui oggi vivono intere comunità cristiane in Orissa, Iraq, Vietnam ed in molti altri Paesi di Asia e Africa. Durante i tre giorni di preghiera – riferisce Asianews - è rimasta esposta presso la Pontificia Università della Santa Croce la mostra “Sia che viviate sia che moriate. Martiri e totalitarismi moderni”, dedicata alle vittime della Rivoluzione francese, della persecuzione religiosa in Messico e in Spagna, del nazismo e del comunismo sovietico. (A.L.)

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    Irlanda: messaggi dei vescovi per l'odierna festa di San Patrizio

    ◊   “La violenza genera violenza”, per questo bisogna fermare a tutti i costi la spirale di odio che sta attraversando l’Irlanda, del Nord e del Sud. Questo il contenuto dei messaggi - ripresi dall'agenzia Sir - che il card. Sean Brady, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda e l’arcivescovo di Dublino, mons. Diarmiud Martin hanno inviato ieri alle comunità per la festa di San Patrizio che gli irlandesi, anche quelli sparsi in tutto il mondo, celebrano oggi. “Il giorno di Patrizio – scrive il card. Brady – si celebra in un momento in cui la violenza è tornata per le strade dell'Irlanda del Nord. Se i terribili e tragici eventi della scorsa settimana ci hanno insegnato qualcosa, questo qualcosa è che tutti noi dobbiamo lavorare incessantemente per la pace qui sulla nostra isola. Vorrei invitare tutti i cittadini affinché raddoppino gli sforzi per costruire una società pacifica. La violenza non è la risposta. Gli autori della violenza cercano di distruggere la pace che stiamo costruendo. Chiedo a tutte le persone di sostenere i politici che stanno lavorando duramente per uscire dai giorni bui del nostro passato, per costruire un futuro migliore sulla base della fiducia, alla giustizia e del rispetto per tutti”. “Questa assurda violenza e disprezzo per la vita umana sono in corso da troppo tempo. Tutto questo deve finire”, ripete da parte sua mons. Martin. “L’Irlanda – aggiunge - ha affrontato ed attraversato tempi ancora più duri in passato con la forza della comunità e della solidarietà. Abbiamo bisogno di questi valori oggi. Essi non possono essere imposti dall'alto ma devono essere costruiti da ciascuno di noi, ogni giorno, in ogni nuova situazione”. (A.M.)

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    “Un patto di fraternità per l’Italia e per il mondo” la proposta di Chiara Lubich è risuonata oggi tra i parlamentari italiani

    ◊   Oggi è stata Montecitorio la sede dove è risuonato il messaggio forte di fraternità consegnato da Chiara Lubich anche ai politici. “Un patto di fraternità per l’Italia e il mondo” al centro del convegno che ha avuto luogo questa mattina nella Sala della Lupa, per iniziativa del Parlamento. Ha aperto l’incontro il presidente della Camera Gianfranco Fini. Hanno poi preso la parola il vicepresidente del Senato, Rosa Angela Mauro, il ministro delle politiche urbane francese Christine Boutin, il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Annunciato per domani un ricordo di Chiara Lubich da parte del Presidente Schifani, oggi all’estero, in apertura dei lavori al Senato. Il Presidente della Camera Fini ha richiamato di Chiara “la forza di farsi ascoltare e trascinare” persone e istituzioni le più diverse. “Ma ciò è dovuto – ha detto - dalla sua capacità di ascoltare le voci del mondo che pongono domande e chiedono una luce e una speranza”. E’ quanto si è ripetuto oggi alla Camera. L’eco della crisi globale che attraversa il mondo è risuonato in tutti gli interventi. Di qui – come ha detto il ministro francese delle politiche urbane - “l’invito a scuotere le nostre abitudini”. Profondo l’ascolto nella sala dove in prima fila c’erano Andreotti e Castagnetti, Casini e Bindi, solo per citarne alcuni. “Un patto di fraternità per l’Italia e il mondo”. La proposta forte che Chiara aveva lanciato ai parlamentari già nel 2000, è risuonata “ancora più urgente e impegnativa” come ha evidenziato la nuova presidente dei Focolari Maria Voce. Di fronte alla crescente sfiducia provocata dalla crisi, e davanti al rischio di fallimento della politica, Maria Voce ha comunicato ai presenti quella fiducia nei politici che Chiara da sempre nutriva invitandoli a “rendere operante e concreta la fraternità universale nei fatti e nelle scelte”. Non una proposta utopica, ma già sperimentata, pur da piccoli gruppi, in vari parlamenti del mondo, dove anche di fronte all’avversario politico la fraternità diventa come “una lente purificante” ed apre al “sincero interesse”, ad “atteggiamenti di ascolto”, “per cogliere gli aspetti più positivi e condivisibili del progetto politico al quale si ispira”. Perché – e qui sono state ascoltate dalla viva voce le parole di Chiara: “la politica raggiunga il suo vero fine: il bene comune nell’unità del corpo sociale”. Ma ciò esige – e qui tutti sono stati scossi – “amare il partito altrui come il proprio”. (Da Montecitorio, Carla Cotignoli)

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    Sempre più critica la situazione nella zona orientale della RD del Congo

    ◊   “I ribelli stanno tuttora occupando i villaggi di Banda e Boeli, almeno 2000 persone sono in fuga e le loro condizioni sono rese più difficili dal caldo e dalla scarsità di acqua”: è quanto ha dichiarato all’agenzia Misna il vescovo di Bondo, mons. Etienne Ung’eyowun, confermando la notizia di un’incursione dei ribelli ugandesi del sedicente Esercito di resistenza del signore nell’area della sua diocesi. “In passato – ha detto il presule - la loro presenza era stata più volte segnalata; questa è la prima volta che attaccano la popolazione civile in maniera così brutale”. In base ad informazioni locali raccolte dall'agenzia Misna, almeno due persone sono state uccise. Altre 200 sono state sequestrate e in migliaia sono in fuga. Secondo il vescovo, non è un caso che l’attacco sia avvenuto domenica, nel giorno in cui si è svolta la cerimonia che ha segnato l’inizio del ritiro dell’esercito ugandese dalla provincia orientale. “Potrebbe essere stato un segnale per dire che nonostante bombardamenti e operazioni militari, i ribelli sono ancora attivi e capaci di resistere”, ha affermato mons. Ung’eyowun. “Ciò che ci preoccupa maggiormente – ha concluso il presule - sono le conseguenze delle violenze sulla popolazione civile e la quasi completa assenza delle autorità e di organizzazioni umanitarie”. Secondo dati dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), le incursioni dei ribelli hanno causato da settembre la fuga di oltre 181.000 persone. A queste bisogna aggiungerne altre 15.581 che hanno trovato rifugio oltre confine in Sud Sudan. Gli attacchi hanno causato almeno 900 vittime. (A.L.)

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    Angola: iniziativa caritativa per 450 bambini di Huambo

    ◊   "Semi del futuro", in Angola, sono 450 bambini del “barrio” della città di Huambo, nel cuore occidentale del Paese, sostenuti a distanza da famiglie italiane che con l’organizzazione umanitaria Avsi, da tanti anni, hanno deciso di far crescere e aiutare il Centro educativo “Semente do Futuro”, scommettendo sull’educazione e su una cooperazione dell’amore. Con il sostegno a distanza, ogni giorno, tutti questi bambini e ragazzi possono studiare al Centro, seguiti da adulti; ci sono maestri che danno lezioni, educatori che li seguono nelle attività di dopo scuola; possono mangiare, che non è così scontato da queste parti: c’è infatti una mensa che garantisce una corretta alimentazione; ci sono medicine per le cure delle frequenti malattie e vaccinazioni. Chi non ha neppure vestiti, qui li può trovare. Tutto ha avuto inizio - riporta l'agenzia Fides - nei difficili anni della guerra civile dall’operosità e carità della Comunità Trappista di suore italiane e angolane di Huambo: era il 1980 e loro cercavano di offrire aiuto, conforto, vie di recupero sociale e personale a tutti quelli che bussavano alla porta del convento. Ora il Centro è gestito dall’omonima associazione locale “A Semente do Futuro” sotto la guida di padre Lukamba, sacerdote angolano, e il sostegno a distanza di Avsi permette la frequenza gratuita ai bambini. (R.P.)

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    Mozambico: a Beira un Centro per bambini orfani, anziani, disabili fisici, malati di Aids

    ◊   Si chiamerà “Centro Ozanam” e sarà il cuore della presenza Vincenziana in Mozambico. L'opera sorgerà a Beira, provincia di Sofala, in Mozambico, ed è stata voluta per celebrare i 350 anni dalla morte di San Vincenzo de' Paoli e di Santa Luisa de Marillac, avvenuta rispettivamente il 27 settembre ed il 15 marzo dell’anno 1660. Tale anniversario - riferisce l'agenzia Fides - verrà ricordato con diverse iniziative in tutto il mondo durante l’Anno Vincenziano, indetto per il 2010. A Beira, nel 1999, le Figlie della Carità hanno aperto una casa per la formazione professionale delle religiose che oggi prestano assistenza ai poveri nelle altre comunità del Mozambico. Con l'arrivo di altre suore, nel 2007 il servizio di carità è cresciuto. Le Figlie della Carità e i religiosi della Società di San Vincenzo hanno prestato soccorso alle vittime delle inondazioni verificatesi nel dicembre 2007 e nel gennaio 2008 a 90 km dalla città. Ancora oggi l'aiuto continua con visite regolari e con la fornitura di beni alimentari e di alloggi alle oltre 200 famiglie colpite. Tutto questo è stato possibile anche grazie al buon numero di giovani volontari vincenziani (100 nella sola Beira) che accompagnano le opere e provvedono ai diversi ministeri parrocchiali: animazione pastorale, visite ai malati, incontri con le altre Conferenze. Il nuovo progetto – chiamato “Seminare per raccogliere: progetto di formazione e inserimento sociale” – è frutto della generosa collaborazione tra i volontari della Conferenza di Beira e le Figlie della Carità. Prima di dare inizio ai lavori i responsabili aspettano di raggiungere finanziamenti pari a tre quarti dell'importo totale, attraverso donazioni di collaboratori, amici e benefattori privati. L'ultimazione del centro è prevista per il 2010, con l'obiettivo specifico di rispondere al problema dei bambini orfani (purtroppo in forte aumento) con strutture per lo studio e la refezione. Inoltre il centro verrà incontro alle necessità di vedovi, anziani, disabili fisici, malati di AIDS. (R.P.)

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    Nigeria: i vescovi esortano i fedeli a vivere la Parola di Dio per costruire una nazione unita

    ◊   Dedicare questo periodo di Quaresima e il tempo che rimane dell’Anno Paolino all’ascolto, alla meditazione e alla testimonianza della Parola di Dio per rinnovarsi e costruire una Nazione unita e prospera. È l’esortazione contenuta nel comunicato finale della sessione primaverile della Conferenza episcopale nigeriana (CBCN), conclusasi sabato ad Abuja. Il tema dell’assemblea, iniziata il 9 marzo, era appunto “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa in Nigeria”. Dopo avere espresso gratitudine per la “continua crescita e vitalità della Chiesa in Nigeria”, ma anche per la grande “reattività, potenzialità e intraprendenza” del popolo nigeriano, nel documento i vescovi si soffermano sui problemi vecchi e nuovi che ostacolano la realizzazione di un’unità nazionale compiuta e consolidata: dalle crisi irrisolte come quella nel Delta del Niger, i conflitti religiosi nel Nord e quelli etnici in altre regioni, alla “corruzione e l’appropriazione indebita di fondi pubblici che hanno messo in ginocchio il Paese”, come dimostra “il collasso delle infrastrutture, la mancanza delle comodità di base, il crescente numero di disoccupati e la costante diffusione del crimine”. Ogni conflitto etnico, religioso o politico, rileva il testo, è “un’occasione perduta nella costruzione della Nazione”. A minare la pace e l’unità della Nigeria contribuiscono oggi anche gli effetti della crisi economica mondiale. I vescovi nigeriani ricordano come a questa crisi abbia “contribuito in larga parte un materialismo sfrenato. Ma il materialismo – osservano - non può essere l’unico fondamento su cui edificare la Nazione. Essa deve essere costruita sui valori spirituali e morali: è la Parola di Dio la luce che ci guida sulla strada verso l’unità nazionale. Dio parla per portare tutti gli essere umani a vivere in amicizia con Lui e gli uni con gli altri come una famiglia, senza discriminazioni di genere, lingua, razza, tribù, colore o religione. La Parola di Dio trasforma la Nazione trasformando gli individui a cominciare dalla famiglia, il primo luogo in cui essa andrebbe letta, insegnata e predicata in modo che i suoi componenti diventino buoni discepoli e buoni cittadini. Il Verbo Incarnato – prosegue il testo - illumina i valori insiti nelle nostre culture tradizionali africane”. La trasmissione di questi valori passa attraverso l’educazione integrale della persona umana: è quindi fondamentale – affermano i vescovi nigeriani - reinserire i valori spirituali e morali nei programmi scolastici. Il testo ricorda, infine, il ruolo centrale del dialogo interreligioso nella promozione della pace. Contrariamente a un’opinione diffusa, non è la religione a minare l’unità della Nazione nigeriana, “bensì il suo abuso” e la cattiva interpretazione dei testi sacri delle varie religioni. Essi dovrebbero invece essere usati per formare credenti “rispettosi della dignità di ogni essere umano”. A questo proposito i presuli esprimono grande apprezzamento per l’opera svolta dal Consiglio interreligioso della Nigeria (NIREC) per promuovere il dialogo e la comprensione tra le religioni nel Paese. (L.Z.)

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    Zimbabwe: il Consiglio delle Chiese locali annuncia un incontro con il governo

    ◊   Le Chiese dello Zimbabwe avranno presto un incontro con i rappresentanti del governo per presentare suggerimenti ed iniziative a favore della ricostruzione e della pace nel Paese. Lo ha reso noto il rev. Naison Shava, presidente del Consiglio delle Chiese dello Zimbabwe (ZCC). Parlando con la stampa a margine del Forum dei leader della Chiesa ecumenica, svoltosi ad Harare nei giorni scorsi, il rev. Shava ha ribadito: “Ci siamo incontrati per ridefinire il nostro ruolo nella società come Chiese, in modo da svolgere un compito attivo nella ricostruzione nazionale”. Il presidente del ZCC ha poi rivelato che, durante il Forum, è stato nominato un comitato che metterà a punto un progetto da presentare al governo, poiché, ha sottolineato il rev. Shava, le Chiese hanno “la responsabilità di contribuire alla ricostruzione del Paese”. Quindi, il presidente dello ZCC ha ricordato che “le polarizzazioni, in ambito politico, hanno provocato dei veri e propri traumi a molti cittadini dello Zimbabwe, fino a rendere necessario un processo vero e completo di risanamento del Paese”. “Ci sono persone - ha aggiunto il rev. Shava – che credono che l’unico risarcimento per una violenza subita sia l’applicazione della legge del taglione. Come Chiese, noi affermiamo che questo genere di comportamento non aiuta la rinascita del Paese e vorremmo trovare una soluzione attraverso il dialogo, per giungere alla verità ed al perdono”. Infine, il presidente della ZCC ha sottolineato come l’organizzazione si stia impegnando per aiutare gli sfollati dello Zimbabwe a ritornare in patria. Il Paese africano, lo ricordiamo, sembra da poco uscito da una grave crisi politica, seguita alle elezioni presidenziali del 2008. Le consultazioni, infatti, sono state contrassegnate da tumulti, violenze ed accuse di brogli tra la maggioranza, guidata da Robert Mugabe, e l’opposizione, schierata con Morgan Tsvangirai. Solo agli inizi del mese scorso si è giunti ad un accordo per un governo di unità nazionale, con Mugabe come presidente e Tsvangirai come primo ministro. (I.P.)

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    In India manifesto dei Gesuiti in vista delle elezioni di aprile e maggio

    ◊   Un'opportunità per riaffermare i diritti economici, sociali e culturali, insieme ai diritti civili; l'occasione per sconfiggere il pessimismo, specialmente tra le fasce più povere della popolazione. Si rivolge soprattutto ai futuri governanti - invitandoli a garantire con maggiore impegno i diritti dei più deboli, degli emarginati e dei discriminati - il manifesto scritto dai gesuiti in India in vista delle elezioni generali per il rinnovo del Parlamento federale, che si terranno nei diversi Stati fra il 16 aprile e il 13 maggio. Il documento è stato presentato a New Delhi durante un seminario che ha coinvolto numerosi settori della società civile indiana. Nel manifesto si esorta chi verrà eletto a proteggere e preservare la vita e a promuovere la pace e l'armonia salvaguardando i diritti umani. Si devono anche assicurare le necessità di base e i diritti di tutti e provvedere ad espandere le opportunità per trovare lavoro. Tra le priorità indicate dai gesuiti ci sono anche quelle di garantire i mezzi di sussistenza, difendere e aiutare i senza casta e i popoli indigeni. Si deve poi migliorare – si legge nel manifesto ripreso dall’Osservatore Romano - il sistema della giustizia e garantire la libertà di religione e i diritti delle minoranze. Nel documento si esorta inoltre a sostenere la trasparenza di governo così come la responsabilità e la partecipazione della gente, lottando con forza contro ogni forma di corruzione nella pubblica amministrazione. Il "Peoples' manifesto 2009" insiste molto sulla necessità di garantire al Paese una coesistenza pacifica, di difendere le minoranze e di assicurare a tutti la soddisfazione dei bisogni primari, ovvero l'alimentazione, la casa, l'istruzione, la salute, soprattutto nelle aree rurali dove questo non accade. L'India resta spaccata fra un'elite di ricchi e una massa di poveri:  sono questi, secondo i gesuiti, le persone che devono essere difese e poste al centro dei nuovi piani di sviluppo. Il manifesto è firmato da Xavier Jeyaraj, coordinatore di South asian peoples' initiatives (Sapi) e segretario di Jesuits in social action (Jesa). "Le comunità emarginate come i dalit, gli adivasi, le donne, i disoccupati e i lavoratori non organizzati, i giovani e altre categorie - si legge nel documento - avvertono di essere state spinte alla periferia della società e temono per la loro stessa sopravvivenza". Le elezioni per il rinnovo del Parlamento federale costituiscono dunque "un'opportunità per riaffermare i diritti economici, sociali e culturali, insieme ai diritti civili". I gesuiti in India riportano infine all'attenzione dell'opinione pubblica l'ideologia dell'hindutva (riassunta nello slogan "una nazione, un popolo, una cultura") che nega il tradizionale pluralismo della società indiana e costituisce un pericolo per ogni minoranza. Essa - si afferma nel manifesto - ha fomentato la cultura dell'odio creando una polarizzazione fra le diverse comunità e alimentando le divisioni all'interno del tessuto sociale. Da qui l'invito, rivolto a tutte le organizzazioni della società civile indiana, ad impegnarsi in una grande opera di sensibilizzazione che promuova e difenda un'India laica e democratica, in cui davvero tutti possano godere degli stessi diritti. Una delle otto richieste ai futuri governanti, contenute nel "Peoples' manifesto 2009", riguarda la libertà religiosa e la difesa dei diritti delle minoranze. "Occorre attuare entro un anno la legge che vieta la violenza sociale - sostengono i gesuiti - in modo da porre fine a ogni forma di disordine e da frenare gli Stati che, apertamente o di nascosto, sono impegnati in questa politica". Inoltre bisogna prendere “misure efficaci contro le organizzazioni coinvolte nelle violenze". Va fermato - concludono i gesuiti - "qualsiasi tentativo che offenda i sentimenti religiosi e il rispetto del prossimo o che alteri, nelle menti dei giovani, la storia e la diversità culturale dell'India". (A.L.)

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    Spagna: i vescovi lanciano una campagna mediatica in difesa della vita

    ◊   “Proteggi la mia vita!”: si intitola così la campagna di comunicazione mediatica lanciata ieri dalla Conferenza episcopale spagnola. L’iniziativa, pensata in vista della “Giornata per la Vita” che si celebrerà il 25 marzo, proseguirà poi fino alla fine del mese. “Si prevedono cambiamenti legislativi - spiegano i vescovi spagnoli in una nota – che, d’ora in poi, daranno luogo ad una situazione in cui i nascituri saranno meno protetti rispetto alla situazione attuale. Allo stesso tempo, sembra che l’accettazione sociale dell’aborto vada aumentando”. In questo contesto, continua la nota, la Conferenza episcopale lancia “una campagna mediatica durante la quale verrà distribuito capillarmente tutto il materiale che si elabora, abitualmente ogni anno, per la “Giornata per la Vida” (dichiarazioni episcopali, locandine e guide liturgiche) ed inoltre, eccezionalmente, si affiggeranno manifesti pubblicitari”. In concreto, finora sono stati inviati, nelle parrocchie e nei centri cattolici di tutta la Spagna, 30mila foglietti illustrativi e fino al prossimo 30 marzo si potranno vedere affissi 1.300 manifesti pubblicitari in 37 città spagnole, mentre circa 8 milioni di dépliant circoleranno nelle diverse diocesi. La campagna mediatica ha due protagonisti: un essere umano ed una lince, animale simbolo delle specie protette. “Nella nostra società – spiega ancora la nota episcopale – di volta in volta cresce la sensibilità sulla necessità di proteggere gli embrioni delle diverse specie animali; le leggi tutelano la vita di queste specie sin dalle prime fasi del loro sviluppo”. Pur riconoscendo la validità di tale provvedimento, tuttavia i vescovi sottolineano che “è paradossale che una vita umana che sta per nascere sia oggetto di sempre meno protezione. Per questo, nella campagna mediatica appare la domanda “Ed io?”, circondata da una fotografia di un bambino già nato e da immagini che mostrano le diverse fasi di gestazione della vita umana”. “Si tratta di dare voce – concludono i vescovi spagnoli – a coloro che ancora non la hanno, ma che hanno già il diritto di vivere”. Da sottolineare, infine, che questa iniziativa si inserisce nell’Anno di preghiera per la Vita, indetto dai presuli spagnoli per il 2009. (I.P.)

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    In Canada, documento dei vescovi cattolici e dell’Alleanza evangelica sulle tecniche di procreazione assistita

    ◊   In Canada la Conferenza episcopale e l’Alleanza evangelica hanno chiesto alla Corte Suprema di ottenere l’autorizzazione ad intervenire in una questione implicante la contestazione, per il Quebec, della prerogativa del governo federale di regolamentare le tecniche di procreazione assistita e la ricerca genetica. Le questioni fondamentali – si legge nel comunicato della Conferenza episcopale canadese – sono il bene comune e l’interesse di tutti i canadesi. “L'attuale legislazione nazionale in questo ambito – si sottolinea nel testo - è fondamentale per l'effettiva promozione e la tutela della vita e della dignità umana, così come la dignità della procreazione umana”. Si tratta di principi che fanno riferimento anche al patrimonio cristiano. Ma in alcune zone del Canada, tra cui il Quebec, il sistema di valori è scosso da un sempre più marcato processo di scristianizzazione: in questo ambito - aveva affermato Benedetto XVI il 5 maggio 2006 ricevendo i vescovi canadesi - si colloca la discussione sulla liceità della procreazione assistitita e della clonazione umana. Nel giugno 2008, intervenendo su questo tema, la Corte d'Appello del Quebec ha stabilito che “solo la sicurezza dei partecipanti alla procreazione assistita necessita di protezione”. Nel loro appello alla Corte suprema, la Conferenza episcopale canadese e l’Alleanza evangelica sottolineano poi che le tecniche di riproduzione implicano questioni morali ed etiche che vanno al di là di singoli individui: riguardano la società nel suo complesso. Ribadendo che su tali temi è chiamato ad esprimersi non il governo federale ma quello nazionale, i vescovi ricordano la relazione nel 1993 della Commissione sulle nuove tecnologie riproduttive. “L'interesse pubblico, il benessere delle donne, il concepimento e la creazione di famiglie – si legge nel testo - sono questioni nazionali che devono essere affrontate a livello nazionale”. (A.L.)

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    Convegno in Austria sulla pastorale in favore dei migranti africani in Europa

    ◊   A Modling (Vienna), si è svolto l'incontro annuale "Pastorale dei migranti nelle grandi città d'Europa", che quest'anno ha avuto come titolo "Africani in Europa. L'approccio pastorale per un incontro indispensabile". Il convegno ha riunito i responsabili diocesani o nazionali della pastorale per i migranti e alcuni operatori pastorali di diverse città – Barcellona, Basilea, Bonn, Bruxelles, Colonia, Dusseldorf, Lione, Lucerna, Lussemburgo, Milano, Parigi, Torino, Vienna –. Molto importante è stata la presenza di sacerdoti e laici di origine africana, che hanno potuto dare il loro contributo competente all'approfondimento. Dato l'approccio pastorale del convegno - riferisce l'agenzia Fides - si è prestata maggiore attenzione ai movimenti migratori provenienti dall'Africa a sud del Sahara, che comprendono più di frequente migranti o profughi di religione cristiana. Dagli interventi e dalle relazioni delle singole città, è emerso che le persone arrivate dall'Africa subsahariana sono una minoranza nel panorama migratorio europeo. Tuttavia il loro numero è in crescita. Certamente gravi sono i fattori economici, politici e ambientali che fanno aumentare in Africa la spinta verso l'emigrazione. Altrettanto forte è l'attrazione esercitata dall'Europa, conosciuta soprattutto attraverso le immagini dei media. Il più elevato tenore di vita che possono permettersi le famiglie di chi è emigrato spinge altri a partire. Da questa situazione traggono profitto le organizzazioni della tratta degli esseri umani. Vista la complessità del fenomeno, dal convegno è emerso che sono necessari un impegno di collaborazione tra le Chiese di partenza e quelle di arrivo, l'accoglienza di sacerdoti, religiosi e operatori pastorali africani, preparati ad essere ponte tra i cristiani africani in Europa e le Chiese locali, e un'azione di sensibilizzazione e di advocacy a favore dei migranti e dei rifugiati nei vari settori della società. (R.P.)

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    Il Patriarca ortodosso Kirill preoccupato per i dati sulla pratica religiosa in Russia

    ◊   E’ necessario impostare una nuova pastorale che risvegli la coscienza cristiana del popolo russo, la cui pratica religiosa non supera normalmente il 10%. Lo ha detto il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie Kirill incontrando i sacerdoti della diocesi di Toula, città a circa 200 chilometri a sud della capitale. “Ogni sacerdote – ha detto il Patriarca le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano – sa bene che il suo compito principale è quello di celebrare gli uffici divini e di predicare. Si pensa che la gente verrà comunque a riempire le nostre chiese. Per il momento tutto questo funziona, soprattutto nelle grandi città, perché ci sono poche chiese”. Il dovere di un pastore – ha sottolineato Kirill – è anche quello di conoscere i propri parrocchiani: andare incontro alle persone e conoscerle è oggi una necessità pastorale. Per questo è necessario – ha affermato il Patriarca – “aumentare il numero delle parrocchie”. In base a dati statistici sulla pratica religiosa nel Paese, il 60 % dei russi si dichiara ortodosso. Ma tra questi, solo il 10% frequenta regolarmente la chiesa. (A.L.)

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    Iniziato il cammino per la convocazione del grande Sinodo ortodosso

    ◊   Tutti i capi delle Chiese ortodosse hanno ricevuto gli inviti per i due incontri preparatori al grande Sinodo ortodosso, fissati per giugno e dicembre di quest’anno. Il Patriarca ecumenico Bartolomeo ha così messo in moto le decisioni prese nel recente incontro, tenutosi a Costantinopoli, accelerando i tempi per la convocazione del grande Sinodo. L’obiettivo del Sinodo ortodosso – sottolinea l’Osservatore Romano – “è di dare una risposta a tutte le problematiche accumulatesi nel corso dei secoli e che  continuano ancora a travagliare le relazioni tra le Chiese ortodosse, che fatalmente si ripercuotono anche sul  dialogo tra ortodossi e cattolici”. Tra i temi in agenda negli incontri preparatori al Sinodo ci sono la diaspora ortodossa e le regole di riconoscimento canonico tra le Chiese ortodosse. Altri temi riguardano gli impedimenti e canonicità del sacramento del matrimonio e i rapporti con le altre confessioni cristiane. “La Chiesa - ha dichiarato ad AsiaNews padre Tetsetis, teologo del Patriarcato ecumenico - ha bisogno di un dialogo aperto e sincero. Perché soltanto allora, avendo come bussola la sua ricca tradizione, potrà affrontare i suoi problemi esistenziali, che si presentano sempre più acuti e complicati. Solo allora si potrà capire l’importanza dell’iniziativa del Patriarca ecumenico”. (A.L.)

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    In Australia gli universitari cattolici accolgono l’icona della Madonna

    ◊   Mancano ancora più di due anni, ma i giovani australiani pensano già alla Giornata mondiale della Gioventù di Madrid del 2011. I ricordi della Gmg australiana sono vivi e a testimoniarlo sono le centinaia di giovani accorsi ieri presso la chiesa di San Benedetto vicino all'università cattolica di Notre Dame di Sydney per accogliere l'icona della Madonna, Maria Sedes Sapientiae, donata da Giovanni Paolo II ai giovani universitari di tutto il mondo nel 2000. Ricevuta lo scorso dicembre, a Roma, dalle mani dei loro coetanei rumeni, l’icona resterà nella città australiana fino a giugno prima di cominciare una ‘peregrinatio’ nelle università e parrocchie del Paese. Ad organizzare l’accoglienza è Annamaria Palacio, responsabile degli studenti cattolici australiani che al Sir dichiara: “dobbiamo tenere viva l'esperienza della Gmg attraverso momenti come questi e testimoniare Cristo nelle università". “Ricevere l’icona - ha spiegato il vescovo ausiliare di Sydney, mons. Anthony Fisher - è un incoraggiamento a proseguire il cammino post-Gmg. L’università, luogo della sapienza, è ambiente ideale per educare alla fede e dove tramandare il messaggio di questa icona. Questo anno che abbiamo davanti ci darà la possibilità di preparaci anche in vista di Madrid 2011, dove speriamo si recheranno almeno 5 mila australiani”. (A.L.)

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    Prima parrocchia caldea in Germania

    ◊   Si è svolta domenica scorsa ad Essen, in Germania, l’importante cerimonia ufficiale di presentazione alla popolazione della chiesa e della comunità caldea, affidata dal settembre del 2007 a Padre Sami Danka. Il sacerdote, in un'intervista rilasciata al sito Baghdadhope (www.baghdadhope.blogspot.com), ha spiegato di non essere l’unico sacerdote caldeo: “Basti ricordare - ha spiegato - le comunità a Monaco, Stoccarda, Berlino, Amburgo. L’unica differenza è che la parrocchia di Essen, che comprende anche le comunità di Mönchengladbach, Bonn e Stadtlohn, è la prima interamente caldea. La chiesa dove ieri si è svolta la cerimonia originariamente era una chiesa latina”. “Ora – ha aggiunto – è una chiesa caldea a tutti gli effetti, una chiesa dove i nostri fedeli possono partecipare alle funzioni secondo il rito caldeo. La parrocchia è dedicata a Sant’Addai e San Mari”. La Santa Messa è stata concelebrata da padre Sami Danka e da mons. Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede e visitatore apostolico per l’Europa. Durante la cerimonia è stato anche ricordato mons. Rahho, di cui si è celebrato nei giorni scorsi il primo anniversario del rapimento e della morte. In Germania come in tutto il mondo – ha detto padre Sami Danka - la comunità caldea avrà sempre un affetto speciale per lui e gli altri martiri cristiani. (A.L.)

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    L’arcivescovo di Parigi dal 23 al 25 marzo a New York per incontrare la comunità ebraica

    ◊   Conoscere le scuole dell’ortodossia ebraica moderna, approfondire il dialogo reciproco e promuovere un comune impegno etico. Questi i motivi del viaggio che l’arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois, farà negli Stati Uniti dal 23 al 25 marzo accompagnato da una delegazione di cardinali e vescovi cattolici d’Europa, Asia e Africa. Incontrerà i maestri delle scuole dell’ortodossia ebraica moderna. “Questi incontri – si legge in una nota dell’arcivescovato di Parigi – nascono da un’intuizione del cardinale Jean-Marie Lustiger” che li ha iniziati nel 2003 con la collaborazione del rabbino Israël Singer, allora presidente del Congresso ebraico mondiale. Il dialogo instaurato è dovuto alla comune necessità “di dialogo ma anche di fraternità religiosa volta al servizio della società”. Un’azione comune che ha portato, ad esempio, alla creazione di centri alimentari per i più poveri in Brasile e Argentina, cogestiti da preti e da rabbini. Nel corso del viaggio – rende noto il Sir - la delegazione visiterà il Jewish Heritage Museum di New York e l’Holocaust Memorial di Washington. (A.L.)

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    Il Premio Templeton 2009 al francese Bernard d’Espagnat, fisico e filosofo della scienza

    ◊   Il Premio Templeton è stato assegnato quest’anno al francese Bernard d’Espagnat, 87 anni, fisico e filosofo della scienza. L’annuncio è stato fatto ieri dalla Fondazione Templeton a Parigi, presso la sede dell’Unesco, e non a New York, sede della Fondazione stessa come d’abitudine. D’Espagnat è stato premiato per le ricerche sulle implicazioni filosofiche della meccanica quantistica. Egli, infatti, ha offerto maggiori chiarimenti sulla definizione del reale e sui limiti potenziali della conoscenza scientifica. Di rilievo, in particolare, l’approfondimento del cosiddetto “teorema delle ineguaglianze” di Bell” che ha implicazioni cosmologiche. Il Premio Templeton, del valore oggi di oltre un milione di euro, viene assegnato ogni anno a uomini e a donne, che si impongono per la loro carità, per la loro fede religiosa e per l’eminenza della propria cultura. La prima ad esserne insignita fu, nel 1973, la Beata Teresa di Calcutta. D’Espagnat ritirerà il premio, il prossimo 5 maggio, a Buckingham Palace dalle mani del principe Filippo, sposo della regina d’Inghilterra. (A.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il presidente del Madagascar si dimette e consegna i suoi poteri a un direttorio militare

    ◊   Si è dimesso il presidente del Madagascar, dopo il colpo di Stato militare. Ieri un numero imprecisato di soldati, con l'appoggio di due blindati, hanno preso il controllo del palazzo presidenziale nella capitale, senza incontrare resistenza. Il servizio di Fausta Speranza.

    Prima l’annuncio da parte di diplomatici, poi, proprio poco fa, la conferma del portavoce del capo di Stato: il presidente del Madagascar, Ravalomanana, ha dato le dimissioni e ha consegnato il potere ai militari. Con un’ordinanza ha trasferito i suoi poteri a un “direttorio militare”. Poche ore prima il leader dell'opposizione del Madagascar, Rajoelina, aveva annunciato le dimissioni di otto dei ministri legati al presidente. Ad ascoltarlo circa diecimila persone. Dopo il blitz militare, il presidente si era asserragliato nel palazzo a circa dieci km dalla capitale ma ha poi desistito dal proposito di resistere fino all’ultimo. I militari hanno preso tempo per evitare uno spargimento di sangue. Il colpo di Stato militare è arrivato ieri dopo un lungo braccio di ferro tra il presidente e il capo dell’opposizione che nei giorni scorsi era stato accolto dall’Onu per motivi di sicurezza. Rajoelina, 36 anni, ex sindaco di Antananarivo, si è fatto portavoce delle frustrazioni e delle proteste popolari scatenate alla fine di gennaio dal rialzo dei prezzi. Dall'inizio della crisi sono state più di cento le vittime delle violenze nel Paese.

     
    Ma quali i motivi reali alla base della crisi in Madagascar? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Domenico Quirico, esperto di Africa del quotidiano “La Stampa”:

    R. – È probabilmente il primo caso di una crisi politica di queste dimensioni, innescata da un fenomeno nuovo ma che sta dilagando nel Terzo mondo ovvero la colonizzazione agricola, da parte di Paesi del petrolio e di grandi società multinazionali, di intere parti del territorio di Paesi del Terzo mondo, dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Il presidente Ravalomanana, che è un uomo d'affari e il suo impero economico è sostanzialmente basato sull’agro alimentare, ha affittato un milione di ettari del territorio del Madagascar alla sudcoreana Daewoo. Questo ha scatenato un rigurgito di nazionalismo in un Paese che era già fortemente deluso dalle sue promesse di sviluppo economico che non si sono verificate. Su questo si è innescato un fenomeno nuovo, cioè l’oppositore che pensava probabilmente di guadagnare la partita muovendo la piazza ma su questa sua rivoluzione si è innescato un golpe militare.

     
    D. – Il Madagascar non rischia di essere schiacciato ulteriormente da questa instabilità politica?

     
    R. – Questo è ovvio, ma è quello che succede in tutti i Paesi africani dove si stanno verificando dei fenomeni di cui, ho l’impressione, che l’Occidente non si sia o non voglia ancora rendersi conto. C’è stato un moltiplicarsi di colpi di Stato militari in questi ultimi tempi in Africa, non si tratta di un fenomeno occasionale. C’è un bottino su cui si è scatenata una grande lotta, cioè il petrolio, le materie prime - parlo del Congo, della Guinea, etc. - e l’Africa è anche altro, ma se non si entra nella logica di capire cosa significa oggi la politica in Africa allora si finisce per nuocere a coloro che si vogliono aiutare cioè le popolazioni africane. L’Africa è ostaggio di questa grande battaglia per la ricchezza e per il potere.

     
    Israele
    Il premier Ehud Olmert ha convocato il governo in una seduta speciale oggi alle 14 (le 13 in Italia) per illustrare le ultime fasi della trattativa indiretta con Hamas su uno scambio di prigionieri che garantisca la liberazione di Ghilad Shalit, il caporale detenuto a Gaza dal giugno 2006. Durante la riunione dei ministri non è previsto alcun voto. In Israele prevale un clima di pessimismo, dopo che la scorsa notte l'ufficio di Olmert ha reso noto che gli sforzi dei negoziatori israeliani al Cairo sono stati vani e che Hamas ha irrigidito le proprie posizioni, annullando all'ultimo momento intese che sembravano essere state concordate in precedenza. Hamas ha replicato che questa descrizione dei fatti non è veritiera e ha precisato di non aver mai accettato l’espulsione all'estero o il confinamento forzato a Gaza di detenuti che fossero liberati da Israele.

    Cisgiordania
    Potrebbe esserci al-Qaeda dietro l'attentato di due giorni fa a Massuà (Cisgiordania) dove due agenti della polizia israeliana sono stati uccisi da attentatori che poi si sono dileguati. Lo sostiene il sito israeliano di intelligence Debka secondo cui ieri un volantino di rivendicazione, con numerosi dettagli sulla dinamica dell'attentato, è stato diffuso in Cisgiordania e in Giordania. Il volantino, prosegue Debka, è firmato da un gruppo finora sconosciuto, "Le Brigate del Confronto a Gerusalemme", che afferma di essere il braccio armato di al-Qaeda in Cisgiordania e di essere in procinto di compiere nuovi attentati. Debka, da parte sua, trova significativo che l'attentato e la distribuzione del volantino siano coincisi con la divulgazione di una nuova cassetta audio di Osama Bin Laden. In precedenza quell'attentato era stato rivendicato da un altro gruppo misterioso, "Le Brigate Imad Mughniyeh". Ma i servizi di sicurezza israeliani avevano commentato che quella rivendicazione appariva fasulla.

    Afghanistan
    Nove presunti ribelli afghani sono stati uccisi nelle ultime ore nel corso di operazioni delle forze di sicurezza afghane e internazionali nel sud del Paese. Lo hanno reso noto le forze armate della coalizione e il Ministero dell'interno afghano. Nella provincia di Kandahar sono stati uccisi sette ribelli e tre sospetti sono stati arrestati. Altri due insorti sono stati uccisi nel corso di un attacco ad un edificio pubblico nella provincia di Nimroz.

    Pakistan
    Il presidente pachistano Asif Ali Zardari ha firmato stamattina il documento relativo alla reintegrazione nel suo incarico del giudice che presiede la corte suprema, Iftikhar Mohammed Chaudhry. L'ordine di reintegro è stato ora consegnato al ministro della Giustizia per i provvedimenti di competenza. Il documento era stato inviato ieri sera all'ufficio presidenziale dal primo ministro Yousuf Raza Gilani. Solo dopo il 21 marzo Chaudhry ricoprirà l'incarico dal quale era stato rimosso dall'ex presidente Pervez Musharraf nel marzo del 2007, dopo cioè il pensionamento dell'attuale capo della corte suprema. La decisione di Gilani, ora ratificata da Zardari, aveva consentito ieri di fare decantare la tensione politica, giunta a livelli altissimi, e aveva incontrato l'approvazione dell'opposizione guidata da Nawaz Sharif.

    Iran
    È di trenta miliziani morti il bilancio del duro scontro avvenuto nel sud-est dell’Iran lo scorso 7 marzo. Il tutto viene riferito dalla stampa di Teheran oggi. Le vittime, appartenenti ad un gruppo separatista sunnita, sono state uccise dalle forze di sicurezza dopo essersi infiltrate dal vicino Pakistan.

    Algeria
    Altri due civili sono morti per le conseguenze dell’esplosione di un ordigno a Oued Essania, che nei giorni scorsi aveva causato la morte di 5 membri della stessa famiglia. Ma gli attacchi non si fermano qui. Quattro militari sono rimasti uccisi e 5 sono stati gravemente feriti in un attacco dinamitardo compiuto ieri pomeriggio vicino a Tadmait, a pochi passi dalla caserma della guardia comunale colpita la settimana scorsa da un attentato suicida. Gli attacchi, secondo la stampa algerina, sarebbero opera di gruppi affiliati ad Al Qaeda.

    Crisi
    Il premio Nobel 2008 per l'economia, lo statunitense Paul Krugman si è detto “deluso” dalla risposta finora data da Stati Uniti e Unione Europea alla crisi finanziaria ed economica, definendola “inadeguata”. “Gli Stati Uniti non stanno facendo abbastanza, ma l'Unione europea sta facendo ancora meno”, ha detto Krugman in un intervento alla Commissione Europea, sottolineando come in Europa servirebbe uno sforzo in termini di stimoli fiscali pari al 4% del Pil, dunque pari a circa 500 miliardi di euro. Il principale problema per l'Ue - secondo Krugman - è quello di non avere un'autorità centrale di bilancio: “Purtroppo - ha detto - la Commissione europea non ha autorità e per ogni decisione deve parlare con i vari governi europei”.

    Sri Lanka
    Oltre 600 civili sono riusciti a fuggire dalla zona di guerra nel nordest dello Sri Lanka, dove l'esercito cinge d'assedio gli ultimi ribelli tamil in un tratto di jungla di 30 chilometri quadrati. Lo hanno reso noto le forze armate di Colombo. Ieri 619 civili sono fuggiti dalla zona di guerra. Negli ultimi tre giorni i profughi sono stati 2.600, 41.500 da gennaio. Secondo l'esercito, nella zona di guerra rimangono intrappolati 70.000 civili, 150.000 secondo le agenzie umanitarie internazionali. Le loro condizioni sono disperate. Un attentatore suicida delle Tigri tamil ieri si è fatto saltare in aria a pochi metri dalle truppe di Colombo, senza fare vittime. L'esercito ha reso noto di aver recuperato 14 corpi di ribelli uccisi negli scontri.

    Filippine
    Tre soldati filippini sono morti e altri 19 sono rimasti feriti dopo due giorni di combattimenti contro un gruppo di ribelli musulmani per liberare i tre dipendenti del Comitato internazionale della croce rossa (Cicr), tra cui l'italiano Eugenio Vagni, rapiti il 15 gennaio scorso. Lo ha reso noto il portavoce dell'esercito, il generale Gaudencio Pangilinan, secondo il quale è stato probabilmente ucciso anche uno dei rapitori. Mentre il Circ che, come ha confermato il portavoce per l'Asia Alain Aeschlimann, era al corrente dello scontro a fuoco, ha espresso la sua preoccupazione per la vita degli ostaggi, oltre a Vagni, la filippina Mary Jean Lacaba e lo svizzero Andreas Notter. Pangilinan ha reso noto che durante lo scontro sono state trovate “le tende ed altre attrezzature” che erano state fornite agli ostaggi, assicurando che sono con i ribelli islamici di Abou Sayyaf.

    Russia
    Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha criticato l'allargamento della Nato fino ai confini della Federazione russa, affermando che in tante parti del mondo resta una situazione di potenziali conflitti. Lo ha fatto parlando a una riunione con i vertici militari al Cremlino. E ha annunciato tra l’altro un “massiccio riarmo” del suo Paese a partire dal 2011, in risposta alle persistenti minacce del terrorismo internazionale, delle crisi regionali e di quelli che ha definito gli incessanti tentativi della Nato di allargarsi fino ai confini della Federazione russa. Pertanto ha indicato tra i compiti prioritari dello Stato l"'innalzamento qualitativo" delle capacità di combattimento dell'Esercito, in primo luogo delle Forze nucleari strategiche che, a suo avviso, “devono assolvere tutti i compiti posti per garantire la sicurezza militare della Russia”. La strategia della sicurezza nazionale russa per il periodo fino al 2020 sarà approvata prossimamente a una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale.

    Immigrazione
    Cinque somali, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, sono stati fermati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nell'ambito delle indagini sullo sbarco di 182 migranti, compresi tre bambini e 25 donne, a Portopalo di Capo Passero, nel siracusano, ieri. Undici degli stranieri, arrivati con un peschereccio di colore azzurro, sono stati ricoverati per accertamenti negli ospedali di Noto e Avola. I provvedimenti di fermo nei confronti dei presunti scafisti sono stati eseguiti da polizia, carabinieri e guardia di finanza e da investigatori del Gruppo interforze di contrasto alla migrazione clandestina della Procura della Repubblica di Siracusa. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 76

     
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