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Sommario del 14/07/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Attacchi alle chiese in Iraq. Il Papa prega per la conversione degli attentatori
  • Il dolore del Papa per l'uccisione di un militare italiano in Afghanistan
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il cardinale Rodríguez Maradiaga: pace per l'Honduras attraverso il dialogo
  • Il polacco Buzek nuovo presidente del Parlamento europeo
  • Mons. Crociata: nei prossimi mesi il picco della crisi. Più aiuti alle famiglie
  • I docenti di economia degli atenei romani a convegno per riflettere sulla “Caritas in veritate”
  • La Chiesa ricorda San Camillo de Lellis: nei malati vedeva il cuore di Dio
  • Chiesa e Società

  • Allarme dell'Oms per la nuova influenza: la pandemia è inarrestabile
  • Pakistan: minacce contro comunità e istituzioni cristiane
  • Un altro sacerdote spagnolo ucciso a Cuba. Era il rettore del santuario mariano di Regla
  • Al via domani a Lione l'Assemblea delle Chiese cristiane d'Europa
  • La soddisfazione della Chiesa filippina per la liberazione di Eugenio Vagni
  • Turchia: dopo l'Anno Paolino buone prospettive per il dialogo ecumenico e interreligioso
  • Hong Kong: continuano le celebrazioni per l'Anno delle Vocazioni sacerdotali
  • Filippine: la Chiesa contro la costruzione di una diga a Luzon
  • A Lumbang nelle Filippine la prima chiesa in Asia dell’Ordine dei Minimi
  • La diocesi di Bangkok appoggia l’agricoltura biologica
  • Zambia: tragica fine di due sacerdoti annegati nel lago Bangweulu
  • Uganda: i 150 anni dall’arrivo dei primi Padri Bianchi
  • Regno Unito: dedicata al dramma del suicidio la prossima Giornata della Vita
  • Centoventi volontari francesi verso la missione nei Paesi poveri
  • Un dizionario latino-coreano per una più completa missione della Chiesa in Corea
  • Al via il Giffoni Film Festival, la kermesse di film per i più giovani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cina: minacce di Al Qaeda per l'uccisione di musulmani uiguri
  • Il Papa e la Santa Sede



    Attacchi alle chiese in Iraq. Il Papa prega per la conversione degli attentatori

    ◊   In risposta ai tragici attacchi in Iraq contro i luoghi di culto cristiani è giunto l’appello del Papa alle autorità irachene, affinché fermino le violenze, dietro le quali si teme un disegno criminale preordinato. Il servizio di Roberta Gisotti.

     
    Benedetto XVI, vicino spiritualmente alla comunità cattolica e ortodossa in Iraq, “prega per una conversione del cuore degli autori della violenza”. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, inviato ieri al patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, il Papa “incoraggia le autorità a fare tutto il possibile per promuovere una coesistenza giusta e pacifica di tutti i settori della popolazione irachena”. “Siamo dispiaciuti - ha fatto eco al Santo Padre il cardinale Delly - perché oggi sono obiettivo degli attentati luoghi che, in passato come durante la guerra, servivano da rifugio per cristiani e musulmani”.

     
    Ricordiamo che 5 persone sono state uccise ed oltre 40 sono rimaste ferite in una catena di attacchi eseguiti tra sabato sera e ieri mattina a Baghdad, Mossul e Kirkuk, nel nord del Paese, contro obiettivi e personalità cristiane. Sette le chiese colpite nella capitale: quelle di Notre Dame, di San Giuseppe, di San Giorgio, del Sacro Cuore e di San Giacomo di rito caldeo; quella dei Santi Pietro e Paolo di rito siro-ortodosso e quella di Santa Maria di rito assiro; oltre alla chiesa della Madonna di Fatima di rito siro-cattolico a Mossul. “Si tratta di attacchi perpetrati con lo scopo di spingere i cristiani fuori dall’Iraq”, ha dichiarato mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo dei Latini a Baghdad, e questa è l’opinione largamente condivisa tra gli esponenti della comunità cristiana irachena, almeno 800 mila fedeli prima dell’invasione statunitense nell’aprile 2003 ed ora - secondo stime - ridotta a meno di 500 mila.

     
    Intanto le autorità irachene, da due settimane responsabili della sicurezza nei centri abitati dopo il ritiro definitivo delle truppe Usa hanno imposto il coprifuoco in alcuni sobborghi a maggioranza cristiana nei pressi di Mossul e rafforzato la protezione alle 35 chiese di Baghdad.

     
    Tra le chiese colpite nella capitale irachena quella di Santa Maria, dove officia mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo a Baghdad. Ascoltiamo il racconto commosso di quegli accadimenti tragici. L’intervista al presule è di Marie Duhamel della nostra redazione francese.

    R. – Avevo quasi previsto che sarebbe accaduto qualcosa alle chiese: nella notte erano già state bombardate le chiese di San Giuseppe lavoratore e poco prima delle cinque della mattina mi hanno telefonato che anche la chiesa di San Giorgio era stata attaccata. Io avevo allora telefonato a vescovi e sacerdoti avvertendoli di stare attenti; avevo parlato anche con alcuni responsabili dell’esercito, per avvisare anche loro. Quindi sono andato a celebrare la Messa, e nel corso della celebrazione abbiamo pregato per la pace e per la sicurezza; al termine della Messa, siamo usciti nel cortile della chiesa dove ho salutato alcune persone. Poi, alcuni mi hanno invitato a recarmi nell’ufficio vicino, e dopo appena un minuto abbiamo sentito questa voce dall’inferno che ci ha fatto sussultare, perché tanti strillavano, tanti piangevano, i bambini gridavano e poi il fuoco, il fumo dall’altra parte … non sapevamo cosa fare! Quindi sono arrivate le forze del governo e poi alcuni nostri vicini di casa, anche musulmani, e abbiamo visto che due giovani – poveri! – mancavano all’appello: erano morti e c’erano 25-30 feriti …

     
    D. – C’è un messaggio che lei oggi vuole far giungere ai cristiani che sono ancora in Iraq?

     
    R. – Certamente! Noi siamo figli della speranza, e dobbiamo per questo avere fiducia nel Signore e andare avanti, perché il nostro Dio è un Dio d’amore, è un Dio che ama gli uomini, che li ha creati per essere felici in questo mondo, non per vivere una vita di malinconia, di sofferenza. Ed il popolo iracheno sta soffrendo da tanti anni, ed i cristiani soffrono insieme a tutto il popolo da duemila anni … Il nostro Paese è il Paese dei martiri: quanti martiri! Per questo, cerchiamo di vivere con fiducia e con tranquillità!

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    Il dolore del Papa per l'uccisione di un militare italiano in Afghanistan

    ◊   Profondo dolore è stato espresso dal Papa per il militare italiano ucciso e per i tre soldati italiani rimasti feriti questa mattina in Afghanistan in un nuovo attacco bomba. Tra i militari feriti, tutti paracadutisti della Folgore, nessuno si troverebbe in pericolo di vita. Cordoglio unanime è giunto anche dal mondo della politica, mentre il presidente della Camera Fini ha annunciato che il governo riferirà presto in Aula sul tragico evento. Il servizio, di Linda Giannattasio:

    Ancora un attacco alle truppe italiane in Afghanistan. La vittima è un giovane paracadutista, il caporalmaggiore della Folgore Alessandro Di Lisio, 25 anni, originario di Campobasso. Secondo le informazioni diffuse dallo Stato Maggiore della Difesa, l’attentato sarebbe avvenuto lungo la strada a circa 50 chilometri a nord-est di Farah, dove un’esplosione avrebbe coinvolto il convoglio dei paracadutisti della Folgore e del reggimento dei bersaglieri, provocando anche il ferimento di altri 3 militari, tutti ricoverati presso l’ospedale della cittadina, nessuno dei quali sarebbe in pericolo di vita. Cordoglio è giunto, oltre che dal Papa, da tutto il mondo della politica: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi hanno espresso la loro vicinanza alla famiglia del giovane ucciso e solidarietà ai militari impegnati in Afghanistan, ribadendo comunque che la missione in questo Paese resta necessaria. Il presidente della Camera Fini ha annunciato che il governo riferirà in Aula, appena si avranno maggiori informazioni sul tragico evento. Intanto, ancora nel Paese, è salito a sei morti il bilancio dello schianto di un elicottero militare utilizzato dalle forze alleate straniere nella provincia meridionale di Kandahar. Il velivolo, con a bordo civili impiegati di una società che lavora per le forze internazionali, sarebbe stato colpito prima di cadere. L’abbattimento dell’elicottero è stato rivendicato dai talebani. E oggi, dalla provincia di Helmand giunge anche la notizia di un altro attentato, in cui hanno perso la vita due marines americani.

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    Nomina

    ◊   Il Santo Padre ha nominato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede il padre domenicano Bruno Alessio Esposito, decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino in Roma.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, “Un’altra estate” di Ferdinando Cancelli.

    Nell’informazione internazionale, l’intervento della Santa Sede al Consiglio economico e sociale dell’Onu.

    Il cielo in una pausa: in cultura, Marcello Filotei sull’ “Elias” di Mendelssohn diretto da Herreweghe e su “L’imbalsamatore” di Giorgio Battistelli alla LXVI settimana musicale senese.

    A lezione dal dottore del concilio: Ian Ker traccia un profilo del cardinale John Henry Newman.

    Quando Oscar Wilde chiese udienza a Pio IX: Andrea Monda recensisce un saggio di Paolo Gulisano che fa emergere aspetti poco conosciuti del letterato dandy più celebre dell’Ottocento.

    L’intelligenza non basta: Inos Biffi su San Bonaventura e San Tommaso a confronto.

    Nell’informazione religiosa, Mario Ponzi e Nicola Gori intervistano rispettivamente il vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, e il cardinale Jorge Maria Mejia, archivista e bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa.

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    Oggi in Primo Piano



    Il cardinale Rodríguez Maradiaga: pace per l'Honduras attraverso il dialogo

    ◊   L’Honduras stenta a recuperare la normalità dopo la crisi istituzionale che ha portato alla destituzione il 28 giugno scorso del presidente Manuel Zelaya, attualmente in Nicaragua. Oggi è intervenuto anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che ha offerto il suo “aiuto tecnico” al presidente del Costa Rica, il Premio Nobel per la pace Oscar Arias, mediatore nella crisi per volere delle Nazioni Unite. La forte conflittualità tra i sostenitori del presidente deposto e il governo ad interim, varato dal Congresso honduregno, accresce i timori di nuove violenze. Domenica scorsa la cattedrale della capitale Tegucigalpa ha subìto un terzo attacco vandalico e almeno in tre chiese non si è potuto celebrare la Santa Messa a causa della presenza minacciosa di gruppi incontrollati. Benedetto XVI sta seguendo “con viva preoccupazione gli avvenimenti dell'Honduras” - come ha detto domenica all’Angelus - invitando tutti i fedeli a “pregare per quel caro Paese affinché, per l'intercessione materna di Nostra Signora di Suyapa, i responsabili della Nazione e tutti i suoi abitanti percorrano pazientemente la via del dialogo, della comprensione reciproca e della riconciliazione”. Il Papa ha chiesto a tutte le parti di “superare le tendenze particolariste” compiendo ogni sforzo possibile per “cercare la verità” e “perseguire con tenacia il bene comune” assicurando così “una convivenza pacifica e un'autentica vita democratica”. E proprio sull’impatto delle parole del Papa, la nostra collega Patricia Ynestroza ha chiesto una riflessione all’arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga:

    R. – Hemos sentido una gran alegria…
    Abbiamo provato una grande gioia: il Santo Padre ci ha dato tanta forza con quelle parole così piene di saggezza. Logicamente la comunità cattolica lo ringrazia ed è molto contenta. Tra i seguaci del regime precedente ci sono anche molti cattolici che agiscono con buona coscienza, perché non hanno tutte le informazioni. La Chiesa non può schierarsi da nessuna parte. La Chiesa cerca la riconciliazione, la pace, e cerca soprattutto l’intesa attraverso il dialogo.

     
    D. – Questa intervista sarà ascoltata attraverso le radio locali cattoliche del suo Paese. Desidera lanciare un messaggio al popolo honduregno?

     
    R. – Precisamente que en el momento...
    Proprio in questo momento in cui dobbiamo seguire il Vangelo, la Parola di Dio ci dice chiaramente che chi esercita la violenza perirà nella violenza e che un regno diviso non può andare avanti. Dobbiamo cercare l’unità in ciò che è essenziale. I partiti politici possono essere legittimi, possono avere un diverso modo di pensare, però questo non giustifica affatto la violazione della legge. A questo punto, volendo tornare indietro scopriremmo che nessuna legge è stata rispettata anche perché per primo l’ha violata la massima autorità. Credo che sia molto importante che si torni a Dio, che si esamini il nostro cuore, per svuotarlo dall’odio e dalla violenza, e che come fratelli honduregni cerchiamo delle vie migliori per il futuro di questo Paese. Approfitto per chiedere le preghiere di tutti gli amici degli honduregni, perché nel momento in cui le cose sembrano impossibili, Dio le rende possibili.

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    Il polacco Buzek nuovo presidente del Parlamento europeo

    ◊   Si è riunito stamani a Strasburgo il nuovo Parlamento europeo, eletto nel giugno scorso dai cittadini dei 27 Paesi membri dell’Unione. Primo atto dell’assemblea, la nomina del presidente dell’assise, carica per la quale è stato scelto, come da tempo annunciato, il 69enne eurodeputato polacco Jerzy Buzek. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Stamani a Strasburgo, passaggio di consegne alla presidenza del Parlamento europeo tra il tedesco Hans Gert Poettering ed il polacco Jerzy Buzek. Ex premier del governo di Varsavia, Buzek è stato eletto al primo scrutinio, ottenendo la maggioranza assoluta dei voti espressi: 555 le preferenze accordategli su 713 votanti nella prima seduta del nuovo Parlamento. “Questa elezione rappresenta un segnale importante anche per tutti gli altri Paesi dell'Europa centro-orientale – ha detto Buzek nel suo primo discorso – ed è un omaggio ai nostri cittadini che non si sono assoggettati a un regime nemico. Ora – ha sottolineato – pensiamo ad un’Europa comune”. Buzek ha poi ricordato il sindacato Solidarnosc, del quale fece parte, che vinse vent’anni fa la lotta per la Polonia libera e per la difesa dei diritti dell’uomo e dei lavoratori. Infine, il neopresidente ha ricordato il ruolo svolto per l’Europa da Papa Giovanni Paolo II. Con questa elezione, l’assemblea comunitaria ha inaugurato una legislatura decisiva per la definizione ed il rafforzamento delle istituzioni comunitarie. Ma quali poteri ha oggi concretamente il Parlamento europeo? Lo abbiamo chiesto a Ugo Draetta, ordinario di Diritto Internazionale all’Università Cattolica di Milano:

     
    R. – Il problema fondamentale è che questo Parlamento non fa quella cosa che i parlamenti per definizione fanno, essendo democraticamente eletti: cioè fare le leggi. Questo Parlamento non le fa. Le leggi, che in chiave europea si chiamano regolamenti, li emette il Consiglio, che è composto dai rappresentanti dei governi. Quindi, è l’esecutivo che fa le leggi. Se questo succedesse in uno Stato nazionale, si griderebbe allo scandalo. Il Parlamento, al massimo, ha un diritto di veto, cioè se non è d’accordo con una decisione del Consiglio, può bloccarla: quindi può paralizzare l’attività comunitaria ma non può indirizzarla secondo il suo volere, pur essendo l’espressione della volontà dei nostri cittadini. Questo è il dramma del Parlamento europeo, questa è l’origine delle sue frustrazioni, questo è il problema centrale dell’Unione Europea, questo deficit democratico che non sarà risolto con il Trattato di Lisbona, il quale non fa fare un passo in più nella direzione della soluzione del deficit democratico del precedente Trattato.

     
    D. – E come fare, allora, per rafforzare le istituzioni comunitarie rispetto a quelle statali?

     
    R. – Per migliorare la situazione occorre che i regolamenti siano emessi da un organo democraticamente eletto. Ma perché questo succeda, occorre che gli Stati praticamente rinuncino ad una prerogativa sovrana fondamentale, cioè quella di emanare procedimenti legislativi. In altre parole, che si faccia una struttura federale.

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    Mons. Crociata: nei prossimi mesi il picco della crisi. Più aiuti alle famiglie

    ◊   “Pur vedendo con fiducia i segni di ripresa che pure ci sono, ci stiamo accorgendo purtroppo che la crisi persiste e rischia di avere nei prossimi mesi il momento più critico”. “Presumiamo che tante famiglie avranno bisogno e noi arriviamo al momento necessario con questo segno che a livello nazionale acquista un valore e una consistenza significativa”. E’ quanto ha affermato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale Italiana, in occasione della presentazione del “prestito della speranza”. Si tratta della prima iniziativa nazionale, resa possibile dall'accordo tra Cei e Associazione bancaria italiana, che utilizza il credito per il sostegno al reddito delle famiglie e che coinvolge il sistema delle banche, tra le quali in primo piano Intesa San Paolo e Banca Prossima. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Da nord a sud in Italia gli effetti della crisi economica globale continuano a farsi sentire. Bersaglio facile nel Bel Paese, come in altre parti del mondo, sono le famiglie numerose, con 3 o più figli, spesso segnate da situazioni di disoccupazione, malattia o disabilità. Per questo la Cei, in collaborazione con l’Abi, ha creato il “Prestito della Speranza”, un aiuto concreto a chi lungi dallo sperperare denaro, già prima della crisi soffriva per una cronica ristrettezza economica, ma anche un segno tangibile di quella carità solidale che sempre anima la Chiesa. Ma se la crisi tocca tutti indistintamente, perché la scelta di destinare questi soldi alle famiglie? Mons. Mariano Crociata segretario generale della Cei:

     
    “Perché le famiglie sono il luogo in cui le persone conducono la loro vita ordinaria. La famiglia è il soggetto umano sociale primario ed è anche il luogo economico fondamentale. E' il primo ammortizzatore sociale, dove i contraccolpi delle difficoltà economiche possono primariamente e immediatamente essere vissuti. Sostenere le famiglie significa sostenere la società, a partire dalla base, dal suo nucleo fondamentale. Quindi è una scelta razionale dal punto di vista economico, oltre che spontanea e immediata dal punto di vista umano e dal punto di vista della nostra sensibilità ecclesiale e cristiana, che vede questa realtà come fondamentale per la crescita della persona”.

    Sulla scia delle numerose iniziative a sostegno dei più deboli, già messe in campo dalle diocesi, i vescovi italiani propongono, dunque, un intervento mirato e capillare, che andrà a beneficio di circa 30 mila famiglie attualmente senza reddito. Per loro un fondo di garanzia di 30 milioni di euro, alimentato dalle donazioni raccolte nelle parrocchie, che permetterà di erogare per ciascun nucleo un contributo di 500 euro mensili per un anno, per un totale di 6 mila euro. Dopo la segnalazione delle parrocchie agli uffici della Caritas o ad altri patronati cattolici, le banche che aderiscono alla convenzione, avvieranno un breve iter per verificare i requisiti e concedere il prestito. Un’operazione fuori mercato con procedure estremamente semplici e rapide, spiega Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa San Paolo, con tassi massimi d’interesse molto convenienti. Un modello d’intervento paradigmatico, pensato per ridare speranza alla popolazione, a cominciare dalle famiglie, secondo le parole di mons. Crociata mirando ad una crescita integrale dell’uomo e del bene comune.

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    I docenti di economia degli atenei romani a convegno per riflettere sulla “Caritas in veritate”

    ◊   “Anche se la Chiesa non ha soluzioni tecniche da proporre ha comunque il dovere di illuminare la strada da percorrere”. Così il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, ha aperto ieri a Roma i lavori del convegno “La nuova Enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Itinerari di ricerca per la cultura universitaria”, organizzato dall’Ufficio per la Pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Destinatari del workshop, i docenti delle facoltà economiche degli atenei della capitale. Il servizio di Marina Tomarro:

    Una risposta del mondo accademico all’incoraggiamento di Papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica “Caritas in veritate”, a ricercare attraverso l’economia le vie di uno sviluppo integrale per il bene comune. Questo l’obiettivo del workshop, che ha visto riuniti i docenti delle facoltà economiche di Roma. Leonardo Becchetti, docente di economia politica presso l’Università di Tor Vergata:

    “La grande rivoluzione di questa enciclica è capire che il sistema economico funziona in modo migliore e va verso lo sviluppo integrale della persona quando riconosciamo l’uomo nella sua ricchezza, nella sua complessità; e queste stesse cose, oltre che a rendere felice la persona, sono elementi enormi di fecondità economica. Oggi l’economia dipende soprattutto dai livelli di fiducia, di condivisione e dalla capacità e dalla qualità delle relazioni che ci sono tra gli agenti economici. Oggi bisogna sottolineare tutti questi circoli virtuosi, nei quali i fattori che contribuiscono alla fioritura e alla realizzazione della persona sono anche fattori che contribuiscono alla fecondità economica”.

     
    E nell’enciclica, il Santo Padre affronta anche lo spinoso problema dell’attuale crisi economica e dei possibili nuovi spiragli che s’intravedono attraverso le forme di economia solidale. Ascoltiamo ancora Leonardo Becchetti:

    “Il Papa parla di micro-finanza, parla di fondi e banche etiche, parla di equo-solidale: in realtà, credo che sia una legittimazione fondamentale importante; lancia una sfida sia agli scienziati e ai ricercatori, per sottolineare in maniera rigorosa gli impatti di queste iniziative ed evidenziare quelli che possono essere i limiti; ma anche un grande riconoscimento a tutti coloro che, nella concretezza della vita quotidiana, hanno saputo dimostrare che questa novità è possibile”.

     
    Il Santo Padre ci ricorda che l’economia, per funzionare correttamente, ha bisogno di un’etica che metta al centro la persona e non il profitto. Questa è l’unica strada per uscire dalla crisi. Domenico Bodega, docente presso la facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

    “Innanzitutto, la centralità della persona che riguarda anche la sua libertà, che viene rivalutata e la coniuga con un concetto di responsabilità; sottolinea l’importanza della gratuità e della sua capacità di donare, e conferma poi il valore della fraternità, delle leggi sociali, del capitale umano che viene costruito attraverso il dono”.

     
    E quindi, così, un’umanizzazione dell’impresa – come auspica Papa Benedetto – diventa possibile. Leonardo Becchetti:

    “Non è solo possibile, è già realizzata in alcuni tipi d’imprese e in alcuni ambienti. Basta mettere al centro dell’attività dell’impresa un obiettivo sociale alto: quando questo avviene, le motivazioni dei lavoratori non sono più solo quelle economiche, ma sono anche motivazioni intrinseche. Ovviamente, le motivazioni intrinseche non vanno tradite, quindi bisogna anche stare attenti affinché poi le condizioni economiche dei lavoratori siano quelle giuste e l’impresa sia sostenibile. Però la grande sfida è questa, e ci sono già moltissimi pionieri che l’hanno realizzata e vinta”.

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    La Chiesa ricorda San Camillo de Lellis: nei malati vedeva il cuore di Dio

    ◊   Oggi la Chiesa ricorda San Camillo de Lellis, fondatore dell’Ordine dei Ministri degli Infermi, i Camilliani. Nasce a Bucchianico presso Chieti il 25 maggio dell’Anno Santo del 1550. La sua vita per diversi anni è sconvolta dalle battaglie e dal gioco d’azzardo. Poi si converte e decide di dedicare ogni propria energia ai malati nei quali vede gli occhi e il cuore di Dio. Nel 1746 è proclamato Santo da Benedetto XIV. Sulla vita di San Camillo de Lellis, il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Da giovane, San Camillo è soldato di ventura e trascorre una vita disordinata segnata da battaglie e, soprattutto, dal gioco d’azzardo. La svolta è un incontro con un frate che nell’Anno Santo del 1575 gli dice: “Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore...”. San Camillo, che ricordando quegli anni si definisce “gran peccatore, giocatore e uomo di mala vita”, scoppia in un pianto amaro e chiede di diventare cappuccino. Ma non entra in convento a causa di una piaga e viene ricoverato nell’Ospedale romano di San Giacomo. Aiuta i malati, impara a curarli e nel 1586 fonda l’Ordine dei Ministri degli Infermi riconosciuto da Papa Sisto V. I malati – afferma San Camillo - “sono i nostri signori e padroni” e “servire i sofferenti è servire Cristo in persona”. Ai suoi compagni dà la regola di curare gli infermi “con la tenerezza di una madre per il suo unico figlio malato”. Muore a 64 anni il 14 luglio del 1614 lasciando in eredità il suo esempio. Questo è il suo testamento:

     
    Io Camillo de Lellis... lascio al Demonio, tentatore iniquo, tutti i peccati... Lascio e dono l’anima mia al mio amato Gesù e alla sua Madre... Lascio a Gesù Cristo tutto me stesso in anima e corpo e confido che, per sua immensa bontà e misericordia, mi riceva e mi perdoni”.

     
    La famiglia camilliana comprende oggi tra religiosi, religiose e terziari circa 7 mila persone: la loro caratteristica è la Croce Rossa cucita sul petto, espressione della redenzione operata dal Sangue di Cristo. Sulle sfide di oggi legate agli insegnamenti sempre attuali di San Camillo ascoltiamo padre Renato Salvatore, superiore generale dei Camilliani:

     
    “Soprattutto l’evangelizzazione, cioè l’annuncio della salvezza di Cristo nel mondo della salute, e l’umanizzazione di questi luoghi di cura. San Camillo ci ha insegnato a prenderci cura del malato nella globalità e nella verità del suo essere, dei suoi bisogni fondamentali, e noi vorremmo portare avanti questa scuola nuova di carità verso gli infermi, come l’ha definita Benedetto XIV nel giorno della canonizzazione di San Camillo. Vorremmo riportare al centro dell’attenzione e delle premure, non soltanto della comunità ecclesiale ma anche della società civile, la persona del malato. Per fare in modo che la sua presenza sia considerata veramente centrale, occorre cambiare molto la mentalità delle nostre società e anche dei fedeli della nostra Chiesa cattolica: non è molto facile considerare, nella prassi quotidiana, il malato come il vero punto di riferimento nodale attorno al quale bisognerebbe poi prendere delle decisioni – anche delle politiche sanitarie – che veramente lo prendano in considerazione”.

     
    Nel 395.mo anniversario della morte San Camillo, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone presiederà oggi la Santa Messa alle ore 19 nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma. E’ possibile anche visitare dalle 17 alle 18.30 il Museo dei Ministri degli Infermi che propone al visitatore un percorso artistico, storico e spirituale che, partendo dalla singolare esperienza di San Camillo de Lellis, arriva fino ai nostri giorni.

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    Chiesa e Società



    Allarme dell'Oms per la nuova influenza: la pandemia è inarrestabile

    ◊   La nuova influenza è inarrestabile, lo ha dichiarato l'Organizzazione Mondiale della Sanità avvertendo che tutti i Paesi dovranno fornirsi dei vaccini. E intanto sale il numero delle vittime nel mondo che supera quota 400, mentre le contaminazioni sono più di 100.000. L'Organizzazione mondiale della sanità, che l'11 giugno ha dichiarato lo stato di pandemia, ha affermato che i primi soggetti che necessiteranno di vaccini - pronti per settembre, ottobre - dovranno essere gli addetti al settore sanitario, dopo di che si dovranno vaccinare i soggetti più a rischio, ovvero, le donne incinte, le persone affette da malattie croniche e i bambini. Intanto più di un Paese ha dovuto aggiornare il suo bilancio. L'Inghilterra ha annunciato altre due vittime, fra cui una bambina di sei anni, morta a Londra, e un medico. Sale quindi a 17 il numero delle vittime nel Paese, che potrebbe lanciare già nei prossimi giorni una campagna di vaccinazione di massa contro la nuova influenza, il più vasto programma di questo tipo attuato negli ultimi 50 anni. Il ministro della Sanità britannico Andy Burnham, è intervenuto oggi e ha invitato tutti a non cedere al panico, ricordando che la Gran Bretagna è in cima alla lista per ricevere vaccini. In Spagna ieri è morto il bambino nato dalla 19enne marocchina che è stata la prima vittima nel Paese a causa dell'influenza A/H1N1. In Italia invece, il Ministero del Welfare ha annunciato che dal 24 aprile si sono complessivamente verificati 224 casi. Sul fronte della ricerca nuovi dettagli si aggiungono all'identikit del virus A/H1N1: secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, il virus della nuova influenza attaccando preferibilmente i polmoni, sarebbe simile a quello dell'influenza spagnola del 1918. In Australia le autorità sanitarie hanno ordinato 21 milioni di dosi di vaccino contro la nuova influenza. Nel Paese, dove ora è pieno inverno, i casi confermati di contagio del virus A/H1N1 sono oltre 9000 e i decessi 20. “La maggior parte delle persone accusano sintomi relativamente lievi e guariscono piuttosto rapidamente - ha detto il direttore medico federale Jim Bishop - mentre chi soffre di altre condizioni mediche può essere colpito più gravemente”. Un altro caso di nuova influenza è stato segnalato anche in Algeria, facendo così salire a otto il numero delle persone contagiate dal virus nel Paese del Maghreb. In Indonesia il Ministero della salute ha dichiarato che nell’arcipelago c’è il rischio di una combinazione tra il virus dell’influenza suina e quello dell’aviaria. Nel Paese i casi di infezione da A/H1N1 sono saliti a 86. In Thailandia ci sono stati 4057 casi. Le autorità della capitale Bangkok hanno chiuso 435 scuole e 200 asili per la disinfestazione. L’influenza suina preoccupa non poco anche i Paesi del Golfo. In Arabia Saudita, una scuola è stata chiusa, mentre in Bahrain le autorità consigliano di rinviare i pellegrinaggi alla Mecca. Con i 20 casi scoperti ora e i 12 evidenziati domenica - cinque sauditi e sette residenti stranieri - il totale delle persone colpite dalla nuova influenza in Arabia Saudita è salito a 216. (A cura di Virginia Volpe)

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    Pakistan: minacce contro comunità e istituzioni cristiane

    ◊   “Sappiamo che siete cristiani, vi invitiamo a lasciare questa zona, a convertirvi all’islam e a pagare 1,5 milioni di rupie o sarete colpiti da un attentato suicida”. È il contenuto di una lettera di minaccia giunta al Rabita Manzil, centro multimediale gestito dall’Ufficio comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale del Pakistan. I talebani, specifica L’Osservatore Romano, hanno ripreso una massiccia campagna d’intimidazione contro le minoranze non musulmane del Paese e i loro avvertimenti intimidatori sono stati recapitati anche alla cattedrale del Sacro Cuore a Lahore, ad associazioni e a scuole cattoliche. Le Chiese cristiane hanno levato la loro voce per sensibilizzare la società sul pericolo dell’estremismo religioso che si ripercuote sullo stesso tessuto sociale del Pakistan e il 16 agosto prossimo sarà celebrata, in forma ecumenica, una Giornata per la giustizia sociale. Le comunità cristiane di tutte le confessioni, in piena sintonia e unità, chiedono inoltre al Governo una riforma strutturale sia a livello legislativo sia politico per evitare che le violazioni sulle minoranze religiose si espandano con il passare del tempo. Dal canto suo Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica in Pakistan, conferma all'agenzia Asianews che “la situazione è delicata ed è evidente un clima di tensione”, ma sottolinea anche la volontà di “continuare il nostro lavoro per il bene del Paese e della gente”. Peter Jacob parla di minacce di sequestri “con lo scopo di estorcere denaro” e conferma una “situazione generale che desta preoccupazione, ma questo non ci impedisce di proseguire la nostra opera”. Egli ribadisce “l’importanza delle organizzazioni impegnate nell’assistenza ai rifugiati” dello Swat e nel distretto di Malakand, ai quali forniscono cibo, acqua e generi di prima necessità. “Per i tre milioni di rifugiati – continua l’attivista cattolico – è iniziato il lento rientro nelle zone di origine. I militari controllano gran parte del territorio e, sotto l’impulso del governo, hanno profuso uno sforzo massiccio per sradicare l’estremismo. Ma resta ancora molto da fare per la pace nel Paese”. (M.P.)

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    Un altro sacerdote spagnolo ucciso a Cuba. Era il rettore del santuario mariano di Regla

    ◊   Un sacerdote diocesano spagnolo e' stato ucciso a Cuba. Si tratta di padre Mariano Arroyo Merino, aveva 74 anni e si trovava all'Avana dal 1997 ed era rettore e parroco del santuario della Madonna di Regla, che si trova di fronte alla baia dell'Avana, dove è avvenuto l’omicidio. Secondo il portavoce della Conferenza episcopale cubana il corpo del sacerdote presentava alcune ferite di arma da taglio ed ustioni. Padre Arroyo domenica aveva celebrato la messa normalmente e fra pochi giorni doveva partire in vacanza in Spagna. L'arcivescovado dell’Avana ha sottolineato in un comunicato che Arroyo ''aveva sviluppato un intenso lavoro pastorale con uno speciale carisma verso la religiosita' popolare e il sincretismo religioso''. “Siamo tutti costernati - ha detto all'Ansa Juana Lledo', una fedele cattolica del santuario della Madonna di Regla - perche' lui era una persona molto amata qui''. Padre Arroyo e' il secondo prete spagnolo ucciso in cinque mesi dopo padre Eduardo de la Fuente Serrano, trovato accoltellato e strangolato a febbraio in una strada dell'Avana. Il portavoce della Commissione cubana dei diritti umani e riconciliazione nazionale, Elizardo Sanchez, ha affermato, sempre all’agenzia Ansa, che gli omicidi dei due preti sono ''un fatto molto grave''. Due persone sono state arrestate e accusate dell'omicidio di padre De La Fuente, senza che ufficialmente si conoscano altri particolari. Padre Arroyo era stato nominato nel 2004 dal cardinale Ortega, rettore e parroco del santuario nazionale della Madonna di Regla. Fino a quella data, e per sei anni, era stato parroco della Chiesa del Pilar, sempre all'Avana. A Cuba era stato anche assessore del Movimento dei lavoratori cristiani e direttore dell'Istituto di scienze religiose 'Padre Felix Varela'. Ordinato sacerdote nel 1960, e' partito due anni dopo in missione a Santiago del Cile, dove e' rimasto fino al 1968. Nel 1980 e' rientrato in Cile dopo dieci anni in Spagna come parroco e formatore in seminario. Al momento sono in corso le indagini per scoprire gli autori del barbaro assassinio del sacerdote. (R.P.)

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    Al via domani a Lione l'Assemblea delle Chiese cristiane d'Europa

    ◊   Si apre domani a Lione, in Francia, la 13.ma Assemblea della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), sul tema paolino “Chiamati a una sola speranza in Cristo”; tratto dalla Lettera agli Efesini (4, 4), in cui l’Apostolo sottolinea l’unità del corpo di Cristo. Il tema solleciterà le Chiese a continuare ad infondere la speranza cristiana nelle società degli anni futuri e a testimoniare il messaggio del Cristo, Signore della Chiesa e Re dell’Universo, in ogni ambito di vita. Prenderanno parte ai lavori 415 rappresentanti delle Chiese integrate nella KEK, membri di organismi associati e personalità invitate, per un totale di circa 700 persone. Come rappresentanti della Chiesa Cattolica, non aderente alla KEK, sono stati invitati alcuni membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, in particolare il card. Paul Ricard, vice presidente del CCEE e Arcivescovo di Bordeaux, il segretario generale del Consiglio medesimo, padre Duarte da Cunha e il dott. Thierry Bonaventura, responsabile delle comunicazioni sociali. Oltre all’approfondimento del tema centrale, l’Assemblea intende elaborare una traccia di lavoro per la KEK per il periodo 2009-2015, celebrare i 50 anni di vita della Conferenza medesima, offrire prospettive per l’ecumenismo in Europa, contribuire all’edificazione di un’Europa giusta e solidale. Il mezzo secolo della KEK è occasione per le sue Chiese non solo di celebrare il passato ma anche di guardare al futuro; di qui la decisione di organizzare una “Conferenza sul futuro”, quale momento di preparazione alla 13.ma Assemblea. La “Conferenza”, che si è tenuta nel settembre 2008, ha permesso ai partecipanti di elaborare una visione della missione della KEK fino al 2029, l’anno in cui cadrà il 40.mo del primo Raduno ecumenico europeo, svoltosi nel 1989 a Basilea. Gli esiti della “Conferenza” e dell’intero processo di preparazione alla 13.ma Assemblea, improntato ad una forte volontà ecumenica, saranno portati all’Assemblea di Lione e sottoposti a ulteriore riflessione e dibattito. (M.V.)

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    La soddisfazione della Chiesa filippina per la liberazione di Eugenio Vagni

    ◊   “Questa notizia è uno spiraglio di luce per noi gente di Mindanao. Ora dobbiamo lavorare insieme affinché la pace e il progresso possano regnare nella Regione”. Con queste parole - apparse sul sito della Conferenza episcopale filippina ripreso dall'agenzia AsiaNews - il vescovo di Jolo, mons. Angelito Lampon, ha accolto la liberazione di Eugenio Vagni, rilasciato domenica 11 dopo 178 giorni di prigionia. Parlando a nome della Chiesa, mons. Lampon ha ringraziato le forze governative del lavoro svolto, ribadendo la necessità da parte delle autorità, di intensificare gli sforzi nella prevenzione di rapimenti e attacchi terroristici nell’isola. Un appello ai rapitori giunge invece da mons. Romulo Valles, arcivescovo di Zamboanga, il quale ha affermato che “quanto è accaduto è semplicemente sbagliato e malvagio. Siamo tutti perdenti se permettiamo il perseverare di queste azioni”. Questa mattina, Eugenio Vagni ha incontrato a Malacañang la presidente Arroyo. Il volontario della Croce rossa internazionale ha ringraziato il governo per l’incessante lavoro che ha permesso la sua liberazione. Vagni ha concluso dicendo che “porterò sempre nel cuore tutti i filippini che hanno pregato per me”. (R.P.)

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    Turchia: dopo l'Anno Paolino buone prospettive per il dialogo ecumenico e interreligioso

    ◊   "Dopo l’Anno Paolino, che è stato “un anno di grazia”, si aprono nuove, incoraggianti prospettive per il dialogo ecumenico e interreligioso in Turchia": così padre Ruben Tierrablanca, Superiore della Fraternità francescana internazionale di Istanbul, all’indomani della chiusura dell’Anno Paolino delinea il futuro dei rapporti ecumenici e interreligiosi in terra turca. Padre Ruben illustra a Fides gli impegni e le sfide che l’Anno Paolino lascia in eredità alla comunità cattolica turca: “La ferita profonda delle divisioni dei cristiani, presenti in questa terra da mille anni, ci rattrista tantissimo, ma soprattutto ci spinge ad un lavoro costante, anche se lungo e lento. Quanto a noi Chiesa cattolica, in tutte le sue componenti e tradizioni rituali, riusciamo a lavorare insieme testimoniando la vera unità in Cristo, tanto più sarà valido il nostro contributo all’unità dell’intera Chiesa di Cristo. La sfida è grande, ma siamo pronti ad affrontarla”. “Un’altra convinzione che abbiamo confermato in quest’anno e in cui l’apostolo Paolo ci è maestro – aggiunge il Superiore – è l’apertura a un mondo multirreligioso e multiculturale: dobbiamo ancora imparare a vivere la nostra fede in apertura a coloro che non sono dei nostri, in fedeltà a Cristo, ma ugualmente in fedeltà all’uomo. Annunciare Cristo e testimoniarlo con la vita è nostro compito, ma senza pretese di gonfiare statistiche: Paolo ha piantato, Paolo ha irrigato, ma è Dio che fa crescere”. Infine, nota padre Tierrablanca, “una richiesta che tutti noi abbiamo ricevuto lungo quest’anno è stata quella di spiegare con semplicità, ma ugualmente con chiarezza e profondità, la storia della Chiesa sin dalla sua origine e nei suoi momenti più significativi, vissuti in questa regione del mondo. Oltre alla condivisione della nostra esperienza personale ed ecclesiale come presenza cristiana in Turchia, paese di maggioranza musulmana. La visita ai diversi luoghi del ministero di Paolo - ha detto il religioso - ci ha fatto vivere un profondo senso ecclesiale: a partire dell’esperienza delle primitive comunità e lungo la storia del cristianesimo”. (R.P.)

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    Hong Kong: continuano le celebrazioni per l'Anno delle Vocazioni sacerdotali

    ◊   La diocesi di Hong Kong sta vivendo intensamente la celebrazione diocesana dell’Anno delle Vocazioni Sacerdotali, aperto da mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, lo scorso primo luglio, in sintonia con l’Anno Sacerdotale. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), durante la Santa Messa dedicata alle vocazioni, cinque sacerdoti diocesani che hanno compiuto 30 anni di sacerdozio, hanno condiviso il loro lungo cammino vocazionale con i presenti. Inoltre Mons. Tong ha esortato le cinque “vocazioni adulte” ad essere “sempre degne del proprio sacerdozio” ed a “raccontare sempre la propria esperienza ai giovani di oggi perché rispondano alla chiamata del Signore” come hanno fatto loro. Inoltre mons. Tong ha sollecitato ancora una volta i chierichetti perché prendano spunto dal loro ministero dell’altare per avvicinarsi alla vocazione. Don Lawrence Yiu Shun Kit, un tempo padre spirituale dei 5 sacerdoti, ha incoraggiato i suoi ex alunni a ricordarsi sempre di “predicare la Parola di Dio; amministrare i Sacramenti; pascere il popolo di Dio”, perché vivano l’identità sacerdotale imitando Cristo nel servizio alla Chiesa per tutta la vita. Don John B. Kwan Kit Tong, uno dei cinque sacerdoti, ha affermato: “continuerò ad imitare San Giovanni Battista con lo spirito di ‘preparare la strada al Signore’, portando i fratelli e le sorelle nella casa del Signore attraverso il servizio”. I giovani che hanno assistito alla celebrazione sono rimasti visibilmente commossi dalla testimonianza eloquente di questi sacerdoti, resa con un linguaggio familiare. (R.P.)

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    Filippine: la Chiesa contro la costruzione di una diga a Luzon

    ◊   Due vescovi e 28 sacerdoti della prelatura di Infanta, nei pressi della capitale Manila sull’isola settentrionale di Luzon, hanno inviato una lettera di denuncia ai giornali filippini contro la costruzione di una diga a Laiban, nel nordest, che, se costruita, sommergerà otto villaggi abitati da 3500 famiglie, quasi tutti appartenenti alle comunità indigene. “Ci sembra strana anche la tempistica di questo accordo che avvantaggia gli investitori, proprio quando le elezioni del 2010 sono dietro l’angolo” si legge nella nota firmata dal vescovo Rolando Joven Tria-Tirona, capo della prelatura di Infanta, che comprende territori ancestrali delle tribù autoctone, dal suo predecessore, il vescovo Julio Xavier Labayen e dai sacerdoti. I lavori della diga infatti, - riferisce l'agenzia Misna - sarebbero stati affidati ad una società il cui proprietario è legato politicamente al partito di governo. Nello sbarramento, tra le falde della catena montuosa di Sierra Madre, dovrebbe essere convogliata l’acqua dei fiumi Kaliwa e Kanan, allo scopo di aumentare la portata d’acqua corrente verso la capitale. I vescovi e i sacerdoti, tra cui padre Pete Montallana, presidente di uno dei comitati popolari contro la costruzione della diga, hanno espresso grave preoccupazione per l’intenzione del governo di proseguire nella realizzazione del progetto nonostante l’opposizione delle comunità indigene e degli abitanti delle città di Real, Infanta, General Nakar e della stessa capitale che dal 2007 hanno sottoscritto varie petizioni contro la diga. “Il progetto non riconosce la legge sui domini ancestrali né quella sui diritti delle popolazioni indigene” che subirebbero maggiormente l’impatto ambientale della diga e sarebbero in pericolo in caso di incidenti, sottolineano i religiosi. I due fiumi sono tributari del fiume Agos, che attraversa Infanta e General Nakar, e la diga – sostengono inoltre i vescovi – ridurrebbe la portata del corso d’acqua con problemi per la navigazione, la pesca e l’irrigazione. (R.P.)

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    A Lumbang nelle Filippine la prima chiesa in Asia dell’Ordine dei Minimi

    ◊   A Lumbang nelle Filippine l’arcivescovo di Lipa, mons. Ramón Argüelles, , ha consacrato la grande chiesa del monastero di San Francesco di Paola delle Monache Minime. E’ la prima chiesa dell’ordine dei Minimi in Asia, la cui prima pietra è stata posta il 22 maggio del 2005. Il monastero di Lumbang è una fondazione della Monache Minime di Daimiel in Spagna, che raggiunsero le Filippine dieci anni fa. La cerimonia di dedicazione della chiesa - riferisce l'agenzia Zenit - ha avuto luogo nel corso di una concelebrazione eucaristica alla quale hanno partecipato anche il vicario generale di Lipa e 21 sacerdoti diocesani assistiti da due diaconi. “La celebrazione è stata piena della solennità che caratterizza la Chiesa filippina – hanno fatto sapere le religiose -, con la partecipazione di tutto il popolo, che riempiva il grande tempio manifestando la propria vicinanza alle monache e l'amore, che dimostra loro quotidianamente”. All’omelia, mons. Argüelles ha espresso la propria gioia e la gratitudine al Signore per il fatto di avere in diocesi un secondo monastero di vita contemplativa. L’arcivescovo di Lipa ha accennato alla spiritualità delle Minime, “che alla totale dedizione a Dio uniscono la costante conversione con la particolare penitenza quaresimale, che le aiuta a vivere in dedizione totale al Signore”. L’arcivescovo ha ricordato anche la ricchezza di una comunità contemplativa che prega per tutti i fratelli e ha sottolineato che nel centenario della sua erezione l’arcidiocesi di Lipa ha chiesto alla Santa Sede che la chiesa di San Francesco di Paola delle Monache Minime sia un luogo per compiere il giubileo. Alla fine della cerimonia di dedicazione, le monache hanno espresso pubblicamente la propria gratitudine al Signore e rinnovato l’offerta quotidiana di preghiere per la santificazione dei sacerdoti. Nella chiesa di San Francesco di Paola, lunedì prossimo, verrà emessa la prima professione di voti perpetui, quella di suor Gennevi Balmes. (A.M.)

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    La diocesi di Bangkok appoggia l’agricoltura biologica

    ◊   Una campagna di sensibilizzazione sugli effetti dannosi provocati dall'uso sconsiderato dei prodotti chimici nell'agricoltura. È quanto sta organizzando il Centro di azione sociale dell'arcidiocesi di Bangkok. Chalini Nimitkoblarb, volontario cattolico ora direttore del Centro di azione sociale per la produzione del riso, ha recentemente introdotto profondi cambiamenti nella sua azienda agricola. “All'inizio ho avuto alti rendimenti utilizzando concimi chimici - ha dichiarato — ma dopo alcuni anni la qualità dei terreni è peggiorata sensibilmente e ho dovuto utilizzare un numero sempre maggiore di fertilizzanti. Questi, insieme ai pesticidi, sono molto costosi e con i miei guadagni non riuscivo più a farcela”. Chalini ha iniziato ad avvicinarsi all'agricoltura biologica partecipando a una sessione di formazione presso il centro di azione sociale nel 1998. “Dopo aver visitato diverse aziende agricole biologiche — ha proseguito Chalini — anch'io ho progressivamente ridotto l'uso di prodotti chimici, fino a non usarne più. Ora la mia terra è diventata fertile e le spese sono diminuite”. Kanchit Yoonan, responsabile del Centro di azione sociale, da anni è impegnato nella campagna di sensibilizzazione per fermare l'uso di sostanze chimiche in agricoltura. “All'inizio l'adesione è stata scarsa — spiega Kanchit nelle pagine de L'Osservatore Romano — ma successivamente, quando abbiamo spiegato agli agricoltori i benefici del biologico, la risposta è stata confortante”. Visto il successo di questo centro sociale, l'arcidiocesi di Bangkok ha intenzione di crearne un altro nella provincia di Ayutthaya. Padre Joseph Phibul, responsabile della commissione per l'opera sociale della Conferenza episcopale della Thailandia, ha esortato gli agricoltori “ad avere rispetto per la natura. Dobbiamo smettere di uccidere la nostra terra utilizzando concimi chimici. Usando prodotti biologici esprimiamo anche il nostro amore verso il creato e ogni creatura di Dio”. (V.V.)

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    Zambia: tragica fine di due sacerdoti annegati nel lago Bangweulu

    ◊   ll direttore diocesano delle Pontificie Opere Missionarie dell’arcidiocesi di Kasama, in Zambia, padre Lenatus Fisamu, è deceduto a seguito di un incidente sul lago Bangweulu. Insieme a lui ha perso la vita un altro sacerdote, padre Simon Matafwali. La tragedia, di cui solo oggi è giunta notizia all’agenzia Fides, è accaduta nella mattina del 13 maggio quando la barca sulla quale si trovavano i due sacerdoti, insieme a un altro prete, padre Clemente Mukuka e al timoniere, si è rovesciata a causa di una forte ondata originata dal vento impetuoso. In un primo momento si è pensato di non trovare sopravvissuti al naufragio. In seguito padre Mukuka e il timoniere sono stati tratti in salvo. Il 16 maggio il corpo di padre Matafwali è stato trovato da un pescatore. Le esequie del sacerdote sono state celebrate a Chilubula il 17 maggio. Il corpo di padre Lenatus Fisamu è stato trovato il 19 maggio ed è stato sepolto nello stesso giorno a Chilubula. Padre Lenatus Mutale Fisamu era nato il 15 novembre, 1977. Ordinato sacerdote il 18 giugno 2005 nella parrocchia di Kayambi, ha ricevuto il suo primo incarico nella parrocchia di Malore, dove ha lavorato fino a quando è stato nominato parroco della chiesa di Lwena il 25 ottobre 2007. Contestualmente è stato nominato direttore diocesano delle Pontificie Opere Missionarie. Proprio per assolvere questo incarico, padre Fisamu stava attraversando il lago per andare a verificare alcuni progetti finanziati dalla POM nell’isola di Chilubi. “L'arcidiocesi di Kasama ha perso due sacerdoti giovani e dinamici che hanno contribuito molto alla evangelizzazione nel loro breve servizio sacerdotale. (R.P.)

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    Uganda: i 150 anni dall’arrivo dei primi Padri Bianchi

    ◊   I Padri Bianchi, più conosciuti come Missionari d’Africa, hanno chiesto umilmente perdono per tutti i possibili torti inflitti al popolo ugandese dal loro arrivo nel Paese, nel 1879. L’occasione è stata una solenne celebrazione, domenica, per commemorare il 150° anniversario dell’evento. La celebrazione – riferisce l’agenzia Cisa - si è svolta nella chiesa di Mapeera-Nabulagala, a Kasubi, luogo storico per la Chiesa locale da cui partì la missione dei Padri Bianchi nell’allora Buganda. Una missione che nella sua storia ha conosciuto anche ombre, come ha voluto sottolineare il Superiore provinciale della Congregazione, padre Rudi Lehnertz: “Quando siamo venuti qui abbiamo portato con noi le rivalità che avevano diviso la Chiesa in Europa, causa delle stesse rivalità che dividono oggi gli ugandesi”, ha detto il sacerdote. Non solo. Contro gli insegnamenti del loro fondatore, il cardinale Charles Lavigerie, molti Missionari Bianchi non hanno saputo rispettare le culture degli africani: “Pensavamo che la nostra cultura fosse superiore e in diverse occasioni abbiamo cercato di imporla ai popoli dell’Africa”. Questa mancanza di rispetto non risponde alla volontà di Dio, ha sottolineato padre Lehnertz, che ha quindi chiesto a nome di tutta la Congregazione “perdono per tutte quelle volte in cui abbiamo manifestato disprezzo verso gli africani e la loro cultura”. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, anche l’arcivescovo di Kampala Cyprian Kizito Lwanga e il suo predecessore il cardinale Emmanuel Wamala. Quest’ultimo ha voluto dedicare un commosso ricordo al padre Simeon Lordel (Mapeera) e fratel Delmas Amans (Amansi), i primi Missionari d’Africa a mettere piede in questo territorio: “La loro fede in Dio era profonda e fu questa convinzione religiosa a permettere loro di fare proseliti in breve tempo”, ha detto il porporato. Mons. Lwanga, da parte sua, si è detto d’accordo sulla proposta di padre Lehnertz di avviare la causa di beatificazione per questi due straordinari missionari francesi. (L.Z.)

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    Regno Unito: dedicata al dramma del suicidio la prossima Giornata della Vita

    ◊   Sarà dedicata al dramma del suicidio la prossima della Giornata della Vita che le Chiesa in Inghilterra e Galles celebrerà il prossimo 26 luglio. L’annuale appuntamento mira ad accrescere la consapevolezza del significato e del valore della vita umana in ogni suo stadio e in qualsiasi condizione. L’obiettivo di questa edizione, per la quale è stato scelto significativamente il titolo “Tu sei prezioso ai miei occhi” (dal Libro di Isaia), è in particolare di richiamare l’attenzione sul perché la vita meriti di essere vissuta anche quando si è persa ogni speranza, ma altresì di chiarire l’insegnamento della Chiesa su questo tema. “Il suicidio – spiega mons. Bernard Longley, vescovo ausiliare di Westminster e coordinatore del comitato organizzativo della Giornata – è un peccato grave. Ma una persona deve avere la capacità di intendere e di volere per essere pienamente consapevole che quello che fa è un peccato. Chi si suicida, di solito ha la mente talmente offuscata dalla confusione e dalla disperazione da non avere più il controllo delle proprie facoltà mentali. Dio non condanna nessuno che non sia pienamente consapevole di quello che fa: la Sua misericordia è infinita”, ha evidenziato il vescovo. Il comitato organizzativo ha distribuito 350mila pieghevoli in tutte le parrocchie inglesi e gallesi per sensibilizzare fedeli e parroci. “A parte le messe funebri, il suicidio è, infatti, un argomento poco affrontato nelle omelie e nelle prediche”, ha detto mons. Longley. “Con questo materiale abbiamo voluto lanciare un messaggio positivo su come Dio ami ogni essere umano”, ma anche “incoraggiare individui e famiglie a chiedere assistenza psicologica a professionisti e ridurre lo stigma che per molto tempo ha circondato la malattia mentale, la depressione e il suicidio”. La “Giornata per la vita” nelle isole britanniche si celebra in giornate diverse. In Scozia è stata celebrata il 31 maggio scorso , mentre il 4 ottobre sarà la volta dell’Irlanda. (L.Z.)

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    Centoventi volontari francesi verso la missione nei Paesi poveri

    ◊   Sta per finire lo stage estivo organizzato a Carquefou, vicino a Nantes, dalla Delegazione cattolica per la cooperazione (Dcc) per la preparazione di 120 volontari che partiranno a settembre per uno o due anni nei Paesi del Sud. Sabato 18 luglio, infatti, sarà l’ultimo giorno di formazione. La Dcc è la prima associazione francese di invio di volontari di solidarietà internazionale e ha l'obiettivo la realizzazione di progetti di sviluppo condotti dalle comunità cattoliche di tutto il mondo. Queste missioni sono molto diverse tra loro, si va dall'istruzione, all'ingegneria passando dalla medicina. I volontari, di tutte le età, sono per lo più neodiplomati o giovani professionisti. Francois-Xavier Guiblin, responsabile comunicazione della Dcc, ha sottolineato che “questo stage di 15 giorni non solo è un momento di formazione, per questo facciamo venire volontari con competenze specifiche, ma anche un momento di discernimento: abbiamo a cuore che il loro sì sia un sì vero”. “Durante questo stage, i volontari potranno scambiare opinioni tra loro con gli ex missionari — sono le parole di Guiblin riprese da L’Osservatore Romano - e quello che avrà più senso agli occhi dei nuovi volontari è il loro invio in missione da parte di mons. Georges Soubrier, vescovo di Nantes, a nome della Chiesa in Francia, venerdì 17 luglio durante una celebrazione liturgica”. “Che la Chiesa in Francia riconosca il loro ruolo di messaggeri di pace e di unione tra il Nord e il Sud è molto importante – continua il responsabile comunicazione della Dcc - questo significa anche che con loro è tutta la Chiesa che parte, una partenza la cui vocazione sarà anche quella di sensibilizzare la loro diocesi di origine alla causa dei Paesi del Sud del mondo”. Una particolarità per questo stage 2009: la presenza di otto fra religiosi e sacerdoti che non partono come volontari della Dcc ma nel contesto della "fidei donum", comunemente chiamati sacerdoti senza frontiere: è la loro diocesi o la loro congregazione che li manda in una diocesi dei paesi del Sud per servire. (V.V.)

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    Un dizionario latino-coreano per una più completa missione della Chiesa in Corea

    ◊   2.624 pagine di traduzioni dal latino al coreano; è l’edizione integrale del Dizionario coreano-latino-coreano pubblicata nei giorni scorsi a Seoul da Mark Lee Soon-young, un laico cattolico che ha sentito l’esigenza di tradurre i testi liturgici nella sua lingua per una più completa missione della Chiesa cattolica in Corea. Il lavoro è stato supervisionato, precisa l’Osservatore Romano, da padre Barnabas Kim Tjeung-nam, insegnante di latino ed escatologia al Seminario Maggiore di Seoul sino al 1996. L’idea di tradurre il latino è nata nel 1986 quando Mark Lee, membro di un gruppo corale di canto gregoriano, notò alcuni errori nella traduzione degli inni sacri. La diffusione del dizionario si è svolta per gradi: una prima edizione di 700 pagine è stata pubblicata nel 2002 vincendo il Mass Communication, il premio annuale della Conferenza Episcopale Coreana per la migliore pubblicazione che ha per soggetto la Chiesa in Corea. La seconda edizione è stata divulgata nel 2004. Il merito dell’opera definitiva va anche all’intera famiglia dell’autore; le tre figlie si sono occupate della scrittura delle bozze al computer mentre alla moglie è andato il compito di apportare le correzioni. Molte delle pubblicazioni di Mark Lee sulla Chiesa Cattolica in Corea, comprese le mille copie del dizionario, sono state diffuse a proprie spese. L’autore spera quindi che qualche casa editrice Cattolica possa assicurare al suo dizionario una maggiore diffusione. (M.P.)

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    Al via il Giffoni Film Festival, la kermesse di film per i più giovani

    ◊   L’anteprima del “Principe Mezzosangue”, ultimo capitolo della saga targata Harry Potter, è stata la pellicola che ha inaugurato la 39.esima edizione del Giffoni Film Festival, che quest’anno affronta il tema del Taboo. La kermesse, che riunisce il meglio della produzione cinematografica mondiale dedicata ai giovanissimi è in programma fino al 25 di Luglio, presso l’omonimo paese dell’entroterra salernitano. L’evento, diventato unico in Italia nel suo genere, riunirà 2800 giovani dai 3 ai 21 anni, provenienti da 39 nazioni e 150 città italiane. I ragazzi avranno la possibilità di visionare ben 160 film, oltre 70 cortometraggi, partecipare a straordinarie anteprime e incontrare attori, registi, sceneggiatori e star del calibro di Winona Ryder, Buz Luhrmann e Raoul Bova. Al cinema si affianca anche la musica, con concerti in programma nelle serate del festival, insieme agli idoli dei teenagers come Giusy Ferreri e Cesare Cremonini. Spazio anche per il teatro con letture di fiabe accompagnate da piccole orcheste composte dagli studenti del conservatorio, mentre non potevano mancare le arti visive con la mostra “Artabù-icone della trasgressione” con 28 opere che affrontano il tema, realizzate da artisti italiani e stranieri. Il taglio del nastro è stato affidato al Presidente della regione Campania Antonio Bassolino, che ha incontrato i ragazzi provenienti dalle zone terremotate dell’Abruzzo e ha assicurato l'impegno da parte della Regione per la ricostruzione di una scuola a Poggio Picenze. Infine Bassolino ha accennato anche al faraonico progetto del Multimedia Valley, ovvero un vera cittadella del cinema che sorgerà su un terreno di 200mila mq e dovrà essere completata entro il 2013, costituendo così un polo per la creatività e la produzione cinematografica nazionale targata Giffoni. (Da Giffoni, Francesca Baldini)

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    24 Ore nel Mondo



    Cina: minacce di Al Qaeda per l'uccisione di musulmani uiguri

    ◊   Resta alta la tensione a Urumqi, capitale della provincia cinese dello Xinjiang, la regione nord occidentale teatro di accesi scontri tra musulmani di etnia “uigura” e cinesi “han”. Ieri la polizia ha ucciso due uiguri e un altro è rimasto gravemente ferito durante un’aggressione. Secondo un ultimo bilancio le vittime di una settimana di violenza sono 184 e 1.680 i feriti. Minacce oggi giungono anche da Al Qaeda per il Maghreb Islamico, la filiazione nordafricana del gruppo terrorista, che vuole vendicare i musulmani uiguri e avrebbe dato ordine ai propri seguaci di attaccare gli operai e i professionisti cinesi che lavorano nell'Africa settentrionale. Immediata la replica di Pechino: il governo cinese nei mesi passati ha preso ''diverse misure'' per garantire la sicurezza dei cittadini cinesi all'estero”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri.

    Somalia
    Sarebbero due giornalisti francesi gli uomini rapiti questa mattina da dieci miliziani armati nel Sahafi Hotel della capitale somala, Mogadiscio. La notizia è stata diffusa dall’emittente inglese BBC su testimonianza di un dipendente dell'albergo, una struttura che spesso ospita giornalisti stranieri e ministri del governo somalo. Al momento non si ha nessuna traccia o notizia dei rapitori, che si pensa siano esponenti di al Shabaab, il gruppo integralista islamico ritenuto collegato ad al Qaeda. Il gruppo è alla testa dell'insurrezione contro il governo somalo moderato, internazionalmente riconosciuto.

    Iran-Usa-RussiaMosca non rafforzerà le sanzioni contro Teheran in cambio di un accordo con gli Stati Uniti sul disarmo nucleare per rinnovare il trattato Start 1, in scadenza a fine anno. A riferirlo l'agenzia russa Interfax, che ha citato una fonte del ministero degli Esteri russo.

    Iran
    Ancora la tragedia della condanne a morte in Iran, dove tredici membri di un gruppo armato separatista sunnita sono stati impiccati nel carcere di Zahedan, nel sud-est del Paese. Le esecuzioni, contrariamente a quanto accade di solito, non sono avvenute in una pubblica piazza.

    Russia-Georgia
    Prima visita ieri in Ossetia del Sud per il presidente russo Medvedev. Una giornata nella quale – ha detto il capo del Cremlino – si sono poste le basi per avviare relazioni amichevoli. Mosca, che ha riconosciuto l’indipendenza dell’Ossetia dalla Georgia dopo il conflitto dello scorso anno, ha assicurato sostegno militare e appoggio nella ricostruzione. Immediata la reazione della Georgia che ha condannato la visita di Medvedev nella Repubblica separatista. Per il presidente del Parlamento, David Bakradze, si tratta di “un passo diretto contro lo Stato georgiano”.

    Stati Uniti
    Sarà una dottoressa afroamericana che ha dedicato la sua vita agli indigenti il nuovo supervisore della salute degli Stati uniti. È l’ultima nomina dell’amministrazione Obama, che ha voluto per questo incarico Regina Benjamin, 52 anni, un medico che da anni cura gratuitamente i pazienti più poveri dell’Alabama, in un ambulatorio prima devastato dall’uragano Katrina e successivamente ricostruito.
     Pakistan
    Almeno 23 talebani sono stati uccisi dalle forze governative pakistane nel corso di scontri nella zona tribale del distretto di Bajaur, al confine con l’Afghanistan. La zona, considerata il rifugio delle milizie di Al Qaeda è da mesi teatro della vasta offensiva delle truppe governative antitalebane. Intanto, nella stessa Valle dello Swat, gruppi di sfollati pachistani stanno rientrando nelle loro case. Sono circa 2 milioni i profughi fuggiti dalla guerra solo dal mese di aprile. Sempre nella zona nord-occidentale del Pakistan alcuni militanti talebani hanno attaccato stamane un convoglio che trasportava carburante per le forze Nato in Afghanistan uccidendo due persone che si trovavano a bordo del veicolo.
     Nigeria
    I ribelli nigeriani del Mend, il Movimento per l'emancipazione del delta del Niger, hanno esteso oggi per la prima volta i propri attacchi dalle zone petrolifere del sud all'ex capitale Lagos, uccidendo cinque operai di un terminal portuale per petroliere. L'ennesimo attentato è avvenuto a poche ore dal rilascio, oggi, per un'amnistia presidenziale, di Henry Ocah, uno dei leader del maggiore gruppo armato della Nigeria.

    Immigrazione-Spagna
    Non si arresta il dramma dell’immigrazione clandestina. È di tre morti il bilancio delle vittime del mare a largo delle isole canarie, in Spagna, dove nella notte è morto anche un terzo immigrato arrivato ieri su un barcone al porto di El Hierro con altri 67 compagni di viaggio, tutti di origine sub sahariana. A darne notizia è la stampa spagnola. Un altro cadavere era stato trovato già ieri all'arrivo in porto e una persona era morta sull’isola, mentre altre cinque erano state trasferite in ospedale in condizioni di grave ipotermia.

    G8 dell'Aquila
    Continua a far discutere la decisione, emersa dal recente vertice del G8 de L’Aquila, di stanziare 20 miliardi di dollari in favore dello sviluppo dei Paesi africani più bisognosi. Un impegno finanziario che appare molto ridotto rispetto agli investimenti che i Paesi più ricchi hanno messo in atto per far fronte ai danni della crisi nei propri sistemi economici. A Nora McKeon, portavoce della Campagna Italia-Africa, Stefano Leszczynski ha chiesto se le misure che verranno adottate per lo sviluppo in Africa sono sufficienti.

    R. – L’attuale situazione di insicurezza alimentare in Africa è stata provocata da tre decenni di politiche agricole sbagliate e nello stesso tempo dall’apertura dei mercati africani ad una competizione falsata con il resto del mondo. Per cui, se si volessero affrontare seriamente i problemi della sicurezza alimentare in Africa, prima ancora di parlare di investimenti, bisognerebbe valutare come aggiustare le politiche agricole nazionali e regionali africane, in maniera tale che rispondano alle esigenze ed ai bisogni del continente. Questa è la prima cosa: dare ai Paesi africani lo spazio politico per poter sostenere la loro agricoltura e poter costruire e difendere i loro mercati interni.

     
    D. – Allo stesso tempo, però, fa un po’ meraviglia il paragonare l’esiguità degli aiuti che vengono promessi per l’Africa di fronte all’enormità di soldi che sono stati invece investiti, da parte degli Stati più ricchi, per salvare le proprie economie.

     
    R. – Sì, certamente: questo è evidente, questo viene fatto notare anche in una recente Dichiarazione firmata dalle organizzazioni contadine africane. Ma fa anche impressione pensare agli ingenti investimenti tecnologici nell’ambito della cosiddetta rivoluzione verde, dietro la quale troviamo – ovviamente – le grandi multinazionali con gli ogm e con una visione dello sviluppo agricolo che è assolutamente il contrario di quello auspicato dalle organizzazioni contadine africane e dalla società africana.

     
    D. – Una posizione un po’ ambigua che è venuta fuori da quest’ultimo vertice al quale – tra l’altro – erano presenti alcuni Stati africani, è quella di dire: ‘Se l’Africa è in queste condizioni, non sono tutte responsabilità nostre; forse qualche responsabilità africana c’è’ …

     
    R. – E’ assolutamente tempo che l’Africa si assuma le proprie responsabilità; e proprio quando si parla di investimenti, loro guardano non tanto agli aiuti che vengono da fuori, quanto al fatto che gli Stati africani già nel 2003, a Maputo, si erano impegnati a dedicare almeno il 10 per cento del loro budget nazionale all’agricoltura, un settore che dà da vivere all’80 per cento della popolazione africana, mentre adesso la media si aggira intorno al 4,5 per cento del Pil.(Panoramica internazionale a cura di Linda Giannattasio)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 195
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