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Sommario del 30/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alle Chiese Orientali Ortodosse: in un mondo ferito dalle divisioni è urgente lavorare per l’unità dei cristiani
  • Altre udienze e nomine
  • "Shoah e mistero di Dio": editoriale di padre Lombardi
  • Presentato il Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana. L'ambasciatore Lewy: importante collaborazione tra Santa Sede e Israele
  • Un Convegno storico, un concerto e una mostra celebreranno tra febbraio e maggio gli 80 anni della fondazione della Città del Vaticano
  • Intervista con il cardinale Bertone alla luce della sua visita in Messico
  • Successo di visite nella prima settimana del “Canale vaticano” su YouTube
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Iraq. Mons. Sako: discriminata la minoranza cristiana
  • "La bellezza della fede. Con i giovani in ascolto della vita": è il titolo del nuovo libro del cardinale Tettamanzi
  • L'uomo di fronte al male: incontro a Roma con mons. Forte e il prof. Celli
  • Chiesa e Società

  • Presentato a Roma il Rapporto Unicef sull’intervento umanitario 2009
  • A Belem la denuncia di alcuni vescovi: minacciati perché sosteniamo indios e contadini
  • Giornata internazionale di preghiera per la pace in Terra Santa. Il messaggio di padre Pizzaballa
  • Marcia della pace Recanati-Loreto dedicata al dialogo tra israeliani e palestinesi
  • Nigeria: rilasciato il sacerdote cattolico rapito domenica scorsa
  • Solidarietà dei vescovi africani con la popolazione dello Zimbabwe
  • Crisi alimentare: difficoltà per le comunità nomadi dell'Africa
  • Numerosi appelli per la pacificazione in Sri Lanka
  • Filippine: l'impegno della Chiesa per i poveri del Paese
  • India: arresti in Orissa, teatro di violenze anti-cristiane
  • I presuli tedeschi, svizzeri e francesi: i vescovi lefebvriani accettino il Vaticano II
  • Bolivia: smentita la candidatura del cardinale Terrazas alla presidenza del Paese
  • Gabon: è nata l’Associazione Cattolica per la Comunicazione
  • "L'ecumenismo dell'evangelizzazione" al centro di un incontro a Dallas
  • Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata mondiale della vita consacrata
  • Il 23 febbraio a San Paolo fuori le Mura incontro con la presidente dei Focolari
  • Italia: rapporto sull’autonomia decisionale dei minori in ambito sanitario
  • Presentato il libro "La prima casa" sul rapporto madre-bambino nella gravidanza
  • 24 Ore nel Mondo

  • La recessione colpisce il Giappone
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alle Chiese Orientali Ortodosse: in un mondo ferito dalle divisioni è urgente lavorare per l’unità dei cristiani

    ◊   L’unità dei cristiani è ancor più urgente oggi in un mondo segnato da divisioni e conflitti: così, Benedetto XVI nell’udienza ai partecipanti alla riunione della Commissione mista internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse. Si tratta di un gruppo di sette Chiese locali che si separarono dalla Chiesa nel 451 non accettando alcune formulazioni del Concilio di Calcedonia. Nel suo discorso, il Papa ha anche ribadito la necessità che vengano gettati semi di speranza in Medio Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    The world needs a visible sign…
    “Il mondo ha bisogno di un segno visibile del mistero dell’unità”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che ha lodato l’impegno delle Chiese Orientali Ortodosse in favore del dialogo con la Chiesa cattolica. Un dialogo, ha rilevato, necessario a superare le divisioni del passato e a rafforzare “l’unità testimoniata dai cristiani di fronte alle enormi sfide che oggi devono affrontare i credenti”. Ed ha ribadito che è un dovere dei fedeli lavorare per la manifestazione della dimensione comunionale della Chiesa:

     
    We need only cast our minds to the Middle East…
    “Basti pensare al Medio Oriente, dal quale molti di voi provengono – ha costatato il Papa – per vedere che abbiamo urgente bisogno di semi autentici di speranza in un mondo ferito dalla tragedia delle divisioni, dei conflitti e dell’immensa sofferenza umana”. Benedetto XVI ha quindi definito un “segnale di speranza e incoraggiamento” il fatto che il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse sia proseguito negli anni, compiendo passi importanti in particolare, da ultimo, nello studio della Chiesa come comunione.

     
    The Week of Prayer for Christian Unity…
    “La Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani – ha proseguito – si è da poco conclusa con una cerimonia nella Basilica dedicata al grande Apostolo Paolo”. Proprio Paolo, ha sottolineato il Pontefice, “è stato il primo difensore e teologo dell’unità della Chiesa”. I suoi sforzi, il suo impegno, ha concluso, “erano ispirati da una duratura aspirazione a mantenere una visibile” e “reale comunione tra i discepoli del Signore”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero.

    Il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari di Lima (Perú) i rev.di Guillermo Martín Abanto Guzmán, del clero dell’arcidiocesi di Lima, vicario episcopale e parroco della parrocchia "El Señor de la Divina Misericordia", assegnandogli la sede titolare vescovile di Pinhel, e Raúl Antonio Chau Quispe, del clero dell’arcidiocesi di Lima, già vicario della parrocchia di "Santa Rosa de Lima", assegnandogli la sede titolare vescovile di Aveia. Il rev.do Guillermo Martín Abanto Guzmán è nato a Trujillo il primo luglio 1964. È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992. Il rev.do Raúl Antonio Chau Quispe è nato a Lima il 15 settembre 1967. È stato ordinato sacerdote il 12 dicembre 1992.

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    "Shoah e mistero di Dio": editoriale di padre Lombardi

    ◊   Il cardinale Walter Kasper, presidente della Commissione per i rapporti con l’Ebraismo, ha inviato una lettera al Gran Rabbinato di Israele proponendo di non rinviare l’incontro ebraico-cattolico in programma a marzo a Roma e messo in discussione dopo le assurde dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Richard Williamson. Affermazioni duramente condannate dal Papa. Ascoltiamo in proposito la nota del direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi.

    “La Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo”. Con queste parole al termine dell’udienza di mercoledì 28 gennaio, il Papa ha ripreso la profonda meditazione del suo discorso nel campo di concentramento di Auschwitz. Non ha solo condannato ogni forma di oblio e di negazione della tragedia dello sterminio di sei milioni di ebrei, ma ha richiamato i drammatici interrogativi che questi eventi pongono alla coscienza di ogni uomo e di ogni credente. Perché è la fede nella stessa esistenza di Dio che viene sfidata da questa spaventosa manifestazione della potenza del male. La più evidente per la coscienza contemporanea, anche se non la sola. Benedetto XVI lo ha riconosciuto lucidamente nel discorso di Auschwitz, facendo sue le domande radicali dei salmisti a un Dio che appare silente ed assente.

     
    Di fronte a questo duplice mistero – della potenza orribile del male, e dell’apparente assenza di Dio – l’unica risposta ultima della fede cristiana è la passione del Figlio di Dio. Queste sono le questioni più profonde e decisive dell’uomo e del credente di fronte al mondo e alla storia. Non possiamo e non dobbiamo evitarle e tanto meno negarle. Se no, la nostra fede è ingannevole e vuota. Chi nega il fatto della Shoah non sa nulla né del mistero di Dio, né della Croce di Cristo. Tanto più è grave, quindi, se la negazione viene dalla bocca di un sacerdote o di un vescovo, cioè di un ministro cristiano, sia unito o no con la Chiesa cattolica.

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    Presentato il Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana. L'ambasciatore Lewy: importante collaborazione tra Santa Sede e Israele

    ◊   In occasione della presentazione, stamani a Roma, del “Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana”, compilato dall’Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts e a cura di Benjamin Richler, è stata sottolineata la collaborazione tra Israele e Santa Sede. Il volume, edito nel 2008 dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, include il catalogo di tutti i manoscritti vaticani in scrittura ebraica. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri il cardinale Raffaele Farina, archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Mordechay Lewy, ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

    Il catalogo è una straordinaria collezione frutto di un’esemplare collaborazione tra istituzioni culturali di Santa Sede e di Israele. E’ quanto sottolinea il cardinale Raffaele Farina:

    “I rapporti culturali hanno una strada più facile, più semplice. Il culto della bellezza contribuisce molto. Noi siamo molto soddisfatti di questo lavoro decennale che è stato frutto di questa collaborazione. Il risultato è quello che ci aspettavamo da questo. E’ una premessa ad altre collaborazioni”.

    Una collaborazione – aggiunge il porporato - che aiuta, attraverso la conoscenza reciproca, a superare anche possibili incomprensioni:

    “In genere, quando si lavora bene insieme, si creano amicizie. Tutto questo crea un clima di comprensione: bisogna stare bene insieme, ognuno con la propria identità. E l’istituzione, contrariamente a quello che si possa pensare comunemente, offre un buon supporto. Vogliamo creare un clima tale per cui anche il dialogo religioso abbia un ambiente adatto a svilupparsi bene”.

    La grande via della comunicazione tra le religioni è prima di tutto quella culturale, come ricorda mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

    “Prima ancora di essere credente, ogni persona è anche una persona umana, appartiene a quello che la Bibbia chiama 'Adamo', che letteralmente significa 'l’uomo', 'l’umanità'. Ed è per questo che ogni impegno per la cultura è anche un modo per riuscire a costruire pian piano un grande dialogo non solo umano, ma anche religioso e spirituale. E’ anche l’occasione, da una parte, di cancellare le tensioni in senso negativo, perché si ritrovano molti elementi comuni attraverso la cultura; ma, dall’altra parte, è proprio un’occasione di trasformare questa parola 'tensione' da negativa in positiva, cioè di tendere verso un ideale ulteriore, perché di solito la cultura – quando è autentica – è il tentativo di interpretare il mistero dell’essere, cioè la possibilità di approdare verso l’eterno, verso l’infinito, verso la grandezza che ci trascende continuamente. E’ significativo poi che il mondo cattolico, nel passato, abbia sentito la necessità non solo di custodire ovviamente il testo ebraico della Bibbia, ma anche di avere testi alti dal punto di vista della cultura ebraica, testi della tradizione giudaica, testi cioè di tutto questo orizzonte che è quello dei cosiddetti nostri fratelli maggiori”.

    Mordechay Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede e tra i promotori dell’odierna presentazione del Catalogo, conferma al microfono di Fabio Colagrande l’importanza della collaborazione tra Santa Sede e Israele:

    “I think that this is a very important occasion to show …
    Credo che sia stata un’occasione molto importante per dimostrare quanto sia apprezzabile la collaborazione culturale tra Israele e la Santa Sede. Penso che saremmo più poveri se restringessimo le nostre relazioni solo alla dimensione politica e religiosa. La dimensione culturale è molto importante e oggi abbiamo avuto la dimostrazione di quanto possa essere realizzato in uno spirito positivo e di collaborazione, anche in futuro. Io credo che oggi ci sia stato un arricchimento delle relazioni tra Israele e la Santa Sede”.

    Le collezioni vaticane in scrittura ebraica – ha detto infine il curatore del Catalogo, il prof. Benjamin Richler - coprono tutti i campi della tradizione giudaica: Bibbia e commenti biblici; Midrash (circa 30 manoscritti); Talmud e suoi commentari; testi di filosofia, astronomia, matematica, medicina, letteratura, poesia, filologia e liturgia.

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    Un Convegno storico, un concerto e una mostra celebreranno tra febbraio e maggio gli 80 anni della fondazione della Città del Vaticano

    ◊   Un Convegno, un concerto e una mostra in cinque sezioni per ripercorrere la lunga storia precedente e successiva alla nascita dello Stato della Città del Vaticano, che il prossimo 11 febbraio festeggerà gli 80 anni di fondazione, formalizzati dalla firma dei Patti Lateranensi del 1929. Le iniziative commemorative sono state presentate questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Giovanni Lajolo e dall’arcivescovo Renato Boccardo, rispettivamente presidente e segretario del Governatorato della Città del Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Quel tanto di territorio” che ottenga la “sovranità territoriale” “necessaria e dovuta a chi non può essere suddito di alcuna sovranità terrena”. Le parole di Pio XI sono state citate più volte questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede per ricordare la storica firma storica che sancì nel 1929 la nascita dei 44 Kmq. quadrati più celebri del mondo. Rievocando quei giorni e le affermazioni dell’allora Pontefice, mons. Boccardo ne ha citato anche questa precisazione:

     
    “’Vero è che ci sentiamo pure in diritto di dire che quel territorio, che ci siamo riservati e che ci fu riconosciuto è bensì materialmente piccolo, ma insieme è grande, il più grande del mondo, da qualunque altro punto di vista lo si contempli! Quando un territorio può vantare il Colonnato del Bernini, la Cupola di Michelangelo, i tesori di scienza e di arte contenuti negli archivi e nelle biblioteche, nei musei e nelle gallerie del Vaticano, quando un territorio copre e custodisce la Tomba del Principe degli Apostoli, si ha pure il diritto di affermare che non c’è al mondo territorio più grande e più prezioso’”.

     
    In ottant’anni di storia e di attività, il “piccolo territorio per una grande missione” - come recita il titolo del Convegno celebrativo a carattere storico che riunirà in Vaticano nomi illustri dal 12 al 14 febbraio - ha svolto bene la funzione per la quale si impegnò in prima persona Papa Ratti. Lo ha ribadito ai giornalisti presenti il cardinale Lajolo:

     
    “Lo Stato della Città del Vaticano ha tutto il suo senso nel dare alla Santa Sede un appoggio per essere sicura dal punto di vista – de facto e di diritto – nella sua libertà e nella sua indipendenza, ed è servito in realtà a questo, come si è visto, dalla fondazione fino ad oggi: assicurare l’indipendenza e la libertà del Papa da qualsiasi potere politico. Il Papa non è soggetto a nessun potere politico”.
     
    Quando lo Stato italiano e quello nascente del Vaticano, nella sua veste attuale, stabilirono 80 anni fa il loro mutuo riconoscimento, i Patti Lateranensi si posero dunque come spartiacque tra un’epoca millenaria e la successiva che ha caratterizzato la presenza della Santa Sede nel consesso internazionale del Novecento fino ad oggi. Proprio quella storia viene raccontata dalla ricca esposizione - intitolata “1929-2009 - Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano'' - allestita nel Braccio di Carlo Magno per iniziativa del Governatorato della Città del Vaticano e curata in prima persona dalla dott.ssa Barbara Jatta, della Biblioteca Apostolica Vaticana.

     
    “Icona” della Mostra - che sarà aperta al pubblico dal 12 febbraio al 10 maggio prossimi - è il grande plastico in legno di betulla che riproduce l’intera Città del Vaticano in tutti gli edifici che oggi la compongono. Ma per rivisitarne la struttura anteriore al ’29, la prima delle cinque sezioni della mostra espone antiche stampe del XVI e del XVII secolo, che mostrano l’antica topografia del Vaticano e le modifiche urbanistiche dei periodi successivi. La seconda sezione è dedicata - con preziosi cimeli - a Pio XI, sotto il cui Pontificato si arrivò alla firma dei Patti, ai quali è invece dedicata la terza sezione della Mostra: in particolare, oltre a vari documenti preparatori, sarà visibile per la prima volta, il documento originale del Trattato, conservato nell’Archivio segreto vaticano. La quarta sezione descrive la costruzione del nuovo Stato che Pio XI affidò ai progetti - esposti alla Mostra - dell’architetto piemontese Giuseppe Momo e dall’impresa dell’ingegnere Leone Castelli. Risale per l’appunto agli Anni Trenta la maggior parte degli edifici e delle infrastrutture che garantiscono l’autonomia della Città del Vaticano: dal Governatorato al Tribunale, dalla Stazione ferroviaria all’autoparco, dalla Radio alle Poste, senza contare i celeberrimi Musei. La quinta e ultima sezione - Gli altri pontificati - descrive il periodo che intercorre tra la fine del pontificato di Pio XI (1939) e i nostri giorni e tratteggia i Papi che si sono succeduti esponendone un ritratto proveniente dai Musei Vaticani.

     
    Sollecitato dai giornalisti, il cardinale Lajolo ha affrontato il tema dell’accesso ai Musei Vaticani, spesso caratterizzato dalle lunghe code che i visitatori devono affrontare prima di entrarvi. Il presidente del Governatorato ha spiegato che tra i progetti valutati negli ultimi tempi insieme con il Comune di Roma il più accreditato ad essere posto in opera riguarda l’allargamento e la dotazione di punti di sosta e ristoro dei marciapiedi che conducono ai Musei. Quindi, il porporato è tornato sulla questione della ricezione delle leggi italiane nell’ordinamento vaticano, in particolare sulla filosofia di base che ne esclude l’automatico ricevimento:
     
    “Questo non ha nulla a che vedere con un senso di minore valutazione della legislazione italiana. Beninteso: ci sono delle leggi italiane che la Chiesa non considererà mai come leggi giuste o tollerabili. Per esempio, quelle riguardanti il divorzio o l’aborto, tanto per dirne una. Questa è la valutazione morale che dà la Chiesa (…) E guai se la Santa Sede dovesse dire: tutte le leggi, perché sono legalmente accettate da uno Stato, sono accettabili per la Santa Sede”.

     
    Tra le numerose domande rivolte ai relatori in Sala Stampa, una ha riguardato i confini dello Stato vaticano, in particolare su quella porzione di territorio che oggi comprende l’Aula Paolo VI, sulla quale vige l’extraterritorialità. Mons. Boccardo ne ha rivelato una curiosità:

     
    “Quando negli Anni Settanta, con il Pontificato di Paolo VI, si volle costruire l’Aula delle Udienze - chiamata allora Aula Nervi e oggi Aula Paolo VI - si volle avere l’accortezza di far stare il Papa in Vaticano. In altre parole: la parte dell’Aula Paolo VI dove ha sede il trono pontificio, da dove il Papa tiene l’udienza, è territorio vaticano, mentre invece appena scesi i gradini del palco, quello è extraterritoriale”.

     
    E l'Aula Paolo VI sarà teatro, il 12 febbraio prossimo alle 17, del Concerto commemorativo per l'80.mo con la presenza dell'"Our Lady's Choral Society" della Cattedrale di Dublino e della RTE Concert Orchestra di Dublino, che eseguiranno l'oratorio di Haendel "Il Messia". Da sottolineare infine, nella realizzazione della Mostra, la collaborazione offerta dall’Acea, l’azienda comunale elettricità e acqua di Roma, partner principale e di antica data della Santa Sede. Tra i molti interventi già svolti in convenzione con il Vaticano, e altri di prossima realizzazione, il presidente dell'Azienda, Giancarlo Cremonesi, ha annunciato la realizzazione di una nuova illuminazione delle 284 colonne, delle 140 statue e dei 1.150 metri di balaustra del Colonnato del Bernini con un sistema tecnologicamente avanzato e in linea con le esigenze attuali di risparmio energetico.

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    Intervista con il cardinale Bertone alla luce della sua visita in Messico

    ◊   Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, si è recato in Messico dal 15 al 19 gennaio scorsi. In veste di Legato pontificio, il porporato ha presieduto i momenti salienti del VI Incontro Mondiale delle Famiglie, incontrando anche il mondo della cultura del Paese e il presidente della Repubblica del Messico, Felipe Calderón Hinojosa. Al suo rientro in Vaticano il segretario di Stato ha rilasciato un’intervista congiunta alla Radio Vaticana, a L’Osservatore Romano e al Centro Televisivo Vaticano, nella quale traccia un bilancio della sua visita. L'intervista è di Carlo Di Cicco, vice-direttore de L'Osservatore Romano, e Roberto Piermarini, responsabile dei Servizi Informativi della nostra emittente:

    D. - Eminenza, la sua visita in Messico è apparsa del tutto diversa dagli altri viaggi precedenti: oltre al fatto della sua partecipazione quale Legato del Papa, si è avuta l’impressione come di un nuovo inizio di rapporti tra Chiesa, Santa Sede e società messicana. Cosa è veramente accaduto?

     
    R. - E’ stato un viaggio che ha avuto una sottolineatura pastorale – come Legato papale per il VI Incontro mondiale delle famiglie – e anche politico, naturalmente, con gli incontri con il presidente della Repubblica e altre autorità. Bisogna ricordare che già in questi ultimi tempi era andato in Messico mons. Dominique Mamberti, in occasione del XV anniversario della ripresa dei rapporti diplomatici, una grande svolta del Messico, che il Papa Giovanni Paolo II aveva marcato con una tappa nel 1993 in occasione del suo viaggio alla Giornata mondiale della gioventù a Denver. Adesso, è il segretario di Stato che è andato in Messico come Legato papale, ma anche come segretario di Stato, che ha messo l’accento proprio su questa ripresa di rapporti positivi. Non si tratta ancora di laicità positiva – questo è un tema che è stato poi discusso nell’incontro a Querétaro – ma di incontri e di rapporti più positivi in Messico tra lo Stato e la Chiesa. Una Chiesa in grande ripresa, una Chiesa martire come quella del Messico. Si è trattato di una occasione eccezionale nella quale il Papa si è fatto presente con i due messaggi, con la sua benedizione videoregistrata e video-inviata – e nella quale è risuonato il martellante e gioioso ritornello dei messicani: “E’ presente il Legato papale, ma Benedetto è qui, presente: Benedetto è qui, presente”. E’ una convinzione che esprimeva un grande desiderio della presenza del Papa ma anche di senso di piena comunione e di compresenza con il Papa, con il Vescovo di Roma.

     
    D. - Famiglia e cultura sono stati i due poli di maggiore attenzione nei suoi diversi interventi. Perché tanta cura dimostrata nel parlare sia della famiglia, sia della cultura?

     
    R. - Perché, in realtà, la famiglia è la prima agenzia di trasmissione dei valori e della cultura per le nuove generazioni, per i bambini, per i giovani in crescita: famiglia trasmettitrice di valori. E’ un dato assodato, pur con tutte le difficoltà che segnano il cammino, l’esperienza della vita familiare, non solo in Europa ma anche in America Latina. Ricordo una conferenza, un dibattito che avevamo fatto qui a Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, con il professor Barbiellini Amidei, proprio sulla famiglia capace o incapace oggi, davanti a tutte le altre agenzie, di socializzazione, di trasmettere valori, e abbiamo convenuto – e questa è una convinzione dei Papi: di Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto in modo particolare, ribadita anche nei due messaggi rivolti al Messico – che la famiglia è la prima agenzia di trasmissione di valori, la prima agenzia di formazione umana e cristiana. Essa trasmette l’identità: l’identità propria della famiglia, l’identità culturale, spirituale, morale di un popolo. Lo Stato nasce poi dall’insieme, dalla comunione delle famiglie, e lo Stato deve avere questa missione di consolidare il senso di identità di un popolo fondato sulle sue proprie radici, sulle proprie origini che hanno determinato poi lo sviluppo di una comunità politica come della comunità ecclesiale.

     
    D. - Nell’incontro con il mondo della cultura e dell’educazione, lei ha insistito sul successo limitato della cultura cattolica nel Messico dell’ultimo secolo. Non è un giudizio duro, in presenza di una Chiesa che ha subito una persecuzione anche sanguinosa?

     
    R. - In realtà, è un giudizio duro. Ho citato esattamente un autore – Gabriel Zaid – il quale ha ricordato il rapporto con un vescovo europeo che gli chiedeva: “Ma, in Messico è possibile avere una cultura cattolica o avere un influsso culturale da parte della Chiesa cattolica?”. Quando questo vescovo europeo, che era esattamente un vescovo olandese, chiese a Zaid che cosa ci si potesse aspettare dal Messico, Zaid – desolato – ha confessato: “Non gli potete dare la minima speranza”. In Messico, al di là delle vestigia di tempi migliori e della cultura popolare, la cultura cattolica era finita. Notate che siamo negli anni Settanta. Era rimasta al margine, in uno dei secoli più importanti della cultura messicana: il XX secolo. Come è potuto accadere ciò? Risponde Zaid: “Me lo chiedo ancora!”. Questa diagnosi è certamente pessimistica: l’ho rilevato perché certamente ci sono stati degli impulsi, ci sono stati degli spunti molto significativi e sarebbe ingiusto sottolineare, sottoscrivere integralmente questa diagnosi. Tuttavia, l’osservazione dello scrittore e la domanda di questo vescovo esigono delle risposte, sono stimolanti. Che la cultura sia necessaria nell’opera della Chiesa e ancor più in quella dell’umanità stessa, l’aveva affermato – in un grande discorso all’Unesco – Papa Giovanni Paolo II, quando ha gridato: “L’avvenire dell’uomo dipende dalla cultura! La pace del mondo dipende dal primato dello spirito! L’avvenire pacifico dell’umanità dipende dall’amore”. Quindi ha messo in correlazione cultura, pace, amore. Per la Chiesa, la promozione culturale è una realtà connaturale, è iscritta nel suo Dna, nella sua storia: è una esigenza urgente, necessaria. Per il fatto stesso che il Vangelo è per se stesso creatore di cultura e quindi l’annuncio del Vangelo è creazione di cultura. In realtà, la Chiesa messicana, è stata tanto perseguitata, ha avuto tanti martiri. E’ una Chiesa eroica. Ho ricevuto e venerato la reliquia di un ragazzo di 15 anni, più maturo di quanto potesse dire la sua età, José Sanchez del Rio, che aveva partecipato ad un circolo culturale di Azione Cattolica; così giovane, è stato preso, è stato catturato e poi massacrato e prima di morire ha scritto ancora “Viva Christo Rey!”, il grido dei martiri messicani. Quindi, la Chiesa in Messico è una Chiesa martire, certamente, ma una Chiesa messa un po’ al margine della vita pubblica. E’ stata una Chiesa che ha praticato sempre una grande religione del culto, molto significativa, importante, che è la fonte della fedeltà a Cristo e anche dell’entusiasmo della fede, ma che dal punto di vista culturale era un po’ dimessa. Allora, bisognava e bisogna ridare slancio a tutta la promozione culturale che – come ho detto – è connaturale alla missione della Chiesa, in modo particolare in Messico.

     
    D. - Un altro punto di insistenza è stato quello di aprirsi o recuperare la cultura del meticciato: non è un concetto buono non solo per il Messico, ma anche per i Paesi occidentali dove questo concetto fatica a farsi strada?

     
    R. - Il meticciato è un pensiero, una realtà molto bella che indica che l’evoluzione della cultura avviene attraverso l’incontro delle culture, un incontro che non deve essere esclusione. Nel Messico, ma si può parlar di ogni altro Paese - per esempio, per l’Occidente, il codice della cultura occidentale è il Vangelo e la Bibbia - il Vangelo, o la Bibbia, o possiamo anche dire le radici cristiane, vengono a volte messe da parte, vengono scartate, come codice della vita, dell’esperienza, dell’evoluzione culturale dell’Europa o dell’Occidente. In Messico ill barocco messicano e tutta l’ispirazione del meticciato della Madonna di Guadalupe, rischiano di essere divise sia da coloro che propugnano solo la cultura indigena e basta, e sia da coloro che invece propugnano una superiorità – per dire così – della cultura europea che avrebbe cancellato le radici, le fonti indigene. E quindi, si rischia questa contrapposizione tra la cultura indigena e la cultura europea, senza un vero dialogo, senza una sinergia delle due culture e una sintesi che prenda dalle due culture e che formi questa nuova cultura che è la caratteristica di identità del popolo messicano e di tanti popoli dell’America Latina. Ma questa scissione, questo grande divorzio è il divorzio che è avvenuto tra la cultura popolare e la cultura delle élites, molto influenzata dalla cultura europea. Allora, di fronte a questo divorzio, la grande sintesi barocca e meticcia è il segno della identità del popolo messicano. Bisogna evitare questa scissione e riprendere la sintesi tra le culture, la trasformazione delle culture in un dialogo effettivo, fecondo, in un dialogo fruttuoso. Nel Messico è rappresentato proprio sia dall’arte e sia da quella presenza misteriosa, straordinaria che Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato nella figura della Madonna di Guadalupe dicendo che è un po’ il simbolo dell’inculturazione della evangelizzazione. Il volto meticcio della Vergine di Guadalupe fin dall’inizio della storia del Nuovo Mondo, ha dimostrato che c’è una unità della persona ma nella varietà delle culture e nell’incontro tra le culture.

     
    D. - Come valuta il suo incontro con il presidente della Repubblica?

     
    R. - E’ stato un incontro molto cordiale, direi molto bello, molto ricco: poco più di un’ora, un’ora e dieci. Un incontro con un uomo che è cattolico e che ha fatto un grande discorso all’assemblea dell’Incontro mondiale delle famiglie, che ha la volontà di recuperare le radici cristiane della cultura messicana, e che pone anche delle domande precise alla Chiesa. Ha sottolineato anche il rapporto tra religione e vita, l’esigenza della coerenza dell’appartenenza alla religione cattolica. Ricordiamoci che i messicani, secondo le più recenti statistiche, si dichiarano all’87 per cento cattolici, però – come dappertutto, purtroppo – a volte il fatto di dichiararsi cattolici non significa che si viva in coerenza con il Vangelo o con le indicazioni della Chiesa. Quindi, abbiamo parlato con molta sincerità, abbiamo trattato diversi argomenti, come il problema educativo in Messico; abbiamo anche trattato il tema delle scuole cattoliche, che sono il 5 per cento – mi sembra – di tutte le scuole messicane, quindi una percentuale molto bassa, ma che fanno un grande lavoro di carattere educativo, fino ai massimi gradi dell’istruzione. Abbiamo anche parlato dell’insegnamento della religione cattolica per la formazione integrale dei ragazzi e dei giovani e per lo sviluppo della loro personalità. Ho portato come esempio l’Accordo stipulato tra la Santa Sede ed il Brasile che contempla tale materia; si tratta di un grande Paese latino-americano, un Paese moderno. Ho salutato volentieri tutti i componenti della sua bella famiglia con tre bambini: uno porta il nome di Giovanni Paolo, probabilmente in ricordo delle visite di Giovanni Paolo II in Messico.

     
    D. - I suoi interventi e quelli di Benedetto XVI sono apparsi in singolare armonia, quasi due momenti di un’unica trama di colloquio con la Chiesa messicana. Che cosa significa questo e qual è l’obiettivo di questa sintonia?

     
    R. - Intanto, devo dire che il Santo Padre conosce bene la Chiesa del Messico perché la Conferenza episcopale, quindi tutti i vescovi del Messico, sono venuti in visita ad Limina pochi mesi dopo l’elezione di Benedetto XVI, il quale – come per ogni visita ad Limina di episcopati del mondo – si prepara bene, studia le relazioni delle diocesi, dei nunzi e delle Conferenze episcopali e ha un dialogo puntuale con ogni vescovo. Questo, naturalmente, permette di avere il polso della vita della Chiesa e permette anche di lanciare messaggi pertinenti, idonei, concreti che toccano l’esperienza vitale della Chiesa in quel determinato Paese. Il primo collaboratore del Papa è in perfetta sintonia con il Papa. Naturalmente, i discorsi del Papa vengono conosciuti dal segretario di Stato e il segretario di Stato si prepara a questi viaggi con una armonizzazione degli interventi sui temi che stanno più a cuore al Santo Padre e alla Santa Sede. Il tema della famiglia, della cultura, specialmente l’incontro di Querétaro con il mondo della cultura, sono temi che stanno molto a cuore al Papa. Conosciamo un po’ tutta la articolazione del pensiero del Santo Padre, non è difficile quindi mettersi in sintonia con il pensiero del Papa: sostenere i vescovi, il mondo cattolico, i laici messicani in questa piena, concreta comunione non solo nella preghiera, nell’affetto anche pubblico, entusiastico al Santo Padre, ma in una condivisione dei progetti culturali, pastorali che gli stanno a cuore. Ho cercato di incoraggiare questo grande Paese cattolico – ecco l’obiettivo – ad essere un Paese trainante, un Paese modello anche per l’America Latina e per i Caraibi, soprattutto per le forze, per le risorse straordinarie che porta in sé: perché possiede una grande ricchezza umana e grandi risorse materiali, morali, culturali. Può quindi fare da apripista anche per gli altri Paesi dell’America Latina. E’ questo l’auspicio che formulo dopo il viaggio in Messico, e che depongo ai piedi della Madonna di Guadalupe.

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    Successo di visite nella prima settimana del “Canale vaticano” su YouTube

    ◊   Successo di visite per il nuovo “Canale vaticano” su YouTube, che oggi compie una settimana. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il nuovo canale, lanciato dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Radio Vaticana, permette di conoscere in tempo reale l’attività del Papa e quanto la Chiesa cattolica fa e propone per i grandi problemi del mondo di oggi, attingendo direttamente alle fonti e ai testi completi di discorsi e documenti. Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti circa una valutazione dei primi passi di questa nuova iniziativa, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha affermato che “nel corso dei primi sei giorni dall’apertura del nuovo canale, le visualizzazioni complessive, nelle quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e tedesco) sono state oltre 750.000. Gli analisti di Google, da noi interpellati - ha proseguito - affermano che da un confronto con i principali canali istituzionali a livello mondiale questi numeri, e ancor più quelli degli ‘iscritti’ (oltre 15.000), dimostrano che il nostro canale è assolutamente allineato con i livelli di frequentazione degli altri, che, inoltre, sono stati lanciati da ben più lungo tempo e sono quindi più consolidati e con archivi assai più ampi. Le nuove videoclip pubblicate – ha detto padre Lombardi - sono state in media due al giorno. In occasione della Giornata della memoria della Shoah sono state pubblicate anche tre nuove videoclip tratte dagli archivi del Centro Televisivo Vaticano, dedicate ai principali interventi del Papa sul tema della Shoah (nella Sinagoga di Colonia, ad Auschwitz, e nella successiva udienza generale del 31.5.2006). In questo modo si è anche iniziato a sperimentare un uso ulteriore del canale di YouTube, oltre a quello primario della pubblicazione delle videonews del giorno. Il cammino – ha concluso padre Lombardi - è quindi iniziato bene e confidiamo che questa nuova forma di impegno sarà fruttuosa”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La rinascita in Messico della cultura cattolica: intervista del vice direttore al cardinale Tarcisio Bertone dopo la sua visita nel Paese.

    In prima pagina, un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo "Il dialogo di due giovani leader": una nuova stagione nei rapporti fra Stati Uniti e Russia.

    Anche la castagna esce intatta dal riccio spinoso: in cultura, la relazione di Timothy Verdon all'incontro di presentazione del volume di Emma Simi Varanelli "Maria l'Immacolata. La rappresentazione nel Medioevo".

    A quale don Bosco vogliamo ritornare?: Francesco Motto ripercorre i centocinquant'anni di vita della Società salesiana.

    Il "caso Galileo" occasione di dialogo: Fabio Colagrande intervista il gesuita Ennio Brovedani, direttore dell'Istituto Stensen che, nell'Anno dell'astronomia, ha organizzato un convegno internazionale sullo scienziato pisano.

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Iraq. Mons. Sako: discriminata la minoranza cristiana

    ◊   Si è conclusa stamani alle sette in Iraq la campagna elettorale per le elezioni provinciali che si svolgeranno domani in 14 delle 18 province irachene. Nelle settimane scorse la violenza è stata relativamente contenuta, ma ieri, in poche ore, tre candidati di diversi partiti sunniti sono stati assassinati in tre zone del Paese. Stamani, l'esplosione di un ordigno a Diwanya, a sud di Baghdad, ha provocato la morte di 3 poliziotti. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    Da stasera, nuove massicce misure di sicurezza, per far sì che il voto si svolga nella calma. Domani e domenica sarà festa nazionale, e in entrambi i giorni alle 22 sarà imposto il coprifuoco fino alle 5 del giorno successivo. Prevista inoltre la chiusura dei valichi di frontiera del Paese, degli aeroporti e dei passaggi tra le varie province dalle 22 di questa sera fino alle 5 di lunedì. Inoltre, sospensione del porto d'armi per i privati. Sono circa 15 milioni gli elettori, che dovranno scegliere tra oltre 14.400 candidati per 440 seggi dei consigli provinciali di 14 delle 18 province irachene. Rimangono fuori dalla consultazione le tre province autonome curde e quella della contesa città di Kirkuk. Incontrando ieri sera a Roma l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Luis Sako gli abbiamo chiesto come guardare a questo appuntamento elettorale:

     
    R. – Penso che cambierà qualcosa, ma non tanto. Comunque è importante il fatto che gli iracheni adesso possono scegliere liberamente. Prima le scelte erano condizionate al 100 per cento in un modo, adesso non più. E’ solo l’inizio, ma piano piano stiamo andando sulla strada giusta. E per noi cristiani, anche se nella quota dei seggi ce ne sono stati attribuiti solo due o tre per Baghdad, Mosul e Bassora, è meglio di niente. Poi potremo chiedere di più.

     
    D. – Nella distribuzione dei seggi c’è stata dunque una discriminazione?

     
    R. – E’ vero che non sono stati rispettati tutti i diritti dei cristiani. C’è stato spiegato che se avessimo avuto, per esempio, dieci seggi, allora avremmo potuto condizionare gli equilibri politici tra i vari gruppi e questo preoccupava. C’è stato detto: “Allora adesso è meglio darvene uno e poi potrete chiedere”. Ci hanno fatto delle promesse, ma non c’è nessuna sicurezza. Bisogna aiutare tutti a distinguere tra la religione e la politica. Finora hanno pensato che cristiano volesse dire avversario. Invece, qui, non ci sono regimi cristiani. La politica è una cosa, la religione è un’altra cosa. Se si arriva a capire che la religione non è un cosa politica, allora non ci saranno problemi. Abbiamo comunque delle speranze. Adesso ci sono le elezioni e penso che sarà possibile chiedere al nuovo governo di avere un ministro per proteggere e difendere le minoranze religiose ed etniche. Bisogna dire che tanta gente sta ritornando dai Paesi vicini, tanti cristiani. A Kirkuk in due mesi sei famiglie sono tornate dagli Stati Uniti.

     
    D. – In definitiva, però, è un’elezione che mortifica le minoranze...

     
    R. – Ci vuole molto tempo per cambiare la mentalità e il gioco politico. La maggioranza vuole avere tutto, senza pensare agli altri.

     
    D. – Mons. Sako, la gente come va alle urne?

     
    R. – E’ un atto così positivo, perché è la seconda volta che vanno a scegliere. Sentono la responsabilità. E’ una gioia e fanno festa, perché c’è più sicurezza.

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    "La bellezza della fede. Con i giovani in ascolto della vita": è il titolo del nuovo libro del cardinale Tettamanzi

    ◊   Disagio giovanile ed emergenza educativa sono i temi cardine delle riflessioni che il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, affida al suo nuovo libro, dal titolo “La bellezza della fede. Con i giovani in ascolto della vita”. Presentato ieri a Roma, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, il volume raccoglie gli scritti del porporato dedicati ai giovani e affronta i molteplici aspetti della pastorale giovanile. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Negli oratori e sui muretti, fra i banchi di scuola e nelle piazze, ovunque i giovani sono in cerca di Cristo, di quella gioia che appaga e della sola Speranza che salva. Così li racconta il cardinale Dionigi Tettamanzi, promotore nella sua diocesi di Milano di numerose occasioni di incontro. Ai tanti impegnati nella sequela di Cristo, come a coloro che apparentemente rifiutano la fede, il porporato si rivolge nel suo ultimo libro: un invito a perseguire la Verità, e con essa la bontà e la bellezza della vita, in ogni circostanza, anche nei momenti di prova e di fragilità. La riflessione del cardinale Tettamanzi:

     
    “La vita può essere interpretata in una maniera bella, buona e vera, e può essere vissuta con delle scelte che sono l’espressione concreta in tutti i campi dell’esistenza di questa bellezza, bontà e verità, anche nelle situazioni più faticose. La fragilità è una sfida e non c’è nessuno come il giovane che è aperto alla sfida”.

    Una proposta che si fa annuncio di rinnovamento e fra le pieghe della vita lascia intravedere la bellezza della fede. Ancora l’arcivescovo di Milano:

     
    “La bellezza nella fede sta in una Persona e in un incontro con questa Persona. Per un credente, la bellezza incarnata è precisamente Gesù Cristo. Sant’Ambrogio diceva che, con la fede, Cristo lo si tocca, Cristo lo si abbraccia, proprio per dire che la bellezza della fede tocca la persona, la sua totalità e fa decidere la persona sul senso ultimo, accogliendo questo incontro e dando vita a questo dialogo”.

    Un cammino verso l’incontro con Cristo, lungo il quale – osserva il porporato – decisivo si rivela il sostegno dell’adulto:

     
    “Penso che i giovani aspettino questo. Certe volte sembreranno rifiutare questo incontro, in realtà dietro quel rifiuto si nasconde un’anima più profonda, in attesa che qualcuno, da amico autorevole, lo possa aiutare nella realizzazione dei suoi sogni, dei suoi interessi”.

    E se l’incontro con Cristo svela al giovane la bellezza della fede, sorprendente è poi la scoperta della vera libertà:

     
    “La libertà è bella, perché è responsabilità, perché è aprirsi agli altri, donare se stesso agli altri. La bellezza della libertà corrisponde anche ad una estrema serietà, quella appunto di essere una libertà liberata e una libertà liberante. Il che vuol dire che il giovane quando vive in pienezza la libertà come responsabilità è disposto anche ad affrontare difficoltà, sacrifici, rinunce, proprio perché ha davanti a sé un ideale esaltante, un ideale affascinante”.

    A fronte dell’attuale crisi occupazionale, che colpisce in particolare i giovani, il cardinale Tettamanzi invita quindi ad uno stile di vita sobrio e solidale:

     
    “Il problema riguarda la solidarietà, dove la solidarietà non è semplicemente qualcosa di economico, magari l’elemosina, ma fa riferimento alla giustizia vera e propria. Ma, soprattutto, solidarietà significa un legame reciproco, per cui tutti sono responsabili di tutti. In secondo luogo, ho segnalato la strada della sobrietà: quando uno è sobrio è capace anche di gesti, di attenzioni all’altro e di interventi concreti a favore dell’altro”.

    Per tutti i giovani lontani dalla fede, e per coloro che nelle proprie famiglie vivono la mancanza di unità, il porporato invita infine a riscoprire il volto misericordioso di Dio, che è Padre, e della Chiesa, madre di tutti i fedeli.

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    L'uomo di fronte al male: incontro a Roma con mons. Forte e il prof. Celli

    ◊   “L’uomo di fronte al male: quale speranza?”: è stato il tema dell’ incontro organizzato dal Coordinamento dei collegi universitari di Roma in collaborazione con l’ Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria, che si è svolto ieri sera nella capitale al Teatro Argentina. Alla conferenza, che si va a collocare nell’ambito dell’iniziativa “I giovedì culturali dell’Anno Paolino”, hanno partecipato mons. Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, e il prof. Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss, Libera università internazionale degli studi Sociali Guido Carli. Il servizio di Marina Tomarro:

    Di fronte al male si misura l’impotenza dell’uomo, la condizione tragica del suo esistere: solo Dio può entrare nelle tenebre più fitte della miseria umana, redimere il dolore e vincere la morte. Così mons. Bruno Forte si è rivolto ai numerosi studenti universitari presenti ieri sera al Teatro Argentina:

     
    “Il male che devasta la terra non può spiegarsi soltanto con una possibilità dell’uomo; è qualcosa che rimanda ad uno spirito cattivo, a Satana. Proprio per questo, nella lotta fra il bene e il male, l’uomo, se resta solo, non ne esce; c’è bisogno di un aiuto dell’Altro. Ecco allora la grande speranza: la speranza in un Dio che scommette sull’uomo, che crede nell’uomo più di quanto l’uomo, a volte, non crede in Dio, e proprio così rende l’uomo capace di una impossibile possibilità, che è quella di una vera libertà, di un’autentica speranza”.
     
    Ma in che modo questi giovani possono essere aiutati ad allontanarsi dal male scegliendo il bene? Ascoltiamo ancora mons. Bruno Forte:

     
    “Io direi proponendo il bene con la testimonianza della vita, in una forma irradiante. Come amava ripetere Paolo VI: 'i nostri giovani non hanno tanto bisogno di maestri, quanto di testimoni', testimoni che, con la vita, con l’eloquenza della vita, col silenzio dei gesti – prima ancora che con la parola – dicano che è bello vivere, è bello cercare e amare Dio, è bello servire gli altri”.

     
    E all’incontro era presente anche il prof. Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss:

     
    “Io credo che il male più profondo del giovane d’oggi è quello di non capire bene che cosa farà domani; quindi, la mancanza di speranza è la mancanza di futuro in realtà. Quindi la capacità di saper leggere i tempi, che sono complicati, avendo scarse risorse – e soprattutto scarsi appoggi dai più grandi – per capire quello che succederà”.

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    Chiesa e Società



    Presentato a Roma il Rapporto Unicef sull’intervento umanitario 2009

    ◊   Calamità naturali, conflitti socio politici, epidemie, violazioni sistematiche dei diritti umani, sono solo alcune delle emergenze, contenute nel Rapporto sull’Intervento Umanitario, che l’Unicef si trova a fronteggiare costantemente lottando per il sostegno e la protezione dei bambini e delle donne, in quei luoghi dove le sofferenze inflitte ai più piccoli sono una crudele regola e non un’eccezione. Oltre 276 sono le operazioni umanitarie condotte nel 2008 in 92 Paesi del mondo per dare ai bambini il diritto di diventare grandi. Per il 2009 occorre quindi oltre un miliardo di dollari per aiutare i bambini e le donne in 36 Paesi in grave difficoltà. Tra le emergenze maggiormente in evidenza oggi: la situazione di conflitto nella Striscia di Gaza, lo Zimbabwe, dove l’economia è allo sfascio e l’epidemia di colera continua a mietere vittime e ancora la Somalia, la Repubblica Democratica del Congo, l’Uganda. Il rapporto Unicef inoltre cita recenti studi che segnalano come il rischio di fame potrebbe aumentare per circa 5 milioni di persone in tutto il mondo a causa del cambiamento climatico in atto e dell’aumento dei prezzi degli alimenti. Occorre pertanto realizzare in concerto con i governi una sinergia fondata sui diritti dell’infanzia che assicuri forniture di cibo adeguate, ma anche accesso ad acqua, servizi igienici e sanitari. (A cura di Cecilia Seppia)

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    A Belem la denuncia di alcuni vescovi: minacciati perché sosteniamo indios e contadini

    ◊   Al World Social Forum di Belem, ieri è stata la giornata della politica. L’assenza del presidente brasiliano Lula al meeting dei Sem Terra, insieme ai quattro leader progressisti del Sud America, ha segnato una rottura clamorosa tra il presidente ex operaio e i contadini. Il colombiano Evo Morales, l’ecuadoriano Correa, il paraguaiano Lugo e il venezuelano Chavez hanno incontrato invece i Sem Terra e rilanciato l’idea di una moneta unica per i loro Paesi con una nuova alleanza commerciale, L’Alba, che vada contro le politiche neoliberiste. Nelle sessioni di dibattito al Forum, la Caritas latino-americana in particolare, ha chiesto ai governi riforme rispettose dei diritti umani, e agli Stati Uniti di Obama un impegno per l’immigrazione e la lotta contro il narcotraffico. E’ stata ribadita la volontà di costruire uno sviluppo sostenibile per il subcontinente con la sua popolazione. In particolare, mons. Luis Azcona Hermoso, il vescovo di Marajó, diocesi amazzonica, ha denunciato di essere in pericolo di vita, insieme ad altri due vescovi e quattro religiosi. Sono sulla lista nera della mafia amazzonica dei latifondisti per le loro lotte contro lo sfruttamento di indios e contadini da parte dei “fazenderos”. Il vescovo Azcona, in particolare, si batte contro lo sfruttamento lavorativo e sessuale dei bambini indigeni. Vent’anni dopo la morte di Chico Mendes, il seringueiros dell’Amazzonia, chi si batte per i diritti umani nella foresta, rischia la vita mentre i killer generalmente restano impuniti. Intanto nell’ambito delle iniziative che, in varie parti del mondo, si stanno realizzando in concomitanza al Forum, padre Gianpaolo Salvini, direttore della nota rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica, ha evidenziato che la Chiesa “non può disinteressarsi dei problemi ambientali” e che bisogna “aiutare a trovare il giusto atteggiamento dell’uomo di fronte alla natura, al pianeta e alle sue risorse”. Secondo il gesuita, riporta il Sir, la discussione attuale “è un allarme utile, anche per le religioni e la Chiesa, per riscoprire il senso della responsabilità umana che metta sì l’uomo al centro del creato, ma senza poterlo devastare a volontà”. Infine per padre Salvini, “il Trattato di Kyoto va bene, ma non è sufficiente. Sarà necessario anche un impegno personale per modificare lo stile di vita e il tipo di consumi. Un’etica, quindi, del sistema economico e un’etica personale”. (Da Belem, Paolo Lambruschi)

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    Giornata internazionale di preghiera per la pace in Terra Santa. Il messaggio di padre Pizzaballa

    ◊   Una preghiera continuata di 24 ore, in più di 400 città dei 5 continenti, per chiedere a Dio il dono della pace di Terra Santa. E’ quanto avverrà domani in occasione della Giornata Internazionale di intercessione per la pace. “La pace ha un prezzo, la pace esige la conversione, la conversione ci porta a perdonare per essere perdonati” così in un messaggio ripreso dall’agenzia Fides, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa. “Esige opere di compassione e di comprensione, di giustizia e di misericordia – continua il francescano - esige la condivisione fraterna dei beni della terra, la partecipazione comune alle conquiste dell’intelletto umano, la sollecitudine gratuita verso i deboli, l’impegno costante e concreto nella speranza e nel dialogo”. “La pace – scrive - esige che ci riconosciamo uomini in mezzo agli altri uomini, uomini con gli uomini. Ognuno e tutti insieme a vivere nel rispetto delle esigenze personali di ognuno, uguali e inalienabili per ciascuno”. Padre Pizzaballa sottolinea anche il valore delal preghiera per la pace che significa “aprirci a ricevere la pace, dono di Dio agli uomini amati dal Signore”. “Allora – conclude - la nostra preghiera si farà grido che sale a Dio, e Dio, che vede la miseria del suo popolo e ne ode il grido, Dio che conosce le nostre sofferenze, scenderà ancora a liberarci”. (B.C.)

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    Marcia della pace Recanati-Loreto dedicata al dialogo tra israeliani e palestinesi

    ◊   “Lottare contro la povertà, costruire la pace” è il tema della nona marcia per la pace Recanati-Loreto che prende il via domani dalla parrocchia di Cristo Redentore a Recanati, con l’accoglienza della fiaccola della pace proveniente da Betlemme e un saluto del vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, mons. Claudio Giuliodori. Durante il percorso sono previste testimonianze di rappresentanti di Unicef, Amnesty International, un missionario dal Congo, un membro di una casa famiglia, la comunità Sant’Egidio, la Caritas italiana. Il cammino si concluderà a Loreto verso le 23 con una veglia di preghiera e un messaggio del vescovo di Senigallia, mons. Giuseppe Orlandoni. La novità di questa edizione – riferisce il Sir – è la sinergia con l’associazione “Parents circle” che riunisce oltre 500 famiglie israeliane e palestinesi che hanno perso un congiunto in questi anni di conflitti. Per l’occasione i partecipanti sono invitati a saltare la cena e donare il corrispettivo all’associazione fondata da Adel Misk, arabo di Gerusalemme est che ha studiato in Italia. Dopo la morte del padre ha deciso di percorrere la strada della riconciliazione e della pace fondando l’ente che fa incontrare bambini e famiglie dei due popoli.(B.C.)

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    Nigeria: rilasciato il sacerdote cattolico rapito domenica scorsa

    ◊   Padre Pius Kii, il sacerdote cattolico che era stato rapito da persone sconosciute domenica scorsa, a Port Harcourt, nel sud della Nigeria, è stato rilasciato dai suoi rapitori, senza il pagamento del riscatto richiesto di 20 milioni di Naira. È quanto ha riferito oggi all'agenzia Fides, padre Ralph Madu, direttore delle comunicazioni sociali della Conferenza episcopale nigeriana. Madu ha spiegato che padre Kii è stato rilasciato il 28 gennaio verso le 9 del mattino. Nel comunicato pubblicato subito dopo il rilascio, i vescovi nigeriani affermano: “Vogliamo ribadire la nostra posizione sul fatto che il rapimento è un atrocità, e non è il modo migliore di affrontare le ingiustizie economiche e sociali che deve subire il popolo del Delta del Niger. Ingiungiamo a coloro che sono impegnati in questo atto incivile di avere un cambiamento del cuore. Facciamo anche appello ai governi e ai leader della regione del Delta del Niger, di trovare una soluzione definitiva ai rapimenti nella regione, prima che questo problema degeneri con conseguenze ancora più devastanti”. Ieri, 29 gennaio, alcuni banditi – riferisce Fides - hanno rapito un bambino e ucciso la sorella che lo stava accompagnando a scuola. Nella ricca regione petrolifera meridionale del Delta del Niger, riferisce l’agenzia Misna, il rapimento di dipendenti stranieri delle molte società internazionali del greggio o dell'indotto e di familiari di esponenti locali di spicco, viene usato come importante fonte di introiti da gruppi criminali ben armati - che normalmente rilasciano i sequestrati dopo il pagamento di un riscatto - e a volte come 'arma politica' da gruppi che chiedono un maggior sviluppo delle regioni meridionali della Nigeria. (R.P.)

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    Solidarietà dei vescovi africani con la popolazione dello Zimbabwe

    ◊   Un contributo materiale destinato ad alleviare le sofferenze della popolazione dello Zimbabwe. Lo chiedono alle rispettive comunità cattoliche i vescovi del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland, in vista della “Domenica per lo Zimbabwe”, che si celebrerà il 15 febbraio, su iniziativa della Conferenza episcopale sudafricana. A conclusione della loro Assemblea plenaria, che ha chiuso i battenti ieri a Pretoria, i presuli hanno inoltre invitato la Comunità di sviluppo per l’Africa Australe (Sadec) a prendere le distanze dall’attuale presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, poiché la situazione nel Paese “sta diventando talmente terribile che la mancanza di iniziativa della Sadec potrebbe equivalere al sostegno del “genocidio passivo” che sta subendo la popolazione di Harare”. Quindi, i vescovi sudafricani si assumono l’incarico di dare un contributo immediato allo Zimbabwe, attingendo alle risorse materiali delle rispettive diocesi. I fondi raccolti saranno destinati all’acquisto di cibo e medicinali che verranno poi distribuiti attraverso la rete della Caritas locale. Una seconda colletta verrà, inoltre, organizzata durante le celebrazioni eucaristiche del 15 febbraio ed i proventi saranno affidati al Segretariato generale della Conferenza episcopale del Sudafrica che li utilizzerà per acquistare beni di prima necessità. Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha nuovamente aggiornato il bilancio delle vittime del colera. Sono ormai 60 mila i casi accertati di contagio; una cifra che l’Oms aveva indicato, qualche tempo fa, come il "peggiore scenario" ipotizzabile. Solo ieri il Programma Alimentare Mondiale (Pam) aveva riferito che sono quasi sette milioni gli abitanti dello Zimbabwe che tra febbraio e marzo saranno costretti a contare solo sulla distribuzione di aiuti alimentari. In una nota – riportata dalla Misna - l’organizzazione sostiene di poter garantire nei prossimi due mesi assistenza di base a cinque milioni e 100 mila persone; altre organizzazioni non governative, con fondi statunitensi, dovrebbero fornire sostegno a un milione e 800 mila persone. (B.C.)

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    Crisi alimentare: difficoltà per le comunità nomadi dell'Africa

    ◊   “L’impatto dei cambiamenti climatici, con temperature ambientali in crescita e piogge ormai imprevedibili, stanno rendendo le popolazioni nomadi dedite alla pastorizia molto vulnerabili. La siccità è una sfida per gli abitanti, che spesso lasciano le zone rurali per cercare soluzioni. Solo nel Corno d’Africa, - riferisce l'agenzia Misna - più di 20 milioni di pastoralisti vedono il loro stile di vita messo in crisi dalla mancanza di acqua” dice Charles Ehrhart, membro di Care International, un’organizzazione non governativa che si interessa di povertà, ambiente e cambiamenti climatici. Ehrhart è intervenuto ad un incontro organizzato dall’Ocha - l’ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’ONU - per fare il punto sulla disponibilità di acqua nel Corno d’Africa e in Africa orientale e centrale, a Nairobi, in Kenya. Eppure la colpa non è solo dei cambiamenti climatici. Leilan ole Saruni, un maasai, dice che quando era giovane poteva andare da Kitengela a Oseki – una distanza di circa 20 km – fermandosi a salutare tutte le famiglie che incontrava sul percorso. Si trattava di cinque famiglie. Oggi la zona è abitata da oltre 300.000 persone. Le risorse idriche non sono però aumentate. La pressione demografica si fa sentire anche nelle regioni desertiche. È sufficiente pensare che, secondo stime dell’ONU, nel 1950 gli abitanti del Kenya erano oltre 6.400.000, mentre oggi la popolazione ha raggiunto i 34 milioni. Mentre gli abitanti degli altipiani possono, in genere, godere di buone risorse idriche, chi vive nelle grandi praterie del nord deve fare i conti con siccità e piogge erratiche. Quando la popolazione aveva una bassa densità, uno stile di vita transumante o nomade, permetteva di usare le risorse – acqua e foraggio per il bestiame – senza incidere sull’ambiente. Oggi, il problema principale dei pastoralisti è la bassa mobilità visto che sono sempre più vaste le aree recintate da privati. Così le mandrie sono costrette in aree limitate per tempi lunghi e hanno un peso eccessivo sul consumo delle risorse naturali. I rappresentanti dei popoli pastori di Etiopia, Kenya, Tanzania, Sudan e Uganda presenti all’incontro, hanno chiesto interventi per migliorare l’amministrazione del territorio, diminuire la marginalizzazione delle loro comunità e incrementare la scolarizzazione dei più giovani. “Ci siamo accorti che occorre formarsi un’idea più chiara dei bisogni umanitari che i cambiamenti climatici generano, là dove vivono i popoli pastori dell’Africa”, ha concluso Besida Towe, affermando che su questi temi si terrà un secondo incontro a metà anno. (R.P.)

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    Numerosi appelli per la pacificazione in Sri Lanka

    ◊   “Siamo profondamente addolorati per il silenzio della comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie mondiali riguardo all’enorme tragedia che si perpetra a Vanni, nello Sri Lanka. Questo silenzio sarà rotto forse solo dopo il totale annientamento dei Tamil di questa zona?” È questo l’accorato appello lanciato dalla commissione Giustizia e Pace della diocesi cattolica di Jaffna, alla fine della manifestazione di protesta svoltasi due giorni fa davanti alla chiesa di Santa Maria della città e guidata dal vescovo locale, mons. Thomas Saundaranayagam. “Negli ultimi 10 giorni - si legge nel testo dell’appello - più di 400 Tamil innocenti, residenti a Vanni, sono stati uccisi e più di 1.400 sono rimasti feriti, a causa della guerra tra le forze governative e i ribelli delle Tigri Tamil”. Uno scenario desolante nel quale si inserisce la carenza di medicinali, l’impossibilità di trasportare i feriti negli ospedali e di dare sepoltura ai morti, a causa dei continui raid aerei. Ribadendo con forza la loro totale opposizione alla guerra, i presuli di Jaffna ricordano, quindi, la necessità di “fare pressione sulle parti coinvolte nel conflitto per porre fine alla tragedia umanitaria che dilaga a Vanni” e si appellano sia al governo che ai ribelli delle Tigri Tamil perché pongano fine alle ostilità e trovino una soluzione politica attraverso il dialogo e i negoziati. All’agenzia Sir, Jehan Perera, responsabile del National Peace Council, organizzazione che coordina diverse iniziative di pace e dialogo, ha sottolineato il ruolo dei cristiani che hanno contrastato “la propaganda e le falsità diffuse sia da governo sia dalle Tigri Tamil”. Perera ha anche evidenziato il lavoro dei cristiani per una soluzione equa del conflitto “che vada incontro alle preoccupazioni di tutti i settori della società”. Il responsabile ha anche chiesto un cessate-il-fuoco ed ha invitato i leader di altre fedi ad impegnarsi “per i valori religiosi di pace, verità, giustizia e riconciliazione”. (B.C.)

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    Filippine: l'impegno della Chiesa per i poveri del Paese

    ◊   La Chiesa cattolica, in collaborazione con il governo di Manila, ha avviato un progetto dedicato ai poveri nella provincia di Nueva Ecija, nelle Filippine occidentali. Esso è inserito nel contesto più ampio delle iniziative promosse dalla presidente Gloria Macapagal-Arroyo con i leader cattolici del Paese, lanciato lo scorso 16 gennaio durante una visita alla parrocchia di Don Bosco, a Barrio Magsaysay Tondo, cittadina poco distante dalla capitale. Il programma voluto dalla Chiesa e dal governo centrale - riferisce l'agenzia Asianews - intende aiutare i più poveri fra i poveri del Paese, colpiti dalla crisi economica mondiale e privi dei mezzi di sussistenza. Oggi la presidente Arroyo ha visitato il villaggio di Misereor, nella parte occidentale della provincia di Nueva Ecija, dove in un’area vasta 11,6 ettari hanno trovato rifugio oltre 250 famiglie di sfollati dalle alluvioni che hanno colpito la città di Aurora. Il Capo dello Stato ha consegnato 125 buoni studio per un gruppo di allievi, i quali seguiranno un corso in un istituto professionale della zona. Ad accompagnare la Arroyo vi era suor Rosanne Malilin, direttrice esecutiva del National Secretariat for Social Action-Justice and Peace, che ha illustrato le attività avviate nella zona, la condizione della popolazione e delle strutture scolastiche. Da poco tempo è divenuto operativo un edificio all’interno del quale vi sono un asilo, una scuola elementare e l’istituto superiore. Esso ospita 214 studenti ed è gestito da tre suore Paoline. La Chiesa cattolica ha inoltre messo a disposizione tre ettari di terra da coltivare, mentre il governo ha avviato un programma di formazione e sviluppo dedicato all’agricoltura biologica, per garantire una fonte di guadagno agli abitanti. Il governo ha predisposto la creazione di una equipe di dottori e dentisti per fornire le cure mediche di base. Gli abitanti potranno infine comprare il riso a prezzo calmierato. (R.P.)

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    India: arresti in Orissa, teatro di violenze anti-cristiane

    ◊   Sono sette le persone incriminate dalla polizia dell’Orissa, in India, per l’omicidio di un capo religioso indù, il cui assassinio il 23 agosto dello scorso anno innescò gravi violenze contro i cristiani. Le indagini – riferisce la Misna – vanno comunque avanti e non si escludono altri arresti; inoltre la polizia ha consegnato alla magistratura le prove contro dieci persone accusate di violenza ai danni di una suora nel distretto di Kandhamal. L’uccisione del leader era stata subito rivendicata dai ribelli maoisti, ma ciò non aveva impedito che i cristiani fossero accusati di un qualche coinvolgimento. L’ondata di violenza che si era scatenata venne condannata dai massimi organismi internazionali e provocò, secondo stime ufficiali, 38 vittime ma altre fonti indicano che i morti furono 60. Ad oggi almeno 8000 sfollati esitano a rientrare nei villaggi per paura di nuovi atti criminosi. (B.C.)

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    I presuli tedeschi, svizzeri e francesi: i vescovi lefebvriani accettino il Vaticano II

    ◊   I vescovi tedeschi hanno invitato i quattro vescovi “lefebvriani”, cui il Papa ha rimesso la scomunica risalente al 1988, a dichiarare ufficialmente di accettare il Concilio Vaticano II e in particolare la Dichiarazione 'Nostra Aetate' sulle relazioni con l'ebraismo e le religioni non cristiane. E’ quanto si legge in una dichiarazione diffusa da mons. Heinrich Mussinghoff, presidente della sottocommissione per le Relazioni religiose con l'ebraismo della Conferenza episcopale tedesca. Il presule ha confermato il sostegno dei vescovi tedeschi agli sforzi compiuti dal Papa per "ottenere l'unità della Chiesa", pur osservando che esistono "questioni ancora aperte". Il provvedimento, ha ammesso, "ha suscitato una serie di domande critiche" soprattutto a causa delle tesi negazioniste dell’Olocausto espresse dal vescovo lefebvriano Richard Williamson. "Ci opponiamo nella maniera più decisa a questa negazione dell'Olocausto, che in Germania è già oggetto di inchieste giudiziarie", ha dichiarato Mussinghoff. La negazione dell’Olocausto, in Germania, è infatti dal 1994 un reato punibile fino a 5 anni di galera. "Esprimiamo – si legge ancora nella nota – la chiara e grande aspettativa e la richiesta urgente che nel corso dei colloqui, i quattro vescovi e la Fraternità di S. Pio X manifestino in modo inequivocabile e credibile la loro fedeltà al Concilio Vaticano II e in particolare alla dichiarazione 'Nostra Aetate', le cui istanze vennero fatte proprie da Papa Giovanni Paolo II nel suo lungo pontificato in maniera insistente e con risultati benefici”. La Fraternità di San Pio X si oppone alla concezione ecclesiologica emersa dal Concilio Vaticano II, secondo cui la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, affermando che in questo modo si nega l’identità tra Chiesa di Cristo e Chiesa cattolica, e rifiuta l’ecumenismo e i rapporti interreligiosi. Dal canto suo la Conferenza episcopale svizzera, Paese dove monsignor Marcel Lefebvre stabilì, a Ecône, la casa di formazione della Fraternità sacerdotale San Pio X, ha tenuto a sottolineare in una nota, che nella dottrina della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione, né la riabilitazione, ma l'apertura del cammino verso la riconciliazione. Quell'atto non è dunque un punto d'arrivo, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle ragioni del dissenso". Sulla stessa linea i vescovi francesi per i quali la revoca della scomunica “non è una riabilitazione”, bensì “il punto di partenza di un lungo cammino che richiederà un dialogo preciso”. “In ogni caso – si legge nella nota del Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese – il Concilio Vaticano II non sarà negoziabile. Nessun gruppo ecclesiale può sostituirsi al magistero”. I vescovi francesi apprezzano, infine, “la volontà del Santo Padre di fare tutto il possibile per invitare ad una riconciliazione”, e si dichiarano “in comunione con lui nell’esercizio della vigilanza episcopale”. (R.P.)

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    Bolivia: smentita la candidatura del cardinale Terrazas alla presidenza del Paese

    ◊   In una breve nota, la Conferenza episcopale della Bolivia ha negato in modo categorico che il suo presidente, l’arcivescovo di Santa Cruz, cardinale Julio Terrazas, abbia espresso mai intenzioni di candidarsi a capo di Stato. La notizia, che in realtà è un’invenzione senza alcun fondamento, è circolata insistentemente ieri sulla stampa locale ma anche internazionale. Dato che la Carta costituzionale, approvata nel referendum di domenica scorsa con una maggioranza dei consensi, obbliga tutte le cariche ottenute attraverso elezioni popolari ad una verifica del loro mandato a dicembre prossimo, alcune testate hanno affermato che l’avversario del presidente Evo Morales poteva essere proprio il porporato “che già preparava la sua candidatura”. I vescovi hanno negato qualsiasi veridicità di queste affermazioni, mettendo in dubbio la serietà delle fonti e lamentando al tempo stesso un modo di agire poco serio e insidioso. “La persona del cardinale e la sua importante missione pastorale - scrivono i presuli - non può essere usata nel gioco d’informazione irresponsabile”. Da parte sua, un comunicato dell’arcivescovato di Santa Cruz nel smentire la notizia, assurda e chiaramente pretestuosa, sostiene che sia del tutto falso che alcuni dirigenti del Movimento nazionalista rivoluzionario (MNR) abbiano mai chiesto udienza al cardinale Terrazas, come assicurano alcuni organi di stampa per sostenere la fondatezza delle loro affermazioni. “La missione della Chiesa - conclude il comunicato dei vescovi boliviani - non ha nulla a che vedere con qualsiasi progetto politico e partitico. La Chiesa cattolica e i suoi rappresentanti sono al servizio del Regno di Dio e la loro missione consiste in illuminare e orientare i progetti umani a partire dai principi e valori del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa”. “Infine – sottolineano i presuli - vogliamo ribadire ancora una volta la nostra richiesta di rispetto verso la persona e le funzioni del cardinale, prima autorità della Chiesa boliviana, anche perché queste manipolazioni politiche offendono la comunità cattolica nel suo insieme”. (A cura di Luis Badilla)

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    Gabon: è nata l’Associazione Cattolica per la Comunicazione

    ◊   La sua missione è quella di tradurre in testi formali gli orientamenti pastorali, per un migliore accompagnamento dei comunicatori, e di preparare i testi giuridici che saranno all’ordine del giorno della prossima Assemblea Generale dei comunicatori cattolici. Nata ufficialmente il 24 gennaio scorso, giorno di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e di quanti sono impegnati nel mondo della comunicazione, l’Associazione Cattolica Gabonese per la Comunicazione (ACGC), è stata presentata a Libreville da mons. Basile Mve Engone. Il vescovo della diocesi di Libreville ha dato mandato per un anno a 16 persone di tradurre in gesti concreti una pastorale feconda per il mondo dei comunicatori. Per il presule, “comunicatore efficace” è chi ascolta, parla e scrive onestamente ed in maniera moderata, chi reagisce “in modo critico alla luce dei valori evangelici”. “I giornalisti cattolici – ha detto mons. Mve Engone – devono essere non soltanto dei cattolici convinti, ma dei professionisti di alto livello, perché non possiamo e non dobbiamo offrire a Dio meno di quello che è il meglio”. Il presule ha sottolineato che quella di oggi è una “comunicazione materialista nel senso che incoraggia il consumo, che si consuma e non al di là di essa stessa”. In pratica, ha proseguito il vescovo di Libreville, gli uomini si scambiano informazioni effimere e passeggere e “i media attribuiscono più importanza a ciò che vi è di male e di tragico nel mondo che non a ciò che c’è di buono e di positivo”. L’invito del presule è quello ad un impegno per “una comunicazione cristiana, capace di far fronte alle forme e ai contenuti della comunicazione attuale”. “Io credo che il Vangelo ci può aiutare – ha aggiunto mons. Mve Engone – è la Buona Novella dell’amore di Dio per gli uomini … Noi dobbiamo contribuire a diffondere la speranza e la gioia”. Il vescovo di Libreville ha anche osservato che il giornalismo è uno strumento per educare le masse ed ha auspicato che i media possano “insegnare l’amore di Dio”, augurandosi che i giornalisti possano convergere verso un movimento culturale, spirituale e sociale in favore della libertà di coscienza, per migliorare la vita della comunità. (T.C.)

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    "L'ecumenismo dell'evangelizzazione" al centro di un incontro a Dallas

    ◊   Si apre oggi a Dallas, negli Stati Uniti, la Conferenza su “L’ecumenismo dell’evangelizzazione”, promossa dalla New Evangelization of America, un’organizzazione ecclesiastica e laica, nata dalle riflessioni dell’Assemblea Speciale per l’America del Sinodo dei Vescovi del 1997. L’iniziativa desidera approfondire la possibilità per i cristiani di diverse confessione di collaborare insieme nel compito dell’evangelizzazione, ricercando al contempo la piena unità di fede. Un ruolo importante in questa duplice prospettiva è quello dei media e sarà al centro dell’intervento dell’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Tra gli altri relatori, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente della NEA (“Profilo della Nuova Evangelizzazione”), il nunzio apostolico negli Stati Uniti, l'arcivescovo Pietro Sambi e il cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston (“L’ecumenismo dell’evangelizzazione”). Insieme ai partecipanti cattolici, sono attesi all'incontro anche esponenti battisti e metodisti. Durante i lavori sarà annunciato il lancio di eCATHOLICX.com, la prima rete sociale globale on-line di ispirazione cattolica. (M.V.)

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    Messaggio dei vescovi italiani per la Giornata mondiale della vita consacrata

    ◊   “Questa Giornata sia per tutti i consacrati e le consacrate l’occasione per rinnovare l’offerta totale di sé al Signore nel generoso servizio ai poveri, secondo il carisma dell’Istituto di appartenenza”. E’ uno dei passaggi del messaggio della Conferenza episcopale italiana in occasione della 13.ma Giornata mondiale della vita consacrata che cade il 2 febbraio. “Le comunità monastiche e religiose – prosegue il testo - siano oasi nelle quali si vive il primato assoluto di Dio, della sua gloria e del suo amore, nella gioia della comunione fraterna e nella dedizione appassionata ai poveri, agli ultimi, ai sofferenti nel corpo e nello spirito”. I vescovi invitano a guardare a San Paolo e alla sua conversione, il “suo essere colpito dall’amore di Gesù Cristo” che lo trasforma e lo sconvolge. “E’ il Signore a irrompere nella storia dell’uomo – scrivono i presuli - chiamandolo ad appartenergli completamente”. “Nella luce abbagliante dell’incontro con Cristo, il consacrato è chiamato a vivere tutta la sua esistenza fino a poter dire: 'Cristo vive in me', emergerà così, in modo sempre più convinto e decisivo, che l’amore del Cristo ci possiede”. “Tale giornata offre a tutta la Chiesa – evidenzia ancora il messaggio - l’occasione per ringraziare Dio per il dono dei consacrati e delle consacrate, e allo stesso tempo li incoraggia a vivere la loro particolare vocazione con la passione di san Paolo, ponendolo quale modello e prototipo della loro vita”. (B.C.)

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    Il 23 febbraio a San Paolo fuori le Mura incontro con la presidente dei Focolari

    ◊   Il prossimo 23 febbraio alle ore 20,30, la presidente del movimento dei Focolari, Maria Emmaus Voce, sarà ospite della Basilica di San Paolo fuori le Mura quale “protagonista del nostro tempo a confronto con l’Apostolo delle Genti”. La serata rientra nell’ambito della terza conferenza del ciclo sulle Lettere, dedicata alla Lettera agli Efesini, della quale sarà esegeta il noto biblista mons. Romano Penna. Maria Emmaus Voce parlerà della ricchissima esperienza di San Paolo maturata all’interno del suo movimento per promuovere, sull’impulso di Chiara Lubich, la nuova evangelizzazione e i grandi dialoghi aperti dal Concilio. Nell’occasione si farà una speciale memoria della fondatrice dei Focolari, i cui funerali furono celebrati il 18 marzo dell’anno scorso nella Basilica Ostiense. Nell’ultima conferenza del ciclo “San Paolo parla” svoltasi il 24 novembre scorso, dedicata alla Prima Lettera ai Corinzi alla della quale era esegeta mons. Rinaldo Fabris, erano stati “testimoni” due altri protagonisti dei nuovi movimenti ecclesiali: il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e Kiko Arguello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale. Intanto negli ultimi giorni di gennaio si è intensificato  nella Basilica Ostiense il flusso di pellegrini in occasione dell'Anno Paolino; numerosi i fedeli della diocesi di Albano guidati dal vescovo mons. Marcello Semeraro. Fra gli eventi culturali dell'Anno Paolino va segnalata l'esecuzione, il 25 gennaio scorso nella Cattedrale di Cremona in occasione della festa della Conversione di San Paolo, dell'Oratorio Vita Mea del compositore don Valentino Donella  con gli stessi interpreti che lo avevano proposto due mesi fa, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Grandissimo il successo, testimoniato dall’elogio dell’arcivescovo mons. Dante Lanfranconi e dagli applausi al compositore, ai solisti, alle corali e all'orchestra delle Abendmusiken di Verona, diretti dal maestro Paolo De Zen. (A cura di Graziano Motta)

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    Italia: rapporto sull’autonomia decisionale dei minori in ambito sanitario

    ◊   In Italia, per uno studente su tre, i genitori rappresentano un ostacolo al rapporto diretto con i medici. C'è voglia di autonomia fra gli under 18, anche sui temi della salute. A rilevarlo è uno studio-pilota condotto dall'Unità operativa di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza del Policlinico di Milano, in collaborazione con la Camera minorile di Milano. L'indagine sonda il terreno su un campione di 354 studenti di due istituti scolastici superiori lombardi, uno di Milano e uno di Monza, per capire cosa pensano i diretti interessati sull’accesso alle cure. Il messaggio è chiaro: i ragazzi vogliono poter scegliere se e come farsi curare, e chiedono che i genitori gli diano ascolto, prima di prendere una decisione sulla loro salute. Uno su tre rinuncia a rivolgersi a medici e psicologi proprio per il fatto di dover coinvolgere padre e madre in questa decisione. I ragazzi hanno le idee chiare anche sull'età in cui si diventa capaci di decidere autonomamente per la propria salute. Per il 60%, i 16 anni rappresentano una soglia anagrafica plausibile. Ma c'è anche un 20% che l'abbasserebbe a 14 anni. Lo studio, spiega Stefano Benzoni dell'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile del Policlinico milanese, "è uno spunto, che ci aiuta a individuare alcuni aspetti da approfondire. Non si può ignorare la posizione dei ragazzi. Anche perché lo stesso Diritto va in questa direzione. Nel Regno Unito o nel Canada, la soglia dei 16 anni è già indicata come età in cui si è raggiunta la piena autonomia decisionale in ambito sanitario". Secondo l'esperto, anche in Italia il legislatore deve affrontare questo argomento, in tempi brevi. "Nel 2008 sono stati depositati 3 disegni di legge che si propongono di regolare la materia. In uno di questi si indicano i 14 anni come età in cui i minorenni possono iniziare a decidere autonomamente per i trattamenti sanitari ". In ogni caso, ribadisce Benzoni, "una soglia va definita. Ma non basta intervenire per vie legislative. Bisogna sensibilizzare gli operatori sanitari sui temi del consenso e spingerli a rendere consapevoli i propri pazienti. Vanno poi informati i ragazzi, altro aspetto fondamentale su cui occorre intervenire". (A.L.)

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    Presentato il libro "La prima casa" sul rapporto madre-bambino nella gravidanza

    ◊   “La prima casa”. E’ il titolo del libro, edito dalla Poletto Editore, scritto dal professor Salvatore Mancusa del Comitato Etico dell’ Università Cattolica Sacro Cuore insieme alla giornalista Mariella Zezza, presentato oggi a Roma nella Sala Marconi della Radio Vaticana. Il testo ripercorre i nove mesi della gravidanza della donna cercando di capire e riflettere su come viva il feto nel ventre della madre e quale ruolo svolge l’ambiente materno nell’ evoluzione prenatale. “Tra l’embrione e la madre all’inizio della gestazione c’è una comunicazione essenziale che via via col passare delle settimane diventa sempre più ampia ed esclusiva, in un dialogo che solo madre e bambino sanno capire.” Così il professor Salvatore Mancuso spiega nel suo ultimo libro, l’importanza del rapporto tra l’embrione e la madre. Un rapporto che dura circa 40 settimane durante le quali il feto non è solo un ricevente passivo di attenzioni; le cure a lui date, infatti, vengono contraccambiate attraverso cellule nuove che doneranno una vita più lunga alla madre. “Oggi - ha spiegato il professor Mancuso – le conoscenze sul feto si sono ampliate moltissimo rispetto a pochi decenni fa. L’embrione è attivo e, sin dal suo concepimento è già vita pura, ecco perché bisogna proteggerlo sempre”. Alla presentazione tra gli altri, ha partecipato anche il professor Pier Francesco Tropea ginecologo presso l’ospedale di Reggio Calabria, che ha ricordato quanto sia importante per una donna in attesa, sapere di non essere solo una paziente, ma di poter essere capita in tutte le sue emozioni, paure e dubbi su ciò che sta vivendo. (A cura di Marina Tomarro)

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    24 Ore nel Mondo



    La recessione colpisce il Giappone

    ◊   Economia mondiale nella morsa della recessione. In Giappone, si registra una brusca frenata della produzione industriale dovuta principalmente al crollo del settore auto. Case automobilistiche in difficoltà anche in Europa, dove l’inflazione ha toccato il tasso più basso dal 1999. Il servizio di Marco Guerra:

     
    Tonfo della produzione e brusco incremento della disoccupazione in Giappone. Una serie di nuovi dati negativi confermano lo stato di piena recessione per la seconda economia del mondo. La produzione industriale è crollata del 9,6% in dicembre, rispetto a novembre. Nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione è aumentato di mezzo punto, passando da 3,9% a 4,4%, mentre i consumi delle famiglie segnano un -4,6%. Particolarmente colpiti i settori dell’auto e dell’elettronica. Le case automobilistiche nipponiche starebbero infatti per annunciare perdite senza precedenti negli ultimi esercizi trimestrali. Notizia che si aggiunge ai risultati negativi resi noti ieri dai gruppi di elettronica Sony e Toshiba. Gli economisti prevedono ora che la caduta del Pil supererà il 10 per cento nel quarto trimestre 2008. Frenata record del mercato dell’auto anche in Europa. Nel 2008, le vendite sono calate dell'8% rispetto al 2007. In Italia è poi previsto per gennaio un calo del 35-40% rispetto allo stesso mese del 2008. L'associazione europea dei fornitori del settore ha quindi avvertito l’Ue che, senza un piano di aiuti, un fornitore su dieci e destinato al fallimento. Il calo consumi e dei prezzi delle materie prime hanno intanto portato i livelli d’inflazione del Vecchio Continente a quelli del 1999. Secondo le stime dell’Eurostat il tasso di gennaio dovrebbe scendere all’1,1% dal 1,6 di dicembre.

     
    Stati Uniti
    Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha criticato ieri il sistema finanziario americano a causa degli eccessivi bonus distribuiti nel 2008 ai manager. Cifre che, in questo momento di crisi mondiale - ha detto Obama - rappresentano l’irresponsabilità che ha caratterizzato recentemente l’attività della borsa americana. Il servizio da New York di Elena Molinari:

    Barack Obama attacca Wall Street: “I bonus distribuiti nel 2008”, ha detto ai manager della finanza, “sono vergognosi, e rappresentano il culmine dell’irresponsabilità”. La somma distribuita ai dirigenti, emessa ieri, è pari a 18,4 miliardi di dollari, il sesto ammontare - in termini assoluti - distribuito nella storia. Ma, per Wall Street, l’anno scorso è stato il peggiore dal 1931. “Chi chiede aiuto allo Stato dia prove di disciplina”, ha aggiunto il presidente americano, assicurando che sia lui che il segretario al Tesoro, Geithner, terranno presto colloqui a riguardo con i vertici delle grandi società Usa. E ieri, Obama ha anche firmato la sua prima legge: una misura tesa a garantire alle donne pari opportunità di retribuzione sui luoghi di lavoro. Il capo della Casa Bianca l’ha firmata con visibile soddisfazione, alla presenza della lavoratrice della Good Year cui s’ispira, oltre alla moglie Michelle, la speaker della Camera, Pelosi, ed Hillary Clinton.

     
    Tensione tra le Coree
    È scontro tra le due Coree. Oggi l’annuncio della Corea del Nord di voler interrompere qualunque trattativa con il governo di Seul, accusato di voler condurre i Paesi “sull’orlo di una guerra”. “Saranno considerati nulli - si legge in un comunicato di Pyongyang - tutti i punti concordati per porre fine al contenzioso politico e militare tra nord e sud”.

    Pakistan
    La polizia pakistana ha sgominato una cellula di Al Qaida coinvolta in diversi attentati, compresi gli attacchi all'ambasciata danese e a un ristorante italiano a Islamabad. I nove presunti terroristi, arrestati ieri in un’operazione nella città di Rawalpindi, secondo la polizia sono anche coinvolti nell'omicidio di un alto ufficiale, avvenuto l'anno scorso, e in altri due attacchi. Gli arrestati, tutti pakistani, stavano inoltre progettando un attentato alla parata della Giornata nazionale del calcio del 23 marzo. La polizia ha recuperato 100 chili di esplosivo e detonatori.

    Kenya
    13 morti e 27 dispersi: questo il bilancio di un vasto incendio scoppiato due giorni fa in un supermercato nel centro di Nairobi, in Kenya. Le speranze di ritrovare vivi i dispersi sono però nulle. Secondo i sopravvissuti, le fiamme sarebbero partite da un generatore elettrico, investendo poi alcune bombole di gas che sono esplose provocando una deflagrazione che ha scosso tutto il quartiere. La fuga di quanti si trovavano nel supermercato è stata rallentata dalle uscite di sicurezza e dalle finestre sbarrate per evitare furti.
     Russia-Cuba
    Faccia a faccia oggi a Mosca tra il presidente cubano, Raul Castro, ed il suo omologo russo, Dmitri Medvedev. Al centro dei colloqui, la firma di una serie di accordi economici finalizzati a rinforzare le relazioni tra i due Stati. Sul significato politico di questo appuntamento, Salvatore Sabatino ha chiesto un'opinione a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di politica russa:

    R. - Credo si possano identificare almeno due direttive. La prima, è certamente il desiderio della Russia di muoversi nel mondo e riguadagnare un certo margine di azione - per così dire - geostrategico. Cuba per la Russia non è importante tanto perché è un vecchio ricordo dei tempi sovietici, quanto perché è vicina agli Stati Uniti: dimostra ancor più simbolicamente che la Russia si muove nel vasto spazio mondiale e non solo nel vecchio spazio post-sovietico come ci si potrebbe aspettare. L’altra questione, è che proprio per la sua posizione geografica, Cuba sarà un testimone indiretto degli eventuali cambiamenti della politica estera americana con Obama: una politica estera, quella eventualmente condotta da Obama, in cui molti sperano per riposizionarsi rispetto agli Stati Uniti.

     
    D. - Secondo te, sullo scenario mondiale si può parlare in qualche modo di un lento ritorno alla politica dei blocchi contrapposti?

     
    R. - Io credo che la politica dei blocchi contrapposti sia stata riportata in auge dalla Casa Bianca gestita da Bush perché era chiaramente una politica del “noi contro loro”, dove questo “loro” di volta in volta cambiava: una volta erano gli arabi, una volta i musulmani estremisti, un’altra volta gli "Stati-canaglia", un’altra volta la Russia. Io credo che il mondo abbia subìto un atteggiamento di quel genere da parte dell’America di Bush e che adesso si stia tornando lentamente ad una maggiore saggezza e forse alla normalità.

     
    D. - Un incontro importante quello di oggi tra Raul Castro e Medvedev, che giunge a poche ore dalle dichiarazioni di Fidel Castro circa la restituzione da parte di Washington della base militare di Guantanamo. Come si possono immaginare i rapporti tra Stati Uniti e Cuba nei prossimi anni?

     
    R. - Non so dire con quale velocità, però credo che il "castrismo" morirà con Fidel Castro. Lo stesso Raul Castro sarà costretto in qualche modo ad aprire l’isola e inevitabilmente aprire l’isola vorrà dire aprirla in qualche modo alla presenza americana. Dubito molto che gli Stati Uniti abbiano intenzione di restituire Guantanamo ai cubani e credo proprio che preferiscano aspettare la scomparsa del vecchio leader per poi trattare - da una posizione evidentemente di forza - con una nuova leadership, che sarà in qualche modo costretta ad accettare la realtà dei fatti. e cioè che l’America è vicina, grande e potente, che la geografia ha un senso esattamente come ce l’ha per l’Ucraina rispetto alla Russia.

     
    Cuba - Usa
    Guantanamo si trova “in territorio cubano”, quindi il presidente Barack Obama dovrebbe restituire la base Usa a L'Avana senza condizioni. Lo ha detto ieri sera l'ex presidente Fidel Castro, aggiungendo anche che “mantenere una base militare a Cuba contro la volontà del popolo viola i principi del diritto internazionale”. Prima del “Leader Maximo”, la restituzione di Guantanamo all'Avana era stata sollecitata al nuovo presidente Usa da uno dei più stretti alleati di Castro, il presidente venezuelano, Hugo Chavez. Castro però, non si è solo limitato a chiedere indietro la sua proprietà, ma ha anche accusato il titolare della Casa Bianca di coinvolgimento nel “genocidio dei palestinesi”, perché, dice, hanno “appoggiato risolutamente il rapporto tra Stati Uniti e Israele”.

    Francia
    Si è conclusa tra gli incidenti la manifestazione di ieri a Parigi contro la politica anticrisi del presidente, Nicolas Sarkozy. Alcune decine di giovani hanno cominciato a scagliare pietre ed altri oggetti contro le forze di polizia, che hanno risposto caricando i manifestanti in Place de l'Opera, nel pieno centro di Parigi. Un poliziotto è rimasto ferito, una decina di persone sono state arrestate, alcuni veicoli sono stati incendiati. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza in tutta la Francia per protestare contro il “piano anticrisi” del governo. I sindacati chiedono misure urgenti a favore dell’occupazione e dei salari, una politica di rilancio economico e la difesa dei servizi pubblici sottoposti a una serie di tagli. Sarkozy ha già detto che non cambierà comunque la propria politica: “Comprendo le vostre difficoltà, ma non bisogna fermare il processo riformatore”, queste le sue parole.

    Caso Battisti
    La Corte suprema brasiliana ha concesso cinque giorni tempo al governo italiano per motivare la richiesta di estradizione per Cesare Battisti, l'ex-terrorista dei Pac condannato all'ergastolo per quattro omicidi, ed al quale il Brasile ha concesso lo status di rifugiato politico. L’Italia avrà inoltre il diritto di presenziare il processo con un avvocato. Intanto, si inasprisce la polemica con la Francia dopo la pubblicazione di un’intervista di Battisti nella quale lo stesso afferma che la sua fuga fu organizzata dai servizi segreti di Parigi. (Panoramica internazionale a cura Marco Guerra e Francesca Ciacci)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 30

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