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Sommario del 23/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Dalle 12 di oggi la parola di Benedetto XVI su “You Tube”. L’iniziativa presentata con il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali
  • Il Papa al nuovo patriarca di Antiochia dei Siri: la Chiesa annunci Cristo con le parole dell’Oriente e dell’Occidente
  • Benedetto XVI riceve il presidente della Repubblica dell’Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia
  • I vescovi iracheni proseguono la loro visita ad Limina
  • Il tema della sofferenza al centro del sesto giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Difesa della vita: le preoccupazioni dei vescovi degli Stati Uniti
  • Mons. Monsengwo: il Sinodo per l'Africa porti pace e giustizia al continente
  • Chiesa e Società

  • Lettera di ringraziamento del parroco di Gaza per gli aiuti e le preghiere
  • Padre Pizzaballa: “i pregiudizi anti-israeliani non facciano dimenticare la Shoah”
  • Il dialogo con l'islam al centro della conferenza del Comitato per le relazioni con i musulmani d'Europa
  • Significativi progressi nelle relazioni tra Chiesa cattolica e ortodossa
  • Pakistan: nuova ondata di violenza contro i cristiani
  • I vescovi srilankesi: bene la creazione di una zona sicura per i civili in fuga dalla guerra
  • Sri Lanka: presentata proposta di legge “anticonversione”
  • India: nel Madhya Pradesh minacce alla proprietà dei cristiani
  • Lutto nella Chiesa in Cina per la morte di mons. Giuseppe Xu Zhixian
  • Bolivia: nota dell’episcopato sugli attacchi del presidente al cardinale Julio Terrazas
  • Nasce in America l’Alleanza Ispanica per la Vita e la Famiglia
  • Lettera del cardinale Vallini: “Educare con speranza”
  • Epidemia di colera in Zimbabwe: oltre 2700 i morti
  • Madagascar: due cicloni provocano morti e dispersi
  • Costa d'Avorio: la crisi politica e morale del Paese al centro della plenaria dei vescovi
  • In Kenya ultimo saluto a padre Giuseppe Bertaina
  • I cattolici vietnamiti aiutano i poveri a festeggiare il nuovo anno lunare
  • Festa in Laos per l’ordinazione di un nuovo sacerdote
  • I vescovi irlandesi chiedono al governo misure per aiutare le famiglie in difficoltà
  • Burkina Faso: Radio Ave Maria festeggia 15 anni di attività
  • Caritas italiana: nel 2007 accolte 80 mila persone in difficoltà
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sri Lanka: cento civili uccisi negli scontri tra esercito e ribelli Tamil
  • Il Papa e la Santa Sede



    Dalle 12 di oggi la parola di Benedetto XVI su “You Tube”. L’iniziativa presentata con il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

    ◊   Quello di oggi è un giorno che scrive una nuova pagina di storia per la Santa Sede: dalle 12, sul sito di You Tube, è possibile vedere l’immagine del Papa e ascoltarne la parola. E nello stesso giorno, è stato presentato in Sala Stampa vaticana il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in programma il 24 maggio prossimo. Un documento col quale il Pontefice si rivolge in particolare ai giovani, alla “generazione digitale”, perché soprattutto da essa venga l’impulso a evangelizzare quel "vero dono per l'umanità" che è Internet, rendendola un luogo capace promuovere i grandi valori dell’esistenza e non di banalizzazione dei rapporti umani. Il servizio di Alessandro De Carolis.


    Pochi clic del mouse e tra i milioni di video che affollano l’enorme contenitore di You Tube, c’è da oggi anche l’informazione vaticana prodotta quotidianamente dalle testate della Santa Sede. Il tutto con le caratteristiche di interattività che hanno reso immensamente popolare, specie fra i giovani, il sito fondato nel 2005 e di proprietà di Google. E proprio ai giovani, il Papa si rivolge col suo Messaggio per la prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. “Nuove tecnologie”, vuol dire “nuove relazioni” recita e sollecita il titolo del documento: un binomio che Benedetto XVI sviluppa parlando delle luci e delle ombre del web, “dello straordinario potenziale delle nuove tecnologie” e delle insidie di chi sfrutta quelle potenzialità per intasare la rete con, afferma il Papa, “parole e immagini degradanti per l’essere umano”.

    L’analisi di Benedetto XVI parte dal positivo del mondo digitale e dalle responsabilità che la sua gestione comporta. Anzitutto, dice, i vantaggi delle nuove tecnologie devono essere “messi al servizio di tutti gli esseri umani”. Incoraggio, scrive il Pontefice, chi lavora in questo settore emergente dei media perché promuova “una cultura del rispetto, del dialogo, dell’amicizia”. E dunque un netto “no” - scandisce - a chi se ne serve invece per alimentare “l’odio e l’intolleranza”, per svilire “la bellezza e l’intimità della sessualità umana, per sfruttare “i deboli e gli indifesi”. In quest’ultimo caso, Benedetto XVI ringrazia e apprezza quelle reti digitali che, osserva, “cercano di promuovere “la solidarietà umana, la pace e la giustizia, i diritti umani” specie in quelle aree del mondo dove l’accessibilità a Internet è penalizzata da un divario tecnologico difficile da colmare. “Sarebbe un grave danno per il futuro dell’umanità – asserisce - se i nuovi strumenti della comunicazione, che permettono di condividere sapere e informazioni in maniera più rapida e efficace, non fossero resi accessibili a coloro che sono già economicamente e socialmente emarginati”.

    Ma un capitolo, il Papa lo dedica a chi al contrario vive la dimensione del “tempo reale” della rete, connettendosi per lavoro o svago ogni giorno e più volte al giorno. Il lato positivo di quelli che definisce “desiderio di connessione” e “istinto di comunicazione” il Pontefice li ravvisa nella naturale “propensione” degli esseri umani a entrare in rapporto con gli altri. In fondo, riconosce, “questo desiderio di comunicazione e amicizia è radicato” nella nostra natura come “riflesso della nostra partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol fare dell’intera umanità un’unica famiglia”. E infatti, prosegue, i benefici del cyberspace sono “molti: le famiglie possono restare in contatto anche se divise da enormi distanze, gli studenti e i ricercatori hanno un accesso più facile e immediato ai documenti, alle fonti e alle scoperte scientifiche e possono, pertanto, lavorare in équipe da luoghi diversi”.

    Tuttavia i pericoli non mancano. “Occorre non lasciarsi ingannare da quanti - scrive Benedetto XVI - cercano semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità”. E con altrettanta chiarezza, il Papa mette in guardia soprattutto i giovani a “non banalizzare il concetto l’esperienza di amicizia” che negli ultimi anni – nota - hanno goduto “di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali”. “Sarebbe triste - si legge nel Messaggio - se il nostro desiderio di sostenere e sviluppare on-line le amicizie si realizzasse a spese della disponibilità per la famiglia, per i vicini e per coloro che si incontrano nella realtà di ogni giorno, sul posto di lavoro, a scuola, nel tempo libero. Quando, infatti, il desiderio di connessione virtuale diventa ossessivo - soggiunge - la conseguenza è che la persona si isola, interrompendo la reale interazione sociale. Ciò finisce per disturbare anche i modelli di riposo, di silenzio e di riflessione necessari per un sano sviluppo umano”.

    L’ultimo appello è per i “giovani cattolici”. La rete, scrive, è uno sterminato “continente digitale” lungo il quale soprattutto voi siete chiamati a testimoniare il Vangelo. E perché ciò sia fatto con efficacia, Benedetto XVI offre un paragone suggestivo: “Nei primi tempi della Chiesa - ricorda - gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo”.

     
    Per un commento sul Messaggio del Papa ascoltiamo mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, al microfono di Philippa Hitchen:


    R. - Il tono di questo messaggio del Papa è positivo e propositivo. Il Papa dice chiaramente che queste tecniche sono un vero dono per l’umanità. Nello stesso tempo riconosce che favoriscono forme più dinamiche di apprendimento e di comunicazione e contribuiscono al progresso sociale, favoriscono la comprensione tra gli uomini e la solidarietà. La visione che il Papa dà delle nuove tecnologie è senz’altro positiva.

     
    D. – Quindi una prospettiva molto positiva, un incoraggiamento, eppure non nasconde anche i problemi, i rischi…
     
    R. – Questo è vero. Quando il Papa parla del rispetto e innegabilmente fa riferimento alla dignità e al valore della persona umana, dice, in maniera molto semplice, che vanno evitate parole ed immagini degradanti per l’essere umano e fa anche riferimento a tutto ciò che genera odio e intolleranza. C’è poi un altro problema: i nostri giovani, ma anche noi adulti, siamo quasi ossessionati dal desiderio di rimanere “connessi” e il tema di fondo è che siamo più preoccupati di essere “connessi” che dei contenuti della nostra connessione. Tramite le nuove tecnologie si creano nuove relazioni, nuove amicizie e qui c’è un rischio: che si tratti di amicizie virtuali che poco a poco ci fanno perdere il rapporto, il contatto con la comunità che realmente ci circonda. E’ molto facile avere un’amicizia con una persona che incontriamo su internet, ma è molto più difficile vivere un rapporto di amicizia con chi, invece, ci sta accanto e il Papa è attento a questo problema e mette in guardia, dice “attenti!”. L’altro grande rischio, ce ne accorgiamo noi stessi, è che viviamo nell’era della comunicazione eppure, mai come adesso, sperimentiamo la solitudine. Il giovane avrà mille e mille amici virtuali ma poi vive e sperimenta, alle volte, una drammatica solitudine, un’angosciante solitudine. L’altro grande rischio è il cosiddetto “digital divide”; il Papa auspica che queste possibilità siano messe a servizio di tutti, soprattutto di chi è bisognoso e vulnerabile perché sarebbe un grave danno per l’umanità, se aumentasse questa emarginazione sociale. Poi, una cosa bella, secondo me, è l’invito che il Papa rivolge ai giovani cattolici a portare, nel mondo digitale, la testimonianza della loro fede, farla pervenire ai loro amici, a chi è lontano ed il Papa affida loro questo invito: quello di essere evangelizzatori del “continente digitale”. Io mi auguro che le nuove generazioni, queste generazioni di giovani “nati digitali”, sappiano accogliere nel loro cuore l’invito del Papa e mettere in essere questa grande rete a servizio di un messaggio di umanità, di bene, di verità.

     
    Rispondendo in Sala stampa alle domande dei giornalisti presenti, il direttore padre Federico Lombardi, ha tra l'altro puntualizzato che l'attivazione del canale vaticano su You Tube è avvenuta sostanzialmente senza spese o costi particolari, poiché la realizzazione è stata curata da alcuni colleghi del CTV e della Radio Vaticana. Il rappresentante di Google ha precisato, da parte sua, che il sito non guadagnerà nulla sul canale vaticano. Per una riflessione generale su questa nuova collaborazione, ecco la nota di padre Federico Lombardi:


    Anche il Papa è arrivato su You Tube: questa è la bella notizia di oggi.

     
    Molte persone nel mondo desiderano poter sapere, poter conoscere meglio che cosa il Papa pensa, che cosa la Chiesa cattolica propone per i grandi problemi del mondo di oggi. Con il nuovo canale vaticano su You Tube, che comincia in inglese, spagnolo, tedesco e italiano, da quest’oggi sarà più facile.

     
    Il Centro Televisivo Vaticano e la Radio Vaticana da più di un anno producono ogni giorno videonews sull’attività del Papa e sugli eventi del Vaticano. Ora sono pronti per fare questo salto “nell’arena globale”, per mettere il loro materiale a disposizione di gente di tutti i Paesi, di tutte le posizioni religiose e ideologiche che siano interessati alle parole del Papa e della Chiesa cattolica.

     
    Dalla home page del canale, attraverso diversi link, si potrà sviluppare l’informazione, si potrà attingere ai testi completi, si potranno avere commenti, in modo da contestualizzare le brevi informazioni delle videonews.

     
    Attraverso le forme di interattività abituali di You Tube, si potranno anche mandare messaggi, mandare commenti, condividere i filmati che sono più interessanti con i propri amici. Quindi la proposta del Vaticano si inserisce in un clima di dialogo, in un clima di apertura ad una comunicazione in tutte le direzioni.

     
    Siamo all’inizio di un cammino che, sulla grande rete globale, ci porterà lontano. Il Papa, la Chiesa cattolica, il Centro Televisivo Vaticano e la Radio Vaticana accompagnano l’umanità di oggi con questi nuovi modi di comunicare con grande simpatia e partecipazione.

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    Il Papa al nuovo patriarca di Antiochia dei Siri: la Chiesa annunci Cristo con le parole dell’Oriente e dell’Occidente

    ◊   La Chiesa annunci Cristo con “le parole dell’Oriente e dell’Occidente”, seminando pace e speranza: è quanto ha affermato il Papa ricevendo stamani il nuovo patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, cui ha concesso la comunione ecclesiastica, dopo la sua elezione al Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Cattolica, che si è svolto a Roma dal 18 al 20 gennaio scorsi. Il servizio di Sergio Centofanti.
     
    "Je vous accueille avec joie ..."
    Il Papa ha accolto con gioia il nuovo patriarca di Antiochia dei Siri, auspicando che i membri di questa comunità ecclesiale possano essere “seminatori di pace in Terra Santa, Iraq e Libano, dove la Chiesa siriana ha una presenza storica molto apprezzata”. Il nuovo patriarca è nato in Siria 64 anni fa, ma ha svolto per molti anni il suo servizio episcopale negli Stati Uniti e in Canada presso la comunità della diaspora, costituita da tanti fedeli cristiani che hanno lasciato il Medio Oriente “in cerca di migliori condizioni di vita”.

     
    "Mon désir est qu’en Orient ..."
    “Il mio desiderio – ha detto il Papa – è che in Oriente, da dove è venuto l'annuncio del Vangelo, le comunità cristiane continuino a vivere e testimoniare la loro fede, come hanno fatto nel corso dei secoli, auspicando che nello stesso tempo possano ricevere adeguate cure pastorali tutti coloro che si trovano altrove, in modo che possano rimanere legati in modo fruttuoso alle loro radici religiose”. Benedetto XVI invoca “l'aiuto del Signore per ogni comunità orientale affinché, dovunque si trovi, sappia integrarsi nel suo nuovo contesto sociale ed ecclesiale, senza perdere la propria identità portando l'impronta della spiritualità orientale, in modo che utilizzando “le parole dell'Oriente e dell'Occidente” la Chiesa parli con efficacia di Cristo all'uomo contemporaneo. Così – ha concluso il Papa - i cristiani affronteranno le sfide più urgenti dell’umanità, costruiranno la pace e la solidarietà universale e testimonieranno la "grande speranza", di cui sono portatori instancabili”.

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    Benedetto XVI riceve il presidente della Repubblica dell’Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia

    ◊   Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il presidente della Repubblica dell’Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, Branko Crvenkovski, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti.

    “Il presidente – rileva un comunicato della Sala Stampa vaticana - ha voluto esprimere riconoscenza per l’attenzione manifestata dalla Santa Sede verso il suo Paese sin dall’indipendenza, ed ha sottolineato le buone relazioni esistenti fra le parti, di cui è segno anche la visita annuale di una delegazione ufficiale a Roma, in occasione della festa dei Santi Cirillo e Metodio. Si è fatta, inoltre, una ricognizione panoramica della situazione nella regione e si sono trattate alcune questioni bilaterali”.

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    I vescovi iracheni proseguono la loro visita ad Limina

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi un altro gruppo di vescovi iracheni in visita ad Limina: tra questi, sua beatitudine Emmanuel III Delly, patriarca di Babilonia dei Caldei, con gli ausiliari: mons. Shlemon Warduni, mons. Andraos Abouna e mons. Jacques Ishaq; mons. Luois Sako, arcivescovo di Kerkuk dei Caldei, mons. Mikha Pola Maqdassi, vescovo di Alquoch dei Caldei.

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    Il tema della sofferenza al centro del sesto giorno della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

    ◊   La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà domenica, è oggi incentrata sul tema “Essere riuniti nella tua mano. I cristiani di fronte alla malattia e alla sofferenza”. La speranza sulla quale si fonda questa iniziativa di preghiera è che tutti gli uomini abbiano la grazia di conoscere la gioia, superando i conflitti e restando uniti di fronte alla sofferenza. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore della rivista “Fatebenefratelli”, fra Marco Fabello:


    R. - Viviamo un tempo di molte divisioni nel mondo, ma anche nella Chiesa. Cristo morto in croce è morto per tutti. Dobbiamo quindi ripartire da questo sacrificio per avere un filo conduttore anche nell’ambito della sofferenza.

     
    D. - Come si coniuga l’ecumenismo spirituale con l’assistenza sanitaria?

     
    R. – La sofferenza unisce tutti gli uomini. Le comunità cristiane soffrono tutte in Cristo. E allora mi sembra che questo sia uno strumento davvero importante, che può essere utilizzato sia nella preghiera, ma anche nell’offerta della sofferenza, proprio per l’unità dei cristiani. Posso portare un esempio personale avendo visto in Terra Santa, in un ospedale di Nazareth, ebrei che assistevano palestinesi e palestinesi che aiutavano cristiani. In un mondo di sofferenza, le diversità si annullano quasi totalmente perché viene fuori l’uomo con la sua dignità e con la sua identità. E allora sappiamo che soffrire in Cristo vuol dire essere davvero cristiani.

     
    D. – Quali frutti può portare nel cuore l’ecumenismo nel campo sanitario?

     
    R. – Penso che avremmo meno divisioni, meno guerre se riuscissimo a capire che nella stessa sofferenza provocata da conflitti e malattie troviamo la solidarietà, l’umanità che si ricongiunge. A Gaza, ad esempio, dopo i bombardamenti troviamo la solidarietà che si fa forte, un’unità per aiutare le persone, per essere insieme nella sofferenza.

     
    D. – Ed essere uniti di fronte alla sofferenza significa anche rendere più visibile l’unico popolo di Dio...

     
    R. – Chi vive ‘realtà di confine’ non vive le differenze ma l’unità. Purtroppo abbiamo bisogno di sperimentarlo per crederci. Ma dovremmo crederci anche senza dover sperimentare. La sofferenza deve essere strumento di solidarietà umana e cristiana.

     
    D. – Quali sono oggi le principali iniziative a carattere ecumenico per alleviare malattie e sofferenze?

     
    R. – Credo che uno degli ambiti più importanti per unire tutte le realtà e tutte le confessioni possa essere quello della ricerca. Ma ce ne sono tanti altri. La solidarietà umana ha infatti mille sfaccettature che possono essere percorse. Credo che basti avere un po’ di fantasia per trovare ambiti in grado di favorire questa unità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’informazione internazionale, intervista di Giuseppe M. Petrone al primo ministro del Giappone, Taro Aso

    Un mondo digitale accessibile a tutti: in prima pagina, il messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

    Una riflessione di Antonio Spadaro sulla Rete e la Chiesa dal titolo “Destinati a incontrarsi”

    In cultura, la prefazione di Armando Torno al libro di don Carlo Gnocchi “Cristo con gli alpini”

    Anticipazione della relazione di Giuseppe Grampa al convegno, a trent'anni dalla morte, su Giancarlo Brasca, figura storica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e ambasciatore itinerante dell’apostolato laico nel mondo

    Leonardo spia degli Sforza? Un mito nato da una svista: Carlo Pedretti recensisce l’opera di Mario Bruschi “Le ‘Prediche sopra Ezechiel profeta’ di Fra’ Girolamo Savanarola”

    Un bardo assetato di bellezza: Paolo Gulisano ricorda, a duecentocinquanta anni dalla nascita, il poeta scozzese Robert Burns

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    Oggi in Primo Piano



    Difesa della vita: le preoccupazioni dei vescovi degli Stati Uniti

    ◊   La giornata di ieri è stata caratterizzata da importanti provvedimenti del neopresidente statunitense Barack Obama, ma anche dall’anniversario della legge che ha legalizzato l’aborto nel Paese. Duecentomila persone hanno marciato a Washington in difesa dei bambini non nati. Il servizio di Elena Molinari sulle prime decisioni presidenziali e poi il servizio di Fausta Speranza sulla questione della difesa della vita:


    Barack Obama continua a muoversi a passo spedito. Nella sua seconda giornata alla Casa Bianca, ha ordinato, infatti, la chiusura di Guantanamo da realizzarsi entro un anno, ha abolito le prigioni segrete della Cia, messo al bando la tortura e le forme di interrogatorio più aggressive. Quindi, si è recato al Dipartimento di Stato per occuparsi di un’altra sua priorità: nel primo giorno di lavoro di Hillary Clinton, come segretario di Stato, Obama ha, infatti, annunciato le nomine dell’ex senatore George Mitchell, come inviato speciale per il Medio Oriente, e dell’ex ambasciatore all’Onu, Richard Holbrooke, come inviato speciale per Afghanistan e Pakistan. Obama ha poi ribadito che Hamas deve cessare di lanciare razzi contro Israele, mentre Israele deve completare il ritiro delle sue forze da Gaza.

     
    Barack Obama ha invitato a ''trovare un punto di incontro'' tra coloro che sostengono che l’aborto sia un diritto e coloro che lo negano”. Si è detto “convinto della necessità di proteggere il diritto di scelta della donne'' auspicando però che venga meno la necessità di abortire. Obama ha parlato ieri mentre, come ogni anno, nell’anniversario della legge sull’aborto, decine di migliaia di persone sfilavano a Washington chiedendo di rispettare il diritto alla vita. Non è stata una manifestazione contro il nuovo presidente che anzi è stato salutato con parole di felicitazioni e speranza nella lettera che i promotori del corteo gli hanno indirizzato invitandolo però a considerare il dramma dell’aborto. A parte il presupposto di rispettare la vita nascente, ci sono snodi legali da affrontare. Ci sono normative su questioni etiche assicurate fin qui sulle quali non fare marcia indietro oltre a qualche proposta da bloccare, come spiega il vescovo di Orlando mons. Thomas Gerard Wenski, nell’intervista di Irene Lagan:

     
    R. – Bishops and others in the United States are quite concerned …
    I vescovi ed altre persone negli Stati Uniti sono molto preoccupati per il deciso sostegno di Obama al diritto all’aborto. Da sempre lui ha votato ed ampliato quando era senatore. Alcune delle sue promesse elettorali hanno provocato la preoccupazione che alcune delle limitazioni all’aborto esistenti, che erano state elaborate in Congresso e altrove, possano essere spazzate via da un Congresso che sia maggiormente favorevole al diritto di scelta e da un presidente favorevole all’aborto. I vescovi sono ora impegnati a convincere la gente a contattare i rappresentanti in Congresso affinché si oppongano a qualsiasi iniziativa legislativa tesa ad ampliare il diritto all’aborto. Negli Stati Uniti le norme che regolano l’aborto sono molto più liberali di quelle della maggior parte degli Stati europei: infatti, la sentenza “Roe v. Wade” del 1973 ha abbattuto tutte le leggi che limitavano l’aborto, e per questo dopo la “Roe v. Wade” è ormai possibile che una donna possa abortire fino a qualche minuto prima della nascita naturale del bambino. C’è stato un tempo in cui, nel nostro Paese, quello che noi chiamiamo “aborto a nascita parziale” era legale; poi erano state introdotte alcune restrizioni che avevano superato alcune sfide. Ripeto, siamo preoccupati per il fatto che gli ideologi pro-aborto possano prevalere in Congresso e presentare a Obama una proposta di legge abortista più radicale: speriamo che ciò non accada, ma se dovesse accadere, speriamo di riuscire a convincerlo a non firmarla.

     
    Da anni si parla in Congresso del “Freedom of Choice Act” (Foca): se approvato negherebbe ai singoli Stati il diritto di promulgare leggi che limitino le possibilità di aborto. Nell’intervista di Emer McCarthy, Deirdre A. McQuade, direttore del servizio informazione del Segretariato pro vita della Conferenza episcopale statunitense:

     
    R. – “Freedom of Choice Act” eliminates regulation that protects women from …
    Il “Freedom of Choice Act” elimina tutte quelle norme che tutelano la donna da un aborto non sicuro e costringe i contribuenti a finanziare l’aborto in tutto il Paese; chiede a tutti gli Stati di consentire la nascita parziale ed ogni altro tipo di aborto a gravidanza avanzata e sottopone le donne a pratiche abortive eseguite da personale non medico o da medici che non hanno l’abilitazione, che magari hanno perso l’abilitazione strada facendo; viola il diritto all’obiezione di coscienza di infermieri e medici, costringendo tutti anche se non in prima persona, ad essere coinvolti nell’aborto; e priva i genitori del diritto ad essere coinvolti nella decisione della figlia minorenne di abortire. Tra tutte le altre cose dannose, questo è quello che produce il “Foca”.

     
    D. – … e se, per esempio, gli infermieri ed i medici sono cattolici, nemmeno nel caso di una bambina o di una ragazzina minore di 14 anni, i genitori non potranno intervenire in alcun modo nella sua scelta? Quanto è realistico che un simile provvedimento possa veramente essere approvato in futuro?

     
    R. – It is a very real threat …
    E’ una minaccia molto reale. Il fatto è che tutto è stato fatto molto silenziosamente e il Foca, fondamentalmente, andrà oltre la sentenza “Roe v. Wade” e farà sì che l’aborto su richiesta diventi legge del Paese, la legge nel nostro Paese. E’ così estremo, non riesco nemmeno a parlarne …

     
    Delle preoccupazioni dei vescovi statunitensi ci parla, al microfono di Emer McCarthy, suor Mary Ann Walsh, responsabile delle relazioni con i media della Conferenza episcopale statunitense:

     
    R. – There are other aspects ...
    Ci sono altri aspetti che potrebbero rafforzare l’aborto, come per esempio il capovolgimento del "Mexico City Policy Act", la politica secondo la quale non possiamo dare fondi per la pianificazione familiare a persone che procurano l’aborto in Paesi stranieri. Questo è parte dei nostri aiuti all’estero. Il capovolgimento di questa politica potrebbe diventare una preoccupazione. C’è poi preoccupazione per coloro che vogliono cambiare la legge sulle cellule staminali, e anche preoccupazione che non sarà tutelato il diritto all’obiezione di coscienza. Quindi, non è solo il “Freedom of Choice Act”, anche se, qualora un atto di portata così radicale riuscisse a passare, sarebbe motivo di grande preoccupazione. Nelle prossime settimane, i fedeli delle parrocchie firmeranno e spediranno cartoline ai rappresentanti contro ogni tipo di legislazione che mini la difesa della vita. (Traduzione a cura di Gloria Fontana e Anna Poce)

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    Mons. Monsengwo: il Sinodo per l'Africa porti pace e giustizia al continente

    ◊   Si svolge oggi e domani a Roma la 18.ma riunione del Consiglio speciale della Segreteria generale per il Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che si terrà dal 4 al 25 ottobre di quest’anno in Vaticano. Tema dell’assise ecclesiale sarà: La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace ‘Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13.14)”. Ma cosa si aspetta la Chiesa africana da questo evento? Xavier Sartre lo ha chiesto all’arcivescovo di Kinshasa, mons. Laurent Monsengwo Pasinya:


    R. – Noi ci aspettiamo, dalla prossima Assemblea speciale, prima di tutto che ci sia più riconciliazione in Africa, una riconciliazione che non sia semplicemente un’intesa tra politici ma una riconciliazione che integri tutte le dimensioni della riconciliazione cristiana che suppone il perdono e quindi suppone che ciascuno riconosca il male che ha fatto, che chieda perdono, che accetti pure il perdono che l’altro offre e che tra tutti ci sia la riconciliazione. Il cristiano, infatti, è una persona riconciliata con Dio, con il prossimo e con la propria coscienza. E’ questa riconciliazione che la Chiesa deve aiutare l’Africa a portare avanti dopo il nostro Sinodo. Poi c’è la pace – come dicevano i vescovi africani: la Chiesa, famiglia di Dio, è il sacramento e il luogo del perdono, della pace e della giustizia.

     
    D. – Che cosa può portare la Chiesa africana alla Chiesa universale?

     
    R. – La Chiesa africana ha l’eredità del primo Sinodo, cioè la Chiesa, famiglia di Dio, una dimensione che porta a vedere i problemi di una Chiesa come problemi delle altre Chiese. La Chiesa africana ci dice che i vescovi devono abituarsi a risolvere insieme i problemi gli uni degli altri e non a considerare soltanto la propria parrocchia, perché siamo tutti responsabili di tutti perché apparteniamo alla stessa Chiesa, famiglia di Dio, e in famiglia c’è la stessa origine, lo stesso destino e c’è pure lo stesso ardore nel difendere i valori comuni. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Lettera di ringraziamento del parroco di Gaza per gli aiuti e le preghiere

    ◊   “Che Dio spazi via la rabbia degli uomini e inondi Gaza della sua grazia. A nome della gente di Gaza vi vogliamo dire grazie, amici di tutto il mondo, per le vostre preghiere incessanti e per l'aiuto di cui abbiamo bisogno urgentemente e che speriamo ci raggiunga presto”. E’ un passo della lettera del parroco di Gaza, padre Manuel Musallam, rilanciata oggi dal sito web del patriarcato latino di Gerusalemme. Padre Manuel racconta di una terra devastata, di ferite profondissime e difficili da guarire, nel copro e nella mente degli abitanti di Gaza. Descrive l’assoluto e sempre più pressante bisogno di mettere, una volta per tutte, la parola fine alla guerra tra israeliani e palestinesi, sottolineando però che non esiste pace senza giustizia.
    Nella lettera si lancia ancora una volta un appello a ciascuno, perché non si dimentichi delle sofferenze di Gaza. La lettera si apre con una preghiera: “Dio – scrive padre Musllam - spazzi via la rabbia degli uomini e inondi Gaza con la sua grazia e il suo amore. Centinaia di persone sono state uccise e molte di più sono rimaste ferite durante l’invasione israeliana. La nostra gente ha sopportato il bombardamento delle case, la distruzione del raccolto, ha perso ogni cosa e adesso è senza dimora”. “Come i primi cristiani - si legge nel documento - la nostra gente sta vivendo un periodo di grandi persecuzioni, persecuzioni che andranno testimoniate alle future generazioni come una prova della fede, della speranza e dell’amore di questa gente”. “Adesso – prosegue padre Musallam - molte famiglie sono rifugiate presso le scuole dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi, dove speravano di essere al sicuro. Gli aiuti di emergenza non sono ancora arrivati alla nostra chiesa e la nostra gente, avendo troppa paura ad avventurarsi nella città distrutta, non è in grado di raggiungere i magazzini in cui sono stoccati gli aiuti della Croce Rossa e delle Nazioni Unite”. “Noi speriamo in Dio ma ci appelliamo al mondo intero e in particolare alla Chiesa perché Gaza venga aiutata. Le vostre preghiere e la vostra sollecitudine saranno la nostra salvezza. Il mondo - conclude - deve trovare una soluzione per il popolo palestinese e non ci si deve accontentare di tornare al punto in cui eravamo prima che scoppiasse questa guerra. I confini che ci separano da Israele devono essere ridisegnati e l'occupazione, che è iniziata 60 anni fa, deve finire. Lo status dei rifugiati palestinesi deve essere risolto sulla base del Diritto al ritorno e Gerusalemme Est deve diventare la capitale dello Stato palestinese. Bisogna abbattere il muro dell'apartheid, aprire i valichi di frontiera, liberare i detenuti palestinesi e smantellare gli insediamenti israeliani in modo che la terra possa tornare ai suoi legittimi proprietari palestinesi. La pace è possibile solo se si accorda con la giustizia. Se il mondo garantirà i diritti umani ai palestinesi, ci sarà sicuramente pace in Medio Oriente.” (T.C.)

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    Padre Pizzaballa: “i pregiudizi anti-israeliani non facciano dimenticare la Shoah”

    ◊   I pregiudizi contro Israele, alimentati anche dalla guerra a Gaza, non possono far dimenticare la sofferenza degli ebrei con la Shoah ed offuscare il valore della “Giornata della memoria” del 27 gennaio. E’ quanto afferma il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa in un’intervista rilasciata all’Agenzia Sir. “La Giornata – spiega - vuole fare memoria degli orrori che noi europei abbiamo commesso contro gli ebrei e questo a prescindere da ogni cosa che è venuta dopo e che questi possano aver commesso. Sono fatti che devono essere tenuti distinti e che per faziosità si accavallano. I pregiudizi su Israele pesano molto, purtroppo, e impediscono, a volte, di affrontare con equilibrio e obiettività storica la grande catastrofe che è stata la Shoah”. Secondo il Custode in “parte del mondo culturale” esiste il rischio che “i pregiudizi anti-israeliani possano sfociare in tentazioni antisemite”. Da qui “il richiamo alla conoscenza e allo studio e all’approfondimento storico che non deve riguardare solo i giovani ma anche la cultura e gli studiosi. Questi ultimi – afferma padre Pizzaballa - non possono permettersi chiusure e idee preconcette. Lo studio è un ambito di confronto e di scambio di vedute. Se non lo fosse sarebbe una tragedia”. (F.C.)

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    Il dialogo con l'islam al centro della conferenza del Comitato per le relazioni con i musulmani d'Europa

    ◊   Come configurare oggi l’incontro con i musulmani d’Europa? E’ la domanda che ha fatto da sfondo ai lavori del Comitato per le relazioni con i musulmani in Europa (Crme) che si è riunito a Monaco di Baviera dal 19 al 21 gennaio. Il tema dell’incontro è stato: “Reazione ad una nuova realtà: musulmani d’Europa e la formazione di religiosi e collaboratori pastorali”. Il mandato della durata di 6 anni, conclusosi proprio con l’incontro di Monaco, consisteva, come riferisce l’Agenzia Sir, nella preparazione di orientamenti per le Chiese e nell’elaborazione, assieme ai musulmani, di posizioni comuni riguardo a questioni che sorgono nel contesto socio-politico in cui viviamo. Il Comitato, sostenuto dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek) e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), aveva già affrontato l’argomento nel corso del primo mandato, e nel 1991 aveva presentato delle raccomandazioni. “Negli ultimi anni la geografia religiosa è molto cambiata, – osservava una nota del Ccee – i musulmani si sono organizzati, dispongono di centri religiosi ed in tutti i Paesi europei si è impegnati a definire modalità adeguate per la formazione di imam ed insegnanti di religione”. “La società europea è diventata multireligiosa – conclude la nota - ed in questo nuovo contesto cristiani e musulmani devono testimoniare la loro fede in un unico Dio per responsabilmente contribuire, con questa loro fede, alla costruzione della società”. Al comitato, che conta attualmente 15 membri provenienti da 12 Paesi europei e da Chiese diverse, prendono parte anche un inviato della Santa Sede e del Consiglio ecumenico delle Chiese. (F.C.)

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    Significativi progressi nelle relazioni tra Chiesa cattolica e ortodossa

    ◊   Si sono rafforzati, negli ultimi anni, i legami tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. E’ molto significativa “la crescita della reciproca fiducia tra cristiani”. A sottolinearlo è il sacerdote gesuita Milan Zust, segretario del Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Chiese ortodosse orientali presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, sulle pagine dell'Osservatore Romano. “Le relazioni personali tra i cristiani – ha aggiunto il sacerdote – sono un mezzo efficace per promuovere il loro cammino di comunione”. In questo percorso, che non intende relegare in secondo piano il dialogo teologico a livello ufficiale, si inseriscono recenti visite come quella a Mosca del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, in occasione della festa dei Santi Cirillo e Metodio. Il porporato si è recato in Russia a maggio su invito del metropolita Kirill per approfondire diversi aspetti sulla partecipazione della Chiesa ortodossa russa, dal 2009, alla Commissione mista che studia il dialogo ecumenico con gli ortodossi. Si tratta, secondo padre Zust, di una questione importante, poiché “la perdurante assenza della delegazione ortodossa russa nel dialogo teologico ufficiale rischierebbe di nuocere ai lavori della Commissione”. Anche con la Chiesa ortodossa ucraina è stato aperto un dialogo fruttuoso. Nel dicembre del 2007 è stato di particolare rilievo l’incontro a Kiev del cardinale Walter Kasper con il metropolita Volodymyr. La visita è stata importante perché la relazione tra le due confessioni aveva attraversato momenti difficili in passato, dopo la persecuzione del regime comunista. Oltre a questi gesti di amicizia, padre Zust ha sottolineato, nell’articolo pubblicato dall’Osservatore Romano, il contributo del Comitato cattolico per la collaborazione culturale con le Chiese ortodosse e le Chiese ortodosse orientali. Il compito fondamentale di questo organismo è quello di offrire borse di studio ai seminaristi ortodossi che giungono a Roma per studiare nelle facoltà pontificie. (A.L.)

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    Pakistan: nuova ondata di violenza contro i cristiani

    ◊   La violenza contro i cristiani in India ha superato le frontiere, coinvolgendo anche il Paese vicino, il Pakistan. Un articolo pubblicato da “L'Osservatore Romano” - ripreso dall'agenzia Zenit - spiega che chiese, scuole e istituzioni private, così come decine di case di cristiani, sono state bersaglio di numerosi attacchi. Oltre alle 170 scuole che hanno subito attacchi o danni negli ultimi due anni, più di 400 strutture educative si sono viste costrette a chiudere o a sospendere la propria attività. La ragione è che il 15 gennaio scorso è stato annunciato da un'emittente locale un decreto che minacciava di attentati e rappresaglie le scuole che stessero funzionando dopo quella data. Presidi, insegnanti e genitori di istituzioni dirette da associazioni cristiane o da altre comunità ed etnie indipendenti hanno deciso di chiudere le strutture fino alla revoca dell'editto. L'articolo descrive il “clima di terrore” vissuto dagli abitanti nel deserto di Swat, all'interno della provincia di frontiera del nord-ovest, osservando che “si tratta di un territorio dove di fatto governano le bande dei talebani, che hanno preso di mira in particolare gli istituti di educazione femminili”. A seguito del lancio di bombe rudimentali, è stata distrutta anche una scuola diretta da una comunità di suore carmelitane apostoliche originarie dello Sri Lanka, che aveva circa mille studenti. La chiusura delle strutture ha pregiudicato circa 125.000 bambini e giovani, che hanno dovuto sospendere gli studi a tempo indeterminato. La violenza ha colpito anche vari templi e case nella provincia del Punjab: “un non precisato numero di musulmani” ha “assaltato la chiesa e quattro abitazioni di cristiani nel villaggio di Kot Lakha Singh, compiendo anche atti di tortura”. Gli assalitori hanno attaccato anche altre case cristiane e sono entrati in chiese cattoliche e protestanti, dove hanno distrutto testi sacri e danneggiato la mobilia. Anche se gli atti sono stati denunciati alla polizia, nessuno è stato arrestato. (R.P.)

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    I vescovi srilankesi: bene la creazione di una zona sicura per i civili in fuga dalla guerra

    ◊   I vescovi cattolici e anglicani valutano in modo positivo la decisione dell’esercito srilankese di ampliare la zona di sicurezza nel distretto di Mullaittivu per offrire rifugio alla popolazione civile di Vanni. Le agenzie umanitarie - riferisce l'agenzia AsiaNews - parlano di almeno 230mila persone intrappolate dietro il fronte su cui si stanno scontrando l’esercito di Colombo e i ribelli del Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte). Mercoledì scorso, in accordo con il ministero della difesa, la responsabile della Croce rossa internazionale (Icrc) di Vavuniya, Valerie Petitipierre, e il comandante delle forze di sicurezza a Vanni, il generale Jagath Jayasuriya, hanno discusso su come garantire l’accesso e la protezione dei civili nella zona di sicurezza. Il generale ha riaffermato l’impegno dell’esercito a non causare vittime tra la popolazione secondo il principio dello Zero Civilian Casualty. Jayasuriya ha spiegato che le forze di Colombo stanno compiendo ogni sforzo per evitare che i ribelli usino la zona cuscinetto per attaccare le truppe regolari. “L’uso di civili innocenti come scudi umani compiuto dal Ltte - ha affermato il generale - deve essere condannato da tutti quanti”. Esponenti delle Chiese cattolica e anglicana dell’isola hanno espresso la loro approvazione all'istituzione della zona di sicurezza sottoscrivendo un documento comune in cui affermano che la decisione “permetterà di proteggere e salvare le vite di numerosi civili”. La dichiarazione, resa nota ieri, è sottoscritta, tra gli altri, dai vescovi cattolici di Colombo, Mannar, Jaffna e Anuradhapura e da quelli anglicani di Kurunegala e della capitale. I presuli chiedono anche al Ltte di rispettare questa scelta per la sicurezza dei civili permettendo loro di accedere alla zona e sfruttare tutte le iniziative a favore della loro protezione. I vescovi invitano inoltre il governo a coinvolgere l’Icrc, l’Unhcr ed anche esponenti indipendenti della popolazione tamil per rendere ancor più raggiungibile l’area. I leader delle due principali confessioni cristiane del Paese condividono la comune intenzione di preghiera per “una maggiore fiducia tra le comunità e uno Sri Lanka non violento e giusto per tutti”. (R.P.)

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    Sri Lanka: presentata proposta di legge “anticonversione”

    ◊   Il partito Jathika Hela Urumaya (Partito dell’eredità nazionale) ha presentato una proposta di legge “contro la conversione forzata”, che se approvato, “porterebbe a identificare nell’opera delle organizzazioni caritative di ispirazione religiosa, attività mirate al proselitismo e perciò da bandire”. E’ quanto riferisce, all'Agenzia Sir, l'International Christian Concern (Icc), gruppo impegnato per la tutela della libertà religiosa, preoccupato per la popolazione del Paese. Lo Stato asiatico già duramente colpito dall’aspro conflitto armato che vede i militari impegnati a cacciare dal territorio le Tigri Tamil, si vedrebbe dichiarare fuori legge tutti gli organismi cattolici che sono sempre stati di concreto sostegno alle popolazioni in parte ostaggio sulle proprie terre delle parti in lotta, in parte costrette a una vita nei campi profughi. (F.C.)

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    India: nel Madhya Pradesh minacce alla proprietà dei cristiani

    ◊   Nello Stato del Madhya Pradesh, in India, la commissione per le minoranze spinge il governo a promulgare una legge che porti sotto il controllo statale le proprietà della comunità cristiana, sia che si tratti di donazioni fatte da privati che di concessioni pubbliche, affinché esse vengano utilizzate. L’arcivescovo di Bhopal, mons. Leo Cornelio, commenta la vicenda mettendo in evidenza l’ignoranza della commissione “riguardo il funzionamento delle organizzazioni cristiane”. Intanto anche la federazione dei laici cristiani in India, che riunisce persone impegnate nel sociale, e il comitato affari politici del “Madhya Pradesh Isai Mahasangh” (Mpim), si sono schierati a favore dell’arcivescovo. Il portavoce della conferenza episcopale locale, nonché coordinatore del Mpim, padre Anad Muttungal, ha chiesto alla commissione di ritirare la proposta. L’avvocato che difende la comunità cristiana ha fatto sapere, come riporta il quotidiano “L’Osservatore Romano”, che “se il governo eseguirà l’intenzione della commissione”, si rivolgeranno alla “Corte di Giustizia della Stato, in quanto si tratta di interferenze delle minoranze stabili dalla costituzione indiana”. (F.C.)

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    Lutto nella Chiesa in Cina per la morte di mons. Giuseppe Xu Zhixian

    ◊   L’8 dicembre 2008, solennità dell’Immacolata Concezione, è deceduto, all’età di 92 anni, mons. Giuseppe Xu Zhixian, Vescovo della diocesi di Wanhsien (Wanxian/Wanzhou) nella Municipalità di Chongqing, nella Cina Continentale. La notizia è giunta solo ieri. Il presule era nato il 6 luglio 1916. Ordinato sacerdote il 18 aprile 1946 e vescovo coadiutore di Wanxian, il 31 luglio 1989, già da tempo era in gravissime condizioni di salute. Era stato ricoverato in ospedale a settembre ed era uscito a novembre per trascorrere le ultime settimane della sua vita nella sua cattedrale. Mons. Xu – rende noto la Fides - è ricordato per aver contribuito largamente alla formazione dei sacerdoti in qualità di professore del seminario della provincia del Sichuan. Era un pastore appassionato del proprio lavoro ed ha servito fedelmente la gente della sua diocesi sino alla fine, nonostante la tarda età. La diocesi di Wanxian, che faceva parte della provincia del Sichuan prima dell’erezione della Municipalità di Chongqing nel 1997, si estende nel distretto di Wanzhou e in otto contee su una zona per lo più montagnosa. La diocesi attualmente conta più di 60.000 cattolici e ha 11 giovani sacerdoti, che insieme al giovane vescovo mons. He Zeqing, successore di mons. Xu, e a 16 religiose della Congregazione della Sacra Famiglia operano attivamente nella pastorale e nell’evangelizzazione. La salma è stata esposta nella cattedrale per permettere al clero, alle religiose e ai fedeli di rendere omaggio al loro defunto presule, prima delle esequie celebrate dal suo successore, mons. Paolo He Zeqing. (A.L.)

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    Bolivia: nota dell’episcopato sugli attacchi del presidente al cardinale Julio Terrazas

    ◊   In una nota diffusa ieri, i vescovi della Bolivia denunciano gravi aggressioni verbali contro la Chiesa cattolica e, soprattutto nelle ultime settimane, contro l’arcivescovo di Santa Cruz e attuale presidente dell’episcopato, cardinale Julio Terrazas. Il comunicato è stato pubblicato alla vigilia del referendum popolare che si terrà domenica: oltre 3 milioni e 800 mila cittadini con un “sì” o con un “no” dovranno approvare o rifiutare la nuova Carta costituzionale. Nella nota, i presuli esprimono perplessità e preoccupazione di fronte ai “persistenti attacchi da parte del capo di Stato boliviano contro il cardinale Julio Terrazas”. “Con allusioni che ovviamente non si addicono all’alta investitura, si cerca di minare l’autorità morale” del porporato e della Chiesa. Entrando nel merito della questione, i vescovi precisano: “In riferimento alle allusioni che formula il presidente della Repubblica, secondo cui il cardinale e i vescovi sarebbero co-autori di alcuni articoli del testo costituzionale, la Chiesa cattolica ricorda che la sua partecipazione, lungo tutto il processo costituzionale, è stata sempre di dominio pubblico”, attraverso documenti e riflessioni. In un recente documento l’episcopato, oltre ad esprimere dubbi sulla nuova Carta Costituzionale “parla anche di 10 aspetti positivi del testo”. “Ma le autorità - si legge nella nota - sembrano non voler considerare ciò che è stato detto” limitandosi a presentare il magistero episcopale come un posizione solo negativa. Ai presuli non sfugge, poi, che buona parte di quanto sta accadendo sia connotato politicamente. Per questo “chiedono di non utilizzare la Chiesa nella propaganda pre-elettorale”. Il comunicato dell’episcopato boliviano si conclude con un nuovo appello “alla cittadinanza affinché tutti esercitino il loro diritto al voto in maniera cosciente, libera e responsabile”. Oltre a rinnovare la loro solidarietà al cardinale Terrazas, i vescovi chiedono anche “un trattamento giusto e rispettoso. In queste giornate decisive per il nostro futuro – si sottolinea nel documento – chiediamo al popolo credente di affidare il bene comune e l’unità dei boliviani alle loro preghiere”. La nuova Carta costituzionale per essere approvata deve ottenere almeno il 50% dei “sì”. Se approvata, uno dei suoi articoli transitori, obbliga a consultazioni per eleggere capo di Stato, vice presidente, governatori e rinnovare il Parlamento il prossimo 6 dicembre. Se si pensa a queste probabili elezioni, a tutto il processo delle leggi che si tradurranno in principi generali e agli oltre due anni che sono serviti alla Costituente per arrivare ad un testo - fanno notare diversi osservatori - si può ben capire quanto sia debole la situazione politica e sociale del Paese, ormai molto frammentato e polarizzato. Si deve ricordare, infine, che in questi due anni è molto cresciuta la violenza: le persone morte a causa di scontri legati alla redazione del testo costituzionale sono state diverse decine. (A cura di Luis Badilla)

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    Nasce in America l’Alleanza Ispanica per la Vita e la Famiglia

    ◊   E’ nata, in America, l’ “Alleanza Ispanica per la Vita e la Famiglia”. L’idea era venuta nel corso del “I Congresso Nazionale Pro-vita Ispanico” tenutosi nel settembre dello scorso anno sempre negli Stati Uniti, a Dallas. Da allora, diversi leader si erano messi al lavoro, annunciando nei giorni scorsi la creazione di questa associazione. Tra gli obiettivi della neonata associazione, figura la diffusione di informazioni e materiale educativo pro-vita agli ispanici residenti negli Usa; il sostegno al consolidamento di gruppi in favore della vita già esistenti in varie zone del Paese; la collaborazione nella creazione di nuove organizzazioni pro-vita ispaniche. “Crediamo sia giunto il momento - affermano i responsabili della iniziativa - in cui ogni cattolico risponda alla chiamata della sua Chiesa. Invitiamo tutti i cattolici ispanici a rispondere in modo univoco, unendosi a questo sforzo importante ed urgente”. Secondo un comunicato stampa, il principale obiettivo dell’ “Alleanza Ispanica per la Vita e la Famiglia” (AHVF) è “lanciare un appello a tutti i cattolici di origine ispanica, affinché difendano i cinque principi essenziali e non negoziabili promossi dalla Chiesa cattolica, in particolare per quanto riguarda i temi dell’aborto, dell’eutanasia, della ricerca sulle cellule embrionali, della clonazione umana e del matrimonio omosessuale, oltre all’insegnamento della Chiesa cattolica contro gli anticoncezionali. Tutti questi atti non sono moralmente buoni e non dovrebbero essere mai promossi mediante le leggi”. Gli organizzatori lanciano quindi un appello a tutti i leader ispanici delle differenti Diocesi degli Stati Uniti ad unirsi a questa Alleanza. Tra le varie attività che l’associazione propone ci sono anche, come riporta dall’Agenzia Fides, l’organizzazione di seminari e laboratori per la formazione di leader pro-vita ispanici sui cinque principi essenziali e non negoziabili e l’elaborazione di un bollettino di notizie mensili sui temi di interesse per la comunità ispanica. (F.C.)

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    Lettera del cardinale Vallini: “Educare con speranza”

    ◊   “Educare non è solo una professione ma un impegno d’amore”. Così il cardinale Agostino Vallini ha presentato ieri, ai docenti di religione della diocesi di Roma, la sua lettera “Educare con speranza” scritta ad una ann esatto dal documento con cui Benedetto XVI ricordava l’emergenza educativa ora in atto. Il cardinale vicario di Roma si rivolge in particolare a tutti gli educatori scolastici ed insieme con parole di stima e di ammirazione per il loro lavoro, rivolge a tutti un incoraggiamento: “Siate testimoni della verità e dell’amore di Dio, scrive, coltivate una solida professionalità e la rettitudine morale. E agli insegnati di religione ricorda: “Un’educazione muta, di fronte alla questione religiosa, sarebbe incompleta. L'insegnamento scolastico della religione - sottolinea il porporato - non è e non deve mai essere una forma velata di catechesi; ma una presentazione onesta e obiettiva della religione cattolica esige di affrontare anche la questione della Verità". Il Vangelo, infatti, chiede "di essere riconosciuto non solo come buono o bello, ma anche come vero". Un supplemento d'anima - si legge infine nel testo - è quello che serve "a far fronte alle sfide del presente e consegnare alle nuove generazioni la saggezza necessaria per affrontare l'affascinante viaggio della vita". (A cura di Mimmo Muolo)

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    Epidemia di colera in Zimbabwe: oltre 2700 i morti

    ◊   Sono almeno 2755 le vittime provocate dall’epidemia di colera iniziata in agosto: lo ha detto ieri a Ginevra un portavoce dell’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), secondo il quale i casi di contagio registrati sono oltre 47.000. Secondo l’Oms, l’epidemia è in corso in nove delle 10 province dello Zimbabwe. Nonostante la diffusione della malattia non sia ancora "sotto controllo", nella regione della capitale Harare sono stati registrati alcuni miglioramenti. Secondo l’Oms, ad aggravare la situazione è l’inadeguatezza delle strutture mediche, con circa la metà dei decessi che non si verificano nei centri di assistenza specializzati. Fonti di stampa locali - riferisce infine l'agenzia Misna - danno risalto all’arrivo nello Zimbabwe di una consistente quantità di medicinali e materiale sanitario: la donazione ha un valore di oltre tre milioni e 600.000 euro. (A.L.)

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    Madagascar: due cicloni provocano morti e dispersi

    ◊   Nove morti, due marinai americani dispersi e almeno 20.000 persone colpite: questo il bilancio ancora preliminare, e probabilmente destinato a crescere nelle prossime ore, dei due cicloni che in settimana hanno colpito principalmente l'est e il sud del Madagascar. Secondo la protezione civile malgascia - Bureau national de gestion des risques et des catastrophes (BNGRC - che oggi ha pubblicato i primi dati ufficiali, ripresi dall'agenzia Misna - una persona è morta per il passaggio del ciclone 'Eric' che lunedì ha colpito soprattutto la zona Est della grande isola africana, mentre altri otto morti sono stati causati dal ciclone 'Fanele' che mercoledì ha attraversato tutta l'area meridionale del paese. Il distretto di Ihosy (450 chilometri a sud della capitale Antananarivo) risulta essere quello maggiormente colpito. Ma gravi danni sono stati provocati da Fanele anche nella regione di Menabe, sulla costa occidentale dell'isola, dove il ciclone ha provocato danni ad almeno 18.000 persone oltre ad aver completamente distrutto la località di Morondava. La stampa malgascia, infine, riporta stamani la notizia di due mariani americani dispersi dopo che la tempesta che ha accompagnato il ciclone, ha rovesciato l'imbarcazione sulla quale si trovavano a largo delle coste del Madagascar. Navi della marina militare statunitense, francese e sudafricana si sono attivate per i soccorsi, ma finora sono riusciti a recuperare solo uno dei tre uomini d'equipaggio a bordo del veliero 'Kuee Queg'. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: la crisi politica e morale del Paese al centro della plenaria dei vescovi

    ◊   “Il ruolo della Chiesa cattolica è di guidare i fedeli alla vera virtù. E non di fare politica”: è quanto ha affermato il nunzio apostolico della Costa d’Avorio, mons. Madta Ambroise all’apertura della 87.ma assemblea plenaria ordinaria della Conferenza episcopale ivoriana apertasi al centro diocesano di Yamoussoukro. “E’ strettamente vietato a tutto il clero di interessarsi di affari politici – ha aggiunto mons. Ambroise – nella Chiesa deve soffiare un dinamismo nuovo in materia di evangelizzazione. Dobbiamo tutti contribuire alla ricostruzione di questo Paese”. Per il nunzio apostolico la Chiesa cattolica, in questo periodo di crisi che sta attraversando la Costa d’Avorio, deve offrire lezioni di pace, amore e unità nel cuore degli ivoriani. “La crisi ivoriana ha molteplici sfaccettature – ha affermato mons. Joseph Aké, arcivescovo di Gagnoa e presidente della Conferenza episcopale della Costa d’Avorio – essa è alla volta politica, economica e sociale ed anche una crisi morale e spirituale. Abbiamo bisogno – ha proseguito il presule di unire le nostre forze per superare tutti i mali nella Costa d’Avorio”. Per mons. Aké, dopo il voto espresso il 30 novembre dello scorso anno, è rimasto l’interrogativo sulla crisi che sta attraversando il Paese che vede la sua popolazione esasperata dalla povertà. Nel corso dei lavori, ieri, è stato poi reso noto l’imminente inizio dei lavori per la costruzione di un ospedale internazionale cattolico ad Abidjan. Si tratta, ha detto il nunzio apostolico, di un vecchio progetto che era stato fortemente voluto dal presidente Félix Houphouet Boigny, scomparso nel ’93. (T.C.)

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    In Kenya ultimo saluto a padre Giuseppe Bertaina

    ◊   Una grande folla commossa ha partecipato ieri a Nairobi ai funerali di padre Giuseppe Bertaina, il missionario della Consolata barbaramente ucciso venerdì scorso in una rapina nella sede dell’Istituto filosofico che lui stesso aveva fondato nel 1993 a Langata. La cerimonia – rende noto Avvenire – è stata presieduta dall’arcivescovo di Nairobi, cardinale John Njue nella Chiesa della parrocchia della Consolata. Numerosi i ricordi, da quello del cardinale a quello di tanti altri confratelli e consorelle, parrocchiani, ex allievi. Dopo la cerimonia, il feretro di padre Giuseppe è stato portato all’Istituto Filosofico. Padre Giuseppe aveva 81 anni, era originario di Madonna dell’Olmo, in provincia di Cuneo. Venerdì scorso tre giovani, tra cui una donna ed un ex allievo, erano entrati nel suo studio. Lo avevano legato, infilandogli un fazzoletto e pezzi di plastica perché non gridasse, soffocandolo. La donna è stata subito arrestata. Un altro degli aggressori, un ex seminarista, è stato identificato ma non ancora catturato. Per i missionari della Consolata l’omicidio sembra frutto di un tentativo di rapina. Gli aggressori hanno probabilmente pensato di trovare nella sede dell’Istituto le quote di iscrizione degli studenti senza sapere che i pagamenti vengono effettuati tramite assegni e che non ci sono contanti in ufficio”. Domani, infine, sarà celebrata una messa di suffragio per ricordare padre Giuseppe a Madonna dell’Olmo. (A.L.)

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    I cattolici vietnamiti aiutano i poveri a festeggiare il nuovo anno lunare

    ◊   Si moltiplicano le iniziative dei cattolici in Vietnam per aiutare le persone più povere a festeggiare il nuovo anno lunare. Il Paese asiatico sta vivendo un momento economicamente difficile, ripercussione della liberalizzazione del mercato attuato dal governo nel 1990, che ha visto l’ingigantirsi del problema con i recenti avvenimenti mondiali, facendo crescere il numero delle persone che non hanno neppure da mangiare. Ed è in questo scenario che molte parrocchie promuovono raccolte di denaro tra i fedeli da donare alle famiglie bisognose, in maggioranza buddiste. Singolare l’iniziativa, riferita dall'Agenzia AsiaNews, di una parrocchia che per raccogliere soldi si è affidata ad un sito internet, precisando che il ricavato sarà usato anche per acquistare cibo, abiti, medicine e sedie a rotelle per orfani, malati di Aids e handicappati, oltre che per costruire case o scavare pozzi per i più poveri dei poveri, in zone remote. Nell’estremo sud del Paese, le suore di San Paolo di Chartres, che hanno visto, qualche tempo fa, la loro casa requisita e trasformata in parco pubblico, hanno deciso di rinviare la loro celebrazione del Tết e dare la priorità alla distribuzione di aiuti. (F.C.)

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    Festa in Laos per l’ordinazione di un nuovo sacerdote

    ◊   La chiesa cattolica in Laos ha festeggiato l’ordinazione di un nuovo prete nella provincia di Savannakhet, nel Laos centrale. Il 10 gennaio scorso mons. Jean Sommeng Vorachak, vicario apostolico di Savannakhet, ha presieduto la cerimonia di ordinazione di padre Matthieu Somdet Kaluan. Il neo sacerdote, 33 anni, è originario del distretto di Songkhone, appartenente alla provincia di Savannakhet. Il rito è stato celebrato nella cattedrale di S. Luigi a Thakhek, sede della diocesi, distante circa 280 km a sud-est della capitale Vientiane. “È un momento molto importante per la Chiesa locale – ha sottolineato mons. Jean Sommeng Vorachak – che ha bisogno di più preti per servire il suo popolo”. “Questo è un segno – ha aggiunto – dell’amore di Dio verso le sue pecore”. Mons. Jean Sommeng Vorachak – rende noto AsiaNews - ha esortato il neo-prete a farsi missionario fra la gente “portando la Buona Novella alle popolazioni tribali, che ancora non l’hanno ascoltata”. Al termine della cerimonia mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in Thailandia, Cambogia e Singapore e delegato apostolico per Brunei, Laos, Malaysia e Myanamar, ha ringraziato Dio per “aver inviato un nuovo pastore alla Chiesa del Laos”. Mons. Pennacchio ha inoltre sottolineato la preoccupazione della Santa Sede per “la carenza di vocazioni” nel Paese. (A.L.)

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    I vescovi irlandesi chiedono al governo misure per aiutare le famiglie in difficoltà

    ◊   La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale irlandese, presieduta dal vescovo ausiliare di Dublino, monsignor Raymond Field, ha reso pubblico un documento in cui avverte dell'aumento della povertà in Irlanda a causa dell'attuale crisi economica mondiale. La crisi, che sembra aver posto fine al periodo di crescita e prosperità economica che in Irlanda ha preso il nome di “The wake of Celtic Tiger” (“Il risveglio della tigre celtica”), sta provocando, tra gli altri effetti, l'aumento della disoccupazione e dell'indebitamento delle famiglie, il che per i vescovi rappresenta un motivo di grande preoccupazione. Lo studio - ripreso dall'agenzia Zenit - è stato compiuto in collaborazione con la Società di San Vincenzo de' Paoli, l'organizzazione caritativa più importante in Irlanda. In esso si avverte del fatto che alcune classi sociali – come i senzatetto, le popolazioni rurali e i nomadi – non hanno potuto beneficiare dello sviluppo economico precedente, e quindi corrono il rischio di veder peggiorare la propria situazione con la crisi attuale. I presuli sottolineano anche le maggiori difficoltà che dovranno affrontare le famiglie con bambini, a causa delle alte spese per l'alloggio, il sistema sanitario e quello scolastico, il che viene aggravato dalla disoccupazione e dai divorzi. Molte famiglie, che non possono essere considerate povere nel senso stretto del termine, si stanno indebitando sempre di più. Altre, all'interno della povertà relativa a causa dei bassi stipendi, non possono far fronte ai cospicui costi dell'istruzione dei figli e sono sempre più emarginate. I vescovi chiedono quindi una riflessione “più ampia e profonda” sul bene comune del Paese, respingendo l'interpretazione liberale e materialista del benessere, che in fondo mostra una “profonda mancanza di speranza” e potrebbe rappresentare un terreno favorevole all'abuso di alcool e di droghe, soprattutto tra i giovani. In particolare, chiedono al governo di tener conto delle classi più vulnerabili e di aiutare le famiglie ad affrontare le spese sanitarie e scolastiche perché la situazione non si aggravi ulteriormente.

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    Burkina Faso: Radio Ave Maria festeggia 15 anni di attività

    ◊   “Radio Ave Maria, 15 anni di presenza: una sola famiglia, una stessa voce”: è lo slogan con il quale la radio cattolica della diocesi di Ouagadougou, in Burkina Faso, festeggia quest’anno 15 anni di vita. Obiettivo dell’emittente è quello di rendere visibile la realtà della Chiesa come famiglia di Dio per gli uomini, attraverso la diffusione della Buona Novella e la promozione del bene comune in armonia con la dottrina sociale della Chiesa cattolica. Per padre Henri Zongo, direttore della radio, la celebrazione di questo anniversario serve anche per sensibilizzare gli ascoltatori sulla realtà dell’emittente, che necessita di sostegno e contributi. Dal oggi al 1° febbraio, diversi gli eventi cui sono invitati ascoltatori e i fedeli cristiani cattolici di Radio Ave Maria per festeggiare i 15 anni di attività dell’emittente. Ad aprire le celebrazioni nella sede della radio, oggi alle 16, sarà una cerimonia, seguirà alle 21 una grande veglia di preghiera che sarà presieduta da padre Blaise Bicaba nella chiesa di Notre dame di Kologh-Naaba. (T.C.)

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    Caritas italiana: nel 2007 accolte 80 mila persone in difficoltà

    ◊   Sono state oltre 80.000 le persone in difficoltà che nel 2007 si sono rivolte ai 372 Centri d’ascolto diocesani o parrocchiali sparsi in tutta Italia. E’ uno dei dati che emergono dall’incontro tra animatori Caritas che ha preso il via ieri pomeriggio a Roma. Dall’ultima rilevazione su tutte le 220 Caritas diocesane (2006) risulta che i Centri di ascolto gestiti direttamente dalle Caritas diocesane sono 316 e svolgono nella stessa misura ascolto e servizi, garantendo in oltre il 75% dei casi un’apertura di 3/5 giorni a settimana. Sono invece 3000 gli operatori impegnati presso i Centri, al 90% volontari. Il 78% delle Caritas diocesane realizza un’attività stabile di osservazione delle povertà. Il 71% delle Caritas diocesane ha completato una mappatura dei servizi presenti sul territorio per le persone in situazione di disagio. C’è poi un’attività volta a promuovere e ad accompagnare le Caritas parrocchiali e svolta dal 57% delle Caritas diocesane attraverso il Laboratorio, gruppo di lavoro costituito ad hoc, composto da 5/6 persone. Tra le prospettive immediate di lavoro per gli animatori Caritas, vi sarà l’aggiornamento della mappatura dei Centri di Ascolto, degli Osservatori e ei Laboratori, il 4° Censimento nazionale delle opere curato dalla Consulta nazionale ecclesiale degli organismi socio-assistenziali (previsto per il 2010), la costruzione di 16 Dossier regionali sulle povertà, la predisposizione di strumenti e opportunità per l’animazione delle parrocchie e la formazione degli animatori pastorali. Al convegno – rende noto il Sir - intervengono tra gli altri, don Giancarlo Perego, responsabile del Centro documentazione di Caritas Italiana, don Roberto Rezzaghi, docente di teologia pastorale al Seminario di Mantova e suor Benedetta Rossi, dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Arezzo. La celebrazione eucaristica di oggi pomeriggio sarà presieduta dal segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata. Domani chiuderà i lavori mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sri Lanka: cento civili uccisi negli scontri tra esercito e ribelli Tamil

    ◊   La ripresa degli scontri armati nello Sri Lanka tra l’esercito e gli indipendentisti Tamil sta drammaticamente coinvolgendo la popolazione civile. Secondo fonti governative, almeno 100 persone sono rimaste uccise negli ultimi giorni e altre 300 sono rimaste ferite. Recentemente, l’Onu ha accusato L’Esercito di liberazione Tamil (Ltte) di aver violato le leggi internazionali impedendo al personale locale delle Nazioni Unite e ai familiari di lasciare le zone dei combattimenti. Ma come si è tornati allo scontro aperto, considerando che poco più di un anno era in corso un negoziato tra le parti? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Perugia:


    R. - La ragione immediata è stata l’escalation militare che si è avuta in seguito alla conquista di Killinoci, il 2 gennaio di quest’anno. Però, in senso più ampio, ci si è arrivati con la decisione del governo del presidente Rajapakse di scegliere l’opzione militare totale per puntare alla sconfitta finale delle Tigri Tamil, decisione che il presidente Rajapakse ha reso pubblica fin dall’indomani della sua vittoria elettorale alla fine del 2005. Quindi, lui ha scelto non la strada negoziale che era stata avviata dal primo ministro Wickramasinghe nel 2002 ma ha scelto l’opzione opposta, quella dello scontro militare e totale. Il problema è che Rajapakse è appoggiato da forze oltranziste e il fatto che si sia alleato con queste forze - rappresentate da un partito a base marxista e da uno di ispirazione buddista, entrambi ultranazionalisti - fa sì che si sia optato per questa scelta che esclude qualsiasi soluzione di tipo federalista dei negoziati.

     
    D. - Secondo lei, c’è la possibilità di ricominciare a dialogare?

     
    R. - Questo è in realtà il grande interrogativo. Nel senso che gli osservatori internazionali si stanno chiedendo cosa abbia intenzione di fare questo governo, cioè come abbia intenzione di risolvere, comunque, il problema politico della minoranza Tamil al di là della vittoria sul piano militare. Verrà concessa un’ampia devolution di poteri, una soluzione federalista per lo Sri Lanka oppure si continuerà ad imporre la politica della maggioranza alla minoranza Tamil? Secondo gli osservatori internazionali, reimporre alla minoranza Tamil la politica del privilegio della maggioranza srilankese riporterebbe il Paese, in tempi molto rapidi, a condizioni di guerra aperta.

     
    Belgio
    Belgio sotto shock per l’aggressione di un folle ad un asilo nido a trenta chilometri da Bruxelles, a seguito della quale sono morti tre bambini e un adulto. Almeno 10 sono invece i feriti, alcuni dei quali in condizioni gravi. L’assalitore ha attaccato bambini e personale scolastico a colpi di coltello ed è poi stato fermato nelle vicinanze dell’istituto da una pattuglia della polizia. Non è stata resa nota l’identità dell’uomo, ma secondo informazioni non confermate era ricoverato in un vicino centro di malattie mentali.

    Spagna
    Disoccupazione record in Spagna, balzata dicembre del 2008 al 14%, il peggior dato dal 2000. Stando ai dati diffusi oggi dall'Epa (Encuesta de Poblacio Activa), in termini di valore assoluto i disoccupati oggi raggiunto oltre 3 milioni e 200 mila unità. Con un incremento nel 2008 del 66,42% rispetto all'anno precedente. I numeri confermano i drammatico trend dell’economia iberica e le preoccupanti previsioni dell’Ue, secondo le quali la disoccupazione in Spagna dovrebbe toccare un tasso record del 19% nel 2010.

    Medio Oriente
    Nella Striscia di Gaza regge il fragile cessate il fuoco mentre prosegue la mediazione egiziana per una tregua duratura tra Hamas e Israele e per la riconciliazione interpalestinese tra Al Fatah e il movimento islamico. Nel suo secondo giorno di lavoro, anche la nuova amministrazione Usa si è occupata della crisi mediorientale, suscitando diverse reazioni nel mondo arabo. Il servizio di Marco Guerra:


    Il primo intervento di Obama sulla crisi di Gaza ha richiamato l’attenzione delle diverse parti coinvolte nel processo di mediazione. Il presidente Usa ha insistito sulla necessità che Israele apra i valichi e che Hamas ponga fine al lancio di razzi. Parole che sono bastate a suscitare la dura reazione di Hamas, che ha parlato di inizio disgraziato e di nessun cambiamento rispetto alla precedente amministrazione Bush. Monito anche dall’ex capo dei servizi segreti sauditi: i rapporti tra Arabia Saudita e Stati Uniti protrebbe essere messi a rischio " se non vi sarà un cambiamento di politica in Medio Oriente”. Israele dal canto suo sostiene che il nuovo presidente degli Stati Uniti continuerà ad evitare il dialogo con Hamas. Compito che, secondo fonti vicine al presidente Olmert, spetta solo all’Autorità palestinese. E per la ricomposizione della frattura tra Hamas e Al Fatah prosegue lo sforzo della mediazione egiziana. Ma i segnali che arrivano sono tutt’altro che concilianti. Un dirigente dell’Autorità palestinese ha infatti accusato Hamas di aver trasformato ospedali e scuole della Striscia in centri per la detenzione e la tortura di membri di al-Fatah, e di sfruttare le vittime palestinesi per nascondere i suoi piani criminosi. A turbare ulteriormente la fragile tregua arrivano infine le indiscrezioni di alcune fonti militari israeliane, secondo cui sommozzatori iraniani hanno rifornito armi ad Hamas, consegnadole a pescherecci palestinesi di fronte la costa di Gaza.

     
    Minacce al Qaeda
    Al Qaeda è tornata a minacciare l’Occidente e in particolare Usa e Gran Bretagna attraverso un video diffuso sul web. Nel filmato di 31 minuti, Abu Yahya Al-Libi ha incitato a sferrare attentati come vendetta per il violento attacco israeliano a Gaza. Al-Libi ha anche espresso soddisfazione per gli attentati sanguinari di Mumbai che, lo scorso novembre, hanno causato la morte di 183 persone. Nato in Libia, 45 anni, Al-Libi è uno dei collaboratori più stretti di Osama. Si ritiene che viva nascosto nelle basi di Al Qaida in Afghanistan e in zone tribali del Pakistan.

    Medvedev su Afghanistan
    Il presidente russo, Dmitri Medvedev, si è pronunciato oggi per una collaborazione con gli Stati Uniti nella soluzione del problema afghano. In una conferenza stampa a Tashkent, in Uzbekistan - dove è in visita ufficiale per colloqui col collega Islam Karimov - Medvedev ha detto di appoggiare la decisione del presidente Barack Obama di cercare una nuova variante alla soluzione del problema Afghanistan.

    Repubblica Democratica del Congo
    Il capo dei ribelli tutsi congolesi, Laurent Nkunda, è stato arrestato giovedì notte in Rwanda. A comunicarlo il capo della polizia nella Repubblica Democratica del Congo. L'annuncio arriva dopo che le truppe congolesi e rwandesi avevano lanciato un'offensiva al quartier generale di Nkunda, nella regione del Nord Kivu. L'arresto segna una collaborazione senza precedenti tra Rwanda e Repubblica Democratica del Congo, dopo anni di reciproco sospetto e ostilità. Quanto potrà influire sui futuri rapporti tra i due Paesi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al giornalista Michele Luppi, esperto di politica africana:


    R. - Rappresenta un punto importante, sicuramente un punto di partenza e non un punto di arrivo. Infatti, la smobilitazione del Congresso nazionale per la difesa del popolo - che era il gruppo ribelle guidato da Laurent Nkunda - era uno dei punti all’interno dell'accordo siglato a Nairobi in dicembre proprio tra questi due Paesi. Un accordo, che prevedeva la smilitarizzazione congiunta dei gruppi ribelli attivi nel Kivu e quindi non solo del Congresso nazionale per la difesa del popolo, ma anche dei ribelli hutu che ancora si nascondono nelle colline del nord Kivu. Diciamo, dunque, che si è a metà strada. Ora, bisogna vedere se effettivamente si riuscirà a completare questo processo e soprattutto come si riuscirà a completarlo, perché il pericolo è che nei confronti delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda - un gruppo di ribelli hutu, all’interno del quale figurerebbero anche alcuni dei responsabili del genocidio del ’94 - possa realizzarsi con la forza e quindi questo possa portare a ulteriori destabilizzazioni e scontri nel nord Kivu.

     
    D. - Quanto Nkunda ha influito sull’instabilità della parte orientale del Congo? Quali sono state le sue responsabilità?

     
    R. - Prima degli scontri iniziati nel nord Kivu - non solo l'ultimo agosto, ma già precedentemente verso la seconda metà del 2007 - ricordiamo nel 2004 l’assedio di Bukavu, portato avanti proprio da un gruppo guidato da Laurent Nkunda. Quindi, diciamo che ha avuto un ruolo estremamente importante. Quello che però bisogna sottolineare è che comunque Nkunda non avrebbe mai potuto fare ciò che ha fatto senza un sostegno regionale, senza rifornimenti di armi, e anche, per così dire, di una sorta di legittimazione politica al suo operato che veniva dal vicino rwandese. Il fatto, appunto, che il Rwanda abbia in un certo senso voltato le spalle a Nkunda dimostra come ha tolto quella che poteva essere la terra da sotto le radici di questo gruppo ribelle e quindi ha permesso quella che sembra adesso una smobilitazione, quindi un primo passo verso quella che potrebbe essere una pace, con tutti quei problemi che inizieranno ora ovviamente.

     
    Italia
    L’aula del Senato, ieri sera, ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sul federalismo. A favore ha votato compatta la maggioranza, contro si è espressa l’UDC, mentre il partito democratico, con poche eccezioni, e l’Italia dei Valori si sono astenuti. Il provvedimento passa ora all’esame della Camera. Il servizio di Giampiero Guadagni:


    Autonomia di entrate e di spesa agli enti locali, commissione bicamerale ad hoc per i decreti attuativi, determinazione del limite massimo per la pressione fiscale, norme per Roma capitale che vede il suo Consiglio trasformarsi in Assemblea capitolina. Sono questi i cardini del disegno di legge sul federalismo che ha superato la prima prova parlamentare. La maggioranza ha votato compatta ma naturalmente, a festeggiare, è soprattutto la Lega. Il leader e Ministro delle riforme, Bossi, ha riconosciuto l’importante contributo delle opposizioni che, al momento del voto, si sono comunque divise. PD e Italia dei Valori hanno deciso di astenersi dopo che molte loro proposte sono state accolte. L’UDC, invece, ha votato contro: “Senza chiarezza sui costi - afferma Casini - si tratta solo di un manifesto leghista”. “E’ stato un confronto corretto e costruttivo - ha sottolineato il presidente del Senato Schifani - un metodo - concordano tutte le forze politiche - da seguire anche per altre riforme, a partire da quelle della giustizia”. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 23

     
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