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Sommario del 21/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: tutti i cristiani diano testimonianza di unità in un mondo sempre più diviso. La benedizione degli agnelli nella memoria di Sant'Agnese
  • Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Stéphanos Ghattas, patriarca emerito di Alessandria dei Copti: aveva 89 anni
  • Il cardinale Bertone auspica una presenza più incisiva dei cattolici nella società messicana
  • Il metropolita Gennadios: il dialogo tra cattolici e ortodossi si sta rafforzando
  • Il cardinale Lozano Barragán: il mondo non dimentichi i malati di lebbra
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Primo giorno di lavoro per il neopresidente Barack Obama
  • Incontro del Comitato ecumenico europeo per le relazioni con l'islam: necessario un trialogo ebrei-cristiani-musulmani
  • Il Vangelo nell'era di Internet al centro del convegno "Chiesa in rete 2.0"
  • La Focsiv lancia la campagna Target 2015
  • Chiesa e Società

  • Visita a Gaza di mons. Franco per portare la solidarietà del Papa
  • Gaza: dopo il cessate il fuoco l'immediato intervento di Caritas e Onu
  • Lettera dei leader cristiani al presidente degli Stati Uniti Obama
  • Congo: mons. Odama chiede il cessate il fuoco. In aumento gli sfollati
  • Kenya: domani a Nairobi i funerali di padre Giuseppe Bertaina
  • Studio di Msf sui bambini del Niger per prevenire la malnutrizione
  • I vescovi venezuelani preoccupati per l'attacco alla nunziatura di Caracas
  • L’Ecuador concede lo stato di rifugiato a migliaia di colombiani
  • Chiesa indiana: nel 2009 lotta al fanatismo religioso e impegno per la giustizia sociale
  • Filippine: l'impegno per il dialogo e la pace a Mindanao
  • Spagna: raccolti 442 mila euro nella Campagna “Con i cattolici dimenticati della Cina”
  • Canada: iniziativa della Conferenza dei religiosi contro la tratta di esseri umani
  • Amnesty: indagini rapide sul duplice omicidio dell’avvocato Markelov e della giornalista Baburova
  • Cuba. Il cardinale Ortega celebra il 30.mo di ordinazione episcopale
  • Svizzera: fame e clima al centro della Campagna di Quaresima 2009
  • Germania: il cardinale Sterzinsky chiede di sostenere i padri lavoratori nell’educazione dei figli
  • Emmaus propone ai candidati alle elezioni europee “un’esperienza di povertà"
  • Il cardinale Poletto al presidente della regione Piemonte: "Accogliere Eluana Englaro è eutanasia"
  • E' morto padre Dalmastri, fondatore dell’Antoniano di Bologna
  • 24 Ore nel Mondo

  • Completato il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: tutti i cristiani diano testimonianza di unità in un mondo sempre più diviso. La benedizione degli agnelli nella memoria di Sant'Agnese

    ◊   In “un mondo sempre più diviso” è fondamentale la testimonianza “concorde” dei cristiani, che devono proseguire con “perseveranza” sulla strada della piena unità. E’ uno dei passaggi della catechesi del mercoledì di Benedetto XVI, tenuta questa mattina in Aula Paolo VI e dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si conclude domenica prossima. Al termine dell’udienza generale, il Papa ha provveduto alla rituale benedizione degli agnelli, nella memoria liturgica di Sant’Agnese, e ricevuto la cittadinanza onoraria di Mariazell, la città austriaca dove sorge il Santuario mariano visitato dal Pontefice durante il viaggio apostolico del 2007. Il servizio di Alessandro De Carolis:
     

     
    Un anno di “incontri, dialoghi, e gesti di fraternità” per i quali rendere grazie a Dio “con gioia”. Benedetto XVI parla del 2008 appena trascorso come di un anno a particolare caratura ecumenica, impreziosito da avvenimenti di portata storica: uno su tutti, la presenza e l’intervento di un Patriarca ortodosso ecumenico in un’assise episcopale cattolica, diventato realtà lo scorso ottobre attraverso le parole di Bartolomeo I al Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio. L’obiettivo di fondo di ogni incontro - che la Settimana di preghiera rende all’inizio di ogni anno più evidente - il Papa lo ha ribadito subito, davanti alle migliaia di fedeli stipati in Aula Paolo VI:

     
    “La piena unità è quindi connessa alla vita e alla missione stessa della Chiesa nel mondo. Essa deve vivere una unità che può derivare solo dalla sua unità con Cristo, con la sua trascendenza, quale segno che Cristo è la verità. E’ questa la nostra responsabilità: che sia visibile nel mondo il dono di una unità in virtù della quale si renda credibile la nostra fede. Per questo è importante che ogni comunità cristiana prenda consapevolezza dell’urgenza di operare in tutti i modi possibili per giungere a questo obiettivo grande”.

     
    Spiegando l’antica visione del profeta Ezechiele - la ritrovata riunificazione delle tribù di Giuda e Israele che ha offerto il leit-motiv della Settimana di preghiera 2009 - Benedetto XVI ha affermato che si tratta di una “trasparente parabola dell’unità”, “particolarmente eloquente per l’intero movimento ecumenico”, perché “pone in luce l’esigenza imprescindibile di un autentico rinnovamento interiore in tutti i componenti del popolo di Dio”. Un rinnovamento, ha osservato il Papa, possibile solo a una condizione, quella della “conversione del cuore”, che la Settimana di preghiera sollecita con le sue molte iniziative:

     
    “Questo spirito ha animato la Chiesa cattolica, la quale, nell’anno appena trascorso, ha proseguito, con salda convinzione e radicata speranza, a intrattenere relazioni fraterne e rispettose con tutte le Chiese e Comunità ecclesiali di Oriente e di Occidente. Nella varietà delle situazioni, talvolta più positive e talora con maggiori difficoltà, si è sforzata di non venire mai meno all’impegno di compiere ogni sforzo tendente alla ricomposizione della piena unità. Le relazioni fra le Chiese e i dialoghi teologici hanno continuato a dare segni di convergenze spirituali incoraggianti”.

     
    Oltre all’abbraccio con il Patriarca Bartolomeo I - e agli incontri con i capi della Chiesa apostolica armena, Karekin II e Aram I - il Pontefice ha ricordato anche la vicinanza manifestata alla Chiesa ortodossa russa al momento della scomparsa del suo Patriarca, il “fratello in Cristo” Alessio II, affermando di “restare in comunione” con coloro che si apprestano ad eleggerne il successore:

     
    “Ugualmente mi è stato dato di incontrare rappresentanti delle varie Comunioni cristiane di Occidente, con i quali prosegue il confronto sull’importante testimonianza che i cristiani devono dare oggi in modo concorde, in un mondo sempre più diviso e posto di fronte a tante sfide di carattere culturale, sociale, economico ed etico. Di questo e di tanti altri incontri, dialoghi, e gesti di fraternità che il Signore ci ha concesso di poter realizzare, rendiamo insieme a Lui grazie con gioia”.

     
    C’è un “desiderio che ci abita in cuore”, ha concluso Benedetto XVI: quello che “si affretti il giorno della piena comunione, quando tutti i discepoli dell’unico nostro Signore potranno finalmente celebrare insieme l’Eucaristia”. In vista di quel giorno, e sulla scorta degli insegnamenti di San Paolo, è stato l’invito finale del Papa:

     
    “Ogni comunità cresca nell’impegno dell’unità, grazie alle varie iniziative spirituali e pastorali e alle assemblee di preghiera comune, che di solito si fanno più numerose e intense in questa 'Settimana', facendoci già pregustare, in un certo modo, il giorno dell’unità piena. Preghiamo perchè tra le Chiese e le Comunità ecclesiali continui il dialogo della verità, indispensabile per dirimere le divergenze, e quello della carità che condiziona lo stesso dialogo teologico e aiuta a vivere insieme per una testimonianza comune”.

     
    Dopo l’udienza e i saluti ai pellegrini - uno in particolare alle Suore Missionarie della Fede, impegnate nel Capitolo generale - il Pontefice, nell'Auletta dell'Aula Paolo VI, ha benedetto gli agnelli la cui lana sarà utilizzata per la tessitura dei “sacri palli”, le insegne onorifiche che Benedetto XVI imporrà ai nuovi arcivescovi metropoliti il prossimo 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo. Quindi si è intrattenuto con la delegazione austriaca proveniente da Mariazell, che ha voluto insignirlo della cittadinanza onoraria, dopo averlo accolto nel settembre di due anni fa nell’antico Santuario mariano per gli 850 anni della fondazione.

     
    "Mariazell - ha detto il Papa ai presenti, ricordando con qualche sorriso l'intensa pioggia che accompagnò il suo pellegrinaggio nel 2007 - è molto più di un posto: è l’attualizzazione di storia viva di un pellegrinaggio della fede e della preghiera nei secoli". Forse non riuscirò più a tornarci, ha soggiunto, ma "vive sempre in me". E nei mieri ricordi - ha concluso - "torno sempre a fare una sosta a Mariazell, proprio perché sento come la Madre, qui, ci venga incontro e ci riunisca tutti".

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    Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Stéphanos Ghattas, patriarca emerito di Alessandria dei Copti: aveva 89 anni

    ◊   Si è spento ieri al Cairo il patriarca emerito di Alessandria dei Copti, Stéphanos Ghattas II: il 16 gennaio scorso aveva compiuto 89 anni. Il Papa ha espresso il suo cordoglio per il decesso del porporato in un telegramma inviato a Sua Beatitudine Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti. Benedetto XVI eleva la sua preghiera a Cristo Risorto perché accolga “nella sua gioia e nella sua pace questo fedele servitore della Chiesa, che prima come missionario nella Congregazione della Missione, poi come vescovo di Luxor e infine come patriarca, si è dedicato con zelo e semplicità al servizio del Popolo di Dio, in uno spirito di dialogo e di convivialità con tutti”.

    Il porporato egiziano era nato a Cheikh-Zein-el-Dine vicino Tahta. Entrato nel seminario minore del Cairo nell'agosto del 1929 aveva compiuto gli studi classici nel collegio della Santa Famiglia dei Padri Gesuiti, concludendoli nel giugno 1938. Era stato poi inviato a Roma presso il Collegio «De Propaganda Fide» dove aveva conseguito la laurea in Filosofia e Teologia. Ordinato sacerdote a Roma il 25 marzo 1944, torna in Egitto come professore di Filosofia e Teologia Dogmatica presso il seminario maggiore di Tahta e poi di Tanta. Nel 1952 entra nella Congregazione della Missione di San Vincenzo de' Paoli (Lazzaristi) compiendo il noviziato a Parigi. Dopo sei anni di apostolato in Libano, è nominato economo e poi superiore dei Lazzaristi ad Alessandria. L'8 maggio 1967 il Sinodo copto-cattolico lo elegge vescovo di Luqsor dei Copti e riceve l'ordinazione episcopale il 9 giugno dello stesso anno nella chiesa dei Padri Lazzaristi, ad Alessandria: dopo una settimana fa il suo ingresso nella cattedrale di Tahta. Dopo aver terminato la costruzione del vescovado di Luqsor, vi soggiorna fino al 24 febbraio 1984, giorno in cui viene nominato amministratore apostolico del patriarcato, per sostituire Sua Beatitudine Stéphanos I Sidarous, anziano e malato. Avendo quest'ultimo dato le dimissioni, il Sinodo copto-cattolico, riunito nella residenza patriarcale di Pont-de-Koubbeh, il 9 giugno 1986 elegge all'unanimità mons. Andraos Ghattas patriarca di Alessandria. Assume il nome di Stéphanos II, per devozione e affetto verso il suo illustre predecessore e per indicare la continuità. Giovanni Paolo II gli concede la "ecclesiastica communio" il 23 giugno 1986. Nel giugno del 1997 il Patriarca guida la visita «ad limina» dei vescovi dell'assemblea della gerarchia cattolica d'Egitto e, rivolgendosi al Santo Padre a nome dei presuli nel corso dell'udienza, riafferma la fedeltà e la devozione della Chiesa cattolica del Paese verso il Successore di Pietro, «messaggero della pace universale e del dialogo fraterno». Nel corso dello storico pellegrinaggio di Giovanni Paolo II al Monte Sinai, dal 24 al 26 febbraio 2000, accoglie il Santo Padre accompagnandone quotidianamente i passi oranti e silenti sulle orme di Mosè. Nel corso dell'Anno Santo, il patriarca guida il pellegrinaggio giubilare della Chiesa Copta Cattolica, culminato nella divina liturgia in rito copto-alessandrino celebrata il 14 agosto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Quattro giorni dopo, la mattina del 18 agosto, accompagna 450 pellegrini del patriarcato di Alessandria dei Copti, ricevuti in udienza a Castel Gandolfo per esprimere al Papa un affettuoso e corale «grazie giubilare» per la visita compiuta nel mese di febbraio. È stato Presidente del Sinodo della Chiesa Copta Cattolica e dell'assemblea della gerarchia cattolica d'Egitto. Giovanni Paolo II lo crea cardinale il 21 febbraio 2001. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Copta cattolica riunitosi dal 27 al 30 marzo 2006, accetta la rinuncia all’ufficio patriarcale del porporato. Con il suo decesso il Collegio Cardinalizio risulta composto da 189 Cardinali, dei quali 116 elettori e 73 non elettori.

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    Il cardinale Bertone auspica una presenza più incisiva dei cattolici nella società messicana

    ◊   Una nuova sintesi tra fede e cultura per rendere più incisiva la presenza dei cattolici nella società messicana. Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, risveglia così il mondo della cultura che ha incontrato, lunedì scorso, a Querétaro, nel teatro dove il 5 febbraio 1917 venne promulgata la costituzione del Paese. Lo riferisce l’Osservatore Romano. L'incontro ha offerto l'occasione "per riflettere sulla presenza della Chiesa e dei cattolici nella vita pubblica del Paese e sul loro ruolo nella configurazione della cultura messicana", incoraggiando "tutti coloro che cercano risolutamente di gettare ponti fra la fede e la ragione", promuovendo "il dialogo franco e cordiale fra la fede e la scienza" e stabilendo "relazioni fluide e feconde fra la fede e la cultura". Parlare della presenza della Chiesa nella vita pubblica, ha sostenuto il cardinale, "significa anche parlare della cultura, che è come la vita di un popolo", per "sviluppare tutte le potenzialità che racchiude".

    Nel XX secolo la cultura cattolica in Messico è rimasta ai margini. Il porporato ha ricordato le persecuzioni subite dalla Chiesa nel Paese: "La Chiesa fu deliberatamente espulsa dagli ambiti pubblici creatori di alta cultura, specialmente dall'università e dal forum politico. Liberali e rivoluzionari applicarono con successo la strategia dell'isolamento, specialmente nel campo dell'educazione. Questo processo, come sappiamo, fu particolarmente violento nel XX secolo, nel quale si scatenò una cruenta repressione contro la Chiesa". Sarebbe però sbagliato, ha riconosciuto il cardinale Bertone, "attribuire tutta la colpa a elementi esterni e all'esistenza di trame di potere, certamente attive e potenti, che mirano a eliminare la presenza della Chiesa nella vita pubblica. È necessario osservare anche che gli sforzi cattolici nella produzione di cultura hanno avuto, in generale, un successo limitato. È mancata a volte la creatività necessaria a dar vita a nuove proposte culturali". La Chiesa messicana è da tempo al lavoro per evangelizzare la cultura, consapevole che "un popolo privato della sua identità si vede costantemente minacciato da nuove forme di colonialismo culturale"; e che "non vi possono essere pace né progresso autentici se si ignora o si distrugge la cultura di un popolo. Nel corso degli ultimi decenni, lo stato e il mercato hanno gradualmente occupato con efficacia l'ambito delle istituzioni e della vita pubblica. Ma né l'uno né l'altro è stato capace di offrire all'uomo il significato profondo dell'esistenza, che non si chiarisce attraverso l'adesione a un'opzione politica o una professione o il successo economico".

    L'urgenza di evangelizzare la cultura non riguarda solo il Messico. "Come il primo annuncio del Vangelo fu un incontro fra culture - ha detto il segretario di Stato - così oggi è necessario un nuovo annuncio che abbia fra le sue priorità la cultura. Ne sono fermamente convinto: finché non illumineremo con il Vangelo l'anima della cultura, non potremo aspettarci la trasformazione tanto anelata dai nostri popoli".

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    Il metropolita Gennadios: il dialogo tra cattolici e ortodossi si sta rafforzando

    ◊   “Il dialogo teologico e le relazioni ecclesiali tra cattolici e ortodossi continuano con segni positivi, nonostante permanenti e nuove difficoltà”: è quanto scrive sull’Osservatore Romano mons. Eleuterio Fortino, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in occasione della Settimana che da ormai oltre 100 anni riunisce in preghiera i discepoli di Cristo in tutto il mondo. L’evento quest’anno si svolge sul tema “Saranno unite nella tua mano”, tratto dal libro del profeta Ezechiele. Mons. Fortino ricorda, in particolare, i tanti importanti incontri avvenuti nel 2008 tra cattolici e ortodossi e i colloqui che proseguono tra le Chiese sorelle sulla questione del primato del Vescovo di Roma. Sul cammino verso l’unità ascoltiamo il metropolita d’Italia del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, Gennadios Zervos, al microfono di Paolo Ondarza:


    R. – Dio non abbandona il suo popolo: questa è una grande verità. E’ questo che le Chiese oggi cercano di realizzare il più presto possibile: che tutti siano una cosa sola.

     
    D. – E’ ancora più significativo se si pensa che a scegliere i versetti per il tema di quest'anno è stato un gruppo ecumenico della Corea, una nazione divisa, che ha ravvisato nelle parole di Ezechiele corrispondenze con la propria situazione. Quindi, c’è anche un forte messaggio di speranza in queste parole?

     
    R. – Senz’altro, la speranza è la grande forza della cristianità. Senza avere paura, ma con pazienza e con sofferenza, noi dobbiamo camminare sulla strada che ci hanno aperto i nostri grandi capi - Giovanni XXIII, Athenagoras, Papa Paolo VI, fino a Papa Benedetto XVI oggi e al Patriarca ecumenico Bartolomeo, ma anche Giovanni Paolo II di gloriosa memoria - che ci hanno dato coraggio e una grande speranza di andare avanti per realizzare con tutto il nostro cuore questa volontà di Dio: che tutti siano una cosa sola.

     
    D. – Oggi a che punto siamo nel dialogo?

     
    R. – I rapporti oggi sono buoni. Ci sono problemi, ma vedo che il patriarca Athenagoras e Paolo VI, hanno fondato tutto sul dialogo dell’amore e della carità. Così si rafforza il dialogo e dobbiamo rafforzarlo ancora di più.

     
    D. – Oggi quali sono i punti di forza, i punti di convergenza di questo dialogo?

     
    R. – Io credo che la preghiera sia la più grande forza che abbiamo noi cristiani, come anche la venerazione dei santi comuni, che hanno in particolare la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Sono due forze che ci aiutano a trovare questa strada.

     
    D. – Tra i cristiani delle varie confessioni c’è la coscienza di un’unità alla quale si è chiamati?

     
    R. – Credo ci sia e che dobbiamo avere questa grande responsabilità, perché la divisione oggi è il peccato più grande di noi cristiani. Non lo sentiamo tanto. Dobbiamo stare fuori dal fanatismo, dal razzismo, dall’odio e solo così possiamo arrivare alla realizzazione della volontà di Dio. Credo che i cristiani oggi abbiano capito molto bene la responsabilità che hanno di fronte a questo grande peccato che abbiamo tutti noi cristiani.

     
    D. – Perché i cristiani sono chiamati a testimoniare l'unità in un mondo diviso...

     
    R. – E questa nostra divisione non è un esempio per gli altri che non credono. Come dice San Paolo: “Non c'è più greco, né ebreo: tutti siamo uniti nel nome di Cristo”. Noi dobbiamo unirci, perché non c’è un altro nome più grande del nome di Cristo.

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    Il cardinale Lozano Barragán: il mondo non dimentichi i malati di lebbra

    ◊   Un appello a non dimenticare i malati di lebbra è stato lanciato dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, in un messaggio per la Giornata Mondiale dedicata alle persone colpite dal morbo di Hansen, che si svolgerà domenica prossima. Ce ne parla Sergio Centofanti.


    Questa giornata – rileva il porporato – “è un grande appuntamento di solidarietà” che vuole riportare al centro dell’attenzione internazionale “una malattia spesso ignorata dai mezzi di comunicazione” e che “ancora oggi ogni anno colpisce nel mondo oltre 250 mila persone”, tra cui 40 mila bambini”. Il cardinale Lozano Barragán chiede ai governi “una speciale attenzione” proprio verso i bambini malati di lebbra”.

     
    Sul piano sociale – prosegue il messaggio - ancora persistono purtroppo “infondate paure generate dall’ignoranza”, paure che “generano sentimenti di esclusione e spesso di pesante stigma nei confronti dei malati di lebbra, rendendoli particolarmente vulnerabili”. Occorre offrire invece “una corretta, larga e capillare informazione sulla lebbra, sugli effetti devastanti che può causare nei corpi se lasciati a se stessi, sulle famiglie e sulla società, e suscitare il dovere singolo e collettivo di una attiva fraterna solidarietà”.

     
    “Ispirandosi all’esempio di Cristo Gesù, Medico del corpo e dello spirito – afferma il porporato - la Chiesa ha sempre avuto una speciale sollecitudine per i malati di lebbra”. Il messaggio cita due esempi: il Beato padre Damiano di Veuster, che nell’isola-lazzaretto di Molokai ha dato la vita per i lebbrosi, e il giornalista cattolico Raoul Follereau, ideatore di questa Giornata: ha girato il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla drammatica condizione di questi malati. Durante la Guerra fredda chiese a Stati Uniti e Unione Sovietica di donare l’equivalente di un caccia bombardiere così che, lasciando invariato l’equilibrio militare, avrebbe potuto curare tutti i lebbrosi del mondo. Celebre la sua preghiera: “Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi”.

     
    “E’ bello e consolante – sottolinea il messaggio - constatare che in questa lotta al morbo di Hansen sono presenti associazioni e organizzazioni non governative che vanno oltre le appartenenze religiose, ideologiche e culturali, incontrandosi tutti nella comune finalità di portare a chi è malato l’opportunità di ritrovare uno stato di benessere sociale, sanitario, spirituale. In particolare – si rileva - alla ‘Sasakawa Foundation’ va la nostra riconoscenza per l’apporto inestimabile che da decenni sta dando alla causa, sostenendo finanziariamente le istituzioni della comunità internazionale nella ricerca nel campo terapeutico”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Cristiani uniti davanti alle sfide della cultura e dell'economia: in prima pagina, la catechesi dell'udienza generale.

    La rivincita della storia: nell'informazione internazionale, da Washington, Giulia Galeotti sulla cerimonia di insediamento di Barack Obama.

    In cultura, anticipazione del libro di Anna Foa "Diaspora. Storia degli ebrei del Novecento".

    Un articolo di Fabizio Bisconti dal titolo "Un martire milanese nella Roma di Diocleziano".

    L'avvincente romanzo dei codici di Bobbio: Silvia Guidi illustra uno studio sui manoscritti del monastero piacentino.

    Marcello Filotei recensisce l'allestimento dell'"Aida", curato dal regista Robert Wilson, che ha aperto la stagione del Teatro dell'Opera di Roma.

    La vera laicità non teme la libertà: nell'informazione religiosa, l'intervento del cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola, all'incontro "Cattedrale aperta" promosso dall'arcidiocesi di Genova.

    Chiesa cattolica e Patriarcato di Mosca, la via della reciproca fiducia: Milan Zust sulla visita in Russia, un anno fa, del cardinale Walter Kasper.

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    Oggi in Primo Piano



    Primo giorno di lavoro per il neopresidente Barack Obama

    ◊   Dopo il bagno di folla di ieri a Washington, è iniziato il primo giorno di lavoro per il neopresidente degli Stati Uniti Barack Obama. In agenda diversi incontri con i consiglieri economici e militari per affrontare le grandi questioni: la crisi dei mercati, la presenza delle truppe Usa in scenari di guerra come l’Iraq e l’Afghanistan e il conflitto in Medio Oriente. Si attendono decisioni anche sul carcere di Guantanamo: Obama vuole chiudere la struttura e in ogni caso ha già chiesto la sospensione dei processi per almeno due mesi. Tutti temi sui quali, in campagna elettorale, ha promesso il cambiamento. E un’aria diversa, piena di entusiasmo e attesa, si è respirata ieri durante il giuramento di Obama sulla Bibbia, la stessa sulla quale aveva posto la sua mano Abramo Lincoln, 16.mo presidente degli Stati Uniti. Il servizio sulla giornata di ieri di Elena Molinari:


    “On this day, we gather because we have chosen hope over fear...”
     
    “Siamo qui per scegliere la speranza invece della paura, per inaugurare una nuova era di responsabilità, ma soprattutto per rialzarci in piedi e riprendere il lavoro che ha fatto grande l’America”. Non sono mancati i richiami sobri, ma il discorso del 44.mo presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, ha soprattutto rinnovato una promessa: tutto è possibile se onestà e duro lavoro, tolleranza e patriottismo prendono il posto dell’egoismo e della paura. E’ anche il volto che l’America vuole proiettare all’estero, quello di una nazione giovane e risoluta e in grado di riprendersi da qualunque colpo del destino. La folla riunita a Washington ha risposto con gioia. “Questo momento trasformerà il nostro Paese, prego che il cambiamento cominci qui e si diffonda in tutta la nazione”. Con parole simili – e soprattutto con tante lacrime – quarantenni, diciottenni, madri con bambini hanno urlato il loro entusiasmo, nonostante il freddo e le ore in piedi. Ai due milioni di persone che gli hanno dato il benvenuto davanti al Campidoglio costruito dagli schiavi africani 200 anni fa, Obama ha anche fatto una richiesta che gli americani non si sono mai sentiti rivolgere da un presidente: una richiesta a crescere, a mettere da parte gli infantilismi, a non cercare solo il piacere. Ma solo una volta – nei suoi venti minuti scarsi di discorso – il nuovo capo di Stato ha fatto cenno a quello che era nella mente di tutti: “Questo è il significato della nostra libertà – ha detto Obama – che un uomo il cui padre, meno di sessant’anni fa, non sarebbe stato servito in un ristorante, possa ora pronunciare, davanti a voi, il giuramento più sacro”.
     
    (musica)


    L’insediamento del neopresidente degli Stati Uniti ha suscitato, in gran parte del mondo, sentimenti di speranze e attese. Tranne alcune eccezioni, anche i principali leader politici di Europa, Africa, America Latina e Asia hanno accolto positivamente il primo discorso del presidente Obama incentrato sulle grandi sfide, dalla crisi economica alla sicurezza. Il servizio di Benedetta Capelli:


    Il carisma di Obama ha conquistato le cancellerie mondiali. Dopo aver pronunciato il suo discorso, al neopresidente degli Stati Uniti sono arrivati gli auguri di numerosi leader politici, seriamente preoccupati per la crisi che ha investito i mercati finanziari e per i conflitti in corso. Proprio una maggiore collaborazione per affrontare le grandi sfide del nostro tempo è l’auspicio del presidente della Commissione Europea Barroso; sulla stessa scia il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel. Grandi speranze ha suscitato il discorso di Obama nel premier britannico Brown; positivo l’approccio anche per il premier spagnolo Zapatero. Dall’Italia il presidente Napolitano ha espresso il proprio apprezzamento per l’impegno dell’America a voler riguadagnare consenso morale e leadership ideale, mentre il presidente del Consiglio Berlusconi ha messo l'accento sulla necessità di ''lavorare da subito insieme per affrontare le sfide del momento: la crisi finanziaria ed il suo impatto sull'economia reale, la situazione in Medio Oriente e quella in Afghanistan''. Approvazione per la “più grande democrazia al mondo” è giunta dal premier israeliano Olmert mentre Hamas ha invitato Obama a trarre lezione dagli errori del suo predecessore. Duro il giudizio del presidente venezuelano, Chavez, che ha parlato di imperialismo americano mentre sia il capo di Stato cileno, Michelle Bachelet, che la sua collega argentina Cristina Kirchner hanno auspicato una rinnovata fase nel dialogo tra gli Stati Uniti e l'America Latina. Un nuovo capitolo nelle relazioni con l’Iran è l’auspicio di Teheran che tuttavia invita Obama a ripensare la politica mediorientale degli Usa. Un portavoce dei talebani ha chiesto l’immediato ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Sentito l’omaggio dell’Africa, in Kenya – patria del padre di Obama – si sono viste scene di giubilo mentre l'eroe della lotta alla segregazione razziale in Sudafrica, Nelson Mandela, ha parlato di lui come di una ''nuova voce di speranza'' per il mondo.


    “Una nuova era della responsabilità” è quanto ha invocato Obama nel suo discorso di insediamento. Una nazione, l’America, che non dimentica i suoi valori, come conferma l’ex ambasciatore Boris Biancheri, presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, intervistato da Alessandra De Gaetano:


    R. – Obama ha messo in evidenza che ci sono delle sfide molto nuove davanti alle quali gli Stati Uniti si trovano, che debbono essere affrontate attraverso i valori tradizionali: il patriottismo, la lealtà, la buona fede, il senso di responsabilità, l’attaccamento alla patria e via dicendo. Sono valori solidi e tradizionali, quelli che hanno creato e fatto grandi gli Stati Uniti d’America, ai quali riferirsi per risolvere i problemi. Questa è l’impostazione.

    D. – Nel suo discorso Obama ha annunciato la centralità dei temi di uguaglianza di tutti i popoli di fronte a Dio. La nuova politica di Obama come incide sul tema della tolleranza religiosa e sui conflitti internazionali?

     
    R. – Ha evidenziato la trasformazione degli Stati Uniti in una società multireligiosa, ha manifestato apprezzamento anche per l’islam insieme alle altre religioni che sono parte integrante della cultura americana. Non ha fatto degli specifici riferimenti all’Europa o all’Asia o a delle aree di crisi, ha appena menzionato di passaggio l’Afghanistan come crisi del mondo. Obama è certamente un uomo di grande talento, di grande intelligenza e, mi sembra, di grande equilibrio e quindi sono sicuro che le risposte che verranno da parte di Obama alle sfide internazionali saranno ispirate da queste sue certamente notevolissime qualità.
     
    D. – L’America, come ha detto Obama, non può favorire i ricchi ma deve estendere le opportunità a tutti. In questo senso, secondo lei, è possibile superare la dicotomia tra Nord e Sud del mondo?

     
    R. – Certamente, il problema delle disparità di ricchezza che ci sono nel mondo dovrà entrare a far parte della sua agenda. Io credo che Obama, questo sentimento di giustizia sociale ce l’abbia. Nel proprio interno si dedicherà anche a questo, ma è necessario prioritariamente - siccome questo comporta disponibilità di risorse - trovare le risorse opportune.


    A sottolineare il clima di cambiamento e svolta che si respira in America anche Paolo Mastrolilli, responsabile della redazione Esteri del TG1, intervistato da Debora Donnini:


    R. – Una svolta perché i problemi sono gli stessi che ha affrontato il presidente Bush, anzi, sono forse peggiorati e aumentati con la crisi economica, con la guerra a Gaza che abbiamo visto di recente. Ma è una svolta, intanto perché è il primo presidente afroamericano che entra alla Casa Bianca, ma anche perché c’è una nuova cultura che entra alla Casa Bianca, una maniera diversa di affrontare gli stessi problemi.

     
    D. – In primo piano, nel discorso di Obama, la crisi economica, di cui il nuovo presidente parla come frutto di irresponsabilità …

     
    R. – Sì, certamente. E’ ovvio che questa crisi non nasce dal nulla. Sono stati commessi degli errori negli Stati Uniti anche da chi governava, che sapeva che c’erano questi problemi e non ha fatto nulla per intervenire, per controllarli, per evitare che questi errori degenerassero nella crisi che abbiamo visto. E quindi c’è anche da questo punto di vista una svolta, un cambiamento nel modo di concepire l’economia: naturalmente sì al libero mercato ma con i controlli necessari a fare in modo che funzioni nell’interesse di tutti.

    D. – L’America è pronta a tornare ad essere una guida: questa è stata una delle frasi centrali del discorso di Barack Obama …

     
    R. – La grandezza degli Stati Uniti è che il figlio di un immigrato africano è riuscito a diventare presidente degli Stati Uniti dopo appena quattro anni di attività politica a livello nazionale. Questa è la forza degli Stati Uniti. La grande potenzialità di questo Paese sta nella capacità, appunto, di accogliere tutti e di sviluppare al massimo le singole capacità nel rispetto però di valori ben precisi e accettati e comuni per gli americani da oltre 200 anni. Ecco: nel nome di questi valori, Obama intende riportare l’America ad essere la guida del mondo libero. Quindi, indipendentemente da quello che farà, la sua sola presenza alla Casa Bianca è un elemento che obbliga tutti gli americani a riflettere su se stessi, sul proprio Paese e forse a fare un passo in avanti, insomma a dimenticare le divisioni del passato non solo tra bianchi e neri ma tutte le divisioni che hanno, per certi versi, limitato le potenzialità degli Stati Uniti e quindi muoversi tutti insieme verso gli obiettivi comuni.

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    Incontro del Comitato ecumenico europeo per le relazioni con l'islam: necessario un trialogo ebrei-cristiani-musulmani

    ◊   Aiutare le Chiese e le religioni ad incontrarsi nel quotidiano: è l’obiettivo che in quattro anni di lavoro si è proposto il Comitato per le relazioni con i musulmani in Europa, riunito a Monaco di Baviera, in Germania. L’organismo, voluto dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (cattolico) e dalla Conferenza delle Chiese europee (che riunisce le chiese ortodosse, protestanti e anglicane), in questa seduta termina il suo mandato e a breve renderà noto un documento con le sue conclusioni. Ma quali argomenti hanno interessato il Comitato ecumenico in questi giorni? Tiziana Campisi lo ha chiesto ad uno dei membri, padre Claudio Monge, superiore della comunità domenicana di Istanbul:


    R. – Non possiamo dimenticare che in questo momento ci troviamo in una fase caratterizzata da un’attualità molto particolare, che è quella del conflitto mediorientale, che appunto si è di nuovo acceso. Purtroppo un Comitato che si trova due volte all’anno non può intervenire sulla stretta attualità; può riflettere sugli avvenimenti per vedere che cosa ci lasciano questi avvenimenti, su quali piste si deve continuare a lavorare, quali sono – eventualmente – i suggerimenti che possiamo dare alle diverse Chiese per un lavoro in continuità sul territorio, nei posti dove, appunto, credenti di fedi diverse vivono nel quotidiano e si incontrano nel quotidiano. Quello che sta succedendo in questi giorni conferma ancora una volta il fatto che ci sono – soprattutto in Europa – delle polarizzazioni immediate, le reazioni sono spesso molto ideologiche; sofferenze – anche spesso passate – emergono in tutta la loro importanza, e allora ci rendiamo conto, ancora di più, di come non è solo la questione strettamente legata alle religioni, ma sono problematiche enormi da un punto di vista sociale, economico, politico, che si intersecano.

     
    D. – Come guardare alle emergenze attuali?

     
    R. – Questa situazione particolare, che viviamo in questo momento, conferma il fatto che è molto difficile occuparsi di islam in Europa e di dialogo cristiano-islamico senza tener conto del fattore ebraico. E questo dobbiamo anche un po’ denunciarlo come una nostra mancanza; è fondamentale prendere in seria considerazione anche la questione del “trialogo”, e non semplicemente del dialogo.

     
    D. – Ci sono dei frutti che ha dato il lavoro del Comitato per le relazioni con i musulmani in Europa?

     
    R. – La coscienza del fatto che, sempre di più, dobbiamo lavorare, fianco a fianco, con dei partner musulmani, anche nel lavoro teorico di riflessione sui problemi e su come si può avanzare nella loro soluzione. Abbiamo avuto alcune fasi, alcuni momenti – soprattutto nella seconda parte del nostro mandato – in cui ai nostri incontri sono stati invitati dei partner musulmani, degli interlocutori; lavorare in questi campi vuol dire “lavorare con”. Si può costruire qualcosa nella misura in cui veramente fianco a fianco si continua a lavorare, per avere anche un’incidenza molto maggiore nelle nostre rispettive comunità, su quello che noi facciamo; ecco, per evitare che sia un dialogo d’élite, un dialogo di sapienti, diciamo così, o di addetti ai lavori, ma che tocchi veramente il quotidiano.

     
    D. – Lei vive in Turchia; quale esperienza ha di dialogo con i musulmani?

     
    R. – Se esiste un dialogo possibile tra musulmani e cristiani, è veramente il dialogo della fiducia costruita giorno dopo giorno, nell’incontro anche più banale di quartiere; incontro che dà il giusto posto alle due parti, sottolineando il loro aspetto di credenti. Quello che veramente ci fa avanzare e ci dà speranza per il futuro è l’incontro del quotidiano per costruire fiducia e accoglienza reciproca, nella differenza delle nostre fedi, che deve rimanere tale, che dev’essere presa sul serio, anche perché non c’è dialogo senza alterità, senza differenza.

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    Il Vangelo nell'era di Internet al centro del convegno "Chiesa in rete 2.0"

    ◊   A meno di 15 anni dalla diffusione popolare di Internet la rete sta consolidando il suo ruolo di medium privilegiato e, nell’era del cosiddetto web 2.0, la Chiesa non resta a guardare. Ma si può comunicare il Vangelo sul web? Per fare il punto su questa domanda si è concluso ieri a Roma il convegno nazionale “Chiesa in rete 2.0” organizzato dalla Conferenza episcopale italiana. Tra i vari interventi quelli di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei e don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali. Ascoltiamoli, a partire da mons. Crociata, nelle interviste di Paolo Ondarza.


    R. - Internet presenta indubbiamente delle sfide sempre nuove. Noi abbiamo la responsabilità di educare e di educarci, questo è sicuro, ad un uso responsabile, al rapporto con le nuove generazioni e con i piccoli che, nondimeno, hanno in questi mezzi una peculiarità di conoscenza e di utilizzazione notevole.

     
    D. - Internet può essere uno strumento di comunione e di evangelizzazione...

     
    R. - Può essere uno strumento se viene utilizzato in maniera responsabile, opportuna e competente.

     
    D. - Don Domenico Pompili, Internet cambia: come si pone la Chiesa nei confronti di questi cambiamenti?

     
    R. - Con un atteggiamento sicuramente curioso. Mi pare che il web 2.0 attesti che si passa da una fase prevalentemente passiva, in cui si fruiva di contenuti prodotti da altri, ad una fase interattiva, in cui ciascuno a suo modo è partecipe e reso protagonista attivo della comunicazione.

     
    D. - Spesso si contrappone il reale al virtuale, una contrapposizione che può anche essere pericolosa...

     
    R. - Personalmente, pur ritenendo che il reale e il virtuale siano due dimensioni obiettivamente diverse, credo non si debba creare una contrapposizione troppo marcata, perchè ritengo che il virtuale possa essere la premessa per passare da una semplice connessione ad una più compiuta relazione.

     
    D. - Internet oggi crea davvero relazione?

     
    R. - Necessariamente, la comunicazione virtuale ha, oltre che delle straordinarie possibilità, anche delle particolari ambiguità. Ritengo, però, che la Chiesa debba necessariamente fare i conti con questa realtà, tenuto conto che - stando anche agli ultimi dati di indagini del Censis - per quel che riguarda l’Italia, circa il 68, il 70 per cento degli under 35, fa quotidianamente riferimento a questa forma di linguaggio.

     
    D. - Il viaggio, dunque, della Chiesa su Internet non comincia oggi. Un bilancio del lavoro svolto finora...

     
    R. - Mi pare che la Chiesa abbia mostrato sin dall’inizio un’attenzione particolare, a riprova del fatto che ogni volta che c’è un cambio tecnologico, la Chiesa non si mostra distante o estranea, ma al contrario si lascia coinvolgere. E' stata presentata in questo convegno, tra l’altro, una inchiesta che descrive il rapporto tra parrocchie ed Internet, e si attesta in questa inchiesta che sono circa 12 mila attualmente i siti cattolici nel nostro territorio. Si è fatto già un grande cammino, anche se dobbiamo in qualche modo seguire le strade di questa comunicazione che cambia continuamente.

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    La Focsiv lancia la campagna Target 2015

    ◊   Parte oggi la Campagna “Target 2015: promuovere la sostenibilità ambientale”. Organizzata dalla Focsiv, che riunisce le associazioni cristiane di volontariato, l’iniziativa tende a coinvolgere ogni singolo cittadino con lo scopo di raggiungere uno degli otto obiettivi che nel 2000 tutti gli Stati membri dell’Onu si sono impegnati a raggiungere nel 2015. I dettagli nell’intervista di Emanuela Campanile alla coordinatrice della Campagna per l’Italia, Cecilia Dall’Olio:


    R. – Target 2015 è proprio perché l’obiettivo di promuovere la sostenibilità ambientale è uno degli otto obiettivi, il settimo, di questa dichiarazione del Millennio. Quindi, la campagna crea un clima di giustizia ed è fatta appunto proprio per fare in modo che questo settimo obiettivo del Millennio sia realizzato in pieno. L’occasione viene - ed è il momento opportuno il 2009 - perché a dicembre ci sarà un’importantissima conferenza internazionale a Copenaghen, proprio per discutere su queste questioni per la prevenzione dei cambiamenti climatici e per adeguarsi a quelli ormai inevitabili.

     
    D. - Questo binomio ambiente-giustizia: probabilmente quando ci capiterà di sprecare qualcosa, forse ci verrà alla mente la parola “giustizia” e lo sforzo anche di cambiare abitudini sarà per lo meno un po’ più facile...

     
    R. – Perché la Focsiv, una federazione di organismi di volontariato internazionale, promuove una campagna sul tema ambientale? Ci sono organizzazioni che molto meglio di noi si occupano di questi temi. E noi l’abbiamo lanciata proprio perché la problematica della sostenibilità ambientale è legata strettamente alla problematica della povertà. Diceva Chico Mendez, un ambientalista brasiliano, che è morto per difendere l’Amazzonia: “All’inizio credevo di combattere per salvare gli alberi di caucciù, poi credevo di combattere per salvare la foresta amazzonica, oggi mi accorgo che sto combattendo per l’umanità”. E questo è profondamente vero. I Paesi più poveri del mondo stanno pagando fortemente politiche cieche, riguardo al futuro e alla sostenibilità ambientale. Se da noi i cambiamenti climatici sicuramente ci creano problemi, possiamo immaginare per dei Paesi che si reggono sull’agricoltura che cosa può voler dire una siccità. Abbiamo visto le inondazioni in tragiche situazioni. Quindi, noi siamo sempre, come ci ha richiamato il Santo Padre nel messaggio per la Giornata mondiale di quest’anno, per mettere i poveri al primo posto. Cercheremo sempre di mettere alla luce della Dottrina sociale della Chiesa l’uomo, davanti ai nostri occhi. I poveri non possono aspettare. Ci sono tante persone che stanno soffrendo le conseguenze di un mondo che non sta girando nel modo giusto e ci richiamano alla nostra responsabilità ora.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Visita a Gaza di mons. Franco per portare la solidarietà del Papa

    ◊   Il nunzio in Israele e delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, mons. Antonio Franco, si è recato oggi a Gaza per consegnare personalmente un aiuto di Benedetto XVI. “Ho visitato il centro di Gaza, dove ho visto molta distruzione - ha dichiarato al Sir il presule - i danni più gravi, tuttavia, sono nelle zone periferiche”.“Abbiamo celebrato la Messa nella parrocchia della Santa Famiglia, gremita di fedeli – riferisce - ho portato loro la vicinanza, la preghiera e la solidarietà del Papa anche attraverso un suo aiuto personale volto ad alleviare le sofferenze di questi giorni. La solidarietà è fondamentale in questo momento perché è strumento utile a creare le condizioni di pace e di riconciliazione”. “Ho avuto modo di parlare con il parroco, padre Musallam, con le suore e con tante persone che mi hanno raccontato la loro paura e la loro sofferenza” aggiunge il rappresentante vaticano per il quale “nella popolazione si percepisce la speranza che questa tregua regga, che si riprenda la vita più o meno normale e che si facciano sforzi per arrivare alla pace vera. C’è voglia di pace – afferma mons. Franco - la gente è stanca di questa situazione e di incertezza del domani. Speriamo che la politica cerchi, almeno un poco, di concentrarsi sulle sofferenze delle persone - ha sottolineato - cercando di dare loro risposte, senza cadere in giochi di potere e di interessi. E’ urgente occuparsi dei diritti, delle esigenze e delle aspirazioni del popolo. E credo che Obama ieri lo abbia sottolineato: servono soluzioni vere ai problemi che affliggono l’umanità”. (R.P.)

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    Gaza: dopo il cessate il fuoco l'immediato intervento di Caritas e Onu

    ◊   Il fragile cessate il fuoco proclamato da entrambe le parti sta consentendo alla Caritas Gerusalemme di intervenire nella Striscia di Gaza con la propria opera di aiuto umanitario alle vittime. E dopo i primi aiuti arrivano anche le prime stime fornite dall’organizzazione, secondo cui almeno un sesto degli edifici di Gaza è stato distrutto dai bombardamenti israeliani, includendo abitazioni private, scuole e centri sanitari, come nel caso della clinica Caritas ad Al Maghazi, rasa al suolo da un attacco aereo il 9 gennaio. Secondo quanto riferito all’agenzia Zenit, le necessità delle vittime sono ingenti. Caritas Gerusalemme ritiene che quattro abitanti su cinque a Gaza (in tutto ci sono un milione e mezzo di persone) abbiano urgente bisogno di qualche tipo di aiuto umanitario proveniente dall'esterno della Striscia. A questo stato critico dal punto di vista materiale si aggiunge il grave impatto psicologico che l'azione militare ha rappresentato per un numero enorme di famiglie a causa della perdita di qualcuno dei propri cari. In base alle priorità stabilite da Caritas Gerusalemme nel suo piano di risposta umanitaria a questa emergenza, gli sforzi di tutto il personale locale si rivolgono, in questo momento, al fornire assistenza medica e prodotti di prima necessità a 4.000 famiglie (circa 25 mila persone) delle comunità più vulnerabili. Attualmente, la Caritas mantiene pienamente operativi a Gaza cinque centri sanitari di prima assistenza e un'unità mobile.Il piano d'emergenza lanciato da Caritas Gerusalemme conta su un budget di due milioni di dollari. In esso, accanto alle operazioni segnalate, è compresa anche la distribuzione di materiale medico di prima necessità a quattro degli ospedali della Striscia più colpiti dalla carenza di medicinali provocata dal blocco. Aiuti stanno intanto arrivando anche da parte delle Nazioni Unite. Raggiunto dalla Misna a Gerusalemme, Christopher Gunness, portavoce dell’Unrwa (l’organismo dell’Onu che fornisce assistenza ai rifugiati e profughi palestinesi), ha riferito che gli aiuti stanno procedendo con relativa speditezza, ma che le emergenze sono così tante che è impossibile dare risposte immediate su tutti i fronti: “Abbiamo circa 80.000 sfollati nelle nostre strutture e stiamo distribuendo generi di prima necessità a tutta la popolazione; dobbiamo però fare i conti anche con i gravi danni che la guerra ha causato non solo alle abitazioni civili e alle infrastrutture, ma anche ai complessi dell’Onu”. (M.G.)

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    Lettera dei leader cristiani al presidente degli Stati Uniti Obama

    ◊   Una collaborazione per affrontare sfide “enormi e uniche” come la povertà, la perdita di fiducia, la violenza e la guerra. E’ l’invito – ripreso dall’agenzia Sir - lanciato ieri dai leader delle Chiese cristiane negli Stati Uniti, membri della Conferenza Usa del Consiglio mondiale delle Chiese al neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Nella lettera, sottoscritta dai rappresentanti di 34 chiese cristiane (protestanti, anglicane e ortodosse) presenti in America, si dicono “incoraggiati” dall’impegno mostrato dal neo inquilino della Casa Bianca per “riaccendere la speranza in questo Paese e nel mondo”. Parlando delle urgenze in tutti i settori della società, ricordano il ruolo al quale li ha chiamati Cristo: “essere operatori di pace”. “Molto è chiesto a te e a noi – concludono - se vogliamo cominciare a cambiare le cose attorno a noi”. (B.C.)

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    Congo: mons. Odama chiede il cessate il fuoco. In aumento gli sfollati

    ◊   “Ci appelliamo a tutte le parti affinché si ritorni il prima possibile al tavolo del negoziato per ottenere la pace, che era così vicina”. Contattato dalla Misna nella sua diocesi di Gulu, in Nord Uganda, mons. John Baptist Odama guarda con preoccupazione alla situazione in corso nella Provincia Orientale, nella vicina Repubblica Democratica del Congo, dove si riaccende una grave crisi umanitaria a causa delle violenze attribuite ai ribelli ugandesi dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) di Joseph Kony. Secondo il presule le informazioni che giungono da oltre frontiera descrivono uno scenario terribile di odio, vendetta e violenza che colpisce soprattutto la gente inerme. “Rivolgo un appello a tutte le parti – insiste mons. Odama - , allo Lra, allo Spla, al governo di Kinshasa e a quello di Kampala: non si può continuare a combattere, è una politica cieca che colpisce tutti ma soprattutto i civili innocenti”. Il vescovo poi si rivolge anche alla comunità internazionale: “Continuo ad appellarmi all’Unione Africana (Ua), ma anche l’Unione Europea, l’Onu e il Consiglio di sicurezza: occorre agire anche attraverso una risoluzione per fermare la violenza e ottenere subito un cessate-il-fuoco. Mons. Odama ricorda, infine, le circostanze che alla fine dell’anno hanno saltare l’accordo di pace tra i ribelli dello Lra e il governo di congolese: “La pace era molto vicina, mancavano le firme del presidente Yoweri Museveni e del capo dello Lra Joseph Kony: la rottura si è consumata sulla questione dei mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale (Cpi/Icc) nei confronti di Kony ed altri vertici militari ribelli. Ma – sottolinea ancora monsignor Odama - che bisogno c’era mai della guerra? Si poteva e si doveva risolvere la controversia attorno a un tavolo, anche perché per firmare la pace bisogna essere liberi di farlo, non costretti”. Intanto nelle turbolente zone del nord est del Congo cresce l’emergenza umanitaria a causa degli sfollati fuggiti dalle violenze perpetrate dallo Lra, che ha devastato i villaggi e le città del distretto di Haut Uele negli ultimi cinque giorni. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la stima provvisoria del numero totale di sfollati dai primi attacchi del Lra lo scorso settembre si attesta attualmente sulle 135.000 persone. Più di 560 congolesi sono stati uccisi dal gruppo ribelle ugandese negli ultimi quattro mesi. Un team dell’Unhcr nella città di Dungu ha riferito che sabato il Lra avrebbe attaccato la città di Tora, a circa 130 km a sud-est di Dungu, uccidendo tutti i residenti, saccheggiando e bruciando le fattorie. Nel weekend hanno raggiunto Dungu i circa 15 mila sfollati interni che sono fuggiti da Tora e dai villaggi vicini per scappare dall’avanzare delle bande del Lra. L’area di Dungu, che già ospita circa 54 mila sfollati interni, 27 mila dei quali vivono in città, ha una capacità di assorbimento limitata. Al momento L’Unhcr sta lavorando con le autorità locali e con altri partner per trovare dei modi di aumentare la capacità di assorbimento di Dungu e dell’area circostante. Esprime grande preoccupazione anche il team di Medici Senza Frontiere presente nella regione e che si sta recando a Dungu per valutare i bisogni dei profughi, allestire cliniche mobili ed eventualmente trasportare i feriti nell’ospedale della città. (M.G.)

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    Kenya: domani a Nairobi i funerali di padre Giuseppe Bertaina

    ◊   Si svolgeranno domani nella Chiesa della Consolata, a Nairobi, i funerali di padre Giuseppe Bertaina, il missionario della Consolata che operava in Kenya da oltre 50 anni, barbaramente assassinato venerdì scorso nella capitale keniana. Dopo la cerimonia funebre – riferisce l’Ansa -, il corpo del missionario sarà trasferito per una veglia all'Istituto di Studi filosofici, che si trova a Langata, quartiere povero alla periferia ovest di Nairobi. Venerdì mattina il feretro sarà portato nella parrocchia di Muranga (Kenya centrale) dove padre Giuseppe aveva operato per circa 23 anni; infine il corpo sarà inumato nel non lontano cimitero di Mathari, dove vengono sepolti i missionari della Consolata. Padre Giuseppe, 82 anni, originario di Madonna dell'Olmo (Cuneo), è stato ucciso per rapina nel suo ufficio all'Istitudo di Studi filosofici della Consolata, da lui stesso creato. Tre persone, tra cui un suo ex allievo ed una ragazza, sono fuggiti di fatto senza nulla, perchè non c'erano soldi. La donna è stata presa dai guardiani, dopo aver gettato via il libretto d'assegni del religioso. Uno degli altri complici, l'ex allievo, è stato identificato con certezza, ma non è stato ancora preso. (M.G.)

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    Studio di Msf sui bambini del Niger per prevenire la malnutrizione

    ◊   Gli alimenti terapeutici pronti all’uso possono anche prevenire, oltre che curare, la malnutrizione. A dimostrarlo è uno studio per Epicentre, il centro di ricerca di Medici Senza Frontiere (Msf), pubblicato dal Journal of American Medical Association (JAMA). In pratica, la ricerca si basa sull’osservazione che i bambini nelle zone rurali del Niger che hanno ricevuto alimenti terapeutici pronti all’uso in aggiunta alla loro dieta normale, presentano un rischio inferiore del 60% di sviluppare le forme più letali di malnutrizione rispetto ai bambini la cui dieta non era arricchita. Rebecca Freeman Grais, uno degli autori dello studio sostiene quindi che lo studio controllato “dimostra come gli alimenti terapeutici pronti all’uso possano anche prevenire la malnutrizione”. “Questo studio ha un’implicazione diretta per i programmi di aiuti alimentari e i programmi nutrizionali”, afferma il dottor Tido von Schoen-Angerer, direttore della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali di MSF. “Oggi, la gran parte degli aiuti alimentari per i bambini è costituita da farine arricchite come il Corn Soy Blend (CSB – miscela di grano e soia) fornito dall’Usaid, che noi sappiamo non contenere gli elementi essenziali di cui i bambini hanno bisogno e che fa poco per prevenire la malnutrizione. Questo studio mostra che fornire un’alternativa appropriata dal punto di vista nutrizionale ai CSB funziona”. Lo studio in Niger ha utilizzato la versione terapeutica degli alimenti pronti all’uso, che è un prodotto relativamente costoso. Ma è ragionevole credere che prodotti alternativi a basso costo possano avere simili effetti preventivi. Prodotti alternativi sono in questo momento studiati in diversi contesti da organizzazioni come l’UNICEF e il Programma Alimentare Mondiale (PAM). La malnutrizione è concausa ogni anno della morte di un numero di bambini sotto i cinque anni stimato tra i 3,5 e i 5 milioni  e ha conseguenze di lungo periodo in termini di povertà, sviluppo ed educazione. Prevenire la malnutrizione è importantissimo perché il sistema immunitario dei bambini malnutriti è così danneggiato che semplici malattie infantili possono produrre rapidamente complicazioni e anche la morte. (M.G.)

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    I vescovi venezuelani preoccupati per l'attacco alla nunziatura di Caracas

    ◊   “Esigiamo dalle autorità competenti di avviare le procedure necessarie per chiarire i fatti e stabilire le responsabilità”. Così ieri, in un breve comunicato, la Conferenza episcopale venezuelana si è pronunciata sul nuovo atto vandalico contro la sede della nunziatura apostolica avvenuto nella notte tra domenica e lunedì. La rappresentanza diplomatica vaticana è stata colpita da cinque bombe lacrimogene, ad un anno di distanza da un attentato simile. “Poiché - prosegue il comunicato dei presuli - negli ultimi tempi si sono già registrati altri atti di violenza” contro la sede pontificia. “Vogliamo esprimere la nostra grande preoccupazione” non solo per queste azioni “ma anche - aggiungono - per altre manifestazioni di violenza che si sono viste recentemente nel nostro Paese”. Oltre ad esprime affetto e solidarietà al nunzio, mons. Giacinto Berloco, i quattro vescovi del Comitato di presidenza che firmano la dichiarazione, tra questi il presidente dell’episcopato l’arcivescovo di Maracaibo, mons. Ubaldo Santana, scrivono: “Noi vogliamo ribadire l’appello lanciato nella nostra ultima esortazione pastorale riguardante la situazione del Paese” in cui si chiedeva un “rinnovamento etico” per sradicare il linguaggio dell’odio e gli atti di violenza, impegnandoci senza perdere tempo nella creazione di un clima nazionale di convivenza e solidarietà. Le autorità della nazione – concludono - hanno l’obbligo di dare esempio di tolleranza e offrire garanzie di pace ai cittadini”.(A cura di Luis Badilla)

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    L’Ecuador concede lo stato di rifugiato a migliaia di colombiani

    ◊   Sospiro di sollievo per i circa 50 mila colombiani riparati in Ecuador tra il 2000 e il 2007, in fuga dal conflitto in corso nel loro paese, che riceveranno lo status di rifugiati, grazie a un accordo di cooperazione firmato tra il governo di Quito e l’Alto commissario Onu per i diritti umani in Ecuador, Martha Juárez. Si tratta di civili “che necessitano di protezione internazionale e finora non avevano presentato richiesta per mancanza di conoscenza delle normative o sfiducia nei confronti dello stato; un problema che abbiamo riscontrato in tutta la frontiera nord e in Amazzonia in generale” ha detto il ministro degli Esteri, Fander Falconí, ripreso dalla Misna. Per adempiere le procedure di iscrizione dei colombiani nel registro degli aventi diritto allo status di rifugiati, delegazioni di funzionari saranno inviate nelle province di Esmeraldas, Carchi, Sucumbíos, Orellana e Imbabura; le operazioni costeranno circa 1,7 milioni di dollari, di cui 946 mila a carico dell’Onu. Secondo l’Alto commissario Juárez, l’Ecuador è il primo paese dell’America Latina “in cui ai rifugiati, non solo si offre la possibilità di accedere al territorio nazionale, di ricevere asilo, ma anche di beneficiare di una politica inclusiva, di integrazione”. Il Paese dell’America Latina è considerato un ‘modello’ nell’accoglienza ai rifugiati, nonostante il 40% dei 13,7 milioni degli abitanti viva sotto la soglia di povertà. (M.G.)

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    Chiesa indiana: nel 2009 lotta al fanatismo religioso e impegno per la giustizia sociale

    ◊   “Un governo laico e attento ai poveri”: questo auspicano i vescovi dell’India dalle prossime elezioni generali di aprile e maggio nel Paese. Lo ha detto il portavoce della Conferenza episcopale (CBCI), padre Babu Joseph, lasciando intendere che la Chiesa indiana seguirà con molta attenzione l’importante tornata elettorale, in cui 670 milioni di elettori saranno chiamati a rinnovare il Parlamento e il Governo federale. L’esito del voto - ha spiegato il sacerdote verbita all'agenzia Ucan - potrebbe cambiare l’India, con importanti conseguenze anche per la comunità cristiana, vittima delle persecuzioni di questi mesi in diversi stati governati dal Partito filo-induista Bharatiya Janata (Bjp). La lotta al settarismo e al fanatismo religioso sarà uno degli impegni prioritari della Chiesa indiana nel 2009. Per questo si è deciso di lanciare una vasta campagna di sensibilizzazione. In particolare la Commissione per il dialogo della CBCI organizzerà nelle prossime settimane una serie di seminari nell’Orissa e in altri Stati colpiti dagli attacchi anti-cristiani. L’obiettivo - ha spiegato il segretario della Commissione mons. M.D. Thomas - è di risvegliare la coscienza della gente, soprattutto dei più i poveri, facendo capire che sono proprio loro le principali vittime di queste violenze. I politici hanno sempre sfruttato il voto dei poveri, per questo la Chiesa vuole aiutarli a non farsi strumentalizzare, soprattutto alle prossime elezioni, ha osservato da parte sua padre Cosmon Arokiaraj, segretario esecutivo della Commissione episcopale per i Dalit e le popolazioni tribali. E la promozione della giustizia sociale in India sarà un altro tema prioritario all’attenzione della Chiesa indiana nel 2009. Numerose le iniziative in programma. Tra queste un progetto per offrire una copertura assicurativa gratuita ai lavoratori non organizzati privi di assistenza sanitaria e un programma della Caritas India per le vittime di calamità naturali, che si aggiunge a numerosi altri progetti sociali promossi dall’organizzazione caritativa cattolica in tutto il Paese. Altri momenti salienti per la Chiesa locale quest’anno saranno la plenaria dei vescovi cattolici di rito latino, prevista dal 12 al 18 febbraio prossimo a Mysore e dedicata al tema “La Parola di Dio fonte di vita per la popolazione indiana” e, a settembre, la riunione triennale della Conferenza dei religiosi/e dell’India. (L.Z.)

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    Filippine: l'impegno per il dialogo e la pace a Mindanao

    ◊   Unire nel dialogo e nella condivisione della vita persone di differenti culture, religioni, esperienze e tradizioni; proporre nelle Filippine meridionali, e in tutto il mondo, specialmente nelle aree di conflitto, il modello della “vita in dialogo”. E’ questo il fine e il progetto globale del movimento per il dialogo “Silsilah” (“catena”), operante nel sud delle Filippine, in una zona dove vivono a stretto contatto cristiani e musulmani. L’impegno per “la vita in dialogo” - riferisce l'agenzia Fides - è stato riaffermato dalla nuova presidente del Movimento, Aminda Sano, nell’illustrare le diverse iniziative e i corsi di formazione proposti da “Silsilah” presso il “Villaggio dell’Armonia”, nella città di Zamboanga, e in altre città sull’isola di Mindanao. Mentre Mindanao è attraversata da un conflitto fra gruppi autonomisti islamici ed esercito regolare – riacutizzatosi nei mesi scorsi – un recente incontro organizzato da “Silsilah”, svoltosi a Davao, ha riaffermato l’impegno per la “vita in dialogo”. Vi hanno partecipato leader cristiani e musulmani, imam, sacerdoti e religiosi, laici cattolici, insegnanti e catechisti, rappresentanti di associazioni della società civile. Tutti hanno ribadito come la pace a Mindanao debba partire dal basso, attraverso una spinta che dalla popolazione giunge fino ai responsabili civili, religiosi e politici. L’incontro è stato un importante momento di confronto e di condivisione, in cui i partecipanti hanno esposto le loro motivazioni, convinzioni e speranze, ritrovandosi accanto persone di altre culture e religioni, all’insegna del reciproco rispetto e della comune volontà di costruire riconciliazione e pace nella variegata società nelle Filippine del sud. “L’amore verso il prossimo, mostrato nello slancio di accoglienza e carità verso l’altro, è una importante caratteristica e una mirabile sintesi dello stile di vita in dialogo”, ha sottolineato la presidente di “Silsilah”, che continuerà a svolgere la sua opera di sensibilizzazione delle coscienze, di formazione nelle scuole e negli istituti cristiani e musulmani, nel dialogo con le autorità civili. (R.P.)

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    Spagna: raccolti 442 mila euro nella Campagna “Con i cattolici dimenticati della Cina”

    ◊   La Campagna di solidarietà “Con i cattolici dimenticati della Cina” promossa dal Gruppo Cope e dall'Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS) durante il Natale, ha raccolto 442.000 euro donati da oltre 3.700 persone ed istituzioni. I contributi ricevuti si destineranno a progetti di costruzione e mantenimento di luoghi di culto, mezzi di locomozione, mantenimento di seminaristi e religiose, costruzione di una residenza per religiose anziane, edizione di materiale catechistico e formazione di sacerdoti, seminaristi e religiose. Il bilancio della Campagna - riferisce l'agenzia Fides - è stato reso pubblico in un incontro con i mass media a cui hanno partecipato la presidente del Consiglio di Aiuto alla Chiesa che soffre-Spagna, María Pilar Gutiérrez Corada, il direttore del Segretariato spagnolo di questa organizzazione, Francisco Javier Menéndez Ros, ed il direttore generale di Cope, José Luís Restán. La Gutiérrez Corada ha visitato alcuni progetti che l'organizzazione sviluppa nel paese asiatico ed ha sottolineato che "è commovente la forza della fede, tanto dei vescovi come dei sacerdoti, dei religiosi e del resto dei fedeli cattolici. Anche in condizioni di povertà assoluta si riuniscono e pregano, celebrano l'Eucaristia”. Una volta terminata la Campagna, “Aiuto alla Chiesa che soffre” continuerà durante il primo trimestre 2009 il suo lavoro di far conoscere la realtà della Chiesa cattolica in Cina. Menéndez Ros ha affermato che la generosità non si traduce soltanto nei fondi ricevuti, ma anche "nella preghiera e nell'appoggio spirituale che gli ascoltatori e i telespettatori del Gruppo Cope hanno dato ai cattolici in Cina". Da parte sua, il dirigente di Cope, José Luís Restán, ha annunciato che nel Natale 2009 entrambe le istituzioni svilupperanno una nuova Campagna di aiuto ai cattolici perseguitati ed ha segnalato che "questa campagna ci ha aiutati a guardare molto più in là, a comprendere che la fede non ha frontiere e che vive in quell'immenso paese". (R.P.)

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    Canada: iniziativa della Conferenza dei religiosi contro la tratta di esseri umani

    ◊   Un kit informativo nelle scuole per sensibilizzare i giovani sulla realtà della tratta degli esseri umani in tutte le sue forme e sulle sue cause. È l’iniziativa lanciata dalla Conferenza dei religiosi canadesi in vista dei delle Olimpiadi invernali di Vancouver nel 2010. Il kit, intitolato “Siamo un villaggio globale: la tratta delle persone e i Giochi Olimpici del 2010” comprende un DVD e una guida all’uso. Destinato principalmente alle scuole secondarie, potrà essere utilizzato anche da gruppi che vogliono informarsi e impegnarsi nella lotta contro la tratta di donne e bambini, un fenomeno che ogni anno in tutto il mondo coinvolge tra 700mila e 4 milioni di persone. Come tutti i grandi eventi sportivi internazionali, anche i Giochi Olimpici sono per i trafficanti di esseri umani un’occasione per fare entrare illegalmente in un Paese, persone da inserire nel mercato locale della prostituzione e il Canada non fa eccezione. Le statistiche indicano che l’età media dell’ingresso delle giovani vittime di questi traffici nel mondo della prostituzione oscilla tra i 14 e i 16 anni. L’auspicio della Conferenza dei religiosi canadesi, impegnata su questo fronte dal 2004 , è che la loro iniziativa possa stimolare studenti e insegnanti ad impegnarsi attivamente contro questa moderna forma di schiavitù che è attualmente la seconda attività criminale più proficua nel mondo dopo il narco-traffico. Più l’opinione pubblica è informata, infatti, più è facile contrastare il fenomeno e ridurre la domanda e maggiore sarà la pressione sui governi perché predispongano misure di tutela delle vittime. (L.Z.)

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    Amnesty: indagini rapide sul duplice omicidio dell’avvocato Markelov e della giornalista Baburova

    ◊   Nel coro di sdegno e di ferma condanna per il duplice omicidio, avvenuto ieri a Mosca, dell’avvocato e difensore dei diritti umani Stanislav Markelov e della giornalista della Novaya Gazeta Anastasia Baburova, si staglia la voce di Amnesty international, che sollecita le autorità russe ad avviare indagini rapide, approfondite e obiettive. Lo sconcerto e il dolore dell’organizzazione appare infatti ancora più evidente se si considera lo stretto rapporto di lavoro che aveva stabilito con Markelov in relazione a numerosi casi di violazione dei diritti umani. Markelov – riferisce Amnesty al Sir - era un appassionato difensore dei diritti umani e l’avvocato della famiglia di Kheda Kungaeva, una ragazza cecena rapita, stuprata e strangolata a morte nel marzo 2000. L’omicidio si verificato proprio mentre Markelov si accingeva a presentare appello contro la scarcerazione di un ex colonnello russo condannato per l’omicidio della giovane cecena. Inquieta anche il fatto che il colonnello Yuri Budanov, condannato per quell’omicidio, è stato rilasciato il 15 gennaio di quest’anno, in anticipo rispetto alla fine della pena. Nel 2004, Amnesty aveva persino lanciato una campagna in sostegno dell’avvocato, dopo che era stato aggredito, picchiato e rapinato per aver difeso la famiglia di un altro giovane ceceno vittima di tortura e sparizione. (M.G.)

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    Cuba. Il cardinale Ortega celebra il 30.mo di ordinazione episcopale

    ◊   Con una Messa di ringraziamento celebrata nella cappella del Seminario “San Carlo e Sant’Ambrogio” dell’Avana, il cardinale Jaime Ortega Alamino, arcivescovo della città, ha festeggiato, il 14 gennaio scorso, i suoi 30 anni di ordinazione episcopale. Accanto al porporato, durante la celebrazione eucaristica, erano presenti il Rettore del seminario, tutti i seminaristi e tutti i sacerdoti appartenenti al corpo docente della casa religiosa di studi. Nella sua omelia, il cardinale Ortega ha ricordato i momenti salienti della sua vita episcopale, soffermandosi in particolare sul 7 dicembre 1978, giorno in cui ricevette la visita del Nunzio e la notizia della designazione episcopale. “Tra l’essere presbitero e l’essere vescovo – ha detto il porporato – c’è una differenza di grado, ma non di sostanza, poiché la condizione sacerdotale è alla base di quella episcopale. Ci si può preparare ad essere sacerdoti, non ad esseri vescovi”. Il cardinale Ortega è stato il primo vescovo cubano nominato da Giovanni Paolo II. Dopo la sua ordinazione episcopale, avvenuta il 14 gennaio del 1979, nella cattedrale di Matanzas, il 21 gennaio ha preso possesso della diocesi di Pinar del Río. Ha scelto come motto episcopale “Ti basta la mia grazia”, tratto dalla seconda Lettera ai Corinzi. Nel 1981, è stato nominato arcivescovo dell’Avana ed ha preso possesso di questa sede il 27 dicembre dello stesso anno. Nel novembre del 1994, è stato consacrato cardinale da Papa Wojtyla. (I.P.)

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    Svizzera: fame e clima al centro della Campagna di Quaresima 2009

    ◊   Sarà all’insegna della lotta contro la fame e i cambiamenti climatici la Campagna ecumenica di Quaresima 2009, l’annuale colletta a favore delle popolazioni povere nel mondo promossa in Svizzera dall'organizzazione caritativa cattolica “Action de Carême” (AdC) con le sue omologhe protestante “Pain pour le Prochain” e vetero-cattolica “Être partenaires”. “Un clima sano per assicurare il pane quotidiano” – riferisce l’agenzia Apic - è appunto il tema scelto per la campagna di quest’anno per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi sull’emergenza climatica che ha contribuito ad aggravare la fame nel mondo. Il diritto all’alimentazione – hanno dichiarato nei giorni scorsi gli organizzatori – è più che mai messo in pericolo oggi”: la siccità, le alluvioni, l’impennata dei prezzi delle materie prime, la speculazione e il boom dei bio-carburanti sono in effetti all’origine della crisi alimentare senza precedenti che da un anno a questa parte ha colpito i Paesi del sud del pianeta. Oggi, secondo le stime della FAO, sono 920 milioni le persone che soffrono la fame nel mondo. Questo e altro sarà al centro delle numerose iniziative promosse nell’ambito della Campagna di Quaresima di cui quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario. Anniversario che sarà festeggiato il 22 febbraio, con una celebrazione ecumenica nella Chiesa del Santo Spirito di Berna presenziata da mons. Kurt Koch, presidente della Conferenza episcopale svizzera (CES), dal pastore Thomas Wipf , presidente del Consiglio della Federazione delle Conferenze episcopali svizzere (FEPS) e da mons. Mϋller, vescovo della Chiesa cattolico-cristiana di Svizzera. La Campagna prenderà quindi il via il 25 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. (L.Z.)

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    Germania: il cardinale Sterzinsky chiede di sostenere i padri lavoratori nell’educazione dei figli

    ◊   Consentire ai padri lavoratori di partecipare attivamente all'educazione dei figli. Il cardinale Georg Sterzinsky, arcivescovo di Berlino e Presidente della Commissione della Conferenza episcopale tedesca (Dbk) per il matrimonio e la famiglia, si è rivolto direttamente al mondo del lavoro per aiutare i padri a assumersi le proprie responsabilità nella cura e l’educazione dei figli. L’appello – lanciato in un’intervista sul portale ufficiale della Chiesa cattolica tedesca e ripreso dal Sir – chiede la disponibilità di superiori, capi, datori di lavoro e colleghi che devono “imparare a tenere conto di queste esigenze anziché considerare negativamente i padri”. Il cardinale ha fatto riferimento alla "varietà di progetti" offerti dalla Chiesa e "orientati particolarmente ai padri" per sostenerli "nel loro ruolo". Circa l'eventualità che lo Stato introduca più incentivi finanziari o sgravi a favore dei padri e della famiglia, Sterzinsky ha osservato che "in questo settore c'è ancora molto da fare”. Tuttavia, ha concluso, "per promuovere l'impegno dei padri nelle famiglie, il riconoscimento da parte della società ha un effetto più incentivante rispetto ad un ulteriore vantaggio finanziario". (M.G.)

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    Emmaus propone ai candidati alle elezioni europee “un’esperienza di povertà"

    ◊   Vivere “una esperienza di povertà” per “prepararsi meglio alle future responsabilità politiche”. È lo spirito che anima l’invito della Comunità Emmaus Italia ai candidati per le elezioni del Parlamento Europeo, a trascorrere cioè una settimana o due, insieme ai poveri. Domani ricorre il secondo anniversario della morte dell’Abbè Pierre, fondatore delle Comunità Emmaus, diffuse in tutto il mondo. Alla vigilia della ricorrenza si è quindi deciso di rivolgersi alla classe politica, proponendo un'esperienza di povertà affinché “il programma elettorale sia più ‘umano’, perché gli impegni che si assumono siano più realizzabili, più concreti e più giusti”. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sir, l’idea nasce dallo stesso spirito con cui, nel 1996 a Recife (Brasile), l’Abbè Pierre e dom Helder Camara “invitavano i politici ad organizzare il mondo nella condivisione, non nella competitività. Nella solidarietà, non nella ricerca senza fine del profitto per una minoranza di privilegiati”. I due religiosi concludevano con un invito a “non rimanere chiusi, al sicuro, nei confortevoli uffici, a non frequentare solo i ‘luoghi bene’ delle città, ma ad andare a vedere dove la gente vive e soffre nelle favelas d’America latina, d’Africa e d’Asia ed anche nelle periferie delle capitali d’America del Nord e dell’Europa”. (M.G.)

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    Il cardinale Poletto al presidente della regione Piemonte: "Accogliere Eluana Englaro è eutanasia"

    ◊   “Se Eluana Englaro venisse accolta in una qualunque struttura sanitaria piemontese al fine di toglierle l’alimentazione e l’idratazione, questo sarebbe un chiaro intervento di eutanasia”. A ribadirlo è l’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto dopo le dichiarazioni della presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso pronunciate ieri pomeriggio a Bruxelles. La presidente, - riferisce l'agenzia Sir - rispondendo ai giornalisti, dopo l’incontro con il commissario Barroso ha affermato che sarebbe disposta ad accogliere la Englaro: “Non ci è stato chiesto niente e non ci offriamo, però se ci viene richiesto per noi non ci sono problemi”. Il cardinale rimarca che “garantire l’alimentazione e l’idratazione ad una persona malata anche in condizioni particolarmente gravi come nel caso di Eluana Englaro, non significa fare accanimento terapeutico perché non si tratta di cure mediche, ma semplicemente di dare cibo e bevanda ad una persona perché possa vivere”. (R.P.)

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    E' morto padre Dalmastri, fondatore dell’Antoniano di Bologna

    ◊   Si è spento ieri padre Benedetto Dalmastri, uno dei fondatori dell'Antoniano di Bologna. Il frate che aveva 83 anni, era nato a Pianoro (Bologna) nel 1926. Entrato a 10 anni nell'ordine dei Frati Minori, aveva proseguito gli studi teologici, laureandosi in teologia. Nel 1953, insieme ad altri tre religiosi, diede vita all’Antoniano di Bologna. Insegnante di teologia morale presso il convento di Sant'Antonio accolse con entusiasmo la proposta della Rai di realizzare lo “Zecchino d’oro” di cui si è sempre occupato, come amministratore della contabilità, fino alla fine del suo mandato. Padre Benedetto Dalmastri, come riporta l'Ansa, promosse anche numerose iniziative di generosità e solidarietà. I funerali verranno celebrati domani, 22 gennaio, alle 14 nella Basilica di Sant'Antonio a Bologna. (F.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Completato il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza

    ◊   L'esercito israeliano ha completato il ritiro dalla Striscia di Gaza. Un portavoce ha fatto sapere che questa mattina l'ultimo soldato delle Forze di Difesa di Israele (Idf) ha lasciato la Striscia di Gaza e le forze armate si sono schierate fuori dalla Striscia, pronte a ogni evenienza. I combattimenti, iniziati il 27 dicembre, sono terminati domenica scorsa con la dichiarazione unilaterale della tregua da parte di Israele e poi anche da parte dei gruppi armati palestinesi, fra cui Hamas. Certamente, la tregua è importante dal punto di vista umanitario ma non sufficiente, come spiega al microfono di Chris Altieri, della nostra redazione inglese, padre David Jaeger, della Custodia francescana di Terra Santa.


    R. - Il cessate-il-fuoco a Gaza e intorno a Gaza, che ha enorme importanza umanitaria, non è di per sé politicamente risolutivo di nulla, perché quello che ci vuole è un Trattato di pace tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese, che porti a compimento la Dichiarazione dei prinicipi che queste due parti hanno già firmato nel lontano 13 settembre 1993. Un Trattato di pace che dia libertà e sicurezza ai palestinesi, confermando certamente anche il diritto di Israele alla sicurezza e alla libertà dei suoi cittadini - e quindi confermando l’uguaglianza di dignità e di diritti in libertà e sicurezza delle due parti - porterebbe anche alla fine delle organizzazioni estremiste fondamentaliste violente, alla fine del loro consenso tra la popolazione. Il consenso di cui godono le organizzazioni armate, che oggi reggono la Striscia di Gaza, non è per niente generale ma sufficiente perché continui la loro presa sul territorio. Ed è un consenso dovuto alla disperazione, alla sfiducia, al fatto che la popolazione dei Territori non credeva più che la leadership internazionalmente riconosciuta - quella dell’Anp - avrebbe portato la libertà, avrebbe portato la pace. Però, dal momento che Israele e Anp avranno concluso il Trattato di pace, la popolazione palestinese, in stragrande maggioranza, sicuramente recederebbe da ogni appoggio alle organizzazioni armate estremiste. Quindi, questo anche a lungo termine è il miglior modo per combattere l’estremismo e la violenza: assicurare la pace. Non c’è altra possibilità che la pace.

     
    Iraq
    Tre esplosioni oggi in Iraq: a Baghdad e a nord e a sud della capitale. L’esplosione di un'autobomba nella parte nord di Baghdad ha provocato la morte di quattro persone e il ferimento di almeno altre dieci, la maggior parte delle quali studenti. La bomba esplosa nella città settentrionale di Kirkuk ha ucciso un civile nei pressi di una moschea. Nell’attentato nel sud del Paese, ad Haswa, è stato ucciso un insegnante.

    Afghanistan
    Un attacco suicida stamani, nei pressi di Herat, nell'ovest dell'Afghanistan, ha ucciso due soldati dell'esercito afghano. L’attentato è stato compiuto nei pressi della base Nato di Camp Stone che ospita, tra gli altri, squadre di ufficiali e sottufficiali che si occupano dell'addestramento dell'Esercito afghano, ma nessuno è stato coinvolto. A Kabul è arrivato il generale Petraeus - che guida il comando della Difesa americana cui fanno capo le guerre in Iraq e Afghanistan - dopo aver visitato i vicini Kirghizistan, Kazakhstan, Turkmenistan, Tagikistan e Pakistan. E di Afghanistan ha parlato il ministro degli Esteri olandese, Verhagen, che si trova in Australia per colloqui sulla missione a guida Usa in Afghanistan, in cui Paesi Bassi e Australia hanno ruoli chiave. Secondo Verhagen, la corruzione endemica nel governo afghano è causa della rinnovata offensiva dei talebani.
     Pakistan
    In un'offensiva delle forze di sicurezza pakistane sono stati uccisi 38 talebani. L'attacco è avvenuto nella regione di Mohmand, al confine con l'Afghanistan. Tra gli uccisi anche due importanti capi dei talebani in Pakistan: i comandanti Anwar Sayed e Shakirullah.

    La preoccupazione dell’Ue per le uccisioni di ieri in Russia
    L'Unione Europea si dice “molto preoccupata” per l’uccisione, ieri, dell'avvocato specialista dei diritti umani, Stanislav Markelov, e della giornalista, Anastassia Babourovatue, della Novaya Gazeta e chiede alle autorità russe un'inchiesta imparziale per accertare le responsabilità. Lo fa con una nota della presidenza ceca di turno della Ue nella quale si sottolinea che “sfortunatamente la morte di Markelov è l'ultimo atto di una serie di attacchi contro i difensori dei diritti umani, i giornalisti, e i membri delle organizzazioni non governative”.

    Crisi economica
    La tenuta di Eurolandia non è in questione, e la diversità fra i suoi membri non mette in forse la sua solidità. E’ quanto ha sottolineato il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, parlando in un'audizione al parlamento europeo. Negli ultimi giorni, sui mercati sono circolate indiscrezioni sulla tenuta della zona euro, dopo le ultime stime che vedono alcune economie in forte difficoltà nel tenere sotto controllo i rispettivi deficit di bilancio di fronte alla crisi. “Il 2009 sarà un anno difficile a livello mondiale ed europeo e la ripresa dovrebbe arrivare non prima del 2010", ha aggiunto Trichet, sottolineando come “il taglio dei tassi deciso negli ultimi mesi allevia la crisi e va a favore della crescita dell'economia e dei posti di lavoro”.

    Islanda - mManifestazioni contro la gestione della crisi economica
    La polizia islandese ha irrorato ieri con spray al pepe un migliaio di dimostranti che si erano radunati davanti al parlamento di Reykjavic per l'ennesima protesta antigovernativa contro la gestione della crisi economica e finanziaria che ha colpito il Paese. Il sistema finanziario islandese è praticamente collassato lo scorso ottobre, sotto il peso di miliardi di dollari di debito estero contratto dalle principali banche del Paese.

    Immigrazione irregolare
    L'Unhcr, l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati, dichiara “insostenibile” la situazione nel Centro di prima accoglienza dell’isola italiana di Lampedusa, esprimendo il timore di “seri rischi per la sicurezza dei migranti e del personale che vi lavora”. Sulla spiaggia di Cala Pisana, oggi sono sbarcati 53 migranti, tutti uomini. Sono stati portati nel centro di prima accoglienza, che ha una capienza massima di 800 posti letto e che in questi giorni ospita 1.800 persone.

    Somalia
    Una dozzina di morti ed almeno venti feriti, in larga misura civili. E' il bilancio di violenti combattimenti tra insorti islamici legati al gruppo fondamentalista "al Shabaab", e soldati dell'esercito regolare, avvenuti ieri sera a Mogadiscio. I ribelli legati ad al Shabaab (ritenuto il braccio armato somalo di al Qaeda) hanno attaccato anche in altre zone centrali del Paese. Tuttavia, sembra che con il completamento del ritiro delle truppe etiopiche dalla Somalia, al Shabaab non riesca più ad egemonizzare completamente l'insurrezione islamica. Gruppi più moderati cominciano a prenderne in parte le distanze. Uno scenario che, se confermato, potrebbe riaprire nuovi e più utili spazi negoziali tra Governo federale di transizione, ancora debolissimo, ed opposizione moderata, finora rivelatasi incerta. Una strategia sulla quale puntano molto le cancellerie occidentali ed i Paesi arabi moderati.

    Rwanda
    Agnes Ntamabyariro, ex ministro della giustizia del Rwanda, è stata condannata all'ergastolo con l’accusa di istigazione al genocidio. Negli omicidi avvenuti nel 2004, furono assassinati 800 mila persone di etnia tutsi e hutu. Ntamabyariro che venne arrestata nello Zambia nel 1997 “è stata coinvolta personalmente in quei crimini”, ha detto il pubblico ministero, Augustine Kkusi. L’ex ministro rwandese, Ntamabyariro, è il primo funzionario del governo a essere processato per questo feroce genocidio.

    Libia
    La fondazione Gheddafi è diventata il primo ente civile libico ad essere riconosciuta dalle Nazioni Unite come organizzazione non governativa. A darne l'annuncio è stato Brian Gleeson, coordinatore dell'Ufficio delle Nazioni Unite in Libia. Nel congratularsi con il figlio del colonnello, Seif Al Islam, presidente della fondazione, i responsabili ONU in Libia hanno fatto sapere che ora si ampliano le opportunità di partnership con le Nazioni Unite. La fondazione Gheddafi ha già all'attivo una serie di programmi congiunti con l’ONU.

    KosovoTra le proteste e le ripetute condanne della dirigenza serba, è divenuta operativa oggi la nuova Forza di sicurezza del Kosovo (Ksf), considerato il primo nucleo di Forze armate del nuovo Stato, nato con la dichiarazione unilaterale di indipendenza poco meno di un anno fa (17 febbraio 2008). Composta da 2.500 effettivi e 800 riservisti - militari e civili - la nuova Forza sarà multietnica. Prende il posto della Forza di protezione kosovara, composta in gran parte da ex guerriglieri dell'Uck, l'Esercito di liberazione del Kosovo, che ha combattuto contro la Serbia alla fine degli Anni Novanta.
     Sri Lanka
    Le Forze di sicurezza dello Sri Lanka si stanno preparando alla battaglia finale contro l'Esercito di Liberazione delle Tigri Tamil. Lo scrive il quotidiano cingalese Daily News. Le truppe di Colombo avrebbero preso il controllo delle strade di accesso a Vishvamadu, ultimo bastione tamil prima di arrivare a Mullaitivu, lasciando intendere che l'assalto finale è questione di giorni. Intanto, una bomba è esplosa a Batticaloa uccidendo due persone e ferendone una decina, tra i quali due scolari e un loro insegnante. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Francesca Ciacci)

     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 21

     
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