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Sommario del 20/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Telegramma di Benedetto XVI a Barak Obama: promuova “comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni”
  • Il cardinale Tettamanzi: accogliamo con gioia e gratitudine la decisione del Papa di tenere a Milano il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie
  • L'importanza del pregare insieme fra cristiani di diverse confessioni: intervista a Domenico Maselli, presidente della Federazione Chiese evangeliche
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Bombe lacrimogene contro la nunziatura apostolica di Caracas. Il gesto rivendicato da un gruppo filogovernativo
  • Lotta alle discriminazioni religiose e difesa del contributo delle comunità religiose alla vita pubblica degli Stati: il mandato affidato dall’OSCE a Mario Mauro
  • Chiesa e Società

  • Il parroco di Gaza parla di 'tregua fragile' e chiede gemellaggi con le diocesi italiane
  • Petizione di Reporters senza frontiere contro il blocco all’informazione nella Striscia di Gaza
  • Sri Lanka: appello della Chiesa locale al presidente e all'ONU per il sostegno ai civili coinvolti nel conflitto tra governo e Tamil
  • Pakistan: integralisti musulmani assaltano una chiesa nel Punjab
  • Migliaia di sfollati nella Repubblica Democratica del Congo dopo gli attacchi dei ribelli
  • Guinea Conakry: i leader religiosi chiedono il ritorno urgente alla democrazia
  • Rischia la chiusura l’ospedale Mater Dei di Bulawayo, nello Zimbabwe
  • La crisi economica frena gli investimenti esteri nel mondo
  • Al via le Assemblee plenarie dei vescovi del Guatemala e del Perù
  • Nasce il sito per seguire l’elezione del Patriarca di Mosca
  • Documento dei vescovi irlandesi sulla povertà nel Paese
  • Le Commissioni giustizia e pace d’Europa organizzano una mostra sulla povertà
  • Consiglio d'Europa: a Città del Capo prima conferenza sulla giustizia costituzionale
  • Il caso Englaro. Intervento del cardinale Caffarra a difesa della vita
  • Ricordati i 50 anni dell’ingresso nella diocesi di Vittorio Veneto del futuro Papa Albino Luciani
  • Il programma della Settimana per l’Unità dei cristiani nella Basilica di San Paolo fuori le mura
  • Ieri giornata di studi su San Paolo all’Università Gregoriana di Roma
  • A Milano il musical su don Bosco a 150 anni dalla fondazione dell’Ordine dei salesiani
  • 24 Ore nel Mondo

  • In un clima di incertezza prosegue il cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Telegramma di Benedetto XVI a Barak Obama: promuova “comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni”

    ◊   Assicurando la propria preghiera per il mandato del nuovo presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, che vivrà oggi pomeriggio l’insediamento alla Casa Bianca, Benedetto XVI ha espresso in un telegramma l’auspicio che il nuovo capo di Stato possa confermare i propri propositi di promuovere “comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni”. Il servizio di Fausta Speranza:


    Il Papa chiede a Dio per il 44.mo presidente USA “saggezza e vigore nell’esercizio delle sue responsabilità”. Inoltre, Benedetto XVI augura agli Stati Uniti di continuare a tenere viva “la propria eredità religiosa e politica e i principi etici necessari per cooperare nella costruzione di una società veramente giusta e libera, segnata dal rispetto per la dignità, uguaglianza e per i diritti di ogni suo membro, in particolare i poveri, gli emarginati e coloro che non hanno voce”. E questo proprio quando - sottolinea il Papa - “così tanti fratelli e sorelle nel mondo bramano di essere liberati dai flagelli della povertà, fame e violenza”.

     
    Intanto, a Washington, ancora prima dell'alba decine di migliaia di persone hanno cominciato ad allinearsi davanti ai punti di controllo che danno accesso alla cerimonia per l'insediamento di Barack Obama. Le misure di sicurezza sono eccezionali, con soldati della Guardia nazionale dislocati ovunque nella capitale intorno alla "zona protetta": l'area di Capitol Hill (il parlamento) ed il percorso della sfilata lungo la Pennsylvania Avenue. I ponti che dalla Virginia portano alla capitale sono stati chiusi nella notte alle auto: chi vuole raggiungere Washington può farlo solo in autobus, in bicicletta o a piedi. Ma anche ieri è stata una giornata significativa, come ci racconta dagli Stati Uniti Elena Molinari:


    Nella seconda giornata di celebrazioni per la sua inaugurazione, Obama ha voluto trasformare l’anniversario della nascita di Martin Luther King in una giornata di servizio. Lui e il vice presidente Biden, dunque, hanno vestito, per un giorno, i panni degli operai e hanno aiutato una comunità che costruisce case prefabbricate per i senzatetto. Michelle Obama e la moglie di Biden, Jill, invece, si sono unite alle magazziniere di un’associazione che invia pacchi-conforto alle truppe in Iraq. Alberghi, ostelli, scuole e persino palestre hanno raggiunto il tutto completo intanto, ieri, a Washington, dove oltre un milione di persone stanno accampandosi in attesa di vedere il nuovo presidente giurare sulla Bibbia di Lincoln. Si aspetta una giornata lunga e fredda, con temperature vicine allo zero.

     
    Al di là di ogni enfasi, è un evento storico: fino a 40 anni fa vigeva la segregazione razziale in molti Stati USA e tuttora la piena integrazione dei neri non è ancora raggiunta. Nell’intervista di Fausta Speranza, il commento del prof. John Harper, docente alla John Hopkins University di Bologna:


    R. - Sicuramente, è una giornata storica: una giornata che pochi avrebbero scommesso di vedere, cinque-dieci anni fa. Testimonia il fatto che i rapporti razziali in America sono migliorati, in questi ultimi decenni. Anche se Obama non ha ricevuto una maggioranza dei voti dall’elettorato bianco, comunque ha avuto un appoggio decisivo da una parte importante dell’elettorato bianco, e questo sicuramente è un fatto significativo.

     
    D. - Professore, Obama lancia messaggi di speranza, di unità. Promette misure per una maggiore eguaglianza sociale. Trova comunque un Paese in ansia per la crisi economica e si trova di fronte sfide pesanti sullo scacchiere internazionale. Ragionevolmente, che cosa potrà realizzare?

     
    R. - Temo che alcune aspettative rispetto ad Obama andranno inevitabilmente deluse, perché la realtà di fondo nella quale dovrà operare è complessa e spinosa. Per esempio, nel sistema politico americano è quasi impossibile perseguire una politica estera e dinamica ambiziosa insieme con una politica interna dinamica e ambiziosa, e lui per forza dovrà scegliere di concentrarsi sulle questioni interne dove, secondo me, potrà fare qualcosa per mettere in moto l’economia americana ma intanto dovrà per forza trascurare alcune sfide esterne, almeno per il momento. E poi, lui opera dentro i parametri accettati sia da Clinton sia da George Bush: i parametri di una politica estera americana “imperiale”, cioè con impegni in ogni angolo del mondo. Chi pensa che questo cambierà, che ci sarà una vera svolta nella politica estera americana, sarà sicuramente deluso. Prevedo più continuità che cambiamento a livello di politica estera.

     
    D. - Professor Harper, l’immagine degli Stati Uniti come superpotenza mondiale è stata annebbiata in questi anni, è stata una pagina nera da questo punto di vista. Adesso, il mondo sta già guardando diversamente agli Usa. Obama ha recuperato quella dimensione di traino e di speranza?

     
    R. - Sicuramente. Obama proverà a non deludere queste speranze, queste aspettative. Per esempio, il solo fatto di essere alla Casa Bianca manda un messaggio di speranza, di cambiamento, di vitalità del sistema americano. Però, come dicevo, nella sostanza è difficile che cambi rotta radicalmente, per esempio nel Medio Oriente: è difficile. I margini di manovra sono così stretti che temo che non si vedrà un cambiamento di fondo. Obama intende, peraltro, proseguire con maggiore energia la guerra in Afghanistan che, a mio avviso, forse non risulterà una scelta vincente. Ma è quasi costretto - volendo andare via dall’Iraq - a non trascurare, a non abbandonare l’Afghanistan.

     
    D. - Ma i punti di convergenza, diciamo così, con l’Europa sono davvero forti e reali in alcune materie?

     
    R. - Sì. Rispetto all’altra amministrazione, ci sono più punti di accordo e di intesa e di simpatia a livello culturale, tra Obama e gli europei. Però, è anche vero che Obama probabilmente chiederà di più agli europei: per esempio, un impegno in Afghanistan e in Medio Oriente. Non so se questa richiesta di fare di più, di mandare più soldati, sarà bene accetta in Europa. Qui si potrebbe prevedere qualche incomprensione e tensione, su questo punto.

     
    D. - Professore, come vede lei questi punti di convergenza con l’Europa? Quali sono?

     
    R. - La crisi dell’ambiente, il Protocollo di Kyoto su come affrontare il problema del riscaldamento del pianeta: sicuramente questa amministrazione è molto più vicina all’Europa.

     
    D. - Anche il capitolo Guantanamo…

     
    R. - Anche Guantanamo, che è una delle prime cose che farà. Anzi, l’ha già annunciata la chiusura Guantanamo, anche se ci vorrà un po’ di tempo per motivi tecnici: risistemare alcune persone e liberarne altre... Ma sicuramente, questo avrà un valore simbolico importante.

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    Il cardinale Tettamanzi: accogliamo con gioia e gratitudine la decisione del Papa di tenere a Milano il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie

    ◊   “La famiglia, il lavoro e la festa”: è il tema del VII Incontro mondiale delle famiglie che si svolgerà a Milano nel 2012. L’evento è stato annunciato da Benedetto XVI durante la Messa conclusiva della sesta edizione di questo appuntamento, svoltasi a Città del Messico dal 14 al 18 gennaio scorsi. Intervistato da Alessandro Gisotti, il cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, sottolinea le aspettative riposte in questo avvenimento:


    R. - I sentimenti sono innanzitutto di grande gioia. Una gioia che si fa davvero gratitudine. Con questi sentimenti, viviamo le aspettative di arrivare preparati a questo 2012. Per la verità, siamo già su questa strada, nel senso che il triennio pastorale che stiamo concludendo quest’anno è tutto dedicato al tema della famiglia. Pensando alla ricchezza cristiana, umana, ecclesiale e civile che ci verrà donata da questo VII Incontro mondiale delle Famiglie, noi aspettiamo di essere in qualche modo confermati, ma soprattutto ulteriormente stimolati a proseguire il nostro impegno di pastorale familiare.

     
    D. - Tema dell’incontro a Milano sarà “La famiglia, il lavoro e la festa”. Perché questa scelta?

     
    R. - E’ una scelta fondamentale, proprio per la vita della famiglia - per la sua missione sia nella società che nella Chiesa - perché il lavoro è indubbiamente uno dei valori fondamentali della persona, non soltanto della persona in se stessa, ma colta nella sua dimensione relazionale. La dimensione sociale della famiglia trova il suo alimento precisamente nell’impegno quotidiano, nel lavoro - dove il lavoro non può essere visto semplicemente come un fattore economico per la sussistenza della famiglia, ma chiede di essere visto anzitutto come uno dei fattori essenziali e decisivi dell’opera educativa. D’altra parte, non si può parlare del lavoro in questa visione profondamente antropologica se non si pensa anche al necessario alternarsi tra lavoro e riposo. Quindi, il tema della festa diventa un elemento fondamentale per una realizzazione veramente umana e cristiana dello stesso momento lavorativo.

     
    D. - Il Papa ha sottolineato, più volte, l’importanza di una testimonianza pubblica delle famiglie cristiane nella vita sociale. Come accogliere quest’invito?

     
    R. - Bisogna rendersi conto che la rete sociale, in concreto, coincide con la rete delle famiglie. In questo senso, le famiglie non solo sono inserite in un contesto sociale, ma in questo contesto hanno un loro protagonismo particolare. Ciò richiede, da parte delle istituzioni, il riconoscimento non verbale, ma concreto, effettivo - attraverso l’apprezzamento e la promozione dei diritti e delle responsabilità fondamentali - di ogni famiglia e di tutte le famiglie insieme.

     
    D. - Quali sono oggi le sfide più urgenti per la famiglia, in particolare in Italia?

     
    R. - Penso che una grossa sfida per la nostra Italia sia la sfida della natalità. Un amore vero e fecondo si coglie innanzitutto nell’opera educativa. Allora, parlare così frequentemente dell’emergenza educativa deve diventare un impegno concreto. E poi, un amore vero non è un amore che rimane lì, in attesa di ricevere chissà che cosa: è un amore che diventa operativo, diventa generoso. In questo senso, è da rilanciare il protagonismo sia ecclesiale che civile della famiglia.

     
    La Chiesa di Milano si prepara, dunque, a vivere questo grande evento ecclesiale, mentre si raccolgono i frutti dell'Incontro mondiale delle Famiglie di Città del Messico. Un evento, ha detto il cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo della capitale messicana, che ha dato vita ad un programma di proposte per riscoprire la bellezza della famiglia, senza sterili polemiche. All'Incontro di Città del Messico, ha partecipato anche Anna Friso responsabile, assieme al marito, dell'associazione "Famiglie Nuove" del Movimento dei Focolari e membro del dicastero vaticano per la Famiglia. La testimonianza è stata raccolta da Fabio Colagrande:


    R. - Abbiamo maggiormente vissuto la festa, il momento della festa e delle testimonianze, e lì era rappresentato il mondo intero. Erano famiglie da tutti i continenti, che sono salite sul palco, che hanno testimoniato la loro fede, la gioia di essere cristiani.

     
    D. - Qual è stata l’accoglienza della Chiesa locale alle famiglie di tutto il mondo?

     
    R. - Meravigliosa. Abbiamo trovato una grande sensibilità e disponibilità verso ciascuna di queste famiglie, che hanno sicuramente percepito l’amore della Chiesa, l’essere un corpo, una comunità a livello mondiale. Un’esperienza grande.

     
    D. - Qual è stata la cifra caratteristica di questo incontro di Città del Messico?

     
    R. - Il Papa aveva detto: “Famiglia, diventa ciò che sei”. Ecco: qui abbiamo visto la famiglia nel suo essere formatrice di valori nella continuità di una trasmissione della fede ma anche attenta al nuovo. Mi sembra di aver visto la famiglia che, di fronte ad un mondo che cambia, è in grado di fare, è in grado di donare.

     
    D. - Il Papa, in particolare, ha chiesto alle famiglie di tutto il mondo di saper dare una testimonianza pubblica del loro vissuto: un invito importante…

     
    R. - E questo è ciò che anche noi famiglie vogliamo: da oggetto di pastorale che sono state per tantissimo tempo, adesso le famiglie hanno voglia - se si sentono pronte - a dare se stesse per la costruzione di una società nella quale i valori cristiani devono essere messi in luce e vissuti.

     
    Nel messaggio per l'Incontro di Città del Messico, Benedetto XVI ha ripetuto che la famiglia ha il diritto ad essere riconosciuta nella propria identità. Un richiamo sul quale si sofferma Alberto Friso di "Famiglie Nuove", ancora al microfono di Fabio Colagrande:


    R. - L'invito del Papa è risuonato profondamente, qui, con una risonanza particolare, perché ci trovavamo in una nazione dove la Chiesa ha incontrato, per vari decenni, difficoltà che però in questo momento sono andate in certo modo sciogliendosi, con la crescita culturale e sociale. Per cui, le autorità hanno accettato ben volentieri anche questo incontro e c’è stata una risposta della Chiesa, che ha sottolineato come anche in questa libertà che è stata data alle coscienze, chi aveva questa sensibilità religiosa di svolgere questo evento, ha dimostrato una crescita di tutta la società. Quindi, si può dire che è iniziato un dialogo che si estenderà anche nel mondo, perché finora la famiglia non è stata sostenuta perché non era conosciuta.

     
    D. - Il prossimo Incontro mondiale delle famiglie sarà in Italia, a Milano sul tema “La famiglia, il lavoro e la festa”…

     
    R. - Rifletteremo su un piano concreto di estrema attualità, soprattutto nel nostro mondo occidentale, dove c’è una divaricazione profonda tra compiti e funzioni naturali della famiglia e, invece, questi aspetti che sono, in certo modo, il prodotto di una corsa che la nostra civiltà sta facendo. Sarà, quindi, un mettere in luce come il lavoro debba essere in funzione della famiglia e la famiglia debba avere il tempo di rivolgersi a Dio, avere il tempo di santificare la festa e, nel santificare la festa, trova la gioia della festa, della festa naturale. Come è stato qui, a Città del Messico. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L'importanza del pregare insieme fra cristiani di diverse confessioni: intervista a Domenico Maselli, presidente della Federazione Chiese evangeliche

    ◊   La principale "arma" dei cristiani, anche nel campo del dialogo ecumenico, è la preghiera. E le Chiese di tutto il mondo, mobilitate in questi giorni con le iniziative della 101.ma Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, ne sono una testimonianza evidente. Sull'importanza di questo aspetto si sofferma, al microfono di Fabio Colagrande, il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche, Domenico Maselli, firmatario del messaggio di presentazione della Settimana di preghiera insieme con l’arcivescovo ortodosso, Gennadios Zervos, e con mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione Ecumenismo e dialogo della Conferenza episcopale italiana:


    R. - In un primo momento, è sembrato che fossero i vertici a spingere il movimento ecumenico: in realtà, nel momento in cui i vertici fanno un leggero passo di stasi, o passo indietro, c’è la spinta dei cristiani di base. Secondo me, una delle vere radici dell’attuale movimento ecumenico è stata la testimonianza data dai cristiani, anche insieme agli ebrei, nei lager nazisti. E’ lì che martiri cattolici e protestanti hanno sentito di essere la stessa cosa, e non hanno potuto che confessare lo stesso Signore. E questa è la base della nostra fede e del nostro essere comune.

     
    D. - Professor Maselli, nel messaggio che accompagna il tema della Settimana di preghiera si legge che “anche oggi il mondo cerca unità, ma in questa direzione i cristiani hanno una sola arma: quella della preghiera”…

     
    R. - Questa è la nostra arma. Ho sentito recentemente qualcuno dire che noi siamo come il popolo di Israele, e in modo particolare come Mosè che - desiderando andare nella Terra promessa - si dovette accontentare di vederla da lontano, dal Monte Nebo. Ecco, io penso che siamo sul Monte Nebo e che in questo momento dobbiamo capire che il mondo non ha altre speranze che i valori del cristianesimo e che non sia il ritorno del Signore. E in questo momento di grande crisi, non possiamo che offrire perlomeno lo spirito della nostra unità crisiana.

     
    D. - Il cardinale Kasper ha affermato che le differenze profonde esistenti con le altre confessioni cristiane sono state identificate e che dunque si può proseguire verso la souzione dei problemi ancora aperti. E’ una visione che condivide?

     
    R. - Sì, lo condivido pienamente. Credo che l’unica cosa che non dobbiamo davvero fare sono azioni di poco conto e mentirci. Innanzitutto, perché la menzogna parte dal maligno e la sincerità è la caratteristica dei figli di Dio. Ma questa sincerità ci deve portare sinceramente a poterci abbracciare e a potere, anche quando non siamo d’accordo su tutto, lavorare insieme e pregare insieme e leggere la Bibbia insieme.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Luca Possati dal titolo "Una tregua a orologeria tra Israele e Hamas".

    Sulla Bibbia di Lincoln: nell'informazione internazionale, da Washington, Giulia Galeotti sul giuramento di Barack Obama e un articolo di Marco Bellizi dal titolo "Obama, la crisi e l'Italia che aspetta".

    In cultura, Gaetano Vallini recensisce "Le ossa di Berdicev. La vita e il destino di Vasilij Grossman": una biografia che ricostruisce il pensiero di un artista capace di una lucida analisi dei totalitarismi moderni.

    Novant'anni fa nasceva il partito popolare italiano: il vescovo Michele Pennisi e Raffaele Alessandrini ricordano don Luigi Sturzo e il suo appello ai "liberi e forti".

    Una nuova sintesi tra fede e cultura: nell'informazione religiosa, un articolo sull'incontro, a Città del Messico, del cardinale Tarcisio Bertone con il mondo della cultura.

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    Oggi in Primo Piano



    Bombe lacrimogene contro la nunziatura apostolica di Caracas. Il gesto rivendicato da un gruppo filogovernativo

    ◊   Momenti di tensione alla nunziatura apostolica di Caracas, in Venezuela. Due notti fa, diversi ordigni sono stati lanciati contro la sede diplomatica vaticana senza causare danni. L’azione è stata rivendicata da un gruppo filogovernativo. Il servizio di Luis Badilla:


    Ancora gesti vandalici contro la nunziatura apostolica a Caracas: la notte tra domenica e lunedì, sconosciuti hanno lanciato contro la sede diplomatica cinque bombe lacrimogene senza provocare, per fortuna, né vittime nè gravi danni materiali. Il 14 febbraio dello scorso anno, c’era stato già un attacco, condannato duramente in una dichiarazione della Conferenza episcopale, che denunciava la crescita di "un clima di violenza in diverse regioni del Paese" e, al tempo stesso, richiamava "alla calma, alla serenità e al dialogo". Questa volta, secondo la stampa locale, episodi simili si sono verificati anche davanti all'abitazione del direttore dell'emittente dell'opposizione "Rctv", Marcel Granier, e di fronte all'Università centrale.

     
    Le stesse fonti affermano che dopo l'attacco, davanti la Nunziatura è stato trovato un volantino firmato dal gruppo filogovernativo "La Piedrita", che definisce ''vigliacca'' la Chiesa cattolica. Il documento aggiunge: ''La nostra organizzazione rivoluzionaria non riconosce il vertice ecclesiastico della Chiesa, traditrice delle vere lotte del popolo venezuelano”'. Da ricordare che nella sede diplomatica, che non è protetta dalla polizia, è ospitato dal 2007 l'ex leader studentesco, Nixon Moreno, accusato di tentata aggressione a una agente della polizia venezuelana. Il clima politico nel Paese sudamericano è teso soprattutto per l’importante referendum del 15 febbraio prossimo, che dovrà accettare o rifiutare la rielezione illimitata del presidente, Hugo Chavez.

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    Lotta alle discriminazioni religiose e difesa del contributo delle comunità religiose alla vita pubblica degli Stati: il mandato affidato dall’OSCE a Mario Mauro

    ◊   Un ruolo e un impegno particolari contro razzismo, xenofobia e discriminazione, con particolare riferimento alla discriminazione dei cristiani: è il mandato che l’OSCE ha consegnato al vicepresidente del parlamento europeo, Mario Mauro, nominandolo, nei giorni scorsi, rappresentante personale della presidenza. Tra gli obiettivi dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che conta 56 membri, figura anche quello di promuovere la presenza e l'effettivo contributo delle comunità religiose alla vita pubblica degli Stati aderenti, garantendo la loro specifica identità e riconoscendo il loro fondamentale contributo per la società. Fausta Speranza ne ha parlato con lo stesso Mario Mauro:


    R. - Lo scopo è non semplicemente un’azione di denuncia e di contenimento dei fenomeni d’intolleranza, di xenofobia o di razzismo, ma è anche uno scopo specifico legato alla ragione primigenia per cui l’OSCE s’interessa della discriminazione a carattere religioso. L’Osce è da sempre convinta che il conflitto legato a tematiche di carattere religioso sia un fattore fortemente destabilizzante, nello scenario internazionale. E che quindi, da questo punto di vista, la capacità attraverso le religioni di arginare i conflitti sia in qualche modo qualificante l’azione dell’organizzazione stessa.

     
    D. - Giovanni Paolo II affermava che la libertà religiosa non è solo una delle tante libertà, ma è una specie di cartina tornasole per verificare il rispetto dei diritti e della dignità della persona in generale. C’è, su questo, consapevolezza laica da parte dei OCSE?

     
    R. - Credo soprattutto che questo passaggio chiave, che aveva segnato Giovanni Paolo II diversi anni fa, oggi sia la cifra per disinnescare il tema del conflitto, soprattutto su base regionale. Che cosa vuol dire che la libertà religiosa è una cartina tornasole? Vuol dire che se manca quella, quasi sempre anche le altre libertà non vengono riconosciute. E poi significa che nel momento in cui manca un termine di riferimento, un nesso con la trascendenza, evidentemente la fisionomia stessa dell’uomo - diciamo la "faccia" dell’uomo - è stravolta. E l’unica cosa che si riesce a ottenere, pensando di poter pretendere una società senza Dio, è che si faccia una società contro l’uomo. Questa è veramente la chiave di volta dell’interpretazione di quel passaggio di Giovanni Paolo II. E il fatto che, in qualche modo, anche le istituzioni civili insistano nel dire che l’elemento, non solo del dialogo interreligioso, ma del dialogo tra istituzioni vada intensificato dimostra che, in fondo, viene compreso quel giudizio. E’ importante capirlo perché le istituzioni sono frutto di un patto di libertà e, in questo senso, sono garanti della vita dei cittadini, non sono padrone. Alle istituzioni viene consegnata la vita dei cittadini. Quando le istituzioni diventano padrone, diventano regimi, non più governi.

     
    D. - Mario Mauro, la cronaca degli ultimi mesi del 2008 ha fatto emergere drammi della persecuzione contro i cristiani in India, in Iraq: quali sono le altre aree che destano comunque preoccupazione?

     
    R. - Le difficoltà sono a cavallo fra fondamentalismo e relativismo, nel senso che ci sono discriminazioni odiose che sono frutto di una strategia in cui si prende Dio a pretesto, come parte di un progetto di potere. E nello stesso tempo, ci sono discriminazioni che nascono nell’illusione di poter far fuori Dio e l’esperienza religiosa dalla storia dell’uomo.

     
    D. - Non ha sorpreso il mandato che l’Osce le ha affidato perché lei, come vicepresidente del parlamento europeo, ha preso posizioni importanti proprio su questo tema. Ha promosso tempo fa la risoluzione votata dal parlamento europeo sul tema delle discriminazioni religiose che vincola gli aiuti al rispetto della libertà religiosa riconosciuta dal Paese che richiede aiuti. Un impegno, dunque, che continua…

     
    R. - Sì, un impegno che continua e in qualche modo un impegno finalmente riconosciuto: non tanto come riconoscimento al lavoro di una persona, ma come riconoscimento di un problema vero, dell’imponenza di un problema e quindi dell’importanza di una strategia che punti al bene comune.

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    Chiesa e Società



    Il parroco di Gaza parla di 'tregua fragile' e chiede gemellaggi con le diocesi italiane

    ◊   “La tregua è fragile, ancora adesso si sentono cannonate e spari di armi automatiche che arrivano dalla costa. Nei pressi della riva ci sono infatti navi israeliane, i cieli sopra la Striscia sono solcati da aerei senza piloti e da F16. I tank israeliani non sono ancora del tutto usciti da Gaza, ce ne sono ancora nel territorio vuoto della Striscia”. A parlare è il parroco di Gaza, padre Manuel Musallam che al Sir racconta questi primi giorni di tregua. “Oltre a ricostruire – ha detto il parroco - è importante assistere a livello psicologico e sanitario i bambini delle scuole materne ed elementari. Molti di loro hanno riportato ferite importanti, con tagli e mutilazioni. I feriti sono oltre 5 mila e di questi la quasi totalità ha riportato danni permanenti, ai piedi, alle mani, al ventre, sono persone che non potranno più lavorare, saranno disabili per tutta la vita. E’ un'emergenza umanitaria”. Nonostante ciò una parvenza di normalità sembra tornare nella Striscia, dove, sempre secondo Musallam, “la gente è scesa di nuovo in strada, i negozi sono aperti, così come le banche dove molte persone si recano per ritirare un po’ di denaro necessario ad acquistare i beni di prima necessità. Ci sono anche bambini che giocano a calcio nelle strade disastrate. Ma la maggior parte della popolazione cerca di fare ritorno alle proprie case e proprietà per fare una conta dei danni. Il panorama che ci circonda è fatto di centinaia di case distrutte o danneggiate, di strade dissestate per il passaggio dei carri armati, di campi e piantagioni devastati in maniera inesorabile. La distruzione operata dai bombardamenti è una catastrofe. Ho fatto un giro per la città e i danni sono notevoli specie negli edifici del Governo e della polizia”. Circa gli aiuti umanitari, Musallam ha affermato che “procede con lentezza. La priorità di Croce Rossa e Unrwa sono i rifugiati nelle scuole Unrwa a Gaza. Si calcola che siano circa 60 mila”. La Chiesa locale non sta con le mani in mano: il parroco “con la collaborazione di diversi amici musulmani” ha rilasciato “dei coupon alle famiglie più bisognose per fare spesa nei negozi, che saranno pagati non appena arriveranno le somme di denaro”. Musallam ha lanciato, infine, un appello alle diocesi italiane: “gemellatevi con Gaza! Un gesto significativo che servirà a costruire un clima di fratellanza e di condivisione di cui abbiamo tanto bisogno”. (R.P.)

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    Petizione di Reporters senza frontiere contro il blocco all’informazione nella Striscia di Gaza

    ◊   Un appello sottoscritto da 160 media internazionali per chiedere alle autorità israeliane di aprire nuovamente ai professionisti dell'informazione l'accesso alla Striscia di Gaza. La petizione è stata consegnata simbolicamente ieri all'ambasciata israeliana a Parigi dall’associazione umanitaria “Reporters senza frontiere”, che in una nota sottolinea l’assurdità di questa situazione visto che l'accesso a Gaza alla stampa estera è di nuovo possibile, da lunedì sera, attraverso la frontiera egiziana a Rafah, per cui circa sessanta giornalisti stranieri sono al momento nella Striscia di Gaza. Jean-François Julliard, segretario generale di RSF, ha inoltre annunciato di voler avviare un'inchiesta sulle condizioni di lavoro dei giornalisti e sull'impatto del blocco dell'informazione sulla copertura del conflitto, imposto dal governo di Tel Aviv dall’inizio dell'offensiva militare il 27 dicembre scorso. (R.G.)

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    Sri Lanka: appello della Chiesa locale al presidente e all'ONU per il sostegno ai civili coinvolti nel conflitto tra governo e Tamil

    ◊   In una lettera indirizzata al presidente dello Sri Lanka, alcuni vescovi del Paese hanno chiesto attenzione e protezione per la popolazione civile che si trova nella zona di Wanni, teatro di duri scontri tra l’esercito cingalese e i ribelli delle Tigri Tamil. Una situazione che ha creato oltre 300 mila sfollati collocati in campi provvisori sprovvisti di servizi igienici adeguati. I presuli, si legge, chiedono che siano tutelati i civili che negli ultimi tempi hanno pagato a caro prezzo le conseguenze dei combattimenti. Per questo lanciano un appello per l’apertura di corridoi umanitari e per l’arrivo di medicine alla popolazione. Alcune fonti, nei mesi scorsi, avevano denunciato il fermo da parte del governo di un convoglio Onu. I vescovi, nella lettera, invitano il presidente a pensare ad una soluzione politica dall’intervento militare all’amministrazione civile. Chiedono di tenere conto delle condizioni di chi vive nella zona di Wanni, roccaforte delle Tigri, che non tutti siano trattati in blocco come “sospetti terroristi”, che vengano considerati “uguali”. I presuli invitano a chiarire che il conflitto in corso non è contro le persone che vivono nelle zone dove sono presenti i ribelli Tamil ma per liberare la popolazione dagli insorti. In una lettera dal titolo “Sos, un grido d'agonia dalla popolazione di Vanni" preti e suore della regione di Wanni, hanno chiesto alle Nazioni Unite di intervenire. Il testo, firmato da padre James Pathinathar e diffuso attraverso la Caritas locale nei giorni scorsi, chiede al Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, di "attuare azioni immediate per fermare una guerra insensata e mettere fine alle immense sofferenze degli innocenti civili di Wanni, la cui esistenza è diventata una vera e propria lotta per la sopravvivenza". Padre James è stato costretto – come una ventina di altri sacerdoti – a lasciare la sua parrocchia di Mullaithivu. (B.C.)

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    Pakistan: integralisti musulmani assaltano una chiesa nel Punjab

    ◊   Gruppi integralisti musulmani hanno assaltato la chiesa e le case dei cristiani del villaggio di Kot Lakha Singh, nel distretto di Narowal, provincia del Punjab. Il fatto risale al 14 gennaio ed è stato reso noto dalla Commissione nazionale per la giustizia e la pace del Pakistan (Ncjp) dopo aver appurato l’accaduto con una missione di verifica che si è svolta ieri. Irfan Barkat, responsabile della Ncjp, ha raccontato ad AsiaNews che le violenze sono iniziate con l’assalto alla casa di William Masih, cattolico del villaggio. Un non precisato numero di persone ha torturato i presenti, incluse donne e bambini, e quindi rubato soldi e oggetti d’oro presenti nell’abitazione. La folla ha poi attaccato le abitazioni di altre tre famiglie cristiane del villaggio, quindi ha fatto irruzione nella chiesa, usata sia dalla comunità cattolica che da quella protestante, danneggiando gli arredi e strappando libri liturgici e bibbie. I fatti sono stati denunciati il 18 gennaio alla stazione di polizia di Nindo Ki che non ha ancora proceduto a nessun arresto. Il responsabile della Ncjp spiega che all’origine della violenza c’è la contesa per un terreno che Masih ha comprato mesi fa da un musulmano. La proprietà è però rivendicata da un altro abitante del villaggio, Noor Muhammad, che afferma di essere il legittimo padrone dell’appezzamento. Irfan Barkat afferma che la piccola comunità cristiana di Kot Lakha Singh è composta da 25 famiglie (cattoliche e protestanti) che nel villaggio a stragrande maggioranza islamica sono sottoposte a continue vessazioni: “I musulmani del villaggio discriminano i cristiani e i commercianti rifiutano di vendere loro anche prodotti di uso quotidiano”. (R.P.)

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    Migliaia di sfollati nella Repubblica Democratica del Congo dopo gli attacchi dei ribelli

    ◊   Si fa sempre più difficile la situazione a Dungu, uno dei principali centri della provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo. Nella zona sono giunti, secondo alcune fonti riportate dalla Misna, almeno 10 mila persone che hanno abbandonato i loro villaggi dopo le violente incursioni iniziate venerdì e attribuite ai ribelli ugandesi del sedicente Esercito del Signore. Il governo centrale ha promesso di inviare aiuti d’emergenza nella zona di Dungu perché si teme che il numero degli sfollati possa crescere ulteriormente. Gli attacchi, cominciati a metà settembre e che avrebbero causato oltre un migliaio di vittime, sono aumentati a partire dal 24 dicembre, subito dopo un’operazione militare congiunta organizzata da Repubblica democratica del Congo, Uganda e Sud Sudan. I ribelli da allora si sono divisi in piccoli gruppi disperdendosi nelle fitte foreste della regione, rappresentando così un grave problema per la sicurezza nella zona.(B.C.)

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    Guinea Conakry: i leader religiosi chiedono il ritorno urgente alla democrazia

    ◊   I leader religiosi africani hanno chiesto alla giunta militare della Guinea Conakry di avviare il dialogo con le parti interessate, per assicurare la restaurazione pacifica della democrazia nel Paese. La Guinea Conakry, lo ricordiamo, è attualmente governata da una giunta militare che ha il preso il comando lo scorso 23 dicembre, con un colpo di stato compiuto poche ore dopo la morte del presidente Lantana Conthé, che aveva guidato il Paese per 24 anni. La richiesta di un ritorno pacifico alla democrazia arriva dal Consiglio africano dei leader religiosi–Religioni per la pace (ACRL), organismo guidato in contemporanea dall’arcivescovo cattolico di Abuja, John Onaiyekan, e dal Gran Mufti dell’Uganda, Sheikh Shaban Mubaje. Nello specifico, l’ACRL chiede al capo della giunta militare, il capitano Moussa Camara di ridurre il governo di transizione da due anni ad uno e di garantire che il Paese non precipiterà nel caos. Per sostenere l’attuale transizione della Guinea Conakry, l’ACRL chiede all’Unione Africana e all’intera comunità internazionale di incoraggiare e sostenere un governo consistente, durevole e responsabile sia in Guinea che negli altri Paesi del continente. (I.P.)

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    Rischia la chiusura l’ospedale Mater Dei di Bulawayo, nello Zimbabwe

    ◊   25 mila euro è l’importo della donazione al Mater Dei Hospital di Bulawayo, nello Zimbabwe, da parte dell'associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). L’aiuto urgente – di cui riferisce l’agenzia Zenit - è arrivato in risposta ai crescenti timori di chiusura della struttura, che ha 170 posti letto ed è uno dei pochi ospedali rimasti aperti nella città - la seconda per importanza nel Paese africano - a causa della crisi che ha colpito i nosocomi pubblici, privando dello stipendio i medici statali, che sono scesi in sciopero. Mons. Martin Schupp, amministratore apostolico di Bulawayo, ha scritto che "in città gli ospedali governativi funzionano a malapena e il Mater Dei Hospital è l'unico luogo in cui si possa ottenere qualche standard di assistenza medica". Fondato nel 1952 dai Missionari francescani britannici della Divina Maternità, l’ospedale cattolico affronta tuttavia una grave crisi economica, soprattutto perché molti medici e molte infermiere abbandonano il Paese per cercare migliori condizioni di vita all'estero. I fondi donati da ACS aiuteranno a pagare gli stipendi dei medici e i medicinali fondamentali, di modo che l'ospedale possa continuare a fornire la sua ampia gamma di servizi, tra cui quello pediatrico, il reparto maternità, l'ostetricia e il pronto soccorso. Con l'aiuto di ACS e con le sovvenzioni che si attendono da altre organizzazioni, la struttura non dovrà più costringere i pazienti a pagare per le prestazioni. "Come istituzione cattolica, sentiamo che non dovremmo mandare via gli ammalati solo per motivi economici", ha sottolineato il portavoce dell'ospedale. (R.G.)

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    La crisi economica frena gli investimenti esteri nel mondo

    ◊   Dopo le cupe previsioni sull’occupazione in Europa e negli Stati Uniti, riflesso della crisi economica globale, arrivano anche le proiezioni negative dell’ONU sul calo degli investimenti esteri diretti (Fdi) nel mondo. Questi sono scesi lo scorso anno in media del 21%, secondo le stime rese note ieri a Ginevra dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (Unctad). Nel 2008, tali investimenti dovrebbero infatti attestarsi su 1.449 miliardi di dollari contro il record di 1.833 miliardi del 2007. I più colpiti dal calo degli Fdi in entrata sono proprio i Paesi sviluppati con un calo medio del 33% nel 2008, e punte come per l'Italia del 94%. L'Unctad prevede che il calo degli investimenti esteri diretti continui anche nel 2009. Di fronte alla recessione economica mondiale, alla stretta creditizia, alla riduzione degli utili e alle critiche prospettive ed incertezze per la crescita globale, molte compagnie hanno infatti annunciato piani per ridurre la produzione, licenziare lavoratori e tagliare le spese di capitale, tutte misure che conducono a ridurre gli investimenti esteri diretti (A cura di Roberta Gisotti)

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    Al via le Assemblee plenarie dei vescovi del Guatemala e del Perù

    ◊   Tempo di bilanci e di previsioni per i vescovi del Guatemala e del Perù: si sono aperte ieri, infatti, le Assemblee plenarie delle rispettive Conferenze episcopali. Per entrambi i gruppi di presuli, i lavori termineranno venerdì prossimo. In particolare, nell’agenda dei vescovi del Guatemala sono presenti le iniziative della Chiesa locale nel campo della sanità, dell’educazione e della sicurezza, ed una riflessione sul primo anno di Álvaro Colom alla presidenza del Paese. Centrali anche i temi della Missione continentale e dei piani pastorali delle singole diocesi. Grande spazio, inoltre, sarà dedicato al problema della violenza, soprattutto alla luce della marcia pacifista che si è svolta nel Paese il 10 gennaio scorso. Oltre 20mila persone hanno partecipato all’iniziativa, che ha voluto rappresentare “il bisogno assoluto di raggiungere, per tutti, la sicurezza nei quattro punti cardinali del Paese”, come ha detto l’arcivescovo di Città del Guatemale, il cardinale Adolfo Quezada Toruño. Ricordando che il 2008 è terminato con 6.292 omicidi, tra cui 600 donne e 427 giovani, il porporato ha ribadito che è dovere di tutti condannare la violenza, in quanto anticristiana, antievangelica e disumana. In Perù, invece, la 93.ma Assemblea Plenaria dei vescovi si è aperta con una Messa concelebrata da tutti i presuli del Paese nella Chiesa di Sant’Antonio di Padova, a Lima. Nella sua omelia, il presidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP), mons. Miguel Cabrejos, ha richiamato i vescovi alla necessità di dare dignità alla fede cattolica e di rafforzare la fiducia nel sacramento della vita. Quindi, i partecipanti alla celebrazione eucaristica hanno pregato per le anime dei presuli scomparsi recentemente ed hanno invitato i fedeli a partecipare alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in preparazione della Solennità della conversione di San Paolo, che si celebrerà domenica prossima. Inoltre, il programma dei lavori dell’Assemblea dei vescovi prevede l’elezione del Presidente e dei due Vice-presidenti della Conferenza episcopale peruviana, così come la scelta dei capi dipartimento e commissione degli altri organismi episcopali. Durante l’assise, verrà conferita, come tutti gli anni, la medaglia d’oro di San Toribio di Mogrovejo - secondo arcivescovo di Lima e Patrono dell'episcopato Latinoamericano – ai nuovi vescovi emeriti e alle persone e istituzioni che si sono distinte per le loro opere a favore della Chiesa in Perù. Infine, i presuli riuniti in assise valuteranno le attività della CEP svolte nel 2008. (I.P.)

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    Nasce il sito per seguire l’elezione del Patriarca di Mosca

    ◊   La Chiesa ortodossa di Russia è sempre più presente sul web. Dopo il lancio quasi un mese fa di un portale (www.patriarh2009.ru) dove è possibile votare il proprio candidato preferito a ricoprire la carica di Patriarca - si legge sull’agenzia Sir – è nato oggi un sito ufficiale in lingua russa (a cura del servizio stampa del Patriarcato di Mosca, (www.sobor2009.ru), dove è possibile seguire i due grandi eventi che porteranno alla elezione del nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russia: il Consiglio dei vescovi, che si terrà nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca il 25-26 gennaio, e il Consiglio locale della Chiesa ortodossa russa che si aprirà sempre nella cattedrale moscovita, il 27 gennaio e durerà fino al 29 gennaio. Nel sito è possibile accedere ad un archivio di documenti, reperire la lista dei partecipanti ai due Consigli elettivi, le modalità di accreditamento per i media. Sono stati pubblicati anche i programmi del Consiglio dei vescovi e del Consiglio locale. Tutto si concluderà il 1 febbraio con la solenne intronizzazione nella cattedrale di Cristo Salvatore del nuovo Patriarca mentre lunedì 2 febbraio i vescovi saranno ricevuti al Cremlino.(B.C.)

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    Documento dei vescovi irlandesi sulla povertà nel Paese

    ◊   “Sulla scia della tigre celtica: la povertà nell’Irlanda contemporanea”. E’ il titolo del documento presentato ieri a Dublino dalla Commissione per la Giustizia e gli Affari sociali della Conferenza episcopale irlandese. Lo studio - informa l’agenzia Sir – si può acquistare nelle librerie irlandesi della casa editrice Veritas o consultare attraverso il sito www.veritas.ie. “Siamo consapevoli”, ha detto il vescovo Raymond Field, presidente della Commissione, “che questo documento viene pubblicato in un contesto di crescente insicurezza economica. Ogni giorno porta nuova disoccupazione con conseguenze devastanti per gli individui, le famiglie e le società colpite. Mentre riconosciamo le molte pressioni alle quali è sottoposto il governo e il bisogno di decisioni difficili in un momento di crisi economica, non si possono ignorare i bisogni dei più deboli”. Secondo John Monaghan, vicepresidente nazionale della Società San Vincenzo de Paoli, presente al lancio del documento, “occorre con urgenza un ‘Piano nazionale di sviluppo per le persone’ che garantisca sufficiente denaro per vivere, accesso all’educazione, alle cure sanitarie e lo sviluppo di comunità forti e sostenibili dal punto di vista ambientale. Esso deve anche comprendere un forum per discutere il bene comune che comprenda persone di diverse fedi e convinzioni e dia priorità alle voci e alle esperienze dei poveri, degli svantaggiati e dei vulnerabili”. (R.G.)

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    Le Commissioni giustizia e pace d’Europa organizzano una mostra sulla povertà

    ◊   Trenta opere d’arte, suddivise in fotografie, dipinti e sculture di artisti provenienti da tutti i Paesi europei, per attirare l’attenzione della comunità internazionale e dell’opinione pubblica sulla drammatica situazione della povertà nel mondo. Con questo obiettivo, la Conferenza delle Commissioni Giustizia e Pace d’Europa ha organizzato una mostra, intitolata “La povertà ha un volto”. L’esposizione sarà ospitata dal 27 gennaio al 6 febbraio nella sede del Consiglio d’Europa, a Strasburgo. “La mostra – si legge in una nota – favorirà l’apertura di nuove prospettive sulla questione della povertà e permetterà l’avvio di un dibattito sul problema”. Gli organizzatori della rassegna ricordano, poi, che secondo quanto stabilito dalle Nazioni Unite negli Obiettivi per lo sviluppo del millennio, la comunità internazionale si è impegnata a dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015. Un obiettivo, affermano le Commissioni Giustizia e Pace europee, che “chiaramente non sarà raggiunto” entro la data prevista. Di qui, l’invito finale a “tutti gli uomini di buona volontà” perché si lavori per “la costruzione di un mondo più umano, al seguito di Cristo”. (I.P.)

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    Consiglio d'Europa: a Città del Capo prima conferenza sulla giustizia costituzionale

    ◊   “L’influenza della giustizia costituzionale sulla società e sullo sviluppo di una giurisprudenza globale dei diritti dell’uomo” è il tema della prima conferenza mondiale sulla giustizia costituzionale che la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa e la Corte costituzionale del Sud Africa promuovono il 23 e 24 gennaio a Città del Capo. Sempre più Paesi, spiega il Consiglio, “introducono forme di controllo costituzionale, sia attraverso corti o consigli costituzionali specializzati, sia attribuendo poteri di controllo costituzionale a corti supreme o a camere specializzate al loro interno”. Con la conferenza di Città del Capo, - riferisce l'agenzia Sir - la Corte costituzionale del Sud Africa e la Commissione di Venezia intendono promuovere “la cooperazione fra le corti impegnate nel controllo costituzionale e favorire lo sviluppo dei principi universali dei diritti umani”. Circa 260 partecipanti, provenienti da 93 Paesi. In apertura dei lavori sono previsti gli interventi di Kgalema Motlanthe, presidente del Sud Africa; Justice Pius Langa, presidente della Corte costituzionale sudafricana, e Maud de Boer-Buquicchio, vice segretario generale del CdE. La Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, nota come Commissione di Venezia, è l’organo consultivo del CdE per le questioni costituzionali. (R.P.)

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    Il caso Englaro. Intervento del cardinale Caffarra a difesa della vita

    ◊   “L’ipotizzato ricovero di Eluana Englaro in una struttura sanitaria della nostra Regione sarebbe non per la vita ma per la soppressione della vita”. E’ quanto si legge in un comunicato dell’arcidiocesi di Bologna a firma del cardinale Carlo Caffarra. “Come cristiano e come vescovo – scrive il porporato - debbo denunciare con ogni forza il porre in essere una tale eventualità”. “Sarebbe un atto gravissimo in primo luogo contro Dio – si legge ancora - e poi contro ogni essere umano” perché si vedrebbe violata la dignità della persona che “sopravvive alle più crude offese della malattia, persino nella estrema fragilità e impotenza di una condizione deprivata della coscienza”. “La vita umana innocente non è un bene che si possa espropriare” ha ammonito l’arcivescovo di Bologna che ha invitato la Regione Emilia Romagna a rispettare i valori della Carta Costituzionale che “non consente pratiche eutanasiche né ammette che si possa negare ad alcuno il sostegno vitale dell’alimentazione e dell’idratazione”. “Quando avviene che una società trasforma in licenza di uccidere, o di uccidersi, una legittima libertà di scelta del trattamento terapeutico – ribadisce il cardinale Caffarra - è tempo che quella società faccia una seria riflessione sul suo destino”. Infine il porporato invita a pregare per Eluana Englaro in occasione della imminente celebrazione della “Giornata per la vita”. (B.C.)

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    Ricordati i 50 anni dell’ingresso nella diocesi di Vittorio Veneto del futuro Papa Albino Luciani

    ◊   “Seppe tenere il timone della barca nella direzione giusta anche nel vortice della tempesta, preoccupato solo di essere fedele a Cristo a qualunque costo”. E’ il pensiero – riportato dal quotidiano Avvenire – del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, che ha presieduto domenica ad una solenne concelebrazione a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, per ricordare i 50 anni dall’ingresso in diocesi dell’allora vescovo Albino Luciani, futuro Giovanni Paolo I. L'11 gennaio 1959 era una fredda giornata, il presule portò però tra i fedeli il grande entusiasmo del Concilio Vaticano II, ne spiegò gli insegnamenti e le direttive, la riforma liturgica e promosse la formazione teologico-pastorale. Non mancarono le contestazioni ma – riferisce il cardinale Giovanni Battista Re – affrontò la vicenda “con la serietà che gli veniva dall’amore per la Chiesa e da un’acuta competenza teologica”. “Custode della fede e uomo della carità” è la definizione data a Papa Luciani dal vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo. “Custodendo la fede, cioè l’adesione personale al messaggio e alla persona di Gesù – ha detto nel corso della festa del patrono della diocesi San Tiziano – si diventa uomini capaci di amare come Gesù”. (B.C.)

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    Il programma della Settimana per l’Unità dei cristiani nella Basilica di San Paolo fuori le mura

    ◊   Ogni anno l’abbazia benedettina di San Paolo fuori le mura celebra con solennità la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani con liturgie e preghiere ecumeniche che coinvolgono a livelli diversi le varie Denominazioni cristiane presenti in Roma. In questo speciale anno paolino si è cercato di dare un respiro ancor più universale per i tanti pellegrini che si fermano a pregare nella Basilica di San Paolo, attorno alla tomba dell’apostolo. “Pregare insieme per l’unità dei cristiani è un dovere di ciascun cristiano che vuole aderire alla richiesta di Gesù ‘ut unum sint’”, ha detto all’agenzia Zenit padre Edmund Power, abate di San Paolo fuori le Mura, spiegando il programma della settimana e il suo significato. “ È una preghiera particolarmente importante quella che anela all’unità, in un mondo che è segnato da troppe divisioni anche all’interno della cristianità”, ha aggiunto. “Come cristiani non dovremmo mai stancarci di chiedere a Dio questo dono, che diventa nello stesso tempo testimonianza – ha poi proseguito padre Power –. Dobbiamo fare ogni sforzo umano per raggiungere tale unità, ma siamo anche ben consapevoli che abbiamo bisogno di chiederla a Dio incessantemente”. “Il modo di pregare benedettino è un modo squisitamente liturgico e ancorato alla parola di Dio, è per questo che invitiamo tutti i pellegrini o i romani che vogliano pregare con noi per l’Unità a celebrare ogni sera alle ore 18.00 (e solo il 21 e il 24 gennaio alle 17.30) con i monaci, i Vespri ecumenici accanto alla tomba di San Paolo presieduti ogni giorno da personalità diverse che potranno apportare la loro specificità e ricchezza alla preghiera di questa settimana”. “Vorrei poi segnalare – ha sottolineato – due celebrazioni in particolare quella di sabato 24 gennaio (ore 17.30), in cui celebreremo i Vespri e la Messa solenne da me presieduta della Vigilia della Conversione di S Paolo e a cui parteciperanno la Comunità monastica benedettina di San Paolo, la Famiglia paolina, i sacerdoti e religiose della Madonna del Divino Amore, i missionari comboniani”. Domenica 25, poi, alle ore 10.30 l'arciprete della Basilica di San Paolo, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, presiederà la Santa Messa, mentre nel pomeriggio ci sarà l’incontro con Benedetto XVI che presiederà i Vespri in Basilica. “Sarà un’occasione privilegiata per ascoltare ancora una volta il Santo Padre parlare di San Paolo, a cui quest’anno sta dedicando molte catechesi e omelie e che in questo modo aiuta certamente tutti noi e tutti i cristiani del mondo ad entrare più profondamente nella conoscenza dell’Apostolo delle Genti”, ha poi concluso padre Power. (A cura di Marco Cardinali)

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    Ieri giornata di studi su San Paolo all’Università Gregoriana di Roma

    ◊   La giornata di studi dedicata dalla Pontificia Università Gregoriana a Paulo Apostolo Martyri per celebrare l’Anno Paolino è stata caratterizzata ieri pomeriggio da cinque relazioni di crescente interesse, a cominciare da quella di mons. Antonio Pitta, docente di Teologia alla “Lateranense”, sulla realtà storico-sociologica di Roma all’epoca dell’Apostolo come emerge dalla parte conclusiva della sua Lettera ai Romani. L’onomastica del capitolo 16 dimostra, ha detto, che le comunità romane – dalla connotazione domestica, intragiudaica e di umile estrazione – pur non essendo fondate da Paolo, conoscono e tendono a strumentalizzare il suo modo di concepire le relazioni con la Legge e la tradizione ebraica, divise come sono tra “puri” e “impuri” nella comunione di mensa. Un’affascinante indagine sulla genesi e lo sviluppo della cosiddetta Iohannipolis - l’insediamento urbano e monastico che si sviluppa nel Medioevo attorno alla Basilica di San Paolo che porta il nome di papa Giovanni VIII (872-882) e di cui non vi è più traccia dalla fine del 1300 - è stata compiuta dall’archeologa Lucrezia Spera del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, direttrice dei recenti scavi attorno alla Basilica. Un sito intorno al quale si svolgerà il primo aprile un convegno a Roma. Il padre gesuita Jos Janssens della “Gregoriana”, ha fatto una relazione sui monumenti paleocristiani di Roma nei quali sono raffigurati gli apostoli Pietro e Paolo; Caterina Papi dell’ “Antonianum” sull’apostolo Paolo si è occupata delle iscrizioni cristiane di Roma e infine Ottavio Bucarelli della “Gregoriana” ha analizzato la devozione e il pellegrinaggio alla tomba di Paolo dall’antichità al Medioevo. (A cura di Graziano Motta)

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    A Milano il musical su don Bosco a 150 anni dalla fondazione dell’Ordine dei salesiani

    ◊   Il 2009 segna il 150.mo anniversario della fondazione dell’Ordine dei salesiani. Un musical ripercorre la vita del Santo fondatore, don Giovanni Bosco e la sua opera di reinterpretazione dell’oratorio. Pensato dal regista di “Forza venite gente”, Piero Castellacci, l’allestimento – realizzato da Marcello Cirillo ed un cast di 18 fra ballerini, attori e cantanti - racconta l’attualità di una figura come quella di don Bosco. Lo spettacolo approda a Milano il prossimo 25 gennaio, poi sarà a Vercelli, Cantù e Bergamo prima di fare ritorno a Roma dove esordì lo scorso 18 ottobre. Il don Bosco raccontato in musica è il fondatore di un Ordine che non porta però il suo nome, testimonianza della sua umiltà ma anche colui che pensava ad una carta dei diritti per gli adolescenti, prova del suo amore per la gioventù. Quello che si aprirà il 31 gennaio prossimo, memoria di don Bosco, sarà per i salesiani un “anno di grazia” come lo ha definito il rettore maggiore don Pascual Chavez. Nel 150.mo dell’Ordine le reliquie del Santo inizieranno un pellegrinaggio attraverso le otto regioni della Congregazione, avviando il cammino di preparazione alla celebrazione del bicentenario della nascita di don Bosco nel 2015. (Da Milano, Fabio Brenna)

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    24 Ore nel Mondo



    In un clima di incertezza prosegue il cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza

    ◊   In concomitanza con il ritiro delle truppe dello Stato israeliano dalla Striscia di Gaza, la diplomazia internazionale cerca di promuovere il processo di pace e di ricostruzione nella regione: ieri, in Kuwait, si è svolto un vertice dei Paesi arabi alla presenza del segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, che da stamani si trova in missione a Gaza. E proprio nel fronte arabo sono emerse difficoltà ad arrivare ad una posizione politica comune. Il servizio di Giancarlo La Vella:


    Ban Ki-moon è giunto a Gaza stamattina, dopo l’autorizzazione alla visita data dal premier israeliano, Olmert. Altre tappe della missione: le zone di confine e la città ebraica di Sderot, la più bersagliata dai razzi di Hamas. In concomitanza con la visita, violenti incidenti si sono verificati tra miliziani palestinesi e soldati israeliani. Obiettivo primario del segretario generale dell’Onu è rendersi conto della situazione umanitaria dopo 22 giorni di bombardamenti. Secondo fonti delle Nazioni Unite, sono 50 mila i senza tetto e 500 mila le persone senza acqua. Ieri, Ban Ki-moon ha partecipato in Kuwait al vertice arabo straordinario, in cui si è parlato proprio delle misure immediate per far fronte alla grave emergenza in cui versa la popolazione della Striscia. Tuttavia, manca una presa di posizione politica comune sulla crisi, che avrebbe dovuta essere ufficializzata stamani in un dichiarazione finale.

     
    Il fronte arabo, per diversità di vedute, ha riferito stamani alla stampa il ministro degli Esteri iracheno, Zebari, non appare, dunque, unito sulle soluzioni della crisi. Ieri, il presidente palestinese, Abu Mazen, aveva esposto in Kuwait la sua idea: elezioni generali subito e formazione di un governo di unità nazionale. E oggi, sul terreno, ci sono stati momenti di forte tensione, quando in Israele è arrivata la notizia del lancio di due colpi da mortaio nel sud dello Stato ebraico. Poi, una portavoce dell'esercito israeliano ha smentito l’episodio, che avrebbe significato - dopo appena tre giorni - il fallimento di una tregua sia pur fragile, ma sostenuta con forza da tutta la comunità internazionale. Comunque, non tutte le fazioni palestinesi hanno aderito alla tregua e la possibilità di violazioni è sempre molto alta.
     Conclusa crisi del gas
    Ripresa questa mattina la fornitura di gas all’Europa attraverso l’Ucraina. Alle 10.24 ora di Mosca, le 08.24 in Italia, il sistema di gasdotti ucraino ha cominciato a ricevere il metano russo. L'accordo, voluto dal premier russo, Vladimir Putin, e da quello ucraino, Iulia Timoshenko, è stato raggiunto domenica scorsa e firmato ieri dai capi della russa Gazprom, e della compagnia energetica ucraina Naftogaz. Del contratto, che sarà valido fino al 2029 e che prevede intese separate per il gas di transito e per quello destinato al consumo ucraino, non sono stati resi noti ulteriori dettagli. Putin ha poi puntualizzato che, con la firma, non ci sarà più bisogno della presenza di osservatori o di consorzi internazionali. Il transito del gas era stato sospeso il 7 gennaio scorso, dopo la chiusura dei rubinetti da parte di Gazprom che accusava Kiev del furto di metano.

    Russia - assassinati avvocato e giovane giornalista
    Nuovo agguato in Russia. Questa volta a cadere sotto i colpi dei sicari sono stati la giornalista Anastasia Baburova e l’avvocato Stanislav Markelov, icona della lotta per i diritti civili in Cecenia. La venticinquenne praticante della Novaya Gazeta - lo stesso giornale in cui lavorava Anna Politkovskaya - è morta in ospedale, dov’era giunta con una ferita d'arma da fuoco alla testa, dopo che aveva cercato di inseguire il sicario che aveva precedentemente sparato alla nuca il legale.
     Afghanistan
    Le truppe della coalizione multinazionale in Afghanistan guidate dall'esercito americano hanno ucciso 22 talebani in tre distinte operazioni. Tra le vittime anche due capi, il mullah Patang e il mullah Abdul Rahim Akund. La notizia è stata diffusa da fonti del comando americano, secondo il quale i raid sono avvenuti ieri nella parte orientale e meridionale del Paese. Intanto, il presidente afghano, Hamid Karzai, ha ribadito oggi che le potenze occidentali non fanno abbastanza per impedire le vittime civili nel conflitto con i talebani, nè per contrastare la produzione di oppio. Karzai, intervenendo all'apertura del parlamento afghano, ha chiesto alle forze militari straniere presenti nel Paese di “rivedere la strategia militare e di sicurezza”, perchè la morte dei civili è un fattore di instabilità. Gli esperti stimano siano stati duemila i civili uccisi lo scorso anno.

    Iraq
    Alla presenza di migliaia di persone e di diversi rappresentanti delle istituzioni, si sono svolti questa mattina a Baghdad i funerali di Hussein Ali Mahfouz, un intellettuale accademico, membro della grande tribù al-Asadi, morto ieri notte all'eta di 82 anni. Sin dagli Anni '50, Mahfouz aveva rappresentato l'Iraq in decine di conferenze a livello mondiale, comitati scientifici, seminari e festival letterari in Iraq e in molti Paesi arabi. Vincitore di numerosi premi letterari, da decenni amava aprire il suo salotto a Baghdad una volta a settimana, ogni martedì sera, ai più importanti esponenti iracheni del mondo della letteratura, scienza, cultura e arte. Docente di letteratura all'Università di Baghdad, aveva pubblicato oltre di 1500 scritti tra libri, tesi, studi e ricerche. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, nel 2003, in numerose trasmissioni televisive, anche su reti satellitari, aveva esortato gli iracheni all'unità nazionale quale unica strada per superare la crisi.

    Repubblica Democratica del Congo
    Truppe del Rwanda sono entrate questa mattina a nord delle città di Goma, nell'est della Repubblica Democratica del Congo, per dare la caccia a miliziani hutu. L’offensiva, che vede coinvolti circa 2000 soldati, s’inquadra in un’operazione anti-guerriglia congiunta tra il governo congolese e quello rwandese, dopo accordi presi a dicembre. All’accordo si era arrivati dopo un’offensiva, l'anno scorso, dei ribelli tutsi del Congo che sostenevano di dover proteggere se stessi dai combattenti hutu del Rwanda.
     Cina
    Il virus dell’aviaria continua ad uccidere nel Paese asiatico. Questa mattina c’è stata la terza vittima dall’inizio dell’anno. Un ragazzo di 16 anni è morto nella provincia centrale dell’Hunan, mentre una bambina di due anni rimane in gravi condizioni. Altre due donne sono decedute nei giorni scorsi. Le autorità temono che il virus possa avere una forte diffusione la prossima settimana, quando milioni di persone si metteranno in viaggio per andare a festeggiare in famiglia il Capodanno lunare. Il virus H5N1 è comparso in Asia nel 2003 e ha provocato la morte di 392 persone, delle quali 23 in Cina.

    Corea del Sud
    Lo sgombero da parte della polizia di un edificio occupato dagli squatter, ha provocato la morte di 6 persone. È accaduto a Seul dove un incendio divampato dopo l'irruzione delle forze dell’ordine è costata la vita a 5 abusivi e un poliziotto. I manifestanti, circa 40, avevano occupato lo stabile per protestare contro i bassi indennizzi accordati per la demolizione delle loro case. Secondo la polizia, i decessi sarebbero stati causati dall'incendio scatenatosi a causa delle bottiglie incendiarie lanciate dagli squatter. Il presidente sudcoreano ha ordinato un'indagine. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e di Francesca Ciacci)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 20

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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