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Sommario del 18/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • All’Angelus, il vibrante appello di Benedetto XVI: fermare la tragedia in atto nella Striscia di Gaza. Ed esorta i fedeli ad accogliere i migranti e ad impegnarsi per l’unità dei cristiani
  • “La famiglia ha il diritto di essere riconosciuta nella propria identità”: così, il Papa nel video messaggio per l’Incontro mondiale delle famiglie di Città del Messico
  • Il Papa al concerto nella Cappella Sistina in onore del fratello Georg: la musica porta nel mondo la bellezza di Dio
  • Il cardinale Kasper: la Settimana per l’unità dei cristiani occasione per affrontare le sfide sulla via dell’ecumenismo
  • L’arcivescovo Marchetto nella Giornata del Migrante: è il Vangelo a chiederci di accogliere il prossimo in difficoltà
  • Oggi in Primo Piano

  • Dopo Israele anche Hamas annuncia il cessate il fuoco. Diplomazia internazionale al lavoro per la pace al Vertice di Sharm el Sheikh
  • Elezioni parlamentari in Salvador: la Chiesa locale esorta i cittadini a votare con senso di responsabilità
  • Speranze di pace nel Nord Kivu, dopo l’annuncio della fine delle ostilità da parte di una fazione di ribelli
  • Chiesa e Società

  • Lettera Pastorale dei vescovi del Camerun in vista del viaggio del Papa a marzo
  • Ad agosto, nelle Filippine, la Plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche
  • I vescovi statunitensi promuovono l’annuale colletta per la Chiesa in America Latina
  • Dalla Famiglia Francescana nelle Filippine un appello per la difesa dei diritti umani nel Paese
  • L'arcidiocesi di Seul: i laici sono il motore della Chiesa coreana
  • Ogni anno 200 giovani volontari in Vietnam con le Francescane Missionarie di Maria
  • Le Pontificie Opere Missionarie australiane al fianco dei bambini africani
  • Convegno Cei a Roma per riflettere sulle possibilità offerte da Internet alla Chiesa
  • Usa: accordato il rilascio da Guantanamo di un detenuto ventiduenne
  • Il ruolo della famiglia per lo sviluppo dei bambini al centro di un congresso in India
  • Congo: i sopravvissuti agli attacchi dei miliziani del "Lra" chiedono aiuto
  • 24 Ore nel Mondo

  • Accordo Russia-Ucraina per sbloccare le furniture di gas ai Paesi europei
  • Il Papa e la Santa Sede



    All’Angelus, il vibrante appello di Benedetto XVI: fermare la tragedia in atto nella Striscia di Gaza. Ed esorta i fedeli ad accogliere i migranti e ad impegnarsi per l’unità dei cristiani

    ◊   Porre fine alla “inaudita violenza” che sta seminando morte e distruzione nella Striscia di Gaza: è l’accorato appello di Benedetto XVI all’Angelus domenicale in Piazza San Pietro. Il Papa ha incoraggiato quanti si stanno impegnando per “fermare la tragedia” in Terra Santa, auspicando un nuovo e coraggioso processo di pace nella regione. Nell'odierna Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, il pensiero del Papa è andato anche agli immigrati che vivono spesso in condizioni drammatiche. E, ancora, ha salutato l’inizio della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani esortando i fedeli a rinnovare gli sforzi sulla via dell’ecumenismo. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Fermare la tragedia” che si sta compiendo in Terra Santa. All’Angelus, Benedetto XVI torna a levare alta la voce affinché si ponga fine al conflitto nella Striscia di Gaza. Il Papa ricorda al Signore le centinaia di bambini, anziani e donne “vittime innocenti dell’inaudita violenza” e invita i fedeli ad accompagnare, con la preghiera, gli sforzi compiuti da numerose persone di buona volontà:

     
    “Spero vivamente che si sappia approfittare, con saggezza, degli spiragli aperti per ripristinare la tregua e avviarsi verso soluzioni pacifiche e durevoli. In questo senso, rinnovo il mio incoraggiamento a quanti, da una parte come dall’altra, credono che in Terra Santa ci sia spazio per tutti, affinché aiutino la loro gente a rialzarsi dalle macerie e dal terrore e, coraggiosamente, riprendere il filo del dialogo nella giustizia e nella verità. E’ questo l’unico cammino che può effettivamente schiudere un avvenire di pace per i figli di quella cara regione!”.

     
    Dalle sofferenze dei popoli della Terra Santa a quella degli immigrati. Nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Papa ha rivolto il pensiero a San Paolo, “grande missionario itinerante del Vangelo” che da persecutore dei cristiani divenne, dopo la conversione, ambasciatore di Cristo Risorto per farlo conoscere a tutti:

     
    “Questa è anche la missione della Chiesa, più che mai in questo nostro tempo di globalizzazione. Come cristiani, non possiamo non avvertire il bisogno di trasmettere il messaggio d’amore di Gesù specialmente a quanti non lo conoscono, oppure si trovano in situazioni difficili e dolorose”.

     
    La realtà dei migranti, ha detto il Pontefice, è senz’altro variegata, ma a volte è purtroppo “penosa, difficile e talora persino drammatica”. Ognuno di noi, secondo la propria vocazione e là dove vive e lavora, ha proseguito, “è chiamato a testimoniare il Vangelo, con una cura più grande per quei fratelli e sorelle che da altri Paesi, per diversi motivi, sono venuti a vivere in mezzo a noi, valorizzando così il fenomeno delle migrazioni come occasione di incontro tra civiltà”:

     
    “Preghiamo ed agiamo perché questo avvenga sempre in modo pacifico e costruttivo, nel rispetto e nel dialogo, prevenendo ogni tentazione di conflitto e di sopraffazione”.

     
    Il Pontefice ha poi dedicato un pensiero ai marittimi e ai pescatori che da qualche tempo vivono forti disagi a causa della pirateria e della pesca illegale. E, ancora, parlando ai rappresentanti delle comunità cattoliche migrantes presenti a Roma ha rivolto un particolare saluto agli immigrati che vivono in Italia:

     
    “Cari amici, vi ripeto le parole dell’apostolo Paolo: nella Chiesa voi non siete stranieri né ospiti, ma fate parte della famiglia di Dio. Sappiate inserirvi bene nella comunità ecclesiale e civile, con la ricchezza della vostra fede e delle vostre tradizioni”.

     
    Benedetto XVI ha quindi rivolto l’attenzione alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, iniziativa al via oggi che si concluderà domenica prossima con la celebrazione dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Si è soffermato sul tema della Settimana, tratto dal Libro di Ezechiele: “Che formino una cosa sola nella tua mano”. Un invito da accogliere, ha sottolineato, affinché i cristiani “camminino in modo risoluto verso la piena comunione tra loro”:

     
    “Mi rivolgo particolarmente ai cattolici sparsi nel mondo affinché, uniti nella preghiera, non si stanchino di operare per superare gli ostacoli che ancora impediscono la piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo L’impegno ecumenico è ancora più urgente oggi, per dare alla nostra società, segnata da tragici conflitti e da laceranti divisioni, un segno e un impulso verso la riconciliazione e la pace”.

     
    Ancora, il Papa ha ricordato l’Incontro mondiale delle Famiglie a Città del Messico e, salutando i pellegrini di lingua italiana, l’odierna Giornata della diocesi di Roma per la Scuola cattolica:

     
    “Cari amici, il servizio educativo della scuola cattolica è oggi più che mai prezioso, perché i bambini, i ragazzi e i giovani hanno bisogno di ricevere una valida istruzione all’interno di una visione coerente dell’uomo e della vita”.

     
    Benedetto XVI ha assicurato la sua preghiera e il suo sostegno a quanti insegnano e studiano nelle scuole cattoliche di Roma, incoraggiandoli “ad impegnarsi sempre per formare comunità educative ricche di valori umani e cristiani”.

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    “La famiglia ha il diritto di essere riconosciuta nella propria identità”: così, il Papa nel video messaggio per l’Incontro mondiale delle famiglie di Città del Messico

    ◊   “La famiglia ha il diritto di essere riconosciuta nella propria identità” e di “poter contare sulla dovuta tutela”, perché ha una “funzione sociale essenziale”: sono le parole di Benedetto XVI, contenute in un video messaggio registrato per il VI Incontro mondiale delle famiglie, in corso a Città del Messico. Il video del Papa è stato trasmesso ieri pomeriggio - l’una di notte in Italia – durante la Veglia Mariana che si è svolta sul sagrato della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Oggi, invece, è in programma la Messa conclusiva: a presiedere la celebrazione sarà il cardinale Tarcisio Bertone, in veste di Legato Pontificio, mentre il Papa interverrà in video collegamento ed annuncerà le date ed il luogo del prossimo raduno mondiale delle famiglie. La nostra emittente seguirà in diretta l’evento, a partire dalle ore 15.50. Ma torniamo al video messaggio del Papa, con il servizio di Isabella Piro:


    Erano numerose le famiglie cristiane provenienti dai cinque continenti che ieri hanno raccontato la loro esperienza, sul sagrato della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Testimonianze che si sono alternate alla recita dei Misteri Gaudiosi del Rosario e che sono state – ha detto il Papa – come “un’eco e un riflesso nel nostro tempo della storia di Gesù e della sua famiglia”, perché “l’ambiente domestico è una scuola di umanità e di vita cristiana per tutti i suoi membri, con conseguenze benefiche per le persone, la Chiesa e la società”:

    “En efecto, el hogar está llamado a vivir y cultivar el amor recíproco…”
    “In effetti – ha aggiunto Benedetto XVI - il focolare domestico è chiamato a vivere e a coltivare l’amore reciproco e la verità, il rispetto e la giustizia, la lealtà e la collaborazione, il servizio e la disponibilità verso gli altri, specialmente verso i più deboli”.

     
    E la famiglia deve essere “impregnata della presenza di Dio”, ha ricordato ancora il Papa, perché il Signore “sta certamente” con coloro che ascoltano la sua Parola e mettono in pratica i suoi insegnamenti:

    “De este modo, se transforma y se mejora gradualmente la vida personal…”
    “In questo modo, si trasforma e si migliora gradualmente la vita personale e familiare – ha ribadito il Pontefice - si arricchisce il dialogo, si trasmette la fede ai figli, si accresce il piacere di stare insieme, e il focolare domestico si unisce e si consolida ancora, come una casa costruita su una roccia (cf. Mt 7,24-25)”.

    Di qui, l’importanza della preghiera, la cui forza permette alla famiglia di trasformarsi “in una comunità di discepoli e missionari di Cristo”, in cui “si annida, si trasmette e si irradia il Vangelo”:

    “La familia cristiana, viviendo la confianza y la obediencia filial a Dios…”
    “La famiglia cristiana – ha ricordato il Papa - vivendo la fiducia e l’obbedienza filiale a Dio, la fedeltà e l’accoglienza generosa dei figli, la cura dei più deboli e la disponibilità al perdono, si converte in un Vangelo vivo, che tutti possono “leggere” (Cf. 2 Co 3,2), in un segno di credibilità forse più persuasivo e capace di richiamare l’attenzione del mondo di oggi”.

     
    E sono diversi gli impegni che Benedetto XVI ha affidato alla famiglia contemporanea: portare la sua “testimonianza di vita” e la sua “esplicita professione di fede” nella scuola e nelle associazioni, impegnarsi nella catechesi dei figli e nelle attività parrocchiali, soprattutto in quelle “preposte alla preparazione al matrimonio o rivolte in maniera specifica alla vita familiare”.

    “La convivencia en el hogar, al mostrar que libertad y solidaridad…”
    “La convivenza in casa – ha aggiunto il Papa - è un dono per le persone e una fonte di ispirazione per la convivenza sociale, perchè mostra che libertà e solidarietà sono complementari, che il bene di ciascuno deve contare sul bene dell’altro, che la richiesta di una giustizia severa deve essere aperta alla comprensione, e il perdono deve essere a favore di un bene comune”.

     
    Poi, la sottolineatura forte che la famiglia è “cellula vitale della società, la prima e fondamentale risorsa per il suo sviluppo” e “l’ultimo rifugio” per coloro che le istituzioni non riescono a tutelare in modo soddisfacente:

    “Por su función social esencial, la familia tiene derecho a ser reconocida…”
    “Per la sua funzione sociale essenziale – ha affermato il Papa - la famiglia ha il diritto di essere riconosciuta nella propria identità e di non essere confusa con altre forme di convivenza, e anche di poter contare sulla dovuta tutela culturale, giuridica, economica, sociale, sanitaria e, più particolarmente, su un appoggio che, tenendo conto del numero dei figli e delle disponibilità economiche, sia tale da consentire la libertà dell’educazione e della scelta della scuola”.

     
    Chiedendo, quindi, lo sviluppo di una “cultura e una politica della famiglia” a favore delle famiglie stesse, Benedetto XVI ha incoraggiato le associazioni che promuovono l’identità e i diritti della famiglia, auspicando un loro maggiore coordinamento. Infine, l’appello a tutti a “collaborare con impegno ed allegria nella nobile causa della famiglia”, perché, ha concluso il Papa, “lavorare per la famiglia è lavorare per il futuro degno e luminoso dell’umanità”.

     
    E' giunto dunque quasi al termine il grande raduno delle famiglie a Città del Messico. Dalla capitale messicana il servizio di padre Gianfranco Grieco, capo ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia:


    Con una solenne concelebrazione eucaristica domenicale, presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato e Legato pontificio, si concluderà davanti al santuario di Nostra Signora di Guadalupe, quando a Roma saranno le 16 del pomeriggio, il VI Incontro mondiale delle famiglie. Sabato sera, durante la Veglia mariana, disturbata alla fine dalla pioggia giunta quasi all’improvviso, migliaia e migliaia di famiglie si sono strette attorno al cardinale Bertone, al cardinale Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, al cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo primate del Messico, per vivere un forte ed intenso momento di fede e di pietà popolare, davanti al quadro di Nostra Signora di Guadalupe. Musiche, canti, sfilate delle bandiere dei 97 Paesi rappresentati, recita dei Misteri Gaudiosi con commoventi testimonianze. Dall’Europa, una famiglia italiana con ben cinque figli che opera come missionaria nei Paesi Bassi; altre testimonianze dall’America, dal Guatemala, dall’Africa – il Paese era il Malawi; dall’Asia – il Paese era il Pakistan, dal Nord America, gli Stati Uniti. Tante testimonianze, segnate dalla prova, dal riscatto, dalla Croce. Commoventi soprattutto le testimonianze di due famiglie colpite dalla morte improvvisa di figli giovani che dopo la tragedia hanno cambiato la vita dei loro genitori.

     
    Nel suo caloroso saluto, il Legato pontificio ha portato a tutti i messicani la benedizione affettuosa, corale di Benedetto XVI che rivolgerà la sua parola anche questa mattina, al termine della solenne concelebrazione eucaristica. “Formiamo tutti la famiglia di Dio”, ha ricordato il cardinale Bertone. “La famiglia sia fonte di vita e di testimonianza cristiana. I giovani, soprattutto, sappiano trovare nella famiglia un costante punto di riferimento e la famiglia, nello stesso tempo, sappia formarsi e formare ai valori umani e cristiani”.

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    Il Papa al concerto nella Cappella Sistina in onore del fratello Georg: la musica porta nel mondo la bellezza di Dio

    ◊   “Il Signore ti doni ancora anni buoni in cui tu possa vivere la gioia di Dio e la gioia della musica”: è l’augurio che Benedetto XVI ha rivolto, ieri sera, al fratello Georg al termine di un Concerto nella Cappella Sistina in occasione del suo 85.mo genetliaco. L’evento in onore di mons. Georg Ratzinger, Maestro di Cappella emerito del Duomo di Ratisbona, è stato celebrato con un’esecuzione della Messa in do minore di Mozart da parte del Coro dei “Regensburger Domspatzen”. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto da mons. Gerhard Ludwig Müller, vescovo di Regensburg. A margine del concerto, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, ha consegnato a mons. Georg Ratzinger, l'onorificenza della Gran Croce della Repubblica italiana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

     
    (musica)

    Il servizio alla Chiesa e l’amore per la musica hanno sempre contraddistinto la vita di Joseph e Georg Ratzinger. Al termine del concerto, Benedetto XVI è tornato con la mente al lontano 1941 quando su iniziativa del fratello si recarono assieme al Festival di Salisburgo:

    “Potemmo allora assistere ad alcuni splendidi concerti e, tra questi, nella Basilica abbaziale di San Pietro, all’esecuzione della Messa in do minore. Fu un momento indimenticabile, il vertice spirituale, direi, di quella nostra gita culturale”.

     
    Anche se allora ero un ragazzino, ha proseguito a braccio in tedesco, “ho capito che avevamo vissuto qualcosa di diverso da un semplice concerto: quello era stata musica in preghiera”. In quella Messa di Mozart, ha detto ancora, “avevamo potuto sfiorare qualcosa della magnificenza e della bellezza di Dio stesso”. Benedetto XVI ha quindi ricordato le difficoltà degli anni giovanili del fratello:

     
    Als Du zur Welt kamst, war die Inflation kaum zu Ende, ...
    “Quando sei nato – ha rammentato – l’inflazione era appena finita e la gente, anche i nostri genitori, avevano perso tutti i loro risparmi. Poi è venuta la crisi economica mondiale, la dittatura nazista, la guerra, la prigionia”. Dopo il conflitto, ha ricordato il Papa, “con nuova speranza e gioia, in una Germania distrutta e dissanguata, abbiamo iniziato la nostra strada”. Ha così sottolineato la duplice vocazione del fratello Georg alla musica e al sacerdozio, “una che abbracciava l’altra”, ed ha messo l’accento sull’esperienza con i “Regensburger Domspatzen”. Un incarico, ha rilevato, in cui mons. Ratzinger ha potuto “servire sacerdotalmente la musica e trasmettere al mondo e all’umanità la gioia per l’esistenza di Dio tramite la bellezza della musica e del canto”. Quel coro, nato più di mille anni fa, ha ribadito, “portava nel mondo la gioia e la bellezza di Dio”. Il Santo Padre ha quindi augurato al fratello di poter ancora vivere anni contraddistinti dalla gioia di Dio e della musica. E, parlando nuovamente in italiano, ha messo l’accento sul valore spirituale della Messa di Mozart:

     
    “Formulo l’auspicio che la splendida musica ascoltata, nel contesto unico della Cappella Sistina, contribuisca ad approfondire il nostro rapporto con Dio; serva a ravvivare nel nostro cuore la gioia che scaturisce dalla fede, perché ciascuno se ne faccia convinto testimone nel proprio quotidiano ambiente di vita”.
     
    (musica)

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    Il cardinale Kasper: la Settimana per l’unità dei cristiani occasione per affrontare le sfide sulla via dell’ecumenismo

    ◊   Inizia oggi in tutte le comunità cristiane del mondo, come ricordato dal Papa all’Angelus, la “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, quest’anno sul tema “Che formino una sola cosa nella tua mano”, tratto dal libro del profeta Ezechiele (37,17). A preparare il materiale per l'edizione del 2009 è stato un gruppo ecumenico della Corea. Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, si è soffermata sul tema di questa Settimana di preghiera con il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani:


    R. – Questo tema è stato scelto dai cristiani della Corea, e la Corea è un Paese diviso. Questa immagine del profeta Ezechiele era perciò per loro molto importante: due legni spezzati che, nelle mani di Dio, diventano di nuovo uno. Questa è un’immagine per l’unità della Chiesa: la Chiesa è in qualche modo spezzata, non soltanto in due, ma in molte parti. Ora, noi non siamo meccanici che con viti o collante riescono a ricostruire un’unica Chiesa, ma noi riponiamo questi pezzi spezzati nelle mani di Dio. Sono mani buone e Dio può ottenere l’unità della Chiesa, non noi con le nostre organizzazioni. Ecco perché affidiamo a Lui l’unità della Chiesa nelle nostre preghiere.

     
    D. – Quest’idea di lasciare il lavoro ecumenico in qualche modo nelle mani di Dio, però allo stesso tempo non toglie a noi la responsabilità di continuare in modo molto pratico a proseguire con questo cammino, nonostante le tante difficoltà …

     
    R. – Certamente non toglie la nostra responsabilità. Sì, ci sono difficoltà, oggi, ma non sono soltanto difficoltà: ci sono anche molti successi. L’anno scorso abbiamo compiuto buoni passi in avanti con le Chiese ortodosse; il Patriarca ecumenico è venuto a Roma tre volte: non era mai accaduto nella storia! Ha parlato al Sinodo dei vescovi, ed anche questo è stato un evento storico. Sono venuti due Patriarchi armeni e ci sono stati anche molti altri incontri positivi con gli ortodossi. C’è stata anche la nostra partecipazione ai funerali del Patriarca Alessio II: siamo stati accolti con grande amicizia e gentilezza a Mosca. Ma anche con le Chiese e le comunità ecclesiali della Riforma abbiamo compiuto dei progressi, abbiamo raccolto i frutti di un dialogo di più di 40 anni con gli anglicani, i luterani, i riformati, i metodisti … Abbiamo mostrato i progressi fatti, quanti sospetti e quanti pregiudizi sono stati superati … E’ stato veramente incoraggiante! Ma abbiamo anche identificato le difficoltà, le differenze profonde che ancora esistono. Identificare un problema è già metà della soluzione e per questo possiamo ora proseguire con i nostri partner per risolvere anche i problemi che sono ancora aperti. Io sono un uomo di fiducia e di speranza e penso che non dobbiamo lasciarci scoraggiare dalle difficoltà: le difficoltà sono una sfida a risolverle.

     
    D. – Il 25 gennaio il Papa presiederà la chiusura di questa Settimana di preghiera nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. E’ molto significativa questa celebrazione della preghiera per l’unità in questo Anno Paolino ...

     
    R. – Sì, San Paolo parla molto dell’unità della Chiesa come Corpo mistico, e dice anche che lo Spirito Santo e Gesù stesso sono il centro, il vero promotore di questa unità e perciò l’insegnamento di San Paolo è importante per l’ecumenismo. San Paolo e le Lettere di San Paolo sono una base comune, soprattutto con le Chiese protestanti che puntano molto sulla dottrina di San Paolo. Per questo, quest’anno abbiamo una motivazione particolare per pregare e per lavorare per l’unità.

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    L’arcivescovo Marchetto nella Giornata del Migrante: è il Vangelo a chiederci di accogliere il prossimo in difficoltà

    ◊   Come sottolineato dal Papa all’Angelus, si celebra oggi la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. In occasione dell’Anno Paolino, Benedetto XVI ha voluto dedicare a “San Paolo migrante” il suo Messaggio per questa ricorrenza. Ma chi in particolare può trarre ispirazione oggi dalla vita dell’Apostolo delle Genti in merito al fenomeno migratorio? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’arcivescovo Agostino Marchetto segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti:


    R. - Non si meravigli se lo indico sia per i cristiani, nel senso dell’accoglienza, che fa binomio con sicurezza, sia per i governanti, poiché per questi ultimi l’esercizio del servizio di governo dovrebbe essere una realizzazione dell’amore nell’espressione della ricerca del bene comune, nazionale certo, ma anche universale. Con la sua vita, Paolo attesta quanto predica, va oltre e sente la Chiesa come fermento, come speranza per tutti, nella possibilità di una convivenza delle legittime diversità. I rigurgiti di nazionalismo esacerbato non fermeranno il mondo nel suo sentirsi finalmente una famiglia umana di popoli, che già si manifesta nella mobilità umana, nell’essere ormai vicini, per il bene comune, a coloro che erano geograficamente distanti.

     
    D. - Perché, a suo parere, gli appelli della Chiesa all’accoglienza dei migranti faticano a imporsi nell’attuale contesto politico e giuridico di molti Stati?

     
    R. - La fatica nell’ascolto degli appelli ecclesiali, prima ancora che nel contesto politico e giuridico di molti Stati, si incontra nel cuore dell’uomo e anche il cristiano è uomo, è donna. E il cuore - oltre i rischi dell’egoismo, della xenofobia, e finanche del razzismo - è condizionato dai sentimenti e lì v’è il senso dell’accerchiamento “in casa propria” e della paura di chi è diverso da noi, e più è tanta quanto maggiore è la diversità e il numero degli “estranei”. Naturalmente c’è chi cavalca questi sentimenti e chi ne fa eco, anche per motivi di politica partitica. Ma in questo senso c’è un’azione, una voce assieme ad altre, certo, che richiama realtà che vanno oltre i propri confini anche statali. Possiamo indicare la sorgente di tale voce che fa appello alle coscienze, nella dignità di ogni persona umana che per noi si rafforza alla luce del Vangelo. Possiamo scoprire tale fonte nei diritti umani, nella legislazione internazionale umanitaria e qui mi riferisco specialmente ai rifugiati e richiedenti asilo, agli sfollati e apolidi, ai soggetti al traffico di esseri umani, ai ragazzi soldati. Situazioni frutto di persecuzione, guerra e violenza di cui siamo molte volte testimoni impotenti.

     
    D. – In relazione alle politiche che governano i flussi di richiedenti asilo e rifugiati qual è il vostro auspicio?

     
    R. – L’auspicio a mantenere gli impegni internazionali assunti e onorarli senza abbassare i livelli di attuazione, riconoscendo cioè una legislazione internazionale rodata, già pluridecennale, che va rispettata anche dalla legislazione nazionale. Qui assistiamo a un abbassamento generale dei livelli di protezione che ci dice tante cose tristi perché significano calo di umanità, mancanza di umanesimo. E pur considerando la situazione particolare di Malta, bisognosa di essere sostenuta da tutti i Paesi dell’Unione Europea nell’accoglienza, mi lasci dire che è avvilente, almeno per me, che sia stata questa nazione molto cattolica, l’unica a opporsi a un orientamento comune europeo più favorevole ai rifugiati e ai richiedenti asilo o a coloro che sono accolti per motivi umanitari.

     
    D. - La Chiesa è spesso tacciata di buonismo dagli stessi cristiani che a volte invitano il Vaticano ad accogliere nelle sue mura i tanti migranti per i quali predica l’accoglienza. Eppure la sollecitudine nei confronti del prossimo è dettata dal Vangelo. Perché si fatica a comprenderlo?

     
    R. - Non invidio i politici e i governanti. Hanno un compito ben difficile, quello della mediazione, ma nel rispetto dei diritti dell’uomo, anche dei migranti. Penso di non essere buonista perché chi è stato 20 anni in Africa e ha girato il mondo per 40 anni, ha acquisito un realismo necessario, ma non può mancare di ricordarsi dei principi della generosità e dell’amore. Tanti che pur si dicono cattolici, non lo sono per quanto riguarda la dottrina sociale della Chiesa che fa parte della morale cristiana come ci diceva Giovanni Paolo II. Sì, la sollecitudine nei confronti del prossimo è l’elemento orizzontale della Croce, che fa sì che essa sia quello che è e rende vera la sua dimensione verticale. Si fa fatica a comprenderlo. Lo capisco, la Croce non la si intende, la si accoglie, nel mistero pasquale nella sua totalità.

     
    D. - Di fronte alle odierne politiche migratorie la Chiesa guarda con preoccupazione alla situazione degli immigrati qualificati con gli aggettivi “irregolari” o “clandestini”?

     
    R. - Le parole che usiamo sono importantissime per creare una mentalità. Extracomunitario, per esempio, è per me una parola bruttissima! Sono contrario pure all’uso dell’aggettivo “clandestino” e noi diciamo “irregolare”. Siamo preoccupati per queste parole, mentalità, atteggiamenti? Sì, lo siamo, e quanto il Santo Padre dice, ne è un segno. C’è un abbassamento nell’accoglienza, nella legislazione europea in materia; rinasce una xenofobia che è il contrario del Vangelo, di quello che la Chiesa, specialmente cattolica, è: universale, sia pure anche particolare, locale.

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    Oggi in Primo Piano



    Dopo Israele anche Hamas annuncia il cessate il fuoco. Diplomazia internazionale al lavoro per la pace al Vertice di Sharm el Sheikh

    ◊   Dopo Israele anche Hamas ha annunciato il cessate il fuoco, ma in mattinata sono proseguiti i combattimenti fra le truppe israeliane e i miliziani palestinesi. La diplomazia è intanto al lavoro a Sharm el Sheikh, in Egitto, dove si apre il vertice internazionale voluto dal presidente egiziano Mubarak per sancire una tregua definitiva. Intanto, da Washington il presidente eletto statunitense, Barack Obama, ha espresso la sua soddisfazione per il cessate il fuoco e si è detto impegnato ad aiutare Israele e i palestinesi a lavorare per la pace. Il servizio di Marco Guerra:


    La fragilissima tregua unilaterale proclamata da Israele ieri sera, ed entrata in vigore alle 2 ore locali, è già stata violata questa mattina dal lancio di almeno 10 razzi da Gaza verso il Negev, atto rivendicato dalla Jihad islamica e seguito dall’immediata risposta dell’aviazione israeliana, che afferma di aver colpito una postazione di lancio nel nord della Striscia. Si sono poi registrati combattimenti anche a terra fra i miliziani di Hamas e le truppe di Tel Aviv nella zona di Khuzaa, con un palestinese rimasto ucciso negli scontri a fuoco. D’altra parte, annunciando il cessate il fuoco, lo stesso premier Olmert ha precisato che l’esercito ha avuto ordine di reagire se attaccato o per fermare il lancio di razzi. Olmert ha quindi affermato che se Hamas smetterà di lanciare i razzi contro Israele, il governo prenderà in considerazione un ritiro delle truppe dalla Striscia. Dal canto suo, Hamas aveva prima ribadito che la resistenza sarebbe continuata fino al ritiro completo dei soldati israeliani per poi dichiarare, pochi minuti fa, una tregua di una settimana per consentire alle truppe dello Stato ebraico di ritirasi dalla Striscia. Intanto, continua l’impegno diplomatico della comunità internazionale: nelle prossime ore si terrà a Sharm el Sheik il vertice su Gaza convocato dall’Egitto, che si pone l’obiettivo di sancire una tregua duratura e di fermare il contrabbando di armi verso Gaza. In mattinata sono arrivati nella località del Sinai il presidente della Lega Araba, il segretario dell'Onu Ban Ki-moon e i leader europei di Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania, Spagna e Russia. Questi ultimi in serata raggiungeranno per ulteriori colloqui a Gerusalemme il primo ministro israeliano, Ehud Olmert.

     
    E, intanto, non accenna a risolversi la drammatica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, dove negli ultimi giorni sono state colpite anche infrastrutture ospedaliere e internazionali. Sulla situazione a Gaza ecco la testimonianza di Andrea Pontiroli, portavoce di "Medici senza frontiere – Italia", intervistato da Stefano Leszczynski:


    R. - Siamo di fronte ad una catastrofe umanitaria, aggravata dal fatto che c’è una popolazione civile che è attaccata in maniera indiscriminata, quindi in violazione delle Convenzioni di Ginevra e dei protocolli addizionali, quindi del diritto umanitario internazionale che impone di distinguere tra civili ed uomini in armi. Secondo, è estremamente difficile, se non impossibile, per i feriti, raggiungere le strutture sanitarie ed anche per i soccorritori, i nostri operatori di "Medici Senza Frontiere".

     
    D. – Quegli obiettivi che un tempo erano considerati intoccabili durante i conflitti, quindi scuole, ospedali, sedi delle Nazioni Unite, invece non hanno più quell’aspetto di neutralità necessaria durante il conflitto. Perché questo avviene?

     
    R. – Questo purtroppo avviene già da diversi anni; qui a Gaza, anche per la concentrazione della popolazione civile, delle strutture sanitarie, lo notiamo di più; però è vero che da diversi anni il rispetto delle strutture ospedaliere, anzitutto, e del lavoro degli operatori umanitari e della popolazione civile, sembra fare grandi passi indietro. E’ molto grave, questo. Noi continuiamo a denunciarlo come l’ha denunciato la Croce Rossa Internazionale, come l’hanno denunciato le Nazioni Unite. Purtroppo, però, il comportamento, delle parti in conflitto non cambia.

     
    D. – Gli operatori di "Medici Senza Frontiere", nella Striscia di Gaza, come riescono a portare avanti il loro compito, in una situazione così estrema e drammatica?

     
    R. – Diciamo che, fin dall’inizio ci si è resi conto, appunto, che stare negli ospedali o nei centri di salute, non era sufficiente per l’impossibilità dei feriti a raggiungere queste strutture. Abbiamo cambiato il nostro approccio per cui i nostri 70 operatori palestinesi prestano assistenza direttamente nei quartieri in cui vivono, quindi sono loro che cercano di andare di casa in casa, nei quartieri, a portare soccorso ai feriti.

     
    D. – Sono stati avviati dei colloqui in questo senso con le parti in conflitto, quindi per chiedere la possibilità di evacuare i feriti più gravi?

     
    R. – Noi continuiamo a chiedere, sia al governo israeliano sia ad Hamas, di garantire con aiuti umanitari la possibilità di soccorrere i feriti e portarli al sicuro. Tutto questo non sta avvenendo assolutamente: la cosiddetta tregua giornaliera di tre ore - che tra l’altro spesso non viene neanche rispettata in pieno - è assolutamente insufficiente. Insomma, siamo ben lontani da quello che prevede il diritto umanitario internazionale ed anche il buon senso. 

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    Elezioni parlamentari in Salvador: la Chiesa locale esorta i cittadini a votare con senso di responsabilità

    ◊   Elezioni cruciali oggi in Salvador, dove al potere potrebbe andare, per la prima volta negli ultimi vent'anni, il Fronte Farabundo Marti per la liberazione nazionale (Fmln). Il fronte degli ex ribelli marxisti dal 1992 è uno dei partiti politici chiave della vita del piccolo Paese centroamericano. Al voto di oggi sono chiamati 4,2 milioni di salvadoregni, per eleggere gli 84 parlamentari dell'Assemblea nazionale e 262 sindaci. Si tratta di un test elettorale importante in vista delle elezioni presidenziali, in programma il 15 marzo. Dal 1989 è al potere l'Alleanza repubblicana nazionalista (Arena), il partito del capo dello Stato, Elias Antonio Saca. La campagna elettorale si è svolta in un clima di tensione con alcuni episodi di violenza. Ma qual è la situazione generale del Paese? Fausta Speranza lo ha chiesto al nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:


    R. – Certamente non è tra le più rosee, tra le più facili; i problemi del Salvador, in questo momento, sono molti, ma sostanzialmente sono due. Da una parte, il drammatico bisogno di consolidare un vero regime democratico: ormai, si trovano da 17 anni in un sistema che può realizzare le elezioni, rispettare seppur minimamente le libertà costituzionali. Quindi, si tratta di consolidare questo cammino democratico iniziato dopo la fine della guerra civile interna e, d’altra parte, affrontare il problema della povertà, che è enorme. Il 37% dei salvadoregni vive al di sotto della soglia di povertà, con un 40% di disoccupati e – come la Chiesa ha rilevato in questi giorni – il tutto peggiora gravemente nel contesto della crisi economica finanziaria internazionale, che comincia a colpire duramente questo Paese. Ciò anche perché gran parte della ricchezza di questa nazione deriva dalle rimesse, da quelli che vivono e lavorano negli Stati Uniti. E lì stanno perdendo il lavoro, vengono espulsi ed iniziano addirittura a rientrare.

     
    D. – In tutto questo, la campagna elettorale ha avuto toni molto accesi ...

     
    R. – Si, toni molto violenti, con qualche episodio tragico. Tuttavia, per fortuna, tutto sommato, abbastanza limitati e circoscritti. Quindi, possiamo dire, pensando a quello che è stato il passato di violenza, in questa nazione, che per dodici anni si è dilaniata in una guerra civile, con oltre 75 mila morti - e un ammontare superiore a 1600 milioni di dollari in danni materiali – si potrebbe dire che la campagna è andata abbastanza bene.

     
    D. – Da parte della Chiesa è giunta innanzitutto la raccomandazione a votare, a onorare questo dovere democratico ...

     
    R. – La Chiesa sottolinea – tramite una dichiarazione dei suoi vescovi e dell’arcivescovo della capitale, mons. Sáenz Lacalle – sostanzialmente due aspetti, nei confronti di queste elezioni, che – dobbiamo ricordare – sono un primo momento, perché poi le più importanti saranno a marzo, quando sarà eletto il presidente della Repubblica e il vicepresidente. Ma tornando alla Chiesa, questa sottolinea da una parte il bisogno urgente di andare a votare, di dare un’opinione, di assumersi la responsabilità di contribuire al governo del Paese. Addirittura i vescovi scrivono: “Chi non vota è un irresponsabile”. Dall’altra parte, la Chiesa appare molto preoccupata non solo per la povertà – di cui abbiamo già detto – ma soprattutto per l’iniquità sociale, perché il problema del Salvador – che tra l’altro condivide con tutta l’America Latina – è che una minoranza ristrettissima, piccolissima, controlla oltre il 70% della ricchezza nazionale, invece, la stragrande maggioranza del Paese si deve spartire quello che rimane, cioè nulla.

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    Speranze di pace nel Nord Kivu, dopo l’annuncio della fine delle ostilità da parte di una fazione di ribelli

    ◊   Nella Repubblica Democratica del Congo, la fazione dei ribelli del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo, che opera nella regione del Nord Kivu e che fa capo al generale Bosco Ntaganda, ha annunciato la fine delle ostilità contro il governo di Kinshasa. La decisione, che prevede anche l’alleanza con l’esecutivo contro il leader del gruppo ribelle, Laurent Nkunda, potrebbe costituire un passo avanti importante per l’avvio del processo di pacificazione nel Paese, come spiega l’esperto di Africa, Michele Luppi, intervistato da Giancarlo La Vella:


    R. – L’accordo siglato lascia trapelare un misto di ottimismo da un lato e di preoccupazione dall’altro. Tutti gli accordi che vengono siglati in zone come l’est della Repubblica Democratica del Congo sono spesso molto fragili. Quindi, la situazione potrebbe evolvere velocemente nelle prossime settimane. Motivi di ottimismo arrivano dal fatto che, al momento in cui è stato siglato quest’accordo, era presente anche il capo di Stato maggiore dell’esercito ruandese, e quindi questo fa pensare che lo stesso Rwanda possa finalmente essere convinto che la strada della pace sia la scelta giusta per risolvere i problemi dell’est congolese. Quello che non si riesce a capire è ciò che sta avvenendo all’interno di questa milizia ribelle, perché il Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo stava portando avanti dei negoziati a Nairobi con lo Stato congolese, e quindi questa tregua, fatta da quella che è una fazione ribelle di questa milizia, con l’esercito congolese, potrebbe andare un po’ a far mutare gli equilibri all’interno dello stesso gruppo ribelle, e questo potrebbe portare a nuovi scontri.

     
    D. – Una situazione, quindi, che comunque non fa ben sperare per la soluzione della crisi umanitaria...

     
    R. – Bisognerà vedere quello che effettivamente succederà. Le stesse voci che io ho sentito da Goma - e comunque dal nord Kivu negli scorsi giorni – parlavano di una situazione che stava – per così dire – lentamente tornando alla normalità. Ovviamente una normalità di una città dove c’è una crisi. Molto dipenderà da cosa succede, perché il 25 gennaio si troveranno, per concludere i colloqui di pace a Nairobi, i rappresentanti del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo – questa milizia ribelle filoruandese e formata in prevalenza da tutsi congolesi – e il governo congolese. Quindi, sarà importante vedere quali ricadute quest’accordo avrà su quei colloqui, se ci sarà un accordo finale tra questa milizia ribelle e lo Stato congolese, o se quest’accordo porterà ad una situazione difficile.

     
    D. – E’ presumibile, quindi, che si vada verso un isolamento politico e anche territoriale di Nkunda?

     
    R. – Quello che non si riesce ancora a capire è quali sono i rapporti di forza e se la fazione fedele a Ntaganda sia una fazione minoritaria o maggioritaria. E dall’altra parte su quale sostegno regionale e internazionale può ancora contare Nkunda, perché, nella guerra riesplosa nell’agosto, vi era un sostegno politico e militare ruandese nei confronti di questa milizia ribelle. Il fatto che il Rwanda fosse presente alla firma di quest’accordo potrebbe far presagire che lo stesso Rwanda possa voltare le spalle a Nkunda. Questo noi oggi non lo sappiamo, soltanto il tempo ci darà il modo di capirlo.

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    Chiesa e Società



    Lettera Pastorale dei vescovi del Camerun in vista del viaggio del Papa a marzo

    ◊   “Il popolo di Dio gioisce del fatto che il Camerun sia il primo Paese africano sul quale camminerà il Papa Benedetto XVI”. Così i vescovi camerunensi nella Lettera Pastorale diffusa in preparazione della visita del Santo Padre nel Paese africano, dal 17 al 20 marzo prossimi. Nel documento, redatto a conclusione del 33.mo Seminario annuale dei vescovi camerunesi, che si è tenuto dal 4 al 10 gennaio a Maroua sul tema “L'impegno della Chiesa in Africa per la riconciliazione, la pace e la giustizia”, i presuli sottolineano la necessità per i fedeli di prepararsi all’evento attraverso un rinnovato impegno nella preghiera e nelle opere di carità. “La visita apostolica del Papa ha una grande importanza spirituale – si legge nel testo - Per questo motivo i vescovi del Camerun esortano i cattolici e tutti gli uomini di buona volontà a preparare questo grande avvenimento nella preghiera”. I presuli invitano a pregare in particolare per la giustizia, la solidarietà e per una pace duratura nel Paese e ricordano che “nell'ambito dell'Anno Paolino, i cristiani dovutamente preparati, potranno ottenere delle indulgenze”, a patto però che la preghiera sia accompagnata ad opere di carità. “Si devono intraprendere opere concrete nei confronti di persone vulnerabili affinché ogni uomo ritrovi la propria dignità” raccomandano i vescovi che, rivolti ai fedeli, esortano a vivere la propria fede in profondità e a “rivedere le promesse battesimali, soprattutto in un contesto pluralista nel quale si ha la tendenza a relativizzare tutto”. “Dio deve ritrovare il suo posto privilegiato” nella vita quotidiana – sottolineano i vescovi – che sollecitano ad evangelizzare ogni ambito della vita “con le parole e con le azioni, evitando il peccato e vivendo concretamente la riconciliazione, la giustizia e la pace”. (C.D.L.)

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    Ad agosto, nelle Filippine, la Plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche

    ◊   Si celebrerà a Manila, nelle Filippine, dal 10 al 16 agosto prossimi, la nona Assemblea Plenaria della Federazione della Conferenze Episcopali Asiatiche (Fabc). L’incontro, previsto in un primo tempo a ottobre 2008, era già stato rimandato a gennaio 2009, a causa della concomitanza con il Sinodo dei Vescovi. Ora – riporta l’agenzia Fides - i lavori hanno subito un ulteriore e definitivo rinvio fino all’estate 2009. “Vivere l’Eucarestia in Asia” è il tema dell’assemblea che si tiene ogni quattro anni e che costituisce un importante momento di scambio di esperienze, verifica e programmazione per le Chiese asiatiche. I vescovi dell’Asia intendono dunque ribadire la centralità dell’Eucarestia nella vita della Chiesa e i lavori dell’assemblea serviranno proprio ad attualizzare e contestualizzare questa intuizione, portando i contributi delle numerose nazioni e delle diverse aree geografico-culturali del vasto continente asiatico. L’assemblea sarà preceduta da seminari preparatori organizzati dalla Fabc e da testi di riflessione teologica e pastorale che circoleranno nelle Chiese asiatiche fino ad agosto. Per la Fabc i prossimi mesi costituiranno una sfida soprattutto dal punto di vista della comunicazione e delle relazioni interne, seguendo le riflessioni emerse dall’incontro dello scorso mese di giungo dal titolo “Eucarestia come Comunicazione” che legava i due aspetti. Come affermato in un altro seminario dei delegati Fabc tenutosi alla fine del 2008, le Chiese asiatiche puntano a migliorare nel campo della comunicazione reciproca, per aumentare la comunione e la collaborazione. I settori in cui la comunicazione può portare evidenti benefici sono: la pastorale giovanile, i mass media, il dialogo interreligioso, la formazione del clero. La Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (Fabc) è l’associazione delle Conferenze Episcopali in Asia, istituita con l’approvazione della Santa Sede. Il suo scopo è promuovere solidarietà e corresponsabilità fra i suoi membri, per il benessere e la crescita della Chiesa in Asia e per il bene comune dei popoli asiatici. (E. B.)

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    I vescovi statunitensi promuovono l’annuale colletta per la Chiesa in America Latina

    ◊   Finanzia i progetti missionari, di formazione e di catechesi promossi dalle diocesi sudamericane l’annuale colletta voluta, da ben 43 anni, dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), organizzata quest’anno il 24 e 25 gennaio. Come da tradizione, i fondi raccolti saranno destinati al sostegno delle iniziative promosse dal Dipartimento Giustizia, Pace e Sviluppo della Usccb, che lo scorso anno ha inteso devolvere la gran parte della somma ai progetti realizzati a Cuba. Grazie ai proventi della scorsa edizione, pari a circa 8 milioni di dollari, nel Paese sudamericano sono stati approvati un’ottantina di progetti per una spesa complessiva di 850mila dollari. Un sostegno importante alla Chiesa cubana, che negli ultimi 50 anni ha dovuto fronteggiare la sfida imposta dall’ateismo ideologico e dalle forti restrizioni alle libertà religiosa, e che oggi è fortemente impegnata nella rievangelizzazione del Paese. Nell’arcidiocesi di Camaguey, ad esempio, grazie ai fondi della colletta 2008 è stato possibile avviare iniziative di evangelizzazione dedicate alle famiglie, che hanno visto i fedeli più anziani “arruolati” come catechisti dei propri nipotini e, attraverso questi, dei genitori, la cui generazione – ha spiegato l’arcivescovo Juan de la Caridad Rodriguez - non ha avuto alcuna educazione religiosa. La stessa colletta ha reso possibile la partecipazione di diverse famiglie cubane all’Incontro Mondiale delle Famiglie al termine oggi in Messico. In altre diocesi i fondi sono invece serviti a promuovere la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione ed in particolare di Internet, il cui uso nell’isola è ancora limitato. (C.D.L.)

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    Dalla Famiglia Francescana nelle Filippine un appello per la difesa dei diritti umani nel Paese

    ◊   Nel clima di violenze e intimidazioni che colpisce da anni la società civile nelle Filippine, la figura del Beato Giovanni Duns Scoto ricorda che“ogni persona è unica, in tutti i tempi e per l’eternità”, dunque nessun uomo può essere subordinato o eliminato per questioni di “sicurezza nazionale”. E’ quanto sottolinea – riferisce l’agenzia Fides - la Famiglia Francescana nel Paese asiatico a fronte delle numerose uccisioni a scopo intimidatorio di avvocati, giudici, attivisti politici, giornalisti, sindacalisti e religiosi. “Come Francescani leviamo la voce contro il perpetrarsi di queste uccisioni extragiudiziali e delle sparizioni”, afferma frate John Robert Abada, secondo cui la tradizione intellettuale francescana costituisce un chiaro riferimento contro questo fenomeno. Nel Paese, stando ai dati forniti dallo "Human Rights Report 2008", elaborato dall'organizzazione filippina Karapatan (“Alleanza per il miglioramento dei diritti del popolo”), nei primi 10 mesi dell’anno si registrano 50 omicidi, 7 sparizioni, 53 casi di torture e 123 arresti illegali. Complessivamente, dal 2001, da quando al governo del Paese vi è Gloria Arroyo, attuale presidente, sono documentate 977 vittime di omicidi extragiudiziali, 201 persone sparite, 1.010 vittime di torture e 1.464 arresti illegali. Un appello al governo di Manila affinché ponga fine agli omicidi e garantisca il rispetto dei diritti umani fondamentali giunge poi da numerosi osservatori indipendenti. Tra questi, l'"Asian Human Rights Commission" (Ahrc) di Hong Kong che registra nell’arcipelago una progressiva erosione dei principi di libertà e legalità e mette in guardia contro la possibilità che nel Paese si vada sfaldando lo Stato di diritto. (C.D.L.)

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    L'arcidiocesi di Seul: i laici sono il motore della Chiesa coreana

    ◊   E’ grande l’impegno dei laici al servizio della Chiesa in Corea del Sud. E’ quanto emerge da una ricerca dell’arcidiocesi di Seul che offre i risultati di un monitoraggio delle attività pastorali fra il 2005 e il 2007. Secondo quanto diffuso dall’agenzia Fides, il rapporto, centrato sull’analisi delle parrocchie della capitale, rileva un costante coinvolgimento dei laici nel settore del “lavoro missionario” e nella “pastorale sociale”, ma anche in quasi tutti gli altri settori monitorati, fra cui il catecumenato e la formazione sacramentale ed evangelica, l’apostolato biblico, la liturgia, e le attività legate ai temi della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato, e poi la formazione dei diversi ministeri e degli “ordini minori”. Un impegno, quello del laicato cattolico, che rappresenta motivo di gioia e soddisfazione per la Chiesa locale, come ha sottolineato mons. Andrew Yeom Soo-jung, vescovo ausiliare di Seul. Il presule ha ribadito l’importanza del contributo offerto alla missione della Chiesa da parte dei laici ed ha ricordato che da oltre 40 anni il Paese festeggia la “Giornata del Laicato”. Con l’intento di risvegliare lo spirito dei laici alla testimonianza, alla responsabilità sociale e all’evangelizzazione, la Chiesa coreana ha inaugurato nel 2007 la nuova “Scuola per la formazione del laicato cattolico” su temi di attualità, teologia, dottrina sociale, catechesi. Molto seguiti risultano anche i programmi pastorali dell’Apostolato dei Laici a Seul, tesi a dare nuovo alimento alla Pastorale per la famiglia. (C.D.L.)

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    Ogni anno 200 giovani volontari in Vietnam con le Francescane Missionarie di Maria

    ◊   Volontariato in Vietnam e nelle Filippine sotto la guida delle Francescane Missionarie di Maria (Fmm). E' questa una realtà che coinvolge un numero sempre maggiore di giovani grazie alla Catholic Delegation for Cooperation (Cdc): ogni anno circa 200 ragazzi scelgono di fare volontariato in una Chiesa locale, un istituto religioso o una Ong. Le Francescane Missionarie di Maria – riporta l’agenzia Fides - sono presenti da anni nella direzione della Cdc, favorendo progetti di sviluppo nei due Paesi asiatici dove i giovani sono particolarmente importanti per costruire rapporti più aperti con gli abitanti, in particolare le nuove generazioni. Il servizio volontario dura due anni e coinvolge ragazzi e ragazze appena laureati o diplomati. Le ragazze prestano il loro servizio come infermiere, baby sitter, insegnanti. I ragazzi, spesso diplomati in materie tecniche, sono una risorsa per i laboratori artigiani del posto. Nonostante le situazioni da affrontare siano impegnative i ragazzi sono molto motivati tanto che – afferma suor Anne-Marie Cunin, che collabora nella direzione della Cdc – molti “tornano nel loro Paese profondamente trasformati e spesso danno vita ad associazioni ecclesiali di solidarietà e sviluppo o per il dialogo interculturale”. Attualmente otto giovani francesi prestano la loro opera in Vietnam e nelle Filippine come periti tecnici, dottori, insegnanti. Il loro contributo è rivolto principalmente ai bambini poveri di strada. (E. B.)

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    Le Pontificie Opere Missionarie australiane al fianco dei bambini africani

    ◊   Le Pontificie Opere Missionarie (Pom) australiane, attive con varie iniziative in 160 Paesi nel mondo, confermano il loro sostegno a piccole realtà ecclesiali e sociali in diversi contesti africani. Di recente – afferma l’agenzia Fides – hanno illustrato un progetto in favore di una scuola cattolica nei pressi della città di Kontagora, nel Nord della Nigeria. La scuola, nata un anno fa, è gestita dalla Suore nigeriane di Nostra Signora dell’Africa ed accompagna nella crescita e nell’istruzione bambini molto piccoli fino al ciclo della scuola elementare. A frequentarla sono soprattutto bambini del gruppo etnico kamberi, che, oltre alla lingua hausa, fra le più diffuse in Nigeria, imparano anche l’inglese che li renderà capaci di comunicare in tutto il mondo. “Crediamo che dare un contributo all’istruzione sia molto importante. Attraverso l’istruzione - spiegano le Pom australiane - la popolazione può sviluppare le sue capacità e potenzialità, acquistando indipendenza e autosufficienza”. La popolazione kamberi risulta fra le più svantaggiate ed emarginate del Paese, “ma – nota la Chiesa locale - non sono dimenticate da Dio, attraverso il sostegno delle Pom”. La scuola sorge nella diocesi di Bauchi (Nigeria settentrionale), dove vivono 64mila cattolici su 5 milioni di persone. Si tratta di una zona particolarmente carente di istituzioni e infrastrutture, come strade, acquedotti, scuole, ospedali. Proprio in queste aree si concentrano gli interventi e i progetti delle Pom australiane. (E. B.)

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    Convegno Cei a Roma per riflettere sulle possibilità offerte da Internet alla Chiesa

    ◊   “Chiesa in Rete 2.0”: questo il titolo del convegno che si svolgerà lunedì e martedì prossimi a Roma, su iniziativa dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del servizio informatico della Conferenza Episcopale Italiana (Cei). “La Chiesa – spiegano gli organizzatori all’agenzia Sir - è consapevole delle potenzialità, ma anche dei rischi di Internet”. Così i partecipanti – si legge nel depliant del convegno – rifletteranno sulla possibilità di “comunicare in maniera efficace il Vangelo”, anche in questo ambiente. Agli operatori delle diocesi e delle parrocchie è richiesta “conoscenza” e “un uso corretto delle nuove tecnologie, che non introducono solo un metodo di lavoro, ma incidono sulla mentalità e il costume delle persone”. Il convegno, che sarà aperto dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, “si colloca – affermano ancora gli organizzatori - in una fase di accresciuta consapevolezza di partecipazione ad un fenomeno ampio che offre nuove e diffuse possibilità di supportare l’azione pastorale e culturale delle diocesi”. (E. B.)

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    Usa: accordato il rilascio da Guantanamo di un detenuto ventiduenne

    ◊   Potrà lasciare il carcere di Guantanamo, Mohammed el Gharani, il detenuto 22.enne dal 2002 confinato nelle prigione di sicurezza statunitense. Ad ordinare il rilascio del ragazzo è stato il giudice federale Richard Leon, secondo cui le prove dell’amministrazione Usa contro el Gharani “si basano principalmente su dichiarazioni di due detenuti di Guantanamo, la cui credibilità e affidabilità sono state messe in discussione da funzionari governativi”. Secondo un comunicato di "Amnesty International" – che fa riferimento a dichiarazioni di funzionari dell’Fbi - nel corso dei sette anni di detenzione il giovane sarebbe stato sottoposto a maltrattamenti di diverso tipo, incatenato a terra nel corso di interrogatori e costretto al cosiddetto “programme frequent flyer”, che consiste in prolungate e frequenti sessioni di disorientamento, interruzione del sonno e deprivazione sensoriale. L’organizzazione umanitaria si rivolge all’amministrazione statunitense affinché sia eseguita al più presto la sentenza di scarcerazione e al giovane el Gharani sia consentito di far ritorno in Arabia Saudita, suo Paese d’origine, o in Ciad, dove risiedono alcuni suoi familiari. Mohammed el Gharani è solo una delle oltre 250 persone ancora trattenute a Guantanamo. Domani a Roma, "Amnesty International" manifesterà per chiedere la chiusura del centro di detenzione, sette anni dopo la sua apertura e a tre giorni dell’insediamento del presidente Usa, Barack Obama. Per ricordare tutti i prigionieri che ancora si trovano a Guantanamo, i manifestanti sfileranno indossando le tute arancioni simbolo del centro di detenzione. (C.D.L.)

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    Il ruolo della famiglia per lo sviluppo dei bambini al centro di un congresso in India

    ◊   “Dare ai bambini una voce: la trasformazione del ruolo della famiglia in una società globale”. Questo il tema di un incontro internazionale promosso in questi giorni da un gruppo di cattolici a Nuova Delhi, a cui hanno partecipato circa 150 persone di 6 confessioni religiose provenienti da 33 Paesi di Asia, Africa, Americhe ed Europa. Nel documento finale – afferma l’Osservatore Romano - si pone l’accento sulla centralità della famiglia nello sviluppo del bambino e più in generale della società, ma si lamenta anche il fatto che la famiglia non sembra essere al centro delle politiche governative. Il testo fa dunque riferimento all’indebolimento dell’istituzione familiare minata sempre più, oltre che dalle ideologie contro la vita e della persona, anche da guerra, terrorismo, globalizzazione e dall’iniqua distribuzione delle ricchezze. Anche lo sviluppo della tecnologia, sicuramente positivo, ha contribuito alla frammentazione della famiglia. Basti pensare allo sfruttamento dei minori attraverso la pedopornografia telematica. Le conseguenze più preoccupanti – si nota - ricadono sempre sulla vita delle persone più deboli della famiglia, cioè sui bambini. Al fine di invertire la tendenza – conclude la risoluzione – “tutti devono lavorare per spingere i governi, le Nazioni Unite, le organizzazioni della società civile e religiose, i media, le istituzioni accademiche a collaborare per promuovere valori umani comuni fondati sul rispetto della vita e della dignità dell’uomo e porre al centro del futuro e dello sviluppo la famiglia”. (E. B.)

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    Congo: i sopravvissuti agli attacchi dei miliziani del "Lra" chiedono aiuto

    ◊   Clima d’insicurezza nella Repubblica Democratica del Congo dopo gli attacchi dei ribelli ugandesi che a Duru, un villaggio nel nord-est del Paese, hanno causato diversi morti all’inizio della scorsa settimana. Secondo uno staff dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) che ha raggiunto l’area – si legge in un comunicato dell’agenzia dell’Onu - dei 6 mila abitanti presenti nel villaggio nel settembre scorso, ad oggi ne sarebbero rimasti solo mille, pari a circa 180 famiglie, bisognosi di assistenza e di cure mediche. I sopravvissuti, denutriti e deboli dopo notti nella boscaglia senza coperte né alloggio, dicono di non sentirsi al sicuro e temono nuovi assalti, stupri e rapimenti. Stando ai loro racconti, i ribelli del "Lord’s Resistance Army" (Lra) avrebbero razziato il villaggio uccidendo 4 persone, ferendo una bambina di 4 anni e sequestrando un bambino di 9, per poi bruciare le abitazioni costringendo la maggior parte dei residenti alla fuga verso sud, nella città di Dungu, o oltreconfine verso il Sudan. Secondo l’Acnur il bilancio provvisorio degli attacchi, iniziati nel settembre scorso nella Provincia Orientale della Repubblica Democratica del Congo, al confine con Uganda e Sudan meridionale, sarebbe di 567 i morti e oltre 115 mila gli sfollati. Per raggiungere le comunità vittime degli attacchi le agenzie umanitarie devono affrontare enormi sfide logistiche: il limitato accesso, la scarsa sicurezza e le strade impraticabili ostacolano la consegna e la distribuzione degli aiuti d’emergenza. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Accordo Russia-Ucraina per sbloccare le furniture di gas ai Paesi europei

    ◊   Russia e Ucraina hanno raggiunto un accordo per risolvere l'annosa disputa energetica tra i due Paesi che dovrebbe garantire la ripresa delle forniture di metano russo ai Paesi europei. Il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo omologo ucraino, Iulia Timoshenko, hanno concordato nella notte a Mosca che Kiev paghi il metano che acquista dalla Russia ad un prezzo scontato del 20% rispetto a quello imposto ai Paesi europei: questo a condizione che le tariffe di transito per il gas russo diretto in Europa restino le stesse del 2008. Soddisfatta l’Unione Europea, secondo cui il flusso di gas, interrotto dal 7 gennaio, potrebbe riprendere già da lunedì.

    Afghanistan
    Ancora violenze in Afghanistan. Un sodato britannico è stato ucciso durante combattimenti con i miliziani talebani nel sud del Paese. Lo ha annunciato il Ministero della difesa di Londra secondo il quale il soldato partecipava ad un'operazione congiunta con l'esercito afghano. Vittime anche tra le truppe americane: nell’est un elicottero statunitense colpito da armi leggere si è schiantato al suolo provocando la morte di un soldato, mentre a Kabul è morto uno dei sei soldati americani rimasti feriti nell’attentato di ieri avvenuto nella zona superprotetta della città, dove si trovano gli uffici governativi e le ambasciate.

    Incidente ad elicottero francese
    È di un morto e sei dispersi il bilancio dell’incidente di un elicottero militare francese precipitato in mare al largo delle coste del Gabon. Lo ha reso noto l’esercito francese specificando che il velivolo stava partecipando ad esercitazioni bilaterali. Sul posto si sta recando il ministro della Difesa di Parigi.

    Decennale dell’euro
    L’euro compie 10 anni. Anche se fisicamente la moneta unica è entrata nelle tasche degli europei dal 2002, la data ufficiale della sua adozione è il primo gennaio 1999. Per trarre un bilancio di questi ultimi anni, a Bruxelles, da domani 19 gennaio a giovedì 22 si terranno alcuni seminari, ai quali parteciperà anche il Commissario europeo per le Politiche economiche e monetarie, Joaquin Almunia. Il servizio di Virginia Volpe:


    L’Euro è attualmente utilizzato da 15 Stati membri dell’Unione Europea, che insieme formano l’eurozona. L’introduzione della moneta unica, nel 1999, è stato uno dei maggiori passi nell’integrazione europea. È anche stato uno dei suoi più grandi successi: circa 320 milioni di cittadini europei ora lo utilizzano. Ultima arrivata nell’eurozona è stata la Slovacchia che, dopo essere entrata nell'Unione Europea nel 2004, dall’inizio dell’anno ha abbandonato la corona slovacca. Giorni fa il commissario Almunia, a Bratislava, ha dichiarato: “Gli scettici dicevano che l’unione economica e monetaria europea non doveva essere fatta, che non sarebbe durata, che avrebbe portato a un disastro politico ed economico”. “Queste persone – ha continuato - si sbagliavano enormemente: l’Euro si è dimostrato un grande successo e soprattutto in questi tempi difficili”. Il passaggio alla nuova moneta è stato graduale: in Italia già a partire dalla fine del 2001, un kit di euro poteva essere ritirato presso gli uffici postali. Una volta introdotta la moneta unica, la doppia circolazione negli undici Paesi iniziali (con l’unica eccezione della Germania che non l’ha mai adottata) è durata fino al 28 febbraio 2002. Da quella data in poi le monete locali sono scomparse dai borsellini. Ma c’è ancora la possibilità di cambiarle, almeno fino al 2012. L’Euro ha suscitato sia approvazioni che critiche: il principale appunto, anche in Italia, è stata la coincidenza con il forte rialzo dell'inflazione. Alti e bassi hanno segnato anche il rapporto dell'Euro con l'altra grande valuta di riferimento, il dollaro. Dalla sua prima quotazione ufficiale, a 1,16 dollari, l'Euro ha seguito un andamento altalenante: oggi oscilla intorno agli 1,3 dollari.

     
    Stati Uniti, Obama
    Il presidente eletto Barack Obama, partito in treno da Filadelfia, è giunto oggi a Washington assieme al suo vice Joe Biden. Sul treno c'erano anche le loro famiglie a ripercorrere simbolicamente il viaggio che Abramo Lincoln fece circa un secolo e mezzo fa prima di insediarsi alla Casa Bianca. Migliaia di persone hanno atteso il primo presidente afro-americano della storia statunitense nelle stazioni in cui il treno ha fatto tappa: Wilmington, Delaware e Baltimore. A Washington, Obama si è diretto alla Bair House, di fronte alla Casa Bianca, dove alloggia in attesa del suo insediamento martedì.

    NigeriaNel sud della Nigeria, otto membri dell’equipaggio di un’imbarcazione della compagnia petrolifera anglo-olandese Shell sono stati sequestrati da un gruppo di ribelli che aveva attaccato il natante. Al momento non è stata resa nota la nazionalità delle otto persone nelle mani dei rapitori. (Panoramica internazionale a cura di Guerra Guerra)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 18

     
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