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Sommario del 15/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Cristo è la vera speranza di fronte alle non poche ombre che preoccupano l'umanità: così il Papa agli agenti della Polizia in servizio presso il Vaticano
  • La Conferenza episcopale dell'Iran dal Papa per la visita ad Limina: intervista con l'arcivescovo di Teheran
  • Rinunce
  • Città del Messico. Il cardinale Antonelli: sostenere la famiglia come scuola di umanità e vita cristiana
  • Benedetto XVI convoca il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Cattolica
  • Mons. Migliore: urgente garantire la sicurezza dei civili nelle zone di guerra
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pesante offensiva nella Striscia di Gaza. Twal: civili condannati a morte
  • Appello dei vescovi europei e nordamericani: "Basta con le violenze a Gaza"
  • Rapporto Unicef: curare le mamme nei Paesi più poveri per salvare i loro bambini
  • Filippine: rapiti tre volontari della Croce Rossa
  • Chiesa e Società

  • Drammatica testimonianza di padre Musallam, parroco a Gaza
  • Assaltata comunità di salesiani nella Repubblica Democratica del Congo
  • Rapporto di Human Rights Watch sul rispetto dei diritti umani nel mondo
  • India: proseguono le violenze contro i cristiani
  • Sri Lanka: preoccupazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese per le violenze della guerra civile
  • Apertura a Parigi dell’Anno internazionale dell’astronomia
  • Giornata del Migrante: i vescovi del Sudafrica esortano all’accoglienza dello straniero
  • I vescovi del Camerun denunciano la corruzione e l'incoerenza di vita nei cristiani
  • Argentina: manifestazione contro la povertà
  • Terremoto in Costa Rica: il governo chiede aiuto alla comunità internazionale
  • La Chiesa in aiuto alle vittime dell’alluvione che ha colpito le Filippine
  • India: oltre 5 mila poveri e Dalit cacciati dalla baraccopoli di Howrah
  • I cattolici del Vietnam in difesa della libertà d’espressione
  • La Chiesa invoca adeguate risposte pastorali per la nuova realtà di Hong Kong
  • Il cardinale Vallini firma la Dichiarazione che promuove le antiche vie di pellegrinaggio verso Roma
  • Giornata del dialogo tra ebrei e cattolici: gli appuntamenti in Olanda
  • Settanta sindaci firmeranno domani a Pompei la costituzione della "Città della fraternità"
  • Presentato a Roma il libro “Vivere insieme in pari dignità” sul dialogo interculturale
  • 24 Ore nel Mondo

  • La BCE taglia il costo del denaro portandolo al minimo storico
  • Il Papa e la Santa Sede



    Cristo è la vera speranza di fronte alle non poche ombre che preoccupano l'umanità: così il Papa agli agenti della Polizia in servizio presso il Vaticano

    ◊   “Solo Cristo può aiutarci a costruire un mondo dove regni la giustizia e l’amore”: è quanto ha detto il Papa ricevendo oggi i dirigenti e gli agenti dell'Ispettorato di Pubblica Sicurezza che svolgono il loro lavoro presso il Vaticano. Un servizio per cui Benedetto XVI ha espresso il suo "più vivo e grato apprezzamento". Presenti tra gli altri il capo della Polizia Antonio Manganelli, il prefetto Salvatore Festa e il questore Giuseppe Caruso. Ce ne parla Sergio Centofanti.


    Nel tradizionale incontro d’inizio anno con i dirigenti e gli agenti della Polizia in servizio presso il Vaticano, il Papa volge lo sguardo a questo 2009 iniziato purtroppo non sotto i migliori auspici:

     
    “Inizia un nuovo anno e tante sono le nostre attese e speranze. Non possiamo però nasconderci che all’orizzonte si profilano anche non poche ombre che preoccupano l’umanità. Non dobbiamo però scoraggiarci; anzi dobbiamo mantenere sempre accesa in noi la fiamma della speranza. Per noi cristiani, la vera speranza è Cristo, dono del Padre all’umanità”.

     
    “Questo annuncio è per tutti gli uomini” – ha aggiunto il Pontefice - e “si trova nel cuore del messaggio evangelico; per tutti infatti Gesù è nato, é morto e risorto”:

     
    “La Chiesa continua a proclamarlo oggi e all’intera umanità, perché ogni persona e ogni umana situazione possa sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio, che sola può trasformare il male in bene. Solo Cristo può rinnovare il cuore dell’uomo e renderlo un’oasi di pace; solo Cristo può aiutarci a costruire un mondo dove regni la giustizia e l’amore”.

     
    Tutti possono dare il loro contributo svolgendo il lavoro di ogni giorno “come missione” e “servizio al prossimo”. Un servizio – ha affermato il Papa - che “fatto con amore diventa preghiera, preghiera ancor più gradita a Dio” quando “risulta poco gratificante, monotono e faticoso”:

     
    “Alla luce di questa salda speranza, il nostro quotidiano lavoro, qualsiasi esso sia, assume un significato e valore diverso, perché lo ancoriamo a quei valori perenni umani e spirituali, che rendono la nostra esistenza più serena ed utile ai fratelli… Ed è compiendo bene il proprio dovere che ogni battezzato realizza la propria vocazione alla santità”.

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    La Conferenza episcopale dell'Iran dal Papa per la visita ad Limina: intervista con l'arcivescovo di Teheran

    ◊   Il Papa ha ricevuto oggi alcuni vescovi dell'Iran, in visita "ad Limina", guidati da mons. Ramzi Garmou, arcivescovo di Teheran dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale iraniana. Tiziana Campisi ha intervistato il presule chiedendogli di parlarci della situazione della comunità cattolica in questo Paese:


    R. - C'est bien de dire un mot sur l'histoire de l'Eglise en Iran. ...
    Sarebbe opportuno dire qualche parola sulla storia della Chiesa in Iran. Secondo le informazioni a nostra disposizione, la Chiesa in Iran è il frutto dell’opera di evangelizzazione dell’Apostolo Tommaso e dei suoi discepoli. Quindi le sue origini si possono fare risalire al I sec. d.C.. Questa Chiesa ha conosciuto una straordinaria espansione nei primi secoli. Questi missionari sono stati i primi ad annunciare il Vangelo a popoli molto lontani come la Cina, la Corea, il Giappone. Eessa ha anche conosciuto dure persecuzioni ai tempi dei Sassanidi, in particolare sotto il Regno dello Scià Shapur II [IV sec. d.C. - ndr] che fece perseguitare i cristiani per 40 anni. Questo sangue dei martiri ha fatto sì che la Chiesa in Iran e in Oriente trovi molta forza e coraggio per continuare la sua missione in questa regione. Oggi è una piccola comunità. Su 70 milioni di abitanti si contano intorno a 100mila cristiani. Circa 80mila appartengono alla Chiesa armena ortodossa. I cattolici appartengono a tre riti: Caldeo, Armeno e Latino. Ma minoranza non significa scarsa incisività. Anche una minoranza può crescere e avere delle radici nel Paese. Basti pensare alle parola di Gesù: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo”. Con un po’ di sale si può dare sapore a molti alimenti. Anche noi, nonostante i limiti della nostra comunità, speriamo nella grazia di Dio e la testimonianza dei nostri fedeli di continuare la missione della Chiesa in questo Paese. Rendiamo grazie a Dio, perché nella nostra comunità è ancora vivo il sentimento religioso. Abbiamo dei giovani impegnati nella pastorale e abbiamo qualche vocazione sacerdotale e religiosa. Tutto questo è quindi un segno che Dio lavora nella nostra Chiesa, nonostante i limiti che ci sono imposti. Quello che caratterizza la nostra Chiesa e la nostra popolazione cristiana è l’emigrazione. Nel corso di questi ultimi trent’anni una buona parte dei nostri fedeli ha lasciato il Paese e sfortunatamente l’emigrazione continua. Solo Dio sa quale sarà il futuro della Chiesa nel nostro Paese, ma crediamo che, se chi resta rimane fedele alla sua vocazione cristiana, avremo un futuro luminoso.

     
    D. - La Chiesa ha vissuto momenti difficili. Qual è la situazione oggi? E quali sono oggi le principali sfide pastorali?

     
    R. - Vous savez, l'Eglise - je dirais dans tous les pays - vit des situations difficiles ...
    La Chiesa vive situazioni difficili in tutti i Paesi, anche in Europa ha davanti a sé sfide notevoli come la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso, la perdita dei valori morali e spirituali. Noi pure, come le altre Chiese, abbiamo delle difficoltà: è normale per delle persone che vogliono vivere la loro fede e testimoniarla. Nonostante questo, secondo la Costituzione della Repubblica Islamica d’Iran, i cristiani sono riconosciuti ufficialmente come una minoranza religiosa. Quindi abbiamo la libertà di praticare il culto e di impartire una formazione cristiana ai nostri fedeli all’interno delle nostre chiese. Le nostre chiese sono aperte per il culto e la formazione cristiana. La sfida che, secondo me, dobbiamo affrontare oggi è quella di aiutare i fedeli a passare da una fede sociologica, etnica, trasmessa dai genitori, a una fede che sia un’autentica esperienza spirituale, una testimonianza di vita, dunque innanzitutto un dono dello Spirito Santo. Questo passaggio è necessario e cerchiamo di farlo attraverso incontri, riunioni, prediche. L’altra sfida è quella di lavorare per l’unità dei cristiani. Siamo una piccola comunità divisa in più comunità e questo ancora oggi è uno scandalo per noi cristiani. Occorre dunque fare il possibile perché i cristiani possano vivere in comunione affinché la loro testimonianza sia più credibile presso gli altri. Dobbiamo inoltre convincerci che, siamo sì una piccola minoranza, ma che Dio può fare attraverso noi delle grandi opere. L’importanza di una Chiesa non sta nella sua visibilità, nella sua grandezza visibile, ma nella qualità della sua fede e nella testimonianza dei suoi fedeli. Dunque bisogna credere che, a dispetto dei numeri, Dio può realizzare meraviglie per noi a condizione che ascoltiamo la Sua voce e che facciamo la Sua volontà.

     
    D. - Quali sono i rapporti con le altre Chiese nel Paese?

     
    R. - On a des relations fraternelles entre évêques et prêtres, ...
    Abbiamo rapporti fraterni tra vescovi e sacerdoti, ma il dialogo ecumenico purtroppo non è alimentato abbastanza. Ci accontentiamo di un incontro di preghiera per l'unità dei cristiani una volta all’anno. A mio avviso non basta. Occorre dunque intensificare e approfondire il dialogo ecumenico per rispondere alla volontà di Gesù che tutti coloro che credono in Lui “siano una sola cosa, affinché il mondo creda”.

     
    D. - Cosa vi aspettate dalla vostra visita ad Limina e dall’incontro con il Santo Padre?

     
    R. - Cette visite traditionelle d'abord elle manifeste la comunion de tous les évêques ...
    Questa vista tradizionale manifesta innanzitutto la comunione di tutti i vescovi del mondo con il Vescovo di Roma, che è anche Pastore universale della Chiesa cattolica. Quindi anche noi, come vescovi cattolici dell’Iran, veniamo per manifestare questa comunione con il Santo Padre. Inoltre ci attendiamo che ci confermi nella fede, nella convinzione profonda che abbiamo una missione da compiere in Iran. Auspichiamo poi che la Santa Sede sia più informata sulla situazione dei cristiani in Iran: speriamo che questa visita ci aiuti a essere meglio capiti dai diversi dicasteri per stabilire una collaborazione più utile e fruttuosa per la Chiesa.

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    Rinunce

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mansa (Zambia),
    presentata da mons. Andrew Aaron Chisha, per raggiunti limiti di età.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saint-Denis (Francia), presentata da mons. Olivier de Berranger, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

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    Città del Messico. Il cardinale Antonelli: sostenere la famiglia come scuola di umanità e vita cristiana

    ◊   Testimonianze, canti ed interventi di religiosi e laici hanno scandito ieri a Città del Messico la prima giornata dell’Incontro mondiale delle famiglie. Aprendo il Congresso teologico pastorale, il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, cardinale Ennio Antonelli, ha illustrato la visione della Chiesa sull’istituto familiare. La Famiglia – ha detto – è la “scuola più efficace di umanità e di vita cristiana”, una comunità stabile di vita e di amore “che armonizza nella comunione le differenze costitutive dell’essere umano”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    (Inno dell’Incontro mondiale delle famiglie)

    Ricordando attuali gravi difficoltà, tra cui l’emergenza educativa ed una sempre maggiore “frattura tra le generazioni”, il cardinale Ennio Antonelli ha affermato che la famiglia ha il diritto e il dovere di educare e formare. I figli hanno bisogno di apprendere gradualmente il giusto utilizzo della libertà, ma anche gli adulti - ha aggiunto - a loro volta possono ricevere molti stimoli positivi per un’educazione permanente. L’arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera, ha poi lanciato una sfida: quella di “vedere la famiglia come un dono per la società umana”, una società che ha bisogno nel suo cammino di essere illuminata da valori spirituali. Per avanzare in questo percorso – ha spiegato il porporato – la Chiesa sostiene e promuove il matrimonio tra uomo e donna, origine della famiglia. Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha affermato infine che si devono riscoprire “l’ideale biblico del matrimonio e della famiglia” come immagine dell’amore di Dio: “Due persone che si amano - ha detto - riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità”.

     
    (musica)

     
    La giornata di ieri è stata arricchita anche da testimonianze di rappresentanti di movimenti e associazioni che hanno sottolineato il ruolo fondamentale della famiglia per la formazione e la trasmissione di valori etici e spirituali. Un accorato appello è stato lanciato, in particolare, dal presidente del Messico, Felipe Calderon, che ha ribadito la centralità della famiglia. Il servizio di padre Gianfraco Grieco, capo ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia:


    La famiglia è il cuore dei messicani. Dal presidente del Messico Calderon è partito un caloroso appello in favore della famiglia e della vita: “La famiglia - ha detto il presidente rivolgendosi agli oltre 10 mila partecipanti - è vita. La famiglia è solidarietà, la famiglia è condivisione. E’ il luogo dove la giustizia si trasforma in carità”. Particolarmente ricca è stata la tavola rotonda alla quale hanno partecipato esponenti di associazioni, movimenti. Da queste realtà le famiglie, oggi, possono attendere un aiuto del tutto particolare: chi compie, infatti, un percorso di fede rinnova se stesso e la comunità familiare. E questo è stato l’invito della prima giornata del VI Incontro mondiale in corso a Città del Messico. L’evento ha subito ricevuto ampia eco dai mezzi di informazione: tutti i quotidiani parlano dell’Incontro e seguono con particolare attenzione gli “opinion leader” che ribadiscono nel corso di tutti gli interventi la centralità della famiglia per sperare in un futuro migliore.

     
    Sperare in un futuro e in una società migliori significa rinforzare l’indissolubile vincolo matrimoniale e anche aiutare le famiglie cristiane a proporre modelli alternativi a quelli che caratterizzano l’attuale società. E’ quanto sottolinea, al microfono di Marta Lago, padre Raniero Cantalamessa:


    R. – Il matrimonio vissuto in Cristo ha la possibilità di esprimere le potenzialità che Dio aveva in mente, cioè il mutuo amore tra i coniugi, la mutua realizzazione che non è semplicemente qualcosa di umano; è un aprirsi a quello che avviene nella Trinità, due persone che si amano e generano lo Spirito Santo. E quindi il matrimonio è la prima scuola di religione, perché nel matrimonio si sperimenta qualcosa che fa desiderare l’eterno, l’infinito, cioè Dio. Dobbiamo riscoprire il senso iniziale, voluto da Dio, della sessualità umana, che è un aprirsi al dono di Dio, aprirsi al desiderio di Dio. Questo corrisponde a quello che l’uomo e la donna hanno nel più profondo del loro cuore. Quindi i cristiani hanno un’arma formidabile, perché quello che il mondo presenta nei film, in tutti i mezzi di comunicazione e in modo abbagliante sono false prospettive di bellezza, salute e successo. La gente sa che si tratta di modelli falsi. Noi dobbiamo aiutare la gente a vedere, a smascherare questa menzogna e a chiamare col proprio nome le cose: non è amore tutto questo, ma semplicemente sensualità.

     
    D. – Fino a che punto la testimonianza è importante nella nostra società?

     
    R. – Io credo che, ormai, la testimonianza sia quello che ci resta. I primi cristiani, con i loro costumi, cambiarono le leggi dello Stato. Oggi invece non possiamo pretendere il contrario, cioè cambiare i costumi con le leggi dello Stato. Come cittadini, dobbiamo fare in modo che le leggi siano giuste. Ma dobbiamo soprattutto dare esempi di famiglie cristiane. Quindi l’azione pastorale della Chiesa, come già avviene, ma ancora di più dovrebbe puntare ad aiutare le famiglie cristiane a esprimere davvero, nella società di oggi, un modello alternativo.

     
    D. – Ha parlato della sua preoccupazione per il divorzio del cuore. Sembra molto importante andare oltre le apparenze, non far finta che uno abbia una famiglia felice…

     
    R. – Sì, bisogna avere il coraggio – e credo che questo è compito anche della nostra predicazione – di mettere in guardia che c’è un divorzio del cuore: avviene quando si rimane uniti, marito e moglie, ma non ci si parla. Io ho conosciuto casi di persone che non si parlavano più in casa. Quindi bisogna mettere in guardia non solo dal divorzio giuridico, ma anche da questo divorzio silenzioso. Un fenomeno che in alcune società – penso anche all’Italia – è molto più diffuso del divorzio giuridico.

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    Benedetto XVI convoca il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Cattolica

    ◊   Benedetto XVI, nella sua sollecitudine per la Chiesa Siro-Cattolica e in considerazione del can. 72 § 2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, ha convocato per i giorni 17-23 gennaio, a Roma, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Siro-Cattolica, per l'elezione del Patriarca di Antiochia dei Siri Cattolici. Il Sinodo inizierà con due giorni dedicati alla preghiera ed alla riflessione e sarà presieduto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

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    Mons. Migliore: urgente garantire la sicurezza dei civili nelle zone di guerra

    ◊   La drammatica situazione a Gaza, in Congo, Iraq e Darfur dimostra che non si sta facendo abbastanza per proteggere le popolazioni civili in aree di guerra: è la denuncia dell’arcivescovo Celestino Migliore, intervenuto ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul tema della protezione dei civili nei conflitti armati. L’Osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro ha sottolineato che spesso, per ragioni politiche o militari, vengono violati i più elementari diritti dei civili, in particolare donne e bambini. Il servizio Alessandro Gisotti:


    In questo 2009, che segna il 60.mo anniversario della Convenzione di Ginevra, la comunità internazionale deve impegnarsi concretamente a proteggere i civili durante i conflitti armati: è l’appello dell’arcivescovo Celestino Migliore al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Quanto sta succedendo a Gaza, in Iraq, Darfur e nella Repubblica Democratica del Congo, ha rilevato mons. Migliore, dimostra che “la sicurezza dei civili in aree di guerra sta diventando sempre più critica”. L’osservatore vaticano all’Onu ha quindi indicato “tre pilastri” per garantire la sicurezza della popolazione civile: “Accesso degli aiuti umanitari, protezione speciale di donne e bambini e disarmo”.

     
    D’altro canto, ha sottolineato il presule, le violazioni a danno della popolazione civile in molte parti del mondo non sono soltanto un effetto della guerra. Continuiamo, ha costatato con amarezza, a vedere civili utilizzati deliberatamente come strumenti per ottenere risultati politici o militari. In questi ultimi giorni, ha aggiunto, abbiamo visto un fallimento totale nel distinguere i civili dagli obiettivi militari. Quando le armi sono utilizzate senza adottare misure ragionevoli per evitare di colpire i civili, quando donne e bambini sono usati come scudi umani, quando, ha avvertito ancora, è negato l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza, vengono distrutti i villaggi nel Darfur e la violenza sessuale devasta la vita di donne e bambini nel Congo, risulta tristemente chiaro che le ragioni politiche e militari passano sopra al rispetto basilare della dignità e dei diritti delle persone e delle comunità.
     Mons. Migliore ha quindi ribadito che per assicurare la protezione di civili non basta un rinnovato impegno a rispettare le leggi umanitarie, ma è innanzitutto necessaria una buona volontà politica. Ogni parte belligerante, ha proseguito, deve essere responsabile della protezione degli individui e delle comunità. Il presule ha ribadito che l’aumento delle vittime civili nei conflitti è anche conseguenza della produzione massiccia di nuovi e sofisticati armamenti. Ha quindi ribadito l’urgenza di un Trattato per il controllo del commercio e delle armi ed ha incoraggiato tutti gli Stati a ratificare la Convenzione sulle bombe a grappolo, adottata recentemente.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo di Leonardo Becchetti dal titolo “I giovani e la crisi globale”

    In evidenza, nell’informazione internazionale, la situazione in Vicino Oriente: Hamas disponibile a trattare la proposta di tregua-franco egiziana. L’arcivescovo Celestino Migliore, intervenendo all’Onu, sottolinea le violazioni dei diritti umani a danno dei civili

    Il Concilio non è la tomba dei concordati: in cultura, la relazione introduttiva di Giorgio Feliciani al convegno “Santa Sede, Conferenze episcopali, Stati: esperienze di Paesi dell’Unione Europea”

    In Europa anche l’ateismo ha solide radici cristiane: anticipazione dell’articolo di Pierre Manent nel prossimo numero della rivista “Vita e pensiero”

    La liturgia insegna ma non tutti vogliono ascoltare: Silvia Guidi a conclusione del simposio, a Roma, su “La Penitenzieria apostolica e il sacramento della Penitenza”

    Giulia Galeotti recensisce “Indignation”, l'ultimo romanzo di Philip Roth

    Un articolo di Elisabetta Galeffi dal titolo “Il destino sacro di un’isola greca”: il santuario mariano della “Panàgia Evangelìstria”  a Tinos, nell’arcipelago delle Cicladi

    Nell’informazione religiosa, Nicola Gori intervista il gesuita Claudio Barriga Dominguez, direttore generale delegato dell’Apostolato della preghiera

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    Oggi in Primo Piano



    Pesante offensiva nella Striscia di Gaza. Twal: civili condannati a morte

    ◊   E’ una delle giornate più violente nella Striscia di Gaza. Le truppe israeliane hanno colpito la sede dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati, l’ala di un ospedale e un palazzo che ospita numerosi giornalisti di testate arabe. Dopo aver condannato l’attacco contro le Nazioni Unite, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha detto che la tregua può essere vicina. Al Cairo si lavora per il cessate-il-fuoco, a discuterne il mediatore israeliano Amos Gilad e il capo dei servizi segreti egiziani, che conduce i colloqui separati con israeliani e Hamas. Il servizio di Benedetta Capelli:


    E’ una dichiarazione di speranza quella del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. “Penso che ci siano gli elementi perché le violenze cessino ora”. Parole che arrivano dopo l’indignazione per il ferimento di tre dipendenti dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, la cui sede che, in quel momento ospitava 700 palestinesi, è stata colpita dai raid israeliani. Secondo una fonte Onu, sull’edificio sono piovuti proiettili al fosforo bianco. Immediate le scuse del ministro della Difesa israeliano Barack che ha parlato di “un grave errore”. L’azione è stata preceduta da altri attacchi: uno contro l’edificio nel quale si trovano gli studi di vari canali televisivi – due i cameramen rimasti feriti – e l’altro contro la sede della Mezzaluna Rossa palestinese che ospita un piccolo ospedale nel quale erano presenti 500 persone. Decine di carri armati sono penetrati nei quartieri più popolosi di Gaza City, centinaia di palestinesi si sono dati alla fuga e sono almeno 16 le vittime dei raid notturni nella Striscia, tra questi anche un ragazzino di 13 anni. Sono così oltre 1.100 i morti; “un numero – ha detto Ban Ki-moon – che ha raggiunto un livello insostenibile”. Notevole lo sforzo diplomatico in campo, il negoziatore israeliano Amos Gilad è oggi al Cairo per discutere con i mediatori egiziani i termini di un possibile cessate il fuoco che comprende anche il controllo del traffico di armi tra la Striscia di Gaze e l’Egitto. Ieri Hamas ha annunciato di aver accettato "in via di principio" il piano di tregua egiziano. Sì dunque al dispiegamento di ''osservatori turchi, europei, dell'Autorità Nazionale Palestinese e rappresentanti del governo di Gaza'' ai confini della Striscia, un sì condizionato però dalla revoca israeliana del blocco dei valichi.

    Il conflitto israelo-palestinese non risparmia dunque i civili. Un appello per la loro tutela è stato lanciato da mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, al microfono della nostra collega Gabi Fröhlich:


    R. – Io penso a tutte le vittime innocenti che non c'entrano niente con la guerra, che aspettano un giorno di pace, aspettano di avere una casa dove dormire in pace, vivere in pace, studiare in pace, cosa che non esiste più. A loro dico che gli siamo accanto e che quello che più ci fa soffrire, qui, è che siamo incapaci – nonostante tutta la buona volontà – di fermare la violenza. Questa macchina di morte non sa distinguere tra piccoli, grandi, donne, anziani, giovani. Non possiamo condannare a morte tutta una popolazione solo perché i politici non sono d’accordo; non è né giusto, né normale e né umano, per cui continuiamo a pregare, a sperare e pregare anche per i politici, che abbiano un po’ di testa e un po’ di cuore, perché anche loro hanno una famiglia, anche loro hanno dei bambini. Non capisco come possano avere il coraggio di andare avanti senza considerare tutte queste lacrime, tutti questi morti, tutte queste vittime.

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    Appello dei vescovi europei e nordamericani: "Basta con le violenze a Gaza"

    ◊   Un pressante appello per la fine della violenza a Gaza e per la pace in Medio Oriente è stato levato oggi da un gruppo di vescovi europei e nordamericani a conclusione della loro visita in Terra Santa. I presuli fanno parte del Gruppo di coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa, organismo istituto a Gerusalemme nel 1998 su richiesta della Santa Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Cessare la violenza, cominciare a costruire la pace”: inizia con questo accorato appello il comunicato del gruppo di vescovi europei e nordamericani, che dal 9 gennaio scorso sono in Terra Santa per chiedere la fine delle violenze a Gaza e l’avvio di un autentico processo di pace israelo-palestinese. “Non può esserci pace se le persone non credono nella pace – si legge nel documento - non possono esserci sicurezza e giustizia se non sono garantite a tutti in questa terra”. Il Gruppo di coordinamento esorta dunque palestinesi e israeliani a costruire una pace giusta che garantisca la sicurezza di Israele e l’esistenza di uno Stato palestinese. Sul significato di questa iniziativa, ecco la riflessione dell’arcivescovo di Liverpool, Patrick Kelly, che presiede il gruppo di vescovi in Terra Santa. L’intervista è della nostra inviata a Gerusalemme, Philippa Hitchen:

     
    R. – We have got to urge everybody who has any economic, political influence …
    Dobbiamo fare pressione su chiunque abbia un’influenza economica o politica in questo nostro mondo perché si dica: la nostra preoccupazione sono tutti i bambini della Terra Santa. Dobbiamo assicurarci della loro sicurezza, di tutti loro, senza alcuna eccezione; dobbiamo deciderci ad affrontare questo problema. Non possiamo dimenticarcene!

     
    Nel comunicato, i presuli sottolineano il ruolo fondamentale delle religioni per la ricerca della pace, chiedono ai pellegrini di non abbandonare la Terra Santa e ai fedeli europei e nordamericani di continuare a pregare per i cristiani di questa comunità. Ancora mons. Kelly:

     
    R. – We keep on saying in most …
    Noi continuiamo ad affermare – ed è affermato nella maggior parte delle Dichiarazioni che conosciamo – che riteniamo la vita religiosa di ogni essere umano un aspetto importante della sua vita. E’ un aspetto vitale: se non si parla della dimensione religiosa della persona, si esclude un aspetto importante della sua vita. Una delle sfide delle tre religioni che sono in questa terra, è che per tutte e tre questa terra è importante. Per questo diventa una sfida particolare. Personalmente, io credo profondamente che se riusciamo a trovare il modo di far vivere due popoli e tre religioni in pace e sicurezza tra di loro in questa terra, saremo riusciti ad aprire la porta per la soluzione di ogni conflitto che il mondo deve affrontare oggi.

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    Rapporto Unicef: curare le mamme nei Paesi più poveri per salvare i loro bambini

    ◊   Presentato stamane a Roma il Rapporto annuale dell’Unicef sulla condizione dell’Infanzia nel mondo, dedicato quest’anno al tema “Salute materna e neonatale”. Il servizio di Roberta Gisotti:


    Le mamme e i loro bambini al centro del Rapporto Unicef 2009. Si stima che 1500 donne ogni giorno muoiano di parto o per complicazioni legate alla gravidanza, vale a dire dal 1990 ad oggi 10 milioni di vittime, per oltre il 99 per cento residenti in Paesi in via di sviluppo. Ed altre 10 milioni sono le donne che ogni anno sopravvivono a gravidanze e parti difficili con gravi conseguenze di salute. Sul fronte dei neonati basti dire che un bimbo nato in un Paese in via di sviluppo rischia 14 volte in più di morire entro il primo mese di vita rispetto ad un neonato di un Paese industrializzato. Tra le cause principali di mortalità materna sono: emorragie, infezioni, aborti, ipertensione e parti chiusi. Ad uccidere i neonati sono soprattutto le infezioni, l’asfissia, le nascite premature. Da qui l’intento dell’Unicef di invertire una spirale negativa, come ci spiega la dott.ssa Donata Lodi, responsabile dei Programmi dell’Unicef-Italia:

    R. – Questa è l’area in cui ci sono stati meno progressi negli ultimi anni, mentre abbiamo avuto dei risultati molto positivi nella riduzione della mortalità infantile da 0 a 5 anni, è proprio nella riduzione della mortalità neonatale e della mortalità delle madri – soprattutto legata al parto e anche a malattie in gravidanza – che non si sono fatti grandi passi avanti, verso gli obiettivi di sviluppo del millennio.

     
    D. – Questo è uno degli aspetti in cui c’è maggior divario tra Paesi sviluppati e Paesi non sviluppati?

     
    R. – Senza dubbio. Una donna di un Paese in via di sviluppo ha una probabilità di morire, per cause legate alla gravidanza o al parto, 300 volte superiore a quelle di una donna di un qualunque Paese industrializzato. Soprattutto in Africa e in Asia, la situazione è pesantissima.

     
    D. – A chi vi rivolgete con questo rapporto, piuttosto alle opinioni pubbliche o ai governi?

     
    R. – All’opinione pubblica e ai governi, perché senza la pressione dell’opinione pubblica, su questo tema sarà difficile ottenere dei progressi. Il messaggio è molto semplice: se noi riusciamo a ridurre la mortalità da parto delle donne, riusciremo anche ad avere dei progressi maggiori nella riduzione della mortalità infantile, perché tutte le statistiche concordano sul fatto che i figli di madri morte durante il parto hanno una probabilità di vita inferiore, e quello che si fa per migliorare la salute delle madri ha anche – come effetto indiretto – il miglioramento della condizione di vita dei bambini. Mi spiego molto banalmente: i servizi sanitari che servono per ridurre la mortalità infantile, servizi capillari che arrivino in tutti i villaggi e che facciano diagnosi prenatali - e facciano anche quindi un lavoro di prevenzione - sono gli stessi servizi che possono avere dei risultati spettacolari nel miglioramento della salute dei bambini. Mettere al centro l’obiettivo della salute materna, significa creare realmente la possibilità d’invertire il circolo vizioso che porta poi alle morti di bambini o a condizioni di disagio nelle famiglie dei Paesi più poveri.

     
    D. – Vi siete posti il problema di non essere comunque ascoltati, in questo periodo di crisi economica, che si dice globale?

     
    R. – Sì, ce lo siamo posto. Infatti per questo insistiamo anche sul fatto che non si tratta d’interventi costosi; si tratta d’interventi che consentono, già nel medio termine, una riduzione della spesa sanitaria. Costa molto di più curare le conseguenze della mancanza di queste strutture sanitarie di quanto non costi creare questa rete capillare di servizi per le madri.

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    Filippine: rapiti tre volontari della Croce Rossa

    ◊   Tre operatori della Croce Rossa, un filippino, uno svizzero e un italiano, sono stati rapiti stamani nell’isola di Jolo, nel sud delle Filippine. La notizia è stata confermata da fonti ufficiali della Croce Rossa filippina, secondo la quale i tre stavano viaggiando su una strada, quando sono stati bloccati e portati via da uomini armati. Responsabile del rapimento potrebbe essere il movimento Abu Sayyaf, uno dei più sanguinari gruppi ribelli musulmani operanti nelle Filippine. Le trattative per il rilascio potrebbero essere state già avviate dalle autorità di Manila e degli altri Paesi di cui i tre rapiti sono originari. Per un’analisi di questo nuovo episodio contro operatori umanitari nelle Filippine, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Francesco Rocca, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana:


    R. – La Croce Rossa è abituata a lavorare in situazioni di conflitto e in tutto il mondo è presente, purtroppo, dove ci sono queste situazioni. Ora, lì è una situazione particolarmente delicata e ci preoccupa questo aumento delle aggressioni verso gli operatori di Croce Rossa; è il segno del fatto che bisogna aumentare la diffusione e il rispetto per il diritto internazionale umanitario. Noi operiamo a prescindere dalle parti in causa e assistiamo tutti, così come avviene anche nelle Filippine.

     
    D. – Siete riusciti a dare un significato a questo episodio? Perché si stanno colpendo i volontari che in fondo operano a favore della popolazione civile?

     
    R. – Stiamo facendo un’analisi in queste ore. Stiamo in continuo contatto con i nostri colleghi su posto. Anche noi siamo stati presi di sorpresa da questa vicenda. Dobbiamo riuscire a capire bene se si tratti effettivamente di un gruppo terroristico o di un sequestro a scopo di estorsione.

     
    D. – Che cosa si sta muovendo in queste ore? Come ci si comporta?

     
    R. – Normalmente il Comitato internazionale, quando viene colpito un operatore di Croce Rossa, sospende tutte le attività, perché è segno che le parti non rispettano l’emblema. In questo caso, il Comitato ha annunciato che le operazioni sul campo proseguono e questo è segno che obiettivamente non c’è ancora chiarezza sulla dinamica. E comunque in quell’area il bisogno è enorme. Nonostante questo attacco all’emblema si continua a lavorare in favore dei più deboli, dei più vulnerabili.

     
    D. – Qual è l’attività della Croce Rossa lì nelle Filippine, in particolare nell’isola di Jolo?

     
    R. – Un nostro ingegnere si occupava di ricostruzione alloggi. Ovviamente, lì si sta facendo un lavoro a tutto tondo, sia sul piano sanitario che sugli alloggi, sulla potabilità. Ci sono una serie di interventi importanti, che in questo momento vengono portati avanti in quell’area, insieme con la mediazione tra le parti in conflitto.

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    Chiesa e Società



    Drammatica testimonianza di padre Musallam, parroco a Gaza

    ◊   A Gaza “la situazione peggiora di ora in ora”, questa terra e la sua gente sta vivendo una vera tragedia. E’ l’appello del parroco di Gaza, padre Manuel Musallam, che testimonia – attraverso il Sir – il dramma del popolo palestinese, vittima del conflitto in corso fra l’esercito israeliano e i miliziani di Hamas. “Quella appena trascorsa è stata, forse, la notte peggiore da quando è scoppiata la guerra - racconta oggi padre Musallam - A causa delle bombe molte persone hanno dovuto lasciare le loro case e fuggire senza poter prendere nulla. Ci sono moltissime persone che ora vagano nelle strade. I soldati israeliani sarebbero un po’ dovunque”. Il parroco di Gaza conferma sul posto la mancanza dei generi di prima necessità, come pure di elettricità e medicinali, e riferisce della fuga di diverse famiglie cristiane che nella notte hanno perso la casa, distrutta dalle bombe, ed hanno trovato accoglienza presso amici e parenti. “Poco fa sono stato raggiunto da alcune telefonate di persone che non hanno di che mangiare e dove rifugiarsi – racconta - Negli ospedali si fa fatica a curare i feriti, le ambulanze hanno difficoltà a muoversi tra macerie e gente in fuga. Nei locali della scuola abbiamo dovuto razionare la benzina per il generatore che serve a far funzionare un forno dove molti vengono a cuocere il pane”. Circa la possibilità che Hamas possa accettare già nella giornata odierna una tregua, notizia circolata già ieri sera, il parroco invoca “prudenza in quanto ci sono delle condizioni da rispettare. Ora spetta a Israele. Solo dopo si potrà parlare di possibilità di una tregua”. (C.D.L.)

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    Assaltata comunità di salesiani nella Repubblica Democratica del Congo

    ◊   La notte scorsa, la comunità missionaria salesiana dell’Istituto Tecnico Industriale di Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, è stata vittima di una violenta aggressione da parte di alcuni uomini armati. Gli aggressori, entrati nell’istituto scolastico, hanno assaltato i 5 religiosi che vivono all’interno, e portato via tutto quello che potevano. Nell’attacco sono rimasti feriti il direttore della comunità, don Firmin Kikoli, e Alonso Honorato, coadiutore dell’istituto, che dopo le prime cure sono stati dichiarati fuori pericolo. La comunità “San Giovanni Bosco” dell’ “Istituto tecnico industriale” di Goma è stata la prima presenza salesiana nella città. Sorto nel 1981, l’istituto ha una scuola di secondo grado e un oratorio. I malviventi, come riporta l'Agenzia Misna, non sono ancora stati presi, e non si sa neppure se fossero delinquenti comuni o ribelli. Sull’accaduto ha espresso la sua solidarietà anche il consigliere regionale della Repubblica Democratica del Congo, che ha ringraziato la comunità salesiana e il Papa per “aver rivolto lo sguardo verso la drammatica situazione del popolo e dei giovani di Goma”. Il consigliere ha poi espresso il desiderio di poter continuare con “questa rete di vicinanza e di solidarietà chiedendo allo Spirito del Signore che continui ad inspirare cammini effettivi di giustizia e di pace”. (F.C.)

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    Rapporto di Human Rights Watch sul rispetto dei diritti umani nel mondo

    ◊   L’amministrazione Obama dovrà mettere i diritti umani al centro delle sue politiche se vorrà liberarsi dagli enormi danni lasciati dall’amministrazione Bush. Con questo forte richiamo, Human Rights Watch ha presentato ieri il suo Rapporto 2009 sui diritti dell’uomo e il bilancio è che il rispetto dei diritti fondamentali lo scorso anno è peggiorato. Attacchi a civili continuano in Afghanistan, Colombia, Congo e Georgia, nonché Israele e i territori palestinesi. E repressioni politiche sono in corso in Birmania, Cina, Corea del Nord, Iran, Arabia Saudita e Zimbabwe. Critiche arrivano anche all’Italia per le politiche sull’immigrazione. L’organizzazione sottolinea poi l’aumento in Italia di incidenti a sfondo razzista e una crescente discriminazione nei confronti di Rom e Sinti. E violazioni dei diritti umani sono emerse anche durante la lotta al terrorismo e Human Rights punta il dito su Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Proprio ieri, da Washington, arrivava l’ammissione di un alto funzionario dell’amministrazione Bush che a Guantanamo è stata usata la tortura. (Da New York, Elena Molinari)

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    India: proseguono le violenze contro i cristiani

    ◊   Un insegnante cristiano, James Victor Menezes, è stato aggredito lo scorso 7 gennaio, in India, lungo la strada che percorreva abitualmente per recarsi nella scuola in cui insegnava. Secondo padre Charles Menezes, direttore dell’istituto “St. Legory’s school”, in cui lavora l’insegnante, l’aggressione, avvenuta per mano di estremisti induisti, sarebbe dovuta in quanto accusati di proselitismo religioso tra gli studenti non cristiani. Come tradizione, la scuola ha omaggiato gli studenti cristiani con delle bibbie, che sarebbero state prestate a dei compagni induisti. Questo è bastato agli estremisti indù per organizzare una protesta davanti alla scuola e aggredire l’insegnante ferendolo gravemente. L’episodio avvenuto nella parte sud-occidentale del Paese, è solo l’ultimo di una serie di violenze, da parte degli induisti, contro gli altri culti presenti in India. Nel mese di settembre dello scorso anno, come riporta l'edizione odernia de "L'Osservatore romano", 24, tra chiese e sale di preghiera di varie confessioni, sono state attaccate e incendiate. Le indagini della polizia, per assicurare alla giustizia gli estremisti che hanno aggredito l’insegnante, non hanno ancora dato nessun risultato, benché alcuni di loro siano stati riconosciuti. (F.C.)

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    Sri Lanka: preoccupazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese per le violenze della guerra civile

    ◊   “Nelle ultime settimane ho seguito con grande costernazione l’intensificarsi della guerra e le uccisioni di tante persone nella parte settentrionale dello Sri Lanka”. Così il segretario del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc), reverendo Samuel Kobia, commenta - come riporta l'Osservatore Romano - la situazione di crisi che nel nord del Paese vede da settimane riacceso lo scontro fra le truppe governative e i ribelli delle Tigri Tamil. In una lettera inviata al presidente dello Sri lanka, H.E. Mahinda Rajapaksa, il segretario del Wcc ricorda la visita da lui compiuta nel Paese e l’incontro con i giornalisti locali, preoccupati “per la situazione di costante pericolo e di insicurezza” e per le difficoltà di assolvere alle loro responsabilità professionali, e richiama l’attenzione “sul brutale assassinio del noto giornalista Lasantha Wickremetung, redattore capo del Sunday Leader, avvenuto l’8 gennaio”. “L’assassinio di Wickremetunge – si legge nella lettera – e le uccisioni di molti altri giornalisti, ben quattordici negli ultimi due anni, evidenziano una preoccupante e mirata strategia di morte e di violenza tesa a intimidire e soffocare i mezzi di comunicazione”. Un piano di intimidazioni – conclude il reverendo Kobia – finalizzato ad “eliminare le differenze di espressione, la libertà di opinione e di coscienza”. (C.D.L.)

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    Apertura a Parigi dell’Anno internazionale dell’astronomia

    ◊   400 anni fa Galileo guardava per la prima volta le stelle attraverso un telescopio. Per celebrare questa rivoluzione, le Nazioni Unite hanno proclamato, su richiesta dell’Italia, il 2009 Anno internazionale dell’astronomia. Questa festa planetaria viene presentata oggi e domani all’Unesco, designata dall’Onu come agenzia coordinatrice di tutte le manifestazioni, che saranno moltissime. Come sottolineato questa mattina dal direttore generale dell’Unesco Koichiro Matzura, sono ben 140 i paesi coinvolti. Uno dei momenti più importanti, saranno le cento ore di astronomia che riuniranno dal 2 al 5 aprile in tutto il pianeta il maggior numero possibile di amatori delle stelle. L’obiettivo principale di tute le attività è far scoprire ai cittadini del mondo il posto che occupano nell‘universo, e informare il pubblico di tutte le più recenti scoperte astronomiche. Domani, le personalità riunite a Parigi per lanciare questo anno dedicato alla scienza delle stelle si collegheranno in video conferenza con il grande telescopio europeo di Paranal, in Cile. (Da Parigi, Francesca Pierantozzi)

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    Giornata del Migrante: i vescovi del Sudafrica esortano all’accoglienza dello straniero

    ◊   Amate ed accogliete lo straniero. E’ l’esortazione dei vescovi del Sudafrica in vista della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che si festeggerà il prossimo 18 gennaio. In un messaggio diffuso per l’occasione, rivolto ai fedeli e tutte le persone di buona volontà, i presuli citano Benedetto XVI e ricordano che in quanto figli di Dio siamo tutti chiamati a farci carico di coloro, in particolare dei rifugiati e degli sfollati, che si trovano in condizioni di disagio o difficoltà, di coloro che non riescono a soddisfare le proprie esigenze perché più deboli e indifesi, di tutte le persone che vivono in condizioni di precarietà e insicurezza, emarginate e spesso escluse dalla società. E’ queste categorie di persone – dicono i vescovi – che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione prioritaria. Nel messaggio alla popolazione i presuli del Sudafrica invitano a riflettere in particolare sulla necessità per il Paese di intensificare l’impegno in favore dei rifugiati e degli stranieri: “se è vero che le nostre comunità cattoliche e molte altre persone hanno risposto con generosità alle necessità degli sfollati stranieri, dopo i terribili attentati da loro subiti, nel maggio 2008, le successive indagini mostrano che la stragrande maggioranza di noi ritengono che il Sudafrica sarebbe un posto migliore senza stranieri”. Un tale atteggiamento – ammoniscono i presuli – certamente si scontra con il riconoscimento della fratellanza di tutti gli uomini, tali in quanto figli di Dio. “Deploriamo la mancanza di leadership da parte del governo locale ed in particolare al momento dello scoppio della violenta crisi” aggiungono i vescovi che esprimono rammarico per il “ritardo nel fornire protezione e aiuto alle vittime degli attacchi” e per il mancato arresto dei responsabili delle violenze. “Il fallimento di coloro che abbiamo scelto come nostri governanti – affermano - deve essere riconosciuto come un nostro fallimento”. I presuli si appellano infine a tutte le nostre comunità cristiane affinché accolgano gli stranieri “come fratelli e sorelle”, dando attuazione alle parole di Gesù: "Ero forestiero e mi avete accolto”. (C.D.L.)

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    I vescovi del Camerun denunciano la corruzione e l'incoerenza di vita nei cristiani

    ◊   Riuniti a Maroua dal 4 al 10 gennaio per il 33.mo Seminario della Conferenza episcopale nazionale del Camerun, i vescovi camerunensi hanno firmato una dichiarazione in cui delineano i problemi che sta vivendo il Paese. Nel loro messaggio i presuli invitano i fedeli a denunciare le piaghe che flagellano la Nazione, a cominciare dalla corruzione che ostacola lo sviluppo. A preoccupare i vescovi sono in particolare: le appropriazioni indebite, i furti di bestiame, lo spreco delle risorse pubbliche, i favoritismi. E preoccupazione i presuli esprimono pure per la sorte di tanti giovani, che dopo lunghi e brillanti studi non trovano occupazione, e ciò anche a causa di concorsi truccati. Sulla realtà della Chiesa in Camerun i vescovi affermano poi che “la vita cristiana non riflette” la fede in Cristo, principe della giustizia e della verità”. Anche fra i cristiani, sostengono i vescovi, si registrano, corruzione e spreco, da qui la domanda: “Perché i fedeli cristiani non si distinguono e non operano dei cambiamenti nella società?”. Per i presuli si tratta di una incongruenza sul piano religioso che si riversa su quello civile. Altra piaga segnalata dalla Conferenza episcopale è quella del settarismo che divide il Paese. Infine i vescovi del Camerun si appellano ai fedeli e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà “perché giochino un ruolo positivo nel bisogno generalizzato di cambiamento”. Per i presuli, a tal proposito, è necessaria: la formazione della coscienza cristiana; la diffusione della dottrina sociale della Chiesa; la saggezza degli antenati. “In questo anno dedicato a San Paolo – concludono – ascoltiamo ancora il suo appello per la riconciliazione e riconciliamoci con Dio, il prossimo e il nostro Paese”. (T.C. - J.B.)

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    Argentina: manifestazione contro la povertà

    ◊   Protestano per richiamare l’attenzione del governo e della società civile sulle condizioni di estrema povertà degli abitanti di La Quiaca, nella provincia argentina di Jujuy. In 400 fra gli abitanti del piccolo comune al confine con la Bolivia hanno scelto la via dello sciopero della fame per ribellarsi allo stato di abbandono in cui sono lasciati dalle autorità del Paese. Un gesto estremo dovuto all’aggravarsi della crisi cronica che colpisce la regione, dove - hanno riferito alla Misna fonti della prelatura di Humahuaca - “mancano case e scuole, non c’è lavoro, non c’è industria” e dove, secondo cifre ufficiali, l’indice di povertà nel 2008 ha toccato il 30% a fronte del 17,8% registrato su scala nazionale. A loro fianco il parroco del piccolo centro e portavoce delle popolazioni indigene, padre Jesus Olmedo, e il Premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel. “Grazie agli sforzi profusi dalla Caritas e da padre Olmedo - hanno aggiunto le stesse fonti - la popolazione è riuscita a superare altri momenti difficili ma non basta, serve ascolto e azione da parte del governo”. Un’attenzione che manca da tempo e che già lo scorso anno ha indotto alla protesta centinaia di persone. “Sono qui per appoggiare qualsiasi iniziativa per la dignità di esseri umani lasciati fuori dal sistema” ha detto il premio nobel Esquivel chiedendo al governo della presidente Cristina Kirchner di prestare “orecchio alla voce dei poveri”. Per padre Olmedo, “è tempo che tutti si rendano conto che qui a La Quiaca si soffre la fame e i poveri sembrano essere stati dimenticati. Non siamo qui per fare folclore, da anni ci battiamo contro l’indifferenza e il governo ci deve una risposta”. (C.D.L.)

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    Terremoto in Costa Rica: il governo chiede aiuto alla comunità internazionale

    ◊   Il governo di San José di Costa Rica, chiede aiuto alla comunità internazionale per soccorrere e aiutare il Paese dopo il grave terremoto avvenuto l’8 gennaio scorso. Attraverso l’ “Ufficio di coordinamento per gli aiuti umanitari” dell’Onu, le autorità rendono noto il bilancio del sisma. Sono 20 le persone rimaste uccise, 17 gli scomparsi, circa 100 i feriti e almeno 130mila i disastrati. Alla comunità internazionale, si chiede inoltre, come riporta l'Agenzia Misna, un aiuto materiale per la ricostruzione delle infrastrutture. Molti ponti sono crollati e le strade sono danneggiate, i generatori di una delle principali centrali idroelettriche del Paese sono andati distrutti, e secondo le stime ci vorrà un anno prima della ricostruzione. Il sisma, di 6,2 gradi della scala Richter, che ha avuto come epicentro la regione del vulcano Poás, è il più grave terremoto degli ultimi 150 anni verificatosi nel Paese. (F.C)

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    La Chiesa in aiuto alle vittime dell’alluvione che ha colpito le Filippine

    ◊   Sono oltre 9 mila nelle Filippine le famiglie sfollate a causa delle piogge torrentizie delle ultime settimane. Circa 42.500 persone in fuga da alluvioni e smottamenti che soprattutto nelle regioni centrali e meridionali dell'arcipelago hanno causato diversi morti e distrutto oltre 300 case. Il Provincial Social Welfare Development Office – riferisce l’agenzia Asianews - ha registrato oltre 8 mila famiglie vittime delle piogge nei 41 villaggi attorno a Catarman, Bobon, Mondragon, Palapag e Lavezares, le città più colpite dalle piogge. Nella regione determinante si rivela il sostegno offerta alla popolazione da parte della Chiesa locale. Il National Secretariat for Social Action (Nssa), della conferenza episcopale delle Filippine, ha intensificato la sua opera in aiuto in particolare nell’arcidiocesi di Cagayan de Oro, dove agli alluvionati vengono inviati cibo, tende, medicine e altro materiale di primo soccorso. L’opera di aiuto prosegue e si estende anche con la collaborazione del governo locale e del Cagayan de Oro Archdiocesan Social Action Center (Sac). Padre Jose Cabantan, direttore del Sac, afferma che buona parte degli abitanti della zona ha preferito restare nei villaggi con i loro parenti piuttosto che trovare rifugio nei centri di evacuazione organizzati dal governo. Il governatore del Northern Samar, Raul Daza, ha stanziato fondi per le famiglie che hanno perso la casa per colpa delle piogge. (C.D.L.)

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    India: oltre 5 mila poveri e Dalit cacciati dalla baraccopoli di Howrah

    ◊   Oltre 5mila persone sono state costrette ieri ad abbandonare le loro baracche di Belgachia Bhagar, a Howrah, nel Bengala occidentale. Il tribunale ha deciso, per lo sgombero della baraccopoli, abitata da poveri e da Dalit, definendo le abitazioni abusive. L’insediamento, in cui risiedono 650 famiglie, alcune delle quali li da 5 generazioni, vivono, per la maggior parte cercando rifiuti riciclabili nelle discariche. Kirity Roy, segretario del Banglar Manabadhikar Suraksha Mancha (Masum), gruppo a favore dei diritti umani, che sta cercando di ottenere una sospensione del provvedimento, denuncia una mancata comunicazione preventiva dello sgombero da parte delle autorità, che hanno avvertito i cittadini solo due giorni prima. “Queste persone, tutti Dalit e poveri, verranno cacciati all’aperto in inverno, verso un destino incerto. Nessuno dice dove possono andare” riferisce Kirity Roy all’Agenzia AsiaNews. Le autorità fanno sapere che sul terreno sorgeranno opere pubbliche, ma il segretario del Masum ricorda che in un’area, precedentemente sgomberata, ora sorge un centro commerciale. (F.C.)

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    I cattolici del Vietnam in difesa della libertà d’espressione

    ◊   Erano stati condannati a dicembre per “disturbo della quiete pubblica”, mentre pregavano nella parrocchia dei redemptoristi di Thai Ha. Per veder riconosciuta la loro piena innocenza gli 8 cattolici raggiunti dal provvedimento avevano fatto appello ed ora la loro richiesta è stata accolta. Secondo quanto riportato oggi sul quotidiano Avvenire, i fedeli erano stati condannati alla reclusione, con pene variabili dai 12 ai 17 mesi, per aver causato “problemi all’ordine pubblico” e “danni alla proprietà pubblica” durante le manifestazioni di piazza con cui chiedevano la restituzione di un terreno confiscato dallo Stato ai religiosi redentoristi. La sentenza di condanna, emessa a suo tempo dal tribunale del distretto di Ba Dinh, sarà ridiscussa entro due mesi. A favorire il ripensamento dei giudici la rettifica di alcune notizie non vere su presunte dichiarazioni di colpevolezza da parte degli stessi imputati. (C.D.L.)

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    La Chiesa invoca adeguate risposte pastorali per la nuova realtà di Hong Kong

    ◊   Le parrocchie di Hong Kong raccolgono abbondanti frutti dall’evangelizzazione e il numero dei fedeli aumenta, ma lo sviluppo urbanistico e soprattutto demografico richiede anche una adeguata preparazione logistica per rispondere alla nuova realtà pastorale. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), i Pastori e gli operatori pastorali di Hong Kong sentono con sempre maggiore urgenza la necessità di avere più risorse umane e materiali per rispondere alle esigenze attuali dell’evangelizzazione e della pastorale, come hanno rilevato durante una recente riunione. Per don Pietro Zamuner, parroco della parrocchia di San Giuseppe da 13 anni, “dal 2001 i partecipanti alla Santa Messa sono aumentati da 300/400 a circa 700. La capienza della chiesa è soltanto di 200 posti. Abbiamo aumentato il numero delle Messe domenicali, ma comunque ci sono sempre dei fedeli che restano fuori dalla chiesa. Oggi la popolazione del quartiere è salita fino a oltre 100 mila abitanti. I battezzati sono sempre di più. Ci sono stati quasi 100 bambini battezzati nel 2008. Aumenta anche la richiesta di Sunday School, di celebrare il sacramento del Matrimonio, di ricevere l’unzione degli infermi, la benedizione delle case. Ed abbiamo solo due sacerdoti. Grazie alla sensibilità dei parrocchiani - afferma il sacerdote - usufruendo in prestito dello spazio delle scuole dei dintorni siamo potuti andare avanti fino ad oggi. Ma deve essere trovata una soluzione adeguata”. Anche la parrocchia di San Tommaso, costruita nel 1999, ha visto un veloce sviluppo. Secondo Sr. Teresa Capobianco, “10 anni fa i cattolici erano circa il 5 o 6%. Oggi i partecipanti alla Messa domenicale sono aumentati fino a 4 o 5 mila. E poi i bambini che crescono, i giovani che diventano adulti, tutti hanno bisogno di uno spazio per la crescita della loro fede. Nella Sunday school, 3 anni fa accoglievamo 100 ragazzi, oggi sono 180 e facciamo gli incontri nell’asilo della parrocchia”. (R.P.)

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    Il cardinale Vallini firma la Dichiarazione che promuove le antiche vie di pellegrinaggio verso Roma

    ◊   Il cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità e presidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi (Orp), ha firmato ieri la Dichiarazione istituzionale sul tema “Le Vie di Roma nella costruzione dell'Europa”. Il documento mira a recuperare e promuovere le antiche vie che un tempo i pellegrini percorrevano per arrivare alla sede di Pietro, e che da Roma portavano a Gerusalemme e a Santiago de Compostela, quali itinerari che hanno favorito la comunicazione e lo scambio tra i popoli e contribuito alla costruzione di un comune patrimonio culturale europeo. In questo senso la dichiarazione afferma che il pellegrinaggio, strumento di dialogo e di pace tra le genti, ha avuto e ha oggi più che mai un ruolo fondamentale nella diffusione dei valori che accomunano l’Europa. Hanno sottoscritto il documento, in un incontro organizzato dall’ORP presso l’Aula della Conciliazione del Vicariato di Roma, fra gli altri anche Francoise Tondre, rappresentante del Consiglio d’Europa per la direzione generale Cultura e Patrimonio, don Jose Luis González Vallvé, direttore della Commissione europea in Spagna e Consuelo Váquez Rueda, rappresentante dell’UNESCO. “Formulo di cuore l’auspicio che la firma di questa dichiarazione - ha detto ai presenti il cardinale Vallini - possa contribuire a sviluppare un comune impegno che promuova Roma non solo come meta geografica e turistica, ma anche come centro spirituale che, per la sua storia millenaria, la bellezza dei suoi monumenti, le ricchissime e uniche testimonianze di fede e di arte cristiana, possa sempre più favorire l’incontro dell’uomo con Dio”. (C.D.L.)

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    Giornata del dialogo tra ebrei e cattolici: gli appuntamenti in Olanda

    ◊   Come si rapportano cattolici ed ebrei con le Scritture? Questo è il tema centrale della giornata dell’Ebraismo, che verrà celebrata per la seconda volta nei Paesi Bassi il prossimo 17 gennaio. All’argomento i vescovi olandesi hanno dedicato un sito (www.dagvanhetjodendom.nl). A differenza dello scorso anno, quando i vescovi hanno incontrato i rabbini e gli amministratori delle componenti ebraiche olandesi, - precisa l'agenzia Sir - la giornata di quest’anno è più rivolta alla comunità dei fedeli. Secondo Tineke de Lange, rappresentante del Consiglio cattolico per Israele, obiettivo della Giornata è quello di “riflettere sul nostro modo di pensare le radici ebraiche della nostra fede. Gesù stesso era ebreo e il cristianesimo è emerso dell’ebraismo - continua de Lange - se si perde di vista questo si nega la nostra identità e non riusciamo a capire noi stessi”. Sempre a proposito della Bibbia de Lange avanza le seguenti questioni: “si dice spesso che Ebrei e Cristiani hanno in comune l’antico Testamento. Ma intendiamo lo stesso libro? E quale ruolo gioca questo libro in entrambe le comunità? E il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento?”. Il sito contiene anche suggerimenti per le preghiere e la liturgia che affiancano il percorso di avvicinamento tra le due comunità. (R.P.)

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    Settanta sindaci firmeranno domani a Pompei la costituzione della "Città della fraternità"

    ◊   Si svolgerà, domani, a Pompei la riunione costitutiva dell’associazione “Città per la fraternità”, ispirata alla figura spirituale di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari e già cittadina onoraria di Pompei, scomparsa lo scorso anno. L'intento dei 70 sindaci dei comuni italiani, che hanno aderito all'iniziativa, - riferisce l'agenzia Sir - è “di creare una rete di dialogo e confronto tra comuni ed altri enti locali che sentono, nell’ambito del più vasto complesso lavoro di tipo politico-amministrativo, di promuovere la pace, i diritti umani, la giustizia sociale e specialmente la fraternità universale”. L’iniziativa nasce dalla proposta lanciata dal sindaco di Rocca di Papa, Pasquale Boccia, in occasione del 65° anniversario della fondazione del Movimento dei Focolari. Oltre agli enti costituenti, che domani firmeranno lo statuto, all’associazione potranno aderire altri comuni di ogni parte d’Italia (grandi o piccoli) ed anche altri enti locali, quali province e regioni. Inoltre, comuni e municipalità di ogni parte del mondo potranno essere accolti come membri onorari. Oltre ad organizzare progetti, corsi di formazione, convegni, congressi, l’associazione intende istituire un premio internazionale dedicato a Chiara Lubich, che sarà assegnato ogni anno ad un progetto di fraternità realizzato nelle città e nelle comunità. (R.P.)

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    Presentato a Roma il libro “Vivere insieme in pari dignità” sul dialogo interculturale

    ◊   "Vivere insieme in pari dignità", è il titolo del Libro bianco sul dialogo interculturale del Consiglio d’Europa - promosso dal governo italiano - presentato questa mattina, nella sua versione in lingua italiana, a Roma presso la sala stampa della Camera dei Deputati. Lanciato dai Ministri degli Affari Esteri il 7 maggio scorso, definisce il dialogo interculturale come uno scambio di vedute aperto, rispettoso e fondato sulla reciproca comprensione, fra individui e gruppi che hanno origini e un patrimonio etnico, culturale, religioso e linguistico differente. “Il dialogo interculturale è una necessità del nostro tempo” si legge nel volume. “In un mondo sempre più diversificato e insicuro, abbiamo bisogno di superare i confini etnici, religiosi, linguistici e nazionali per poter garantire coesione sociale e prevenire conflitti”. Il Libro bianco sostiene inoltre che l’avvenire di un’Europa multiculturale comune, dipende dalla capacità di tutelare e sviluppare i diritti umani sanciti dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, quali la democrazia e il primato del diritto, e a promuovere la comprensione reciproca. Questi valori, in particolare il rispetto della libertà di espressione e delle altre libertà fondamentali, garantiscono un "dialogo esente da qualsiasi forza prevaricatrice e basato sulla forza delle argomentazioni piuttosto che sull’argomentazione della forza". Il testo, frutto di due anni di studi approfonditi, spiega inoltre che, per fare avanzare il dialogo interculturale, è necessario rafforzare la gestione democratica della diversità culturale, la cittadinanza democratica e la partecipazione; insegnare e sviluppare le competenze interculturali; creare spazi riservati al dialogo interculturale (e alla sua dimensione interreligiosa) e estendere quelli già esistenti. Lo scopo è quello di fornire un quadro concettuale e decisionale, precisando in quale misura il dialogo interculturale può contribuire a valorizzare la diversità, mantenendo al tempo stesso la coesione sociale. Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti il ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi, il Presidente della delegazione parlamentare italiana a Strasburgo Luigi Vitali, il vice Direttore Generale degli Affari europei, Riccardo Guariglia e il Direttore generale della Cultura del Consiglio d’Europa Gabriella Battaini Dragoni. Presente anche l’ex calciatore di Juventus e della nazionale francese, Lilian Thuram, oggi presidente della fondazione Educazione contro il razzismo e testimonial del Consiglio d’Europa nella lotta alla violenza negli stadi. (A cura di Davide Dionisi)

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    24 Ore nel Mondo



    La BCE taglia il costo del denaro portandolo al minimo storico

    ◊   Importante taglio del costo del denaro da parte della Banca Centrale Europea. Una decurtazione di mezzo punto percentuale che ha portato il tasso principale di Eurolandia dal 2,50% al 2%, segnando così il minimo storico dal 2003. Sono stati ridotti rispettivamente all'1% e al 3% anche il tasso sui depositi e quello marginale. Attesa per le reazioni sui mercati che ieri hanno chiuso in negativo. Stamani anche la Borsa di Tokyo ha terminato la seduta in ribasso del 4,92%.

    Crisi del gas
    Forse ad una svolta la crisi del gas tra Russia e Ucraina. Sabato è previsto un incontro a Mosca tra il premier russo Putin e il suo omologo ucraino Tymoshenko per trovare una soluzione dopo l’ennesimo blocco del transito di gas verso l’Europa. Al summit prenderà parte anche una delegazione europea a patto che il vertice non sia “una scusa” per un nuovo ritardo nelle forniture. Anche stamani nessun flusso di gas è stato segnalato né in entrata né in uscita. Intanto, nel corso di un incontro a Berlino tra il premier britannico Brown e il cancelliere tedesco Merkel, quest’ultima ha criticato Mosca sottolineando che rischia di perdere credibilità per la crisi del gas. Solo lunedì scorso era stata trovata un’intesa tra le parti sul sistema di sorveglianza del transito, ma le esportazioni non erano riprese.

    Pakistan
    Ondata di arresti in Pakistan per gli attentati di Mumbai del novembre scorso costati la vita a 170 persone. Le autorità di Islamabad hanno fermato a Karachi, nel sud del Paese, 124 membri del gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba. Inoltre, sono stati chiusi cinque campi di addestramento.

    Somalia
    Nuove violenze in Somalia. E’ salito ad almeno 14 vittime civili il bilancio degli scontri avvenuti ieri nella capitale Mogadiscio, quando miliziani delle deposte Corti islamiche hanno attaccato a colpi di mortaio il palazzo presidenziale. Gli scontri sono avvenuti in concomitanza col ritiro da Mogadiscio delle forze militari etiopi, che supportano il governo provvisorio della Somalia: le operazioni di rientro dei soldati ad Addis Abeba sono state completate questa mattina. Sul significato di queste nuove violenze il commento di Anna Bono, ricercatrice di storia e istituzioni dell’Africa presso l’Università di Torino, intervistata da Giada Aquilino:


    R. – Il significato di questa recrudescenza di violenza è che una parte dei protagonisti di questo conflitto - che dura da diciotto anni - probabilmente approfitterà della situazione per cercare di migliorare ancora la sua posizione nel Paese. Si tratta dell’unione delle Corti Islamiche e delle sue milizie che, sconfitte nel 2006, poi nei mesi successivi hanno ripreso terreno conquistando anche parte del territorio somalo e città importanti come Merka e Kismayo. Le Corti non hanno però sottoscritto l’accordo di pace dello scorso agosto, a Gibuti, che avrebbe dovuto stabilizzare la situazione ed essere il preambolo di una rinegoziazione dei rapporti di forza dei contendenti.

    D. – In questi anni, da una parte c’è stato chi ha ritenuto la presenza etiopica troppo ingombrante, e dall’altra chi ha temuto – e teme tutt’ora – una spallata della rivolta estremista islamica. Perché?

     
    R. – Da un lato c’è chi ritiene la presenza dell’Etiopia un’ingerenza, bisogna considerare che questi due Paesi sono stati nemici per decenni; d’altra parte, il governo e le istituzioni politiche somale non sono in grado di tutelarsi, di difendersi, di controllare il territorio e di impedire alle frange dello schieramento antigovernativo più estreme – quelle che si ritiene siano legate al terrorismo internazionale e d’ispirazione fondamentalista – di cercare di eroderne il potere.
     
    D. – La popolazione civile, martoriata dalle violenze e in fuga, in questi mesi, dagli scontri, oggi in che condizioni vive?

     
    R. – E’ la realtà di un progressivo sgretolamento della vita sociale, della vita civile e della vita economica. Si parla soltanto negli ultimi 24 mesi di circa un milione di sfollati e da 16 a 20 mila vittime civili, alle quali bisogna aggiungere tutte le persone che muoiono di stenti. Bisogna sottolineare poi che è mancata la leadership del Paese; questi capi clan che continuamente promettono di trovare accordi, di sedersi attorno a un tavolo, di condividere il potere e poi non riescono a farlo, non si decidono a farlo, mostrano di non avere volontà di farlo.

     
    Somalia: appello per le suore rapite
    Un appello al rilascio delle suore italiane, rapite al confine tra Kenya e Somalia lo scorso 10 novembre, è stato lanciato oggi dal Parlamento Europeo. In una risoluzione sulla situazione nel Corno d'Africa, l’assemblea di Strasburgo ha chiesto al governo di Mogadiscio di condannare il sequestro di suor Maria Teresa Olivero e suor Caterina Giraudo e di adoperarsi per una risoluzione immediata.

    Zimbabwe
    Nuovi spiragli per la risoluzione della crisi politica in Zimbabwe. Il leader dell’opposizione Tsvangirai ha annunciato un prossimo incontro con il presidente Mugabe per discutere della formazione di un governo di unità nazionale.

    Italia-immigrazione
    In Italia si discute e si polemizza dopo le misure intraprese dal governo in materia di immigrazione. La maggioranza difende il reato di clandestinità, contenuto nel disegno di legge sulla sicurezza, e passato ieri al Senato. Così come ribadisce, nonostante le critiche anche dei vescovi italiani, la volontà di aumentare la tassa sul permesso di soggiorno e di aggiungere quella sulla cittadinanza. Forti le critiche di molte associazioni che definiscono discriminatorie queste misure. Francesca Sabatinelli ha intervistato Antonio Russo, responsabile immigrazione per le Acli:


    R. – Noi abbiamo ribadito, nel corso di questi mesi, che ci sembra che l’Italia stia procedendo sicuramente nella direzione della non integrazione degli immigrati perché, anche rispetto a questi ultimi provvedimenti, non comprendiamo il motivo per il quale si introduce questo reato di clandestinità. In verità, abbiamo anche qualche difficoltà nel comprendere la norma perché è un provvedimento non chiaro. Cosa succederà nel momento in cui gli immigrati pagheranno l’ammenda che pure è stata prevista dalla norma? Acquisiranno, di fatto, il diritto di essere cittadini italiani o saranno comunque espulsi così com’è previsto dalla norma? C’è un’incomprensione rispetto a questo argomento che ci lascia perplessi; noi ci saremmo augurati che invece la norma andasse verso l’integrazione degli immigrati, cittadini che contribuiscono a migliorare l’Italia; sono quelli che normalmente accudiscono i nostri figli, i nostri anziani, sono i soggetti che lavorano, che producono e fanno sì che anche l’economia di questo Paese migliori. Non comprendiamo veramente questo provvedimento, come non comprendiamo il provvedimento per il quale dovrebbero versare una tassa di 200 euro. Ricordiamo che già oggi gli immigrati pagano una tassa di 70 euro.

    D. – Per riassumere: per le Acli questi provvedimenti sono ritenuti prima di tutto inapplicabili e controproducenti perché comunque non sono dei passi avanti verso l’integrazione che invece, secondo voi, è la vera emergenza?

     
    R. – Secondo noi è l’emergenza; secondo noi è anche un po’ la sfida di questo Paese, quella dell’integrazione. Stiamo di fronte ad una negazione di diritti fondamentali degli uomini. Alcuni di questi soggetti non hanno altre possibilità se non quella di tentare la strada dell’immigrazione. Quindi, ripeto, anche in questo senso ci sembrerebbe che la direzione che si sta seguendo è una direzione sbagliata.

    Usa
    Formale impegno del presidente eletto degli Stati Uniti nella lotta ad Al Qaeda. Obama ha sottolineato che Bin Laden resta la minaccia più grande per l’America, ma che la sua amministrazione farà tutto il possibile per impedire altri attacchi. Intanto, oggi è la giornata degli addii in vista dell’insediamento alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio. Il presidente Bush parlerà alla nazione mentre si accomiateranno dal Senato, Hillary Clinton, futuro segretario di Stato, e Joe Biden, vice di Obama.

    Venezuela
    Nonostante le molte critiche da parte dell’episcopato venezuelano, il parlamento ha approvato ieri una modifica alla Costituzione che permetterà d’ora in avanti la rielezione illimitata di quei candidati il cui mandato sia sottoposto a suffragio universale. Tra questi vi è quello dell’attuale capo di Stato, Hugo Chavez.

    Grecia
    In un comunicato apparso oggi su un giornale greco, il gruppo "Epanastikos Agonas" (letteralmente Lotta Rivoluzionaria), ha dichiarato guerra aperta allo Stato. Per l’organizzazione di estrema sinistra ci sarebbero le condizioni per rovesciare “il regime” e dar vita ad una società di stampo marxista. Il gruppo ha anche rivendicato la paternità dei recenti attentati contro la polizia in risposta alla morte dello studente di 15 anni, ucciso con un colpo d’arma da fuoco, nel corso di scontri con le forze dell’ordine lo scorso 6 dicembre.

    Corea del Nord
    Nuovi dubbi sulla salute del leader nord-coreano Kim Jong-il che, secondo alcune voci, sarebbe stato colpito da un ictus la scorsa estate. Secondo un’agenzia di stampa sud-coreana avrebbe indicato come suo successore il terzogenito, Kim Jong-un.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 15

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