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Sommario del 09/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienze e nomina
  • I commenti al discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico del giurista internazionale Andrea Bianchi e del missionario padre Piero Gheddo
  • Presentato il VI Incontro Mondiale delle famiglie, in programma a Città del Messico a partire da martedì prossimo
  • Il cardinale Tarcisio Bertone incontrerà in Messico il mondo della cultura e dell'istruzione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Israele e Hamas rifiutano di negoziare la tregua. A Betlemme arrivano i vescovi del Coordinamento per la Terra Santa. Intervista con mons. Kelly
  • I venti anni di attività dell'agenzia Sir nel bilancio del suo direttore, Paolo Bustaffa
  • A Roma il primo Festival internazionale degli itinerari dello Spirito
  • Pubblicato "Pro Amicis", raccolta di omelie di mons. Fortunato Frezza sul rapporto tra cristianesimo e professione medica. Intervista con l'autore
  • Chiesa e Società

  • Amnesty International chiede all’Unione Europea nuovi sforzi per promuovere a Gaza una tregua
  • Le suore della Congregazione del Rosario lasciano la loro casa di Gaza
  • Domenica 18 gennaio, Azione cattolica in preghiera per la pace in Terra Santa
  • India: l’appello del cardinale Dias per la tutela delle minoranze
  • Caritas internationalis in aiuto alla popolazione congolese attaccata dai ribelli ugandesi
  • RD del Congo: allarme ebola, misure di sicurezza dei Paesi confinanti
  • Africa: progressi nell'istruzione, ma ancora sono 160 milioni gli analfabeti
  • Kenya: ancora nessuna notizia certa sulle suore rapite
  • Malaysia: il settimanale cattolico “Herald” riprende le pubblicazioni in lingua malay
  • Costa Rica: si aggrava il bilancio del terremoto che ha colpito il Paese
  • I vescovi boliviani annunciano la pubblicazione di un documento sulla Costituzione al voto il 25 gennaio
  • Il cardinale Rigali presiederà la Messa di apertura della 36.ma Veglia di preghiera per la vita
  • Nepal: l’ufficio dell’Onu si schiera contro il fenomeno delle “kalamaris”
  • Sud Corea: cresce l’attività sociale della Chiesa secondo l’ultimo Rapporto della Caritas
  • Franco Mugerli è il nuovo presidente del Comitato tv e minori
  • Italia: spiritualità e temi sociali al secondo Laboratorio dell'Agorà dei giovani
  • Rimosso l’albero di Natale da San Paolo fuori le Mura. Un dono della Carinzia per l’Anno paolino
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ue, Russia e Ucraina approvano l'accordo sul monitoraggio dei flussi di gas verso l'Europa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienze e nomina

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, l'arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e gli ambasciatori di Ungheria, Nuova Zelanda e Brasile in visita di congedo. Infine il Papa ha ricevuto il prof. Giovanni Maria Flick, presidente della Corte costituzionale italiana, e i suoi familiari.

    In Inghilterra, il Pontefice ha nominato cescovo di Hexham e Newcastle mons. Sèamus Cunningham, finora amministratore diocesano della medesima diocesi. Il neo presule, 66 anni, ha compiuto gli studi in Irlanda, presso il Saint Patrick's College di Carlow, e quelli filosofici e teologici al Corpus Christi College di Londra. Ordinato sacerdote, ha svolto per diversi anni il ministero di vicario parrocchiale, quindi è stato cappellano delle suore del Sacro Cuore e del Sacred Heart Teachers Training College a Fenham, nonché direttore spirituale al St. Cuthbert College di Ushaw. Dal 1990 al 1996 è stato parroco e amministratore della Cattedrale di St. Mary e, dal 1995, vicario generale dei due ultimi vescovi.

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    I commenti al discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico del giurista internazionale Andrea Bianchi e del missionario padre Piero Gheddo

    ◊   L’ampio discorso col quale ieri Benedetto XVI ha abbracciato l’attualità internazionale, al cospetto del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha suscitato attenzione e reazioni in tutto il mondo, a partire dalle considerazioni del Pontefice sulla nuova fase drammatica del conflitto israelo-palestinese. Fabio Colagrande ha chiesto un commento alle parole del Papa al prof. Andrea Bianchi, ordinario di Diritto internazionale all’Università Cattolica di Milano e all’Istituto di Alti studi internazionali di Ginevra:


    R. - Nelle parole del Papa c'è la consapevolezza che per lottare efficacemente contro le guerre, contro i conflitti - siano essi di natura internazionale o interna - bisogna, in fondo, rimuoverne le cause che molto spesso li alimentano. E non c’è alcun dubbio che tra le cause più diffuse sia proprio la povertà. Una povertà che è intesa non solo in senso materialistico, come un’assenza di mezzi materiali, ma anche in senso spirituale, come assenza di valori, e direi che è proprio questa la parte più importante, il filo conduttore di questo discorso.

     
    D. - Combattere la fame, facilitare lo sviluppo agricolo locale, sono priorità che il Papa mette proprio in collegamento con l’urgenza della pace…

     
    R. - Per far fronte a queste sfide che interessano l’intero pianeta, occorre che esista una comunità internazionale: una comunità coesa, che si assuma le proprie responsabilità e che sappia agire. E, in fondo, credo che sia proprio questo il più grande problema di cui, a livello internazionale, si soffre oggi: la difficoltà ad agire in maniera coesa per articolare delle politiche di intervento - soprattutto a fronte di sfide globali - che siano effettivamente efficaci. Certo, ci sono delle iniziative in corso - il richiamo del Papa alla Conferenza di Doha - ma non c’è motivo di essere soddisfatti. Io credo che negli ultimi anni la comunità internazionale sia stata un po’ latente a livello di coesione e a livello di capacità di azione.

     
    D. - Prof. Bianchi, un commento alle parole del Papa sulla situazione in Terra Santa…

     
    R. - Credo che la situazione in Medio Oriente sia veramente una delle "spine" del mondo e uno dei fattori che impedisce al mondo di vivere più stabilmente, insieme, e che rischia di pregiudicare l’equilibrio mondiale. Io credo ci sia un’assenza della dimensione politica, che non ci sia una vera volontà di arrivare ad una pace nel Medio Oriente. Una situazione che si è andata esacerbando negli anni, che è quasi - oggi - un problema intrattabile, e che non ha solo bisogno di un richiamo alla pace e alla responsabilità comuni, ma ha bisogno di un’idea politica forte, che possa essere in qualche modo poi messa sul piano della realizzazione. Ed è questa la cosa che forse rende più tristi: tutti si dicono contrari alla guerra, tutti si dicono disposti a negoziare la pace, ma bisogna avere anche l’appoggio di una forte volontà politica perché questo possa realizzarsi.

     
    D. - Il Papa, Benedetto XVI, ripete quello che i Pontefici affermano ormai da tempo: l’opzione militare non è una soluzione. Quanto è realistico, politicamente, continuare - giustamente sulla base del Vangelo - a ribadire questo concetto?

     
    R. - Parallelamente a questa forza morale che certamente è molto importante - che è uno dei motori della storia - in qualche modo deve accompagnarsi una volontà politica più concreta. Una capacità di imporre il nome di una comunità internazionale che deve, in qualche modo, dare segno della sua esistenza, delle soluzioni che effettivamente risolvano crisi come quella mediorientale che ormai da più di 60 anni rischiano di minare - di fatto minano, alimentando anche il terrorismo in tutto il mondo - la stabilità e la pace. La nota sulla quale vorrei insistere è che a questa forza morale - della quale ovviamente la Chiesa si fa interprete - molto spesso non si accompagna una capacità di azione politica da parte non solo delle organizzazioni multilaterali, ma anche da parte degli Stati, delle singole popolazioni che, in un mondo come oggi - dove anche la società civile è in grado di organizzarsi - dovrebbe far sentire, ancora più forte, la propria voce, a sostegno della formazione di una volontà politica capace di imporsi. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

     
    E sul costante richiamo ai massimi valori ai quali il Papa ha fatto più volte riferimento nel suo discorso si sofferma padre Piero Gheddo, missionario del Pontificio istituto missioni estere, sempre al microfono di Fabio Colagrande:


    R. - Quando noi togliamo dal nostro orizzonte - noi come popolo, non parlo di persone - Dio, la legge di Dio, la volontà di Dio, l'amore di Dio, non capiamo più neanche l’uomo, non capiamo più neanche noi stessi. E quindi prevalgono le nostre passioni, i nostri egoismi, e quindi, la povertà morale. Come diceva Madre Teresa: “I poveri hanno bisogno di tante cose, soprattutto hanno bisogno di Dio, soprattutto cercano Dio”. E aggiungeva: “La più grande disgrazia dell’India è di non conoscere Cristo”. Quindi, la povertà morale di cui il Papa parla è un problema non solo dei popoli non cristiani e poveri, ma anche dei nostri popoli occidentali. Io direi che non dobbiamo fermarci troppo sulla povertà morale degli altri, ma sulla nostra povertà morale.

     
    D. - In particolare, padre Gheddo, parlando del mondo occidentale il Papa ha auspicato che non siano coltivati pregiudizi e ostilità verso i cristiani solo perché su certe questioni la loro voce dissente...

     
    R. - Se uno ragiona bene vede - come afferma il Papa nel suo messaggio - che il cristianesimo è una religione di libertà e di pace, nel servizio del vero bene dell’umanità. Quindi, perché opporsi al cristianesimo e alla Chiesa, che porta Cristo a tutti i popoli e a tutte le coscienze? Proprio perché, magari, la Chiesa ha delle idee diverse da quelle della voce comune. Ma questo è compito della Chiesa: portare nel mondo attuale le risposte ai problemi dell’uomo di oggi e che possono dissentire da quelle del mondo. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Presentato il VI Incontro Mondiale delle famiglie, in programma a Città del Messico a partire da martedì prossimo

    ◊   Presso la Sala Stampa della Santa Sede si è tenuto stamani il briefing di presentazione del sesto Incontro mondiale delle famiglie, in programma a Città del Messico dal 13 al 18 gennaio prossimi sul tema: “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani”. Tra i relatori, è intervenuto il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    La Chiesa considera la famiglia una “priorità pastorale”, leva fondamentale per la nuova evangelizzazione e per la trasmissione della fede. Ogni generazione - ha detto il cardinale Antonelli - deve fare la propria scelta di fede e occorrono quindi testimonianze concrete a partire dalla famiglia. Attraverso questa cellula fondamentale della società, ha aggiunto, passa il futuro dell’umanità:

    “I valori fondamentali, le virtù sociali vengono attinte in gran parte dalla famiglia, dall’esperienza dell’essere amati e dallo stimolo a riamare”.

    Da questo circolo virtuoso - ha spiegato il porporato - derivano patrimoni fondamentali, come il senso della solidarietà, della dignità della persona e della lealtà. Ma la missione della famiglia - ha osservato - è minata da una sempre più diffusa “emergenza educativa”, da una profonda “frattura tra le generazioni”, provocate dalla mancanza di valori condivisi e dal relativismo. A questo disorientamento - ha affermato il cardinale Ennio Antonelli - devono rispondere la Chiesa e la società sostenendo la famiglia:

    “L’obiettivo fondamentale da perseguire è quello di rendere sempre più consapevoli le famiglie di essere soggetto vivo, attivo, operante nella Chiesa e nella società civile. E’ quindi anche necessario che la Chiesa e la società sostengano le famiglie, affinché siano soggetto protagonista di evangelizzazione e umanizzazione”.

    Rispondendo alla domanda di un giornalista sull’attuale crisi finanziaria mondiale, il presidente del dicastero vaticano ha poi affermato che la missione educatrice può essere attuata dalle famiglie anche in situazioni segnate da gravi difficoltà economiche:

    “Tra le testimonianze che porteremo a Città del Messico, almeno due sono proprio di famiglie povere che fanno ‘miracoli’ per educare i loro figli e per essere presenti in maniera positiva nei confronti di altre famiglie”.

     
    Il porporato ha poi aggiunto che è importante applicare equità nel prelievo fiscale alle famiglie, un riconoscimento che reca beneficio all’intera società: “Le famiglie e loro associazioni - ha aggiunto - devono essere interlocutori della politica, ed è bene che i politici conoscano le possibili ricadute delle loro scelte, si confrontino con i diretti interessati, e ascoltino le loro necessità di accesso alla casa e di un lavoro non precario”. Un riconoscimento dovrebbe essere dato, secondo il cardinale Antonelli, anche al lavoro domestico “perché non si capisce - ha osservato - come possa valere di meno se svolto da una madre anziché da una collaboratrice domestica".

     
    Il porporato ha affermato, infine, che la sede e il tema dell'Incontro mondiale delle famiglie successivo a quello di Città del Messico saranno annunciati dal Papa durante il collegamento televisivo dopo la Santa Messa di domenica 18 gennaio, nella capitale messicana.

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    Il cardinale Tarcisio Bertone incontrerà in Messico il mondo della cultura e dell'istruzione

    ◊   Il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, incontrerà il mondo della cultura e dell’istruzione del Messico, il 19 gennaio prossimo a Querétaro, dopo la partecipazione al sesto Incontro mondiale delle famiglie, che si terrà dal 13 al 18 di questo mese nella capitale. Voluto dalla Conferenza episcopale messicana, dalla diocesi di Queretaro e dal Centro di Ricerca sociale avanzata (Cisav), l’incontro - senza precedenti nella storia moderna del Paese - si terrà nella sede storica del Teatro della Repubblica di Querétaro, dove nel 1917 venne firmata la Costituzione che attualmente regge la Repubblica messicana.

    Dal titolo “La realizzazione della ragione nell'orizzonte della fede”, l’evento intende “stimolare il lavoro delle realtà laicali, e allo stesso tempo dar vita a nuovi soggetti che permettano di promuovere un rinnovato protagonismo culturale cattolico in Messico”. Fra gli obiettivi, anche “la nascita di una nuova generazione di universitari, ricercatori e scienziati che senza vergogna e in comunione con la Chiesa desiderano che la loro ragione si lasci interpellare dalla fede”. Una prospettiva che trova sostegno nella presenza di “un movimento nascente a favore della ricostruzione della fede e della ragione, che - spiega il direttore del Cisav, Guerra López - non risponde ad alcuna strategia pastorale o accademica, ma al risveglio provvidenziale di alcune persone distribuite in varie organizzazioni pubbliche e private del Messico”. (A cura di Claudia Di Lorenzi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo del vice direttore dal titolo "Il tempo della responsabilità": Benedetto XVI e il discorso al Corpo diplomatico.

    In evidenza, nell'informazione internazionale, la situazione in Vicino Oriente: il Consiglio di sicurezza dell'Onu chiede il cessate il fuoco a Gaza; la risoluzione è stata approvata con quattordici voti a favore l'astensione degli Stati Uniti.

    Nessuna persona è un diritto per un'altra: in cultura, un articolo di Carlo Bellieni sui nuovi studi che sottolineano i rischi della fecondazione extracorporea.

    Seimila libri tra Stato e Chiesa: l'intervento dell'arcivescovo Giuseppe Betori all'inaugurazione, a Firenze, di una nuova sala nella biblioteca della Fondazione Spadolini.    

    Rinnovamento nel solco della tradizione: Giovanni Sala sul Concilio Vaticano II e il linguaggio del magistero.

    Un articolo di Monica Mondo  dal titolo "Quel ciuffo ribelle a spasso nella storia": ottant'anni fa la prima avventura di Tintin.

    Stas Gawronski su "La drammatica urgenza di essere amati": ripubblicato il "Leviathan" di Julien Green, uscito per la prima volta nel 1929.

    Oggi il dialogo ebraico-cristiano non si è fermato: nell'informazione religiosa, riflessione della Cei in vista della Giornata dell'ebraismo, il 17 gennaio.

    Un articolo di Francesco M. Valiante dal titolo "Anche in Vaticano si ricicla": da un anno è attiva la raccolta differenziata dei rifiuti su tutto il territorio dello Stato.

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    Oggi in Primo Piano



    Israele e Hamas rifiutano di negoziare la tregua. A Betlemme arrivano i vescovi del Coordinamento per la Terra Santa. Intervista con mons. Kelly

    ◊   La comunità internazionale concorda sulla prima risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sulla fine immediata del conflitto nella strascia di Gaza, mentre in Egitto continua l’iniziativa diplomatica franco- egiziana per il cessate il fuoco. Hamas e Israele rifiutano tuttavia ogni ipotesi di tregua. Sul terreno intanto sono in corso tre ore di cessate-il-fuoco per consentire l’accesso degli aiuti umanitari, dopo una mattinata di nuove violenze. Il servizio di Marco Guerra:


    La comunità internazionale ha ritrovato una certa unità sulla risoluzione Onu 1860, votata Consiglio di sicurezza nella notte, che chiede l’immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ma da parte di Hamas e di Israele continua ad essere rifiutata ogni ipotesi di tregua definitiva. "L'esercito israeliano continuerà ad agire per difendere i civili e realizzerà gli obiettivi affidatigli in questa operazione", ha dichiarato il premier israeliano, Ehud Olmert, al termine del Consiglio di difesa del suo governo. Sulla stessa linea, il ministro degli Esteri, Livni, secondo cui il suo Paese si regolerà esclusivamente sulla base del proprio interesse. Lapidario anche Hamas che ha respinge la risoluzione perché “non è nell’interesse della gente palestinese”. Sul terreno, intanto, come nei due giorni passati, Israele ha sospeso le attività militari per tre ore, a partire dalle 13 locali, per consentire il rifornimento di viveri.

     
    Ma il 14.mo giorno dell’operazione “Piombo fuso” si era aperto ancora nel segno delle violenze. Le forze aree e navali israeliane hanno colpito fin dalle prime ore di stamane una trentina di obiettivi, uccidendo 10 persone fra le quali una donna ucraina e il figlioletto di due anni. La donna è la prima vittima straniera dall‘inizio dell’offensiva che nel complesso ha causato circa 800 vittime e oltre 3000 feriti fra i palestinesi. Undici i morti fra gli israeliani, quattro dei quali causati dai razzi Qassam. Dal canto suo, Hamas ha ripreso un fitto lancio di missili sulle località del sud di Israele. Una ventina di questi ha raggiunto il territorio dello Stato ebraico. Un milione di israeliani, che vivono a meno di 40 chilometri da Gaza, hanno avuto ordine anche oggi di restare in zone protette.

     
    Con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul cessate-il-fuoco a Gaza, per la prima volta la comunità internazionale si è espressa unitariamente sulla crisi, pur con l’astensione degli Stati Uniti. Questo apre ad un’attività futura di mediazione internazionale più pressante nei confronti delle parti in conflitto? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:


    R. - Sicuramente è una svolta: adesso vi sono posizioni più favorevoli per poter aprire un tavolo diplomatico di trattativa reale, per arrivare poi ad una soluzione di questa drammatica vicenda. Un ruolo fondamentale sarà svolto dall’Egitto e - anche se apparentemente gli Stati Uniti non hanno preso attivamente parte all’interno del Consiglio di sicurezza alla decisione - in realtà la stanno appoggiando e questo è l’altro fattore positivo.

     
    D. - Secondo lei, la concreta via d’uscita alla crisi passa attraverso l’apertura di un dialogo diretto con Hamas?

     
    R. - E’ chiaro che Hamas è oggi spaccata in due: coloro che sono nelle posizioni filosiriane e filoiraniane, che non intendono accettare trattative, e invece la dirigenza locale che non vede altra via d’uscita se non quella di riprendere, mediati dall’Egitto, i colloqui con Israele e con l’Anp. Vi sono due punti molto difficili nel tavolo delle trattative che comunque - a mio parere - si è aperto: la presenza di una forza araba guidata dall’Egitto, che impedisca il passaggio di armi, e il ritorno sulla scena dell’Autorità palestinese, data per finita e che invece ha un ruolo fondamentale per ricucire la trattativa con quella fazione di Hamas che, in qualche modo, vuole trattare.

     
    D. - Da più parti, si auspica una presenza europea maggiore tra i tentativi di mediazione nella Striscia di Gaza…

     
    R. - Io credo che l’ostacolo principale, per noi europei, sia stato quello di avere in qualche modo condotto una strategia che non era quella che avrebbe potuto portare a risultati più immediati. Si è sempre guardato alla vicenda libanese, alla vicenda siriana, e poco invece al rafforzamento della posizione dell’Egitto. Certo, l’Egitto è sempre stato un po’ defilato, ma ora che sembra volere assumere una posizione, tutti gli sforzi vanno concentrati affinché si crei una coalizione araba che voglia portare realmente ad una soluzione dell’infinito e drammatico problema dei rapporti con Israele. E in questo, naturalmente, bisogna rafforzare anche la posizione dell’Autorità palestinese - debolissima - ma non tanto offrendo aiuti, quanto creando una vera e propria strategia europea che abbia delle solide basi e per il momento abbandoni altre velleità e altre strategie che, a mio parere, non servono a niente. E’ quello che si aspettano anche gli Stati Uniti.

    E, intanto, giungono oggi a Betlemme per il loro annuale pellegrinaggio i vescovi membri del “Coordinamento di Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa”, un organismo creato nel 1998 su richiesta della Santa Sede e guidato dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles. I presuli del Coordinamento si incontrano ogni anno a gennaio in Terra Santa per prendere parte a celebrazioni di preghiera e portare solidarietà ai cristiani del posto, con un'attenzione speciale quest'anno per la comunità ecclesiale di Gaza. L'inviata della nostra redazione inglese a Betlemme, Philippa Hitchen, ne ha parlato con uno dei partecipanti all'incontro, l'arcivescovo di Liverpool, Patrick Kelly, che sottolinea la particolare drammaticità che accompagna in questa occasione il viaggio dei vescovi:


    R. – It is indeed. And although it is not the first time…
    Lo è davvero. E anche se non è la prima volta, questa è chiaramente una delle nostre esperienze più drammatiche. Eravamo stati lì già una volta, quando l’Intifada era al suo culmine, e un giorno siamo stati molto vicini ad una bomba esplosa a Gerusalemme. Ma penso che, proprio per il fatto che la situazione è così inquietante in questo momento, sia doppiamente importante che da altre parti del mondo alcuni di noi vengano per accompagnare e assistere i propri fratelli in Terra Santa.

     
    D. – Ci sarà chi sostiene che è incosciente andare nel mezzo di una tale violenza. Ha paura per la sicurezza dei leader della Chiesa che andranno lì?

     
    R. – I don’t think so. …
    Non penso. Sappiamo che in tutti questi anni di difficoltà e di preoccupazione, mentre ci sono stati inconvenienti e qualche volta lunghi ritardi in realtà non ha mai sofferto per nessuno di questi eventi. E sono convinto nel dire che anche se non facessimo niente altro - se il nostro viaggio dovesse essere abbreviato - saremo lì per pregare insieme e questa è la testimonianza più forte che noi possiamo dare. Io penso spesso alla storia di Nostro Signore, che ha raggiunto il suo apice a Gerusalemme: alla fine cosa è stato? Egli si è abbandonato a quella che aveva definito “Provvidenza”: conservò la pazienza, la fiducia fino alla fine. E io credo che questa testimonianza debba continuare a vivere ed essere annunciata. E quando a volte si può fare poco, sarà la luce di quella testimonianza a brillare.

     
    D. - C’è certamente una fiorente attività politica e diplomatica che procede nel tentativo di negoziare un altro cessate-il-fuoco tra israeliani e i palestinesi. Pensa che i leader religiosi possano giocare una ruolo per la fine di questa violenza?

     
    R. - I think we’ve got to be very honest …
    Penso che dobbiamo esser molto onesti su che cosa possiamo o non possiamo fare. E penso sia importante sapere che i leader religiosi possono sempre portare una parola capace di risollevare al di sopra della violenza. Suppongo, alla fine, che una parola che sarà centrale, come succede in tutti i conflitti, è quella essenziale del perdono. Spesso, quando rifletto su storie molto vicine a noi, penso che uno dei momenti cruciali nella storia dell’Irlanda fu quando una bomba fece crollare un muro che uccise la figlia di Gordon Wilson. Lui raccontava: “Mentre tenevo la sua mano, lei mi disse: ‘Papà, ti voglio bene’. In quel momento - lui disse - perdonai a chi aveva compiuto l’attentato”. Quello fu uno dei momenti di svolta. E penso che, anche per la Terra Santa, non si tratta tanto di cercare di avere una voce politica o esercitare il potere, ma è creando un diverso tipo di contatto che i leader religiosi possono svolgere un certo ruolo.(Traduzione a cura di Anna Poce e Gloria Fontana)

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    I venti anni di attività dell'agenzia Sir nel bilancio del suo direttore, Paolo Bustaffa

    ◊   Dell’informazione religiosa tratta la dimensione locale e quella globale, per offrire al mondo cattolico e a quello laico una panoramica d’insieme sulle molteplici realtà che compongono la Chiesa: è il Sir, il Servizio d’informazione religiosa promosso dalla Conferenza episcopale italiana, che il prossimo 13 gennaio festeggerà i 20 anni d’attività. Un progetto avviato nel 1989 con l’obiettivo di veicolare informazione proponendo “percorsi di significato” e favorendo la comprensione e il dialogo fra l’esperienza ecclesiale e l’opinione pubblica. Ma come nasce l’iniziativa editoriale? Claudia Di Lorenzi lo ha chiesto al direttore del Sir, Paolo Bustaffa:


    R. - Il Sir nasce come frutto di un’esperienza molto antica che è quella dei settimanali cattolici italiani ed è un risultato di questo percorso, che ha visto tale stampa presente sul territorio con una propria originalità nel condividere la storia, la cultura della gente. Si è pensato a quel punto di avere anche uno strumento in grado di portare a livello nazionale - e oggi anche europeo - questa esperienza di comunicazione della Chiesa. E quindi si è creato il Sir, che ha come obiettivo quello di essere al servizio dei settimanali cattolici locali, ma non solo: i destinatari sono anche tutti i media laici e oggi, grazie al sito web, gli accessi sono molto cresciuti e molto diversificati.

     
    D. - Quale linguaggio caratterizza l’informazione religiosa offerta dal Sir?

     
    R. - Il tema del linguaggio è stato affrontato fin dall’inizio quando si poneva il rischio dell'"ecclesialese", cioè di un linguaggio autorefenziale, non in grado quindi di comunicare il messaggio cristiano ad un’opinione pubblica così diversificata. Lo sforzo è stato, e rimane, quello di rendere comprensibile questo messaggio. E dunque, non la semplificazione - che a volte rischia la banalizzazione - ma il far sì che nella cultura di oggi le parole della Chiesa potessero entrare nella lunghezza d’onda delle parole dell’uomo di oggi e che non riducessero mai lo spessore del messaggio evangelico.

     
    D. - Dopo 20 anni di attività, è possibile tracciare un bilancio del lavoro svolto?

     
    R. - Sul piano dell’aiuto e della condivisione della fatica dei settimanali cattolici locali, i risultati ci sono, guardando alle riprese, al lavoro comune che portiamo a concretezza da tempo. Lo stesso per quanto riguarda i media laici, perchè il contributo offerto all’informazione religiosa in questi 20 anni da parte del Sir è stato significativo per via dell’attendibilità, della credibilità, dell’essenzialità, della sobrietà di questa informazione. Quindi, questo possiamo dire che sia, in positivo, il dato di sintesi che ci viene offerto dopo il lavoro di questi 20 anni.

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    A Roma il primo Festival internazionale degli itinerari dello Spirito

    ◊   Arte, storia, eventi culturali e spettacoli: si terrà alla “Nuova Fiera” di Roma, dal 15 al 18 gennaio prossimi, "Josp Fest", il primo Festival internazionale degli itinerari dello Spirito, organizzato dall’Opera romana pellegrinaggi. Ingresso gratuito, 150 stand, quattro aree espositive e rivisitazioni delle mete storiche del pellegrinaggio sono i dati che caratterizzano l’evento. Il servizio di Alessandra De Gaetano:


    Un’opportunità per creare un dialogo costruttivo tra le Chiese di tutto il mondo, comunità di fede e religioni diverse: lo sottolinea padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi:

     
    R. - Verranno al Josp Fest rappresentanti delle religioni non cristiane che venerano - anche all’interno della loro tradizione - il pellegrinaggio. Ci sarà anche un momento di condivisione, e questo significa il pellegrinaggio all’interno delle diverse tradizioni religiose. Il pellegrinaggio spesso è visto come un’esperienza riservata solo ad un gruppo di persone che frequentano la Chiesa, ma noi vediamo che il pellegrinaggio sta diventando una nuova frontiera di evangelizzazione.

     
    D. - “Canta e cammina” è il tema di questa prima edizione del Festival. Qual è il messaggio che questo slogan vuole portare?

     
    R. - E’ un messaggio giovanile, di dinamismo, e soprattutto un messaggio di leggerezza: chi si mette in viaggio - soprattutto il pellegrinaggio a piedi - si rende conto che il canto e anche la leggerezza del camminare, il lasciare dietro tante cose, ci rende molto più liberi di incontrare gli altri ed essere più spontanei anche nel nostro rapporto con Dio.

     
    Josp Fest, con i suoi 150 stand e le quattro aree tematiche, è lo spazio dove vivere forti emozioni religiose e spirituali, tra arte, storia, informazione e tecnologia che si possono sperimentare attraverso l’esperienza del pellegrinaggio. Samanta Tata, direttore tecnico di “Quovadis Travel”, illustra le quattro aree espositive:

     
    R. - Queste quattro aree si chiamano “Journey”. L’area espositiva più importante è quella dedicata alle mete della fede - Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela. Poi abbiamo l’area espositiva “Italy”, dove le regioni presentano i loro principali itinerari culturali e religiosi. Abbiamo poi “World”, che è l’area dedicata ai pellegrinaggi e a delle mete di interesse religioso e culturale del mondo intero. E ancora, c'è “Meet”, l’area che noi definiamo giovane, ed è la finestra sul mondo del lavoro e della formazione per i giovani. Qui, c’è un incontro aziende-studenti sui temi dell’orientamento e della formazione nel mondo del lavoro in Italia e in Europa.

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    Pubblicato "Pro Amicis", raccolta di omelie di mons. Fortunato Frezza sul rapporto tra cristianesimo e professione medica. Intervista con l'autore

    ◊   La professione del medico “riverbera in sé lo splendore di un’attitudine eucaristica: dare ad altri la vita, darsi per la vita degli altri”. E’ uno dei passaggi chiave del libro “Pro Amicis” di mons. Fortunato Frezza, sacerdote diocesano e assistente spirituale dell’Associazione medici cattolici italiani, presentato ieri presso la Sala Marconi della nostra sede. Il volume raccoglie le omelie domenicali tenute a Roma nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia a medici e infermieri dell’AMCI, dal 1995 al 2008, raggruppate secondo i tempi dell’anno liturgico, dal Natale alla Pasqua. Con uno stile in cui il linguaggio teologico trova sorprendenti sinergie con il vocabolario della medicina, l’autore elabora una “teologica della professione medica” che si offre a guida dei professionisti del settore, oggi più che mai chiamati a difendere il diritto alla vita e alla dignità della persona. Ma come fronteggiare le spinte a relativizzare i valori etici a fondamento dell’agire medico? L’autore risponde al microfono di Claudia Di Lorenzi:


    R. - L’importante è mantenersi aderenti ai principi evangelici, al Vangelo della carità, della carità samaritana, della carità medica, quella che trova nel Maestro il prototipo assoluto, un esempio dinamico che comunica insieme al modello di vita anche la grazia e la forza per riuscire a seguirlo. Il medico cattolico oggi deve avere una grande conoscenza della sua scienza e della sua arte anche, una grande avvedutezza nell’aprire gli orizzonti, nel confrontarsi, nell’entrare profondamente nelle questioni scientifiche: in modo assolutamente laico, dal punto di vista del confronto con gli altri, ma mai abbandonando l’ancoraggio ai principi assoluti del Vangelo e della morale cristiana.

     
    D. - Cruciale è poi la sfida in difesa del diritto alla vita…

     
    R. - Nel dire "medico" e "vita" sembra di dire un sinonimo, perché è ovvio che il medico è per la vita e questo lo constatiamo costantemente: ogni minimo attacco alla vita sollecita la chiamata del medico. Ma appunto, in questo momento storico, sappiamo bene quali sono i rischi della professione medica e gli affronti ai quali deve rispondere in modo consapevole, scientificamente attendibile, ma anche cristianamente coerente.

     
    D. - Curare per la vita, lei scrive, è compito del medico sempre e in ogni circostanza. Un impegno che richiede donazione di sé all’altro, come Cristo che sulla croce offrì la propria vita per la salvezza degli uomini…

     
    R. - La vita che noi sperimentiamo come cristiani è una vita che deriva da una morte, cioè è un sacrificio, è una capacità di donarsi fino in fondo. Credo che per il medico la conseguenza sia immediata. L’importante è donarsi, perché gli altri abbiano ciò che hanno perduto o ciò che hanno ferito in se stessi: la vita, la salute, il benessere. Io credo perciò che si tratti proprio di questo: sapere che tutto ciò che un medico fa per gli altri richiede la sua professionalità, ma richiede anche una donazione personale: un uscire da sé, un trasferirsi nell’altro, immedesimarsi empaticamente nella situazione dell’altro per poterlo capire e risolverne i problemi.

     
    D. - Quotidianamente, il medico si confronta con il mistero del dolore: come incoraggiare alla speranza?

     
    R. - La speranza si basa su questa capacità che il medico ha di risolvere o risolversi nella vita dell’altro, per assumerne i problemi, le sfumature più o meno recondite, e anche quei segnali di malessere per poter affrontarli in modo positivo e portarli ad un esito terapeutico e quindi di ritrovata salute.

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    Chiesa e Società



    Amnesty International chiede all’Unione Europea nuovi sforzi per promuovere a Gaza una tregua

    ◊   Si moltiplicano gli appelli per far cessare le operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza ed il lancio di razzi verso lo Stato ebraico da parte di fondamentalisti islamici. Amnesty International chiede che si “compiano tutti gli sforzi possibili per fare pressioni su Israele, affinché ponga fine agli attacchi diretti contro i civili o gli edifici civili nella striscia di Gaza”. E’ fondamentale, poi, “l’accesso umanitario, estremamente necessario nella regione”. L’organizzazione umanitaria, in una lettera inviata a rappresentanti dell’Unione Europea e ripresa dall’agenzia Sir, chiede anche di “porre fine agli attacchi indiscriminati in corso da parte dei gruppi armati palestinesi nelle aree civili del sud di Israele”. “Un milione e mezzo di persone è realmente intrappolato nella Striscia di Gaza, al centro di un disastro umanitario”, ha dichiarato Nicola Beger, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Unione Europea. “E’ necessario - ha aggiunto - che gli Stati membri dell’Unione Europea mettano da parte le loro differenze e inviino un segnale forte ad ambo le parti in conflitto”. Nonostante vari sforzi diplomatici, il conflitto negli ultimi giorni si è intensificato. Il Consiglio dell’Onu dei diritti umani si riunirà domani, a Ginevra, in una sessione speciale sulla situazione nella Striscia di Gaza. Amnesty sollecita l’Unione Europea a “fare tutto il possibile affinché venga formulata una richiesta chiara ed esplicita” per porre fine alle “violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”. La Croce Rossa internazionale e la Mezzaluna Rossa hanno denunciato, in particolare, che in una casa alla periferia di Gaza “i soccorritori hanno trovato 4 bambini vicini ai corpi senza vita delle loro madri”. I piccoli - si legge in un comunicato congiunto – erano molto deboli. Il ritardo nel consentire l’accesso agli operatori – dichiarano le due organizzazioni umanitarie - è “inaccettabile” e “scioccante”. La situazione è drammatica anche nel nord della Striscia di Gaza: il portavoce della Croce Rossa internazionale, Iyad Nasser, ha riferito che i cadaveri giacciono nelle strade. Diversi feriti – ha aggiunto – muoiono sotto gli occhi dei soldati israeliani che non fanno niente per soccorrerli”. Nasser ha anche lanciato un appello alle autorità dello Stato ebraico chiedendo di permettere alle autoambulanze di entrare nelle zone di Abraj e Abaj Sheikh Zayed per soccorrere i feriti. (A.L.)

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    Le suore della Congregazione del Rosario lasciano la loro casa di Gaza

    ◊   “La speranza non deve abbandonarci”: si fanno forza così le Suore della Congregazione del Rosario che ieri, per motivi di sicurezza, hanno dovuto abbandonare la loro casa a Gaza dove, nonostante tutto, contano di tornare il più presto possibile. Secondo la loro testimonianza, raccolta dall’agenzia Sir, la casa è stata danneggiata dalle bombe così come la scuola, che ha dovuto chiudere. Restano a casa, quindi, i 530 alunni che la frequentavano. “I bambini hanno paura – raccontano le religiose – i più piccoli non capiscono quello che succede intorno a loro”. La comunità di suore, prima di evacuare la zona, ha raccontato di non riuscire più a visitare le famiglie per verificarne le condizioni: la popolazione esce pochissimo di casa, durante la tregua giornaliera, e ha difficoltà ad acquistare anche i beni di prima di necessità a causa dei prezzi elevati, mentre gli aiuti umanitari arrivano tra mille difficoltà. (R.B.)

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    Domenica 18 gennaio, Azione cattolica in preghiera per la pace in Terra Santa

    ◊   “Gli appelli lanciati da Benedetto XVI per la pace in Medio Oriente non devono cadere nel dimenticatoio, ma devono indurre il mondo intero a riflettere”: così il presidente nazionale di Azione cattolica (Ac), Franco Miano, spiega all’Osservatore Romano l’iniziativa organizzata per domenica 18 gennaio, data d’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, durante la quale ci si unirà per un’invocazione comune per la pace in Terra Santa. L’associazione, che tradizionalmente dedica il mese di gennaio al tema della pace, invita tutte le associazioni diocesane e parrocchiali a unirsi alla preghiera del Santo Padre e dei fedeli delle Chiese cristiane di Gerusalemme per la fine del conflitto: “Non possiamo permetterci di assistere inermi all’uccisione di vite umane e non sono certamente le armi a risolvere il problema – spiega Miano – è partendo proprio dal messaggio di Benedetto XVI, un impegno per uno stile di vita nuovo, più sobrio e solidale per combattere l’odio e la povertà, che educhiamo i ragazzi alla pace”. Nella Striscia di Gaza, che conta circa un milione e mezzo di abitanti, ci sono circa cinquemila cristiani, per la maggior parte greco-ortodossi, mentre i cattolici di rito latino sono soltanto 300. In loro soccorso è giunta, con 20mila euro spesi in aiuti umanitari, l’associazione ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ (Acs), che si tiene costantemente in contatto con il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, e con il parroco della chiesa cattolica di Gaza intitolata alla Sacra Famiglia, Manuel Musallam. “La violenza e la guerra non fanno distinzione tra innocenti e miliziani di Hamas”, ricorda il segretario generale di Acs, Pierre-Marie Maurel. Iniziative di solidarietà anche dal Marocco, pronto ad accogliere 200 palestinesi feriti durante l’offensiva militare israeliana. (R.B.)

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    India: l’appello del cardinale Dias per la tutela delle minoranze

    ◊   “L’India è famosa per essere la più grande democrazia al mondo” e per questo le autorità sapranno rispondere in maniera adeguata “agli attacchi contro le minoranze cristiane in Orissa e nel Karnataka”, ripristinando l’immagine di un “Paese secolare e democratico”. Così ieri il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, a Mumbai, per ricordare i 50 anni della propria ordinazione sacerdotale, l’8 dicembre scorso. Durante la solenne concelebrazione eucaristica che ha voluto festeggiare la ricorrenza, il cardinale Dias – riferisce Asianews - ha riportato il “dolore e lo sconforto” di Benedetto XVI per le violenze anticristianese nel Paese, e le “speciali preghiere” e la benedizione del Papa per vittime e le loro famiglie. Il porporato ha quindi sottolineato il lavoro della Chiesa cattolica in India al servizio dei poveri, dei malati e dei sofferenti, le scuole e gli istituti cattolici che offrono istruzione e ospitalità “senza distinzioni di cultura, casta o fede religiosa professata”. Rivolto ai fedeli, il porporato ha esortato “ad affrontare le sfide e le difficoltà” odierne ribadendo che “sofferenze e persecuzioni sono un tratto essenziale insito nel Dna dei cristiani”. Alla concelebrazione eucaristica ha partecipato anche l’attuale arcivescovo della città, il cardinal Oswald Gracias, che, a fronte della costante minaccia di attacchi terroristici, ha invitato i presenti a “pregare per la pace nel Paese e in tutto il mondo”. (C.D.L.)

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    Caritas internationalis in aiuto alla popolazione congolese attaccata dai ribelli ugandesi

    ◊   Oggi, la Caritas Internationalis ha iniziato la distribuzione di generi non alimentari (stoviglie, vestiti, contenitori d’acqua e teloni per proteggersi) a circa cinquemila famiglie delle zone di Doruma, Faradje, Dungu e Isiro, nel nord della Repubblica democratica del Congo, dove nei giorni di Natale i ribelli ugandesi dell’Esercito di liberazione del Signore (Lra) hanno attaccato la popolazione. Nei prossimi giorni, come riporta l’agenzia Fides, l’organizzazione internazionale porterà soccorso ad altre cinquemila persone. Nel periodo festivo, si calcola che i ribelli abbiano massacrato circa 400 persone a colpi di machete, bruciato villaggi e rapito bambini per arruolarli nelle proprie fila: “I racconti dei sopravvissuti sono spaventati – ha detto il portavoce di Caritas Congo, Guy-Marin Kamandji – gli abitanti dei villaggi sono scappati senza portare nulla con sé e la Caritas garantisce una risposta alle necessità di coloro che sono stati costretti alla fuga il giorno di Natale e nei giorni successivi”. A Natale a Faradje sono stati saccheggiati la parrocchia, l’ospedale, i negozi e diverse abitazioni; tra le vittime si contano anche il direttore dell’ospedale e sua figlia. La Conferenza episcopale congolese ha riferito che la penetrazione dei ribelli ugandesi in Congo è iniziata nel 2005 in maniera pacifica, ma a partire dallo scorso settembre è sfociata nel sangue, trasformandosi in una vera e propria guerriglia. Anche Benedetto XVI, dopo l’Angelus del giorno dell’Epifania, ha rivolto un “pensiero speciale” alle “decine di bambini e ragazzi che sono stati sequestrati dalle bande armate nella Repubblica democratica del Congo”. (R.B.)

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    RD del Congo: allarme ebola, misure di sicurezza dei Paesi confinanti

    ◊   L’epidemia di ebola, la terribile febbre emorragica con indice di mortalità pari al 95%, in corso nella provincia di Kasai, al centro della Repubblica democratica del Congo, ha fatto aumentare le misure di sicurezza da parte dei Paesi confinanti, in modo da non far fuoriuscire il virus dal territorio congolese. Negli ultimi due mesi, secondo quanto riportato dall’agenzia Misna, nella provincia del Congo occidentale, si sono registrati infatti 13 decessi e ben 42 contagi dovuti a ebola. Se l’Angola ha già chiuso la frontiera per evitare il pericolo, la Tanzania ha appena inviato operatori sanitari nelle zone a rischio, e precisamente le regioni di Mbeya, Kagera, Rukwa, Kigoma e Mwanza, avviando programmi d’informazione e prevenzione presso la popolazione. Quanto all’ex Zaire, il Paese è ciclicamente teatro di epidemie di ebola: il virus allungato che attacca il sistema nervoso centrale, infatti, proprio qui venne isolato per la prima volta nel 1976 da ricercatori tedeschi. Il nome stesso, ebola, deriva dall’omonimo fiume, nella regione dell’Equatore. (R.B.)

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    Africa: progressi nell'istruzione, ma ancora sono 160 milioni gli analfabeti

    ◊   Sono almeno 160 milioni gli adulti analfabeti in Africa, due terzi dei quali donne: lo ha detto il direttore generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) Koichiro Matsuura intervenendo alla cerimonia per i festeggiamenti del centenario del King’s College di Lagos (Nigeria), una delle principali istituzioni educative dell’intera Africa occidentale. Matsuura - riferisce l'agenzia Misna - ha però sottolineato i recenti progressi del continente in materia di istruzione, dove si è registrato un aumento del 42% dell’accesso alle scuole primarie e secondarie, evidenziando comunque come le sfide ancora aperte (a cominciare dall’analfabetismo) debbano essere individuate come priorità dalle Nazioni Unite e dai governi del continente, dal momento che rappresentano uno dei principali freni allo sviluppo. Il segretario dell’Unesco ha poi indicato come altre sfide nel settore dell’istruzione l’ineguaglianza di possibilità fornite alle donne e la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento. Anche per questo, Matsuura ha chiesto alle grandi compagnie internazionali che negli ultimi anni hanno moltiplicato i loro volumi di affari con i paesi africani di destinare parte dei loro utili al finanziamento dell’educazione in Africa attraverso istituzioni terze. (R.P.)

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    Kenya: ancora nessuna notizia certa sulle suore rapite

    ◊   Nessuna novità rilevante su Caterina Giraudo, 67 anni, e Maria Teresa Oliviero, 60, le suore missionarie del movimento ‘De Foucauld’ rapite in Kenya la notte tra il 9 e il 10 novembre 2008 da un commando guerriglieri somali. Secondo quanto riportato dal quotidiano Avvenire, il parlamentare Margherita Boniver, inviata per una missione di due giorni in Kenya dal ministro degli Esteri Franco Frattini, non ha confermato che giorni fa, ci sarebbero stati contatti con le due religiose, fatto che faceva sperare in una ripresa delle trattative da parte dei rapitori, dopo la fase di stallo della metà di dicembre. Tuttavia, l’ambasciatore italiano in Kenya, Pierandrea Magistrati, ha assicurato che, compatibilmente con la loro età e con le condizioni in cui hanno vissuto negli ultimi 25 anni, le due suore starebbero bene. Il ministro dell’Interno kenyano, George Saitoti, avrebbe rivelato a Margherita Boniver di aver pensato a un blitz armato per liberare le due sorelle, ipotesi abbandonata in seguito alla valutazione dei rischi connessi con l’operazione. Prima di lasciare il Paese, Boniver ha tenuto a sottolineare la gravità della vicenda, divenuta ormai intollerabile, e della situazione nell’area: “Il problema – ha spiegato – è che in Somalia ci sono segnali inquietanti che possa precipitare in una Repubblica islamica, il che preoccupa non poco i Paesi confinanti”. (R.B.)

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    Malaysia: il settimanale cattolico “Herald” riprende le pubblicazioni in lingua malay

    ◊   Con un netto cambio di orientamento, il governo della Malaysia ha deciso di consentire di nuovo le pubblicazioni del settimanale cattolico “Herald” in lingua malay, imponendo però il divieto dell’uso del termine “Allah”, come ha reso noto un funzionario governativo. La notizia ripresa dall'agenzia Fides, è stata salutata con favore nell’ambito della Chiesa cattolica in Malaysia, in cui l’Herald è un prezioso strumento di informazione e di formazione delle coscienze. In una controversia che si trascina da tempo, la settimana scorsa il governo aveva proibito al settimanale cattolico di stampare l’edizione in lingua malese, per impedire che il termine “Allah” fosse usato da un mezzo di informazione cattolico per indicare Dio. Secondo alcuni funzionari del ministero degli Interni, la parola “Allah” può essere utilizzata solo da musulmani. Ma tale divieto risulta in contrasto con il contesto normativo e culturale del paese, dove la Costituzione garantisce libertà di parola e di espressione. Inoltre, fanno notare all’Herald, in lingua malay non c’è un altro termine, oltre a quello di “Allah”, per indicare Dio. In Malaysia, dove gli abitanti sono circa 27 milioni, i musulmani sono oltre 60%, e solo pochi conoscono l’inglese o il mandarino o il tamil, le altre tre lingue in cui si stampa il settimanale, che circola soprattutto nella comunità cattolica (850 mila fedeli). La lingua malay è parlata da molti indigeni cristiani che si trovano nelle regioni di Sabah e Sarawak, e l’Herald costituisce uno dei pochi canali di collegamento con le comunità più remote. Il periodico ha comunque contestato la decisione del governo, presentando un ricorso per via giudiziaria, affermando che “Allah” è il termine usato normalmente, da secoli, per indicare “Dio” in idioma malay. Ma, in attesa del verdetto del tribunale, il settimanale si atterrà alle prescrizioni del governo, ha comunicato padre Lawrence Andrew, direttore dell’Herald, accogliendo con favore e soddisfazione la buona notizia della rinnovata autorizzazione per le pubblicazioni in lingua malay. L’ultimo numero dell’Herald contiene l’illustrazione del documento vaticano “Dignitatis Personae” e del messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace. Riporta inoltre notizie sulla vita e le attività della Chiesa malaysiana e informazioni sulle condizioni dei cristiani nei paesi asiatici, dedicando un focus speciale all’Anno Paolino. (R.P.)

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    Costa Rica: si aggrava il bilancio del terremoto che ha colpito il Paese

    ◊   Uno dei terremoti più gravi degli ultimi anni in Costa Rica: così il Governo di San José ha definito il sisma di 6,2 gradi sulla scala Richter che nella notte ha colpito il Paese. Secondo quanto riferito dall’agenzia Misna, l’Esecutivo ha ammesso di non poter fornire ancora una stima certa dei danni, ma si parla di almeno 10 morti e centinaia di feriti: un bilancio che è drammaticamente destinato a salire. La Croce Rossa ha inoltre confermato la presenza di 15 persone disperse nelle zone di San Rafael ed El Angel de Vara Blanca, mentre la Protezione civile avverte che sarebbero molti i villaggi rimasti isolati dal disastro a causa delle frane che hanno bloccato molte strade. Il terremoto, con epicentro nei pressi del vulcano Poas, ha scatenato una vera e propria ondata di panico nella popolazione, anche a causa delle numerose (pare un centinaio) scosse di assestamento. (R.B.)

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    I vescovi boliviani annunciano la pubblicazione di un documento sulla Costituzione al voto il 25 gennaio

    ◊   Una nota dell’Episcopato della Bolivia, Paese dove il 25 gennaio, con un referendum popolare, si deciderà l’approvazione o meno della nuova Carta costituzionale, annuncia per i prossimi giorni la pubblicazione di documento sulla Costituzione. La bozza è stata elaborata dall’Assemblea costituente e da oltre un anno sta provocando polemiche e contrasti, a volte sfociati nella violenza. I vescovi, in questi ultimi mesi, ricorda la nota, “hanno invitato la popolazione a leggere, per conoscere in modo approfondito, le proposte del testo costituzionale e così esprimere un voto consapevole e in armonia con quanto dice la propria coscienza”. In questo compito, che rientra nel dovere pastorale di “illuminare con la verità del Vangelo le scelte dei cristiani”, la Chiesa boliviana sottolinea che si è mossa autonomamente e dunque, al contrario di quanto scritto dalla stampa, non fa parte di una “associazione di chiese cristiane e di chiese riunificate” che in queste ore, tramite spot televisivi chiama a votare “sì” al referendum. L’Episcopato locale, si ricorda, non dà orientamenti elettorali, ma si limita “come hanno già fatto i vescovi, a offrire riflessioni e analisi sul nuovo testo costituzionale, mettendo al centro la difesa dei principi e dei valori della convivenza generale”. Durante il processo di discussione, esponenti della Chiesa boliviana hanno esposto ai costituenti diversi spunti suscettibili di miglioramento. Ricordando ai cattolici e all’intero popolo dei credenti “di essere chiamati a conservare l’unità praticando in ogni momento la tolleranza fraterna”, i presuli boliviani si rivolgono anche ai leader politici e sociali per chiedere loro “di non acuìre le divisioni, di non dare origini a nuove polemiche e scontri, facendo leva su messaggi o campagne sporche che avviliscono la dignità di ogni persona e cittadino”. Infine, un appello agli operatori dei mezzi di comunicazione affinché sappiano dare un contributo, attraverso “un’informazione veritiera”, che favorisca “un clima di serenità, senso critico e responsabilità”. Mons. Jesús Juárez, segretario generale dell'Episcopato, ha ribadito l’esistenza di preoccupazioni, all’interno del mondo cattolico, di fronte ad alcuni contenuti del progetto costituzionale: “La Chiesa rifiuta qualsiasi testo legale che autorizzi l’aborto e attenti contro la vita – ha spiegato - considerata un dono integrale dal concepimento alla sua fine naturale”. (A cura di Luis Badilla)

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    Il cardinale Rigali presiederà la Messa di apertura della 36.ma Veglia di preghiera per la vita

    ◊   Sarà il cardinale Justin Rigali, arcivescovo di Philadelphia e presidente della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB) , a presiedere, il 21 gennaio, la Messa di apertura della 36ª edizione della Veglia di preghiera per la Vita nel Santuario nazionale dell'Immacolata Concezione a Washington. Come è noto, la veglia precede l’ormai tradizionale Marcia per la Vita che si tiene annualmente il 22 gennaio nell'anniversario della “Roe contro Wade", la sentenza della Corte Suprema che nel 1973 ha legalizzato l'aborto negli Stati Uniti. La veglia notturna – riferisce l’agenzia Cns - si concluderà alle 7.30 della mattina successiva con una concelebrazione eucaristica officiata da mons. Paul S. Loverde, vescovo di Arlington. Seguirà quindi la marcia che terminerà davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Il tema di questa edizione è “Ricorda: i principi della vita significano pari assistenza senza eccezioni”, a sottolineare che l’uccisione intenzionale di un essere umano non nato non è mai giustificabile o necessario. I promotori vogliono anche richiamare l’attenzione sul dovere della società di garantire pari assistenza e sostegno alla madre come al bambino che deve nascere. L’evento sarà accompagnato da diverse altre manifestazioni e iniziative a Washington e in tutto il Paese. Tra queste la Camminata per la vita sulla West Coast, a San Francisco, giunta quest’anno alla sua quarta edizione. Come ogni anno, è prevista la partecipazione di migliaia di attivisti pro-vita da tutti gli Stati Uniti. Tra questi almeno 20mila adolescenti e giovani che si raduneranno al “Verizon Center” di Washington. Più di 12mila attivisti sono attesi per la sola Veglia della notte tra il 21 e il 22 gennaio. (L.Z.)

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    Nepal: l’ufficio dell’Onu si schiera contro il fenomeno delle “kalamaris”

    ◊   L’Ufficio delle Nazioni Unite in Nepal sollecita il Governo di Kathmandu a intervenire contro la pratica delle “kalamaris”, le ragazze povere mandate a servizio domestico e spesso oggetto di abusi fisici, psicologici e sessuali. Secondo i dati forniti dall’agenzia Misna, sarebbero circa 600 le bambine tra i sei e i sette anni di età e appartenenti alla minoranza etnica Tharu (che vive nella regione più povera del Paese asiatico) che lavorano anche 20 ore al giorno nelle case dei ricchi di Kathmandu, cedute dalle famiglie per pochi dollari e con la promessa di un futuro migliore, mentre spesso finiscono “nel traffico di esseri umani”, come spiega Richard Bennett, dell’ufficio dell’Onu dell’Alto commissariato per i diritti umani. La richiesta al Governo consiste nell’applicare una norma, approvata otto anni fa e recentemente rafforzata da una decisione della Corte suprema nepalese, che mette fuori legge questa pratica, e di agevolare i programmi di recupero, educazione e reinserimento sociale varati dalle associazioni che, fino ad oggi, hanno salvato circa cinquemila ragazze. (R.B.)

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    Sud Corea: cresce l’attività sociale della Chiesa secondo l’ultimo Rapporto della Caritas

    ◊   Cresce l’attività sociale della Chiesa in Corea del Sud. È quanto emerge dall’ultimo rapporto della Caritas del Paese. Secondo la relazione, che viene pubblicata ogni tre anni dal 1999, la Chiesa sud-coreana conta oggi 985 istituzioni caritative che si dedicano soprattutto alle fasce più povere ed emarginate della popolazione. Nel corso degli anni – riferisce all’agenzia Ucan uno dei responsabili dell’organizzazione, Joseph Suh Chang-won - il numero degli enti caritativi cattolici in Sud-Corea è salito progressivamente dai 524 censiti nel 1999, a 620 nel 2002 e a 834 nel 2005. Delle attuali 985, 226 sono concentrate nell’arcidiocesi di Seoul. Nel tempo è cresciuto in proporzione il numero delle istituzioni caritative dedicate ai minori e ai giovani, oggi 255, mentre sono meno numerose quelle per persone disabili, in tutto 206. In aumento anche il numero delle strutture di assistenza agli anziani, che sono 194. Altri servizi comprendono l’assistenza a donne in difficoltà e centri sociali per comunità locali. Nell’introduzione al rapporto, il Presidente di Caritas Corea, mons. Francis Xavier Anh Myong-ok, esprime l’auspicio che il rapporto possa servire ad estendere il bacino dei beneficiari di questi servizi, a raccogliere più risorse finanziarie e personale e a “mettere in pratica l’amore per il prossimo in modo più proficuo”. (L.Z.)

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    Franco Mugerli è il nuovo presidente del Comitato tv e minori

    ◊   E’ il giornalista Franco Mugerli il nuovo presidente del Comitato Tv e Minori. Subentra ad Emilio Rossi, scomparso nel dicembre scorso, alla guida dell’ente preposto all’applicazione del Codice che disciplina l’operato delle emittenti televisive rispetto al pubblico dei minori fin dalla sua fondazione.“Sono consapevole che, insieme a grandi potenzialità, la tv può avere ricadute negative nei confronti del pubblico e in particolare dei minori” ha dichiarato Mugerli, all’indomani della nomina. “Facendo tesoro dell’esperienza maturata in questi anni dal Comitato sotto la sicura guida dell’indimenticabile presidente Emilio Rossi – ha aggiunto – opererò perché sia rispettata la normativa vigente e il codice di autodisciplina condiviso. Sarà importante anche collaborare alla definizione del nuovo Codice media e minori. Ma se norme e sanzioni a tutela dei minori sono indispensabili, è essenziale la questione educativa”. Il neo-presidente ha poi evidenziato la necessità di sviluppare “un approccio critico dell’utente a un corretto utilizzo della tv attraverso campagne informative e formative di educazione ai media” ed ha ribadito l’importanza di “favorire la crescita di un dialogo con chi fa la televisione perché, preventivamente, la programmazione sia più rispettosa anche delle esigenze di tutela delle giovani generazioni”. Nato nel 2003 il “Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori” opera presso il Ministero per lo sviluppo economico–comunicazioni e ad oggi – si legge in un comunicato dell’ente – “ha considerato oltre 1.500 casi e aperto centinaia di procedimenti, accertando numerose violazioni”; ha “prodotto delibere e raccomandazioni, documenti d’indirizzo e segnalazioni all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, nonché “audizioni con emittenti televisive, associazioni di tutela dei minori, docenti ed esperti del settore”. (C.D.L.)

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    Italia: spiritualità e temi sociali al secondo Laboratorio dell'Agorà dei giovani

    ◊   Si apre oggi a Roma il secondo Laboratorio nazionale di Pastorale Giovanile, sul tema. “La vita interiore”. Per il terzo anno dell’Agorà dei Giovani italiani 2008-2009, il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile della Cei promuove quattro laboratori su temi emersi durante la plenaria dei Vescovi italiani di maggio 2008. Questo secondo appuntamento è dedicato alla “vita interiore”, la vita secondo lo Spirito; l’educazione della propria coscienza è il luogo dove lo studio, il lavoro, l’amore, ogni autentica esperienza ritrovano senso, acquistano significato e novità. Il “Laboratorio” è dunque occasione per riflettere e scoprire strade nuove e antiche di spiritualità. Introduce la riflessione don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale Giovanile; seguirà la relazione di don Nico Dal Molin, direttore Centro nazionale Vocazioni della Cei. Nelle giornate dell’incontro, le celebrazioni eucaristiche e la preghiera delle Ore si alterneranno al lavoro nei gruppi ristretti e alle sessioni in plenaria. Domani mattina interverrà mons. Romano Rossi, Vescovo di Civita Castellana, che dialogherà con i partecipanti; nel pomeriggio, dopo la visita a Sat2000 e Radio InBlu, saranno presentate alcune esperienze di pastorale giovanile legate al tema del laboratorio. La sessione finale di domenica prossima vedrà le relazioni in aula dei gruppi di lavoro e la presentazione delle conclusioni; al termine dei lavori i congressisti parteciperanno alla Santa Messa e raggiungeranno successivamente Piazza San Pietro per unirsi all’Angelus di Benedetto XVI. (M.V.)

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    Rimosso l’albero di Natale da San Paolo fuori le Mura. Un dono della Carinzia per l’Anno paolino

    ◊   Il maestoso abete delle Alpi austriache, dono natalizio della Carinzia alla città di Roma per l’Anno paolino e collocato il 19 novembre nel piazzale antistante la Basilica papale di San Paolo fuori le Mura, è stato rimosso questa mattina. La circolazione stradale è stata interrotta per le operazioni che hanno richiesto l’intervento di una decina di operai, di una potente autogru e di quattro automezzi da trasporto. Alto più di 20 metri e addobbato di lampade, era stato benedetto il 29 novembre dal vescovo di Gurk-Klagenfurt, mons. Alois Schwarz nel corso di una cerimonia ufficiale animata dalla banda e dai cori della città di Kötschach-Mauten, dalle cui foreste l’albero proveniva. Presenti il sindaco della città, Walter Hartlieb, il presidente del Municipio XI di Roma, Andrea Catarci, il priore dell’Abbazia benedettina di San Paolo fuori le Mura e altre personalità, fra le quali il presidente del Consiglio regionale della Carinzia e l’ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede. Con questa iniziativa, promossa da Peter Allmaier, responsabile della Pastorale giovanile e direttore di “Der Sonntag”, il settimanale della diocesi di Gurk-Klagenfurt, la Carinzia ha voluto dotare la Basilica di San Paolo, nell'eccezionale anno di celebrazioni dell’Apostolo, di un albero di Natale, per consolidare la tradizione di quello che viene eretto dinanzi alla Basilica di San Pietro. L’albero di piazza San Pietro, quest’anno, è stato donato da una regione limitrofa, quella della Bassa Austria. (A cura di Graziano Motta)

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    24 Ore nel Mondo



    Ue, Russia e Ucraina approvano l'accordo sul monitoraggio dei flussi di gas verso l'Europa

    ◊   Raggiunto l’accordo sul monitoraggio dei flussi di gas che dalla Russia arrivano in Europa passando per l'Ucraina. A vigilare sarà un comitato internazionale per il transito del gas composto da osservatori dell'Ue e rappresentanti della società russa Gazprom e di quella ucraina Naftogaz. Gazprom ha detto, quindi, che conta di siglare già oggi un'intesa per il ripristino delle forniture. Anche Mosca ha confermato che farà ripartire l'afflusso verso l'Ucraina oggi, contestualmente con l'arrivo degli osservatori. La commissione europea fa sapere, intanto, che ci vorranno almeno tre giorni per la riattivazione effettiva del flusso di metano verso i Paesi comunitari. Il blocco delle forniture all'Europa era stato imputato dalla Russia all'Ucraina, colpevole a suo dire di sottrarre illecitamente il gas diretto ai Paesi europei. L'Ucraina aveva invece accusato la Russia di avere chiuso i rubinetti a monte.

    Stati Uniti
    Rimborso fiscale di mille dollari per il 95% delle famiglie, fonti rinnovabili, nuove strade e scuole. Questi alcuni punti del nuovo piano anticrisi annunciato dal presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale sottolinea che, senza l'aiuto del governo, la recessione può durare anni. Da New York, ci riferisce Elena Molinari:


    E’ necessaria un’azione veloce e radicale da parte del Congresso per evitare che la recessione duri per anni. Con il quarto intervento sull’economia in quattro giorni, Barack Obama ha dipinto ancora una volta un quadro a fosche tinte della crisi americana. Quindi ha presentato il suo piano di rilancio dell’economia come l’unica alternativa ad un crollo rovinoso delle sorti americane. Dicendo che in gioco c’è la competitività statunitense nel mondo, il presidente eletto ha però assicurato che non è troppo tardi per cambiare il corso degli eventi. Obama ha poi preparato gli americani a tempi duri, con disoccupazioni a due cifre, ma li ha allo stesso tempo invitati a riprendere a spendere per far ripartire il motore della produzione industriale. A tale scopo ha promesso al 95% delle famiglie uno sconto sulle tasse di mille dollari. In questo modo il presidente eletto ha dunque alzato ulteriormente la pressione sul Congresso americano, spingendolo ad approvare alla svelta il suo pacchetto di spese da quasi 800 miliardi di dollari, che i legislatori vorrebbero invece esaminare con più tempo ed attenzione.

     
    Afghanistan
    Nuova ondata di violenze in Afghanistan. Dieci civili ed un alto ufficiale della polizia e la sua guardia del corpo sono morti in un attentato kamikaze nel sud ovest del Paese. Vittime anche tra le truppe statunitensi: si tratta di due soldati uccisi sempre da un attentatore suicida nella provincia di Kandahar. Nell’attacco, rivendicato dai talebani, hanno perso la vita anche tre civili. I nuovi attacchi arrivano all’indomani della condanna del presidente afghano, Hamid Karzai, di un'operazione militare della coalizione internazionale che avrebbe causato la morte di 17 civili, nella provincia orientale del Laghman. Il capo di Stato ha anche accusato i ribelli talebani di usare diversi civili come scudi umani.

    Sri Lanka
    Una mina esplosa nel nord-est dello Sri Lanka, nei pressi dell’importante città portuale di Trincomalee, ha causato la morte di sette persone. Le vittime, quattro civili e tre membri delle forze di sicurezza si trovavano a bordo di un bus scortato dagli agenti. Altre sei persone sono rimaste ferite. L’attentato non è stato ancora rivendicato. Intanto, il presidente dello Sri Lanka ha annunciato la conquista del “passo dell’Elefante”, importante porta d’accesso alla penisola di Jaffna, roccaforte dei ribelli tamil, da oggi nuovamente sotto il controllo delle forze di sicurezza di Colombo.

    Pakistan incendio
    Un violento incendio divampato in un quartiere povero alla periferia di Karachi, in Pakistan, ha provocato la morte di 39 persone, tra cui 20 bambini. Il rogo, scoppiato in nottata, sarebbe stato causato da un fuoco acceso da alcuni abitanti della bidonville per riscaldarsi. Secondo la polizia, molte persone sono morte perchè le baracche, circondate da edifici, avevano una sola via di fuga.

    Pakistan-Al Qaeda
    Il capo delle operazioni di Al Qaeda in Pakistan ed il suo braccio destro sarebbero stati uccisi da un missile lanciato il giorno di capodanno in un'operazione della Cia. Lo afferma il Washington Post, nell'edizione online, citando fonti anonime dell'antiterrorismo americano.

    Europa disoccupazione
    Con la crisi finanziaria il tasso di disoccupazione in Europa è salito nel mese di novembre al 7,8%. Ad ottobre era al 7,7%. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da Eurostat. Nelle zone dell’euro sono stati persi oltre 200 mila posti di lavoro. Particolarmente allarmante è la situazione in Spagna. Solo nel 2008 i senza lavoro sono aumentati di un milione, con un incremento del 46,9% rispetto al 2007. A destare preoccupazione è anche la posizione rispetto agli altri Paesi comunitari: la Spagna fa registrare, infatti, il dato più negativo dell’Ue con il 13,4%. Il governo Zapatero si dice fortemente preoccupato. Era dal 1987 che non si registravano livelli così alti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 9

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