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Sommario del 08/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al Corpo Diplomatico: "la pace è lontana ma non bisogna scoraggiarsi! Oggi più di ieri è in gioco il destino stesso del nostro pianeta"
  • Nominato il nuovo arcivescovo di Valencia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Lancio di razzi dal Libano su Israele. Tel Aviv valuta il piano Mubarak-Sarkozy
  • La Chiesa in India grata per l'appoggio del Papa contro le persecuzioni anticristiane, mentre il clima in Orissa appare più disteso. Intervista con mons. Machado
  • Zimbabwe: non si ferma l'epidemia di colera
  • Il cardinale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe alla sua città: occorre un sussulto di responsabilità e di impegno morale
  • Inaugurato a Praga l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione
  • Chiesa e Società

  • Gaza: appelli e aiuti dalle associazioni umanitarie
  • Appello del Consiglio Mondiale delle Chiese per il cessate il fuoco a Gaza
  • Vescovi europei e del Nord America in Terra Santa per portare solidarietà alla comunità cristiana
  • In arrivo aiuti umanitari alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo
  • Sudan: appello della Caritas Internationalis per gli sfollati del Darfur
  • I vescovi del Sudafrica alla popolazione: votate in modo responsabile
  • Vietnam: nuova direttiva allontana la restituzione dei beni della Chiesa
  • Guatemala: la Chiesa organizza una marcia contro l'ondata di violenza
  • Cuba: il cardinale Ortega traccia il bilancio ecclesiale del 2008
  • Venezuela: aperti i lavori della plenaria dei vescovi
  • Il presidente dei vescovi del Costa Rica esorta a riscoprire il ruolo dei laici
  • India: la Chiesa del Kerala giudica propaganda elettorale la proposta di legge sull'eutanasia
  • Filippine: la Chiesa festeggia il bimillenario della nascita di San Paolo
  • Kosovo: la Chiesa cattolica in difesa dei diritti di tutte le minoranze
  • Camerun: il popolo bangwa commemora Chiara Lubich
  • Inaugurata da mons. Betori la sala “Stato e Chiesa” della biblioteca della Fondazione Spadolini
  • La crisi economica mondiale non risparmia le diocesi francesi
  • Costa d'Avorio: il vescovo di Agboville contro la superstizione
  • 24 Ore nel Mondo

  • L'Ue tratta con Russia e Ucraina per sbloccare la crisi del gas
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al Corpo Diplomatico: "la pace è lontana ma non bisogna scoraggiarsi! Oggi più di ieri è in gioco il destino stesso del nostro pianeta"

    ◊   Tradizionale incontro oggi in Vaticano tra il Papa e il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per gli auguri d’inizio anno. Benedetto XVI ha passato in rassegna i principali avvenimenti internazionali alla luce del mistero di speranza del Natale, chiedendo per tutti a Dio “il dono di un anno che sia fecondo di giustizia, di serenità e di pace”. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Il primo pensiero del Papa è andato “innanzitutto a quanti hanno sofferto a causa di gravi catastrofi naturali, in particolare in Vietnam, in Birmania, in Cina e nelle Filippine, in America Centrale e nei Caraibi, in Colombia e in Brasile, o a causa di sanguinosi conflitti nazionali o regionali o a causa di attentati terroristi che hanno seminato la morte e la distruzione in Paesi come l’Afghanistan, l’India, il Pakistan e l’Algeria. Nonostante tanti sforzi – ha detto - la pace così desiderata è ancora lontana! Di fronte a ciò, non dobbiamo scoraggiarci … ma raddoppiare i nostri sforzi per promuovere la sicurezza e lo sviluppo”. In questo senso ha ricordato che “la Santa Sede ha voluto essere tra i primi a firmare e ratificare la ‘Convenzione sulle munizioni a grappolo’, un documento che ha l'obiettivo di rafforzare il diritto umanitario internazionale”. Il Papa guarda “con preoccupazione” ai “sintomi di una crisi che emergono nel settore del disarmo e della non proliferazione nucleare” rilevando che “la spesa militare sottrae enormi risorse umane e materiali per i progetti di sviluppo” minando i processi di pace.

     
    La sua attenzione si rivolge verso “i troppo numerosi poveri del nostro pianeta”: “per costruire la pace – afferma - occorre ridare speranza ai poveri” e alle tante persone e famiglie colpite dall’attuale crisi economica, mentre la crisi alimentare e il surriscaldamento climatico rendono per molti “ancora più arduo l'accesso al cibo e all’acqua”. E’ urgente – sottolinea – “adottare una strategia efficace per combattere la fame e facilitare lo sviluppo agricolo locale, soprattutto perché la percentuale di persone povere nei Paesi ricchi aumenta”. Apprezza quindi gli esiti della recente Conferenza di Doha sul finanziamento dello sviluppo. Per Benedetto XVI “è necessario costruire una nuova fiducia” che renda sana l'economia e questo sarà possibile solo rispettando la “dignità innata della persona umana”. E’ un obiettivo “impegnativo – afferma - ma non è un'utopia! Oggi più di ieri, il nostro futuro è in gioco, così come il destino stesso del nostro pianeta e dei suoi abitanti”. In particolare occorre “investire soprattutto nei giovani, educandoli a un ideale di vera fraternità” nella consapevolezza che c’è “un comune Padre di tutti gli uomini, il Dio Creatore”. E’ il messaggio che il Papa ha lanciato nei suoi viaggi internazionali dell’anno scorso a Sydney per la Giornata Mondiale della Gioventù, negli Stati Uniti e all’ONU, a Lourdes e in Francia. Qui il Pontefice ha ricordato che “una sana laicità della società non ignora la dimensione spirituale e i suoi valori, perché la religione … non è un ostacolo, ma piuttosto un solido fondamento per la costruzione di una società più giusta e più libera”.

     
    Benedetto XVI ha denunciato poi “le discriminazioni e i gravissimi attacchi di cui sono stati vittime, l’anno scorso, migliaia di cristiani”, abusi che “affondano le loro radici” nella povertà morale. “Il cristianesimo – ribadisce - è una religione di libertà e di pace ed è al servizio del vero bene dell’umanità”. Ha espresso il suo “paterno affetto” ai cristiani vittime della violenza, specialmente in Iraq e in India, lanciando un accorato appello alle autorità a “mettere fine all’intolleranza e alle vessazioni” e a “far sì che siano riparati i danni provocati, in particolare ai luoghi di culto e alle proprietà”. Ha inoltre auspicato “che nel mondo occidentale non si coltivino pregiudizi o ostilità contro i cristiani, semplicemente perché, su certe questioni, la loro voce dissente. Da parte loro – ha proseguito - i discepoli di Cristo, di fronte a tali prove, non si perdano d’animo: la testimonianza del Vangelo è sempre un ‘segno di contraddizione’ rispetto allo ‘spirito del mondo’! Se le tribolazioni sono penose, la costante presenza di Cristo è un potente conforto. Il suo Vangelo è un messaggio di salvezza per tutti ed è per questo che esso non può essere confinato nella sfera privata, ma va proclamato sui tetti, fino alle estremità della terra”.

     
    Ancora una volta il Papa evoca la violenza in Medio Oriente e in Terra Santa “che provoca danni e immense sofferenze alle popolazioni civili” complicando ulteriormente “la ricerca di una via d’uscita dal conflitto tra Israeliani e Palestinesi, vivamente desiderata da molti di essi e dal mondo intero”. Ripete “che l’opzione militare non è una soluzione e che la violenza, da qualunque parte essa provenga e qualsiasi forma assuma, va condannata fermamente”. Auspica “che, con l’impegno determinante della comunità internazionale, la tregua nella striscia di Gaza sia rimessa in vigore … e che siano rilanciati i negoziati di pace” che dovranno essere condotti “nel rispetto delle aspirazioni e degli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte”. A questo proposito, riferendosi alle prossime scadenze elettorali, rimarca l'importanza che emergano "dirigenti capaci di far avanzare con determinazione questo processo". Per il Papa occorre dare anche “un sostegno convinto al dialogo tra Israele e la Siria e, per il Libano, appoggiare il consolidarsi in atto delle istituzioni, che sarà tanto più efficace quanto più si compirà in uno spirito di unità”. Agli iracheni rivolge “un incoraggiamento” a costruire il futuro “senza discriminazioni di razza, di etnia o di religione”. Per quanto riguarda l’Iran auspica “una soluzione negoziata alla controversia sul programma nucleare” in modo da “soddisfare le legittime esigenze del Paese e della comunità internazionale. Un simile risultato favorirebbe grandemente la distensione regionale e mondiale”.

     
    Volgendo lo sguardo al grande continente asiatico guarda con fiducia “alla ripresa di nuovi negoziati di pace a Mindanao, nelle Filippine, e al nuovo corso che prendono le relazioni tra Pechino e Taipei”. Si augura “una soluzione definitiva” del conflitto in Sri Lanka, chiedendo attenzione per i bisogni umanitari delle popolazioni. Pensa quindi alle “comunità cristiane che vivono in Asia …spesso ridotte dal punto di vista numerico” ma desiderose di “offrire un contributo convinto ed efficace … al progresso dei loro Paesi, testimoniando il primato di Dio, che stabilisce una sana gerarchia di valori e dona una libertà più forte delle ingiustizie”. “La Chiesa – ribadisce - non domanda privilegi, ma l’applicazione del principio della libertà religiosa in tutta la sua estensione. In tale ottica, è importante che, in Asia centrale, le legislazioni sulle comunità religiose garantiscano il pieno esercizio di questo diritto fondamentale, nel rispetto delle norme internazionali”.

     
    Passando all’Africa, dove quest’anno si recherà in visita, ha ricordato che la Santa Sede segue da vicino le vicende di questo continente: “una attenzione particolare dev’essere riservata all’infanzia”. Qui molti bambini vivono il dramma dei rifugiati in Somalia, Darfour e Repubblica democratica del Congo. “Si tratta di flussi migratori che riguardano milioni di persone che hanno bisogno di un aiuto umanitario e che sono soprattutto private dei loro diritti elementari e feriti nella loro dignità”. Il Papa auspica “che in Somalia la restaurazione dello Stato possa … progredire affinché cessino le interminabili sofferenze degli abitanti di tale Paese”. Ed esprime desiderio di soluzione delle crisi nello Zimbabwe e in Burundi.

     
    Soffermandosi sull’America Latina sottolinea il desiderio di questi popoli di “vivere in pace, liberati dalla povertà e potendo liberamente esercitare i loro diritti fondamentali”. Parla in favore degli emigranti per la questione del ricongiungimento familiare, considerando “le legittime esigenze della sicurezza e quelle dell’inviolabile rispetto della persona”. Loda “l’impegno prioritario di certi governi per ristabilire la legalità e condurre una lotta senza compromessi contro il traffico di stupefacenti e la corruzione”. Si rallegra dell’ulteriore avvicinamento tra Argentina e Cile a trent’anni dalla mediazione pontificia sulle vertenze tra i due Paesi. Spera “che la recente firma dell’Accordo tra la Santa Sede e il Brasile faciliti il libero esercizio della missione evangelizzatrice della Chiesa e rafforzi ancor più la sua collaborazione con le istituzioni civili per lo sviluppo integrale della persona”. Compito dei Pastori della Chiesa – afferma - “è quello di illuminare le coscienze e di formare dei laici capaci di intervenire con coraggio nelle realtà temporali, mettendosi al servizio del bene comune”.

     
    Il Papa saluta poi la comunità cristiana della Turchia - l'Anno Paolino mostra "lo stretto legame di questa terra con le origini del cristianesimo" - e auspica soluzioni eque e pacifiche alle crisi a Cipro, nel Caucaso, in particolare in Georgia - vengano onorati gli impegni sul cessate il fuoco - e la riconciliazione tra le popolazioni della Serbia e del Kosovo, che va perseguita "nel rispetto delle minoranze e senza dimenticare la difesa del prezioso patrimonio artistico e culturale cristiano, che costituisce una ricchezza per tutta l'umanità".

     
    Infine il Papa volge il suo pensiero agli “esseri umani più poveri” che “sono i bambini non ancora nati” e poi agli altri poveri, “come i malati e le persone anziane abbandonate, le famiglie divise”. “La povertà – conclude il Pontefice - si combatte se l’umanità è resa più fraterna tramite valori ed ideali condivisi, fondati sulla dignità della persona, sulla libertà unita alla responsabilità, sul riconoscimento effettivo del posto di Dio nella vita dell’uomo”. Benedetto XVI invita tutti a guardare verso “Gesù, l’umile bambino deposto nella mangiatoia. Lui “ci indica che la solidarietà fraterna tra tutti gli uomini è la via maestra per combattere la povertà e costruire la pace”.


    Ha rivolto l’indirizzo di omaggio al Santo Padre, per la prima volta in questa occasione, l’ambasciatore dell’Honduras Alejandro Emilio Valladares Lanza, succeduto come decano del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede all’ambasciatore Giovanni Galassi. Ricordiamo infine che la Santa Sede intrattiene attualmente relazioni diplomatiche con 177 Stati. Il 4 novembre scorso ha stretto rapporti con il Botswana. La Santa Sede ha relazioni diplomatiche anche con le Comunità Europee e il Sovrano Militare Ordine di Malta, e relazioni di natura speciale con la Federazione Russa e con l’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. La Santa Sede partecipa anche a differenti Organizzazioni e Organismi Intergovernativi Internazionali.

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    Nominato il nuovo arcivescovo di Valencia

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi spagnola di Valencia presentata dal cardinale Agustín García-Gasco Vicente, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato arcivescovo di Valencia mons. Carlos Osoro Sierra, finora arcivescovo di Oviedo. Mons. Carlos Osoro Sierra è nato a Castañeda, provincia e diocesi di Santander, il 16 maggio 1945. Dopo aver studiato Magistero presso la "Escuela Normal" ed aver esercitato la docenza per un anno a Santander, è entrato nel seminario per le vocazioni adulte "Colegio Mayor El Salvador" di Salamanca, ove ha frequentato i corsi di Filosofia e Teologia presso la Pontificia Università di quella città, ottenendo la Licenza nelle due discipline. Ha pure la Licenza in Scienze Esatte dell’Università Complutense di Madrid e in Pedagogia dell’Università di Salamanca. È stato ordinato sacerdote il 29 luglio 1973. Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato membro dell’équipe sacerdotale nella parrocchia dell’Assunzione a Torrelavega per la pastorale giovanile, direttore della "Casa de los muchachos" e professore della "Escuela Universitaria de Formación del Profesorado ‘Sagrados Corazones’" (1973-1975); segretario generale per la pastorale della diocesi, delegato episcopale per le vocazioni e Seminari e per l’apostolato dei laici, e vicario per la pastorale (1975-1996), vicario generale della diocesi (1976-1994); rettore del Seminario diocesano (1977-1996); presidente del Capitolo della Cattedrale (1994-1996) e direttore del "Centro Asociado del Instituto Internacional de Teología a Distancia" e direttore del "Instituto Superior de Ciencias Religiosas San Agustín" (1996). Il 27 dicembre 1996 è stato nominato vescovo di Orense ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 22 febbraio successivo. Il 7 gennaio 2002 è stato promosso alla sede metropolitana di Oviedo. In seno alla Conferenza episcopale spagnola è stato presidente della Commissione per il Clero (1999-2005). Attualmente è membro del Comitato esecutivo.

    Il Santo Padre ha poi nominato vescovo di Pamiers (Francia) il rev. Philippe Mousset, del clero di La Rochelle, finora responsabile diocesano delle vocazioni, parroco di Saint-Paul e vicario Episcopale. Il rev. Philippe Mousset è nato il 27 maggio 1955 a Le Guâ, nella diocesi di La Rochelle. Compiuti gli studi classici, ha frequentato l’Institut rural d’éducation et d’orientation (IREO) di Cognac. Nel 1981 è entrato nel Seminario Maggiore di Poitiers, nel quale ha compiuto il primo ciclo degli studi filosofico-teologici, poi in quello di Bordeaux per il secondo ciclo. Nell’anno 2000-2001, ha frequentato a Parigi l’IFEC (Istituto di Formazione degli Educatori del Clero). È stato ordinato sacerdote il 22 maggio 1988 per la diocesi di La Rochelle. Ha ricoperto i seguenti incarichi ministeriali: cappellano delle scuole e viceparroco a Royan (1988-1991); responsabile della pastorale giovanile a La Rochelle (1991-2001). Dal 1996 è responsabile del Servizio diocesano delle vocazioni e della pastorale delle vocazioni a livello della provincia ecclesiastica di Poitiers; e, nello stesso tempo, dal 2001 è parroco della parrocchia Saint-Paul a Mireuil (La Rochelle); e dal 2005 è anche vicario episcopale per i decanati di La Rochelle, Marans e Rochefort.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "La voce del vescovo di Roma".

    In evidenza, nell'informazione internazionale, la situazione in Vicino Oriente: lanci di razzi dal sud del Libano e Israele risponde al fuoco; intanto la diplomazia discute un piano di pace.

    In cultura, gli interventi del presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, del relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'educazione, Vernor Munoz, e del rettore maggiore dei salesiani, Pascual Chavez Villanueva, al congresso internazionale, a Roma, per il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

    Andrea Possieri e Andrea Monda recensiscono rispettivamente "L'Urss dal trionfo al degrado" di Andrea Graziosi e "Il libraio" di Michael O'Brien.

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    Oggi in Primo Piano



    Lancio di razzi dal Libano su Israele. Tel Aviv valuta il piano Mubarak-Sarkozy

    ◊   La forza dell'Onu dispiegata nel Sud del Libano (Unifil) ha intensificato le pattuglie nella sua area di operazioni in cooperazione con l'esercito libanese “per prevenire ogni ulteriore incidente”, dopo i tre razzi sparati dal Libano meridionale contro il Nord di Israele nella notte. In mattinata c’è stato un momento di allarme per il presunto lancio di ulteriori razzi, poi però smentito. Un ufficiale israeliano è stato ucciso e un soldato è stato ferito in modo lieve nello scoppio di un razzo anticarro durante scontri a fuoco con miliziani palestinesi stamane nel centro-sud della Striscia di Gaza. E non sono mancati razzi sparati da Gaza e caduti nelle città di Ashqelon e Ashdod e nelle aree limitrofe, senza provocare vittime. Il servizio di Fausta Speranza


    Il premier libanese Siniora condanna l’azione partita da forze in Libano contro Israele e parla di violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, che nel 2006 ha posto fine alla guerra tra Israele e Hezbollah. Da parte sua Israele predispone l'apertura dei rifugi e la chiusura delle scuole nei centri minacciati dai razzi in prossimità del confine con il Libano. Rischia dunque di aprirsi un nuovo fronte mentre il governo di Israele valuta la proposta di Mubarak e Sarkozy. È arrivata infatti stamattina al Cairo la delegazione del governo israeliano invitata dal presidente egiziano per negoziare un eventuale cessate il fuoco, in base a quanto annunciato martedì sera a Sharm el Sheikh dallo stesso Mubarak e dal presidente francese, Sarkozy. L'inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente, Tony Blair, chiede agli Stati Uniti di sostenere il piano presentato dall'Egitto. “C'è la possibilità - ha detto a una radio francese - di un accordo. In mattinata si è saputo che ieri sera il presidente eletto americano Obama ha chiamato al telefono il premier ceco Topolanek, presidente di turno dell'Ue, esprimendo “apprezzamento” per l'iniziativa europea in Medio Oriente. Intanto, il Times di Londra rilancia: Israele sta usando proiettili al fosforo bianco - vietati da accordi internazionali in zone popolate da civili - nella sua offensiva a Gaza, e questo uso viene ora provato dalle ustioni sui corpi di vittime palestinesi e da immagini di tali munizioni che compaiono in foto delle stesse forze armate israeliane. Le forze armate israeliane hanno già smentito, lunedì scorso. Resta da dire di un palestinese ucciso: questa volta non a Gaza ma in Cisgiordania: le forze di sicurezza israeliane hanno sparato in uno scontro dopo che l'uomo ha appiccato il fuoco ad una stazione di servizio in un insediamento israeliano non lontano da Gerusalemme.

     
    Con l’attacco dal Libano sul territorio israeliano, rischia di aprirsi un secondo fronte settentrionale per lo Stato ebraico, un’eventualità, questa, che aggraverebbe ancor di più la situazione nella regione mediorientale. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze, esperta di Medio Oriente:


    R. – Io credo che un paio di razzi - che per fortuna non hanno fatto vittime – siano da parte di Hezbollah – anche se naturalmente hanno negato – una sorta di test; si aspetta una risposta israeliana, che può anche essere astutamente quella di ignorare quanto accaduto, ma può anche essere forte per rispondere alla rabbia dell’opinione pubblica israeliana che si sente minacciata. In questo caso, chiaramente, si conduce Israele su un secondo fronte, che è pericolosissimo non solo dal punto di vista militare e politico, ma anche dal punto di vista economico, perché si rischia di paralizzare il nord – come già avvenne nel 2006 – e si rischia di dover richiamare altre migliaia di riservisti che per un piccolo Paese come Israele sono un grosso problema economico.

     
    D. – Secondo Lei non si rischia di spaccare anche la comunità internazionale che in questo momento è impegnata più sul fronte della mediazione?

     
    R. – Questo non c’è dubbio, però non bisogna mettere nello stesso mucchio Hezbollah ed Hamas. Sono fenomeni completamente diversi: Hezbollah ha degli obiettivi libanesi, in casa propria, probabilmente da Israele vuole altri scambi di prigionieri, lo sgombero di quel piccolo pezzetto di Libano che Israele ancora tiene, però non è una causa nazionale opposta alla causa di Israele.

     
    D. – Il fronte principale rimane Gaza; a questo punto, quali speranze ci sono che vada in porto una qualche soluzione della crisi in atto?

     
    R. – Le speranze sono anche legate al calendario e agli eventi sul terreno. La prima data è quella del 20 gennaio – quindi, praticamente due settimane – e Obama ha detto che si occuperà prestissimo di questa questione, e quindi sono tutti in attesa della prima, vera mossa del nuovo presidente americano.

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    La Chiesa in India grata per l'appoggio del Papa contro le persecuzioni anticristiane, mentre il clima in Orissa appare più disteso. Intervista con mons. Machado

    ◊   Ha accolto con gratitudine le parole del Papa, ancora una volta solidale con le vicende che l'hanno colpita. La Chiesa indiana ha appena concluso il periodo del Natale sotto la minaccia - fortunatamente mai attuata - di nuove violenze da parte dell’integralismo indù, che nei mesi scorsi aveva scatenato un’autentica persecuzione, provocando indignazione in tutto il mondo e grande preoccupazione in Benedetto XVI e nella Chiesa. Circa 13 mila fedeli dell’Orissa hanno partecipato alle celebrazioni natalizie nei campi profughi dove sono tuttora, in attesa di una normalità che il governo ha detto di voler ristabilire al più presto. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il vescovo della diocesi indiana di Nashik, Felix Anthony Machado:


    R. - La situazione è migliorata ma la condizione dei profughi rimane difficile perché c’è una grande paura. Anche se il governo dice che adesso c’è la sicurezza, dobbiamo capire che con ciò che è successo non è facile per questa gente rientrare subito, perché hanno ancora molta paura.

     
    D. - Pochi giorni fa, la Corte Suprema indiana ha ordinato allo Stato dell’Orissa di continuare a garantire la sicurezza delle minoranze religiose. Come valuta questa decisione?

     
    R. - Questa è una decisione molto buona, perché quando la Corte Suprema pronuncia una sentenza come questa, va seguita. Però non sappiamo cosa possa accadere nel futuro. Adesso, la priorità delle notizie è data agli attentati di Mumbay con quello che ne segue. C'è l’ombra della guerra e la Chiesa sta facendo tutto il possibile per evitarla e per enfatizzare la pace.

     
    D. - A questo proposito, in che modo si muoverà la Chiesa indiana per il prossimo futuro?

     
    R. - Noi siamo sempre per la pace, noi siamo per la libertà religiosa, noi siamo per il dialogo e non solo a parole. Io incontro molti indù nella mia diocesi e molti genitori dei bambini che vengono nelle nostre scuole o nei nostri ospedali, mi dicono che la Chiesa appoggia veramente la pace, il dialogo, la libertà religiosa. Quindi, la strada della Chiesa è chiarissima. Non c’è la vendetta per noi - perché la parola vendetta non esiste nel Vangelo - e siamo sempre per la riconciliazione, per fare tutto il possibile per costruire la pace.

     
    D. - Ci sono state, eccellenza, nella sua diocesi, durante queste vacanze di Natale, forme e segni di solidarietà con i cristiani dell’Orissa?

     
    R. - Un grande passo che abbiamo fatto è stato quello di passare un Natale in modo semplice. Il Natale è una festa di gioia per noi e abbiamo espresso questa gioia nella liturgia, ma abbiamo diminuito la celebrazione esterna: il mangiare, il danzare, le decorazioni delle case. Nella mia diocesi ho invitato leader civili e leader religiosi e con loro abbiamo fatto una preghiera e una riflessione sui fatti avvenuti in Orissa e sui fatti di terrorismo a Mumbay. La gente ha capito che quella non è la strada da seguire.

     
    D. - Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace - ma anche oggi nel discorso al Corpo Diplomatico in Vaticano - Benedetto XVI ha nuovamente denunciato gli attacchi contro le comunità cristiane in India. Come avete accolto le parole del Papa?

     
    R. - Le parole del Santo Padre sono molto incoraggianti per noi. Sono contento che sia così, perché non possiamo dimenticare. Non accogliamo questa ingiustizia e auspico che non si ripeti.

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    Zimbabwe: non si ferma l'epidemia di colera

    ◊   Desta preoccupazione l’epidemia di colera che dallo scorso agosto sta decimando la popolazione dello Zimbabwe; un Paese che vive da mesi una crisi politica senza precedenti, responsabile di una paralisi istituzionale totale. Ed allarmanti sono gli ultimi dati diffusi ieri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che parla di quasi 1.800 morti e di circa 36 mila contagiati. Presenti nel Paese gli operatori sanitari di Medici Senza Frontiere (Msf), che tra mille difficoltà stanno cercando di operare in più province. Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di Sergio Cecchini, direttore della comunicazione di Msf Italia:


    R. – Il numero dei pazienti continua ad essere molto alto nella zona di Harare, la capitale, e in particolar modo il tasso di mortalità, in alcune delle prigioni della capitale dello Zimbabwe, arriva al 14 per cento. Quindi, è un dato molto preoccupante.

     
    D. – Quali sono le cause scatenanti di questa epidemia?

     
    R. – Le cause scatenanti sono gli scarsi o inesistenti investimenti nell’adeguamento delle strutture di fornitura d’acqua e delle condizioni di igiene di tutte quelle zone definibili come sobborghi, come favelas dei grandi centri urbani, in particolare di Harare, e scarsi investimenti in un sistema di monitoraggio epidemiologico rispetto a malattie epidemiche come il colera. E poi il fatto che il campanello di allarme da parte delle autorità sia stato suonato molto tardi.

     
    D. – Vivendo sul campo questa situazione, potete di fatto intervenire. Quali sono le vostre zone di azione?

     
    R. – In questo momento al di là di Harare, la zona che ci preoccupa molto è la provincia dello Mashonaland Centrale dove temiamo l’esplosione di un’epidemia di colera su vasta scala, se quanto prima non verranno realizzati dei punti di distribuzione di acqua potabile.

     
    D. – Una situazione che richiederebbe ora l’intervento massiccio delle strutture sanitarie internazionali prima che l’epidemia possa allargarsi anche ad altri Paesi...

     
    R. – Assolutamente sì. Teniamo anche conto che il colera è una malattia estremamente semplice da curare, perchè è una malattia che causa la morte per disidratazione. Quindi, normalmente, una persona affetta da colera, se idratata, guarisce nel giro di 48 ore. Ma è anche una malattia che se non trattata può avere una mortalità del 50 per cento. Per cui non c’è bisogno di medicinali complessi o costosi, c’è solo bisogno di allestire dei centri di trattamento per il colera e di isolare i pazienti. Quindi, un intervento più di tipo logistico, che non di tipo medico. E’ necessario, però, intervenire, è necessario avere molte forze sul campo, ed è necessario avere un supporto adeguato da parte di chi è incaricato a gestire la politica di salute pubblica all’interno di quel Paese.

     
    D. – Che cosa si può fare concretamente per aiutare la popolazione dello Zimbabwe a superare questo momento?

     
    R. – Sicuramente esercitare pressione e rendere visibile questa epidemia di colera, questa crisi per evitare che il silenzio abbia dirette conseguenze anche sull’attenzione da parte di altri organismi umanitari. Continuare a parlare significa mettere all’attenzione anche di altre organizzazioni umanitarie la gravità della situazione e quindi, in un certo senso, aumentare l’interesse e aumentare anche la presenza di organizzazioni umanitarie.

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    Il cardinale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe alla sua città: occorre un sussulto di responsabilità e di impegno morale

    ◊   "Un sussulto di responsabilità e di impegno morale". Il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, lo ha chiesto ai suoi concittadini durante il rito del Te Deum del 31 dicembre scorso. Un richiamo dettato dalle ultime vicende che hanno investito a vari livelli la città partenopea negli ultimi tempi e purtroppo seguito, poche ore dopo, dalla tragica morte di Nicola Sarpa, ucciso da un proiettile vagante ai Quartieri Spagnoli durante i festeggiamenti per il primo dell'anno. Ma il desiderio di riscatto per Napoli ha bisogno del coinvolgimento di tutta la città, ha spiegato il cardinale Sepe, al microfono di Fabio Colagrande:


    R. – Non si può delegare ad una sola persona, ad una sola istituzione. Questa volontà di miglioramento è qualcosa che deve coinvolgere tutti, naturalmente a iniziare dalle istituzioni, a iniziare dalla Chiesa, a iniziare da tutti coloro che si sentono coinvolti, ma poi anche i singoli. Tutti hanno un dovere, hanno una responsabilità, perchè questa realtà così difficile, nella quale noi ci troviamo a vivere, possa essere superata. Senza il coinvolgimento di tutti, senza fare squadra, senza lavorare insieme, è difficile il superamento dei problemi.

     
    D. – Lei sente che in questo momento la Chiesa a Napoli ha questa capacità, possibilità di coinvolgimento?

     
    R. – Vedo coinvolti molto bene i sacerdoti, in quanto sono inseriti concretamente nella realtà, in quella vita esistenziale che si vive giorno per giorno. Vedo le tante associazioni laicali, gli stessi religiosi. Si è capito che non si può stare con gli occhi chiusi e che quindi bisogna anche per l’uomo, per la dignità dell’uomo, per la qualità di vita della comunità, interagire in modo da dare ognuno il proprio contributo. Allora la Chiesa in questo è aperta. La gente sente questo impegno della Chiesa e sta dando una risposta positiva, perché almeno quello che è il dovere della Chiesa si possa concretizzare anche con delle progettazioni concrete. In questo devo dire che c’è, in maniera particolare, l’adesione dei giovani, che con entusiasmo partecipano e cercano anche loro di dare un po’ di realismo alla costruzione di una società migliore.

     
    D. – Lei in questo tempo di Natale ha voluto visitare Poggio Reale, l’Ospedale Cardarelli, servire i poveri al pranzo di Natale in Curia: sono tutti segni di un’attenzione speciale per i poveri, gli ultimi, i dimenticati...

     
    R. – E’ quello che ci ha insegnato il Signore. Ho messo il grembiule perché Cristo il Giovedì Santo si è messo il grembiule, e allora se l’ha messo Cristo perché non lo dobbiamo mettere anche noi e servire i poveri?

     
    D. – Eminenza, a Capodanno, nei Quartieri Spagnoli, lei sa, c’è stato un morto per un proiettile vagante. Il parroco, celebrando i funerali, ha chiesto ai giovani di abbandonare le armi, ha parlato però di un quartiere purtroppo in mano alla camorra. Un suo commento...

     
    R. – Purtroppo, non è il solo quartiere, ce ne sono tanti altri, sono tanti, dove purtroppo la malavita ha ancora un peso, direi alle volte, quasi determinante, e che spesso crea quasi una mentalità, uno stile di vita, di sopraffazione e di violenza. Allora, far capire soprattutto ai giovani che con le armi, con la violenza non si vince, ma si ottiene solo morte, è qualcosa che sta prendendo piede. Speriamo che su questa strada, un po’ alla volta, si possa ottenere qualche risultato positivo.

     
    D. – Una città che sta vivendo come tutto il sud d’Italia, in maniera particolarmente difficile la crisi economica, una città tormentata anche dal punto di vista politico. Dov’è la speranza di Napoli?

     
    R. – La speranza è che noi dobbiamo dare dei valori, anche nei momenti di crisi. Se noi ci abbandoniamo e facciamo cadere le mani, allora il pessimismo invade e quindi anche le reazioni e le violenze. Se invece noi costruiamo, soprattutto con i giovani, valori ai quali far riferimento anche in questi momenti, quando alle famiglie facciamo capire qual è il senso dell’essere cristiano, dello stare insieme, soprattutto quando la carità diventa il cemento che deve unire, anche le crisi più difficili vengono superate. E, d’altra parte, la storia di Napoli lo dimostra: Napoli ha sempre saputo reagire. La speranza è che anche oggi in nome di quelli che sono i valori tradizionali di una città come Napoli e quelli che sono i valori cristiani di cui è imbevuta la mentalità, la pietà popolare dei napoletani, con questi valori si possano superare le crisi.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Inaugurato a Praga l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione

    ◊   Si è inaugurato, ieri a Praga, nella Repubblica ceca, l’Anno europeo della creatività e dell’innovazione 2009, presenti alla cerimonia il presidente della Commissione europea Manuel Barroso ed il primo ministro ceco Mirek Topolànek, presidente di turno dell’UE. L’obiettivo primario è quello di “promuovere approcci creativi in diversi settori delle attività umane”, dalla cultura all’educazione all’informazione, dall’impresa alla ricerca, dalle politiche sociali e lavorative al settore energia, ai trasporti, all’ambiente. Roberta Gisotti ha raggiunto telefonicamente a Praga la dott. Elisabetta Mughini, referente in Italia per le varie iniziative da realizzare nel corso dell’Anno.


    D. - Dott.ssa Mughini, “Immaginare, creare, innovare è il motto di questo Anno europeo”, che arriva in un periodo di crisi economica globale e prospettive di rivolgimenti nelle leadership mondiali. Forse nella scelta del tema ha contato anche questo aspetto?

     
    R. – Direi che l’idea di dedicare questo 2009 alla creatività e all’innovazione era partita prima dell’arrivo di questa crisi, che ha coinvolto un po’ tutti gli Stati. Certamente, anche ieri è stato sottolineato come immaginazione, creazione e quindi innovazione, possano essere delle leve importanti, soprattutto nel campo delle imprese, delle imprese creative, per riuscire insieme, in Europa, a combattere e a trovare delle soluzioni ad una crisi, che non è soltanto di carattere finanziario, ma è anche una crisi che potrebbe andare ad impattare sulla nostra identità, identità europea, che insieme quindi avremo l’occasione di scoprire. Pertanto lo stesso commissario europeo Jan Figuel - incaricato per Istruzione, Formazione, Cultura e Multilinguismo - che ieri era presente all’inaugurazione, ha insistito molto sul fatto che ogni Stato membro trovi in questo Anno una motivazione in più per uscire insieme anche da una crisi di carattere sociale più ampio, e che creatività e innovazione possano essere degli strumenti.
     D. - Le motivazioni dell’Anno indicano diversi obiettivi tra cui quello di promuovere progetti che aiutino a scoprire la propria ‘vocazione’ personale e a mantenere un rapporto con le forme creative anche nell’età adulta. Che cosa c’è dietro questo obiettivo?

     
    R. – Ci sono le pietre miliari in questo momento proprio dell’azione comunitaria dell’Unione Europea. Le faccio un esempio: le competenze chiave e, in modo particolare, quelle trasversali, insistono tantissimo sulla possibilità di una propria realizzazione e nel riuscire a farlo lungo tutto l’arco della vita. Questo anno si inserisce nel progetto del Life Long Earning Program, dando l’occasione non soltanto di scoprire delle formule inattese di collaborazione fra i più giovani e i meno giovani, ma di avere quella curiosità tipica del fare innovazione, nel volere andare incontro a situazioni totalmente inedite e farlo con la collaborazione di tutti, senza distinzione di razza, di religione, di età e, soprattutto, tentando di intersecare tutte le professionalità, e sono tante, che in Europa in questo momento stanno emergendo. Pertanto, i progetti che sono in corso di realizzazione, ma che in parte debbono ancora venire fuori, dovranno insistere proprio su questa trasversalità che copre tutto l’arco della vita.

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    Chiesa e Società



    Gaza: appelli e aiuti dalle associazioni umanitarie

    ◊   “La speranza è che vi sia una tregua, questa guerra deve finire subito perché gli innocenti ne stanno pagando il prezzo più alto”. Questo il desiderio del segretario generale della Caritas Gerusalemme, Claudette Habesh, commentando la notizia che Israele e Palestina sarebbero pronti a discutere il piano franco-egiziano per poter uscire dalla crisi. Il segretario della Caritas Habesh ha poi puntato il dito verso la comunità internazionale che ha taciuto per giorni prima di intervenire diplomaticamente. La stessa Habesh ha annunciato che nei prossimi giorni verrà lanciata, attraverso la Caritas Internationalis, una raccolta fondi per reperire 1,5 milioni di euro per far fronte a tutte le emergenze. “Manca tutto” ha continuato il segretario generale, ricordando che la Caritas è presente sul territorio con 10 medici, una clinica mobile e sei centri di primo soccorso. Mentre, riporta l'Agenzia Sir, l’associazione "Medici senza frontiere" denuncia “difficoltà enormi per portare assistenza alle popolazioni nella Striscia”. “I chirurghi palestinesi e il personale medico sono esausti e arrivano a malapena a far fronte ai sempre più numerosi feriti”, dichiara la coordinatrice di MSF a Gaza Cecile Barbou, che ha annunciato anche l’invio di una equipe chirurgica, e di una clinica mobile con una unità di terapia intensiva e una sala operatoria. Intanto nel tardo pomeriggio di ieri, Pierre-Marie Maurel, segretario generale dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ha fatto sapere che verranno inviati 20mila euro per aiutare la comunità cristiana di Gaza. “Ci sentiamo chiamati a portare consolazione in quella terra, nella quale la violenza e la guerra non fanno distinzioni tra innocenti e miliziani di Hamas” ribadisce Maurel in continuo contatto con la Chiesa di Gaza. Preghiere per riportare la pace nella Striscia giungono da tutto il mondo cattolico. Benedetto XVI in due Angelus ha lanciato un appello per la cessazione delle ostilità, incoraggiando “le iniziative e gli sforzi di quanti, avendo a cura la pace, stanno cercando di aiutare israeliani e palestinesi ad accettare di sedersi attorno ad un tavolo e di parlare”. L’Azione Cattolica Italiana, con tutte le Ac del mondo, invitano, tutte le associazioni diocesane e parrocchiali “a unirsi nella comune preghiera per la Terra Santa”. (F.C.)

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    Appello del Consiglio Mondiale delle Chiese per il cessate il fuoco a Gaza

    ◊   Continua la mobilitazione del Consiglio mondiale delle Chiese (organizzazione ecumenica che raccoglie 349 Chiese protestanti, ortodosse, anglicane) per la pace a Gaza e l’immediato “cessate il fuoco” da entrambi le parti. In una lettera-appello inviato ieri alle Chiese e comunità cristiane del Medio-Oriente, il pastore Samuel Kobia, segretario generale del Wcc, ha chiesto a tutti i cristiani del mondo intero di pregare per la pace. “Il Consiglio mondiale delle Chiese – si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Sir – sta chiedendo la fine delle ostilità ed un nuovo impegno nella negoziazione di un accordo che possa garantire una pace giusta e duratura ai palestinesi e israeliani. Questa pace – aggiunge il pastore Kobia – deve includere il rispetto da parte delle autorità della legge internazionale che si applica ai diritti umani, l’aiuto umanitario e la protezione dei civili nelle zone di conflitto”. La lettera del Consiglio mondiale delle chiese arriva come risposta agli appelli e alle preoccupazioni che avevano espresso in un messaggio i patriarchi, i vescovi e i capi di chiese mediorientali, alle due parti in causa. “Continueremo – assicura Kobia – a promuovere azioni per la pace sui governi, la Lega Araba, l’Unione Europea e le Nazioni Unite”. (R.P.)

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    Vescovi europei e del Nord America in Terra Santa per portare solidarietà alla comunità cristiana

    ◊   “Il conflitto ha radici profonde, ma la priorità adesso deve essere quella di porre fine alle violenze”. E’ quanto afferma l’arcivescovo di Liverpool, mons. Patrick Altham Kelly, riferendosi alla tragica situazione nella Striscia di Gaza. Il presule esprime il proprio dolore per le laceranti sofferenze di quanti vivono nella regione palestinese e per la critica situazione di molti civili israeliani, esposti al continuo lancio di razzi da parte di fondamentalisti islamici. La violenza – aggiunge mons. Patrick Kelly – ha conseguenze drammatiche, specialmente quando impedisce la distribuzione degli aiuti umanitari. Il presule assicura, inoltre, la propria preghiera per la piccola comunità cristiana che vive a Gaza. L’arcivescovo di Liverpool ricorda anche il significato della sua visita in Terra Santa, in programma da domani fino al prossimo 15 gennaio, insieme con presuli provenienti da Europa e Nord America. I vescovi, che fanno parte del Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa, parteciperanno ad incontri di preghiera e manifesteranno la loro solidarietà alla comunità cristiana locale. L’obiettivo del Gruppo di Coordinamento – si legge nella dichiarazione dell’arcivescovo Patrick Kelly - è quello di accompagnare le Chiese della Terra Santa in due missioni: non essere mai silenziosi di fronte a ingiustizie o violenze e proclamare sempre la riconciliazione. Il Gruppo di Coordinamento è anche impegnato nel promuovere visite e pellegrinaggi in Terra Santa. In questi giorni in particolare, nonostante la drammatica situazione nella Striscia di Gaza, sono aperti tutti i luoghi turistici e religiosi nella parte settentrionale di Israele. Tutti i Luoghi Santi e turistici di Gerusalemme, compresa la città vecchia, sono accessibili. Il Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra Santa è stato istituito a Gerusalemme nell’ottobre del 1998 su richiesta della Santa Sede. (A.L.)

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    In arrivo aiuti umanitari alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Aiuti umanitari alla popolazione della Provincia orientale saranno consegnati a partire da domani dalla Caritas congolese: lo hanno confermato alla Misna fonti della Caritas della diocesi di Dungu-Doruma dicendo che la prima fase delle operazioni prevede la consegna di aiuti a circa 10.000 sfollati tra le città di Dungu, Doruma, Faradje e Isiro. Si tratta dei primi consistenti aiuti dalla ripresa delle incursioni attribuite ai ribelli ugandesi del cosiddetto Esercito di Resistenza del Signore. L’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) sta inoltre organizzando diverse missioni di monitoraggio per valutare le necessità della popolazione ed individuare le aree che più di altre hanno bisogno di interventi urgenti. Si devono in particolare valutare eventuali rischi legati a possibili combattimenti tra i ribelli e la forza militare congiunta di Uganda, Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan che da dicembre è attiva nella regione. “Molta gente si nasconde nella boscaglia nel timore di essere attaccata - ha detto alla Misna un portavoce dell’Ocha – e non siamo in grado di dire quanti siano gli sfollati e quale sia l’effettiva situazione sul terreno”. In totale, dallo scorso 24 dicembre, secondo stime ormai confermate da più fonti e diffuse per la prima volta dalla Caritas della diocesi di Dungu-Doruma, sono almeno 500 i civili uccisi in varie località della regione. Si tratta di un’ondata di violenza seguita ai bombardamenti della forza militare congiunta contro le basi dei ribelli. Secondo diverse fonti, i ribelli si sono divisi in piccoli gruppi, disperdendosi nelle fitte foreste della provincia orientale. (A.L.)

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    Sudan: appello della Caritas Internationalis per gli sfollati del Darfur

    ◊   Per il nuovo anno appena iniziato, la Caritas Internationalis lancia un appello per raccogliere gli 11 milioni di dollari necessari ad aiutare gli sfollati del Darfur, che sfiorano la cifra di 250mila. “Attraverso il lavoro della Caritas nel Darfur – ha detto Lesley-Anne Knight, segretario generale della Caritas Internationalis all'agenzia Cisa News – noi continuiamo a stare accanto e ad essere solidali con i poveri e gli sfollati, che stanno vivendo in uno stato costante di povertà e disperazione”. Per il 2009, i progetti dell’organizzazione umanitaria riguardano la copertura dei bisogni basilari, inclusi l’accesso all’acqua potabile e alle strutture sanitarie, la tutela della salute e la riduzione della fame grazie al rifornimento di cibo per i soggetti più vulnerabili. La Caritas, inoltre, ha intenzione di fornire sementi e corsi di formazione alla popolazione, affinché sia in grado di coltivare autonomamente il cibo. Altro obiettivo è quello di migliorare il livello della formazione scolastica, creando delle classi permanenti in ogni scuola e donando ai bambini il materiale didattico necessario. (I.P.)

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    I vescovi del Sudafrica alla popolazione: votate in modo responsabile

    ◊   “Per gli elettori cristiani, il voto esprime amore e preoccupazione per il nostro Paese e per il bene comune di tutti gli abitanti del Sudafrica. Votare in modo responsabile significa prepararsi adeguatamente, informarsi il più possibile sui programmi dei diversi partiti politici e sul modo in cui potrebbero influenzare il Paese”. E’ il monito che Buti Joseph Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg, e attuale presidente della “Conferenza dei vescovi cattolici del Sudafrica”, ha rivolto a tutti i fedeli in preparazione alle elezioni presidenziali, parlamentari e per il rinnovo di molte amministrazioni comunali. Votare in modo responsabile, questo il concetto fondamentale nella lettera inviata a tutti i cristiani e che verrà letta in tutte le chiese del Sudafrica nelle prossime settimane. La popolazione, come riporta l'Agenzia Misna, sarà chiamata a scegliere se continuare a sostenere il partito uscente in carica “Africa National Congress” al potere dalla fine dell’apartheid e travolto ultimamente da vari scandali, o se cambiare completamente compagine al governo. “Votare per un partito – prosegue l’arcivescovo - solo perché lo avete votato in passato, o perché lo votano vostro padre o vostra nonna, non fa crescere la nostra democrazia. Se altri dovranno soffrire a causa della vostra scelta, allora non state facendo una buona scelta”. La lettera si conclude con l’invito a studiare i programmi dei vari partiti e a votare ciò che è meglio per il Paese. (F.C.)

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    Vietnam: nuova direttiva allontana la restituzione dei beni della Chiesa

    ◊   Nessuna delle 2250 proprietà requisite alla Chiesa vietnamita sarà restituita ai proprietari e quelle “trasmesse” dallo Stato a “organizzazioni o agenzie, debbono essere utilizzate effettivamente per il fine precisato e non ferire i sentimenti dei fedeli” o saranno tolte ai concessionari ed usate per fini pubblici. Saranno severamente punite le manifestazioni di questi ultimi che creassero “disordine sociale”. Dice così la nuova direttiva del primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung concernente “i terreni e le proprietà in rapporto con la religione”, resa nota il 6 gennaio scorso. La disposizione - scrive l’agenzia AsiaNews - prende evidentemente spunto dalle vicende, che non cita, della ex delegazioni apostolica e della parrocchia di Thai Ha ad Hanoi e dalla vicenda del convento delle suore di San Paolo a Vinh Long. La norma, innanzi tutto afferma che i terreni confiscati dallo Stato “prima dell’1 luglio 1991 vanno regolati da una Risoluzione pubblicata il 26 novembre 2002, che stabiliva che tutti i terreni e le proprietà espropriati prima del primo luglio 1991, per creare il regime socialista in Vietnam, non saranno restituiti ai proprietari. E tutte le proprietà della Chiesa rientrano in tale categoria. La conferma della norma del 2003 fa cadere qualsiasi ipotesi di restituzione, che lo stesso governo aveva lasciato intravedere. “La nuova direttiva non contiene nulla di nuovo”, commenta padre Joseph Nguyen, di Hanoi. “Quanto accaduto alla delegazione apostolica – ha aggiunto a VietCatholic News – è un esempio. E’ stata trasformata in un parco pubblico, anche se a poche centinaia di metri c’è il grande parco di Hoan Kiem. Si può dire che ora è usata ‘effettivamente’ ed ‘in modo da non offendere i sentimenti dei fedeli?’”. ”In realtà – conclude – la direttiva non tenta di risolvere le questioni relative ai terreni ed alle proprietà ecclesiastiche prese dal governo”. Essa “punta sulla minaccia di punire duramente qualsiasi protesta per i terreni da parte di cattolici o fedeli di altre religioni”. (R.P.)

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    Guatemala: la Chiesa organizza una marcia contro l'ondata di violenza

    ◊   Il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo di Guatemala, ha esortato i fedeli dell’area metropolitana e di Sacatepéquez, a partecipare alla Marcia per la Pace organizzata dall’arcidiocesi per sabato prossimo, come rifiuto dell’ondata di violenza che sta colpendo il Paese. “Ogni 1° gennaio, la Santa Sede celebra la Giornata Mondiale per la Pace; quest’anno Benedetto XVI ha indicato il tema ‘Combattere la povertà, costruire la pace’. A tal proposito, per sostenere ulteriormente questo messaggio, vivremo questa Giornata anche il 10 gennaio, a seguito della grave situazione di povertà e violenza di cui è vittima il Paese”, ha spiegato il porporato. Alla iniziativa - riferisce l'agenzia Fodes - parteciperanno i fedeli delle 143 parrocchie dell’arcidiocesi di Guatemala. Il cardinale Quezada Toruño ha fatto inoltre sapere che con la Marcia si intende rendere consapevoli i partecipanti, della necessità della pace in Guatemala; di far comprendere loro l’assurdità della violenza e l’importanza di un cambiamento di atteggiamento tra i guatemaltechi in modo da promuovere una convivenza pacifica basata sulla giustizia e la solidarietà. L’inizio della Marcia è previsto alle ore 14 da quattro punti della capitale, attraversando le principali strade della città, per poi confluire tutti in piazza della Costituzione, di fronte alla cattedrale metropolitana. Al termine si celebrerà la Santa Messa e verrà letto un messaggio in favore della pace e contro la violenza. L’arcivescovo di Guatemala ha manifestato la sua preoccupazione per l’alto indice di crimini che si susseguono quotidianamente nel Paese. “Nella sfortunata tragedia di Alto Verapaz sono morte 38 persone, ma ogni due giorni e mezzo si registra la stessa quantità di morti a causa della criminalità. Il 2008 è stato il più violento degli ultimi anni” ha spiegato il cardinale. In effetti, i guatemaltechi hanno potuto verificare come gli indici di violenza siano aumentati nel 2008, con un incremento dei sequestri, degli omicidi, delle estorsioni e dei massacri dovuti ai narcotrafficanti. Sempre nel 2008 si sono verificate più di 6.000 morti violente. Inoltre, l’incursione di gruppi armati messicani legati al narcotraffico ha provocato numerosi massacri per la disputa dei territori. (R.P.)

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    Cuba: il cardinale Ortega traccia il bilancio ecclesiale del 2008

    ◊   “La crisi economica globale ha le sue radici nell’ambizione smisurata, nelle ansie irrefrenabili di arricchimento, nell’egoismo che ignora e ostacola la solidarietà”. E’ quanto ha affermato, lo scorso primo gennaio, durante la Santa Messa per celebrare Maria Madre di Dio e la Giornata mondiale della pace 2009, l’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega. “Il Santo Padre - ha aggiunto - ci invita a considerare, nel momento difficile che attraversa l’umanità per la crisi mondiale, le carenze materiali e morali di questo nostro tempo”. Carenze che “accrescono la povertà, il fattore più negativo della pace, poiché è causa di irrequietezza e violenza sociale”. Parlando in modo specifico del suo Paese, l’arcivescovo dell’Avana ha ricordato che la missione della Chiesa è una sola: “seminare valori, sostenere la famiglia in quanto istituzione indispensabile, aprire cammini di speranza, perché senza uomini e donne ben motivate non possono essere realizzati i desiderati progetti di miglioramento economico e sociale”. Il cardinale Jaime Ortega ha sottolineato anche molti eventi positivi e progressi, pur non essendo ancora “alla portata della Chiesa cubana tutte le possibilità nel campo dell’educazione, di quello sociale e assistenziale”. “È un bene innegabile – ha poi osservato - che esista una separazione tra la Chiesa e lo Stato”. Ma tale realtà “non può essere considerata come una scissione tra la Chiesa e la società”. “Non ci accontentiamo di trasmissioni televisive o radiofoniche; vogliamo avere la possibilità – ha spiegato il porporato – di disporre di spazi sistematici sulla stampa, la Tv e la radio. Noi non possiamo lasciar da parte la missione educativa della Chiesa che, tra l’altro, potrebbe avere molte altre dimensioni”. Si può ad esempio ampliare – ha detto il cardinale – la rete di iniziative verso gli anziani, in una nazione che invecchia rapidamente, “e anche verso altri gruppi bisognosi”. “Il bene del cristiano ed il bene della Chiesa - ha aggiunto - rappresentano il medesimo bene per il nostro popolo”. L’arcivescovo della capitale cubana ha affermato infine che “guardando la traiettoria fino ad oggi percorsa”, il cammino della Chiesa nella società di Cuba potrebbe essere preso come un “paradigma per continuare ad avanzare in altre sfere della vita sociale, politica ed economica del Paese”. “Ambiti dove servono miglioramenti che comportano nuovi passi, forse coraggiosi, che daranno benefici a tutto il popolo”. (A cura di Luis Badilla)

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    Venezuela: aperti i lavori della plenaria dei vescovi

    ◊   Con la relazione dell’arcivescovo di Maracaibo, mons. Ubaldo Ramón Santana Sequera, presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, si sono aperti a Caracas i lavori dell’assemblea plenaria. Durante la riunione sono previste importanti elezioni, la valutazione dell’andamento della Missione continentale e l’apertura della fase preparatoria della visita “ad Limina Apostolorum” prevista per la metà del 2009. “Una democrazia si costruisce con rispetto, lontani dall’odio e dai rancori”. “Le autorità hanno l’obbligo di creare le condizioni perché questa nostra patria viva in pace”: è questa una delle riflessioni principali dell’arcivescovo di Maracaibo che nella sua introduzione ai lavori dei vescovi si è soffermato a lungo sul “problema che più tormenta i venezuelani”. Il presule ha espresso preoccupazione per il clima d’insicurezza, frutto di bande di delinquenti armati e organizzati “che si sono impadroniti degli spazi pubblici togliendo la vita” a molte persone e “seminando il terrore tra i cittadini della città e della campagna”. “La democrazia – ha spiegato - non esiste se non viene garantito il sacro diritto alla vita e alla proprietà, alla libertà di poter transitare serenamente lungo il territorio nazionale”. Nel frattempo, secondo le osservazioni di mons. Santana, nelle zone di confine, narcotrafficanti, sequestratori, sicari e bande armate “si muovono con ampia libertà senza che nessuno metta fine a tali comportamenti”. Che la sicurezza sia un grave problema del Venezuela, al punto che molti esperti ritengono che sia oggi una delle nazioni più pericolose, è una realtà denunciata nei rapporti di numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani. In alcuni di questi documenti si elencano i diritti più colpiti da quest’emergenza, tra cui quello alla vita, all’integrità personale, alla libertà di espressione e alla giustizia. Evocando questa non facile realtà, il presidente dell’episcopato venezuelano ha aggiunto: “Ci impensierisce l’eccessiva preoccupazione dei governanti e dei leader politici in generale per vedere assicurate quote di potere, trascurando così lo loro prima funzione di governare e risolvere i problemi concreti” della nazione. Tra questi: la pessima qualità dell’educazione, la violenza che regna sulle strade, i problemi nei rifornimenti di alimenti, la carenza di alloggi, e infine la disorganizzazione degli ospedali. Mons. Ubaldo Santana ha rilevato anche alcuni aspetti positivi ed incoraggianti della situazione nazionale, in particolare le periodiche consultazioni elettorali che hanno permesso una maggiore partecipazione dei cittadini nel prendere decisioni sul futuro del Paese. Allo stesso tempo si è “rinforzata la vocazione democratica”. Il presule ha inoltre ricordato che i settori popolari hanno avuto un accesso più diretto ai benefici degli introiti del petrolio tramite le “missioni”, cioè politiche sociali ridistributive che hanno favorito l’inclusione sociale e accresciuto il potere d’acquisto dei venezuelani. “Durante il periodo dell’abbondanza però non si sono prese in profondità le misure adeguate per prepararsi al periodo delle restrizioni”, ha aggiunto l’arcivescovo di Maracaibo. Mons. Ubaldo Santana ha concluso la propria relazione con un riferimento alla situazione in Terra Santa, senza rilasciare alcun commento sulla recente espulsione, da parte del governo di Caracas, dell’ambasciatore d’Israele dopo lo scoppio della guerra a Gaza. “Occorre fermare questa mattanza e gli organismi internazionali si devono muovere in questo senso. Mi auguro che non si arrivi ad una rottura (con Israele), poiché qui in Venezuela convivono uomini e donne di molte provenienze, nazioni e religioni. È nostro dovere badare alla solidarietà internazionale e alla pace tra i venezuelani”. (L.B.)

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    Il presidente dei vescovi del Costa Rica esorta a riscoprire il ruolo dei laici

    ◊   “La Grande Missione Continentale in Costa Rica sarà una chiamata a stare con il Signore. Significherà accendere una stella che richiami e mostri la strada per trovare ed adorare il vero Dio”. Lo ha affermato mons. Hugo Barrantes Ureña, arcivescovo di San José e presidente della Conferenza Episcopale del Costa Rica, durante l’omelia della Messa dell’Epifania, celebrata nella basilica di Nostra Signora degli Angeli, e durante la quale è stata lanciata la Grande Missione Continentale in Costa Rica. In primo luogo - riferisce l'agenzia Fides - mons. Barrantes ha spiegato che “la voce dello Spirito, ad Aparecida, ci chiede, in questo momento della storia, di fare una scelta radicale in favore della Missione”. Pertanto, la proposta della Missione non “può essere vista come qualcosa di opzionale, bensì come un’esigenza che deve essere assunta in maniera improrogabile da tutte le comunità ecclesiali”. E non è neanche “un'invenzione di alcuni vescovi o una moda del momento che passerà presto”, ma si tratta di “attuare il mandato del Signore: ‘Andate ed annunciate il Vangelo’; risponde alla volontà salvifica di Dio”, dunque “alla natura essenzialmente missionaria della Chiesa”. Rispetto ai partecipanti alla Missione, secondo mons. Barrantes è necessario “superare qualunque tentazione di ‘clericalizzazione’ dove il laicato si relega nettamente ad una funzione passiva e ricettiva”. È piuttosto il momento “di riscoprire e recuperare l’importanza decisiva del laicato nella Chiesa”. Infatti l’esperienza insegna che “le comunità dove i laici si sentono parte integrante della Chiesa, sono proprio le più vigorose ed evangelizzatrici”. Per questo, tutti devono assumersi le proprie responsabilità, a cominciare dalle associazioni cristiane fino ai movimenti apostolici. Un altro aspetto importante della Missione continentale segnalato dall’arcivescovo è quello di tendere come punto di partenza ad un’esperienza di Dio, perché la gente cerca un Dio vivo e vero, non un'idea razionale di Lui. Ciò implica che “la Chiesa deve tornare ad essere eminentemente kerigmatica”, nella quale “la novità non è il contenuto del messaggio in sé, bensì l’aggiornamento del messaggio: Gesù Cristo come un Dio resuscitato, vivo, e, soprattutto, attuale”. “È impossibile pensare alla Missione Continentale senza il protagonismo dello Spirito Santo”, ha affermato il presidente della Conferenza episcopale del Costa Rica. Questo significa che “nella programmazione e nella realizzazione della Missione Continentale bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito Santo” ed avere chiara la coscienza di essere uno strumento che porta a “non cercare il successo in un’altra sicurezza che non sia la forza ed il potere dello Spirito Santo”. (R.P.)

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    India: la Chiesa del Kerala giudica propaganda elettorale la proposta di legge sull'eutanasia

    ◊   Legalizzare la pratica dell’eutanasia e depenalizzare il reato di tentato suicidio: sono le due norme proposte dalla Commissione per le riforme di legge, guidata dall’ex giudice della corte suprema V.R. Krishna Iyer, e contenute nel “disegno di legge sui malati terminali in Kerala”. “La vita è sacra – dichiarano gli 11 membri della commissione creata dal Left Democratic Front, partito al governo, di ispirazione marxista – ma il dolore prolungato, senza speranza di guarigione, è una tortura che nega persino il significato stesso dell’esistenza”. Padre Paul Thelakat, direttore dell’influente giornale Satyadeepam (La luce della verità) e portavoce del Sinodo della Chiesa Siromalabarica, - riferisce l'agenzia Fides - non nasconde le critiche alla proposta di legge che definisce mera “propaganda elettorale del partito marxista”. Egli si oppone con forza alla pratica dell’eutanasia, perché “nessun uomo ha il diritto di togliere la vita, nemmeno se è il paziente stesso a chiederlo”. Padre Paul precisa al contempo di non voler avallare “l’accanimento terapeutico”, che lede la dignità del malato e non ne rispetta la sofferenza. Pascal Carvalho, membro della Pontificia Accademia per la vita, denuncia senza mezzi termini “il grave attacco alla vita” da condannare “in modo assoluto”. Egli chiarisce che “nessuno può arrogarsi il diritto di decidere in materia di vita o di morte” e deplora il fatto che sia proprio il Kerala, uno degli stati indiani con il più alto tasso di istruzione (89,9%) e sviluppo, a farsi portabandiera di una legge che legalizza di fatto la “dolce morte”. Pascal Carvalho comprende le ragioni “di quanti soffrono e dei loro cari”, ma sottolinea “l’enorme differenza” che passa fra “uccidere intenzionalmente” e “consentire a una persona di morire nel rispetto della sua dignità, fornendo le cure mediche di base senza per questo sconfinare nell’accanimento terapeutico”. (R.P.)

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    Filippine: la Chiesa festeggia il bimillenario della nascita di San Paolo

    ◊   In occasione dell’Anno Paolino, la Chiesa filippina festeggerà la Solennità della Conversione di San Paolo apostolo, il 25 gennaio, con una speciale celebrazione liturgica, biblica ed ecumenica. Il 25 gennaio coincide infatti con la giornata conclusiva della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, ma anche con la Domenica nazionale della Bibbia. Nello stesso giorno si concluderà anche l’assemblea plenaria dei vescovi filippini, che si svolge dal 24 al 25 gennaio. L’evento, il cui tema centrale è “Non mi vergogno del Vangelo”, sarà ospitato dall’Araneta Coliseum di Manila ed è aperto a tutte le persone interessate a sapere di più sull’Apostolo delle Genti. Vi parteciperanno anche artisti e musicisti. La mattinata inizierà con la solenne intronizzazione della Bibbia seguita da una funzione ecumenica presieduta da mons. Angel Lagdameo, arcivescovo di Jaro e Presidente della Conferenza episcopale filippina, assistito da diversi vescovi e pastori di altre Chiese cristiane. Interverrà anche il Nunzio apostolico nelle Filippine mons. Joseph Edward Adams. Mons. Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila presiederà quindi la Santa Messa concelebrata da diversi vescovi e arcivescovi e dal nunzio apostolico, con l’omelia affidata a mons. Arturo Bastes, presidente della Commissione episcopale per l’Apostolato Biblico. Altri momenti salienti dell’evento saranno, infine, alcune meditazioni proposte da mons. Luis Antonio Tagle, arcivescovo Imus e dal predicatore carismatico Bo Sanchez della “Shephers’s Voice Foundation”. (L.Z.)

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    Kosovo: la Chiesa cattolica in difesa dei diritti di tutte le minoranze

    ◊   La piccola, ma stabile comunità cattolica del Kosovo, vuole svolgere un ruolo di mediazione nelle perduranti tensioni tra la minoranza serba ortodossa e la maggioranza albanese musulmana. È quanto ha ribadito all’agenzia ecumenica Eni, il cancelliere dell’amministrazione apostolica di Prizren Shan Zefi, confermando una recente dichiarazione dell’amministratore apostolico mons. Dodë Gjergji. “Tutte le comunità, che si tratti di albanesi o serbi, dovrebbero godere degli stessi diritti e doveri nel Paese. Anche se siamo una piccola minoranza, la nostra Chiesa avrà come missione speciale quella di mediare tra le popolazioni ortodosse e musulmane”, ha affermato Zefi, aggiungendo che la Chiesa locale nutre grandi speranze per il futuro del nuovo Stato. In una dichiarazione rilasciata il mese scorso all’agenzia Sir, anche mons. Dodë Gjergji aveva evidenziato come la Chiesa nel Kosovo intenda continuare il suo impegno in difesa dei diritti di tutte le comunità etniche e religiose e per risolvere in modo pacifico e nel rispetto reciproco le tensioni etniche nella regione. (L.Z.)

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    Camerun: il popolo bangwa commemora Chiara Lubich

    ◊   La fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, viene commemorata domani a Fontem, in Camerun, nel distretto di Lebialem, a circa un anno dalla morte avvenuta il 14 marzo scorso. L’evento si inserisce nel solco della tradizione ancestrale camerunese e africana, che con la cerimonia della “sortie de deuil” pone fine al lutto per un defunto, evocandone la vita e i meriti. Nelle celebrazioni camerunesi la fondatrice dei Focolari sarà solennemente annoverata tra gli antenati “per il suo ideale di solidarietà, spiritualità, condivisione e amore”, un impegno quello dei Focolari in Camerun, iniziato nel 1966, in risposta alla situazione disperata del popolo bangwa, sull’orlo dell’estinzione a causa delle malattie. Per continuare l’opera iniziata da Chiara verrà inaugurata una fondazione a lei intitolata, i cui fondi andranno a sostenere progetti in campo educativo e sanitario e iniziative tese a prevenire situazioni di povertà estrema, fame e conflitti etnici. Le celebrazioni culmineranno sabato prossimo con un grande raduno di popolo, cui sono attesi oltre 10mila africani di varie etnie, insieme a 16 “fon” (leader religiosi e civili). Nella circostanza, la nuova presidente dei Focolari, Maria Voce, sarà riconosciuta come “Mafua Ndem 2” , ereditando il titolo di “regina inviata da Dio” attribuito a Chiara nel 2000, durante il suo ultimo viaggio a Fontem. (M.V.)

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    Inaugurata da mons. Betori la sala “Stato e Chiesa” della biblioteca della Fondazione Spadolini

    ◊   “C’è un modo di condividere il comune destino di un popolo da parte di credenti e laici, che è un bene per tutti”, in un tempo “in cui proclami di reciproca esclusione continuano a rincorrersi, sull’onda di risorgenti fondamentalismi e laicismi”. Ne è convinto mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, che inaugurando oggi la sala “Stato e Chiesa” della biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, ha ricordato la figura di Giovanni Spadolini, definendolo “grande figlio della nostra città”. “Come studioso e come politico – ha aggiunto - ha sempre riservato grande attenzione al ruolo della Chiesa nella società italiana, contribuendo con il pensiero e l’azione a rendere più comprensibile a tutti l’importanza di tale ruolo per l’organica crescita dell’intera società”. “La dimensione laica – ha detto Betori – non è affatto estranea all’esperienza religiosa, e nel concreto dell’Italia, cristiana, come pure l’orizzonte religioso è tutt’altro che vietato ad uno spirito laico”. Al contrario, “dall’incontro di queste culture, nella loro accezione aperta, possono trarre beneficio laicità e religione nelle loro forme più autentiche; possono scaturire esiti di grande vantaggio per la vita dell’intero Paese, nel solco della coesione e dello sviluppo”. E’ questa, secondo mons. Betori, una delle lezioni più importanti di Giovanni Spadolini, il cui approccio “che ha sempre animato lo storico e il politico nell’accostarsi alle realtà delle Chiese in Italia” è stato sempre “teso al dialogo tra le culture che si caratterizzano per il loro riferimento rispettivamente laico e religioso”. Un’eredità ancora attuale è la “connotazione di servizio” che la Fondazione e la Biblioteca hanno ricevuto dal suo fondatore: destinatari, gli studiosi delle nuove generazioni. La nostra società - ha osservato mons. Betori - “ha bisogno di un confronto culturale legato alla serietà degli studi più che alle facili sirene di opinioni poco fondate, appena orecchiate, ma abilmente propagandate. Ha anche bisogno – ha concluso l’arcivescovo – di una nuova attenzione alle nuove generazioni e alla loro formazione, che non sia episodica ma affondi le sue radici nella convinzione che solo in una corretta trasmissione del sapere e della coscienza civile tra le generazioni ci potrà essere un futuro di giustizia, di libertà e di pace per il mondo”. (A.L.)

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    La crisi economica mondiale non risparmia le diocesi francesi

    ◊   Secondo quanto riferisce il quotidiano cattolico “La Croix”, a fronte dell’aumento delle spese fisse, sta calando il numero dei donatori e il 2009 non promette nulla di buono. Alcune diocesi hanno già i conti in rosso: è il caso della diocesi di Evry-Corbel- Essonnes, vicino a Parigi, il cui vescovo mons. Michel Dubost, aveva lanciato il campanello di allarme a dicembre, in un video-messaggio su internet: “Le offerte alla Chiesa hanno portato 3,5 milioni di euro, mentre le spese (assorbite in larga parte dagli stipendi per il personale dipendente dalla diocesi) sono di 4,5 milioni di euro. Abbiamo un grave deficit e mi domando come faremo a pagare”, ha dichiarato il vescovo nel messaggio. Ma la crisi non riguarda solo l’area intorno alla capitale. L’economo della diocesi di Amiens, nel Nord della Francia, ha riferito a “La Croix” che dopo tre anni di crescita delle entrate, il 2007 ha registrato una stagnazione, mentre nel 2008 le entrate si sono ridotte del 2-3%”. Cifre analoghe si registrano nelle diocesi di Troyes e Limoges, mentre l’arcidiocesi di Lione, nel Centro-Sud della Francia, ha sì chiuso l’anno in parità, ma per il 2009 si aspetta un anno difficile. Per fare fronte alle difficoltà non resta che cercare di ridurre le spese e aumentare in qualche modo le entrate. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe rendersi necessaria la vendita di alcuni immobili di proprietà della Chiesa. Intanto, alcune diocesi stanno già cercando di correre ai ripari con campagne di sensibilizzazione. È il caso della diocesi di Amiens che ha scelto come slogan: “Anche per la Chiesa i soldi non piovono dal cielo”, o dell’arcidiocesi di Lione che a fine dicembre ha richiamato l’attenzione dei fedeli con un altro slogan: “Le azioni che non crollano mai sono le buone azioni …. Dare un’offerta è agire per far vivere la Chiesa cattolica oggi”. L’indagine condotta dal quotidiano cattolico rileva un dato sorprendete: la solidarietà finanziaria all’interno della Chiesa francese è piuttosto limitata, che sia tra diocesi o parrocchie. Difficile quindi trovare una diocesi o parrocchia che aiuti un’altra in difficoltà. (L.Z.)

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    Costa d'Avorio: il vescovo di Agboville contro la superstizione

    ◊   “Colui che può salvarci è Gesù Cristo, egli si è fatto nostro simile. Un fiume non può salvare, una pietra non può salvare, anche se è consacrata”: è quanto ha affermato mons. Alexis Touabli Youlo, vescovo di Agboville, in Costa d’Avorio, durante la benedizione della Chiesa San Pietro e San Paolo a Boussoukro-Offa, nella regione di Tiassalé. Il presule ha esortato i fedeli a non legarsi alle cose e a non essere superstiziosi sottolineando che “Cristo è venuto a liberarci” e che non bisogna essere schiavi di qualunque cosa. Mons. Touabli, nel suo discorso, ha incoraggiato i fedeli a confidare nella potenza di Gesù Cristo e non in quella di amuleti od oggetti. La costruzione della Chiesa di San Pietro e San Paolo è stata iniziata alla fine degli anni ottanta, dopo che l’edificio della prima parrocchia ha cominciato a mostrare i segni del tempo. Alla cerimonia hanno preso parte anche mons. Joseph Aké, nuovo arcivescovo di Gagnoa e presidente della Conferenza episcopale della Costa d’Avorio, e mons. Félix Kouadio, vescovo di Bondoukou. Boussoukro-Offa conta 8 mila abitanti, di cui 3.500 cattolici. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    L'Ue tratta con Russia e Ucraina per sbloccare la crisi del gas

    ◊   Dopo il blocco da parte della Russia della fornitura di gas all’Ucraina, che ha colpito anche i Paesi europei, iniziano le trattative per risolvere il braccio di ferro sul prezzo del combustibile tra Mosca e Kiev. Nella notte, si sono incontrati il presidente di Gazprom, Miller, e il presidente di Naftogaz Ucraina. Oggi Miller incontra a Bruxelles il commissario Ue all’energia, Piebalgs, e domani si riunirà il “Gruppo europeo di coordinamento sul gas”, formato da 27 esperti dei Paesi dell’Unione europea, per decidere quali misure prendere per far fronte al blocco nelle forniture di gas che sta colpendo l’Europa centrale, ma anche la Serbia e altre Repubbliche dell’ex Jugoslavia. L’Unione europea fa sapere di essere pronta ad inviare subito osservatori in Russia e Ucraina. L’Italia, colpita dalla sospensione di fornitura rassicura di avere scorte sufficienti almeno fino al 26 gennaio. Ma quali sono le motivazioni che ci sono dietro la guerra del gas tra Russia e Ucraina? Federico Piana lo ha chiesto ad Edgardo Curcio, presidente dell’Associazione italiana economisti dell’energia:


    R. - La Russia non vede di buon occhio la nuova presidenza ucraina, rappresentata da Viktor Juščenko, che il Cremlino vuole sconfiggere per la volontà del presidente ucraino di far entrare l’Ucraina nella Nato, nell’Unione Europea, e quindi in orbita filoccidentale.

     
    D. - Non c’è la voglia di colpire anche l’Occidente - in questo caso anche l’Europa - da parte di Mosca?

     
    R. - Qualcuno ha visto anche questa possibilità. Personalmente, non credo ci sia una voglia di far valere la propria preminenza energetica e politica. C’è una lotta anche di gasdotti, in questo momento: in progettazione ci sono grandi cifre di investimento che sono state messe sul tavolo, che vanno pesate proprio per vedere dove andrà a finire la costruzione di nuovi gasdotti dei quali l’Europa ha bisogno.

     
    D. - Molti parlano, in queste ore, di tornare al nucleare: è possibile, secondo lei?

     
    R. - Sì, con molta criticità, saggezza, e tenendo presente tutti i problemi che abbiamo di fronte. Altrimenti, ci troveremo - forse nel 2020 - di fronte a un’altra crisi del petrolio, del gas, che forse non mancherà perché c’è la guerra, ma forse perché ci saranno delle difficoltà di esaurimento di riserve nelle aree più importanti. Dunque, apertura al nucleare con grande giudizio, considerando i problemi che ci sono per quanto riguarda le scorie, per quanto riguarda i siti, per quanto riguarda le tecnologie. Ma il contributo che il nucleare potrà dare al nostro Paese - a partire dal 2020 in poi - sarà pur sempre modesto rispetto a quella che è la domanda di energia del Paese.

     
    D. - Questa crisi tra Russia e Ucraina finirà oppure no?

     
    R. - Mi auguro che adesso si trovi un accordo tra le parti. Intendiamoci, l’Europa è molto interessata ad aiutare l’Ucraina anche sul piano economico, finanziario: le ha fatto un prestito, probabilmente cercherà di aiutarla a pagare questo debito. Certo, la dipendenza da pochi fornitori mostra sempre che quello della sicurezza è uno dei problemi centrali - l’approvvigionamento energetico – di un Paese come il nostro, che non ha risorse e che dipende essenzialmente, per l’85%, da forniture esterne.

     
    Iraq
    Sei soldati iracheni sono morti e almeno altri tre sono rimasti feriti la notte scorsa, in seguito all'esplosione di due bombe avvenuta al loro passaggio in una località nei pressi della città centro-orientale di Jalawlaa. I due ordigni sono stati fatti esplodere probabilmente con un telecomando, mentre due auto dell'esercito iracheno transitavano vicino al villaggio, a circa 150 km a nord-est di Baghdad, non lontano dal confine con l'Iran.

    Iran
    Una persona è morta e diverse altre sono rimaste ferite in Iran, quando un uomo ha lanciato una bomba contro un gruppo di fedeli riuniti per una cerimonia in occasione della ricorrenza sciita dell'Ashura. Lo scrive oggi l'agenzia Mehr, precisando che l'episodio è avvenuto ieri sera. “Un mercenario degli stranieri” riferisce l'agenzia, ha lanciato una bomba durante il raduno che si svolgeva nella città di Torbat-e-Jam, nel nord-est del Paese, vicino al confine con l'Afghanistan. L'uomo è poi riuscito a fuggire. Quattro dei feriti sono in gravi condizioni. In Iran, oltre il 90 per cento della popolazione è sciita e lo Stato è retto da un sistema religioso appartenente a questa confessione. Ma minoranze sunnite sono presenti nelle aree di confine del Paese, tra le quali quella dove è avvenuto l'attentato. L'Ashura è la ricorrenza religiosa più importante per gli sciiti, che in questa data ricordano il martirio del loro terzo imam, Hossein, nipote di Maometto, ucciso dai sunniti nell'anno 680 dell'era cristiana a Kerbala, nell'attuale Iraq.

    Nepal
    Ricercare le ragazze scomparse vendute dalle loro famiglie come domestiche. È quanto chiede l’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani al governo nepalese. In Nepal, nella comunità di Tharu, nell’ovest del Paese, tradizionalmente le ragazze vengono vendute per l’equivalente di 20 dollari, e costrette poi a lavorare senza paga anche per 20 ore al giorno. Al governo, che già aveva abolito questa pratica otto anni fa, l’Onu chiede ora di adoperarsi per cercare e liberare le migliaia di giovani ancora impiegate in questo modo.

    Delegazione italiana a Nairobi per le suore rapite
    L'onorevole Margherita Boniver è arrivata nella tarda serata di ieri a Nairobi e stamani ha già avviato una serie di incontri al massimo livello con autorità governative keniane e del governo federale di transizione (Tfg) somalo. Boniver è in missione in qualità di inviato personale del ministro degli Esteri, Franco Frattini, per sollevare il problema delle due suore missionarie italiane (Caterina Giraudo e Maria Teresa Oliveiro) rapite lo scorso 19 novembre ad El Wak, in Kenya, quasi a cavallo col confine somalo, confine che di fatto non esiste. Gli appuntamenti della Boniver prevedono incontri con Najib Balala, ministro del Turismo keniano, con Moses Wetung'ula, ministro degli Esteri, con Nur Hassan Hussein, primo ministro del Tfg, e con Raila Odinga, premier keniano. La rappresentante italiana avrà anche una colazione di lavoro col presidente ad interim somalo, lo speaker del p,arlamento Shek Aden Mabode. Infine, nel pomeriggio, Margherita Boniver incontrerà anche Sharif Hassan, presidente dell'Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia, la componente moderata dell'opposizione islamica che dialoga col Tfg.

    Ondata maltempo in Cina
    Un'ondata di freddo particolarmente violenta nelle regioni meridionali del Paese fa temere che in Cina possa ripetersi il dramma dell'anno scorso, quando migliaia di immigrati restarono bloccati nelle stazioni e negli aeroporti in occasione del Capodanno lunare. Quest'anno la situazione alla vigilia delle vacanze di Capodanno - che iniziano il 25 gennaio - è aggravata dalla crisi economica. Molte stazioni sono già piene di immigrati che tornano ai luoghi di origine non per festeggiare l'anno nuovo ma perchè sono rimasti senza lavoro. L'anno scorso, temperature nettamente più basse della media provocarono massicci black out di corrente e gelate sulle strade e negli aeroporti della Cina meridionale. Quest'anno, secondo l'agenzia Nuova Cina, sono state bloccate alcune autostrade nelle province dell'Hunan e dell'Hebei. La situazione potrebbe diventare critica in altre province tra cui il Guangdong, la regione industrializzata del sud - simbolo del “miracolo” cinese - dove centinaia di fabbriche hanno chiuso i battenti. L'agenzia Nuova Cina riferisce che il Ministero della pubblica sicurezza ha ordinato alla polizia di tenersi pronta ad “attivare piani di emergenza” in caso di “problemi al sistema dei trasporti provocati dal cattivo tempo”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 8

     
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