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Sommario del 04/01/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa all'Angelus per la fine del conflitto a Gaza: la guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi
  • Le famiglie siano sempre più protagoniste: così il cardinale Antonelli sull'Incontro mondiale delle famiglie di Città del Messico
  • Oggi in Primo Piano

  • Truppe israeliane a Gaza. L'Ue: si aprano corridoi umanitari
  • Il cardinale Martino denuncia l'ipocrisia dei Paesi ricchi: elemosine e armi alle nazioni povere
  • Italia: in aumento il fenomeno del bullismo
  • Convegno nazionale sulle vocazioni a Roma
  • Don Massimo Camisasca ci parla del suo nuovo libro "Una voce nella mia vita"
  • Chiesa e Società

  • Il dialogo interreligioso tra bilanci e prospettive: intervista dell’Osservatore Romano al cardinale Tauran
  • Al via l’Anno giubilare della Basilica del Santo Cristo di Esquipulas
  • Epifania: le parrocchie francesi raccolgono fondi per le Chiese africane
  • Mozambico: l’8 gennaio apre a Maputo una nuova missione della Comunità di Villaregia
  • La prelatura di Loreto organizza raccolta fondi per il Baby Hospital di Betlemme
  • Il vescovo di Teggiano promuove un convegno sul bene comune
  • Il Seminario diocesano missionario di Macerata apre le porte ai visitatori
  • Il mondo celebra il bicentenario della nascita di Louis Braille
  • 24 Ore nel Mondo

  • Donna kamikaze in una moschea sciita a Baghdad: 38 morti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa all'Angelus per la fine del conflitto a Gaza: la guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi

    ◊   Il Papa all'Angelus, oggi in Piazza San Pietro, ha lanciato un nuovo accorato appello per la fine delle violenze a Gaza e per la pace in tutta la Terra Santa. Ha quindi invitato a contemplare il mistero del Natale di Cristo per trovare un senso profondo per la propria vita. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Benedetto XVI si unisce ai patriarchi e ai capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme che oggi hanno invitato i fedeli “a pregare per la fine del conflitto nella striscia di Gaza e implorare giustizia e pace” per la Terra Santa. Ha ricordato quindi “le vittime, i feriti, quanti hanno il cuore spezzato, chi vive nell'angoscia e nel timore, perché Dio li benedica con la consolazione, la pazienza e la pace che vengono da Lui”:

     
    “Le drammatiche notizie che ci giungono da Gaza mostrano quanto il rifiuto del dialogo porti a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell’odio e della guerra. La guerra e l’odio non sono la soluzione dei problemi. Lo conferma anche la storia più recente. Preghiamo, dunque, affinché ‘il Bambino nella mangiatoia... ispiri le autorità e i responsabili di entrambi i fronti, israeliano e palestinese, a un’azione immediata per porre fine all’attuale tragica situazione’”.

     
    E il Papa all’Angelus ha esortato a contemplare, “dopo il frastuono dei giorni scorsi con la corsa all’acquisto dei regali”, il mistero del Natale di Cristo, “per coglierne ancor più il significato profondo e l’importanza per la nostra vita”. Spiegando il Prologo del Vangelo di San Giovanni ha sottolineato come l’evangelista sia stato un “testimone oculare” della “novità inaudita e umanamente inconcepibile” del Dio che si è fatto uomo:

     
    “Non è la parola dotta di un rabbino o di un dottore della legge, ma la testimonianza appassionata di un umile pescatore che, attratto giovane da Gesù di Nazareth, nei tre anni di vita comune con Lui e con gli altri apostoli ne sperimentò l’amore – tanto da autodefinirsi 'il discepolo che Gesù amava' – lo vide morire in croce e apparire risorto, e ricevette poi con gli altri il suo Spirito. Da tutta questa esperienza, meditata nel suo cuore, Giovanni trasse un’intima certezza: Gesù è la Sapienza di Dio incarnata, è la sua Parola eterna fattasi uomo mortale”.

     
    “Per un vero Israelita, che conosce le Sacre Scritture – ha aggiunto - questo non è un controsenso, anzi, è il compimento di tutta l’antica Alleanza: in Gesù Cristo giunge a pienezza il mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici, che si rivela a Mosè nella Legge, ai sapienti e ai profeti”:

     
    “Ogni uomo e ogni donna ha bisogno di trovare un senso profondo per la propria esistenza. E per questo non bastano i libri, nemmeno le sacre Scritture. Il Bambino di Betlemme ci rivela e ci comunica il vero ‘volto’ di Dio buono e fedele, che ci ama e non ci abbandona nemmeno nella morte”.

     
    La prima ad aprire il cuore e a contemplare “il Verbo che si fece carne” – ha sottolineato - è stata Maria, la Madre di Gesù:

     
    “Un’umile ragazza di Galilea è diventata così la ‘sede della Sapienza’! Come l’apostolo Giovanni, ognuno di noi è invitato ad ‘accoglierla con sé’ (Gv 19,27), per conoscere profondamente Gesù e sperimentarne l’amore fedele e inesauribile. E’ questo il mio augurio per ognuno di voi, cari fratelli e sorelle, all’inizio di questo nuovo anno”.

     
    Dopo l’Angelus il Papa si è rivolto ai partecipanti al Congresso internazionale su “Sistema preventivo di Don Bosco e diritti umani”, organizzato dai Salesiani. “Si tratta di un tema molto importante – ha detto - perché anche nel campo dei diritti dell’uomo è decisivo l’aspetto educativo”. Infine ha salutato i numerosi seminaristi, venuti da diversi Paesi per un incontro formativo del Movimento dei Focolari.

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    Le famiglie siano sempre più protagoniste: così il cardinale Antonelli sull'Incontro mondiale delle famiglie di Città del Messico

    ◊   Mancano ormai pochi giorni all’inizio del sesto Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Città del Messico dal 13 gennaio al 18 gennaio. Tema di questa edizione: “La famiglia formatrice ai valori umani e cristiani”. Ce ne parla Sergio Centofanti.


    Il Papa, nella sua lettera per la nomina del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone quale Legato pontificio all’incontro di Città del Messico, ha ricordato che i genitori sono i primi e principali educatori dei propri figli. “La famiglia – ha detto - è chiamata a svolgere il suo compito educativo nella Chiesa, partecipando così alla vita e alla missione ecclesiale”. E ha portato l’esempio di cinque sante famiglie. I primi ad essere citati sono stati i Santi Basilio ed Emmelia, vissuti nella Cappadocia del IV secolo, testimoni della fede durante la persecuzione scatenata dall’imperatore Galerio Massimiano e genitori di ben quattro Santi: i vescovi Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Pietro di Sebaste e santa Macrina, vergine. Benedetto XVI poi ricorda i Santi Giordiano e Silvia che tanta influenza hanno avuto nell’educazione di San Gregorio Magno Papa. E poi ancora la Beata Maria Teresa Ferragud Roig che ebbe quattro figlie suore: tutte uccise in odio alla fede durante la guerra civile spagnola nel 1936. La madre chiese di morire per ultima per incoraggiare le figlie a restare fedeli a Cristo. E tutte perdonarono i loro assassini. Nella lettera pontificia sono poi additati come esempio anche i coniugi Beltrame Quattrocchi, santificati in una vita di reciproco amore quotidiano: ebbero quattro figli, tutti chiamati alla vita religiosa. Infine il Papa ha ricordato i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, i Beati Luigi Martin e Zelia Guerin che dovettero superare prove difficilissime. Ebbero nove figli: quattro morti in tenera età, altri colpiti da gravi malattie fisiche e psicologiche. Santa Teresina diceva: “mi basta guardare papà e mamma per sapere come pregano i Santi”.

    Ma quali sono gli obiettivi del sesto Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Città del Messico. Pietro Cocco lo ha chiesto al cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:


    R. – Gli obiettivi sono sul versante ecclesiale, più direttamente ecclesiale, obiettivi di carattere spirituale: favorire la formazione, la preghiera, l’assunzione di responsabilità delle famiglie cristiane, anche in senso missionario. Dopo il Sinodo sulla Parola di Dio, e per l’America Latina dopo la grande assemblea di Aparecida, il tema era “discepoli e missionari”, l’invito è – noi ci collochiamo in questa prospettiva - che anche le famiglie cristiane si facciano più discepole e più missionarie. Poi c’è il versante civile: sono invitati anche molti rappresentanti della politica, quindi di tutto il mondo e qui si cerca appunto di favorire una cultura, una sensibilità politica, favorevole alla famiglia, alla famiglia autentica, fondata sul matrimonio, in vista della procreazione e della educazione dei figli. In molti Paesi, un problema abbastanza drammatico, è quello del calo demografico; è sentito fortemente questo problema e allora lo si vuol mettere al centro dell’attenzione di tutti.

     
    D. - Un momento importante di questo incontro mondiale delle famiglie a Città del Messico, sarà quello della festa delle famiglie…

     
    R. – Saranno due momenti di grande festa; il sabato 17 gennaio, la festa cosiddetta delle Testimonianze, sarà una veglia di preghiera imperniata sul Rosario. Le cinque testimonianze riflettono un po’ la situazione prevalente nei diversi continenti. La famiglia che viene dall’Europa è una famiglia impegnata nell’evangelizzazione in un ambiente fortemente secolarizzato; la famiglia che viene dagli Stati Uniti è una famiglia impegnata nel volontariato, la famiglia che viene dall’America Latina è una famiglia coraggiosa che ha affrontato situazioni di estrema precarietà, specialmente per quanto riguarda il lavoro ed anche la salute. La famiglia che viene dall’Africa è una famiglia che dà testimonianza di condivisione in un ambiente di povertà. Pur avendo poco, tuttavia, si condivide, ecco la cultura del dare. E poi la famiglia che viene dall’Asia è una famiglia che dà testimonianza ed opera nel dialogo, pur essendo in un ambiente che discrimina, addirittura, a momenti di persecuzione anche abbastanza violenta contro i cristiani. Quindi, si fa vedere come la famiglia cristiana, nei diversi ambienti, nelle diverse situazioni, può essere luce del mondo e sale della terra.

     
    D. – Le famiglie, quindi, porteranno il loro bagaglio di gioie, di attese ma anche di bisogno di solidarietà e di giustizia. Come rispondere a questo?

     
    R. – Una finalità del congresso, è anche quella di far prendere coscienza, alla pastorale, che deve incoraggiare le famiglie a diventare protagoniste stesse del loro sviluppo, aderendo alle associazioni che tutelano i diritti della famiglia. Una politica favorevole alle famiglie, si può avere solo se ci sono delle associazioni forti e delle reti di associazioni che portano avanti, nel mondo, la causa della famiglia.
     

     
     

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    Oggi in Primo Piano



    Truppe israeliane a Gaza. L'Ue: si aprano corridoi umanitari

    ◊   “Non vogliamo tornare a occupare, ma le operazioni potrebbero durare a lungo”: così Israele nel giorno seguente l’entrata dei carri armati dell’esercito nella Striscia di Gaza. Balletto di cifre sulle vittime, mentre l’Unione europea lancia un appello affinché venga assicurato “uno spazio umanitario” per distribuire gli aiuti alla popolazione. Il servizio di Marco Guerra:


    La fase due dell’operazione "Piombo fuso" è cominciata alle 19.30 locali di ieri quando i tank e gli incursori israeliani sono penetrati in quattro diversi punti della Striscia di Gaza. L’esercito dello Stato ebraico ha portato un attacco al centro del territorio palestinese tagliando in due la Striscia e al sud neutralizzando le vie di rifornimento di Hamas attraverso i tunnel con l’Egitto. Ma l’incursione più massiccia è avvenuta al nord, dove sono state occupate vaste porzioni di territorio usato come base di lancio dei razzi Qassam e Grad. A meno di 24 ore dall’inizio dell’offensiva si combatte alla periferia di Gaza City. Cannonate israeliane sono piovute su una zona commerciale della città uccidendo diverse persone. Al momento c’è comunque un balletto di cifre sulle vittime. Da entrambe le parti si denunciano tentativi di disinformazione. Il portavoce militare israeliano ha riferito del ferimento di 30 militari, due dei quali in condizioni gravi. Mentre Hamas parla di 5 militari dello Stato ebraico uccisi. I morti accertati dopo nove giorni di bombardamenti sono comunque oltre 500. Nel frattempo in Israele è massima allerta, anche nell’eventualità che gli Hezbollah libanesi decidano di colpire la Galilea, nel tentativo di allentare la pressione israeliana su Gaza. In queste ore, scrive la stampa locale, è in corso il reclutamento di ingenti forze di riservisti. Sul fronte internazionale dopo le divisioni di ieri, l’Unione Europea con un coro unanime ha lanciato un appello a Israele perché assicuri un corridoio umanitario per distribuire gli aiuti nella Striscia di Gaza. E oggi parte al Cairo la missione Ue organizzata dalla nuova presidenza ceca. Divisioni in seno anche al consiglio di sicurezza Onu. Il veto degli Stati Uniti ha fatto saltare l’accordo su di un testo che chiedeva la fine delle ostilità. L’offensiva terrestre ha infine alimentato la protesta che imperversa in tutto il mondo arabo. Scontri tra manifestanti e forze dell'ordine si stanno verificando a nord di Beirut nei pressi dell'ambasciata statunitense in Libano.

     
    L’esercito israeliano è quindi avanzato molto velocemente nei territori controllati da Hamas. Sull’efficacia e sulla durata della seconda fase dell’operazione “Piombo fuso” Marco Guerra ha raccolto il commento di Camille Eid, giornalista di Avvenire esperto di questioni mediorientali:


    R. Per quanto riguarda la durata, l’esercito israeliano ha detto che durerà parecchi giorni; invece circa l’efficacia bisognerà aspettare almeno la fine del primo giorno di questa offensiva terrestre per vedere se l’esercito israeliano è riuscito raggiungere almeno uno degli obiettivi primari della sua offensiva, che è quello di occupare le zone di lancio dei missili Qassam o Grad, verso le città degli insediamenti israeliani. Se l’esercito israeliano impiegherà molti più giorni del previsto vuol dire che questo obiettivo non è stato raggiunto.

     
    D. – I movimenti dell’esercito israeliano lasciano comunque intendere che sia un’offensiva preparata da molto tempo...

     
    R. – I bombardamenti dei primi giorni preannunciavano questa offensiva terrestre. Il piano di rioccupazione di Gaza, oppure del martellamento di zone precise, come i ministeri, gli uffici della sicurezza, era già pianificato almeno da mesi e ovviamente si aspettata il casus belli che è stato la fine della tregua di 6 mesi annunciata da Hamas.

     
    D. – Da parte di Hamas si prevede una resistenza "fino all’ultima goccia di sangue" come annunciato da un portavoce del movimento?

     
    R. – Le intenzioni sono queste. Adesso bisognerebbe aspettare per vedere se ci sarà una replica di quello che è successo nel Sud del Libano nell’estate del 2006, nel senso che l’avanzata israeliana nel Sud del Libano è stata difficoltosa e molto costosa fino all’ultimo giorno. Qui Hamas intende effettivamente dimostrare la sua efficacia e dimostrare che è in grado di provocare delle perdite simili a quelle subite dagli israeliani nel Sud del Libano. Finora non è successo questo, bisognerà aspettare ancora qualche ora per vedere se c’è una resistenza a questa avanzata.

     
    D. – Mubarak ha mobilitato truppe anche al Nord di Israele, proprio al confine con il Libano. Perché?

     
    R. – Perché teme, ovviamente, l’apertura di un secondo fronte e questo sarebbe veramente grave perché vuol dire che si rimescolano le carte a livello mediorientale. Escludo per ora un coinvolgimento degli Hezbollah: ovviamente c’è il rischio che nella mischia vengano coinvolti anche membri o simpatizzanti di Al Qaeda che sono comunque presenti nel territorio del Libano del Sud, e allora ovviamente bisognerebbe prendere in considerazione una dura reazione israeliana a questa eventualità.

     
    D. – Di fronte a questo nuovo attacco si ripetono le divisioni in seno all’Unione Europea e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. A questo punto che peso può avere la diplomazia internazionale?

     
    R. - Le divisoni sono da ricondurre alla presenza di due governi palestinesi, nel senso che da una parte gli Stati europei vorrebbero dare il loro sostegno o criticano soprattutto l’operazione sproporzionata da parte israeliana, ma dall’altra alcuni Stati europei criticano anche la gestione del potere condotta da Hamas nella Striscia di Gaza. Gli stessi Paesi arabi sono presi tra l’incudine e il martello: da una parte appoggiare la popolazione civile, ma dall’altra non vorrebbero sostenere, indirettamente, questo governo di Hamas

     
    D. – In molte città di tutto il mondo migliaia di musulmani hanno animato manifestazioni di piazza. Queste azioni di guerra che reazioni potranno provocare nel mondo arabo e islamico?

     
    R. – C’è da aspettarsi un incremento di queste manifestazioni. Ieri anche in Italia ci sono state delle manifestazioni di appoggio. Devo dire però che la conduzione di questa manifestazione non sono convincenti a livello di slogan perché essendo piuttosto di stampo islamico non hanno nessuna possibilità di riscuotere la simpatia di chi invece vuole difendere la popolazione civile dai bombardamenti e non ovviamente presentare la soluzione come fosse l’esercito di Maometto che vuole vendicarsi degli ebrei come ho avuto occasione di sentire a Milano.

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    Il cardinale Martino denuncia l'ipocrisia dei Paesi ricchi: elemosine e armi alle nazioni povere

    ◊   Il 2009 è iniziato purtroppo all’insegna della violenza in molti Paesi: Gaza, Iraq, Afghanistan, Sri Lanka, Congo, Somalia, Sudan, territori dove guerra e povertà generano un circolo vizioso da cui sembra impossibile uscire. Il Papa ha indicato una via: costruire la pace combattendo la povertà. Ascoltiamo in proposito Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant'Egidio, intervistato da Fausta Speranza:


    R. – Mi sembra che da troppi anni si pensa alla guerra come ad una soluzione normale, ordinaria, mentre la guerra è solo terribilmente una dispersione di risorse e una distruzione di vite umane e di speranza. Questo ormai appare chiaro anche nelle ultime grandi guerre internazionali, oppure nei tanti conflitti locali. Quindi, noi abbiamo una scarsa capacità immaginativa di pace e di riconciliazione da parte delle leadership, così pure di programmi di riequilibrio mondiale. Vediamo la fatica che si fa sull’allocare risorse vere per una solidarietà internazionale. Tutto questo è una visione di corto respiro. Io credo che tutto il mondo sviluppato ha vissuto sopra le righe. Bisogna smettere di vivere sopra le righe, bisogna ricordarci che o si esce da una crisi insieme o si crea un mondo fatto a bunker, fatto di luoghi che si sentono assediati dai poveri attorno, dove i poveri rischiano di diventare nemici, dove cresce il senso della paura. Abbiamo bisogno di speranza e il Papa, in maniera non ingenua, indica la via: unire il tema della pace al tema della lotta alla povertà, è una via maestra che può aiutare il mondo a riequilibrarsi e quindi, ad eliminare anche cause di violenza - la violenza è anche una forma di guerra diffusa - e cause di nuove e vecchie guerre.

    Dietro ogni guerra c’è sete di denaro e di potere, una economia di dominio spesso mascherata di solidarietà. Luca Collodi ne ha parlato con il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:


    R. - L’unica ansia del guadagno, del profitto, non è morale, non è etica, perché il capitale, l’impresa, deve non solo servire ad arricchire, ma deve avere un valore sociale. Qui andrebbe fatto un discorso sull’industria delle armi, a cominciare dalle armi nucleari e dalle armi convenzionali; quegli stessi Paesi che dicono e vogliono aiutare i Paesi in via di sviluppo, sono i primi a vendere armi ai Paesi in via di sviluppo, perché nei Paesi in via di sviluppo non si producono armi. E quindi, bisognerebbe, anzi bisogna non solamente aiutare, come un’elemosina, ma dev’essere una compartecipazione, una collaborazione, per dare la possibilità ai Paesi in via di sviluppo di essere protagonisti del proprio sviluppo, di essere protagonisti del loro futuro.

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    Italia: in aumento il fenomeno del bullismo

    ◊   Il bullismo è un fenomeno in crescita in Italia: il 2008 è stato l’anno dei soprusi filmati fra i banchi e i corridoi delle scuole e diffusi via internet. Secondo il Censis oltre il 20% delle famiglie denuncia atti di bullismo a scuola. E i bulli, anche per spirito di emulazione, sono sempre più giovani. Su questo fenomeno, che si presenta come una vera e propria piaga, Emanuela Campanile ha raccolto il commento di Giovanni Giacobbe, presidente del Forum delle Famiglie:


    R. – Che si tratti di una piaga mi pare che sia una valutazione perfettamente corrispondente alla realtà. Il Forum delle famiglie l’affronta nell’ambito di quella politica di sostegno della famiglia, che vuole inserire, nell’ambito dei problemi familiari, anche quello dell’educazione dei minori e dei figli. Naturalmente il problema diventa molto più ampio, perché a mio parere questo fenomeno del bullismo s’inserisce in un contesto di caduta dei valori fondamentali della persona, della dignità dell’uomo, della libertà dell’uomo, che debbono essere inculcati nei giovani fin da quando sono in tenerissima età. E da questo punto di vista la famiglia ha un ruolo fondamentale.

     
    D. – Ma chi sono i vostri alleati?

     
    R. – Penso che dovrebbero essere tutte le persone di buon senso e che siano portatrici di valori fondamentali della nostra società, però – nello stesso tempo – dobbiamo dire che la realtà in cui noi operiamo e nella quale si trovano i nostri ragazzi è una realtà che, essendo ispirata a pseudo valori – quali quelli del consumismo, del guadagno facile, della realizzazione immediata di ciò che si vuole – rema, come si suol dire, contro la lotta al bullismo, che in fondo s’inserisce in questa tendenza a voler affermare la propria personalità senza correlarla con valori fondamentali.

     
    D. - Il Forum delle famiglie, dunque, attua una politica di prevenzione...

     
    R. – Noi abbiamo delle associazioni che si dedicano specificamente ai problemi dei minori; soprattutto queste nostre associazioni, tendendo a realizzare delle forme di educazione dei giovani alla vita, alla civiltà se possiamo anche dire – perché il bullismo è un’espressione di mancanza di civiltà – concorrono ad educare questi ragazzi. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Convegno nazionale sulle vocazioni a Roma

    ◊   La sinergia tra la pastorale giovanile e quella familiare per costruire un sistema integrato di interscambio tra esperienze vocazionali. È una delle sfide emerse dal convegno del Centro nazionale vocazioni, dal titolo “So a chi ho dato la mia fiducia. Scelte vocazionali tra paure e fiducia”. La tavola rotonda si è aperta ieri a Roma e si concluderà domani. Al microfono di Alessandra De Gaetano ascoltiamo don Nico Dal Molin direttore del Centro:


    R. - Il tema del convegno riprende una frase che San Paolo scrive all’amico Timoteo: “So a chi ho dato la mia fiducia”. Fiducia è l’iniziativa di Dio nel chiamare, fiducia anche nella risposta da parte dei cuori dei giovani di dire il loro sì.

     
    D. – La vocazione sacerdotale o matrimoniale rappresenta una scelta importante…

     
    R. – Credo che oggi il tema della scelta rappresenti una delle fatiche, uno degli ostacoli più forti da superare, perché scelta vuol dire un impegno di totalità, di radicalità, soprattutto di fedeltà: questo spaventa la cultura contemporanea. Vivere la fiducia vuol dire avere, non la certezza, ma la speranza dentro al cuore che Qualcuno cammina con loro. Li accompagna e li aiuta a superare anche gli eventuali momenti di smarrimento che ci sono nella vita di ciascuno.

     
    D. – Il convegno si è ispirato alla vita di San Paolo. Quali tratti lo rendono una guida vocazionale?

     
    R. – San Paolo fa da figura di collegamento di tantissime attività pastorali. Paolo è un grande comunicatore, un grande annunciatore. Lo è a parole perché ha avuto la capacità di tradurre un messaggio e di farlo diventare un messaggio missionario annunciando Gesù in una realtà che non lo conosceva minimamente. Lo è con la vita perché ha sfidato con i suoi viaggi l’impossibile, dovremmo dire. Lo è poi perché Paolo ha questa capacità di accompagnare le persone. Le figure di Timoteo, di Tito e anche la coppia di Aquila e Priscilla sono persone che lui aiuta a crescere nella fede e nel senso della loro vita, quindi a rispondere alla loro chiamata.

     
    D. – Un momento particolare questa sera all’interno della Veglia di preghiera per ricordare le persecuzioni dei cristiani nel mondo, in particolare nell’Orissa…

     
    R. – E’ previsto un momento molto specifico, quando noi faremo la veglia vocazionale e ricorderemo queste comunità che vivono la sofferenza di una testimonianza.

     
    D. – Quale sfida si pone questo Convegno?

     
    R. – E’ la sfida di far passare un messaggio positivo. Il tema della fiducia è già una sfida notevole per vedere con uno sguardo diverso dall’idea della crisi e dall’idea della lamentazione, per vedere questa realtà della ricerca del senso della vita e dell’annuncio del Vangelo della vocazione.

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    Don Massimo Camisasca ci parla del suo nuovo libro "Una voce nella mia vita"

    ◊   “Una voce nella mia vita”: è il titolo del nuovo libro di don Massimo Camisasca, tratto dal primo verso di una poesia di Pascoli. Il superiore generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo ricorda in questo volume che nella vita di tutti, anche se non ce ne accorgiamo, c’è una voce che ci chiama: è la voce di Dio che ci invita a diventare realmente noi stessi. Ascoltiamo lo stesso don Massimo Camisasca al microfono di Rosario Tronnolone:


    R. – In questo primo verso della poesia di Pascoli io ho trovato la chiave per andare a rileggere l’Antico e il Nuovo Testamento e soprattutto per andare a rileggere alcune figure in cui la vita è abitata da una voce, cominciando da Adamo, poi Abramo, poi i profeti, i giudici, fino ad arrivare agli apostoli.

     
    D. – Perché ha scelto proprio queste figure per parlare appunto della vocazione?

     
    R. – Perché sono quelle che hanno colpito direttamente me, soprattutto attraverso la frequentazione con don Giussani. Per esempio, Abramo, certamente è la figura dell’Antico Testamento che don Giussani ha più evocato, non solo commentato ma proprio evocato, con cui lui stesso si è immedesimato e con cui ha immedesimato noi. Tutte le mattine e tutte le sere, quando nel Benedictus e nel Magnificat torna l’evocazione di Abramo, allora io ripenso sempre alla sua storia che è la mia storia; non è un caso che Abramo viene chiamato padre, in tutti e due i testi. Questo uscire dalla terra, questo dover uscire continuamente dalle solidificate certezze, in cui io voglio rifugiarmi e seguire invece Dio che mi apre sempre a nuovi territori, a nuovi spazi di vita, questo andare dove ancora Lui non mi dice ma dove mi svela a poco a poco, questa grande promessa di una generazione infinita come le stelle del Cielo, questo sacrificio del figlio che Dio chiede ad Abramo, insomma, sono una storia che in realtà raccoglie ed anticipa la nostra storia.

     
    D. – “Disponibilità” è il titolo della seconda parte del volume. Questa seconda parte si apre parlando dei limiti, parlando delle obiezioni: sono obiezioni che rischiano di fermare il cammino dell’uomo, rischiano di inficiare la sua riuscita?

     
    R. – Per seguire Dio, dobbiamo essere disposti realmente a lasciarci continuamente, diciamo così, cambiare casa, a lasciare continuamente allargare il nostro cuore, a lasciare continuamente ampliare le nostre prospettive. La strada della vocazione non è la strada dei perfetti; sì, noi siamo perfetti in quanto battezzati, in quanto battezzati siamo il segno della volontà di salvezza di Dio, però, nello stesso tempo, siamo anche, fino all’ultimo giorno, perfettibili e malati e cioè bisognosi di essere guariti. Perciò, è un cammino di guarigione quello che Dio opera con noi, e la vocazione è il curvarsi di Dio su di noi perché Lui ha pietà della nostra miseria.

     
    D. – Lei poi introduce il concetto della povertà di spirito e l’accomuna al dono di sé. Che cos’è la povertà di spirito?

     
    R. – La povertà di spirito è lasciarsi riempire da un altro, lasciarsi completamente arricchire dal dono dell’altro che è possibile soltanto, veramente e compiutamente con Dio perché solo Lui mi ha creato e mi salva, solo Lui mi conosce, solo Lui riempie la mia vita senza spossessarmi veramente di me stesso ma anzi, rendendomi a me stesso. E’ il paradosso di cui parla Gesù: chi si perde si salva, chi si perde si trova, chi avrà donato la sua vita la ritroverà moltiplicata. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Il dialogo interreligioso tra bilanci e prospettive: intervista dell’Osservatore Romano al cardinale Tauran

    ◊   In una lunga intervista all’Osservatore Romano, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, traccia un bilancio di quello che è stato il confronto tra le religioni, soprattutto tra cattolici e musulmani, nel 2008 e illustra le prospettive sul tema per il nuovo anno. Sulla possibilità di un dialogo di tipo teologico con l’Islam, il porporato ricorda che nella Dominus Iesus, dichiarazione sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù e della Chiesa, si fa la distinzione tra fede teologale (intesa come accoglienza della Verità rivelata di Dio Uno e Trino) e le credenze presenti nelle altre religioni: non essendo, fede e credenze, equiparabili, non si può parlare di dialogo teologico tra cristiani e credenti di altre religioni. E ancora: è necessario precisare l’aggettivo “monoteista”, dal momento che i cristiani, rispetto agli altri credenti, hanno un rapporto diverso con Dio e con i testi sacri. Il Cristianesimo non è una “religione del Libro”, ma una religione della Parola, che è una Persona, cioè Gesù; tuttavia, è possibile un confronto profondo con le altre religioni su temi quali la creazione, la vita, la famiglia, la preghiera, il digiuno e la vita eterna. Nel 2008, secondo il cardinale Tauran, molto si è conquistato sull’importanza dei rapporti tra le persone, dell’impatto di un’accoglienza cortese e calorosa, e segnala un miglioramento dell’atmosfera degli incontri con i rappresentanti e i fedeli delle altre religioni, che si sono svolti all’insegna del rispetto reciproco, della cordialità e del dialogo autentico che non teme la diversità di vedute. Nell’intervista si è ricordata anche la polemica seguita alla lettera di Benedetto XVI al senatore Marcello Pera per il suo libro “Perché dobbiamo dirci cristiani”, quando da più parti si affermò che il Papa negava la possibilità del dialogo tra le religioni: a questo proposito Tauran ha citato le parole con le quali il Santo Padre inaugurò il suo Pontificato: “La Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme”, disse. E qualche mese dopo, davanti alle comunità musulmane di Germania: “Il dialogo interculturale e tra le nostre due religioni non può ridursi a una scelta stagionale, è una necessità vitale da cui dipende in gran parte il nostro futuro”. Più critico, invece, il rapporto con gli indù: “Più che un conflitto di natura religiosa è un problema di stampo sociale e politico”, afferma il porporato. Ai cattolici viene rimproverato di promuovere l’emancipazione sociale, ma la Chiesa locale continuerà sulla strada del dialogo chiedendo ai leader indù il rispetto della libertà religiosa e di coscienza; ai capi politici la garanzia di condizioni di sicurezza fisica dei cittadini e un impegno concreto contro discriminazione e segregazione. Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha poi ricordato l’apporto dato dal recente Sinodo dei vescovi, in cui si è potuto approfondire il messaggio della Parola di Dio e si è messa in risalto la ricchezza spirituale che le religioni non cristiane rappresentano per tutti. Nel 2009, inoltre, si celebrerà l’Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’Africa, in cui si avrà modo di analizzare il messaggio che le religioni tradizionali africane lanciano alla Chiesa e al mondo: da questi appuntamenti il porporato si aspetta molto. “Senza minimizzare difficoltà e ambiguità - ritiene che - le religioni, malgrado le pecche dei loro adepti, siano chiamate a essere scuole di umanità e di fraternità. Dialogare con i loro responsabili è sempre un’esperienza spirituale per far scoprire che la libertà religiosa e l’armoniosa convivialità sono condizioni indispensabili all’edificazione di una nazione e all’amicizia tra i popoli”. Tra i primi appuntamenti del nuovo anno, infatti, c’è grande attesa per il comitato misto per il dialogo tra il Pontificio Consiglio e al-Azhar, in programma a Roma il 24 e 25 febbraio prossimi, in ricordo della visita di Giovanni Paolo II ad al-Azhar il 24 febbraio del 2000. (A cura di Roberta Barbi)

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    Al via l’Anno giubilare della Basilica del Santo Cristo di Esquipulas

    ◊   Inizia oggi in Guatemala l’Anno Santo Giubilare per il 250.mo di benedizione della Basilica del Santo Cristo di Esquipulas, nella diocesi di Zacapa y Santo Cristo de Esquipulas; per la ricorrenza, che si protrarrà fino al 4 gennaio 2010, la Penitenzieria Apostolica ha concesso l’indulgenza plenaria, su mandato del Santo Padre. Le celebrazioni giubilari iniziano con l’apertura della Porta Santa e proseguono con una solenne Liturgia Eucaristica, presieduta dal cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo di Città del Guatemala, con il quale concelebrano tutti i vescovi del Paese. La Basilica di Esquipulas custodisce la venerata immagine del “Cristo Negro”, un crocifisso ligneo realizzato nel 1594 dallo scultore di origine portoghese Quirio Cataño per volontà della comunità rurale del luogo dedita alla coltivazione del cotone. A lungo conservata nella parrocchia di Esquipulas, l’immagine venne trasferita nel 1759 nel nuovo Santuario fatto costruire dal vescovo di Guatemala, Fray Pedro Pardo de Figueroa, per accogliere i pellegrini che sempre più numerosi si recavano a pregare davanti al Santo Cristo, il “Signore delle Misericordie”. In occasione del quarto centenario dell’Immagine, Giovanni Paolo volle personalmente chiudere l’Anno Giubilare indetto per la ricorrenza, celebrando una Messa nella “Valle di Maria” per i fedeli della diocesi di Zacapa il 6 febbraio 1996, nel corso del viaggio apostolico in Guatemala, Nicaragua, El Salvador e Venezuela. Al termine della celebrazione il Papa si raccolse in preghiera nel Santuario di Esquipulas davanti all’immagine del Santo Cristo, invitando i fedeli nella preghiera pronunciata per l’occasione ad «alimentare la fede con una continua meditazione sul mistero redentore che si realizzò una volta per tutte sul Golgota».(S.C.)

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    Epifania: le parrocchie francesi raccolgono fondi per le Chiese africane

    ◊   In occasione della questua pontificia dell’Epifania del Signore, che si celebra oggi, l’associazione Aide aux Églises d’Afrique invita le parrocchie francesi a mobilitarsi per raccogliere fondi da destinare alla Chiesa africana, duramente colpita dalla crisi finanziaria ed economica attuale. “Questa colletta – ha spiegato Pascal Legrosse, presidente dell’associazione che nacque nel 1888 grazie al cardinale Charles Martial Allemand Lavigerie come associazione antischiavista – consente di mantenere le strutture delle Chiese locali che spesso hanno difficoltà a chiudere il bilancio di fine anno”. Come riportato dall’Osservatore Romano, gli aiuti garantiranno tutto ciò che è legato alla Pastorale: la catechesi per bambini, giovani e adulti; progetti in gestazione come la traduzione della Bibbia e di documenti liturgici nei dialetti locali e la costruzione di cappelle nei villaggi. Padre Pierre-Yves Pecqueux, direttore nazionale della Questua Pontificia e delle Pontificie Opere Missionarie, ha ricordato i numerosi appelli che recentemente Benedetto XVI ha lanciato in favore dell’Africa, affinché non fosse più dimenticata: in particolare il messaggio Urbi et Orbi del Natale appena trascorso, in cui ha manifestato la propria preoccupazione per la situazione dello Zimbabwe, afflitto da una profonda crisi politica e sociale, e per i Paesi devastati dalle guerre, quali la Repubblica democratica del Congo con il Kivu, il Sudan con il Darfur e la Somalia. (R.B.)

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    Mozambico: l’8 gennaio apre a Maputo una nuova missione della Comunità di Villaregia

    ◊   Una nuova missione della Comunità missionaria di Villaregia (Rovigo), sta per aprire nella capitale del Mozambico, Maputo. L’8 gennaio prossimo, infatti, arriveranno in città otto missionari, uomini e donne, a dar man forte all’arcidiocesi che conta soltanto 20 sacerdoti diocesani e 130 religiosi per quattro milioni di abitanti. Ad accogliere i missionari, cui sarà affidata una parrocchia di oltre 250mila fedeli nella periferia nord di Maputo, sarà il vescovo Francisco Chimoio, che ha già incontrato, a tal proposito, i fondatori della Comunità: padre Luigi Prandin e Maria Luigia Corona. “Come Comunità vorremmo camminare accanto a questo popolo e portare la buona notizia del Vangelo – ha detto padre Prandin – quel messaggio di speranza e di salvezza che oggi ancora tanti uomini attendono”. “Accanto a un lavoro di evangelizzazione – ha precisato Corona – è nostro compito anche adoperarci per offrire un contributo alla promozione umana”. (R.B.)

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    La prelatura di Loreto organizza raccolta fondi per il Baby Hospital di Betlemme

    ◊   In occasione del decimo anniversario del gemellaggio tra Loreto e Nazareth, e in un momento così difficile per la Palestina, la Prelatura territoriale di Loreto, guidata dall’arcivescovo prelato Giovanni Tonucci, ha organizzato una raccolta di fondi in favore del Baby Hospital di Betlemme. Le donazioni si possono effettuare presso il Santuario della Santa Casa di Loreto e nelle cinque parrocchie della diocesi. Il denaro servirà a dotare l’ospedale di Betlemme di un nuovo ambulatorio che potrà accogliere 2300 bambini in più, a costruire una nuova scuola per le madri dei piccoli ricoverati, con ben 45 posti letto, e ad acquistare una nuova apparecchiatura ospedaliera. “Nella martoriata terra di Gesù, proprio dove Lui nacque come bambino povero e debole, altri bambini oggi hanno bisogno di aiuto e assistenza”, ha sottolineato mons. Tonucci. (R.B.)

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    Il vescovo di Teggiano promuove un convegno sul bene comune

    ◊   Sarà “Il bene comune, vocazione e missione” il tema del convegno che si svolgerà domani nel Seminario di Teggiano (Salerno). Come riferito dal quotidiano Avvenire, all’evento, promosso dal vescovo Angelo Spinillo, parteciperanno rappresentanti delle parrocchie, delle realtà associative della diocesi, della scuola e delle istituzioni di Comune, Provincia e Regione. “Immagino questo incontro come un momento di grande serenità e amicizia – ha dichiarato il vescovo – tra persone che, in ruoli e impegni diversi, vogliono dialogare cercando insieme di proporre alla gente della nostra terra modelli efficaci e fecondi per un vivere più autenticamente umano”. All’evento parteciperanno il presidente emerito della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola, con la relazione “Il bene comune, storia e prospettive”, e la fondatrice di “Religion today”, Lia Beltrami, che proporrà la riflessione “Il ruolo delle religioni per la pacifica convivenza tra i popoli”. (R.B.)

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    Il Seminario diocesano missionario di Macerata apre le porte ai visitatori

    ◊   Al via “l’open day” del Seminario diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Macerata. Domani e martedì, infatti, i superiori e i seminaristi accoglieranno gli ospiti e li accompagneranno a visitare i nuovi ambienti del Seminario, oltre alla chiesa, arricchita al suo interno da una corona misterica realizzata da un equipe di 30 pittori. Si tratta di un evento promosso in risposta alla richieste di molti che hanno espresso il desiderio di visitare la chiesa, dedicata circa un mese fa durante un rito presieduto da mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia. Sono inoltre previsti alcuni momenti condivisi con i seminaristi: il 5 gennaio si potrà partecipare alle lodi e ai vespri, il 6 gennaio si terranno le lodi e nel pomeriggio è previsto un evento dedicato a tutti i bambini della diocesi per l’arrivo dei Magi. (V.V.)

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    Il mondo celebra il bicentenario della nascita di Louis Braille

    ◊   Ricorre oggi il bicentenario della nascita di Louis Braille (4 gennaio 1809 - 6 gennaio 1852), il figlio di un sellaio parigino, divenuto cieco all’età di tre anni per un incidente, inventore del metodo di lettura e scrittura per non vedenti. Un Comitato internazionale è stato appositamente istituito per rendere onore al geniale inventore, benefattori dei ciechi del mondo intero; ricordandone i meriti le iniziative previste durante tutto il 2009 desiderano anche contribuire alle causa degli ipovedenti e sostenere in particolare i programmi di istruzione destinati ai bambini non vedenti dei Paesi in sviluppo. Il bicentenario si è aperto questa mattina a Parigi con una Messa solenne celebrata nella cappella dell’Istituto Nazionale Francese dei Giovani Ciechi, istituto di cui Louis Braille fu alunno e docente; nel pomeriggio il Panthéon ospiterà la cerimonia ufficiale di apertura alla presenza di autorità francesi e internazionali. In serata, grande concerto nella Cattedrale di Notre Dame con l’esecuzione di opere composte da musicisti non vedenti. (S.C.)


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    24 Ore nel Mondo



    Donna kamikaze in una moschea sciita a Baghdad: 38 morti

    ◊   Iraq. Almeno 38 persone sono morte e circa 55 sono rimaste ferite in un attentato condotto da una donna kamikaze nei pressi di una moschea sciita in un quartiere nordorientale di Baghdad. Intanto prosegue il progressivo disimpegno dell’esercito statunitense. Oggi le truppe Usa hanno passato le consegne alle forze irachene nella provincia di Diyala.

    Pakistan
    I servizi segreti pakistani hanno annunciato di aver catturato, Mohammad Ustad Yasir, ex portavoce del Mullah Omar, numero due di Al Qaeda, nonché responsabile della cultura durante il regime dei talebani in Afghanistan. L’uomo era stato già arrestato nel 2005 e consegnato alle autorità di Kabul, ma nel 2007 fu scarcerato in cambio della liberazione del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo.

    Nepal
    E' di almeno 35 dispersi il bilancio del naufragio di un traghetto sul fiume Koshi. Secondo un funzionario locale, il traghetto trasportava circa 50 persone, di cui 11 sono state portate in salvo. ''E' ancora troppo presto per dire se i passeggeri dispersi siano morti'', ha aggiunto la stessa fonte, la quale ha precisato che l'imbarcazione trasportava un numero di passeggeri superiore al limite consentito.

    Indonesia
    Almeno quattro persone sono morte in seguito alla scossa di terremoto di magnitudo 7,2 che ha colpito la parte nord dell’isola di Papua. Fra le vittime anche una bambina di dieci anni, mentre i feriti sarebbero diverse decine. Molti anche i danni: secondo la Protezione civile diversi edifici sono stati danneggiati e rimasti privi di corrente elettrica; l’Hotel Mutiara a Manokwari, vicino all’epicentro del sisma, è stato gravemente lesionato e uno dei tre blocchi da cui è composto è crollato. Rientrato, invece, l’allarme tsunami che era stato diffuso dal servizio geologico di Giacarta al momento della registrazione della scossa.

    Kosovo
    A poco meno di un anno dalla proclamazione dell’indipendenza del Kosovo, il cui anniversario ricorrerà il 17 febbraio prossimo, nell’area scoppia una nuova ondata di scontri interetnici. Nel giro di una settimana, ben due episodi di violenza si sono verificati a Kosovska Mitrovica, la città settentrionale divisa tra serbi e albanesi, simbolo della contrapposizione tra le due etnie. L’ultimo, il più grave, venerdì, quando nella notte sono risuonate due esplosioni: la prima nei pressi di un caffè nella zona nord controllata dai serbi; la seconda nel quartiere di Bosnjacka Mahala, a maggioranza serba, ma dove vive una piccola comunità albanese proprietaria di due negozi che sono stati dati alle fiamme. Secondo la polizia locale, sette vigili del fuoco e altre tre persone sono rimaste ferite, oltre a una giornalista e a un videoperatore, entrambi serbi. Già martedì scorso un giovane serbo era stato ferito a coltellate da un gruppo di albanesi e il fatto aveva scatenato la vendetta di centinaia di serbi che hanno incendiato auto e negozi kosovari. In seguito alle violenze, la Forza multinazionale della Nato e la missione di polizia dell’Unione europea hanno rafforzato la loro presenza sui luoghi degli incidenti.

    Burundi
    Ancora violenza contro gli albini in Africa: è accaduto nella notte tra il 29 e il 30 dicembre scorsi in Burundi dove un bimbo di otto anni è stato trucidato e dissezionato. Si tratta del sesto albino ucciso in quattro mesi per alimentare il mercato di membra utilizzate dagli stregoni per farne costosi amuleti e pozioni. Il servizio è di Paolo Ondarza:

     
    A dare l’ultima raccapricciante notizia avvenuta in Burundi la voce degli speaker di Radio Nairobi: un altro innocente barbaramente trucidato solo perché albino: aveva otto anni i suoi aggressori lo hanno ucciso, poi dal piccolo corpo hanno prelevato le braccia e una gamba. Un episodio aberrante, purtroppo non isolato nell’area dell’Africa Orientale dove lo scorso anno una trentina di albini sono stati prima uccisi e poi smembrati. I loro organi – spesso quelli sessuali – vengono venduti a stregoni ch attraverso macabri rituali li utilizzano per produrre pozioni e amuleti ritenuti antidoti contro malattie e venduti a cifre da capogiro. Un giro di affari che si alimenta di orrore, ignoranza e superstizione e che spesso avviene nell’indifferenza. Come conferma padre Claudio Marano, missionario saveriano in Burundi:

     
    “Non sono delle cose nate in Burundi, sono legate alla stregoneria, si penserebbe che il governo possa intervenire, ma fino ad adesso non è intervenuto. La cosa si accetta così come è: è il classico fatalismo. Non è che si siano create delle strutture per riuscire a salvare questi bambini che si vedono frequentemente sulle strade. Normalmente coperti perché il sole li ferisce in modo particolare”.

     
    Difficile capire chi c’è dietro la domanda di costosi amuleti o perfino creme di bellezza realizzate con sezioni di corpi di innocenti. Ancora padre Marano:

     
    ”Sarebbe molto interessante riuscire a scoprire se sono richiesti direttamente dalla popolazione qui o se sono richiesti da zone che sono molto più ricche: questo non lo sappiamo”.

     
    Somalia
    Non si ferma la violenza in Somalia. Almeno sette persone rimaste uccise in combattimenti tra gruppi islamici rivali. Gli scontri si sono verificati ieri nella zona di Guriel, circa 400 km a nord di Mogadiscio, nel giorno seguente l'inizio del ritiro delle truppe di Addis Abeba, intervenute nel 2006 per aiutare il governo a combattere le corti islamiche. Primi segnali positivi arrivano invece sul fronte della lotta alla pirateria che infesta le acque del Corno d’Africa. Dall’inizio dell'anno si contano già non meno di cinque attacchi da parte dei pirati: di questi, quattro sono stati respinti e cinque predoni sono stati catturati da un’unità danese. La concentrazione di mezzi aero-navali, schierati da numerosi governi, sta mettendo in seria difficoltà la pirateria somala.

    NigeriaUn oleodotto dell’Agip in Nigeria è stato assaltato da un gruppo armato nella notte di venerdì nel piccolo villaggio di Okuntun. Il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) aveva annunciato l’episodio attribuendolo, però, a un gruppo locale. Il 28 dicembre scorso, in seguito all’arresto di uno dei leader del Mend, Sobomabo Jachrich, detto Egberipapa, il Movimento ha annullato la tregua precedentemente stipulata. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 4

     
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