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Sommario del 27/02/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: quando la povertà colpisce gli uomini, i cristiani non possono restare indifferenti
  • Il Papa nomina nuovo arcivescovo di Rio de Janeiro mons. Orani João Tempesta, cistercense
  • Altre udienze
  • Annunciare Cristo con la forza semplice della verità: Benedetto XVI e il colloquio con il clero della diocesi di Roma
  • Padre Lombardi sulla richiesta di scuse di Williamson: è inadeguata e non rispetta le condizioni richieste
  • Convegno sulle malattie rare: intervento del cardinale Lozano Barragán
  • Il metropolita ortodosso Kryštof in visita in Vaticano: intervista con il cardinale Kasper
  • Giornata missionaria ispanoamericana: il messaggio della Pontificia Commissione per l’America Latina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Obama presenta la finanziaria: più tasse ai ricchi per una sanità per tutti
  • Usa: oggi l'annuncio del ritiro delle truppe americane dall'Iraq
  • Quaresima e crisi economica: la riflessione di Giorgio Vittadini
  • Chiesa e Società

  • Hanoi: in migliaia danno l’ultimo saluto al cardinale Pham Dình Tung
  • Amarezza dei vescovi piemontesi per le critiche di Küng al Papa
  • Domenica la consegna al Patriarcato di Mosca della Chiesa Russa di Bari
  • Progetto a Gaza per consentire l’accesso all’acqua a 22 mila civili
  • Messaggio dei vescovi del Congo-Brazzaville per le prossime elezioni
  • Arrivano oggi in Italia le suore liberate in Africa
  • Guerre e crisi finanziaria al centro della riunione del Consiglio Mondiale delle Chiese
  • Dalla Casa Bianca invito ai cattolici a collaborare sulle politiche sociali
  • Colombia: al via la Fiera internazionale cattolica
  • India: l’annuncio del Vangelo al centro della Conferenza nazionale dei giornalisti cattolici
  • Tavola rotonda a Roma su “Chiesa e comunicazione nell’Anno Paolino”
  • Civiltà Cattolica: l'immigrazione attenua l'invecchiamento dell'Italia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Prospettive di accordo per un governo di unità nazionale palestinese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: quando la povertà colpisce gli uomini, i cristiani non possono restare indifferenti

    ◊   Allargare il cuore verso chi è colpito dal bisogno e lottare generosamente contro la povertà, perché un cristiano non può rimanere inerte “quando il pane manca sul tavolo degli uomini”. E’ l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto ai membri di due Associazioni benefiche - la “Pro Petri Sede” e la “Etrenne pontificales” - ricevuti oggi in udienza e ringraziati con calore per la loro azione svolta nei Paesi del Benelux, a sostegno della carità del Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La visita a Roma per portare al Papa il frutto di due collette che per il loro spirito sono del tutto simili all’Obolo di San Pietro. Alle 50 persone ricevute nella Sala del Concistoro in rappresentanza della “Pro Petri Sede” - che raccoglie donatori del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi - e della “Etrennes Pontificales” - antica iniziativa dei giornalisti cattolici belgi - Benedetto XVI ha rivolto un saluto interamente incentrato sul valore della carità secondo lo spirito del Vangelo. Ricordando, nel’Anno Paolino, l’insegnamento dell’Apostolo delle genti sull’unità del Corpo mistico di Cristo - le cui parti sono unite e sollecite fra loro - il Papa ha riaffermato un principio:

     
    “Nourris du même pain eucharistique, les baptisés…
    Nutriti dal medesimo pane eucaristico, i battezzati non possono rimanere indifferenti quando manca il pane sul tavolo degli uomini. Quest’anno, avete deciso di ascoltare l’appello ad allargare il vostro cuore alle esigenze delle persone svantaggiate, in modo che i membri del Corpo di Cristo, colpiti dalla povertà siano sollevati e diventino più forti e liberi di testimoniare la Buona Novella”.

     
    “Affidando il frutto dei vostri risparmi al Successore di Pietro, voi - ha riconosciuto con gratitudine Benedetto XVI - gli consentite di esercitare un ruolo attivo e concreto di carità che è il segno della sua sollecitudine per tutte le Chiese, per ciascun battezzato e per ciascuna persona”:

     
    “Soyez-en très vivamente remerciés au nom de toutes…
    Vi ringrazio molto a nome di tutte le persone che la vostra generosità sosterrà nella lotta contro i mali che minacciano la dignità umana. Combattendo la povertà, diamo maggiori probabilità alla pace di realizzarsi e di mettere radici nei cuori”.

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    Il Papa nomina nuovo arcivescovo di Rio de Janeiro mons. Orani João Tempesta, cistercense

    ◊   Il Papa ha accettato oggi la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di San Sebastiano di Rio de Janeiro (Brasile), presentata dal cardinale Eusébio Oscar Scheid, dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Orani João Tempesta, dell’Ordine Cistercense, finora arcivescovo di Belém do Pará. Mons. Tempesta è nato il 23 giugno 1950 a São José do Rio Pardo, nella diocesi di São João da Boa Vista. Ha emesso la professione religiosa nell’Ordine dei Cistercensi il 2 febbraio 1969 ed è stato ordinato sacerdote il 7 dicembre 1974. Conclusi gli studi ginnasiali e liceali in São José do Rio Pardo, nel 1967 è entrato nel monastero cistercense São Bernardo di quella medesima città. Ha studiato filosofia presso il monastero di São Bento, in São Paulo, e teologia presso l’Istituto Teologico Salesiano Pio XI, di São Paulo. Dal 1984 è stato priore del suo monastero; ha svolto, nel contempo, anche l’ufficio di parroco della parrocchia São Roque, in São José do Rio Pardo, di coordinatore delle Comunicazioni e della Pastorale diocesana e di professore nel seminario “Coração de Maria” in São João da Boa Vista. Nel mese di settembre 1996, quando il monastero di São Bernardo è stato trasformato in abbazia, egli ne è stato eletto primo abate. Il 26 febbraio 1997 è stato nominato vescovo di São José do Rio Preto e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 aprile 1997. Ha svolto nel Regionale “Sul 1” della Conferenza episcopale l’incarico di responsabile della Pastorale della Comunicazione. Il 13 ottobre 2004 è stato nominato arcivescovo di Belém do Pará e nel 2007 ha partecipato, come delegato, alla “V Conferência Geral do Episcopado da América Latina e do Caribe”. Attualmente è vicepresidente del Regionale “Norte 2” della Conferenza episcopale Brasiliana, presidente della Commissione Nazionale per la Cultura, l’Educazione e le Comunicazioni Sociali e membro effettivo del Consiglio permanente, del Consiglio Pastorale e del Consiglio economico della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina Masud Barazani, presidente della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno accompagnato da un seguito; un altro gruppo presuli della Conferenza episcopale della Nigeria, in visita "ad Limina"; il cardinale James Francis Stafford, penitenziere maggiore. Questo pomeriggio riceverà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

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    Annunciare Cristo con la forza semplice della verità: Benedetto XVI e il colloquio con il clero della diocesi di Roma

    ◊   Non disperdere la forza semplice della verità: è una delle riflessioni più intense offerte ieri da Benedetto XVI ai parroci romani, nel tradizionale incontro quaresimale in Vaticano. Un confronto famigliare che, tra i tanti temi toccati, si è soffermato in particolare sulla missione evangelizzatrice dei presbiteri chiamati ad adeguare i propri programmi pastorali alle nuove esigenze di una diocesi davvero unica quale è quella guidata dal Successore di Pietro. Ripercorriamo alcuni dei passaggi chiave di questo colloquio nel servizio di Alessandro Gisotti:

    Un vescovo e i suoi parroci assieme per confrontarsi, raccontarsi le proprie esperienze, gioie e fallimenti, dubbi e speranze: è stato soprattutto questo l’incontro di Benedetto XVI con il clero romano. Un colloquio in stile famigliare come ha il Papa ha subito voluto sottolineare:

     
    “Siamo insieme perché voi possiate raccontarmi le vostre esperienze, le vostre sofferenze e anche i vostri successi e le vostre gioie. Quindi, non direi che qui parla un oracolo e voi chiedete, ma siamo in uno scambio familiare, dove anche per me è molto importante tramite voi conoscere la vita nelle parrocchie, le vostre esperienze, con la Parola di Dio, nel contesto del nostro mondo di oggi. Vorrei così imparare anche io, avvicinarmi alla realtà dalla quale uno nel Palazzo Apostolico può essere anche un po’ troppo distante”.

     
    Benedetto XVI, rispondendo alle richieste di consiglio di alcuni parroci, si è soffermato sui criteri che dovrebbero guidare un presbitero nell’annuncio del Vangelo. Ha così indicato nel binomio Parola-testimonianza la strada da seguire per raggiungere il cuore dell’uomo di oggi, spesso confuso e disorientato. Quindi, ha incoraggiato i suoi sacerdoti a non perdere la semplicità della Verità. La verità di un Dio che è vicino a noi, che parla con noi:

     
    “Dobbiamo anche tener presente, senza false semplificazioni, che i dodici Apostoli erano pescatori e artigiani di questa provincia, la Galilea, senza particolare preparazione, senza conoscenza del grande mondo greco e latino e sono andati in tutte le parti dell’Impero e anche fuori dall’Impero fino all’India e hanno annunciato Cristo con semplicità e con la forza della semplicità di che cosa è vero. Mi sembra importante che non perdiamo la semplicità della verità”.

     
    Il Pontefice ha, così, messo l’accento sul ruolo fondamentale che oggi riveste il parroco nella vita della Chiesa come anche della società:

     
    “Chi conosce meglio del parroco gli uomini di oggi? Al parroco vengono gli uomini, spesso senza maschere, non con altri pretesti ma nella situazione della sofferenza, della malattia, della morte, delle questioni in famiglia. Vengono nel confessionale senza maschera, con il proprio essere. Nessun’altra professione dà questa possibilità di conoscere l’uomo come è nella sua umanità e non nel ruolo che ha nella società”.

     
    Dal parroco alla parrocchia: il Papa ha invitato i sacerdoti ad aprire le chiese a chi cerca Dio, a riscoprire esperienze antiche come quella del catecumenato:

     
    “Mi sembra importante insieme alla Parola creare un luogo di ospitalità della fede, un luogo dove si faccia una progressiva esperienza della fede e qui vedo anche il compito della parrocchia dell’ospitalità per quelli che non conoscono questa vita tipica. Non essere un cerchio chiuso - noi abbiamo le nostre consuetudini - ma aprirsi e cercare di creare anche 'vestiboli', cioè spazi di avvicinamento”.

     
    La comunità dei fedeli, ha proseguito, è una realtà preziosa che non va mai sottovalutata. La sua testimonianza, infatti, mostra che la fede è viva, non è solo una cosa della passato:

     
    “La testimonianza della comunità credente come sottofondo della Parola, dell’Annuncio, è di grandissima importanza e dobbiamo con la Parola aprire, per quanto possiamo, a coloro che cercano Dio”.

     
    Alla Parola, ha dunque ribadito, va collegata la testimonianza, l’accoglienza dei poveri e dei bisognosi, ma anche l’annuncio evangelico ai ricchi, affinché aprano i loro cuori. I fedeli sono così chiamati a dare credibilità, ragione della propria speranza:

     
    “I cristiani dovrebbero essere fermento di giustizia, di integrità, di rettitudine e di carità nella nostra società con tanti problemi, tanti pericoli, ma anche tanta corruzione che esiste. Mi sembra così anche che realizzano un ruolo missionario essendo realmente persone di vita giusta”.

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    Padre Lombardi sulla richiesta di scuse di Williamson: è inadeguata e non rispetta le condizioni richieste

    ◊   Una dichiarazione non indirizzata al Papa e non rispettosa di quanto richiesto. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato oggi con queste parole la richiesta di perdono che il vescovo lefebvriano negazionista, Richard Williamson, ha indirizzato alle vittime dell’Olocausto. “Non si tratta - ha affermato padre Lombardi - di una lettera indirizzata al Santo Padre o alla Commissione Ecclesia Dei. La ‘dichiarazione’ del vescovo - ha osservato - non sembra rispettare le condizioni stabilite nella nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio 2009, dove si diceva - ha concluso padre Lombardi - che egli ‘dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah”.

    Scusandosi per i commenti rilasciati tempo fa in un’intervista che misconoscevano la tragedia dell’Olocausto, mons. Wialliamson ha detto - secondo quanto riportato dalle agenzie - di rammaricarsi per “aver espresso quelle dichiarazioni”. Aggiungendo fra l’altro: “Se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate”.

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    Convegno sulle malattie rare: intervento del cardinale Lozano Barragán

    ◊   Ogni cultura è assurda se non è fondata sul valore della persona umana. E’ il cuore della Lectio Magistralis tenuta questa mattina a Roma dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, in apertura del Convegno svoltosi alla Camera sul tema “Malattie rare e disabilità: siamo rari ma tanti”. L’iniziativa è stata organizzata dall’Associazione Giuseppe Dossetti per la tutela e lo sviluppo dei diritti umani in occasione della Seconda Giornata Europea delle Malattie rare che ricorre domani. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Il valore fondamentale di ogni cultura è la dignità, mai negoziabile, della persona umana: senza ciò è assurda ogni cultura. Il cardinale Javier Lozano Barragán ha aperto così questa mattina i lavori del convegno a Roma sulle malattie rare. Alla base di una corretta cura – ha constatato il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute – devono esserci valori solidi, perché senza valori non è possibile la cultura. Il porporato ha ricordato come le radici cristiane dell’Occidente, più volte sottolineate dal Papa, rappresentino valori su cui l’Occidente è stato costruito e senza le quali l’Occidente non si capirebbe più. Ma l’odierna mentalità relativista nega l’esistenza di una base valoriale condivisa anche perché pone le sue basi su una concezione etica e filosofica neopositivistica che nella già nella prima metà del XX secolo – come ricordato dal cardinale Barragán – riteneva i valori non accettabili perché non fondati sull’esperienza.

     
    Il porporato ha citato quelle teorie filosofiche che affermano che il bene è stabilito dall’arbitrio del singolo individuo, quindi ha citato gli scritti di etica di Engelhardt in cui si afferma che non tutti gli esseri umani sono persone, ma solo quelli pienamente coscienti e relazionabili: quindi non lo sono i neonati, i depressi, i menomati mentali o coloro che si dicono essere in stato vegetativo. Secondo Engelhardt, alcuni animali come lo scimpanzé sono superiori a queste quattro classi di esseri umani, la cui uccisione non corrisponde a quella di una persona.

     
    Di fronte a questa inquietante conclusione, espressione di un relativismo etico, soprattutto parlando di malattie, “c’è bisogno di affermare il valore della persona umana che – ha detto il porporato – non si intende per quello che ha o può fare, ma per quello che è, indipendentemente dalle sue qualità”. Pensare che solo lo sperimentabile esista è paragonabile – ha aggiunto il cardinale Barragán – a quella persona che definisca esistente solo ciò che è alla portata del proprio campo visivo.

     
    “La coscienza sperimentabile è importante, ma non è l’unica possibile”, così come “l’economia non può presiedere al sistema totale di valori” . Quando si dà la priorità ai valori economici, di fronte ad una crisi dell’economia tutta la persona e la società entrano in crisi”. “La cultura – ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute – poggia su due colonne: mangiare e trascendere: se tutto è mangiare muoriamo, perché ci troveremmo nella selva dell’homo homini lupus. Se tutto è trascendere, senza mangiare, ugualmente muoriamo, perché abbiamo un corpo da sostenere. Ma senza trascendere, ognuno si dirige per proprio conto verso un egoismo chiuso che uccide”.

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    Il metropolita ortodosso Kryštof in visita in Vaticano: intervista con il cardinale Kasper

    ◊   E’ iniziata ieri la visita in Vaticano di Sua Beatitudine Kryštof, metropolita ortodosso delle Terre Ceche e di Slovacchia. Domani è in programma l’incontro col Papa. Su questa visita e sulla situazione di questa Chiesa ortodossa ascoltiamo il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – It’s a young church and it’s also in a post-communist country with all the …
    E’ una Chiesa giovane ed è una Chiesa in un Paese post-comunista con tutti i problemi della transizione; per questo noi siamo felici di incontrare l’arcivescovo Kryštof, siamo felici che venga a far visita al Santo Padre. Finora, non abbiamo avuto grandi contatti con lui e per questo è un buon segno il fatto che possiamo iniziare ad allacciare rapporti con questa giovane, piccola Chiesa che vive in un Paese ormai occidentalizzato. Il metropolita è una personalità molto aperta e penso che non sarà difficile instaurare buoni rapporti con lui. E’ il benvenuto qui, a Roma!

     
    D. – La Chiesa cattolica e quella ortodossa hanno vissuto una storia comune di sofferenza e di martirio sotto il lungo regime comunista; eppure, ci sono ancora contrasti riguardo alle proprietà…

     
    R. – Well, the conflict about Church property is going on in all these countries: …
    In realtà il contrasto sulle proprietà della Chiesa è ancora attuale in tutti questi Paesi, non soltanto nella Repubblica Ceca e in Slovacchia: ovunque. Purtroppo, questa è l’eredità del comunismo, ed è molto più aspro di quanto non si possa pensare; ed è anche eredità della questione hussita, che è sempre presente: ecco perché la Chiesa lì non ha vita facile. Tra l’altro la Chiesa cristiana, nella Repubblica Ceca, è molto secolarizzata, la mentalità è simile a quella che abbiamo nella Germania dell’Est, con una secolarizzazione molto avanzata e la perdita della dimensione di Dio. Ecco, la Chiesa nella Repubblica Ceca vive - come dicevo - in un contesto ormai occidentalizzato, ma si tratta pur sempre di uno Stato ex-comunista nel quale c’è stata una forte persecuzione. Tuttavia ci sono anche ragioni di speranza perché il sangue dei martiri ha dato vita a nuovi cristiani. Penso che i tanti, tanti martiri che l’Est e l’Ovest hanno in comune nel secolo appena trascorso siano ragione di speranza per noi e per questo XXI secolo. (Traduzione a cura di Gloria Fontana)

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    Giornata missionaria ispanoamericana: il messaggio della Pontificia Commissione per l’America Latina

    ◊   “Annunciare il Vangelo, come constatiamo nell'azione missionaria dell'apostolo Paolo, non consiste nella fredda trasmissione di una dottrina, ma fondamentalmente nel testimoniare la propria esperienza di incontro con una persona, con Gesù Cristo stesso, il quale costituisce l’unica realtà che ha la forza di aprire il cuore degli uomini a contatto con la verità”. È per questo che “solo uniti a Cristo, solo con Cristo, l’America vive la missione!". E’ quanto si legge nel tradizionale messaggio annuale della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal) che il suo presidente, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi e il suo vicepresidente, mons. José Octavio Ruiz Arenas, hanno inviato a tutte le diocesi della Spagna in occasione della giornata di solidarietà missionaria con le Chiese ispanoamericane prevista domenica prossima. Il servizio di Luis Badilla:

    Il tema della giornata, “America con Cristo, vivi la missione”, rileva due realtà intimamente collegate: “Da una parte, ci ricorda la chiamata ad andare nel mondo intero per essere autentici discepoli’ di Gesù. Dall'altra, ci riconferma in una sicurezza che ha il suo fondamento nella promessa stessa del Maestro: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. "Davanti alla crisi di fede che si vive oggi in America Latina – prosegue il messaggio - urge far conoscere Cristo e annunciare la sua Parola con ardore agli uomini e alle donne del Continente; per fare ciò dobbiamo fondare il nostro impegno missionario e tutta la nostra vita sulla roccia della Parola di Dio”. Perciò si ricorda anche come la celebrazione della Giornata inviti a rivolgere lo sguardo alla realtà dell’America Latina, una realtà complessa sottoposta a rapidi cambiamenti in diversi ambiti della vita politica, economica, sociale e religiosa con ripercussioni non sempre positive sulla vita delle persone.

     
    Davanti alla crisi della fede religiosa e al compito urgente dell’evangelizzazione, richiamato dal recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio e dalla Conferenza di Aparecida, il Messaggio esorta a lasciarsi ispirare dall’Apostolo Paolo, il quale per fronteggiare le sfide di un ambiente ostile all’annuncio del Vangelo ha trovato forza nell’incontro con la Persona, con il Dio fatto uomo venuto ad incontrare ogni creatura in modo personale. Per questo l'America Latina deve “riscattare e riaffermare i valori cristiani che sono alla radice della sua cultura e delle sue tradizioni”. E’ urgente e necessario “far giungere la luce del Vangelo alla vita pubblica, culturale, economica e politica”. Ma come rispondere a tali sfide? La Pontificia Commissione ricorda le parole del discorso tenuto da Benedetto XVI il 13 maggio 2007 per la sessione inaugurale dei lavori della quinta Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ad Aparecida: “Solo chi riconosce Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano”. Invocando infine l’intercessione di Maria Santissima, il Messaggio rinnova ai sacerdoti e ai religiosi l’invito a rispondere con generosità all’impegno missionario nel “Continente della Speranza” , facendosi portatori della Parola “fino ai confini della terra”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, una riflessione del vice direttore sull'incontro di ieri tra Benedetto XVI e il clero di Roma. All'interno i testi integrali delle domande dei parroci e delle risposte del Papa.

    Sanità per tutti, più tasse ai ricchi, ma niente tagli alla difesa: nell'informazione internazionale, la ricetta di Obama per gli Stati Uniti alle prese con il deficit più alto dal 1942.

    Ogni giorno nel Darfur muoiono settantacinque bambini: un articolo sulla crisi umanitaria che da sei anni segna drammaticamente la regione occidentale del Sudan.

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    Oggi in Primo Piano



    Obama presenta la finanziaria: più tasse ai ricchi per una sanità per tutti

    ◊   Tasse più alte per i più ricchi e un fondo per riformare la sanità, sono alcuni dei punti forti della finanziaria statunitense presentata ieri da Barack Obama. Il presidente Usa ha lanciato un allarme forte: il deficit nel 2009 raggiungerà il livello più alto dal dopoguerra. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    “Mille e settecentocinquanta miliardi di dollari: il deficit Usa di quest’anno, il 12,3% dell’economia statunitense, il picco più alto dal dopoguerra. L’eredità della presidenza Bush pesa sull’era Obama, e lui vuole dimezzare il buco entro la fine del suo primo mandato, nel gennaio 2013 e spiega che sono stati già identificati risparmi per circa duemila miliardi di dollari. Più tasse per i ricchi, introiti verdi dagli scambi con le emissioni di C02 per finanziare gli aiuti fiscali al ceto medio-basso, sono alcuni dei punti forti della finanziaria, ma soprattutto un fondo per la sanità da 634 miliardi, la promessa fatta in campagna elettorale che Obama vuole mantenere: l’estensione della copertura sanitaria a tutti i cittadini, in un Paese dove circa 46milioni di persone sono escluse da qualsiasi forma di assistenza. Per quanto riguarda la difesa, il presidente prevede una spesa di 663,7 miliardi di dollari, cifra che include il costo delle guerre in Iraq e in Afghanistan, il che segna un aumento di circa l'1,5% rispetto allo scorso anno. La situazione è grave, Obama avverte gli americani che si troveranno davanti a dure scelte: "rinunciare a cose che piacciono ma che non ci si può permettere. Il che varrà anche a livello di governo”.

     
    E sugli obiettivi che Obama si prefigge con il nuovo piano di bilancio Debora Donnini ha intervistato l’economista Giacomo Vaciago:

    R. – E’ chiaro che questo bilancio contiene le promesse, pensiamo alla sanità, ma contiene anche la scommessa che l’economia americana ritorni a crescere, perché altrimenti non vedo come si riuscirà entro il 2013 a ridurre il deficit dal 12,3 di quest’anno al 3,5 per cento del Pil.

     
    D. – Ma secondo lei i mezzi proposti sono quelli giusti?

     
    R . –Sì, però l’America oggi è solo un quarto del Pil mondiale e dobbiamo aiutarla, nel senso che l’economia americana non riesce a essere locomotiva di un mondo immobile: bisogna che anche l’Europa e la Cina facciano la loro parte.

     
    D. - Per finanziare la riforma sanitaria con 634 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni sono previste più tasse sui redditi alti. Qual è il peso, l’importanza di questa riforma sanitaria?

     
    R. – Nel sistema americano c’è “Medicare” per i veramente poveri e per gli altri niente. Invece, con il progetto Obama viene estesa una minima sanità a tutti, cosa che per noi europei è normale, mentre per l’America è la vera rivoluzione sociale che ha portato Obama alla vittoria e adesso deve riuscire a mantenerlo.

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    Usa: oggi l'annuncio del ritiro delle truppe americane dall'Iraq

    ◊   E’ atteso per oggi l’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sul ritiro della maggior parte delle forze statunitensi dall’Iraq entro il 31 agosto del 2010. Resteranno dei circa 140 mila soldati, 50 mila militari che lasceranno il Paese alla fine del 2011. Intenzione della Casa Bianca è di riesaminare il piano del ridispiegamento se nel Paese del Golfo si assisterà ad una nuova escalation di violenze. Ma come valutare questa mossa della nuova amministrazione americana? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università Statale di Milano:

    R. - Questo era un annuncio scontato, naturalmente non soltanto perché Obama lo aveva promesso in campagna elettorale ma perché è chiaro che il fuoco politico e strategico delle attenzioni non soltanto americane in Medio Oriente, si sta spostando dall’Iraq all’Afghanistan. Questo è il rapporto tra le due decisioni: da un lato c’è un disimpegno crescente dall’Iraq e dall’altro lato c’è invece un aumento progressivo dell’impegno in Afghanistan.

     
    D. – I vescovi iracheni più volte si sono detti preoccupati per il ritiro, esprimendo la loro angoscia per una situazione non certo facile. L’Iraq è davvero pronto?

     
    R. – Questo è molto difficile da dire. Il ritiro americano non cambia la sostanza politica della guerra. Dal punto di vista politico, la guerra in Iraq è e resta un fallimento. L'efficacia di una guerra non si valuta sul terreno strettamente militare ma si valuta a partire dagli obiettivi politici che il conflitto si prefiggeva. Tutti quegli obiettivi non sono stati raggiunti: non sappiamo esattamente quale sarà la configurazione politica interna dell’Iraq nei prossimi mesi.

     
    D. – La nuova amministrazione americana sembra, a questo punto, orientata verso un altro fronte caldo, quello afghano. Come si muoverà Washington su questo scenario?

     
    R. – Su questo scenario, Washington da un alto si muoverà cercando di aumentare la propria presenza militare; incrementare la presenza militare diretta degli Stati Uniti è l’unico modo che gli Stati Uniti hanno per non aumentare, oltre misura, le pressioni sugli alleati affinché siano gli alleati ad aumentare il loro contributo. Ma questa quadratura del cerchio non può funzionare nei prossimi mesi, nel senso che l’amministrazione americana chiederà, senza dubbio, un maggiore contributo agli alleati europei. Questo sarà un grande problema per gli alleati europei perché dire di no a Bush, con la sua vocazione anche dal punto di vista del linguaggio unilateralista, era una cosa, dire di 'no' a Barack Obama sarà sicuramente un’altra.

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    Quaresima e crisi economica: la riflessione di Giorgio Vittadini

    ◊   Incontrando ieri i parroci romani, il Papa ha parlato delle ragioni profonde dell’attuale crisi economica, denunciando l’idolatria del denaro. La Quaresima, appena iniziata, con il suo invito alla conversione, cade proprio in un momento critico per la situazione mondiale, ma che può essere foriero di sviluppi positivi come afferma Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Quaresima vuol dire anche conversione, cambiamento, necessità del cambiamento per arrivare alla Pasqua. Io penso che in questo caso, per chi crede ma anche per chi non crede, crisi possa voler dire cambiamento e conversione, cioè necessità di andare al fondo di noi stessi per poter affrontare condizioni più difficili. Negli anni di maggior crisi ci può essere una sfiducia, un abbandono, ma si può essere spinti a cambiare per rendere migliore le condizioni proprie e degli altri. Io penso che questo sia ciò che connette questa Quaresima a questo momento, non solo in termini spirituali ma anche in termini materiali.

     
    D. – Riportare la spiritualità nell’economia, nel mondo del lavoro, può essere un segno di questa Quaresima, un proposito di questi giorni che ci separano dalla Pasqua?

     
    R. – Sì, soprattutto se con spiritualità noi intendiamo riportare l’idea dell’uomo nella sua integralità. La risorsa umana è il fattore dello sviluppo. C’è una teoria importante in economia che è la teoria del capitale umano. Prima ancora di parlare di capitale umano e di risorse umane, parliamo dell’io. In questi anni di "orgia finanziaria", di separazione dell’economia dall’esperienza umana e cristiana, si è teorizzato che non serviva quest’uomo integrale con le sue dimensioni, con le sue relazioni, serviva un uomo a metà. Adesso si capisce che non sta in piedi, perché questo uomo a metà non in grado di superare la crisi, non è in grado di avere né l’intelligenza né la volontà di far questo. Riportare la spiritualità al centro della vita economica e pensare che in un’azienda non c’è uno con cui scambiare un salario, ma c’è una persona che quanto più vive di ideali, di religione, di famiglia, di valori sociali tanto più è utile e capace di lavorare. Questo è il vero grande cambiamento che ci aspetta e di cui si parla poco.

     
    D. – Dobbiamo dire che questa Quaresima trova il sistema, il mondo del lavoro o dell’economia, ma soprattutto l’uomo, pessimista...

     
    R. – L’uomo è pessimista di fronte a se stesso se non sente il desiderio grande di vita che ha e soprattutto se i cristiani non testimoniano quella novità di vita che è la presenza di nostro Signore che è verificabile nella realtà. Se noi non diamo il segno, non tanto di un ottimismo, ma soprattutto del realismo positivo di questa vittoria sul mondo che segna la Pasqua, se noi non facciamo tale cammino per recuperare questo, è chiaro che intorno a noi la gente può essere pessimista e poi non capisce più cosa è la vita, cosa è il lavoro e altro.

     
    D. – Come vivere questa Quaresima guardando concretamente alle preoccupazioni della vita quotidiana?

     
    R. - Usare tutte le possibilità che abbiamo per rendere migliore la nostra condizione e quella degli altri. Non ridursi a chiedere che qualcun altro faccia il nostro dovere, il nostro compito. Mettersi insieme per trovare risorse, recuperare lo spirito associazionistico, lo spirito di appartenenza alla vita della Chiesa e guardare intorno a noi quelli che hanno bisogno per costruire con loro risposte di breve e di lungo periodo. E’ il momento dell’azione, della responsabilità, è il momento del compito, non è certo il momento del pessimismo e del tirarsi indietro.

     
    D. – Per i più sfiduciati queste potrebbero suonare soltanto come parole vuote, vane...

     
    R. - E’ chiaro che se queste sono parole non servono a niente ma se c’è una presenza reale delle comunità cristiane allora queste sono parole accompagnate dai fatti. Non possiamo mai separare l’insegnamento dall’azione e quello di cui c’è bisogno è, per esempio, una Chiesa viva che sia concretamente a fianco dei più poveri mostrandogli che c’è qualcuno che pensa a loro e che ama la loro vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Hanoi: in migliaia danno l’ultimo saluto al cardinale Pham Dình Tung

    ◊   Migliaia di persone hanno partecipato ieri ai funerali del cardinale Pham Dình Tung, arcivescovo emerito di Hanoi. Deceduto domenica scorsa all’età di 89 anni, il cardinale Tung aveva svolto un ruolo importante negli sforzi per il processo di riavvicinamento in corso tra il Vaticano e il Vietnam. I rapporti diplomatici tra la Santa Sede e Hanoi – ricorda l’agenzia Misna - sono ufficialmente interrotti dal 1954, e non sono stati ancora ripristinati benché in Vietnam viva una delle maggiori comunità di cattolici in Asia: 6 milioni, pari al 7% circa degli 86 milioni di abitanti. Dopo la morte di Tung, Benedetto XVI in un messaggio ha definito il cardinale “pastore eminente che ha servito con grande coraggio e fedele generosità la Chiesa e la sede di Pietro in circostanze difficili, impegnandosi senza risparmiarsi per l’annuncio del Vangelo”. Nato nel 1919 nella provincia settentrionale di Ninh Binh, Pham Dình Tung fu ordinato sacerdote nel 1949. nel 1990 è divenuto arcivescovo e quattro anni dopo è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II. Per decenni, il cardinale Pham Dình Tung – scrive Avvenire – “è rimasto di fatto confinato agli arresti domiciliari e non ha potuto visitare tutte le parrocchie della sua diocesi". (A.L.)

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    Amarezza dei vescovi piemontesi per le critiche di Küng al Papa

    ◊   “Un attacco infondato” che alimenta la disinformazione perchè ignora “la linea del Papa e della Santa Sede fermamente contraria ad ogni rigurgito di antisemitismo”. E’ quanto afferma in un comunicato la Conferenza episcopale del Piemonte rispondendo alle “ingiuste critiche” rivolte a Benedetto XVI dal teologo Hans Küng nell’intervista pubblicata dal giornale francese "Le Monde" e ripresa dal quotidiano torinese “La Stampa”. “Decisamente infondata – si legge nel documento ripreso da Avvenire – è la descrizione che viene fatta della persona del Santo Padre e della sua preparazione teologica e culturale, universalmente riconosciute, non solo in ambito cattolico”. La Conferenza episcopale piemontese esprime inoltre “meraviglia” per il fatto che “un giornale di grande tradizione come La Stampa non sappia valutare per quello che sono certe posizioni” che vorrebbero presentarsi come “aperte e innovatrici” e che risultano, invece, “sempre più ripetitive, provinciali e scontate”. Grande amarezza esprime, in particolare l’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto secondo cui “è da respingere la provocazione di chi, come il professor Küng, con la pretesa di essere lui a indicare al Papa le scelte che dovrebbe compiere per il bene della Chiesa, misconosce in modo pregiudiziale la generosa dedizione con cui Benedetto XVI svolge il suo servizio petrino in fedeltà alle Sacre Scritture e al Concilio, e con la volontà di riunire nell’unica Chiesa di Cristo tutti i credenti, anche i più lontani”. (A.L.)

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    Domenica la consegna al Patriarcato di Mosca della Chiesa Russa di Bari

    ◊   La cerimonia di consegna al Patriarcato di Mosca della Chiesa Russa di Bari dedicata a San Niciola che si svolgerà domenica prossima alle 15.30 nella chiesa ortodossa di corso Benedetto Croce è “un passo per crescere nell’amicizia”. E’ quanto ha affermato al Sir mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto. Alla cerimonia sarà presente, oltre ai capi di Stato di Italia e Russia, Giorgio Napolitano e Dimitry Medvedev, anche il cardinale Salvatore De Giorgi, che in veste di legato pontificio leggerà un messaggio di Benedetto XVI. “La consegna della Chiesa russa, oltre che per i rispettivi governi italiani e russi – commenta l’arcivescovo Cacucci - segna un ulteriore passo per crescere nell’amicizia nella Chiesa tra Bari e il Patriarcato di Mosca”. “I riferimenti ecumenici – aggiunge il presule - sono evidenti: il Patriarca Kirill è venuto più volte a Bari a pregare sulla tomba di San Nicola. Preghiamo il Santo di Myra perché sia sempre di più segno di comunione tra Chiesa cattolica e ortodossa”. Per i russi la cerimonia di domenica rappresenta un evento storico atteso da 100 anni. La Chiesa fu fondata nel 1913 per accogliere i pellegrini russi e da sempre rappresenta l’amore del popolo russo per la persona di San Nicola. (A.L.)

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    Progetto a Gaza per consentire l’accesso all’acqua a 22 mila civili

    ◊   E’ stato concesso l’ingresso a Gaza a tre container dell’Ong Gvc Onlus, Gruppo di volontariato civile, che raggiungeranno nelle prossime ore il campo profughi di Al Buerij (Governatorato di Deir El-Balah) per l’installazione di un desalinizzatore. Grazie a questo intervento, 22.000 rifugiati avranno finalmente acqua potabile. A darne notizia oggi è la stessa Ong, presente nella lista delle ong vagliate dalle Nazioni Unite per avere accesso ai corridoi umanitari di Gaza. Il programma, sostenuto da Echo, l’ufficio della Commissione europea per l’aiuto umanitario, oltre all'installazione dell'impianto, prevede attività di controllo sulla qualità dell'acqua fornita dalla rete municipale e dai venditori privati. Il progetto – rende noto il Sir - punta anche a garantire una più equa distribuzione delle risorse idriche contribuendo alla riduzione della frequenza delle interruzioni del servizio.I recenti attacchi dell’esercito israeliano hanno ulteriormente aggravato la situazione e alcune condotte idriche già costruite dall’Ong sono state distrutte. Al momento degli attacchi aerei israeliani, il gruppo di volontariato stava operando a Gaza con due progetti finanziati dall’Ue: l'installazione di un desalinizzatore per portare acqua potabile a 22 mila persone e la realizzazione di una rete idrica destinata a un campo profughi di 37 mila persone. (A.L.)

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    Messaggio dei vescovi del Congo-Brazzaville per le prossime elezioni

    ◊   I vescovi della Repubblica del Congo invitano uomini e donne di buona volontà “a partecipare attivamente” alle prossime elezioni “con un voto cosciente, chiaro e libero”. In un messaggio dal titolo “Non abbiate paura”, la Conferenza episcopale del Congo-Brazzaville chiede che le “elezioni siano veramente libere, giuste e trasparenti e che l’Organo incaricato di prepararle, organizzarle e pubblicarne i risultati, sia anche veramente libero, giusto ed indipendente”. “Dinanzi alla diversità dei programmi – scrivono i presuli – il nostro voto deve essere preceduto da una riflessione che ci permetta di definire la società che vogliamo per gli anni a venire: una società giusta e più fraterna”. I vescovi raccomandano agli elettori di valutare le capacità dei candidati “in base al loro programma e alla loro attitudine per il buon governo, la loro onestà morale nella gestione dei beni pubblici e il rispetto per il carattere sacro ed inviolabile della vita umana”. Preoccupazione della Conferenza episcopale è che la campagna elettorale si svolga “in un clima di pace vera, senza alcun ricorso alla violenza fisica o psicologica” e che i candidati rispettino “i valori della verità, del realismo, della tolleranza e della pace, prima, durante e dopo le elezioni”. Citando l’enciclica di Giovanni Paolo II Sollicitudo Rei Socialis, i vescovi aggiungono che “la Chiesa non ha soluzioni tecniche, non propone sistemi o programmi economici e politici, non manifesta preferenze” e che la Dottrina sociale della Chiesa si ispira al Vangelo, promuovendo quindi “la pace, la verità, la libertà, la giustizia, la solidarietà, il rispetto della vita, del bene comune e dell’ambiente”. Nel loro messaggio i vescovi hanno voluto inoltre ricordare quanto scritto da Benedetto XVI nell’Enciclica Deus Caritas est sottolineando che “la Chiesa non può né deve intraprendere battaglia per edificare una società più giusta possibile” e che essa “non può né deve mettersi al posto dello Stato” ma che “essa non può né deve restare in disparte nella lotta per la giustizia”. Agli attori politici i presuli rivolgono l’esortazione ad evitare provocazioni suscettibili di creare inutili tensioni, diffidenza e lacerazioni sociali. La Conferenza episcopale del Congo non manca poi di richiamare i media al loro ruolo perché forniscano “una informazione franca e seria”. Infine il messaggio dei vescovi si conclude con l’incoraggiamento a non aver paura “di servire la Nazione secondo i valori del Vangelo” e di aprirsi a Cristo. (T.C.)

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    Arrivano oggi in Italia le suore liberate in Africa

    ◊   Sono attese oggi all'aeroporto di Caselle di Torino suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Olivero, rapite in Kenya il 9 novembre scorso e liberate il 19 febbraio dopo 102 giorni di prigionia. “Abbiamo vissuto momenti di angoscia, ma non abbiamo mai temuto per la nostra vita” hanno detto le due religiose del Movimento contemplativo missionario padre de Foucauld in un’intervista concessa poco prima di partire da Nairobi a ‘La Guida’, settimanale cattolico di Cuneo che questa mattina esce in edicola con la loro foto in prima pagina. Nell’intervista - riferisce l'agenzia missionaria Misna - le due suore ricostruiscono i momenti del sequestro a Elwak (in Kenya), il viaggio di 132 ore in auto fino in Somalia e l’attesa della liberazione all’interno di una stanza dove i sequestratori non facevano loro mancare nulla. Un ringraziamento per il sostegno ricevuto negli ultimi tre mesi è stato espresso infine da don Fredo Olivero, sacerdote e fratello di Maria Teresa: “Grazie alle decine di migliaia di persone che hanno sostenuto l’attesa della liberazione”, ha detto don Fredo ricordando come per il positivo esito finale sia stato importante anche il contributo dato dal nuovo presidente somalo Sheikh Sharif Sheikh Ahmed. (A.L.)

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    Guerre e crisi finanziaria al centro della riunione del Consiglio Mondiale delle Chiese

    ◊   Rafforzare il sostegno tecnico e umanitario per la ricostruzione della Repubblica Democratica del Congo e proteggere la vita umana nella Striscia di Gaza. Sono le priorità indicate durante la riunione del comitato esecutivo del Consiglio Mondiale delle Chiese, tenutasi nei giorni scorsi in Svizzera. “La popolazione congolese – si legge in un documento dell’organismo ecumenico ripreso dall’Osservatore Romano – è stata derubata della propria ricchezza attraverso il saccheggio sistematico delle risorse naturali del territorio che, invece, dovrebbero servire per il benessere della società”. Grande preoccupazione viene espressa anche per la popolazione di Gaza, dove “la situazione umanitaria resta estremamente allarmante”. Si esortano poi le varie comunità ecclesiali a pregare per il raggiungimento della pace nei Paesi sconvolti dal dramma della guerra. Durante la riunione, sono state prese in esame gli effetti che la crisi finanziaria ed economica mondiale stanno avendo sulle fasce sociali più deboli della popolazione: “Le Chiese – è stato ricordato durante la riunione – non possono dimenticare l’impatto che questa crisi sta avendo sui poveri”. (A.L.)

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    Dalla Casa Bianca invito ai cattolici a collaborare sulle politiche sociali

    ◊   I cattolici americani collaborino con maggior incisività con l’Office on Faith-Based and Neighborhood Partnership che ha competenza sugli affari religiosi. E’ l’invito espresso da Joshua Dubois, responsabile alla Casa Bianca della nuova struttura governativa del governo federale. Intervenendo all’annuale Catholic Social Ministry Gatehering, tenutasi a Washington, Joshua Dubois ha illustrato le competenze dell’ufficio e ha chiesto la collaborazione dei cattolici impegnati nel campo sociale e assistenziale. Durante l’incontro, il responsabile della nuova struttura ha ricordato che l’indirizzo del nuovo presidente Obama è favorevole a politiche sociali che vadano incontro alle necessità dei più bisognosi. “La discussione – sottolinea l’Osservatore Romano – si è focalizzata sugli aiuti per le fasce più deboli della popolazione duramente colpita in questo periodo di recessione economica, sull’assistenza medica intesa come salvaguardia della vita, sui cambiamenti climatici che producono maggiormente i loro effetti nocivi su quanti dipendono dall’equilibrio ambientale, sulla diminuzione della disparità tra poveri e ricchi come misura necessaria per rendere il mondo più sicuro”. Nel documento finale della riunione tenutasi a Washington i rappresentanti dei cattolici americani hanno ribadito, inoltre, che il diritto ad una adeguata assistenza sanitaria non deve dipendere dalla fascia d’età, dal tipo di lavoro e tanto meno dal reddito e dal luogo di residenza dell’ammalato. E’ stato sottolineato, infine, che la soluzione del problema della povertà a livello mondiale è collegata strettamente al tema della pace e della sicurezza. (A.L.)

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    Colombia: al via la Fiera internazionale cattolica

    ◊   E' la città colombiana di Medellín ad ospitare, da oggi a domenica prossima, la seconda edizione della Fiera internazionale cattolica, che raduna diverse istituzioni artistiche, tecnologiche e sociali della Chiesa. Tra gli espositori, anche associazioni cattoliche latinoamericane esperte nel settore multimediale, che mostreranno la Biblioteca elettronica cristiana, “una delle pagine più consultate tramite i motori di ricerca su Internet”, informa una nota ripresa dall'Aciprensa. In agenda, poi, una riflessione etica sulla tecnologia e sulle sue responsabilità sociali. Presenti, inoltre, aziende che realizzano sculture sacre con legno di ulivo proveniente direttamente da Israele, così come organizzazioni che aiutano i migranti. “La nostra missione – dicono queste associazioni – è promuovere l’evangelizzazione nelle persone e nei gruppi migranti, specialmente nei rifugiati, per contribuire alla loro dignità e alla ricostruzione del tessuto sociale, guardando allo spirito del Buon Samaritano e donando loro un sostegno pisco-sociale”. Da sottolineare, infine, che durante la Fiera sarà possibile partecipare alla campagna “Unire per condividere”, destinata alla raccolta di cibo e materiale di prima necessità per i più poveri. (I.P.)

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    India: l’annuncio del Vangelo al centro della Conferenza nazionale dei giornalisti cattolici

    ◊   Con una Santa Messa, si è conclusa, domenica scorsa a Kochi, in India, la 15.ma Conferenza nazionale dell’Associazione della stampa cattolica indiana. A pronunciare l’omelia - riferisce Sarnews - è stato padre Jose Panthaplamthottiyil, priore generale dei Carmelitani di Maria Immacolata, il quale ha sottolineato come “i giornalisti cattolici debbano trasformarsi in una buona notizia”. “Come giornalisti – ha spiegato – ci trasformiamo in una buona notizia quando proclamiamo a voce alta e in modo chiaro i valori evangelici della giustizia e della pace, quando raccontiamo la vita e le difficoltà delle popolazioni e diamo loro voce attraverso i nostri articoli”. Quindi, il religioso ha esortato i cronisti a non restringere il proprio campo alla carta stampata, ma ad aggiornarsi nelle specializzazioni tipiche dei media digitali. “Viviamo in un mondo digitale – ha concluso padre Jose Panthaplamthottiyil – quindi è importante avere dimestichezza con l’uso delle tecnologie informatiche per comunicare le informazioni”. (I.P.)

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    Tavola rotonda a Roma su “Chiesa e comunicazione nell’Anno Paolino”

    ◊   “Per accorciare la distanza tra la fede e la notizia che ne potrebbe scaturire, servono la testimonianza, la professionalità e la competenza”. Così don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) per le comunicazioni sociali, ha introdotto l’incontro su “Chiesa e comunicazione nell'Anno Paolino”, promosso congiuntamente dall’Ufficio per le comunicazioni sociali e dal Servizio per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana e tenutosi ieri a Roma. Secondo don Pompili la realtà dell’informazione religiosa è condizionata da molti equivoci, quali la tendenza alla politicizzazione, con contrapposizioni tra progressisti e conservatori. Il direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali ha anche citato il cardinale Avery Dulles, deceduto lo scorso 12 dicembre: "Il contenuto principale della Chiesa - ha scritto il porporato - è un messaggio di fede, i media tendono invece alla ricerca di ciò che è spettacolare e scandalistico”. Per trovare una via dove la fede non cozza con la comunicazione, don Pompili ha suggerito di pensare alla “testimonianza come modo di esposizione attraverso i media” insieme a “professionalità e competenza”. In merito alla figura di San Paolo come grande comunicatore, il biblista Romano Penna ha precisato che l’Apostolo delle genti non era “uno scrittore per vocazione” e “se fosse vissuto oggi non sarebbe stato nemmeno un giornalista”. Il professor Penna ha rilevato come Paolo sia stato l’unico tra gli illustri maestri del primo secolo a lasciare documenti scritti. Fu costretto a scrivere dalla necessità di educare e formare la comunità cristiana. Le sue Lettere – ha aggiunto il biblista – “non erano dirette ad un unico soggetto, bensì ad una comunità di persone”. Alla tavola rotonda – rende noto l’agenzia Zenit - è intervenuto anche Igor Man, firma storica del giornalismo italiano, il quale ha raccontato diversi aneddoti vissuti in prima persona, come la guerra in Vietnam, il colpo di Stato in Sudan del 1975 dove rischiò di essere fucilato, o gli incontri con Madre Teresa e con Giovanni Paolo II. In particolare il cronista ha raccontato che durante una intervista, Che Guevara gli confidò di non essersi mai posto il problema di Dio: “Però se veramente esiste – disse – mi auguro che nel suo cuore ci sia posto anche per il comandante Ernesto Che Guevara”. Sul finire della tavola rotonda è intervenuto anche Gian Franco Svidercoschi, ex vice direttore de “L'Osservatore Romano”, il quale ha sottolineato come la banalizzazione e la distorsione degli interventi fatti dai Pontefici possa fare male all’informazione e all’opinione pubblica. (A.L.)

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    Civiltà Cattolica: l'immigrazione attenua l'invecchiamento dell'Italia

    ◊   “L’immigrazione può essere vista anzitutto come un fattore che attenua il progressivo invecchiamento della popolazione, sia perché gli immigrati in genere sono più giovani, sia perché sono più fertili degli italiani”. E’ quanto scrive nell'ultimo numero di Civiltà Cattolica, il direttore della rivista, padre Giampaolo Salvini. A sottolineare questa tendenza demografica è anche il rapporto presentato ieri dall’Istituto italiano di Statistica (Istat), secondo cui gli italiani hanno superato i sessanta milioni di abitanti grazie alla presenza di stranieri, oltre 4 milioni. I residenti in Italia – si legge nel rapporto - hanno in media 43,1 anni, gli stranieri 31,2. Il numero di immigrati in Italia non è però sufficiente a compensare il declino della quota di popolazione in età di lavoro: per stabilizzare “il rapporto tra la popolazione con 65 anni e più e quella 14-64 anni nel 2050 attorno al 30% - scrive padre Salvini - sarebbe necessario un flusso medio annuo di ingressi superiore al milione di persone”. Attualmente entrano in Italia tra 350.000 e 400.000 stranieri all’anno. La comunità di stranieri più numerosa – rende poi noto l’Istat - è quella romena (772 mila), seguita da albanesi (438 mila) e marocchini (401 mila). L’Italia, che negli ultimi anni è rapidamente diventata uno Stato di destinazione dei migranti, registra inoltre una presenza di stranieri minore di quella degli altri Paesi europei. Secondo recenti dati dell’Eurostat, nel 2005 la quota di residenti con più di 16 anni nati in un Paese diverso da quello di residenza era del 14% in Germania, del 12% in Francia, dell’11% nel Regno Unito. In Italia questo dato non supera il 6%. Per quanto riguarda l’economia, l’Istat rileva infine che rispetto a novembre, si è registrato un aumento dell’occupazione dello 0,2%. Tale riduzione riguarda soprattutto il settore dell’industria dove si fanno sentire le ripercussioni legate alla crisi economica mondiale. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Prospettive di accordo per un governo di unità nazionale palestinese

    ◊   Primi segnali di schiarita tra forze politiche palestinesi. La mediazione egiziana ha portato ad un accordo - raggiunto ieri al Cairo, tra Hamas, Fatah e altri gruppi palestinesi - per la formazione di un governo di unità nazionale entro fine marzo. L’intesa prevede la creazione di cinque commissioni, che oltre a tentare di far nascere un nuovo esecutivo si occuperanno tra l’altro di preparare le prossime elezioni politiche e presidenziali in tutti i Territori. Sulla possibilità che l'accordo appena raggiunto possa davvero mettere fine a mesi di separazione tra la Cisgiordania, guidata dal presidente Abu Mazen, e la Striscia di Gaza, controllata da Hamas, Giada Aquilino ha intervistato Marcella Emiliani, docente di Storia del Medio Oriente all’Università di Bologna-Forlì:

    R. - Il mediatore, leader dei servizi segreti egiziani, Suleiman, ha commentato questo accordo con una frase che, secondo me, spiega tutto: “Non hanno alternativa”. Ed vero. Al Cairo non c’erano solo Hamas e Fatah, ma circa una dozzina di altri gruppi palestinesi, quindi tutte le possibili espressioni della politica palestinese vi sono rappresentate. Il punto più importante che dovranno risolvere - quello che li ha portati in rotta di collisione gli uni con gli altri per formare un governo di unità nazionale - sarà fondere gli apparati di sicurezza, soprattutto quelli di Hamas e di Fatah, e dunque non avere più questi schieramenti armati gli uni contro gli altri. Dopo di che, sulle linee politiche di fondo il problema non è affatto risolto, perché mentre Fatah ha riconosciuto Israele, Hamas no.

     
    D. - L’avvicinarsi della Conferenza di marzo in Egitto, quando scenderanno in campo i Paesi donatori per la ricostruzione a Gaza, può avere accelerato questo accordo?

     
    R. - Assolutamente sì, nel senso che il 2 marzo si riuniranno i principali donatori: devono mettere a disposizione una cifra che va dai due ai 2,8 miliardi di dollari, ma questo non è un problema. La cosa importante è che se Hamas ha accettato di entrare in un governo di unità nazionale, l’ha fatto anche perché possano arrivare gli aiuti. Nessuno era disponibile a trattare direttamente con Hamas, nessuno voleva che i soldi della ricostruzione andassero ad Hamas. Ora che però si prospetta un governo di unità, evidentemente, anche l’inserimento graduale di Hamas in istituzioni riconosciute, può facilitare le cose.

     
    D. - Un’intesa che invece ancora non è stata raggiunta è quella di un cessate-il-fuoco duraturo a Gaza, tra Israele e Hamas. Come può evolvere la vicenda?

     
    R. - Naturalmente, la prima cosa che dovrà fare un governo ad interim, se verrà messo in piedi, sarà quella di garantire che nessun razzo cada più su Israele.

     
    Iraq
    Continua a salire il numero delle vittime subite dagli Stati Uniti in Iraq dal marzo 2003. È quanto fa sapere il comando statunitense. Si parla di 4.252 caduti, tra cui sette dipendenti civili del Pentagono, da quando ebbe inizio la guerra per rovesciare il regime dittatoriale di Saddam Hussein. Dall'inizio del mese ammontano già a quattordici i militari americani uccisi nel Paese arabo, ai quali va aggiunto un altro facente parte del contingente britannico. Intanto, c’è da registrare l’arrivo del presidente iracheno Jalal Talabani a Teheran per una visita di tre giorni durante la quale incontrerà l’omologo iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Durante l’incontro Teheran, chiederà l’espulsione dall’Iraq del gruppo locale di opposizione iraniana dei Mujahidin del popolo.

    Pakistan
    Migliaia di persone sono scese in strada in tutto il Pakistan per manifestare contro il presidente, Asif Ali Zardari, dopo la decisione della Corte Suprema di impedire al principale leader dell'opposizione, Nawaz Sharif, di candidarsi alle prossime elezioni e di avere incarichi politici. Ieri, la polizia ha arrestato 30 parlamentari negli scontri verificatisi a Lahore e Rawalpindi. E sempre in Pakistan, nella provincia nord-occidentale del Paese, si teme per la vita di sei bambini appartenenti alla minoranza sciita che si trovavano su uno scuolabus attaccato da un gruppo di miliziani. Nell’agguato, avvenuto nei pressi della valle di Swat, l’autista del mezzo è stato ucciso mentre altri due bambini sono rimasti feriti.

    La visita di Ahmadinejad in Africa
    Il presidente iraniano, Ahmadinejad, ha appena concluso una visita di tre giorni in Africa: ha fatto tappa nelle isole Comore, a Gibuti e in Kenya. In particolare, nella visita a Nairobi è giunto a capo di una delegazione di alto livello: tra gli altri, il ministro degli Esteri e 200 uomini di affari. La cooperazione economica era tra gli obiettivi della visita, ma ci sono stati appuntamenti anche con leader religiosi. Del significato e dell’importanza di questa visita del presidente iraniano in Africa, Fausta Speranza ha parlato con l’inviato del Corriere della Sera, Massimo Alberizzi, raggiungendolo telefonicamente in Kenya:

    R. - Gli accordi commerciali nascondono sempre una penetrazione, un’influenza politica. L’influenza politica iraniana è sicuramente anche un’influenza religiosa, anche se è sciita e i musulmani che sono da questa parte sono sunniti. Però, si vede un crescere continuo di moschee, per esempio, in Etiopia, in Eritrea - perfino in Eritrea che è un Paese che dovrebbe essere molto laico - e anche qui in Kenya, dove ci sono numerosi finanziamenti. La povertà, ovviamente, incide su questo perché se uno apre una moschea e poi accanto una scuola coranica e infine il refettorio è ovvio che le popolazioni più povere ne sono attratte. Io credo che il Kenya, comunque, dipenderà sempre dagli aiuti occidentali.

     
    Sud Sudan
    I combattimenti di questa settimana nella città di Malakal nel sud Sudan hanno provocato 50 morti e 100 feriti. È quanto denunciano fonti ONU, che parlano di scontri tra ex ribelli dell’Armata per la liberazione del Sud Sudan (Spla) e uomini legati a Gabriel Tang, un capo della milizia nordista durante la guerra civile tra sud e nord Sudan e ora generale delle forze armate sudanesi.

    Ue-Usa
    L'Ufficio del presidente ceco, Vaclav Klaus, e il ministro degli Esteri, Karel Schwarzenberg, hanno confermato la visita del presidente Usa, Barack Obama, a Praga nell'ambito del suo viaggio in Europa ai primi di aprile. Obama dovrebbe arrivare assieme al segretario di Stato, Hillary Clinton, e alla Difesa, Robert Gates. La Repubblica ceca, che attualmente riveste la presidenza di turno dell'Ue, si sta adoperando per poter ospitare a Praga un vertice Ue-Usa con Obama sin dal uso insediamento alla Casa Bianca a gennaio. Secondo l'agenzia ceca Ctk, fra i temi in agenda dei colloqui con Obama anche il futuro dello scudo spaziale americano che prevede l'installazione di radar antimissile sul territorio ceco e di una base di dieci intercettori in Polonia. I relativi accordi bilaterali sono stati firmati tra Praga e Washington a luglio e settembre scorsi. Manca ancora l'ok del parlamento ceco. Obama aveva annunciato di volere confermare il progetto se risulterà “tecnologicamente e finanziariamente conveniente”.

    Crisi e Europa dell’Est
    La crisi economica si fa sentire anche nei Paesi dell’est Europa. In qualche caso, i governi si trovano in seria difficoltà e non sarebbe una crisi senza conseguenza sull’intera area. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    Siamo sull’orlo della bancarotta: questa l’ammissione del nuovo primo ministro lettone, Valdis Dombrovskis, subito dopo l’investitura. Servono tagli dolorosi se si vuole evitare il collasso finanziario. Il Paese baltico ha ottenuto un prestito dal Fmi, ma non ha adempiuto completamente agli impegni presi. Una simile situazione si osserva in Ucraina dove la crisi economica va però a braccetto con quella politica. Lo scontro tra il presidente Yushenko e il premier Tymoshenko prosegue senza sosta. Il rating sul debito della Repubblica ex-sovietica è stato ridotto di due gradini provocando ingenti perdite a numerose società straniere che hanno investito nel Paese. In Russia il governo si scontra con la necessità di dover tagliare le spese di bilancio. Nel giro di pochi mesi, l’Europa centro-orientale è passata da un boom esaltante allo spettro del default. Il timore delle istituzioni internazionali è che la caduta di un Paese possa provocare un disastroso effetto domino.

     
    Spagna
    Elezioni antidemocratiche e frode politica. Sono queste le dure accuse mosse dai separatisti baschi dell’Eta nei confronti del partito nazionalista basco alla guida del governo regionale. Il tutto, in vista delle elezioni previste per domenica prossima, che saranno le prime dopo 30 anni senza nessuna sigla politica riconducibile all’Eta, il gruppo separatista responsabile di oltre 800 morti in decenni di attentati terroristici. Per questo motivo, il gruppo separatista ha invitato gli elettori a votare in modo che il loro voto venga contabilizzato come nullo.

    Italia
    Il Consiglio dei ministri italiano stamane ha approvato, tra gli altri, il disegno di legge di riforma del diritto di sciopero nel settore dei trasporti. Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha confermato il via libera, sottolineando l'esigenza di coniugare il diritto di sciopero con la libertà di movimento dei cittadini. La novità principale prevista dalle nuove norme è quella del referendum consultivo preventivo obbligatorio prima dello sciopero, a meno che non si tratti di un'agitazione proclamata da parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate di un grado di rappresentatività superiore al 50% dei lavoratori. Per alcune categorie professionali che, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle mansioni, possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale, arriva lo sciopero virtuale: un lavoratore potrebbe dichiarare l'astensione dal lavoro prestando comunque la sua attività ma perdendo la retribuzione, destinata a fini sociali.

    Bangladesh
    In Bangladesh, le forze di sicurezza hanno fermato centinaia di uomini del gruppo militare frontaliero che aveva dato vita all’ammutinamento cominciato due giorni fa e conclusosi ieri con un’azione dell’esercito. Ieri, si era parlato di 50 morti tra i sostenitori della protesta mentre oggi sembra che siano 42. Motivo dichiarato della rivolta dei soldati era una rivendicazione salariale e ieri era stato detto che le autorità avevano annunciato “concessioni”. Era stata anche annunciata un’amnistia per il gesto di rivolta ma non è chiaro quali restrizioni ci saranno.

    Venezuela
    Nessun ferito, ma solo danni ad un edificio nell’esplosione di un ordigno contro un centro ebraico a Caracas, capitale del Venezuela. Questo atto di terrorismo non è l’unico che ha colpito ultimamente la città venezuelana: alla fine di gennaio, la principale sinagoga è stata fatta oggetto di atti di vandalismo da un gruppo di uomini armati, fra cui alcuni poliziotti. L'attacco era avvenuto in un momento di tensione nei rapporti fra Venezuela e Israele, con duri attacchi del presidente venezuelano, Hugo Chavez, contro lo Stato ebraico a causa dell'operazione militare a Gaza.

    Georgia
    Decine di famiglie georgiane sono state espulse nella notte dalle forze separatiste della regione secessionista dell'Abkhazia. Lo riferiscono alti ufficiali georgiani, ma le autorità dell'Abkhazia hanno respinto le accuse. Secondo quanto si è appreso, almeno 40 georgiani del villaggio di Otobaia sono stati costretti ad accamparsi nei boschi al confine. “Ci hanno detto di essere stati sfrattati dalle loro case”, ha detto un portavoce della missione Ue che ha il compito di monitorare l'area. “Gli abitanti sono stati quindi portati nei boschi dai soldati”, ha aggiunto. Il Ministero dell'interno georgiano ha precisato che 50 famiglie sono state costrette a lasciare le loro case dai soldati abkhazi che stavano cercando una persona. Otobaia si trova nella regione orientale di Gali, dove risiede una larga comunità etnica georgiana che protesta perchè vittima di discriminazioni.

    Cina
    Aprire un’inchiesta sulla repressione militare scatenata il 3-4 giugno 1989 contro gli studenti che manifestavano per la democrazia. È questa la richiesta del gruppo delle “Madri di Tienanmen” contenuta in una lettera aperta inviata al Congresso nazionale del popolo, il parlamento cinese, che si riunirà la prossima settimana. I firmatari chiedono la pubblicazione del numero e dei nomi dei morti, oltre ad un risarcimento per i parenti delle vittime e una punizione per i responsabili. Il gruppo delle "madri di Tienanmen" dal 1995 chiede l'apertura di un'inchiesta sulla morte di questi giovani. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 58

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