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Sommario del 17/02/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per il Sinodo dei vescovi per l’Africa. Attesa in Camerun e Angola per il viaggio del Papa a marzo
  • Mons. Fisichella : il rischio della "deriva genetica" non è solo teorico. Presentato il Congresso sul tema della Pontificia Accademia per la Vita
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le testimonianze di volontari italiani nel sud Kivu, impegnati nella cura dei bambini orfani e malati scampati al conflitto nel nord
  • In Papua Nuova Guinea, decine di donne uccise perché accusate di stregoneria: la denuncia di Amnesty International
  • L'appello di Meter dal sito Facebook: combattere la pedopornografia, stabilendo regole e inasprendo sanzioni. Intervista con don Fortunato di Noto
  • La poesia della nascita nel docu-film "Il primo respiro" del francese Gilles De Maistre
  • Chiesa e Società

  • Commosso omaggio a Seul alla salma del cardinale Stephen Kim Sou-hwan
  • L'Unicef denuncia il reclutamento di bambini tra le file delle Tigri Tamil
  • Timori per la legge anti-conversione in attesa di approvazione in Sri Lanka
  • In Orissa, oltre mille cristiani sono ancora senza casa
  • I dati Onu sulla tratta degli esseri umani: le vittime sono donne e bambini
  • Allarme meningite in Burkina-Faso
  • Francia: i vescovi danno voce ai Dipartimenti d’oltremare, in agitazione per la crisi economica
  • Solidarietà della Chiesa argentina per le vittime della valanga che ha colpito la città di Tartagal
  • Indonesia: i cattolici chiamati ad un maggiore impegno politico
  • Sudafrica: messaggio dei vescovi per l'apertura dell'anno scolastico
  • Libano: Beirut in festa per il nuovo patriarca siro-cattolico, Mar Ignace Youssef III Younan
  • Pellegrinaggio dei giovani spagnoli per ricevere la Croce e l'icona della GMG
  • Spagna: nel 2008 aumentate le donazioni alla Chiesa cattolica
  • “Ricaricare la Fede” è l’obiettivo del 71° Campeggio della fede a Taiwan
  • Vietnam: i 100 anni del vescovo Khac Ngu, apostolo della Chiesa nel sud
  • Messaggio del Patriarca di Mosca Kirill ai giovani
  • Giovedì prossimo, in Ungheria, l’incontro del Kek e Ccee
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il Kosovo celebra il primo anniversario dell’indipendenza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per il Sinodo dei vescovi per l’Africa. Attesa in Camerun e Angola per il viaggio del Papa a marzo

    ◊   “Perché la Chiesa in Africa trovi vie e mezzi adeguati per promuovere in modo efficace la riconciliazione, la giustizia e la pace, secondo le indicazioni della II Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi”, in programma in ottobre. E’ l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di febbraio. Il Papa sottolinea dunque l’importanza che questo evento ha per tutta la Chiesa. L’avvenimento, come è noto, verrà preceduto tra un mese esatto dal primo viaggio apostolico di Benedetto XVI nel continente africano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo" (Mt 5, 13.14): su questo tema scelto da Benedetto XVI si riunirà la seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre di quest’anno. Un assise che verrà preceduta dal viaggio apostolico di Benedetto XVI in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo. Avvenimento ormai prossimo, che viene atteso con trepidazione da tutti i fedeli dei due Paesi. Ma l’evento non riguarderà solo le Chiese di Camerun e Angola. Avrà una dimensione continentale. A Yaoundé, infatti, il 19 marzo una grande Messa sancirà la pubblicazione dell’Instrumentum Laboris dell’Assemblea sinodale per l’Africa. Continente dunque sempre più nel cuore del Papa che in molteplici occasioni, fin dall’inizio del suo Pontificato, ha dedicato appelli e riflessioni al continente africano. Incontrando il clero romano, il 13 maggio 2005, Benedetto XVI si è soffermato sulla straordinaria ricchezza umana e spirituale dell’Africa non mancando di sottolineare le responsabilità dell’Europa:

     
    “L'Africa è un continente di grandissime potenzialità, di grandissima generosità da parte della gente, con una fede viva che impressiona. Ma dobbiamo confessare che l'Europa ha esportato non solo la fede in Cristo, ma anche tutti i vizi del Vecchio Continente. Ha esportato il senso della corruzione, ha esportato la violenza che adesso sta devastando l'Africa. E dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità nel far sì che l'esportazione della fede, che risponde all'attesa intima di ogni uomo, sia più forte dell'esportazione dei vizi dell'Europa”.
     
    E sempre nei primi mesi di Pontificato, all’Angelus del 3 luglio 2005, il Papa coglie l’occasione dell’imminente G8 in Scozia per esortare la comunità internazionale a non dimenticare le popolazioni africane, colpite da povertà e conflitti:
     
    “Auguro di cuore pieno successo a questa importante riunione, auspicando che essa porti a condividere in solidarietà i costi della riduzione del debito, a mettere in atto misure concrete per lo sradicamento della povertà e a promuovere un autentico sviluppo dell’Africa”. 

     
    Appelli rinnovati con forza, in particolare nei discorsi al Corpo Diplomatico, nelle udienze ai presuli africani in visita ad Limina, da ultimo quelli della Nigeria, e nei messaggi per Giornata Mondiale della Pace. Nell’ultimo Messaggio per il primo gennaio 2009, con il mondo alle prese con una crisi economica globale, Benedetto XVI lancia un appello affinché i Paesi ricchi non si chiudano nell’egoismo, ma permettano a tutti i Paesi africani di avere “le stesse possibilità di accesso al mercato mondiale, evitando esclusioni e marginalizzazioni”.

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    Mons. Fisichella : il rischio della "deriva genetica" non è solo teorico. Presentato il Congresso sul tema della Pontificia Accademia per la Vita

    ◊   Verificare se all’interno della sperimentazione genetica siano presenti aspetti che attuano di fatto un’azione eugenetica. E' l’obiettivo del Congresso internazionale incentrato sul tema “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica” che si terrà venerdì e sabato prossimi in Vaticano. L'avvenimento, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, è stato presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere del medesimo dicastero, e il  prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica all’Università “La Sapienza” di Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le conquiste genetiche - ha detto mons. Fisichella - appartengono al costante e spesso frenetico progresso tecnologico che sembra non avere più confini: oggi è possibile la mappatura di migliaia di geni che permettono la conoscenza di diverse tipologie di malattie e viene offerta spesso la concreta possibilità di superare la patologia ereditaria. Ma ogni conquista scientifica porta sempre con sé, inevitabilmente, quello sguardo bifronte che mostra la bellezza e insieme la tragicità. Diversi progetti in ordine scientifico, biologico e politico - ha spiegato mons. Fisichella - comportano “un giudizio etico, soprattutto quando si vuole sostenere che si attua un’azione eugenetica in nome di una ‘normalità’ di vita":

    “Questa mentalità certamente riduttiva, ma presente, tende a considerare “che ci siano persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica: ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie”.

    “Un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici - ha osservato mons. Fisichella - fa perdere di vista i veri pericoli sottesi e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l’oggetivo male presente e formulare un giudizio etico corrispondente”. Il rischio di una deriva della genetica - ha aggiunto - non è solo un richiamo teorico, ma appartiene purtroppo a una mentalità che tende lentamente, ma inesorabilmente, a diffondersi. Mons. Ignacio Carrasco de Paula ha poi ricordato l’obiettivo principale del Congresso:

    “L’obiettivo principiale è di richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se - come sembra corretto e auspicabile - vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica”.

    Il professor Bruno Dallapiccola si è soffermato sulle conseguenze legate alla conoscenza del genoma umano: molte conoscenze mediate dalla genetica prima di essere sperimentate - ha affermato - vengono trasferite al “mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli” con i quali la medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche. Il riconoscimento della variabilità biologica aiuta comunque a guardare “ad ogni paziente non più come ad un numero e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma - ha aggiunto il prof. Dallapiccola - come ad una persona”:

    “C’è una grande ammirazione per questo progresso scientifico che veramente sta cambiando la vita. La comprensione delle basi biologiche delle malattie ci consente di migliorare gli approcci diagnostici. Ma naturalmente servono prudenza e cautela nell’uso perché non tutto ciò che viene venduto come 'oro colato' effettivamente può fare il bene dell’umanità”.
     
    Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Fisichella ha infine sottolineato come il pensiero della Chiesa, anche su temi legati all’inizio e alla fine della vita, non debba mai essere emarginato:

    “Perlomeno in una società democratica laica, le istanze che sono presenti sul territorio devono essere non soltanto sentite. Il legislatore stesso dovrebbe avvertire l’esigenza di sentire le varie istanze per cercare di arrivare a formulare poi una legislazione che sia più possibile conforme a quella società pluralistica nella quale anche i cattolici si trovano”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’informazione internazionale, in primo piano le relazioni tra Stati Uniti e Corea del Nord: Hillary Clinton avverte Pyongyang, nuovi test missilistici potrebbero incrinare i rapporti tra i due Paesi

    In cultura, Cristina Acidini sulle formelle realizzate da Brunelleschi e Ghiberti in occasione del concorso per la porta del Battistero di Firenze nel 1401 e oggi esposte all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per gli ottant’anni dello Stato della Città del Vaticano. Sul tema, inoltre, articoli di Franco Frattini, titolare della Farnesina, e Sandro Bondi, ministro italiano per i Beni culturali

    “I retroscena del Festival di Sanremo”: Lucetta Scaraffia recensisce il romanzo “Infinita notte” di Alessandro Zaccuri

    Una riflessione di Luca Miele sulle contaminazioni tra le arti nel Novecento

    Presentazione del convegno “Le nuove frontiere della genetica e i rischi dell’eugenetica”

    L’intervento dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, nel simposio a Roma organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la Fondazione Adenauer, sul tema “La dignità dell’uomo e i diritti umani nell’età della globalizzazione”

    Solidarietà e dialogo fra le culture: un convegno promosso dal Pontificio consiglio per la cultura.

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    Oggi in Primo Piano



    Le testimonianze di volontari italiani nel sud Kivu, impegnati nella cura dei bambini orfani e malati scampati al conflitto nel nord

    ◊   Cinque milioni di morti e un milione di profughi: queste sono le dimensioni del dramma costate, negli ultimi anni, alla Repubblica Democratica del Congo, nel suo epicentro più instabile, il nord Kivu. Molte sono le organizzazioni umanitarie che contano volontari sul posto. Una di esse - costituita da una Onlus italiana in collaborazione con una Onlus locale - è impegnata, soprattutto nel sud Kivu, nel sostegno ai bambini orfani e malati. Luca Collodi ne ha parlato con tre volontari della Onlus italiana, il prof. Mario Luciòli, medico internista e cardiologo, Pietro Grimaldi, bancario in pensione, e sua moglie Marisa Forina, insegnante in pensione:

    R. - E’ una condizione veramente disagiata, e soprattutto quello che si nota è un gran desiderio di sapere, di conoscere, dai più piccoli ai più grandi: mentre i bambini dei piccoli centri erano entusiasti quando s’insegnava loro una canzone - un qualcosa che li attivasse, che li mettesse in sintonia anche con noi - i più grandi erano felicissimi quando si suscitava in loro curiosità per nuove conoscenze. E’ stato interessantissimo vedere questo desiderio, questo grande bisogno di cultura dei ragazzi, che hanno bisogno di essere aiutati e sostenuti in questo processo di conoscenza.

     
    D. - Pietro Grimaldi, che situazione politico-militare avete trovato?

     
    R. - Teatro della guerra è stata la zona al nord-est del Congo, al confine con il Rwanda, con il Burundi e con la Tanzania.

     
    D. - Cosa sta succedendo?

     
    R. - In questo momento, c’è una situazione di relativa calma. I combattimenti tra gli irregolari e le truppe congolesi si sono fermati con la cattura del generale Nkunda. Credo che forse questo possa segnare adesso l'inizio di un nuovo corso, avviato da Kigali e Kinshasa, per rimettere ordine nella turbolenta e - tra parentesi - ricchissima regione della Repubblica Democratica del Congo, ed avviare anche un processo di pace duraturo, dopo 11 anni di una guerra già costata 5 milioni di morti e quasi un milione di profughi.

     
    D. - Il Congo è un Paese molto ricco d’oro. Lei, professor Lucioli, ha visitato una miniera: che cosa ha visto?

     
    R. - Uno spettacolo, diciamo, “dantesco”: dal paradiso all’inferno, tutti e due.

     
    D. - Una miniera geograficamente collocata dove?

     
    R. - Nel sud del Kivu, in mezzo ad uno scenario di colline bellissime, verdeggianti, e di fiumi gialli, gialli perché portano l’oro. Lungo questi fiumi, questi torrenti, ci sono 300, 400, 500 persone che cercano l’oro, e vedere i loro occhi che ti guardano... In questa miniera ci sono circa 150 padroni, e ognuno ha, alle proprie dipendenze, dai 300 ai 500 operai, i quali ricevono un compenso - dalla mattina alle sei alla sera alle sei, per una giornata lavorativa - di 1 dollaro. Questo gli uomini. Le donne, se non riescono a setacciare oro, non vengono nemmeno pagate. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    In Papua Nuova Guinea, decine di donne uccise perché accusate di stregoneria: la denuncia di Amnesty International

    ◊   Non si arresta l’ondata di omicidi che ha fatto oltre 50 vittime solo negli ultimi 2 mesi in Papua Nuova Guinea, tutte donne uccise perché accusate di stregoneria. A lanciare l’allarme è “Amnesty International” che, con “Human Rights Watch”, ha anche sottoscritto una lettera indirizzata al governo del Paese, sollecitando un’azione più efficace e invocando la fine immediata di questa tragedia. Sul fenomeno della stregoneria nel Paese, Linda Giannattasio ha raccolto la riflessione di Riccardo Noury, portavoce di “Amnesty Italia”:

    R. - L’espressione “caccia alle streghe” va usata in maniera veramente letterale, perché è quanto sta accadendo nel Paese della zona oceanica. “Amnesty International” ha riscontrato, negli ultimi tempi, una serie di omicidi che ha colpito persone, soprattutto donne, che sono state accusate di stregoneria. Donne sottoposte, quando è avvenuto, ad un processo del tutto sommario e messe a morte con modalità veramente terribili, spesso arse vive. Quello che Amnesty accusa è che il governo di Papua Nuova Guinea non sta facendo abbastanza per garantire il rispetto della legge che, evidentemente, non prevede nel codice penale un reato di stregoneria.

     
    D. - Nella cultura della Papua Nuova Guinea, qual è la storia della stregoneria?

     
    R. - Alcune zone del Paese stanno conoscendo uno sviluppo estremamente diseguale, perché è sfruttato per via di un’estrema ricchezza di risorse minerarie, anche se a beneficiarne non è la popolazione. Rimangono delle sacche di povertà nelle quali l’azione di governo non arriva e dove, dunque, pratiche tradizionali e credenze popolari fanno sì che questo fenomeno non sia affatto estirpato.

     
    D. - Voi lamentate anche il fatto che la polizia non sia spesso in grado di far rispettare la legge…

     
    R. - Sì, è una polizia che certamente non gode della fiducia dell’opinione pubblica che, quindi, in alcuni casi, tende a farsi giustizia da sola. Questo è una parte del problema. Il secondo è che, con poche risorse, la stessa polizia non è veramente in grado di far rispettare la legge e, in alcuni casi, come in un duplice omicidio per stregoneria, l’otto di questo mese, la polizia non è neanche riuscita ad arrivare sulla scena del delitto per portare via i corpi.

     
    D. - Voi avete scritto una lettera alle autorità locali: cosa ha provocato questa lettera?

     
    R. - Nulla, perché né il ministro della Giustizia, Alan Marat, né il capo della polizia, Gari Baki, hanno risposto ad un appello che alla fine di gennaio Amnesty e Human Rights Watch avevano scritto, sollecitando quindi un’azione di governo efficace. La lettera è rimasta assolutamente inevasa.

     
    D. - Cosa si può fare per arginare il fenomeno?

     
    R. - Mi auguro, da un lato, che la dimensione del fenomeno - che è in constante aumento - e, dall’altro, la pubblicità che “Amnesty International” ha dato a questa pratica orribile convincano il governo di Papua Nuova Guinea ad intervenire: è veramente un caso rarissimo di un Paese nel quale ancora ci sono persone accusate di avere poteri magici e che per questo vengono bandite dalle comunità o, come succede a Papua, messe a morte.

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    L'appello di Meter dal sito Facebook: combattere la pedopornografia, stabilendo regole e inasprendo sanzioni. Intervista con don Fortunato di Noto

    ◊   I siti che istigano alla pedopornografia sono aumentati negli ultimi anni del 1000%. E’ la denuncia dell’Associazione Meter da anni impegnata nella lotta contro la pedofilia on line. In Italia, l’Associazione ha proposto un disegno di legge per contrastare fortemente il fenomeno e su Internet è sbarcata su Facebook, il social network più conosciuto al mondo. Massimiliano Menichetti ha parlato dell’importanza di questa iniziativa sul web con don Fortunato di Noto, presidente di Meter:

    R. - La nostra presenza come associazione Meter - ma anche la mia, come sacerdote - diventa l’occasione, da una parte, per andare in una sorta di terra di missione - noi andiamo a evangelizzare, a stare dov’è la gente - e dall’altra parte, per una vigilanza a difesa e a tutela dell’infanzia.

     
    D. - Ci sono molte famiglie che pubblicano delle foto con i loro figli, anche minori. Questo è pericoloso?

     
    R . - Tutto ciò che viene messo on line è pubblico e ciò che è pubblico può diventare anche pericoloso per eventuali soggetti che vogliono strumentalizzare o utilizzare le foto dei bambini, a volte, magari, in pose prettamente innocenti, a volte, come ci è capitato di verificare, in pose in cui fanno il bagnetto. Ci dovrebbe essere una grande prudenza, anche perché ci sono tanti altri soggetti che, per questione di profili, possono scambiarsi del materiale o produrre o adescare.

     
    D. - Facebook ha diramato un comunicato nel quale precisa che tutti i contenuti presenti sul sito gli appartengono…

     
    R. - Questo sta aprendo moltissime discussioni. L’unica prerogativa che hanno gli utenti è quella di cancellare, eventualmente, il contenuto. Questo sta aprendo a situazioni normative che dovrebbero essere ancora ben definite.

     
    D. - La lotta alla pedofilia e alla pedopornografia sono le vostre "frontiere": qual è la situazione in Internet?

     
    R. - Abbiamo visto che il fenomeno è aumentato del mille per cento: c’è una proliferazione di siti - anche del partito pedofilo olandese che ha ramificazione ormai in tutto il mondo - che rivendica questi tipi di liceità di rapporti sessuali e di consenso dell’infanzia. Questo dimostra come sia necessario intervenire con nuove norme efficaci e soprattutto repressive.

     
    D. - Siete impegnati in molti Paesi del mondo, come ad esempio in Giappone dove manca una legge di contrasto alla pedofilia on-line. In Italia, avete presentato un disegno di legge firmato da 124 parlamentari "bipartisan". Cosa volete ottenere?

     
    R. - Anzitutto, che chi compie il reato, anche per mezzo telematico, di violenza sessuale su minori venga punito con la reclusione a 3 a 5 anni, con una multa da 5 mila a 50 mila euro. Viene per la prima volta inserita la parola "pedofilia" nella normativa italiana e, quindi, questo significa un ulteriore elemento per contrastare efficacemente questo fenomeno planetario, soprattutto abbietto e violento nei confronti dei bambini.

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    La poesia della nascita nel docu-film "Il primo respiro" del francese Gilles De Maistre

    ◊   Dieci donne in dolce attesa partoriscono i loro piccoli rispettando le loro culture e fedi e seguendo le tradizioni: il documentarista francese, Gilles De Maistre, racconta nel film "Il primo respiro", da venerdì scorso nelle sale italiane, la preparazione delle mamme e la nascita dei piccoli con grande poesia e realismo, collezionando una serie di immagini che rispettano la maternità e il valore della vita. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Eccoli, i nostri piccoli, indifesi protagonisti. Sono bambini e bambine nati da qualche minuto, sul volto stupore e rossore. Si aggrappano alla realtà quasi stringendo l’aria del mondo, per istinto insopprimibile ricercano il seno materno e quelle mani capaci di accarezzarli, quelle bocche che sussurrano le prime parole d’amore. Ascoltiamo: è il primo respiro confuso al primo pianto. Un film originale quello del documentarista francese, Gilles De Maistre, raccontato nell’edizione italiana dalla calda voce di Isabella Ferrari. Diversissimo, questo racconto delle nascite: nell’acqua dell’Oceano, in una sala operatoria del Vietnam, sulla sabbia del deserto africano, in una piscina con i delfini, in una frugalissima tenda indiana oppure spersa nella foresta amazzonica del Brasile. Ci sono poi le scelte, meno dettate dal bisogno, del mondo occidentale: una affettuosa attesa nell’isolata comunità stabilitasi tra i boschi del Maine o nella felice famigliola parigina in cui una ballerina, in avanzato stato interessante, si esercita alla sbarra danzando fino all’ultimo istante. Naturalmente, ciascun frugoletto ha la sua mamma di riferimento: che piange, ride, ha paura, è serena, preoccupata, che diversamente sceglie le “strategie” e le persone per affrontare il parto.

     
    L’idea di questo curioso documentario, frutto di lunghe e pazienti ricerche nel corso delle quali sono state incontrate centoventi donne incinte, nasce dai due anni trascorsi dal regista nella sala parto dell’ospedale parigino “Robert Debré”, che ricorda come “emotivamente sconvolgenti”. E non poca di questa emozione trasuda anche mano a mano ci vengono raccontate tante nascite diverse, mentre il regista si concentra soprattutto sul corpo della mamma, sempre in bilico tra sofferenza e felicità, tra la vita e la morte, e sul volto del neonato, con una ripresa discreta, delicata, attenta ai particolari, ma pudica per quell’alone imprescindibile di riservatezza e quella necessità di assoluto rispetto che il momento esige. Diventa anche un affascinate viaggio tra le fedi e le culture, tra rituali propiziatori, un’attesa che non risparmia scelte eccentriche, insidie e dolori, inquietudini e anticipi di gioia. Tutte le donne raccontate nel film, protagoniste anonime di una storia antica come il mondo, sono colte nel momento in cui diventano madri: la vita che hanno conservato, difeso e sta per sbocciare, cambierà per sempre anche la loro.

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    Chiesa e Società



    Commosso omaggio a Seul alla salma del cardinale Stephen Kim Sou-hwan

    ◊   E’ un omaggio sentito e commosso quello che migliaia di fedeli, in coda dalle 7 del mattino, stanno rendendo alla salma del cardinale Stephen Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seul, spentosi ieri all’età di 86 anni. Molte personalità del Paese – riferisce Asianews - si sono recate nella cattedrale dell’Immacolata, dove venerdì si svolgeranno i funerali, tra questi il presidente sudcoreano Lee Myung-bak che ha parlato di “una grande perdita per la nazione” mentre l’ex capo di Stato Kim Dae-jung ha definito il porporato come colui che “non ha mai avuto paura di mettere il suo credo in azione, durante il periodo della dittatura negli anni ’70 e ’80”. “Un uomo – ha detto – che ha speso la sua vita per la democrazia in Corea e per aiutare coloro che soffrono e sono nella povertà”. Come da volere dell’arcivescovo di Seul, subito dopo il decesso, sono state espiantate le cornee; vent’anni fa in occasione del Congresso eucaristico internazionale nella capitale sudcoreana, il cardinale aveva iniziato tra i cattolici il movimento per la donazione degli organi a favore della salute degli altri, come imitazione dell’amore di Cristo. In quell’occasione egli aveva firmato il suo testamento, circa la donazione dei suoi occhi; offerta che ha rinnovato al medico durante l’ultimo ricovero nell’ospedale cattolico Santa Maria. Non a caso le sue ultime parole sono state: “amate, amate sempre e perdonate. Grazie”. Ieri il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio in un telegramma inviato al cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, attuale arcivescovo di Seoul ricordando il lavoro svolto per lunghi anni dal porporato a servizio della Chiesa. Particolare posto nella sua azione aveva occupato la ricerca del dialogo con i non-cristiani e il coordinamento degli sforzi comuni in campo caritativo e assistenziale. Coraggiose, nella difficile situazione politica interna, sono state le sue dichiarazioni e iniziative a difesa dei diritti umani. Era molto amato e non a caso i maggiori quotidiani del Paese e tutte le reti televisive lo hanno ricordato con affetto. (B.C.)

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    L'Unicef denuncia il reclutamento di bambini tra le file delle Tigri Tamil

    ◊   Sta assumendo risvolti drammatici il conflitto in Sri Lanka tra l’esercito regolare e le Tigri Tamil. La battaglia finale nel nord del Paese sarebbe vicina e per questo, secondo l’Unicef, i ribelli stanno reclutando numerosi bambini per impiegarli nei combattimenti. "Intollerabile". E’ il commento di un responsabile Unicef a Colombo al crescente impiego da parte dei ribelli di ragazzini di 14 anni tra le loro file. L’organizzazione delle Nazioni Unite, in passato, ha già identificato 6mila casi di bambini-soldato tra il 2003 e la fine del 2008. Quanto sta accadendo dà il segno della difficile situazione che si sta vivendo nel nord del Paese. Medici senza Frontiere, in un comunicato, ha parlato di 200 mila persone ancora “intrappolate” e “prive di assistenza” nella regione di Vanni, dove da settimane infuriano i combattimenti. In 30 mila sono riusciti a fuggire nella zona di Vavuniya dove si sta prestando assistenza ai feriti e supporto psicologico. Testimoni hanno raccontato di intere giornate all’interno dei bunker e del fuoco incrociato sotto il quale molti si sono trovati. Si temono anche ritorsioni da parte delle Tigri Tamil contro coloro che hanno lasciato la zona di Vanni, campo di battaglia da anni e dove circa 70 mila persone hanno perso la vita dall’inizio del conflitto nel 1983. Intanto anche i sacerdoti diocesani in India, nel corso di un forum a Bhopal, hanno lanciato un appello per la pace e la solidarietà in favore della popolazione chiedendo un intervento diretto di New Delhi. Dalla diocesi di Jaffna riferiscono della drammatica carenza di personale sanitario e di strutture per interventi chirurgici ma anche dei tanti corpi che ancora non hanno trovato sepoltura. (A cura di Benedetta Capelli)

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    Timori per la legge anti-conversione in attesa di approvazione in Sri Lanka

    ◊   Sta suscitando preoccupazione in Sri Lanka la legge anti-conversione che oggi sarà al vaglio del comitato consultivo del ministero degli affari religiosi per poi passare alla discussione in Parlamento. Mons. Vincent Marius Joseph Peiris, vescovo ausiliare di Colombo, ad Asianews ha espresso preoccupazione. “Se la legge passasse – ha aggiunto - credo che i cristiani e in particolare i cattolici dovranno affrontare molti problemi”. I timori più forti sono per le attività caritative e per le istituzioni umanitarie perché l’assistenza potrebbe essere interpretata come un tentativo di portare la gente alla fede cattolica. La Chiesa non ha espresso una posizione ufficiale sulla norma, proposta nel 2004 dal Jathika Hela Urumaya (Jhu) il partito dei monaci buddisti, e sta studiando con attenzione il caso con l’aiuto di giuristi, costituzionalisti e sono in corso colloqui con il governo. Sulla vicenda, l’opposizione chiede “maggior chiarezza su cosa costituisce un crimine per questo tipo di legge e su come può essere provato che una conversione è avvenuta in modo forzato”. (B.C.)

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    In Orissa, oltre mille cristiani sono ancora senza casa

    ◊   La denuncia arriva dall’All India Christian Council, ente che tutela la presenza cristiana nel Paese asiatico: oltre 1500 persone sono ancora senza casa nella zona di Orissa, colpita dalle violenze anti-cristiane, mentre altre 4mila si trovano nei campi profughi allestiti dal governo e 2500 persone sono collocate nelle vicinanze dei loro villaggi. Alcune fonti – riportate da Avvenire - riferiscono poi che l’esecutivo avrebbe ammesso di “essere incapace di assicurare piena sicurezza alle migliaia di cristiani che non possono ancora ritornare nei loro villaggi”. A fare le spese di questa situazione anche gli alunni del distretto di Kandhamal – si tratta di centinaia di bambini - che sono impossibilitati a frequentare la scuola e quindi costretti a perdere un anno di lezioni. Le violenze che hanno insanguinato l’India hanno provocato, secondo l’India Christian Council, 120 vittime tra i cristiani, 315 villaggi sono andati distrutti, oltre 4mila case bruciate, 54 mila i profughi, 252 chiese demolite e 13 scuole saccheggiate. (B.C.)

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    I dati Onu sulla tratta degli esseri umani: le vittime sono donne e bambini

    ◊   Sono donne e bambini le vittime della tratta degli esseri umani. Lo rivela il primo Rapporto globale sulla tratta delle bianche, recentemente presentato dall’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine. La tratta a fini di sfruttamento della prostituzione – riferisce l’agenzia Fides - incide per il 79% sull’intero fenomeno del traffico di esseri umani e coinvolge ragazze sempre più giovani. Si evidenzia inoltre che nel 30% dei Paesi tale reato è commesso dalle donne, che spesso sono state vittime a loro volta, mentre sale al 60% la percentuale di condanne giudiziarie di donne per traffico di esseri umani nei Paesi dell’Est europeo e in Asia Centrale. Sui dati del lavoro forzato invece pesa il fatto che è un fenomeno sommerso e che si esercita lontano da occhi indiscreti. Coinvolti in forme di sfruttamento quali la prostituzione, la schiavitù, l’industria della pornografia, i bambini costituiscono il 20% delle vittime della tratta di esseri umani, in molti Paesi africani la percentuale sale vertiginosamente. Sempre in Africa sono più evidenti le carenze a livello normativo che non permettono di punire i responsabili della tratta, nonostante sia raddoppiato il numero di nazioni che hanno aderito al Protocollo delle Nazioni Unite contro il Traffico di Esseri Umani - principale accordo internazionale in materia, entrato in vigore nel 2003. Incisiva l’azione della Santa Sede sul fenomeno, in molte parti del mondo le agenzie cattoliche, le congregazioni missionarie e le Chiese locali sono impegnate in prima linea nella difesa dei bambini, delle donne e dei lavoratori sfruttati. “La piaga del traffico di essere umani è un fenomeno sociale pluridimensionale di miseria, povertà, avidità, corruzione, ingiustizia e oppressione” così l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, in un intervento al XVI Consiglio Ministeriale dell’OSCE, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, a dicembre a Helsinki. Il presule ha evidenziato come a pesare su questo fenomeno ci siano fattori economici, giuridici ma anche la “banalizzazione della sessualità nei mezzi di comunicazione sociale e nell’industria dell’intrattenimento che – aveva detto - alimenta il declino dei valori morali e conduce al degrado di uomini e donne e anche all’abuso dei minori”. (B.C.)

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    Allarme meningite in Burkina-Faso

    ◊   Sono già 948 i casi sospetti di meningite e 138 i decessi registrati dalle autorità sanitarie del Burkina Faso. Cifre che hanno spinto il ministero della Sanità ad innalzare il livello di allerta per una possibile epidemia che negli ultimi anni ha colpito il Paese africano. Lo scorso anno – riferisce la Misna – la malattia provocò 920 morti su 9420 casi registrati. Il Burkina Faso si trova nella cosiddetta “cintura della meningite”, la regione sub-sahariana che si estende dal Senegal all’Etiopia abitata da 300 milioni di persone dove, durante la stagione secca tra dicembre e giugno, si presentano violente epidemie di questa infezione delle membrane cerebrali. L’allarme meningite si somma a quello del morbillo. Sempre ieri funzionari del ministero della Sanità hanno evidenziato un “aumento anormale” dei casi in controtendenza con i dati positivi degli ultimi cinque anni. (B.C.)

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    Francia: i vescovi danno voce ai Dipartimenti d’oltremare, in agitazione per la crisi economica

    ◊   “La forza della speranza”: è il titolo del messaggio diffuso dai vescovi francesi del dipartimento d’oltremare, al termine del loro incontro conclusosi a Parigi. Il documento – a firma di mons. Michel Méranville, arcivescovo di Saint-Pierre e Fort-de-France, mons. Gilbert Aubry, vescovo di Saint-Denis de la Réunion, mons. Emmanuel Lafont, vescovo di Cayenne, mons. Jean Hamot, amministratore diocesano di Basse-Terre – fà riferimento allo sciopero generale ad oltranza contro il carovita che da oltre un mese blocca ogni attività a La Réunion, Guadalupe e Martinica. I vescovi dei quattro dipartimenti francesi d’oltremare, hanno voluto manifestare in un messaggio la loro vicinanza ai fedeli che stanno vivendo gravi difficoltà a causa della crisi finanziaria ed economica. Essi vedono nelle “tragiche ripercussioni” che stanno vivendo i loro fedeli, “a causa di situazioni sociali molto difficili e del carovita ormai insopportabile”, le ragioni degli attuali movimenti sociali. Poi, i presuli francesi d’oltremare ribadiscono che “i tumulti attuali invitano ad applicare meglio il principio di sussidiarietà già messo in atto a livello europeo”, ovvero a favorire uno sviluppo autonomo locale senza ricorrere sistematicamente ad una gestione centralizzata. “Ciò significa – si legge ancora nel messaggio – ripensare a nuovi rapporti tra le nostre rispettive diocesi, la Francia e l’Unione Europea. Si tratta di adattare alla situazione sociale, culturale ed economica delle nostre popolazioni, alcuni regolamenti che, fissati a migliaia di km di distanza, non possono essere applicati così come sono”. Per questo, i presuli sottolineano che “tutto ciò che ha sentore di colonialismo o di neocolonialismo dovrebbe essere definitivamente abolito”. Di qui, l’auspicio espresso dai presuli perché si cambi lo statuto attuale di questi dipartimenti, “per permettere un migliore esercizio del potere”, anche se i vescovi si dicono consapevoli del fatto che “il cambiamento istituzionale, da solo, non può risolvere tutto. È necessario basarsi su valori comuni, radicati nelle tradizioni e nella cultura dei nostri popoli, che oggi sembrano parzialmente dimenticate. Si è, infatti, verificata una frattura nella trasmissione dei valori fondamentali senza i quali nessuna società può mantenersi”. “La felicità – prosegue la nota – non si trova nell’amore per il denaro, ma nella solidarietà umana, all’interno della famiglia e tra le famiglie stesse. L’educazione al rispetto reciproco, alla condivisione dei beni, alla giustizia, al rispetto dell’ambiente è essenziale. Per noi cristiani, tutto ciò trova la sua fonte nell’amore di Dio offerto a ciascuno e vero garante dell’amore reciproco e del rispetto di tutte le persone umane”. Quindi, il messaggio auspica che i cristiani “attingano dal Vangelo e dalla dottrina sociale della Chiesa, l’ispirazione necessaria perché il loro contributo al dibattito sia improntato alla saggezza di Dio”. (T.C. - I.P.)

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    Solidarietà della Chiesa argentina per le vittime della valanga che ha colpito la città di Tartagal

    ◊   Caritas Argentina è vicina alle famiglie sfollate della città di Tartagal, che una settimana fa è stata colpita da una valanga che, secondo fonti ufficiali, ha causato la morte di almeno due persone e causato gravi danni alle infrastrutture. “Uno dei primi compiti è stato organizzare centri per gli sfollati che stanno funzionando in alcune Caritas parrocchiali e nelle scuole, dove si trovano molte donne e bambini che con il forte temporale hanno perso tutto”, hanno dichiarato alcuni membri di Caritas Orán, diocesi alla quale appartiene la località di Tartagal. In un comunicato intitolato “Il dramma di Tartagal è il nostro dramma”, ripreso dall'agenzia Fides, l’arcivescovo di Salta, mons. Mario Antonio Cargnello, ha esortato tutti i fedeli a tendere una mano alle persone colpite dalla valanga: “il dolore si è impadronito di moltissime famiglie in Tartagal che, colpite dall’alluvione, hanno visto sfumare casa, sicurezza, tutto”. Dopo aver visitato gli sfollati in compagnia dell’amministratore diocesano di Orán, mons. Andrés Buttu, il vescovo ha disposto che “la colletta del Mercoledì delle Ceneri, il 25 febbraio, venga interamente destinata all’aiuto dei fratelli di Tartagal. Le parrocchie, le vicarie e le chiese nelle quali si celebrerà l’Eucaristia quel giorno, faranno giungere la loro collaborazione alla Caritas arcidiocesana o all’arcivescovado”. Da parte sua, l’Università nazionale di Cordova ha messo in moto una campagna di solidarietà ed ha convocato gli studenti e tutta la comunità accademica a “collaborare con la città di Tartagal, per accompagnarlo nella critica situazione che sta attraversando”. I vescovi del nordovest argentino sono riuniti da ieri a San Salvatore di Jujuy, per valutare la situazione e recarsi nella zona della catastrofe per esprimere la loro vicinanza alle persone colpite. Secondo quanto spiegato dal vescovo di Jujuy, mons. Marcelino Palentini, durante l’Incontro si prevede di affrontare alcuni temi importanti “che sono vincolati alla missione che ci chiede il Documento di Aparecida, analizzare come la stiamo portando avanti nelle Diocesi dela Regione”. Si parlerà anche del Sinodo sulla Parola di Dio celebrato in Vaticano lo scorso mese di ottobre e della prossima visita ‘ad Limina’ a Roma che i vescovi dell’Argentina realizzeranno da marzo fino alla fine di aprile. (R.P.)

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    Indonesia: i cattolici chiamati ad un maggiore impegno politico

    ◊   Preghiere e opuscoli distribuiti nelle parrocchie e nelle case dei cattolici è la strada intrapresa dalla Chiesa in Indonesia per esortare i fedeli ad un massiccio impegno nella vita politica del Paese. In particolare – riporta l’Osservatore Romano - in vista delle prossime elezioni nazionali che si terranno ad aprile, il segretario esecutivo della commissione per i laici della Conferenza episcopale locale, padre Yohanes Rasul Eddy Purwanto, ha rivolto tale invito in occasione di un forum tenutosi a Giakarta. Padre Purwanto ha dichiarato che “ le elezioni generali sono vicine e i cattolici devono impegnarsi a conoscere meglio i candidati e chiedere informazioni sui loro programmi, prima di essere chiamati a esprimere il voto”. Nei giorni scorsi la commissione per i laici della Conferenza episcopale aveva promosso un’importante iniziativa sul tema della formazione politica dei candidati cattolici che si sfideranno alle elezioni. Lo scopo, tra gli altri, è stato quello di aumentare la sensibilità degli aspiranti eletti sui valori di insegnamento della Chiesa. All’incontro ha partecipato anche il gesuita Franz Magnis-Suseno che ha elencato i sette principi etici imprescindibili per i cattolici che vogliono assumere un impegno politico: la difesa della vita; la mitezza; il bene comune; il principio della sussidarietà; la solidarietà; la difesa dei diritti umani e il rifiuto della violenza. Infine, l’importante messaggio dove viene espressa la speranza che, a prescindere dai risultati delle votazioni, vengano rispettati i cinque principi guida della nazione contenuti nel preambolo della Costituzione: la fede in Dio; l’umanità giusta e civile; l’unità nazionale; la democrazia consensuale guidata dall’avvedutezza dei suoi rappresentanti; la giustizia sociale per tutti. Che dire, gli ingredienti per un’onesta e fedele elezione ci sono tutti, adesso la palla passa ai futuri governanti del Paese con la speranza che essi possano governare rispettando tutti i punti elencati in precedenza.(A.D.)

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    Sudafrica: messaggio dei vescovi per l'apertura dell'anno scolastico

    ◊   “Noi, vescovi cattolici del Sudafrica, vogliamo esprimere il nostro profondo apprezzamento per coloro che operano nelle scuole cattoliche. Come vescovi noi ribadiamo il nostro impegno inequivocabile a favore delle scuole cattoliche fondate sul Vangelo, incentrate su Cristo, e che si sforzano di essere comunità di attenzione, di altruismo e di condivisione” così i vescovi del Sudafrica salutano l'inizio dell'anno scolastico nel Paese dell'Africa australe, con un messaggio, inviato all'Agenzia Fides, firmato da mons. Buti Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg e presidente della Southern African Catholic Bishops’ Conference (SACBC). Nel messaggio si sottolinea che “l'insegnamento è stato, e rimane, una parte importante della missione della Chiesa. Le nostre scuole si sforzano di aiutare tutti, ricchi e poveri, a crescere nella fede e a integrare la fede con l'esperienza. Ispirate al Vangelo, le scuole cattoliche rispettano la libertà e la dignità di ogni essere umano e sviluppano le qualità di integrità personale, di coraggio morale e di responsabilità sociale che sono segni della autentica personalità cristiana”. Per quanto riguarda i programmi di istruzione religiosa, i vescovi affermano che “i nostri programmi sono basati sul Vangelo e su sani principi educativi. Dobbiamo fare in modo che la preghiera e la liturgia rimangano centrali nella vita delle nostre scuole”. Per questo, si afferma nel messaggio, “gli insegnanti delle scuole cattoliche sono chiamati da Dio a partecipare al ministero di insegnamento di Gesù. La loro vocazione comporta intuito, lavoro coscienzioso, professionalità e cura per i bambini loro affidati. Gli insegnanti delle nostre scuole testimoniano la missione di Cristo nella realizzazione di una società basata sui principi di amore, di pace, di verità e giustizia. In più, gli insegnanti sono chiamati a preparare i loro studenti a essere membri attivi e responsabili della società, per essere agenti di cambiamento sociale”. La SACBC sottolinea inoltre i progressi fatti negli ultimi decenni nel campo dell'autosostentamento scolastico. “Chiediamo a tutti i membri della comunità cattolica di incoraggiare i genitori a mandare i loro figli a studiare nelle scuole cattoliche e invitiamo anche quei cattolici che hanno scelto la professione di insegnante, a considerare seriamente la possibilità di lavorare nelle scuole cattoliche”. (R.P.)

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    Libano: Beirut in festa per il nuovo patriarca siro-cattolico, Mar Ignace Youssef III Younan

    ◊   Dal 14 febbraio, la carica patriarcale dei siro-cattolici poggia sulle spalle di Mar Ignace Youssef III Younan, consacrato e intronizzato patriarca, nel corso di una cerimonia religiosa, nella cattedrale di Nostra Signora dell’Annunciazione, nel quartiere siriaco a Beirut. La cerimonia - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è svolta alla presenza del patriarca maronita, il cardinale Nasrallah Sfeir, e di un areopago ecumenico di patriarchi, vescovi e sacerdoti in rappresentanza della maggior parte delle Chiese orientali cattoliche e ortodosse, ivi compreso il patriarca della comunità cattolica siro-malankarese dell’India Abhram Mar Julios. Presenti anche il nunzio apostolico mons. Luigi Gatti e l’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick. In un discorso pronunciato alla fine della cerimonia di intronizzazione, il nuovo patriarca ha ringraziato il cardinal Mc Carrick, che, ha detto, “è stato il mio padre spirituale fin dai miei esordi come prete negli Stati Uniti”. È stato proprio l’anziano arcivescovo cattolico di Washington che ha presieduto l’ordinazione episcopale del nuovo patriarca dei siro-cattolici, in qualità di vescovo della nuova eparchia “Nostra Signora della Liberazione” a Newark, istituita nel 1995 per il servizio verso i cattolici siriaci degli Stati Uniti e del Canada. Nato in Siria, mentre era sacerdote, il nuovo vescovo ha assunto degli incarichi parrocchiali in Libano, nel medesimo “quartiere siriaco” dove si innalza la chiesa nella quale è divenuto patriarca. Prima di essere consacrato vescovo, egli è stato missionario in Canada e negli Stati Uniti, e poi visitatore apostolico per i fedeli siro-cattolici in America centrale. Benedetto XVI aveva accordato la “comunione ecclesiastica” al nuovo patriarca dopo la sua elezione alla testa della Chiesa dei Siriaci di Antiochia durante il Sinodo convocato a Roma dal 18 al 20 gennaio. Nel suo discorso, il papa aveva invitato il nuovo patriarca e la Chiesa siro-cattolica a essere “seminatori di pace prima di tutto in Terra Santa, e in Iraq e Libano, dove la Chiesa siriaca vanta una presenza storica così apprezzata”. (R.P.)

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    Pellegrinaggio dei giovani spagnoli per ricevere la Croce e l'icona della GMG

    ◊   Il 5 aprile, domenica delle Palme, Benedetto XVI consegnerà la croce e l'icona della Giornata Mondiale della Gioventù ai giovani dell’arcidiocesi di Madrid che nell’estate del 2011 ospiterà l’edizione internazionale della Gmg. Come tradizione - riferisce l'agenzia Sir - la consegna avverrà nel corso di una celebrazione in piazza san Pietro. Per prepararsi al meglio a questo evento il Servizio di pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Madrid ha organizzato un pellegrinaggio a Roma, per i giovani dai 15 anni in su che, si legge in un comunicato della stessa diocesi, “si sentono chiamati a impegnarsi nell’organizzazione e nella celebrazione della Gmg del 2011”. Il programma delle manifestazioni previste a Roma, avrà inizio venerdì 3 aprile con una messa (alle 20) nella chiesa di san Lorenzo in Damaso, il cui titolo appartiene al cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid. Il giorno seguente sarà dedicato interamente alla preghiera e al sacramento della Riconciliazione mentre domenica 5 aprile, al mattino, i giovani partecipanti al pellegrinaggio si ritroveranno in piazza san Pietro per la consegna della Croce e dell’icona. Sarà, invece, una giornata mariana quella del 7 aprile con i giovani che si recheranno a Pompei. Per consentire a quante più persone di partecipare, l’arcidiocesi madrilena ha messo in campo diverse offerte: tre possibilità con viaggio in aereo, e due in bus. (R.P.)

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    Spagna: nel 2008 aumentate le donazioni alla Chiesa cattolica

    ◊   Sono quasi 500 mila in più i contribuenti spagnoli che nell’ultimo anno hanno scelto di destinare alla Chiesa cattolica lo 0,7% del loro reddito imponibile. Lo ha reso noto la Conferenza episcopale spagnola (Cee), comunicando i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2008, riportati dall'agenzia Sir. Complessivamente, sono stati 6.958.012 i contribuenti che hanno firmato per Chiesa cattolica, pari al 34,38% del totale (a fronte di un 33,45% dell’anno precedente). Tenendo poi presente che molte dichiarazioni “sono congiunte – informa la Cee –, si stima che il numero di contribuenti che hanno firmato a favore della Chiesa nella scorsa primavera abbia superato gli 8.500.000”. Alla Chiesa cattolica sono così giunti 241,3 milioni di euro, contro i 173,8 milioni di euro dell’anno precedente. Un incremento che, secondo i vescovi, è da attribuire a “diversi fattori”: tra cui l’aumento del numero di contribuenti che hanno scelto per la Chiesa “il 7,3% in più rispetto all’esercizio precedente”. Tale incremento, però, deve far fronte ad alcune variazioni intervenute nel 2007 nei rapporti economici tra Chiesa e Stato, come il superamento dell’esenzione dall’Iva e la mancanza di minimi garantiti. “Considerati tutti i fattori in gioco”, commenta la Chiesa spagnola, non ci dovrebbero essere sostanziali variazioni rispetto al passato. Restano tuttavia “assolutamente indispensabili” le altre forme “di sostentamento alla Chiesa”, come le offerte e le sottoscrizioni. Presentando i dati, la Conferenza episcopale spagnola ha valutato “positivamente” la campagna informativa realizzata “per far conoscere meglio la rilevanza della presenza e delle attività della Chiesa nella nostra società”, e ha ringraziato quanti hanno scelto di devolvere alla Chiesa cattolica la quota dell’Irpef”. A differenza del sistema dell’8 per mille italiano, in Spagna, la quota dello 0,7% non viene applicata sul gettito Irpef complessivo, ma su quanto il singolo contribuente dichiara. (L.Z.)

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    “Ricaricare la Fede” è l’obiettivo del 71° Campeggio della fede a Taiwan

    ◊   “Il Miracolo dell’Amore” è stato il tema della 71° Campeggio della Fede organizzato dalla Chinese Catholic University Students Association di Taiwan, svoltosi la settimana scorsa. Secondo l’organizzatore, l’iniziativa è una specie di “ricarica della fede” per aiutare i ragazzi ad avvicinarsi a Dio in mezzo al caos del mondo secolarizzato. Ha permesso ai ragazzi, soprattutto agli studenti, di trovare la pace con sé stessi, con Dio e con il mondo intero, mostrando un senso della vita positivo e cristiano. Secondo il sito della Chinese Catholic University Students Association ripreso dall'agenzia Fides, questa associazione venne fondata nel 1949 da padre Fang Hao (1910-1980 storico, convertitosi da anglicano alla chiesa cattolica), originariamente era una “Associazione Cattolica degli insegnanti e degli studenti”. Nel 1951 è diventata ufficialmente la Chinese Catholic University Students Association di oggi. Nel 1981 si è unita con l’ “Unione mondiale degli Studenti Cattolici Universitari” come membro associato. Oggi conta 31 filiali ufficiali e 7 in preparazione. I suoi formatori sono sacerdoti, religiosi/e e laici. Il suo obiettivo è “unire l’affetto degli studenti cattolici universitari applicando la vita cristiana, valorizzando lo spirito dell’Amore sia per sè stessi che agli altri; mobilitarsi con l’Amore di Cristo per evangelizzare gli universitаri, facendo sviluppare la Chiesa cattolica locale in Cina al servizio del popolo, migliorando la società”. Gli studenti sperimentano la spiritualità, la comunione, la formazione e la partecipazione alla vita sociale all’interno di questa realtà. (R.P.)

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    Vietnam: i 100 anni del vescovo Khac Ngu, apostolo della Chiesa nel sud

    ◊   Il più anziano vescovo cattolico in Vietnam è noto per la sua semplicità e i risultati raggiunti nella costruzione della Chiesa nella sua diocesi meridionale. Mons. Michel Nguyen Khac Ngu, vescovo emerito di Long Xuyen, ha festeggiato il suo centenario, il 2 febbraio, concelebrando l’Eucaristia in episcopio con il vescovo Giuseppe Tran Xuan Tieu. Nel 1954, - riferiscono le agenzie Ucan e Cns - quando i comunisti nel Nord sconfissero le truppe coloniali francesi e limitarono le attività della Chiesa - un momento in cui i missionari stranieri furono espulsi e molti sacerdoti locali vennero uccisi – il vescovo Ngu raccolse i fedeli e li condusse a sud. La diocesi di Long Xuyen venne eretta nel 1960 e il vescovo Ngu ne fu nominato primo vescovo. Don Michele Le Xuan Tan, un funzionario della diocesi ha detto che il vescovo Ngu è noto per la sua vita semplice tanto che egli utilizza ancora una coperta che portò con sé proprio in quel 1954. A lui si deve la costruzione del seminario locale, della cattedrale, delle chiese e delle stazioni missionarie nelle zone più isolate. Il vescovo Ngu nacque nel 1909 nella diocesi di Thai Binh, nel Nord Vietnam. A 13 anni di età entrò nel seminario minore di Santa Teresa del Bambin Gesù nella diocesi di Lang Son. Si trasferì in Francia per gli studi di filosofia e di teologia, e là venne ordinato prete nel 1934. Tornato in patria , don Ngu andò a fare l’insegnante in seminario e poi il curato di due parrocchie. A 52 anni venne consacrato vescovo. (K.N.)

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    Messaggio del Patriarca di Mosca Kirill ai giovani

    ◊   I giovani possono cambiare la vita delle società umane, se fanno dei valori morali “un ideale attrattivo” a cui aderire. E’ il contenuto del messaggio - riportato dall'agenzia Sir - rivolto ai giovani dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, intervenuto lo scorso sabato al III Incontro dei responsabili delle associazioni giovanili ortodosse di differenti regioni della Russia e dei Paesi limitrofi. “I giovani – ha aggiunto – devono essere l’avanguardia della Chiesa. E’ la gioventù che deve portare al mondo la freschezza e l’annuncio luminoso del Vangelo che consiste nel professare che è solo in Cristo che l’uomo trova la pienezza della vita”. Nel corso del suo intervento Kirill ha anche lanciato l’idea di un raduno a Mosca con centomila giovani sui quali, ha detto, conta per portare avanti il compito di rinnovare spiritualmente la Russia. (B.C.)

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    Giovedì prossimo, in Ungheria, l’incontro del Kek e Ccee

    ◊   Inizierà giovedì a Esztergom, in Ungheria, l’incontro annuale del Comitato Congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (Kek) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee) composto da sette membri nominati dalla Kek e sette membri nominati dal Ccee. Come riporta l’agenzia Sir, nella riunione – che si svolge alla presenza del presidente della Kek Jean-Arnold de Clermont e del Ccee il cardinale Péter Erdő - si discuterà dei temi dell’ambiente, dello stato dell’ecumenismo e delle relazioni con i musulmani, e una verifica di alcuni progetti comuni a seguito della Terza Assemblea ecumenica europea di Sibiu. La Kek presenterà anche una nota informativa sulla sua 13.ma Assemblea che sul tema “Chiamati ad una sola speranza in Cristo” si terrà a Lione dal 15 al 21 luglio. (B.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il Kosovo celebra il primo anniversario dell’indipendenza

    ◊   Il Kosovo è oggi in festa per il primo anniversario dell'indipendenza dalla Serbia proclamata il 17 febbraio 2008. Stamani, seduta solenne del parlamento nella quale hanno parlato il presidente, Fatmir Sejdiu, e il primo ministro, Hashim Thaci. Il centro della città è addobbato con innumerevoli bandiere kosovare e albanesi, ma anche americane, della Ue e dei Paesi ritenuti più amici come Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna. In concomitanza con le celebrazioni in corso a Pristina, a Zvecan, nella parte nord del Paese dove più massiccia è la presenza della minoranza serba, si è svolta una riunione dei rappresentanti della comunità serba in Kosovo, alla quale partecipa un gruppo di deputati del parlamento nazionale serbo giunti da Belgrado. L'obiettivo è ribadire il no della Serbia alla proclamazione unilaterale di indipendenza da parte di Pristina e sottolineare che il Kosovo fa ancora parte del territorio serbo. Da Pristina, Michele Luppi:
     
    “Chiedo al popolo del Kosovo, che oggi e domani festeggi in modo tranquillo”, ha detto il primo ministro Thaci. Un invito alla moderazione, nelle ultime settimane espresso anche da mons. Dode Gjergji, vescovo cattolico del Kosovo. A prendere la parola per primo è stato il presidente dell’assemblea, Jakup Krasniqi, che ha parlato dell’indipendenza come di una scelta obbligata, di fronte alla repressione degli anni ’90. La parola è poi passata al presidente Sejdiu, che ha espresso la volontà di guardare al futuro, con l’ingresso del Paese nei grandi organismi internazionali, Nato ed Unione Europea. “Il nostro popolo non sta lavorando per il passato, ma per il futuro", ha detto il presidente, invitando tutti a lavorare insieme per fare del Kosovo un posto sicuro. Non sono mancati i riferimenti ai problemi del Paese, in particolare alle questioni economiche, più volte affiorate nei discorsi. Il Kosovo non è ancora riuscito a risollevarsi dal declino economico avviato negli anni ’90, durante la repressione del regime di Milosevic, sulla provincia a maggioranza albanese. Un declino concluso e aggravato dalla guerra. Ad oggi il Kosovo è un Paese che non produce, dove la maggioranza delle fabbriche sono chiuse e le miniere, vanto dell’economia della provincia, ai tempi della Jugoslavia, sono chiuse. La mancanza di lavoro spinge ancora molti giovani ad emigrare. Non potevano mancare riferimenti alla situazione interetnica con inviti al dialogo.

    Emergenza sanitaria in Zimbabwe
    "Medici senza frontiere" denuncia, con un rapporto, che la crisi umanitaria in Zimbabwe “continua a peggiorare rapidamente, causando indicibili sofferenze”. Le squadre mediche dell'organizzazione hanno curato circa 45mila persone che corrispondono al 75% del numero totale di casi in corso nell'attuale epidemia di colera e la crisi è ben lontana da una fine. Si stima che 3 milioni di persone si siano rifugiate in Sud Africa. Msf chiede al governo dello Zimbabwe di collaborare e chiede alla comunità internazionale di rispettare la differenza tra obiettivi politici e l'urgente obbligo umanitario.

    Darfur
    Il governo sudanese e il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), il gruppo ribelle più attivo del Darfur, hanno firmato a Doha, in Qatar, una dichiarazione d'intenti dopo una settimana di colloqui. Il documento prevede la cessazione delle ostilità nel Darfur, regione tormentata dalla guerra civile dal 2003, e dunque la fine degli attacchi a oltre due milioni di persone nei campi profughi e inoltre prevede lo scambio di prigionieri. Il documento e i colloqui di pace sono sponsorizzati dal Qatar, dall'Onu, dall'Unione Africana e dalla Lega Araba.

    Iraq
    Tre poliziotti sono stati uccisi e sette altri sono stati feriti dall'esplosione di un ordigno nella città irachena di Baquba, capoluogo della provincia di Diyala. L'attentato è avvenuto all'interno di un ristorante popolare di fronte al quartier generale della polizia.

    Pakistan
    Sei morti e tredici feriti sono il bilancio dell'esplosione di un'autobomba a Peshawar, nel nord-ovest del Pakistan, dinanzi all'abitazione di un ufficiale che aveva il compito di organizzare una milizia contro i militanti islamici, uscito illeso dall'attentato. L'abitazione si trova nella zona di Batta Beir, nella periferia del capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp). Quattro persone sono morte sul colpo nell'esplosione. Altre due, probabilmente parte del gruppo di attentatori, sono state uccise dalle guardie del corpo del militare mentre tentavano di scappare. La polizia, che pensa a un attacco suicida, ha dichiarato lo stato d'emergenza nella città. Tanto l'ufficiale, Nazim Fahim-ur-Rehman, quanto i suoi ospiti sono rimasti illesi.

    Afghanistan
    Un soldato britannico è rimasto ucciso, ieri in uno scambio di colpi, nel corso di un’operazione di pattugliamento nel sud dell'Afghanistan, nella provincia di Helmand. Si tratta dell'ottavo soldato britannico morto in Afghanistan dall'inizio dell'anno e del 145.mo dall'inizio delle operazioni nel 2001. La Gran Bretagna ha 8.300 uomini in Afghanistan. E proprio oggi l’ONU fa sapere che il 2008 è stato l’anno più sanguinoso per i civili afghani dalla caduta del regime dei talebani: circa 2.118 civili sono stati uccisi, il 40% in più rispetto al 2007. Delle 2.118 vittime, il 55% è stato ucciso da forze antigovernative, il 39% da quelle governative e il restante 3% di morti non può essere attribuito nè alle une nè alle altre.

    Iran
    Dieci “banditi” dediti al traffico di stupefacenti sono stati uccisi nell'est dell'Iran dalle forze di sicurezza, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Iran Daily. Lo scontro a fuoco è avvenuto presso Taibad, valico di confine con l'Afghanistan, da cui proviene gran parte degli stupefacenti consumati in Iran o fatti transitare verso i mercati occidentali. La polizia ha sequestrato 1.284 chilogrammi di oppio ed eroina e diverse armi. Negli ultimi dodici mesi sembra siano stati uccisi 120 “ribelli e trafficanti” di droga. Tra questi, anche i membri di gruppi separatisti nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan e in quella nord-occidentale del Kurdistan, popolate entrambe da forti minoranze sunnite in un Paese retto da uno Stato religioso sciita.

    Tagikistan
    Sei trafficanti di droga afghani sono stati uccisi in una sparatoria con poliziotti di frontiera del Tagikistan al confine tra l'ex repubblica sovietica e l'Afghanistan. Il Paese asiatico produce oltre il 90 % dell'oppio mondiale.

    Il generale Usa Petraeus, responsabile per il Medio Oriente, in Uzbekistan
    Il generale americano David Petraeus, responsabile per il Medio Oriente, è arrivato oggi in Uzbekistan per discutere di questioni legate alla sicurezza delle truppe stanziate in Afghanistan e alla possibilità di aprire nuove strade di accesso al Paese. Lo riferiscono fonti dell'ambasciata Usa nel Paese. La visita giunge poco dopo la decisione presa all'inizio del mese dal Kirghizistan di chiudere un'importante base aerea Usa utilizzata come stazione intermedia per operazioni in Afghanistan. Secondo quanto riferito dal portavoce dell'ambasciata a Tashkent, Petraeus incontrerà il presidente uzbeko, Islam Karimov, e alti rappresentanti del Paese per discutere della situazione in Afghanistan e della possibilità che l'Uzbekistan possa consentire il passaggio di carichi su rotaia non militari diretti a Kabul.

    Dagli Usa sostegno ai rapporti tra Turchia e Iraq
    Il presidente Barack Obama ha avuto oggi conversazioni telefoniche col presidente turco Abdullah Gul e col premier turco Recep Tayyp Erdogan discutendo numerosi temi di attualità, compreso il sostegno degli Usa per il rafforzamento dei rapporti tra la Turchia e l'Iraq, ha reso noto oggi la Casa Bianca. Durante le conversazioni, il presidente Obama ha sottolineato il suo desiderio di “rafforzare i rapporti Usa-Turchia e di lavorare insieme con efficacia nell'ambito della Nato”. Durante le telefonate, Obama ha sottolineato anche l'importanza della cooperazione “per gli sforzi per favorire il processo di pace in Medio Oriente” ed ha parlato del “processo di revisione della politica Usa riguardante l'Afghanistan e il Pakistan”.

    California
    Nonostante una seduta record di 30 ore e tre giorni di colloqui, i rappresentanti della California non sono riusciti ad approvare la maxi manovra da 40 miliardi di dollari volta al salvataggio dello Stato sull'orlo della bancarotta. Il portavoce del governatore repubblicano della California, Schwarzenegger, - scrive la Bbc sul suo sito - ha annunciato che, in seguito alla mancata approvazione della manovra, 20.000 impiegati statali rischiano il posto di lavoro già a partire da giugno. La California, tra gli Stati americani più ricchi, è stata particolarmente colpita dalla crisi dei mutui, dalla disoccupazione e dal crollo dei consumi. Gli impiegati statali californiani sono già stati colpiti dalla sospensione dal lavoro per due giorni al mese e 2000 opere pubbliche sono state per ora accantonate.

    A maggio il vertice straordinario UE sulla crisi
    Il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Ue sull'occupazione si terrà il 4 maggio, molto probabilmente a Praga. Ad annunciare la data è stato il premier ceco, Mirek Topolanek, presidente di turno dell'Ue, intervenendo al parlamento europeo.

    Italia - amministrative in Sardegna
    Il centrodestra, in Italia, strappa la Sardegna allo schieramento avversario e Ugo Cappellacci diventa il nuovo governatore. Il dato pressochè definitivo (91% di sezioni scrutinate) assegna a Cappellacci il 51,86% dei consensi, mentre il presidente uscente Soru si ferma al 42,9. Il Pdl diventa il primo partito nell'isola superando il 30%, il Pd al contrario affonda e non arriva al 25%. Ma Soru personalmente si conferma vincente nella leadership, conquistando quasi cinque punti in più della sua coalizione. Cappellacci ne ha presi 5 in meno. Nelle fila del centrodestra crescono i Riformatori, si conferma la potenza dell'Udc che viaggia sempre sul 9-10%. Nel centrosinistra, netto balzo in avanti dell'Italia dei valori, che passa dallo 0,99% del 2004 all'attuale 5%. Scende di un punto il Prc, che si attesta al 3%.

    Cambogia
    È cominciato oggi in Cambogia il primo processo a carico di un esponente di prima fila dei famigerati "khmer rossi" per crimini contro l’umanità commessi tra il 1975 e il 1979. Kaing Guek Eay, 66 anni, detto "il compagno Duch"', è ritenuto uno dei cinque responsabili delle sevizie e degli assassini commessi sotto il regime repressivo di Pol Pot. Il procedimento a carico degli altri imputati da parte del Tribunale speciale che agisce sotto l’egida delle Nazioni Unite inizierà soltanto nel 2010. Nonostante il lungo percorso diplomatico per giungere all’istituzione di una Corte dedicata al genocidio del popolo cambogiano, vige nel Paese un diffuso scetticismo sui suoi effettivi risultati. Stefano Leszczynski ha intervistato padre Alberto Caccaro, missionario del PIME da diversi anni in Cambogia.

    R. - La gente ricorda molto bene tutto quanto è accaduto in quegli anni. Vi sono ancora segni profondi della violenza subita, perché attualmente la società è ancora molto frammentata. Il cambogiano medio fatica a fidarsi delle istituzioni e fatica anche a fidarsi dei propri vicini, quasi a dire che in fondo le paure di quegli anni sono ancora presenti e diffuse.

     
    D. - Che scopo può avere oggi un processo del genere in Cambogia?

     
    R. - Organizzare il processo ha significato ripensare alla storia, ripensare a tutto quello che è avvenuto in quegli anni. Quindi, attualmente, esiste moltissimo materiale riferito a quegli anni, un materiale anche molto preciso sugli eventi. È importantissimo che vi sia una ripresa della storia, per una riflessione sulla storia, anche perché è un evento che ha compromesso l’identità cambogiana. Lo stesso processo, qualsiasi verdetto raggiungerà, non porterà alla riconciliazione. Certo, servirà alle vittime o a chi ha subito violenza per togliersi una soddisfazione. Quindi, se c’è una riconciliazione, è piuttosto in vista del futuro, più che un reale risanamento di quelle che sono le ferite.

     
    D. - In quanto parte della società cambogiana, anche la Chiesa ha sofferto molto in quel periodo. Oggi, qual è il ruolo della Chiesa nel Paese?

     
    R. - L’impegno della Chiesa è soprattutto orientato all’educazione. Quindi, abbiamo a che fare con giovani, con centinaia di migliaia di giovani e con la loro domanda di educazione - scuola, istruzione e quant’altro - proprio perché possano prepararsi al futuro. In questa opera di formazione, c’è anche evidentemente un’educazione alla fede. Dunque, insistiamo molto affinché ciascun individuo comprenda il valore assoluto della vita umana, della propria e dell’altrui. Dobbiamo fare in modo che quel passato di violenza non ci rubi la dignità propria di ciascuno al presente, per cui è un lavoro educativo che la Chiesa si sta assumendo in toto.

     
    Dimissioni del ministro delle finanze giapponese dopo le polemiche al G7
    Sarebbe Kaoru Yosano, il ministro giapponese delle Politiche economiche e fiscali, il candidato del premier, Taro Aso, destinato a prendere in mano la guida del Ministero delle finanze che Shoichi Nakagawa si appresta a lasciare. Lo anticipa l'agenzia Kyodo secondo cui Yosano, politico esperto di 70 anni, diventerebbe una sorta di superministro, visto che manterrebbe il suo attuale Ministero, in aggiunta a quello di Nakagawa, inclusa la supervisione sul settore bancario. Nakagawa è stato travolto dalle polemiche dopo che alla conferenza stampa a Roma è apparso a tutti in stato di ubriachezza.

    Il premier giapponese il 24 febbraio a Washington
    Il premier nipponico, Taro Aso, andrà a Washington il 24 febbraio e sarà “il primo leader straniero a essere ricevuto dal presidente Obama alla Casa Bianca”. Lo ha annunciato il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, nel corso della conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri nipponico, Hirofumi Nakasone. L'ex first lady ha sottolineato più volte nel corso dell'incontro che le relazioni nippo-americane costituiscono “la pietra angolare” della politica estera statunitense. Interpellata poi sulle ipotesi di un eventuale lancio di un missile da parte della Corea del Nord, Hillary Clinton ha detto che non aiuterà a far avanzare le relazioni.

    Tibet
    Almeno 15 persone sono state arrestate ieri dopo una manifestazione a favore del Dalai Lama a Li Tang, nella provincia cinese del Sichuan. Lo scrive oggi il giornale di Hong Kong, Ming Pao. Secondo il giornale, la manifestazione è stata innescata dall'arresto di un monaco buddista che aveva gridato slogan a favore del leader tibetano in esilio e dell'indipendenza del Tibet. Le aree a popolazione tibetana del Sichuan sono state l'anno scorso teatro di una serie di manifestazioni anticinesi e da allora sono chiuse a tutti gli osservatori indipendenti. Nel corso delle manifestazioni, secondo le organizzazioni dei tibetani in esilio, furono uccise decine di persone. Il governo cinese afferma invece che le vittime sono state una ventina, in gran parte civili uccisi dai rivoltosi tibetani il 14 marzo a Lhasa.

    Scontri nella provincia cinese dell'Hebei
    Oltre mille persone hanno preso parte a scontri violenti tra cinesi "han" e musulmani "hui" nella provincia dell'Hebei (Cina settentrionale), secondo quanto riferito da un gruppo umanitario che ha sede ad Hong Kong. Secondo il Centro d'informazione sui Diritti umani e la democrazia, gli scontri sono stati innescati da una disputa sui fuochi di artificio tra ragazzini delle due comunità scoppiati nel giorno della Festa delle Lanterne, l'ultimo giorno delle festività per il nuovo anno lunare. La polizia è intervenuta in forze, ma non sembra che si sia scontrata direttamente con la popolazione. Le violenze tra gli "han" - che sono il 90% degli 1,3 miliardi di abitanti della Cina - ed esponenti delle minoranze etniche sono relativamente rare, ma si teme che le relazioni tra le diverse comunità possano incrinarsi in seguito alla crisi economica e al ritorno nei loro luoghi d'origine di milioni di operai immigrati. L'ultimo grave episodio di violenza tra “han” e “hui” si è verificato nel 2004 nella provincia dell'Henan. Furono uccise sette persone e la calma tornò solo dopo che era stato imposta la legge marziale.

    Australia
    Il bilancio ufficiale dei morti nell'ondata di incendi che ha colpito il sudest dell'Australia è salito a 200, dopo che gli investigatori hanno confermato che 11 persone sono rimaste uccise presso la cittadina di Kinglake, in uno dei più di 400 incendi che hanno infuriato a partire dal 7 febbraio scorso. Secondo la polizia, il bilancio continuerà a salire man mano che verranno identificati altri resti fra le macerie. Oltre 1.800 case e 3.900 kmq. di territorio sono stati inceneriti, settemila i senzatetto. Domenica prossima è stata dichiarata giornata nazionale di lutto per le vittime degli incendi e migliaia di persone si raccoglieranno nello stadio del tennis, che ha appena ospitato gli Open d'Australia. La polizia ritiene che almeno tre dei maggiori incendi siano opera di piromani e venerdì scorso è stato arrestato un uomo di 39 anni, Brendan Sokaluk, ex pompiere volontario, con l'accusa di aver appiccato un incendio che ha causato almeno 21 morti. Rinviato a giudizio al 26 maggio, rischia 25 anni di carcere. Contro di lui si è scatenata la rabbia di migliaia di navigatori Internet, che hanno pubblicato la sua foto in violazione degli ordini del tribunale e continuano ad inserire messaggi minacciosi. Continua intanto la lotta contro sei incendi ancora fuori controllo, uno dei quali minaccia il bacino idrico che alimenta Melbourne. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 48

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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