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Sommario del 06/02/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il nunzio apostolico in Angola, mons. Becciu: la prossima visita del Papa consolidi la presenza e la coscienza cristiana delle nostre comunità
  • Mons. Migliore: no all’esclusione sociale di poveri ed immigrati. Necessarie condizioni di vita più umane per tutti
  • Mons. Celli in Costa d’Avorio: la Chiesa sia sempre più presente nel mondo della comunicazione digitale
  • Il cardinale Antonelli a Praga: l'Europa cotruisca una politica "amica della famiglia"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Eluana: approvato il decreto che impedisce la sospensione di alimentazione e idratazione
  • Mons. Sigalini: il sì alla vita per Eluana è il sì alla vita per i clandestini
  • La diocesi di Roma ricorda don Andrea Santoro ucciso tre anni fa in Turchia
  • Presentato a Roma il libro di mons. Ravasi “Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico”
  • Chiesa e Società

  • I religiosi cattolici accanto ai civili del nord dello Sri-Lanka
  • Isole Salomone: la Caritas in soccorso di oltre 15 mila alluvionati
  • Madagascar: la Chiesa indice una Giornata di preghiera per la riconciliazione nazionale
  • Medici Senza Frontiere in Congo e Sud Sudan
  • In Ciad è emergenza rifugiati in fuga dalla Repubblica Centrafricana
  • Zambia: i religiosi chiedono l’inclusione di alcuni diritti nella nuova Costituzione
  • I cambiamenti climatici mettono a rischio la pesca nei Paesi più poveri
  • Marcia a Cuneo per le suore rapite in Kenya
  • Elezioni in Iraq: soddisfazione di mons. Sako
  • Missione Continentale al centro della riunione del Celam a Bogotà
  • Bolivia: concluso l’incontro dei vescovi sul progetto della Missione Continentale
  • Cile: la Vergine della Candelaria proclamata Patrona della città di San Pedro
  • Malaysia: campagna stampa contro un giornale cattolico
  • Unità tra gli anglicani ribadita nell’incontro di Alessandria d’Egitto
  • Zagabria: incontro dei vescovi dell’Europa centro-orientale
  • "La Chiesa anima dell’Europa": così il delegato Cei alla Comece mons. Ambrosio
  • L’esperienza dei Lasalliani da cinquanta anni in Pakistan
  • India: verso una sinergia della Famiglia Salesiana
  • Nuovo libro su Giovanni Paolo II e la teologia della comunicazione
  • Commozione per la scomparsa di mons. Cipriano Calderón Polo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuovi incidenti ai margini della Striscia di Gaza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il nunzio apostolico in Angola, mons. Becciu: la prossima visita del Papa consolidi la presenza e la coscienza cristiana delle nostre comunità

    ◊   La Chiesa africana con le sue necessità, ma anche con la gioia crescente per il prossimo sbarco sul continente di Benedetto XVI - che sarà in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo - sono in questi giorni al centro dell’attenzione in Vaticano. Mentre prosegue nei Palazzi apostolici la visita ad Limina dei vescovi della Nigeria - oggi in sette ricevuti dal Papa - la Chiesa angolana intensifica nelle città e nei villaggi la preparazione dei fedeli all’arrivo del Pontefice. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il nunzio apostolico in Angola, l’arcivescovo Angelo Becciu:

    R. - Abbiamo ancora territori, specialmente nella zona nordest, che non sono stati raggiunti dalla evangelizzazione, dalla predicazione. Abbiamo diocesi grandi quasi quanto l’Italia, con pochi sacerdoti, pochi religiosi. Sono stati nominati da poco nuovi vescovi giovani. Penso che l’arrivo del Papa qui sarà per loro, come per il resto dell’Angola, un incoraggiamento ad aumentare le forze ed anche a sollecitare l'arrivo di altri Istituti missionari per dare una mano di aiuto all’opera di evangelizzazione.

     
    D. - Le settimane che vi separano dall’incontro con Benedetto XVI ormai non sono più molte. Qual è il clima generale che si respira nel Paese e soprattutto nella comunità cattolica?

     
    R. - C’è una grande, grande attesa, ormai, per l’arrivo del Santo Padre. E quello che è bello, che si coglie nella gente semplice, è questa consapevolezza: “Viene un uomo di Dio. Viene l’uomo di Dio e ci porta la benedizione”. La visita del Papa può essere un evento mediatico, un evento storico, ma è la parte spirituale che la Chiesa sta cercando di favorire e dunque c'è una preparazione tramite conferenze, veglie di preghiera, catechesi. L’arrivo del Papa sta dando un’occasione meravigliosa per rimettersi in moto.

     
    D. - Per usare la sua espressione, l’Angola si è rimessa "in moto" nel 2002 con la conclusione della guerra civile. Quale ruolo ha giocato e gioca oggi la Chiesa nel percorso di riconciliazione interno?

     
    R. - L’apprezzamento, il riconoscimento che ho sempre sentito attorno, anche negli ambienti politici o diplomatici, è stato quello di aver visto la Chiesa impegnata nell’aiutare la gente a dimenticare il passato. Non c’è stata famiglia che non sia stata toccata da un lutto, dalla perdita di un figlio, di un fratello, dello sposo, per cui lo sforzo - e lo si è visto anche alla vigilia delle elezioni - da parte di tutte le componenti della Chiesa, da parte della stessa "Radio Ecclesia", è stata quello di vedere e di vivere nel vero senso della democrazia l’appuntamento elettorale. E’ un’opera meritoria che la Chiesa finora ha compiuto e sta ancora continuando.

     
    D. - A livello sociale, quali sono oggi le necessità più importanti, urgenti, del Paese?

     
    R. - A livello sociale abbiamo il problema della sanità. Purtroppo, la mortalità infantile è ancora troppo alta. Poi, bisognerà anche aumentare il numero delle scuole, soprattutto nei villaggi più lontani. La Chiesa sta poi cercando di sensibilizzare tutti nell'applicazione di una maggiore giustizia sociale.

     
    D. - Tra gli appuntamenti che scandiranno il soggiorno del Papa in Angola, c’è senza dubbio l’incontro con i vescovi dell’Inbisa, l’organismo che riunisce i presuli dell’Africa del Sud. Qual è oggi il volto particolare di questa area del continente?

     
    R. - In quest’area del continente, abbiamo l’Angola che è decisamente cattolica, mentre nella parte meridionale sono piuttosto aree protestanti. Da parte dei vescovi, il coordinamento c’è, ma non è del tutto facile portare avanti un’opera pastorale coordinata proprio per queste differenze che abbiamo.

     
    D. - Circa sette mesi dopo il viaggio papale, i vescovi africani si ritroveranno a Roma per il loro Sinodo: con quali aspettative?

     
    R. - Soprattutto, vi è l’aspettativa di dare nuovo incentivo al consolidamento di ciò che è stato compiuto finora. E poi ci sono le nuove sfide: quelle della modernità, che ormai si affaccia anche in questi Paesi, con tutto quello che essa presenta - edonismo, consumismo, soprattutto nella capitale e nelle città di provincia - senza dimenticare l’invasione delle sette. Per me, quest'ultimo è uno dei grandi problemi, delle grandi sfide che i nostri vescovi africani dovranno affrontare durante il Sinodo.

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    Mons. Migliore: no all’esclusione sociale di poveri ed immigrati. Necessarie condizioni di vita più umane per tutti

    ◊   Per garantire un autentico sviluppo umano, bisogna promuovere l’integrazione sociale di tutti, specie dei più bisognosi, poveri ed immigrati. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, intervenuto ieri al Palazzo di Vetro alla 47.ma sessione delle Commissione per lo Sviluppo Sociale. L’Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu si è soffermato sulle strategie necessarie a promuovere un autentico sviluppo umano di chi è escluso o discriminato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    I problemi delle famiglie, degli anziani, dei disoccupati, degli immigrati e di tutti i gruppi soggetti all’esclusione sociale devono essere affrontati attraverso appropriate strutture legali, sociali e istituzionali: è l’esortazione dell’arcivescovo Celestino Migliore, che nel suo intervento al Palazzo di Vetro ha sottolineato come lo sviluppo sociale non richieda solo un aiuto finanziario, ma un effettivo coinvolgimento delle persone. Un concetto che il presule ha ribadito più volte. E’ necessario, ha avvertito, dare alle persone la possibilità concreta di essere i protagonisti del proprio sviluppo, rendendo le condizioni di vita più umane per tutti.

     
    Ciò che manca nella lotta alla povertà e all’ineguaglianza, è stata la riflessione dell’Osservatore vaticano, non è primariamente l’assistenza finanziaria o la cooperazione giuridica che sono comunque essenziali. Piuttosto è urgente una rete di relazioni capace di condividere la vita di coloro che sono esclusi. Ancora, ha detto, c’è bisogno di individui capaci di presenza e azioni e il cui impegno sia riconosciuto dalle istituzioni locali, nazionali e globali. Ed ha riecheggiato le parole di Benedetto XVI nella Giornata Mondiale della Pace: lo sviluppo non è solo una questione tecnica, ma necessita di una reale attenzione all’elemento umano.

     
    Attraverso la condivisione con gli esclusi della società, ha detto ancora mons. Migliore, si possono trovare gli strumenti per una loro migliore integrazione nella comunità. Così potremo affermare la loro dignità, rendendoli veri protagonisti del proprio sviluppo. Ed ha assicurato che la Santa Sede, con le sue varie istituzioni, è impegnata a sradicare la povertà e a conseguire un’integrazione sociale per tutti.

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    Mons. Celli in Costa d’Avorio: la Chiesa sia sempre più presente nel mondo della comunicazione digitale

    ◊   E’ in corso ad Abidjan, in Costa d’Avorio, la 17.ma assemblea plenaria della CERAO, la Conferenza episcopale regionale francofona dell’Africa dell’Ovest. Si tratta dell’ultima riunione dei soli presuli francofoni dell’area e segna la fusione con gli episcopati anglofoni, sotto una nuova denominazione di Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Occidentale (ACEAO/AECWA). Stamani è intervenuto all’assemblea l’arcivescovo Claudio Maria Celli. Il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, raggiunto telefonicamente ad Abidjan da Alessandro Gisotti, si sofferma sul ruolo sempre crescente dei media nell’attività pastorale:

    R. - Uno dei temi, innegabilmente di grande interesse in questa assemblea, è il tema della comunicazione. Quindi, vedere in che misura la comunicazione sia un punto di una pastorale sempre più attenta a quelli che sono i problemi di questa grande regione dell’Africa che vede riuniti 16 Paesi con più di 240 milioni di abitanti. Vedere come le nuove tecnologie danno un nuovo impulso alla comunicazione e quindi come tutti i vescovi sentano il bisogno di assumere questa responsabilità della promozione di una evangelizzazione sempre più attenta ai problemi locali. E soprattutto legata a questa ricchezza di un amore di Dio che comunica all’uomo e ci dona la sua Parola.

     
    D. – Evidentemente, pur essendo realtà molto diverse, pensiamo all’Africa occidentale piuttosto che l’Europa o l’America Latina, la comunicazione è sempre più un tema fondamentale nell’azione pastorale…

     
    R. – Oggigiorno, le nuove tecnologie, anche in questi Paesi, che a prima vista sembrerebbero i più lontani, stanno arrivando con un ritmo incalzante. C’è una cultura che sta emergendo. Innegabilmente è una realtà sempre più evidente che pone nuovi problemi, quindi da un lato c’è l’utilizzo dei mezzi come strumenti per annunciare la Parola di Dio, e quindi renderli strumenti di una evangelizzazione più efficace, ma dall’altro lato, si pone anche l’esigenza di far fronte ad una evangelizzazione di questa cultura nuova che, anche qui in Africa, sta prendendo piede e trova dei suoi momenti sempre più concreti.

     
    D. – La Chiesa, indubbiamente, ha sempre mostrato grandissima attenzione alle comunicazioni sociali e alle nuove tecnologie. Tuttavia, ovviamente, ci sono a volte anche delle difficoltà nella comunicazione. Come cercare di affrontare queste problematiche?

     
    R. – E’ innegabile che queste nuove tecnologie comportano degli aspetti ambigui o anche non condivisibili. Però si ritiene – e il Papa stesso lo sottolinea – che si debba guardare avanti e quindi, pur consapevoli di questi limiti, bisogna cercare di essere presenti con una nuova evangelizzazione. Io la chiamo proprio una “diaconia della cultura”, cioè la Chiesa sente il bisogno di essere presente in questa nuova cultura digitale, portando quello che è il suo messaggio di un amore di Dio per l’uomo, questo Dio presente nel condividere ogni cammino, ogni passo dell’uomo oggi.

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    Il cardinale Antonelli a Praga: l'Europa cotruisca una politica "amica della famiglia"

    ◊   “Sostegno alla famiglia in un tempo di crisi demografica ed emergenza educativa” è il tema della conferenza tenuta dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, questa mattina a Praga, presso il Centro Congressi della capitale ceca. Alla due giorni di studio dal titolo “Cura genitoriale dei figli e politica del lavoro. Collisione o complementarietà?” - ospitata dalla presidenza ceca del Consiglio dell’Unione Europea, dal vice primo ministro e ministro del Lavoro e degli Affari sociali della Repubblica Ceca con il supporto della Commissione europea - sono intervenute personalità del mondo politico, culturale e religioso dell’Europa, per analizzare le politiche nazionali, sovranazionali ed internazionali, i finanziamenti pubblici e le forme alternative di un problema che merita attenzione e risposte concrete. Il servizio di Gianfranco Grieco:

    Nel suo intervento, il cardinale Antonelli, dopo aver affrontato le tematiche “Famiglia e sviluppo”, “Crisi demografica ed emergenza educativa” e aver risposto alla domanda: “Perché la famiglia sana è una risorsa importante per la società?”, ha invitato politici e legislatori a costruire una politica economica “amica della famiglia”. “Oggi - ha affermato il porporato - per una politica di sostegno alla famiglia, che volesse dare concreta attuazione a questi diritti, si prospettano alcune direzioni di cammino non facile, ma di grande significato civile. Certamente è necessario ricordare che la politica è l’arte del possibile, ma è anche necessario che essa si muova nella giusta direzione”. “E’ auspicabile - ha continuato - dato che sempre più aumenta la flessibilità del lavoro e si diffondono i lavori a progetto, tra un lavoro e l’altro, assicurare ai lavoratori un reddito vitale minimo, per evitare che la flessibilità diventi precarietà”. “Per non ritardare i matrimoni e per non tenere lontani i coniugi uno dall’altro - ha osservato ancora il cardinale Antonelli - bisogna agevolare i trasferimenti di sede lavorativa senza subire danni e penalizzazioni economiche. Per conciliare il più possibile i tempi del lavoro con i tempi della famiglia, occorre dare incentivi alle imprese che offrono ai lavoratori schemi personalizzati di rapporto lavorativo: ad esempio, orari di lavoro flessibili, controllo dei risultati più che degli orari, possibilità di part-time e di interazione tra lavoro in azienda e lavoro in casa. Per dare ai genitori, soprattutto alla madre, la possibilità di scegliere liberamente di dedicarsi in casa alla cura dei figli senza subire danni economici - ha rilevato - si dovrebbe riconoscere nella sua dignità e utilità il lavoro domestico, e quindi retribuirlo adeguatamente”.

     
    “Perché - si poi è chiesto il presidente del dicastero della Famiglia - “penalizzare la madre che si dedica ai figli? (In Italia il 33 % delle donne lavoratrici lascia il lavoro esterno retribuito alla nascita di un figlio). Perché una famiglia che decide di avere dei figli deve diventare più povera?”. “Occorre inoltre promuovere una maggiore equità nel prelievo fiscale, per incrementare la natalità”, ha sollecitato il porporato. “La tassazione dovrebbe tener conto non solo delle entrate complessive della famiglia, ma anche delle persone a carico (numero dei figli; eventuale presenza di un disabile). Perché - si è chiesto ancora - chi decide di avere figli numerosi viene trattato come chi non ne ha, come chi può fare risparmi o divertirsi e magari in futuro avrà la pensione sovvenzionata dal lavoro dei figli dell’altro?”.

     
    “Occorre infine - ha spiegato il cardnale Antonelli - mettere a disposizione delle famiglie adeguati servizi di sostegno educativo (asili nido, scuole ecc.), attivando la collaborazione tra istituzioni pubbliche, settore privato sociale, settore privato, reti di famiglie stesse. In particolare, bisogna offrire a tutti, anche ai poveri, la possibilità di scegliere liberamente, senza ulteriori oneri finanziari, la scuola non statale, se lo desiderano. Perché in alcuni Paesi, come l’Italia - ha sottolineato ancora - solo ai benestanti viene consentito di scegliere la scuola ritenuta più coerente con l’orientamento educativo della famiglia?”. “La politica, facendo passi avanti secondo queste direzioni - ha concluso - contribuirebbe a edificare una società amica della famiglia e perciò più capace di coesione e di sviluppo. Auspico che in Europa la famiglia diventi una priorità e venga riconosciuta come soggetto di cittadinanza con diritti e doveri propri. Il futuro dell’Europa passa per la famiglia”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, l'Afghanistan: Ban Ki-moon, in visita a Kabul, promette un maggiore impegno dell'Onu per la pace e sottolinea che il 2009 sarà un anno cruciale per il Paese.

    L'ironia di Bernardo contro il barocco di Cluny; estetiche monastiche a confronto: in cultura, monsignor Inos Biffi sul convegno organizzato dal Centro di studi cistercensi Benedetto XVI.

    L'uomo di fronte all'incomprensibile volontà divina; a cinquecento anni dalla nascita di Giovanni Calvino: anticipazione dell'articolo di Jean-Blaise Fellay in uscita su "La Civiltà Cattolica".

    I debiti con la storia: ampi stralci dell'articolo di Ernesto Galli della Loggia - pubblicato oggi dal "Corriere della Sera" - sugli ottant'anni dalla firma dei Patti Lateranensi.  

    Quel ghiottone di un Giacomo: Raffaele Alessandrini sulle specialità gastronomiche predilette da Leopardi.

    La sfida dell'unità per i cristiani della Russia: nell'informazione religiosa, Mario Ponzi intervista monsignor Joseph Werth, vescovo della Trasfigurazione a Novosibirsk.

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    Oggi in Primo Piano



    Eluana: approvato il decreto che impedisce la sospensione di alimentazione e idratazione

    ◊   Caso Englaro. Il Consiglio dei Ministri ha approvato oggi all’unanimità il decreto legge per impedire la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione di Eluana. Il decreto è stato approvato nonostante i dubbi del Quirinale. Proprio oggi la Clinica “La Quiete” di Udine aveva iniziato la riduzione dell’alimentazione della donna in stato vegetativo da 17 anni. Sulla vicenda abbiamo raccolto la testimonianza di Margherita Coletta, vedova di Giuseppe, carabiniere assassinato a Nassiryah e madre di Paolo, stroncato dalla leucemia all’età di sei anni. Il dolore ha avvicinato la donna al dramma della famiglia Englaro: da qui il desiderio di conoscere papà Beppino, quindi lo “sconvolgente” incontro con Eluana. Ecco come lo ha raccontato al microfono di Paolo Ondarza, poco prima che arrivasse la notizia dell'approvazione del decreto:

    R. – All’inizio non sapevo cosa aspettarmi, perché da tutto quello che sentivo in giro, che era attaccata alla macchina, pensavo – entrando lì dentro – di trovarmi una ragazza, non so in che condizioni da come l’avevano descritta; quindi, che respirasse attraverso un'apparecchiatura, cosa che invece non è stata. Io sono entrata nella stanza ed ho visto una ragazza della mia stessa età, di 38 anni, coricata in un lettino, senza alcuna apparecchiatura vicino; come quando una persona va a trovarne un’altra in ospedale, alimentata attraverso un sondino, e non aveva nient’altro.

     
    D. – Ma ha avuto l’impressione di non poter instaurare un rapporto, con Eluana?

     
    R. – No, ho avuto tutt’altra impressione, perché io, quando mi sono avvicinata, non volevo invadere la sua privacy. Lei era appoggiata con la guancia destra sul cuscino; io ho cominciato ad accarezzarla e lei ha iniziato a muovere le palpebre. Lì per lì sono rimasta turbata per questo, perché me la immaginavo con gli occhi chiusi. La delicatezza della sua pelle è come la sensazione di toccare il velluto; la suora mi ha anche fatto vedere il suo corpo, le sue gambe snelle.

     
    D. – Cosa ha visto?

     
    R. – Una donna, una donna normalissima come tante altre donne; soltanto con il viso un po’ più rotondo rispetto alle foto, i capelli corti per essere anche più agevole la pulizia della sua persona. Invece poi, la seconda volta che sono tornata da lei, il 23 dicembre, sono andata con una consapevolezza diversa: quindi mi sono avvicinata ed ho iniziato un po’ a scherzare con lei. E nel corridoio c’era il papà, Beppino, che era arrabbiato con dei giornalisti, e mi ricordo che io, per sdrammatizzare un po’ la cosa, mi sono avvicinata a lei e le ho detto “Eluana, lasciali perdere, tutti”, scherzando, ridendo, “non dar retta a nessuno”, e a questa battuta lei ha sorriso. Poi ho saputo che questa cosa non l’ha mai fatta in 15 anni; c’erano altre due persone, vicino a me, che l’hanno visto.

     
    D. – Ecco, ora Eluana ha lasciato la casa di cura dov’è stata assistita dalle suore che si sono prese cura di lei amorevolmente…

     
    R. – Amorevolmente. Io ho avuto rapporti soprattutto con suor Rosangela, quella che le è stata proprio vicina per 15 anni; lei la ama come se fosse sua figlia.

     
    D. – Quello a cui forse non si pensa, in questi momenti, è che Eluana, adesso, si trova in una struttura per lei totalmente estranea; è sola…

     
    R. – Certo, non la amano. Nessuno ama Eluana, lì dov’è. Quale battaglia stanno facendo, per Eluana? Stare in 14, tra medici ed infermieri, lì davanti, e veder morire una persona, questo è un atto disumano. Dare ad Eluana un po’ d’acqua e poi toglierla, farla morire di sete è una cosa assurda: come fa l’essere umano a non rientrare in se stesso? Se loro provassero a pensare ad Eluana come ad una persona che appunto è viva, respira autonomamente, che sicuramente ha dei sentimenti dentro, ma che non riesce ad esprimerli; la vita va intesa anche in questo stato.

     
    D. – Che cosa prova, adesso che Eluana è stata portata a morire?

     
    R. – Provo un immenso dolore dentro. Ma non per Eluana, perché lei, comunque vadano le cose, starà bene; avrà un Padre che l’accoglierà. Io provo dolore per quelli che rimarranno.

     
    D. – Pensa al papà?

     
    R. – Sì, penso al papà, al dolore immenso che proverà quando si sveglierà lui dal coma, non Eluana. Io ho rispettato lui finchè Eluana è rimasta a Lecco; non ho detto nulla, perché era una cosa che io volevo tenere per me. Però adesso no, adesso era giusto dirlo, perché la verità va sempre detta.

     
    D. – Margherita, ha sentito il signor Englaro, dopo il trasferimento di Eluana?

     
    R. – Sì, ho saputo alle due di notte che Eluana sarebbe stata portata via, quindi la mattina l’ho chiamato per avvisarlo che io avrei detto queste cose. Lui stamattina, sui giornali, ha detto che gli amici cui ha fatto vedere Eluana l’hanno tradito: non è così. Io sono sua amica e lo rimarrò sempre, perché rispetto il suo dolore di padre, anche se non condivido niente di quello che sta facendo.

     
    D. – Pensa di sentirlo?

     
    R. – Sì, sicuramente. E’ un padre, un padre che forse ha perso di vista qual è il ruolo reale che un genitore deve avere nei confronti dei propri figli. Probabilmente perché è stato un po’ stordito da tutto quello che gli è successo intorno, da chi lo sta usando.

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    Mons. Sigalini: il sì alla vita per Eluana è il sì alla vita per i clandestini

    ◊   Vescovi italiani e medici cattolici contro il provvedimento approvato ieri al Senato che dà la possibilità ai medici di denunciare gli immigrati clandestini che vanno a farsi visitare in strutture sanitarie pubbliche. Ora il provvedimento passerà all'esame della Camera. Il segretario della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei, mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, ha detto che il sì della Chiesa alla vita per Eluana va di pari passo al sì al rispetto della vita degli immigrati irregolari. Ecco la sua riflessione al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Certo, è un discorso univoco, come siamo contro l’aborto, come siamo contro l’eutanasia, siamo contro tutte le misure contro la vita: ma l’essere contro non è sufficiente per noi cristiani. Facciamo degli interventi concreti che permettano di fare quello che lo Stato attualmente non fa. Allora noi, rispettando le leggi, ma dentro una carità che ci obbliga anche ad andare contro eventuali sanzioni, vogliamo aiutare le persone. Noi già trovavamo difficoltà, da parte di queste persone immigrate, non regolari, a curare le loro malattie perché, già prima di questa misura, temevano di essere denunciate ed essere rimandate in patria. Io ritengo che, come Chiesa, la Caritas si attrezzerà e quindi, tutti i cristiani che vogliono esprimere solidarietà, si attrezzeranno per aiutare questi malati perché, alle volte, i casi sono anche veramente gravi. Immaginiamo una donna che deve partorire, non può rischiare di partorire in casa dopo aver fatto una grande fatica per convincersi a tenere il bambino perché l’abbiamo aiutata ad avere speranza, perché noi abbiamo l’80 per cento di donne immigrate che praticano l’aborto. Noi riusciamo, con i nostri dialoghi, ad intercettare questi bisogni e non vorremmo che questo aiuto non venga più accolto.

    D. – Il provvedimento passa ora alla Camera. Che cosa auspicate?

     
    R. – Io auspico che ci siano delle prese di posizione un po’ diverse, che il provvedimento venga rimodulato diversamente e che venga data la possibilità alle persone di curarsi. C’è anche il pericolo di malattie infettive che non vengono denunciate, è quindi un danno anche per gli altri cittadini, anziché un provvedimento sulla sicurezza. Quindi neanche la sicurezza viene rispettata se non si sta attenti nel campo sanitario. Noi, come cristiani, ci attrezziamo per esprimere sempre di più la solidarietà. Cercheremo di intavolare nuovi discorsi su questa nuova legge per trovare i percorsi che siano capaci di garantire la sicurezza al cittadino ma di garantire prima di tutto il diritto alla vita a queste persone.

    Contrario al provvedimento anche il presidente dell’Associazione dei medici cattolici, il prof. Vincenzo Saraceni. Ascoltiamolo al microfono di Sergio Centofanti:
     
    R. – Se io posso fare un accostamento – me lo lasci fare – dico che il medico è un po’ come il confessore; allora ci mancherebbe altro che un medico, che vede un malato in una condizione di fragilità, invece che curarlo solamente, vada anche a denunciarlo perché è un immigrato clandestino. Quindi, questa norma mi trova assolutamente contrario e ritengo che i medici non usufruiranno di questa possibilità. Quindi, da questo punto di vista, sono tranquillo perché non c’è nella nostra cultura questa idea della denuncia di chi è clandestino. Sono preoccupato, invece, se gli immigrati, temendo una denuncia, non si rivolgano ad una struttura sanitaria; questo mi preoccupa perché creerebbe un pericolo per la loro salute e quindi, in teoria, anche per la loro vita. Penso, per esempio, a donne partorienti che magari non vanno in ospedale e possono partorire in condizioni precarie; questo rappresenterebbe un rischio anche per la vita dei bambini. Questo è quello che mi preoccupa di più.

     
    D. – Si può parlare di obiezione di coscienza da parte dei medici?

     
    R. – L’obiezione di coscienza credo sia un po’ impropria, perché la disposizione legislativa dà solo una possibilità e allora non è che si possa obiettare contro una possibilità; non è che sia un vincolo o un obbligo. Quindi, questo è un po’ improprio.

     
    D. – Come definite questa misura?

     
    R. – Assolutamente inopportuna.

     
    D. – Il provvedimento, adesso, passa alla Camera: cosa vi augurate?

     
    R. – Io mi auguro che su questo punto si torni indietro, si torni alla legislazione precedente in cui i medici erano esonerati da questa possibilità.

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    La diocesi di Roma ricorda don Andrea Santoro ucciso tre anni fa in Turchia

    ◊   “Don Andrea è morto mentre pregava con una Bibbia scritta in turco, quasi a testimoniare la sua fedeltà fino alla fine al Signore a alla Chiesa.“. Così mons. Luigi Moretti, vicegerente della diocesi di Roma, ha ricordato ieri sera, nella parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio, la figura di don Andrea Santoro, durante la celebrazione eucaristica in memoria del sacerdote ucciso tre anni fa, a Trabzon, in Turchia. Hanno concelebrato anche mons. Luigi Padovese, vicario della diocesi di Anatolia, e alcuni rappresentanti ecclesiali della Chiesa turca. Il servizio di Marina Tomarro:

    Don Andrea è stato un dono per la Chiesa. Il sangue versato nel suo martirio è il bene più prezioso che ci ha lasciato, terreno fertile su cui stanno fiorendo molte opere sia in Turchia che in Italia. Così ieri mons. Luigi Padovese, vicario della diocesi di Anatolia, ha ricordato la figura di don Andrea Santoro, nel terzo anniversario della morte del sacerdote. E alla celebrazione eucaristica erano presenti anche la sorella Inolda Santoro e la madre Maria. Ascoltiamo il loro ricordo su don Andrea:

    “Un pensiero che ho avuto, dopo che è morto mio fratello, pensando a lui, alla sua vita e a quello che aveva lasciato, è racchiuso nell’immagine di lui come Pollicino che lascia cadere tanti sassolini: tante persone ci hanno telefonato, tante testimonianze sono arrivate, e quindi, per me, è come se queste persone ci riportassero questi sassolini, sotto forma di telefonate, di persone che gli hanno voluto bene, persone che lo hanno conosciuto anche per poco tempo. Quindi questa, per noi, è una grande consolazione, questo è quello che lui ha lasciato e che ci consola tanto”.

     
    “Mio figlio ha lasciato un ricordo bellissimo, per tutti; non c’è una telefonata o una persona che mi saluta che non mi dice ‘io l’ho visto, l’ho sentito, mi è rimasto impresso’. Ha lasciato dei buoni ricordi e ringrazio Dio per questo”.

     
    Ma nella regione turca dove viveva don Andrea la situazione per i cristiani è ancora difficile, a causa dell’intolleranza di alcuni gruppi estremisti musulmani. Ascoltiamo a questo proposito la testimonianza dell'arcivescovo coadiutore di Istanbul degli Armeni, mons. Georges Khazzoum, presente alla celebrazione:

    “L’Anatolia è un posto troppo pericoloso; i cristiani sono sempre in attesa di un cambiamento di mentalità da parte di questa gente, e di protezione da parte del governo. Fino ad adesso, noi non abbiamo avuto l’audacia di andare lì – anche per fare una Messa – perché la gente ancora non vuole accettare la presenza dei cristiani. Ci sono persone con una mentalità radicale e perciò non è facile lavorare in un posto dove bisogna avere un coraggio ed un’audacia così forti”.

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    Presentato a Roma il libro di mons. Ravasi “Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico”

    ◊   “Vorremmo che queste pagine fossero aperte anche a chi non varcherà mai la soglia di una Chiesa…”: così, si legge sulla copertina dell’ultimo libro di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Si intitola “Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico” e alla presentazione, che si è svolta ieri a Roma, sono stati invitati esponenti della politica italiana, come Massimo D’Alema e il ministro degli Interni Roberto Maroni, e l’imprenditore Marco Tronchetti Provera. C’era per noi Fausta Speranza:

    Il volume raccoglie citazioni che mons. Ravasi ha proposto per anni ogni giorno sul quotidiano Avvenire. Un libro che attinge con sapienza e ironia a un patrimonio di pensiero a 360 gradi: da Solone alla poetessa americana Emily Dickinson, dal cartoon Mafalda a Stalin, dai cantautori ad Einstein. Un libro colto – dice D’Alema – ma non paludato. Un libro che “dovrebbe essere adottato nelle scuole – afferma il ministro Maroni - perché spiega il mondo, la natura umana, la storia dell’uomo”. “Il filo rosso - sottolinea Tronchetti Provera - è il pensiero, proprio quello che rischiamo sempre più di perdere: la nostra è la società dell’informazione ma non la società della conoscenza perché perdiamo l’approfondimento”. Viviamo una profonda crisi dell’economia e della politica perché è crisi culturale. Molto chiaro il pensiero di mons. Ravasi racchiuso in un brano che è stato letto da Vittoria Puccini:

     
    “Ci sono alcuni libri che hanno pagine di fuoco, prime fra tutte le opere sacre. E’ come maneggiare ferro rovente, non ci si può non scottare. Se di fronte alle Scritture e ai grandi capolavori dell’umanità, reagite solo sbadigliando e non perché siete affaticati, ma soltanto perchè non vi dicono nulla, cominciate allora a preoccuparvi, perché è segno che la superficialità televisiva vi sta annebbiando l’anima”.
     
    Della ricchezza della conoscenza e della riflessione mons. Ravasi dice:

     
    “La sapienza, noi sappiamo, deriva dal verbo “sapere”, che non vuol dire sapere. Il primo significato di “sapere” è avere sapore, così come “studere” in latino, non ha come primo significato studiare, ma come primo significato ha appassionarsi. Ecco perché io ritengo che sia importante, anche nell’interno di questo libro, non considerare l’aspetto di erudizione, le citazioni, ma le lezioni che ci vengono offerte”.
     
    Poi sceglie una delle citazioni riportate nel volume “Le parole e i giorni”:

     
    “Vorrei proprio ricordare un mistico musulmano. E, quindi, andiamo veramente a conoscere un orizzonte che tante volte noi conosciamo solo per un certo aspetto esteriore o per certe manifestazioni. Questo musulmano è Galal al-din Rumi, mistico, poeta contemporaneo di Dante. Egli dice cosa deve avvenire quando si riflette, quando si conosce veramente, quando si sa, con un’immagine suggestiva: “Partì la goccia dalla sua patria, trovò una conchiglia, vi entrò e divenne una perla. O uomo! viaggia da te stesso in te stesso, da un simile viaggio la tua terra diventa oro purissimo”. Ecco, il viaggio dentro sé, di cui parla Agostino: “In interiorem hominem”, rientrare in se stesso. Questa meditazione allora racchiude i temi capitali: vita, morte, bene, male, felicità, dolore, amore - che è forse uno dei temi dominanti - libertà, vero, falso, giustizia”.

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    Chiesa e Società



    I religiosi cattolici accanto ai civili del nord dello Sri-Lanka

    ◊   Alla richiesta del presidente dello Sri Lanka Rajapaksa di far evacuare i religiosi dall’area dei combattimenti tra l’esercito di Colombo e le Tigri Tamil nel nord del Paese, ha risposto il nunzio apostolico in Sri Lanka mons. Mario Zenari che solo ieri ha visitato la diocesi di Jaffna, la più colpita dalle violenze. Il presule – riferisce Asianews – ha affermato che “i sacerdoti cattolici resteranno sempre e lavoreranno con il popolo, non lo abbandoneranno mai”. Nell’area operano 22 sacerdoti e 27 suore che curano i profughi della regione di Vanni, si tratta di religiosi provenienti dalle diocesi del nord che appartengono a vari ordini come i gesuiti e gli Oblati di Maria Immacolata. Intanto nella zona cresce il numero delle vittime, secondo il comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) e le organizzazioni umanitarie i morti aumentano e il governo continua a negare l’accesso all’area degli scontri alla stampa. Proprio Colombo, nei giorni scorsi, ha rifiutato di negoziare con i ribelli sostenendo che l’unica soluzione è la resa incondizionata. E proprio oggi almeno 100 persone hanno assaltato la sede della Comitato della Croce Rossa internazionale (Icrc) a Colombo lanciando pietre contro gli uffici situati nella centrale Layards Road e occupando la sede dell’organizzazione per un’ora e mezza. Il fatto segue di poche ore la richiesta di espulsione del capo della Croce Rossa, Paul Castella. La richiesta è stata fatta al governo dal leader del National Freedom Front (Nff), Wimal Weerawansa. Weerawansa, presidente del partito di matrice marxista , che sostiene il presidente Mahinda Rajapaksa , accusa il direttore della Croce rossa di diffondere dati falsi sulla tragica situazione dei profughi e delle vittime degli scontri nel nord del Paese sostenendo così le Tigri tamil. La Croce rossa e gli organismi umanitari presenti nella zona in cui esercito e ribelli si confrontano, confermano la stima di 250mila persone intrappolate nell’area. L’Onu afferma che nei bombardamenti del 4 febbraio almeno 52 civili sono morti e 80 feriti. (B.C.)

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    Isole Salomone: la Caritas in soccorso di oltre 15 mila alluvionati

    ◊   Piogge torrenziali e alluvioni hanno messo in ginocchio le Isole Salomone. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e la Caritas ha risposto prontamente all’emergenza. E’ questa la situazione nell’arcipleago del Pacifico, sconvolto nei giorni scorsi da alluvioni che hanno causato la morte di almeno 8 persone in diversi villaggi dell’arcipelago, soprattutto nel nordovest dell'isola di Guadalcanal e nella vicina isola Savu. Sono 8, inoltre, i dispersi, mentre i danni alle infrastrutture rendono difficili i soccorsi. L'alluvione - riporta l'agenzia Fides - ha distrutto case e spazzato via ponti e coltivazioni. Circa 100 persone sono state evacuate dalle aree più colpite e trasferite nella capitale Honiara. Oltre 1.800 famiglie si trovano in seria difficoltà di alimentarsi e sopravvivere, e circa 15mila persone restano tuttora isolate e hanno un urgente bisogno di assistenza. A mobilitarsi con prontezza per assistere gli alluvionati è stata la Caritas locale, che ha ricevuto un ampio e generoso sostegno dalla Caritas Australia. “E’ essenziale portare cibo di emergenza, acqua potabile, coperte soprattutto per i più deboli e per i malati”, affermano i volontari Caritas. La Caritas Australia ha indetto una raccolta fondi in favore degli alluvionati delle Salomone. Già in passato, specialmente in occasione dello “tsunami” del 2007, l’associazione cattolica con sede in Australia si era impegnata con forza per il sostegno alla popolazione del vicino arcipelago. Dal dicembre scorso, piogge e alluvioni hanno colpito l’arcipelago delle Fiji, la Papua Nuova Guinea, le Micronesia e le isole Marshall, con decine di migliaia di persone costrette ad abbandonare i propri villaggi. A gennaio 2009 nelle Fiji sono morte 19 persone e oltre 9.000 sono state evacuate dopo le alluvioni più gravi in decenni, che hanno devastato i due maggiori settori dell'economia nazionale: il turismo e le piantagioni di canna da zucchero. (R.P.)

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    Madagascar: la Chiesa indice una Giornata di preghiera per la riconciliazione nazionale

    ◊   La Chiesa cattolica del Madagascar ha indetto per domenica prossima, 8 febbraio, una giornata per la riconciliazione e la giustizia nazionale ed ha invitato i fedeli ad unirsi alla preghiera. Il Paese, infatti, è da circa un mese devastato da una grave crisi politica e decine di migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Marc Ravalomanana. Le manifestazioni, che hanno provocato almeno 37 morti, - riferisce l'agenzia Fides - sono scoppiate durante gli scioperi indetti per protestare contro la decisione del governo di chiudere un’emittente televisiva privata, appartenente al leader dell'opposizione e sindaco della capitale, Andry Rajoelina. Le autorità avevano deciso di chiudere la testata lo scorso dicembre, dopo la trasmissione di un programma in cui parlava il presidente in esilio, Didier Ratsiraka. Il governo aveva, infatti, giudicato l’episodio come "un'istigazione al disordine civile". Inoltre, sempre domenica prossima, in tutte le chiese cristiane si celebra la Giornata della Bibbia sul tema: “La Bibbia, una parola che trasforma, una parola che non cambia”. Voluta dalla Società Biblica Malagasy, la giornata è soprattutto una occasione per i cristiani per pregare insieme per una migliore diffusione della Sacra Scrittura. Saranno 15 mila le chiese coinvolte nell’iniziativa allo scopo di far giungere la parola divina negli angoli più reconditi del Paese. In tutti i distretti e i comuni saranno costituiti dei comitati regionali di preghiera che si impegneranno anche in campagne di sensibilizzazione tra la gente. Inoltre, per realizzare la sfida di far conoscere Cristo in tutto il Madagascar attraverso la Sacra Scrittura, saranno avviate speciali attività a Tanandavanala e a Mikea. La Società Biblica Malagasy progetta di creare un centro di diffusione della Bibbia ad Antsohihy, del genere di quelli già esistenti ad Antsirabe, Fianrantsoa, Sambava e Toliera. Sono molte le regioni che in Madagascar non hanno ancora accesso alla Bibbia, la giornata di domenica vuole essere per questo un’opera missionaria per diffondere la Sacra Scrittura. (I.P. - T.C.)

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    Medici Senza Frontiere in Congo e Sud Sudan

    ◊   Da diversi mesi, i violenti attacchi dei ribelli ugandesi dell'Esercito di Resistenza del Signore (LRA) nel nord est della Repubblica Democratica del Congo sono diventati sempre più frequenti. Centinaia di persone sono state uccise e migliaia sono fuggite. Secondo le Nazioni Unite e diverse organizzazioni umanitarie, oltre 500 persone sono state uccise e oltre 400 bambini sono stati rapiti durante i recenti attacchi intorno alla città di Dungu nella regione nord orientale della RD del Congo. Nell’ottobre 2008 Medici Senza Frontiere (MSF) ha iniziato a lavorare a Dungu e in questo momento 5 operatori internazionali e 12 operatori congolesi forniscono assistenza alle persone colpite dalla violenza. Le équipe di MSF - riferisce l'agenzia Fides - supportano le strutture sanitarie locali a Limay, Ngilima, Bangadi, Faradje e Doruma e forniscono assistenza alle persone sfollate con un sistema di cliniche mobili in tre località a sud di Dungu. Nelle zone più pericolose non raggiungibili via terra, le équipe di MSF evacuano in aereo i pazienti più gravi. Tuttavia molti degli attacchi a Bangadi, Doruma e Faradje sono così violenti che ci sono ben pochi sopravvissuti. Gli attacchi hanno anche provocato la fuga di migliaia di persone verso il Sud Sudan. Le équipe di MSF hanno fornito supporto alle cliniche a Sature e Gangura e avevano anche avviato un programma di cliniche mobili lungo il confine con la RD del Congo per raggiungere più persone. A gennaio circa 2mila rifugiati sono giunti nella città di Ezo. Un’équipe di MSF ha effettuato una rapida valutazione e ha distribuito aiuti alimentari ai bambini sotto i cinque anni che mostravano segni di malnutrizione. MSF distribuirà coperte e zanzariere e continuerà a monitorare la situazione, intervenendo se necessario. (R.P.)

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    In Ciad è emergenza rifugiati in fuga dalla Repubblica Centrafricana

    ◊   Fonti Onu, riportate dalla Misna, denunciano un importante incremento del numero dei rifugiati centrafricani verso il Ciad, dove sono già presenti in 5 campi profughi. Sarebbero almeno diecimila, in maggioranza donne e bambini, in fuga dagli attacchi e nel timore di nuovi combattimenti tra forze governative e ribelli nel nord del Paese. Le Nazioni Unite denunciano le numerose difficoltà nella distribuzione degli aiuti che stanno incontrando difficoltà ad arrivare per la condizione delle strade. Inoltre c’è preoccupazione per l’impossibilità di potabilizzare l’acqua e quindi di conseguenza per la diffusione di malattie. La sola fonte di acqua disponibile ai rifugiati è infatti quella dei fiumi locali. (B.C.)

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    Zambia: i religiosi chiedono l’inclusione di alcuni diritti nella nuova Costituzione

    ◊   Inserire nella nuova Costituzione della Zambia il riconoscimento di diritti economici, sociali e culturali a tutti i cittadini. E’ quanto chiede una petizione, firmata da oltre 12mila cittadini, proposta dal Centro di riflessione teologica dei gesuiti di Lusaka e consegnata al Comitato per i diritti umani della Conferenza costituzionale nazionale. Nel documento, si chiede inoltre che si pongano le basi affinché le leggi vincolino lo Stato alla loro attuazione. Se accolte, le richieste dovranno essere vagliate dai cittadini con un referendum. Secondo una fonte del centro, ripresa dalla Misna, si teme che questo passo in avanti possa portare il Paese alla bancarotta ma l’intenzione è di procedere in modo graduato “dando delle priorità” e tenendo conto delle risorse della Zambia e dei bisogni della gente. L'organizzazione fa notare che i cittadini non chiedono allo Stato di distribuire servizi gratuiti, ma di garantire l’accesso a servizi sociali importanti per la loro vita. (B.C.)

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    I cambiamenti climatici mettono a rischio la pesca nei Paesi più poveri

    ◊   Allarme del centro studi WorldFish, con sede in Malesia, riguardo all’impatto dei cambiamenti climatici sulla pesca. Secondo lo studio condotto su 132 nazioni, almeno 33 Paesi, di cui 19 in Africa, sono più a rischio dal punto di vista della loro maggiore dipendenza dalla pesca e minore possibilità di dare risposte al problema. Come si legge sulla Misna, dal punto di vista ambientale, i Paesi alle latitudini più alte costateranno un impatto maggiore dei cambiamenti climatici sulla pesca ma le persone nelle zone dei tropici e subtropicali soffriranno di più perché la loro dieta dipende maggiormente dal pesce e hanno meno strumenti per trovare altre fonti di cibo e di sussistenza. Nel mondo, riporta un rapporto della Fao, la pesca fornisce il 20% di apporto proteico annuale per 2,6 miliardi di persone. Tra le nazioni che saranno maggiormente colpite ci sono, per l'Africa: Angola e Repubblica Democratica del Congo in Africa insieme a Malawi, Guinea, Senegal e Uganda; in Asia, in pericolo: Bangladesh, Cambogia, Pakistan e Yemen mentre in America Latina: Perù e Colombia sono quelli che ne risentiranno di più. (B.C.)

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    Marcia a Cuneo per le suore rapite in Kenya

    ◊   Si svolgerà domenica 8 febbraio a Cuneo l’annuale marcia di solidarietà, promossa dal Movimento contemplativo De Foucauld al quale appartengono suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Olivero, rapite al confine tra Somalia e Kenya agli inizi di novembre. L’iniziativa, resa nota dal settimanale cattolico “La Guida”, non intende soltanto ricordare i 50 anni dall'inizio dell'Adorazione, avviata l'11 febbraio 1959, ma esprimere vicinanza alle due religiose. “L’attesa per la liberazione – si legge sul giornale – si fa sempre più pesante. A ormai tre mesi dal rapimento l’apprensione è sempre più forte così come la preghiera e la speranza per la liberazione”. L’appuntamento, fissato nella sede del Movimento fino alla Chiesa del Cuore Immacolato, avrà inizio alle 4.30 con il Rosario meditato e proseguirà con la marcia di preghiera per concludersi con la Messa alle 6.30. Nei giorni scorsi si sono rincorse le voci per alcuni contatti telefonici con le religiose rapite ma la comunità religiosa ha smentito la notizia con una nota sul proprio sito. (B.C.)

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    Elezioni in Iraq: soddisfazione di mons. Sako

    ◊   Nonostante i tre seggi ottenuti dai cristiani nelle elezioni provinciali del 31 gennaio scorso in Iraq, mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, definisce “un passo avanti” quanto ottenuto. In un’intervista – riportata dall’agenzia Zenit – il presule ha affermato che la priorità per i nuovi governi provinciali dovrebbe essere non solo la sicurezza, ma anche la coesione sociale, lo sviluppo del sistema sanitario e dell'istruzione. Le consultazioni non sono state disertate dai sunniti, come invece era accaduto nel 2005, e questo aspetto è considerato molto importante da mons. Sako perché porterà i cittadini iracheni ad “assumere piena responsabilità” per lo sviluppo del loro Paese. L’arcivescovo di Kirkuk non nasconde però l’indebolimento in politica dei cristiani che rischiano di non avere voce. (B.C.)

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    Missione Continentale al centro della riunione del Celam a Bogotà

    ◊   Verificare i risultati raggiunti finora dalla Missione Continentale, avviata il 17 agosto 2008, ma anche tracciare un bilancio del piano pastorale dello scorso anno: sono questi gli obiettivi della riunione annuale del Comitato di presidenza del Celam, il Consiglio episcopale dell’America Latina, in corso in questi giorni a Bogotà, in Colombia. In apertura dei lavori, il presidente del Celam, mons. Raymundo Damasceno Assis, ha ricordato che “questa riunione è un momento privilegiato per confrontare le nostre opinioni sulle questioni strutturali e operative che servono a migliorare il nostro servizio alla vocazione e alla comunione”. Il presule ha poi sottolineato altri due importanti appuntamenti in calendario: la riunione annuale dei Segretari generali delle Conferenze episcopali appartenenti al Celam, cui parteciperanno anche i delegati nazionali per la Missione Continentale, e l’assemblea generale ordinaria, a carattere esclusivamente deliberativo, in programma dal 12 al 16 maggio a Managua, in Nicaragua. Infine, mons. Damasceno Assis ha rivolto un pensiero speciale al card. Julio Terrazas, presidente dei vescovi boliviani, sottoposto nei giorni scorsi ad un delicato intervento chirurgico al cuore. Subito dopo, la parola è passata a Melvin Rivera, rappresentante delle Società Bibliche Unite, il quale ha segnalato l’attuale collaborazione con il CEBIPAL (Centro biblico pastorale per l’America Latina), per una nuova traduzione delle Sacre Scritture, una maggiore diffusione della Lectio Divina e per la realizzazione di Bibbie destinate ai ragazzi. Infine, i presuli presenti all’assemblea hanno assistito alla proiezione di un dvd promozionale sul significato e gli obiettivi della Missione Continentale. Il materiale audiovisivo è già stato distribuito alle Conferenze episcopali del Celam e a tutte le diocesi del continente, perché “serva ad animare la Missione in ciascuna realtà pastorale ed offra spunti di riflessione a livello locale”. Per oggi, infine, è prevista una sessione informativa sull’imminente riunione dei vescovi della Chiesa d’America, in programma il 10 e 11 febbraio a Buenos Aires, in Argentina. (I.P.)

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    Bolivia: concluso l’incontro dei vescovi sul progetto della Missione Continentale

    ◊   Si è conclusa ieri, nella Città di Cochabamba, la riunione di due giorni del Consiglio episcopale permanente, incentrata principalmente sul lancio della Missione Permanente in Bolivia, previsto per domenica 26 aprile 2009 nella stessa città. Sono stati giorni di intenso lavoro e preghiera durante i quali si è anche seguito con interesse lo stato di salute del cardinale Julio Terrazas, presidente della Conferenza episcopale boliviana, che ha subìto un intervento al cuore. Nel pomeriggio di ieri, - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi hanno ricevuto la visita della squadra che coordina la Pastorale giovanile dell’America Latina, presieduta da mons. Mariano José Parra Sandoval, vescovo di Città Guayana (Venezuela) e Presidente della Sezione Giovanile del CELAM. L’obiettivo dell'incontro è stato di condividere i preparativi di due appuntamenti per il mondo giovanile: la riunione dei Responsabili di Pastorale Giovanile, che avrà luogo nel mese di ottobre a Cochabamba, ed il 3° Congresso Latinoamericano di Giovani, previsto per l’anno 2010 in Venezuela. Da un paio di mesi, una commissione formata dai vescovi sta lavorando al progetto della Missione permanente in Bolivia. (R.P.)

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    Cile: la Vergine della Candelaria proclamata Patrona della città di San Pedro

    ◊   Il comune cileno di San Pedro de la Paz, in provincia di Concepción, ha emesso un decreto di riconoscimento della “Vergine della Candelaria” come Patrona locale. Il documento, firmato dal sindaco Audito Retamal, è stato consegnato ufficialmente a mons. Ricardo Ezzati Andrello, Arcivescovo di Concepción, al termine di una processione e di una Santa Messa di ringraziamento alla Madonna. “Maria è ora la Patrona di questo comune – ha detto il presule – e come Madre desidera che tutti noi possiamo crescere nella fraternità e nella solidarietà, per costruire un futuro di sviluppo e di crescita umana”. Il decreto municipale, ha aggiunto mons. Ezzati, “significa riconoscere che quanto c’è di buono e di grande nel cuore dei cittadini può trovare spazio nella vita pubblica. La fede non è un ostacolo alla vita sociale. Al contrario, essa è come il fermento, il lievito che dà senso alla crescita di tutta la comunità”. “Maria – ha concluso il presule – ha il cuore aperto ad accogliere le nostre preghiere per i bisogni del comune, della regione e del Paese. Viviamo tempi difficili, minacciati dalla disoccupazione e dalla crisi economica, che colpiscono tante famiglie. Preghiamo Maria, allora, perché si promuova la solidarietà e l’aiuto fraterno, perché il pane ed il lavoro non manchino in nessuna famiglia e perché la nazione cresca in pace e prosperità”. (I.P.)

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    Malaysia: campagna stampa contro un giornale cattolico

    ◊   L’uso della parola “Allah” sta creando scompiglio in Malaysia. Come riferisce Asianews, il giornale cattolico della diocesi di Kuala Lumpur, l'Herald, sta subendo una campagna di insulti e critiche in particolare dal quotidiano nazionale Utusan Malaysia che accusa la pubblicazione di proselitismo visto l’uso della parola parola “Allah” nel definire il Dio dei cristiani. Una consuetudine che, per esempio in Indonesia Paese a maggioranza musulmana, non suscita clamore. In questa fase l’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Nicholas Xavier Pakiam, ha detto di voler attendere sul caso, il pronunciamento della Corte suprema. In precedenza c’èra stato esplicito divieto sull’uso del termine perché poteva generare confusione tra i musulmani, ma per i cristiani tale proibizione significava “una violazione ai diritti di libertà religiosa e di professione della propria fede, garantiti dalla Costituzione”. Accademici e politici hanno fatto notare a più riprese che l’uso della parola “Allah” da parte dei cristiani data da molto prima dello stesso Maometto e che in Indonesia, Paese vicino a maggioranza musulmana, i cristiani usano da secoli questa parola per definire il Dio cristiano, senza che vi sia alcuno scandalo. (B.C.)

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    Unità tra gli anglicani ribadita nell’incontro di Alessandria d’Egitto

    ◊   Al termine dell’incontro che si è tenuto fino a ieri ad Alessandria di Egitto, sotto la presidenza dell’arcivescovo di Cantebury Rowan Williams, 34 primati anglicani di tutto il mondo hanno sottoscritto un documento nel quale ribadiscono il desiderio di unità di fronte alle “difficoltà e divisioni che attraversano il mondo anglicano sui temi della omosessualità e dell’ordinazione di vescovi gay”. Due vicende, già portate alla luce nella “Lambeth Conference” dello scorso anno che avevano diviso le Chiese del Nord America e quelle d’Europa, che hanno creato – si legge nel testo riportato dal Sir – “profonde e continue divergenze”. “E’ imperativo – prosegue - che cessino ulteriori aggravamenti della situazione o atti che possono essere causa di incomprensione ed ostilità”. Al vaglio dei primati anglicani la nascita di “giurisdizioni parallele”, una sorta di “coalizione di sette differenti organizzazioni”, ma non c’è consenso unanime. Nel prendere atto della “difficile natura di queste tensioni”, il comunicato sottolinea anche la capacità, all’interno della Comunione anglicana, di “discutere di queste questioni in uno spirito di dialogo aperto e rispettoso”. “Il nostro impegno – aggiungono i primati - rivela la complessità della situazione. Le questioni non sono così chiare come alcuni lasciano intendere. L'anima della nostra comunione è stata messa sotto pressione e minacciata da rapporti danneggiati e fratturati”. (B.C.)

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    Zagabria: incontro dei vescovi dell’Europa centro-orientale

    ◊   “Missione della Chiesa nell’Europa centro-orientale a vent’anni dal crollo del sistema comunista (1989-2009)”. E’ il tema scelto per l’incontro che inizierà martedì a Zagabria dei presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi dell’Europa centro-orientale. Un’iniziativa – riporta il Sir – che cade in occasione del 20.mo anniversario della caduta del muro di Berlino e del decimo anniversario della beatificazione del cardinale arcivescovo di Zagabria, Alojzije Viktor Stepinac, martire del regime comunista. L’incontro, il terzo dopo quelli di Budapest nel 2004 e a Praga nel 2007, prenderà il via con una relazione dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, e dal presidente del Ccee, il cardinale Péter Erdő. (B.C.)

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    "La Chiesa anima dell’Europa": così il delegato Cei alla Comece mons. Ambrosio

    ◊   Il rischio di una visione univoca e piatta che mortifica l’uomo incombe sull’Europa e la Chiesa può offrirle un’anima. E’ il senso delle dichiarazioni al Sir di mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza–Bobbio, da poco nominato dal Consiglio permanente Cei delegato presso la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece). Per il presule è necessario promuovere il dialogo tra i “diversi orizzonti di pensiero”. “Il nostro continente ha tuttavia bisogno anche di un’anima – ha aggiunto - ossia di una dimensione spirituale e di quell’umanesimo che valorizza la persona nella sua interezza”. Secondo mons. Ambrosio, l’Europa si trova in un “autunno morale e culturale” e così diventa urgente “far riaffiorare i grandi valori e ricollocarli al centro della società europea”. Un impegno che per la Chiesa deve tradursi in “un’opera capillare di sensibilizzazione e informazione/formazione” che consenta di comprendere che nell’Unione Europea esiste una élite agnostica che pretende di dettare legge e fare pressione sugli orientamenti morali e culturali dell’opinione pubblica. “Lobby pseudoculturali”, dice mons. Ambrosio, potenti anche dal punto di vista economico e mediatico e per questo “occorre potenziare l’impegno e il dialogo al fine di attrezzare culturalmente e criticamente” i cittadini europei. (B.C.)

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    L’esperienza dei Lasalliani da cinquanta anni in Pakistan

    ◊   “Lo spirito e l’eredità dei Lasalliani sono visibili e ci spingono con fiducia verso il futuro”. Così il responsabile della provincia religiosa in Pakistan tracciando un bilancio della presenza dei Fratelli delle Scuole Cristiane da 50 anni nel Paese asiatico. “I risultati raggiunti dalle nostre scuole nel campo accademico ma anche in quello delle attività extra-curriculari – ha sottolineato Fratel Shahzad Gill – sono una testimonianza di questa eredità. Tutta la nostra opera è stata possibile grazie al grande coraggio dei Fratelli pionieri, che anno iniziato la missione in Pakistan, e alla grande fede in Dio”. Molti uomini politici che siedono in Parlamento, e anche l’attuale premier Gilani, hanno studiato nelle scuole dei Lasalliani. L’istruzione basata sui valori del rispetto dell’altro, dei diritti, della libertà e della responsabilità individuale, contribuisce a formare un classe dirigente che oggi è alla guida del Paese e che potrà portare questo patrimonio a servizio della nazione. (B.C.)

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    India: verso una sinergia della Famiglia Salesiana

    ◊   I membri della Famiglia Salesiana dell’Ispettoria di Chennai in India hanno partecipato ad un incontro presieduto dal Rettor Maggiore Don Pascual Chávez e dal suo vicario don Adriano Bregolin. Nel corso dell’incontro, il IX successore di Don Bosco ha rinnovato l’appello perché i vari gruppi della Famiglia Salesiana realizzino una ampia e reale sinergia. Il raduno ha visto la partecipazione di nove gruppi della Famiglia Salesiana presenti nell’Ispettoria. Oltre ai Salesiani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice, erano presenti Cooperatori, Exallievi, Volontarie di Don Bosco, Devoti di Maria Ausiliatrice, Suore di Maria Immacolata e Aiuto dei Cristiani, le Suore Missionarie di Maria Aiuto dei Cristiani e una rappresentanza delle “Sisters of Maria Ausiliatrix”, ordine religioso femminile di diritto diocesano che ha fatto richiesta di essere inserita nella Famiglia Salesiana. Don Chávez ha ribadito che la Famiglia Salesiana è un “movimento spirituale e apostolico, frutto dello Spirito Santo. Non siamo un movimento sociale!”. "Perché la Famiglia Salesiana diventi una realtà vibrante, ha sottolineato il Rettor Maggiore, c’è bisogno di un cambio di mentalità che favorisca una ampia sinergia tra i vari gruppi". (A.M.)

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    Nuovo libro su Giovanni Paolo II e la teologia della comunicazione

    ◊   Nel corso dei suoi 26 anni di pontificato, Giovanni Paolo II ha sviluppato una autentica “teologia della comunicazione: lo ha affermato il teologo emerito della Casa Pontificia, il cardinale Georges Marie Martin Cottier, intervenendo a Roma alla presentazione del nuovo libro “John Paul II: Development of a Theology of Communication” edito dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV). Le autrici del testo, Christine A. Mugridge e Marie Gannon, insieme con la giornalista Joanna Bogle e il cardinale Cottier, hanno discusso su come questa teologia ha avuto la capacità di influire non solo sulle comunicazioni ecclesiali, ma anche nel mondo dei mass-media ed oltre. I relatori hanno convenuto che, mentre i semi di una tale teologia sono sempre esistiti lungo la storia della Chiesa, il loro sviluppo è cominciato soltanto durante il pontificato di Giovanni Paolo II e che, in un tempo di crescente secolarizzazione come quello attuale, tale sviluppo sarà decisivo per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Il porporato - riferisce l'agenzia Fides - ha ricordato che Giovanni Paolo II, aperto a ogni forma di comunicazione, era sempre molto interessato a riconoscere il ruolo di Gesù Cristo visto non solo come il creatore delle parole, ma come “la Parola stessa fatta carne”. Pur non avendo Papa Wojtyla mai usato l’espressione “teologia della comunicazione”, durante il suo pontificato si è chiaramente sviluppata una teologia della comunicazione. “Questo è stato possibile – ha affermato la prof.ssa Marie Gannon – grazie all’uso di principi e di metodologie analoghi per l’analisi dei materiali provenienti sia dall’ambito ecclesiale sia da quello secolare. Ciò consente di parlare di un’autentica teologia della comunicazione”. È stato comunicato che “Catholic Word”, un consorzio americano di più di 12 editori, quali "Ignatius Press” e “Ascension Press", diffonderà il volume nell’area anglofona. Si tratta della prima opera distribuita da “Catholic Word” a nome della LEV. (R.P.)

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    Commozione per la scomparsa di mons. Cipriano Calderón Polo

    ◊   I funerali di mons. Cipriano Calderón Polo, deceduto la sera di mercoledì scorso a Roma dopo una lunga malattia, saranno celebrati domani o domenica nella cattedrale di Plasencia, in Spagna. Lo hanno reso noto i parenti del porporato e le autorità ecclesiastiche. La morte di mons. Calderón Polo ha provocato grande commozione sia in Spagna sia in America Latina, Paesi nei quali il presule passò gran parte della sua vita prima come direttore dell’Osservatore Romano in lingua spagnola e poi come vice presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal). Numerose le testimonianze di affetto per mons. Calderón Polo che sarà sepolto nella cappella del Santissimo della chiesa de El Salvador, dove fu battezzato 81 anni fa e dove nel 1953 celebrò la sua prima Santa Messa. In molti lo ricordano come un pastore mite, pieno di zelo per il suo lavoro pastorale e dedicato interamente a servire le chiese latinoamericane ma anche a curare i rapporti di comunione e solidarietà di queste con le diocesi della Spagna. La sua vita di cristiano e sacerdote è stata una testimonianza unica di amore e servizio fra le chiese delle due sponde dell’Atlantico, intesa come comunione di fede e speranza. Era nato nella città di Plasencia il primo dicembre 1927 ed entrò in seminario quasi bambino: aveva solo 12 anni. A Roma, anni dopo, ottenne il dottorato in teologia e filosofia, lavorando sempre molto vicino con la stampa cattolica. In questo contesto assunse un’importante incarico come capo dell’ufficio stampa in lingua spagnola del Concilio Vaticano II. Conobbe e lavorò con diverse Papi, in particolare con Giovanni Paolo II nei suoi viaggi in America Latina e altri Paesi di lingua spagnola. Ricevette la sua consacrazione episcopale proprio da Papa Wojtyla, il 6 gennaio 1989, dopo aver lasciato la vicepresidenza della CAL. La sua città natale, Plasencia, lo nominò “figlio prediletto” il 16 novembre 2006. Sull’Osservatore Romano, il giornalista spagnolo Antonio Pelayo ha scritto che monsignor Cipriano Calderón lascia a Roma, in Spagna, in America Latina e nel mondo, molti amici che lo ricorderanno con stima. “Scompare dinanzi ai nostri occhi – aggiunge - la sua inconfondibile persona, ma resterà per sempre la sua testimonianza di fedeltà. Il Signore saprà ricompensare abbondantemente il suo servo fedele”. “Fra le molte qualità che Dio gli aveva concesso spicca, a livello affettivo ed effettivo, la sua fedeltà ai Papi e alla Chiesa al cui servizio mise la sua intelligenza, la sua capacità di lavoro, la sua austerità di vita, le sue vaste conoscenze. La sua – conclude Pelayo - era una fedeltà che nasceva naturalmente dalla fede in lui tanto radicata, a partire dalle sue stesse radici familiari, ma che si riversava in tutta la sua attività, inondando ogni cosa e conferendo a tutto senso e coerenza. Altra qualità questa che definisce colui che oggi ricordiamo”.(A cura di Luis Badilla)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuovi incidenti ai margini della Striscia di Gaza

    ◊   Un miliziano palestinese è stato ucciso in mattinata, dopo che il suo tentativo di infiltrarsi in Israele. E da Gaza sono stati sparati almeno due razzi verso il territorio israeliano, senza vittime. Intanto, sulla scena politica israeliana si avvicinano le legislative del 10 febbraio. I sondaggi danno in testa il Likud di Netanyahu. Dietro, il partito Kadima della Livni e, a seguire, i radicali di destra di Lieberman e i laburisti di Barak. L'opinione di Camille Eid, esperto di Medio Oriente per il quotidiano Avvenire, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - L’indicazione principale è che il Likud avrà la possibilità di formare il nuovo governo israeliano. Sappiamo comunque che i sondaggi, in Israele, sono molto fluttuanti: al terzo posto, adesso, c’è Israel Beitenu di Avigdor Lieberman, che ha allontanato i laburisti piazzati terzi fino a qualche giorno fa. Penso che, da qui a martedì, cambieranno ancora delle cose.

     
    D. - Quindi, saranno strategici i voti raccolti da Lieberman?

     
    R. - Attualmente, Lieberman dispone di un undici seggi: potrebbe arrivare a 16 e chi dice a 19 e cioé, in questo caso, avrebbe guadagnato otto seggi, ma comunque farebbe coalizione con il Likud. Bisognerà poi sommare i seggi, perché nessuno avrà la maggioranza assoluta, sono tutte maggioranze relative. Quando parliamo di primo partito che disporrà di 26 o di 27 seggi su 120 vuol dire che è ben lontano dal formare una maggioranza assoluta. Attualmente, il Likud lavora sodo dietro le quinte - soprattutto il leader Netanyahu - per compattare il fronte o il blocco dei partiti di destra. Quindi, non potrà da solo formare il governo ma dovrà chiamare Lieberman, Shas, il partito di sefarditi ortodossi, più i partiti nazionalisti religiosi o il blocco della Torah. Se invece Kadima arriva primo, dovrà ricorrere anche lui ai laburisti ed anche loro ai partiti religiosi. Alla fine, dunque, l’ago della bilancia saranno questi partiti nazionalisti o religiosi.

     
    D. - Secondo un sondaggio di un centro studi palestinese, realizzato dopo la crisi nella Striscia di Gaza, se si andasse alle elezioni sia a Gaza sia in Cisgiordania, tra i palestinesi ci sarebbero maggiori consensi per Hamas rispetto ad al Fatah…

     
    R. - Questo era previsto perché adesso, sull’onda delle violenze e del numero dei bambini o delle donne che hanno perso la vita nel recente conflitto, è chiaro che Hamas ha riscosso qualche consenso tra i palestinesi. Ma da qui alle elezioni effettive, che non potranno svolgersi prima del gennaio 2010, dubito che Hamas possa mantenere questo distacco a livello nazionale.

     
    Pakistan
    Continuano gli attentati in Pakistan. Almeno 25 persone sono morte e 30 sono rimaste ferite nella regione orientale del Punjab: un uomo si è fatto esplodere mentre sul posto passava una processione di fedeli sciiti. Altre due persone sono morte nella parte occidentale del Paese, quando i militanti talebani hanno fatto saltare in aria un ponte. Intanto, l’Alta Corte di Islamabad ha assolto da tutte le accuse lo scienziato nucleare Abdul Qadeer Khan, padre della bomba atomica pakistana. Lo scienziato era stato accusato e imprigionato per aver venduto, negli Anni Novanta, tecnologie e progetti per la costruzione di armi nucleari alla Libia e alla Corea del Nord.

    Ban Ki-moon in Iraq
    Dopo aver visitato due giorni fa l’Afghanistan, oggi il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, è giunto a sorpresa in Iraq per incontrare le massime autorità del Paese e complimentarsi, simbolicamente, con la popolazione per il successo delle recenti elezioni, svoltesi senza violenza e vinte - secondo risultati ancora provvisori - dal partito del premier, Al Maliki. Sul valore di questa visita, Salvatore Sabatino ha sentito Mirella Galletti, docente di Storia dei Paesi islamici della II Università di Napoli:

    R. - Sicuramente, ha un grandissimo valore simbolico, basti pensare ai violentissimi attentati avvenuti in Iraq, subito dopo la caduta di Saddam Hussein, contro le Nazioni Unite, contro tutte le varie attività dell’Onu. Il fatto che il segretario, adesso, possa essere presente in Iraq, sicuramente rappresenta un grande successo per la via della normalizzazione del Paese.
     
    D. - Proprio sul fronte delle elezioni provinciali, sono stati resi noti i primi risultati dai quali emerge una netta vittoria del partito laico del premier al Maliki. È la sconfitta, secondo lei, dei partiti religiosi?

     
    R. - Il fatto che venga premiato il primo ministro risiede nel fatto di aver condotto una politica, in questi anni, di un richiamo ad un forte stato centrale, e quindi, in questa maniera, si è anche posto in collisione verso i curdi. D’altra parte, al Maliki ha avuto la possibilità di dare una maggiore sicurezza al Paese. Quindi, evidentemente, è stato premiato da un lato per questa sua capacità di dare nuove radici al Paese e dall’altro per una vicinanza con l’Iran, e anche questo è un fatto importante in quanto generalmente gli arabi sciiti hanno sempre rapporti molto stretti con Teheran.

     
    Sudan
    Con l'appoggio di alcuni Paesi arabi e africani, il Sudan ha nuovamente chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu di sospendere tutti i procedimenti legali intentati contro il presidente Omar al Bashir, accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità nel Darfur, regione sconvolta da sei anni da una sanguinosa guerra civile. Dopo l’annuncio dei giudici, che questo mese potrebbero emettere un mandato di arresto nei confronti del capo dello Stato del Paese africano, l'ambasciatore sudanese all'Onu, Abdalmahmood Abdalhaleem Mohamad, ha detto che questo non farebbe che peggiorare la situazione in Darfur. Ieri, intanto, cinque sudanesi sono stati incriminati dal Tribunale penale di Khartoum nord per l'omicidio del funzionario Usaid, John Granville, e del suo autista, avvenuto alla vigilia di Capodanno. Le accuse contro i cinque sono quelle di omicidio premeditato, complotto criminale e possesso non autorizzato di armi e di munizioni.

    Zimbabwe
    L’accordo raggiunto in Zimbabwe tra il presidente Mugabe e il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, sulla condivisione del potere rappresenta un importante passo avanti sulla via della normalizzazione nel Paese africano. Ieri, il parlamento di Harare ha approvato all’unanimità una riforma costituzionale che consente a Tsvangirai di diventare primo ministro, mentre Mugabe manterrebbe la presidenza. La prossima settimana dovrebbe dunque nascere il nuovo esecutivo di unità nazionale. A Raffaello Zordan, africanista della rivista Nigrizia, Stefano Leszczynski ha chiesto se questo basterà a mettere fine alla violenta crisi politica che in cinque anni ha messo in ginocchio lo Zimbabwe:

    R. - È chiaro che la scommessa è completamente aperta. Io credo che la strada che sta percorrendo il Paese sia in salita e ci saranno dei passi da fare molto concreti. La comunità internazionale non dovrà e non potrà togliere gli occhi da questo Paese. Non dimentichiamo che abbiamo un degrado economico micidiale: abbiamo un’inflazione a miliardi per cento ormai, il declino dell’industria manifatturiera, l’agricoltura in difficoltà. Questo governo, ammesso che si metta in moto subito, ha un’agenda talmente fitta di problematiche, che dovrà per forza aiutarsi ed essere aiutato.

     
    D. - È stata efficace l’influenza dei leader regionali, cioè Mugabe si è reso conto che forse sta perdendo degli appoggi importanti o è una decisione che esula dal contesto africano?

     
    R. - Io credo che il contesto africano sicuramente c’entra. Però, credo c’entri anche il gruppo di potere politico-militare che ha sostenuto Mugabe in questi anni.

     
    D. - La crisi umanitaria è drammatica. La comunità internazionale, a questo punto, potrebbe decidere anche di rompere l’isolamento stretto nel quale ha posto lo Zimbabwe...

     
    R. - Potrebbe anche arrivare ad interrompere il tema delle sanzioni. Credo che la comunità internazionale dovrà cominciare a dare una mano in maniera forte, ma si sta aprendo una fase che è altrettanto delicata come quella che abbiamo vissuto nell’ultimo anno.

     
    Africa-Cina
    La Cina rispetterà l'impegno preso con i Paesi africani di triplicare entro la fine del 2009 i suoi aiuti al continente. Lo ha detto un funzionario del Ministero degli esteri di Pechino, presentando alla stampa la visita - la prossima settimana - del presidente Hi Jintao in quattro Paesi africani e in Arabia Saudita. In un vertice con i Paesi africani svoltosi a Pechino nel 2006, la Cina aveva promesso che avrebbe raddoppiato i suoi aiuti entro tre anni. La Cina ha già una forte presenza in Africa, dove ha investito pesantemente nel settore energetico. Hu Jintao, nella sua prima missione all'estero dell'anno, visiterà Mali, Senegal, Tanzania e Mauritius. La visita comincerà però in Arabia Saudita, il maggior produttore di petrolio del mondo.

    In Italia riforma del processo penale
    Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al disegno di legge di riforma del processo penale. Il provvedimento contiene - a quanto si è appreso - cinque deleghe al governo a legiferare e punta a limitare i poteri del pubblico ministero attraverso una maggiore autonomia alla polizia giudiziaria, ampliando allo stesso tempo le prerogative della difesa. Nel testo non ci sarebbe alcuna norma sulla separazione delle carriere dei magistrati, ma si prevede un controllo sulla produttività del loro lavoro.

    Italia - manifestazione anticamorra in Campania
    Migliaia di persone sono sfilate nelle strade della città stabiese, per il corteo anticamorra promosso in risposta all'agguato in cui è stato ucciso martedì il consigliere comunale del Pd Gino Tommasino. A Castellammare di Stabia sono giunte folte delegazioni anche da altri comuni, cominciando da Napoli: “Soli non vi avremmo lasciati. Soli mai”, ha detto il sindaco del capoluogo campano, Rosa Russo Iervolino, abbracciando il collega di Castellammare, Salvatore Vozza. Il corteo è stato aperto dai gonfaloni di dieci comuni dell'area vesuviana e del Comune di Quarto, con gli stendardi della Provincia di Napoli e della Regione Campania. In corteo anche la moglie del consigliere Tommasino, Liberata, e il figlio 15.enne che ha assistito all'omicidio del padre. La Iervolino ha abbracciato anche loro prima della partenza. Hanno partecipato al corteo la Fincantieri e l'Avis, le due principali industrie metalmeccaniche di Castellammare di Stabia e tutte le scuole superiori (tra cui il liceo scientifico Francesco Severi, frequentato dal figlio del consigliere Tommasino) i cui studenti hanno scandito lo slogan “No alla camorra, sì alla giustizia”.

    Kosovo
    Gli ultranazionalisti del Partito radicale serbo (Srs) hanno chiesto al governo di Belgrado di dichiarare "persona non grata" l'ambasciatore statunitense, Cameron Munter, che in varie interviste negli ultimi giorni ha definito ormai chiusa e non più negoziabile la questione dell'indipendenza del Kosovo. Tali dichiarazioni, con l'invito a Belgrado a collaborare con la missione Eulex e con il “potere illegale a Pristina” - si afferma in un comunicato del Partito radicale - sono una “grave violazione delle convenzioni internazionali, e costituiscono una inammissibile ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano”. Secondo gli ultranazionalisti, è ipocrita dire di volere buone relazioni con la Serbia - come fa l'ambasciatore americano - e al tempo stesso parlare a favore della missione Eulex e del piano Ahtisaari. “Le relazioni fra Serbia e Stati Uniti - conclude il comunicato del partito radicale - non saranno mai buone fino a quando il governo americano appoggerà terroristi e separatisti nel Kosovo”. Il leader del Partito radicale serbo, Voijslav Seselj, è da cinque anni in carcere in Olanda, dove viene processato dal Tribunale penale dell'Aja con l'accusa di crimini di guerra commessi durante le guerre degli Anni Novanta nella ex Jugoslavia.

    Tagikistan
    La Russia e il Tagikistan hanno accettato di offrire il proprio spazio aereo per il trasporto di forniture non militari della Nato verso l'Afghanistan. Questa decisione è stata presa dopo che l’America ha deciso di aumentare il numero di truppe in Afghanistan, e dopo che il Kirghizistan ha reso noto di voler chiudere la base Nato sul suo territorio.

    Russia-Ue
    Il presidente russo, Dmitri Medvedev, incontrando al Cremlino il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha invitato la Ue a creare un nuovo assetto giuridico internazionale per garantire la sicurezza energetica europea, superando l'attuale carta energetica ed evitando così in futuro nuove crisi del gas, come quella recente tra Mosca e Kiev. Barroso si è detto d’accordo sulla necessità di prendere misure per prevenire in futuro simili congiunture. Un'ampia delegazione della Commissione europea è a Mosca per discutere con il governo russo e il Cremlino delle prospettive di collaborazione tra Bruxelles e Mosca in vari campi. Tra i principali temi in agenda, le conseguenze della crisi, la cooperazione commerciale ed economica, nonchè quella energetica. Barroso ha incontrato anche il premier Putin oltre al capo dello Stato Medvedev. Una conferenza stampa finale è prevista nel pomeriggio.

    Colombia
    L'ex parlamentare, Sigifredo Lopez, poche ore dopo essere stato liberato dai guerriglieri delle Farc, dopo quasi sette anni di prigionia, ha rivelato che nel 2007 undici deputati, suoi colleghi, furono assassinati proprio dai guerriglieri. L’organizzazione aveva invece affermato che i parlamentari avevano perso la vita durante un attacco delle forze governative. Lopez afferma di essere l’unico sopravvissuto in quanto separato dal gruppo.

    Cina
    Almeno otto persone sono state fermate dalla polizia a Pechino per aver manifestato contro la corruzione e a favore dei diritti umani. La protesta avviene alla vigilia di una importante riunione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, che discuterà a partire da lunedì prossimo sulla situazione nei suoi Stati membri. Il 2009 è un anno particolarmente delicato per la Cina, perchè segna il ventesimo anniversario del massacro di Piazza Tiananmen, dove centinaia di persone furono uccise quando l'esercito intervenne per sgomberare la piazza dagli studenti che la occupavano da due mesi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Francesca Ciacci)
     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 37

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