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Sommario del 31/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • La pace comincia nel nostro cuore: così il Papa per la Messa nella Giornata Mondiale della Pace. Intervista con il cardinale Martino
  • Un anno con Benedetto XVI: i principali eventi pontifici del 2009
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Solennità di Maria Madre di Dio. Padre Valentini: Cristo svela il mistero della Madre
  • Tensione in Senegal dopo una frase "anticristiana" del presidente Wade. La riflessione del cardinale Sarr
  • Marcia per la Pace all'Aquila in segno di solidarietà con i terremotati
  • Medici Senza Frontiere: catastrofe sanitaria a Gaza a un anno dall'offensiva israeliana
  • Veglia di preghiera in Piazza San Pietro per la pace nelle famiglie e tra le nazioni
  • Capodanno francescano alla Porziuncola per oltre 1700 giovani
  • Chiesa e Società

  • Spagna: si apre oggi pomeriggio a Santiago l'Anno Santo Compostelano
  • Iraq: ferito gravemente un diacono a Mosul
  • Congo: vescovo di Isiro-Niangara denuncia le violenze dei ribelli ugandesi
  • Nuovo bilancio delle violenze nella provincia congolese di Dongo
  • Uganda: i leader cristiani chiedono correttezza per le elezioni del 2011
  • Guatemala: il nunzio apostolico celebra i 13 anni del Trattato di pace
  • Perù: gli indigeni contro il rapporto del governo sulle proteste di giugno in Amazzonia
  • Honduras in ginocchio a causa della siccità
  • Filippine: ancora stato di allerta per il vulcano Mayon. Saliti a 50 mila gli sfollati
  • Indonesia: morto l’ex presidente Wahid, sostenitore della libertà religiosa dei cristiani
  • Detroit: anche musulmani al Mitzvah Day, iniziativa caritativa della comunità ebraica
  • L’arcivescovo di Canterbury nel sermone natalizio ricorda i bambini in difficoltà
  • Mons. Crociata: più sostanza spirituale nelle omelie domenicali
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: uccisi 8 agenti della Cia e 5 canadesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    La pace comincia nel nostro cuore: così il Papa per la Messa nella Giornata Mondiale della Pace. Intervista con il cardinale Martino

    ◊   Benedetto XVI presiederà, domani alle ore 10 in San Pietro, la celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nella 43.ma Giornata Mondiale della Pace sul tema “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Con il Santo Padre concelebrano, tra gli altri, i cardinali Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, e Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La pace comincia nel nostro cuore e la si può portare al prossimo solo quando siamo riconciliati con Dio e con i fratelli”: Benedetto XVI introdurrà con queste parole la celebrazione di domani, che lega la divina maternità di Maria “ai doni insostituibili della pace e della riconciliazione per un mondo ferito dai conflitti e dagli egoismi”. Un anelito di pace testimoniato anche dalla partecipazione alla Messa di bambini e adulti provenienti dal Libano, che presenteranno dei doni e leggeranno le intenzioni di preghiera dei fedeli. Si pregherà in diverse lingue, dallo spagnolo al cinese, dal polacco al tedesco. Tra le intenzioni di preghiera anche un pensiero speciale ai responsabili dei popoli e delle nazioni, “perché illuminati dalla luce di Betlemme, cerchino il dono della pace in un mondo ferito, proteggano la vita e la famiglia e promuovano la responsabilità verso i doni della creazione”.

     
    Il tema scelto dal Papa per la Giornata Mondiale della Pace di domani è dunque incentrato sulla protezione del creato. Una dimensione “ecologica” della pace sulla quale si sofferma il cardinale Renato Raffaele Martino, intervistato da Luca Collodi:

    R. – La pace, sappiamo tutti noi cristiani, è un dono che il Signore ci fa, ma è un dono che richiede una nostra responsabilità, perché dobbiamo coltivare la pace. Quest’anno il Papa ci dà un suggerimento molto bello, perché ci situa nell’ambiente in cui viviamo, che noi cristiani chiamiamo “Creazione”. Quindi, la Creazione è un dono di Dio a tutti quanti, è un dono che noi dobbiamo sì usare, ma di cui non dobbiamo abusare. Noi siamo gli amministratori di quello che il Signore ci dà e dobbiamo ricordarci che dobbiamo trasmetterlo alle generazioni future e questo è importante. Purtroppo, se vediamo gli abusi, gli scempi che molte volte la mano dell’uomo compie sul Creato, nell’ambiente, dobbiamo dire che questa responsabilità non è amministrata coscienziosamente.

     
    D. - Il mancato rispetto del Creato può essere oggi occasione di guerra, di scontro tra Paesi, tra uomini?

     
    R. – Certo, lo vediamo quando si fa un uso improprio delle risorse naturali e questo può essere ed è causa di conflitto. Quanti enti statali e non statali, fanno di tutto per appropriarsi delle risorse dei Paesi poveri. Questo è un uso improprio e non rispettoso del diritto di tutti.

     
    D. – Il Creato però sembra quasi ribellarsi all’uomo. E’ il caso ad esempio della Toscana, che in queste ore sta lottando con una grave alluvione tra Pisa e Viareggio. Ci sono state molte altre situazioni quest’anno...

     
    R. – Il Papa nel messaggio per la Giornata mondiale della pace ci esorta a cambiare gli stili di vita. Questo vuol dire che gli stili che abbiamo adottato e che abbiamo esercitato fino adesso sono irresponsabili, non consentono un rispetto del Creato, dell’ambiente, e naturalmente se dobbiamo cambiare questi stili di vita, noi dobbiamo insegnarli anche alle nuove e future generazioni. Quindi, mettere l’accento sul ruolo della famiglia di educare i bambini al rispetto dell’ambiente.

     
    D. – La tutela del’ambiente passa attraverso l’ecologia...

     
    R. – Un rispetto non solo formale ma pratico, quindi questo si traduce nelle leggi che si adottano in ogni Paese per regolare l’uso delle risorse naturali. E’ importante che tutti i cittadini seguano queste cose. Non lasciamo decidere solamente ai politici. La Dottrina sociale della Chiesa ci insegna che il cristiano non è chiamato solamente a votare il giorno delle elezioni, ma deve vivere gli insegnamenti sociali della Chiesa nella vita di tutti i giorni.

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    Un anno con Benedetto XVI: i principali eventi pontifici del 2009

    ◊   Il viaggio in Terra Santa e quello in Africa, il Sinodo per la Chiesa di questo continente, la proclamazione dell’Anno Sacerdotale e la pubblicazione della sua terza Encicica, la Caritas in veritate - la prima a carattere sociale - sono i maggiori avvenimenti che hanno caratterizzato il 2009 di Benedetto XVI. In questo ultimo giorno dell’anno, Alessandro De Carolis ne ripercorre le tappe salienti attraverso le parole del Papa:

    “Combattere la povertà, costruire la pace”. Come ogni inizio d’anno, il cuore di Benedetto XVI si dilata sul mondo attraverso la riflessione che il Papa fa nella Messa del primo gennaio, solennità della SS. Madre di Dio, dedicata alla 42.ma Giornata mondiale della pace. Un’eco del messaggio riverbera una settimana dopo nel discorso al Corpo diplomatico presso la Santa Sede. “Per costruire la pace bisogna dare speranza ai poveri”, invoca il Pontefice, soffermandosi, tra l’altro, sulla crisi economica che da qualche mese ha colpito tutto il pianeta:

     
    “Pour rendre l’économie plus saine...
    Per rendere l'economia sana, è necessario costruire una nuova fiducia. Ciò può essere realizzato solo attraverso l'attuazione di un’etica basata sulla dignità innata della persona umana. So quanto ciò sia impegnativo, ma non è un'utopia”.
     
    Il 24 gennaio, la Santa Sede rende noto il documento col quale il Papa revoca la scomunica ai quattro vescovi della Fraternità San Pio X, ordinati da mons. Marcel Lefebvre nel 1988 senza mandato pontificio. Su questo importante traguardo ecclesiale - anche se transitorio sul cammino verso la “piena comunione” - si appunta per giorni l’attenzione dei media per via di alcune vecchie dichiarazioni di uno dei vescovi scismatici, mons. Williamson, che negano la Shoah suscitando un'ondata di indignazione. All’udienza generale del 28 gennaio, ricordando “il cieco odio razziale e religioso” che ha portato alla morte milioni di ebrei, Benedetto XVI ripete con forza:
     
    “La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti (...) La Shoah insegni sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!”
     
    Tuttavia, l’onda di critiche e di proteste finisce col distorcere il senso del documento pontificio. Ed è con un sentimento di amarezza che il Papa indirizza il 12 marzo una lettera ai vescovi cattolici per fare chiarezza sulla revoca della scomunica. Con schiettezza, il Papa ammette errori nella comunicazione, ma osserva pure che il “sommesso gesto di una mano tesa” ha finito per causare “un grande chiasso”, anche in ambienti della Chiesa dove purtroppo persiste quel “mordere e divorare” di paolina memoria “come segno di una libertà male interpretata”.

     
    Il 17 marzo, il Papa vola per la prima volta in Africa per visitare il Camerun e l’Angola. L’occasione è data dalla consegna dell’Instrumentum laboris ai vescovi del continente, che a ottobre saranno in Vaticano per il Sinodo. Ma per Benedetto XVI è anche la possibilità di parlare dal suo cuore di padre al cuore di un continente che non ha mai dimenticato:

     
    “Africa suffers disproportionately…
    L’Africa soffre sproporzionatamente: un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della malattia. Essi implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace”.
     
    Suggestive erano state le immagini che una settimana prima della partenza per l’Africa, il 9 marzo, avevano visto Benedetto XVI affacciarsi dall’ufficio del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che lo aveva invitato a visitare la sede del Comune in Campidoglio. Il Papa aveva invitato Roma a “riappropriarsi della sua anima più profonda”, quella cristiana, per farsi “promotrice di un nuovo umanesimo”, quindi tornando in Vaticano si era fermato per una sosta di preghiera davanti alle spoglie di Santa Francesca Romana, nell’omonimo monastero a Tor de’ Specchi.

     
    L’11 febbraio, Benedetto XVI aveva inaugurato un nuovo ciclo di catechesi: dopo le 20 udienze generali dedicate all’Apostolo Paolo, il Papa torna a parlare dei grandi scrittori della Chiesa medievale. Nelle settimane successive, i Santi Cirillo e Metodio, come San Bernardo di Chiaravalle o i principali teologi del periodo scolastico rivivono nei ritratti - storicamente accurati e al contempo riattualizzati - che di loro il Pontefice offre alle migliaia di fedeli che ogni mercoledì si riuniscono in Vaticano per ascoltarlo.

     
    Il 26 aprile, in un’affollata Piazza San Pietro, Benedetto XVI presiede alla prima delle due cerimonie di canonizzazione del 2009. Sono cinque i nuovi Santi: il sacerdote Arcangelo Tadini, il monaco medievale Bernardo Tolomei, l’eroe di guerra portoghese, Nuno de Santa Maria Alvares Pereira, che nel XV secolo lascia la spada per il chiostro, e due fondatrici di Istituti religiosi, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Saranno cinque anche i nuovi Santi che il Pontefice canonizzerà l’11 ottobre: l’apostolo dei lebbrosi Damiano de Veuster, il vescovo polacco Sigismondo Feliński, il sacerdote spagnolo Francesco Coll y Guitart, il religioso cistercense Rafael Arnáiz Barón e la Beata Giovanna Maria Della Croce, fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri.

     
    Maggio è il mese di un altro atteso viaggio apostolico, quello in Terra Santa. Benedetto XVI sbarca in Giordania l’8 e quindi l’11 si trasferisce in Israele fino al 15. Si definisce un “pellegrino in visita ai Luoghi santi” e le varie tappe della sua visita sono scandite dall’intensità spirituale che sempre evocano i siti dove la fede cristiana si è fatta carne e pietra. Il Papa ribadisce l’importanza del dialogo con ebrei e musulmani, invoca la pace tra israeliani e palestinesi, parla in difesa della memoria dell’Olocausto e contro l’ostilità fomentata dai muri. Convinzioni e auspici che il giorno del congedo trovano la sintesi in questo appello accorato:
     
    “No more bloodshed! No more fighting...
    Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza. Possa instaurarsi una pace duratura basata sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e guarigione”.
     
    Annunciato in marzo, il 18 giugno Benedetto XVI inaugura l’Anno Sacerdotale con la pubblicazione di una lettera indirizzata al clero, nella quale indica come modello di ogni sacerdote il Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney. Il giorno dopo, alla solenne Messa di apertura nella Basilica di San Pietro, il Papa afferma:
     
    “La nostra è una missione indispensabile per la Chiesa e per il mondo, che domanda fedeltà piena a Cristo ed incessante unione con Lui; questo rimanere nel suo amore esige cioè che tendiamo costantemente alla santità, a questo rimanere come ha fatto San Giovanni Maria Vianney”.
     
    Il 21 giugno, fanno il giro del mondo le immagini di Benedetto XVI in preghiera davanti alle spoglie di San Pietro da Pietrelcina. Quello a San Giovanni Rotondo è il primo dei quattro viaggi apostolici in Italia del 2009. Un’analoga scena era stata il fulcro della visita che Papa Benedetto aveva compiuto alla tomba di San Benedetto da Norcia, il 24 maggio, nell’Abbazia di Montecassino. Il 6 settembre, poi, il Papa visiterà Viterbo, per venerare le spoglie di Santa Rosa, e nel pomeriggio la vicina Bagnoregio, per raccogliersi in preghiera dinanzi alla tomba di San Bonaventura. Infine, l’8 novembre, sarà la volta di Brescia e Concesio, ovvero un omaggio ai luoghi natali di Paolo VI, a 30 anni dalla sua scomparsa.

     
    Il 28 giugno, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, il Pontefice annuncia con “profonda emozione”, nella cerimonia di chiusura dell’Anno Paolino, il risultato di una micro-indagine all’interno del sarcofago di San Paolo, mai aperto in 20 secoli. Riferisce della presenza di "piccolissimi frammenti ossei” e di altre tracce la cui datazione scientifica, dice, “sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’Apostolo Paolo”.

     
    Il mese di luglio si apre con l’attesa pubblicazione, il giorno 7, della terza Enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in veritate. L’ampio magistero sociale che la caratterizza - 18 anni dopo la Centesimus annus di Papa Wojtyla - pone subito l’Enciclica al centro dell’attenzione internazionale. Il giorno successivo, all’udienza generale, il Papa spiega di aver preso in esame le principali questioni che interessano l’umanità contemporanea - dalla povertà alla crisi economica, alla tutela dell’ambiente - e osserva:

     
    “Per questo è importante che si ponga mano ad un profondo rinnovamento morale e culturale e ad un responsabile discernimento circa le scelte da compiere per il bene comune. Un futuro migliore per tutti è possibile, se lo si fonderà sulla riscoperta dei fondamentali valori etici”.
     
    Tre giorni dopo, il 10 luglio, molti di quegli stessi temi - dalla difesa della vita alla pace in Medio Oriente, dalla crisi economica al dialogo interreligioso - vengono affrontati da Benedetto XVI e dal neopresidente statunitense, Barak Obama, nei 40 minuti di colloquio privato tra il Pontefice e il primo presidente afroamericano della storia. Obama si trova in Italia per partecipare al G8 in programma all’Aquila, dove ancora ben visibili sono le macerie del gravissimo terremoto che il 6 aprile ha provocato 300 morti e la distruzione di molte zone e dove anche il Pontefice, il 29 aprile, si era recato per portare conforto e solidarietà concreta agli sfollati.

    Dal 13 al 29 luglio, Benedetto XVI torna in Valle d’Aosta, a Les Combes di Introd, per un periodo di soggiorno estivo in alta montagna. Ma la mattina del 17, una caduta accidentale nello chalet che lo ospita causa al Pontefice la frattura del polso destro. Il Papa viene operato all’ospedale di Aosta e gli viene applicato un tutore gessato. La vicenda suscita un’immediata solidarietà, che Benedetto XVI ricorda con gratitudine il giorno del suo congedo da Les Combes, trovando anche il modo di riflettere sull’incidente con simpatia e sapienza:

     
    “Purtroppo il mio angelo custode non ha impedito il mio infortunio, seguendo certamente ‘ordini superiori’… Forse il Signore voleva insegnarmi maggiore pazienza ed umiltà, darmi più tempo per la preghiera e la meditazione”.
     
    Il 4 ottobre, uno stuolo di cardinali, vescovi e laici varcano i cancelli del Vaticano: sono gli oltre 240 Padri sinodali che per tre settimane daranno vita al secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa. Il confronto è serrato e relazioni e testimonianze, spesso toccanti, restituiscono il volto del continente all’inizio del 21.mo secolo sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. All’omelia della Messa inaugurale, parlando dei mali e delle risorse del continente, Benedetto XVI osserva:

     
    “Con la sua opera di evangelizzazione e promozione umana, la Chiesa può certamente dare in Africa un grande contributo a tutta la società, che purtroppo conosce in vari Paesi povertà, ingiustizie, violenze e guerre”.
     
    Il mese di novembre vede la Santa Sede impegnata sul fronte del dialogo con la comunità anglicana. Il 9 viene pubblicata la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, riguardante l’istituzione di ordinariati personali per gli anglicani che entrano in piena comunione con la Chiesa cattolica: un documento - si afferma - che “apre una nuova strada per la promozione dell’unità dei cristiani, riconoscendo nel contempo la legittima diversità nell’espressione della nostra fede comune”. Il rinnovato dialogo ecumenico è suggellato il 21 novembre nell’incontro in Vaticano tra il Papa e l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Chiesa anglicana.

     
    Alcune delle tematiche sociali affrontate nella Caritas in veritate e in numerosi discorsi durante l’anno tornano nell’intervento che Benedetto XVI tiene il 16 novembre alla sede romana della Fao, in occasione del Vertice sulla sicurezza alimentare. Le parole del Papa sono incisive:

     
    “La faim est le signe le plus cruel...
    La fame è il segno più crudele e concreto della povertà. Non è possibile continuare ad accettare opulenza e spreco, quando il dramma della fame assume dimensioni sempre maggiori”.
     
    Un evento di grande impatto mediatico è quello che si celebra in Vaticano il 21 novembre quando, sotto gli affreschi della Cappella Sistina, Benedetto XVI riceve oltre 200 artisti di varie discipline. L’incontro cade a 10 anni dalla Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti e a 45 dall’analogo incontro che Paolo VI ebbe con il mondo dell’arte, sempre nella Sistina. Il Papa parla di rinnovata amicizia con gli artisti e li esorta ad essere “annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”:

     
    “La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente”.
     
    Il 28 novembre, Benedetto XVI commemora in Vaticano il 25.mo anniversario della pace siglata tra Argentina e Cile, grazie al diretto interessamento di Giovanni Paolo II che risolse una controversia territoriale disinnescando il ricorso alle armi. Alla presenza di delegazioni dei due Paesi, il Papa definisce la firma del Trattato “un esempio luminoso della forza dello spirito umano e del desiderio di pace contro la barbarie e l'irrazionalità della violenza e della guerra come mezzo per risolvere i contrasti”.
     
    Due udienze di grande spessore internazionale si consumano in Vaticano nei primi giorni di dicembre. Il 3, Benedetto XVI riceve il presidente russo, Dmitri Medvedev: una visita che produrrà, poco dopo, l'instaurazione delle piene relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Federazione Russa. L’11 dicembre è invece il presidente vietnamita, Nguyên Minh Triêt - il primo nella storia del suo Paese - a essere ricevuto da un Pontefice.
     
    Il 4 dicembre, Benedetto XVI aveva assistito nella Cappella Sistina - in compagnia del presidente tedesco Horst Köhler - al concerto per i 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania e per il 20.mo anniversario della caduta del Muro di Berlino. “La storia dell’Europa nel 20.mo secolo – aveva affermato il Papa in quella occasione - dimostra che la responsabilità davanti a Dio è di importanza decisiva per il retto agire politico”, al fine “di generare nuove energie al servizio di un umanesimo integrale”.
     
    Parole che ribadiscono la fiducia con la quale Benedetto XVI guarda al futuro del pianeta. Una fiducia ancorata in Dio e nel suo intervento nella storia, che il Papa ripete nel Messaggio natalizio Urbi et Orbi: “Anche oggi - afferma - per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti”, la Chiesa trae la sua forza dalla presenza di Gesù nel mondo e “come Maria”, “non ha paura” perché, dice:
     
    “…quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace (...) Con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: ‘Andiamo fino a Betlemme’, lì troveremo la nostra speranza”.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Quy Nhon (Viêt Nam), il rev. Matthieu Nguyên Van Khôi, parroco della Cattedrale di Quy Nhon e professore del Seminario Maris Stella di Nha Trang. Il rev. Matthieu Nguyên Van Khôi, è nato il 13 ottobre 1951 a Phuoc Son, Tuy Phuoc, Bình Đinh, diocesi di Quy Nhon. Ha compiuto gli studi secondari al Seminario Minore di Quy Nhon, la Filosofia e la Teologia al Pontificio Collegio di Đà Lat (1970-1977), frequentando anche la Facoltà di Lettere presso l’Università Cattolica di Đà Lat. È stato ordinato sacerdote il 10 maggio 1989, incardinato nella diocesi di Quy Nhon. Dopo l’ordinazione è stato parroco della parrocchia di Bình Đinh (1989-2000), Insegnante al Seminario Maggiore Maris Stella di Nha Trang (1994-2000), studente presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, dove ha conseguito il dottorato in Teologia Morale (2000-2005). Dal 2005, è parroco della Cattedrale di Quy Nhon, vicario foraneo della regione di Bình Đinh, membro del Collegio dei consultori, membro del corpo insegnante della formazione permanente per i sacerdoti della diocesi, professore di Teologia Morale al suddetto Seminario.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il partner per un mondo nuovo: in prima pagina, un fondo del vice direttore sull’insistenza del Papa sulla questione di Dio.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’Afghanistan, dove sono morti, vittime di un attentato suicida, otto agenti della Cia.

    In cultura, le prime pagine della nuova edizione del “Diario di un parroco di campagna” di Nicola Lisi (1942).

    Il paradosso di una piccola città: Alessandro Scafi sul mistero dell’Incarnazione nei Padri e nell’arte bizantina.

    Fammi uguale a quelle foglie nel sole: Cristiana Dobner ripercorre il cammino di conversione di Ada Negri.

    Una vita tra i sogni (che son desideri): Luca Pellegrini rivisita il mondo animato di Roy E. Disney.

    L’uomo che indica la stella: Fabrizio Bisconti sui personaggi singolari nelle scene dell’“Infantia Salvatoris”.

    Umorista e cattolico, una “bestia rara”: Arturo Colombo ricorda, a dieci anni dalla morte, Luigi Santucci.

    Nell’informazione religiosa, Mario Ponzi intervista il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

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    Oggi in Primo Piano



    Solennità di Maria Madre di Dio. Padre Valentini: Cristo svela il mistero della Madre

    ◊   La solennità di Maria SS. Madre di Dio che la Chiesa celebra il primo gennaio di ogni anno - alla quale Paolo VI unì nel 1968 la Giornata mondiale della pace - è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Originariamente, la festa rimpiazzava l'uso pagano delle “strenne”, i cui riti contrastavano con la santità delle celebrazioni cristiane. Il “Natale Sanctae Mariae” - com’era appunto anticamente chiamata questa solennità - cominciò ad essere celebrato a Roma intorno al VI secolo e la sua liturgia fu sempre strettamente collegata a quella della Natività. Padre Alberto Valentini, mariologo monfortano, ne parla in questa intervista di Alessandro De Carolis:
     
    R. - Si tratta, evidentemente, di una festa anzitutto ed eminentemente cristologica come lo è il Natale, come lo sono le feste dell’anno, perché la luce di Cristo si proietta sulla Madre e secondo il Nuovo Testamento, secondo la Rivelazione, si va da Cristo a Maria: man mano che si rivela il mistero di Cristo, si ha un disvelamento del mistero anche di sua Madre, strettamente legata a Lui. Possiamo poi fare anche una breve riflessione sulla festa della pace che si celebra in questo primo giorno dell’anno: una pace che non è da intendere solo in senso sociale o antropologico, ma principalmente teologico-storico-salvifico, in quanto la liturgia ci parla di Cristo nostra pace. Cristo nostra pace - come dice la Lettera agli Efesini - è venuto a riconciliare coloro che erano divisi, a fare di tutti un popolo solo.

     
    D. - C’è uno stretto rapporto, anche storico, tra il Natale di Cristo e quello di Maria, così come venne anticamente chiamata questa solennità di inizio gennaio...

     
    R. - Quello che interessa è che sempre, tutto quello che riguarda Maria, è legato strettamente a Cristo e in particolare alla maternità divina. Le due cose sono inscindibili: il Natale è legato alla Madre, ma la Madre dipende dall’Incarnazione di Cristo. L’Incarnazione del Figlio è la garanzia della difesa del Creato da parte di Dio e dunque della pace, che è Cristo stesso, il quale prendendo la nostra umanità si è fatto solidale con il mondo, con tutto il Creato. Questo impegno di Dio a salvaguardia del Creato che ha fatto suo diventa una lezione per tutti ad essere testimoni e impegnati a custodire il Creato.

     
    D. - L’attività apostolica di Benedetto XVI avrà, per il prossimo anno, una forte impronta mariana con la visita che il Papa compirà in maggio al Santuario di Fatima. Che pensieri le suscita questo avvenimento?

     
    R. - Questo ci richiama un punto molto importante, fondamentale: che la figura di Maria, proprio perché è legata a Cristo, centro della storia, non è mai staccata dagli eventi della nostra storia. Lei è posta nel cuore della storia, perché lì l’ha posta il Signore. Il nuovo anno che si apre con questo accento mariano del Papa, peraltro sempre presente, ci richiama alla presenza della Vergine che non è devozionale, non è occasionale, ma è una costante della storia della salvezza. Laddove si opera la presenza di Dio, dove Dio agisce, è presente Sua Madre, come nell’Incarnazione e così in tutta la nostra storia, fino all’ultimo giorno.

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    Tensione in Senegal dopo una frase "anticristiana" del presidente Wade. La riflessione del cardinale Sarr

    ◊   Il presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, musulmano, si è scusato con la minoranza cristiana senegalese per una frase irriguardosa pronunciata ieri nei confronti di Gesù e che aveva provocato dei disordini davanti alla cattedrale di Dakar. Le scuse sono arrivate attraverso il figlio del capo di Stato. Wade, parlando di un suo progetto, un monumento colossale da dedicare alla “rinascita africana”, aveva detto che “i cristiani pregano un uomo chiamato Gesù che non è Dio”. Immediata la reazione della Chiesa locale che ha contestato il fatto che Wade abbia pronunciato questa affermazione nel suo ruolo di presidente. Ecco la riflessione del cardinale arcivescovo di Dakar, Théodore-Adrien Sarr, al microfono di Hélène Destombes:

    D. – J’attend de voir à niveau de notre communauté, mais en tout cas je pense …
    Voglio vedere cosa accadrà a livello della nostra comunità, ma penso che gli animi si placheranno. Stiamo lavorando per questo, da una parte e dall’altra: da parte della presidenza della Repubblica, credo che ci si sia resi conto della gravità della situazione e oggi si sta lavorando per calmare gli animi. Probabilmente avete saputo che ieri sera, sono venuti da me il figlio del presidente, in sua rappresentanza, insieme a quattro ministri, per chiedere che si lavori al fine di calmare la situazione. Anche noi – come ho detto nel mio messaggio – ci impegneremo a tranquillizzare i cattolici, ma chiederemo anche che simili affermazioni non si ripetano più. Penso che la storia possa considerarsi chiusa così. Bisogna però veramente riconoscere che i cristiani si sono sentiti feriti da quelle affermazioni, uscite proprio dalla bocca del capo dello Stato del Senegal. Ma io credo che riusciremo a riportare la calma. Più tardi, io stesso incontrerò il capo dello Stato perché voglio spiegargli quello che è accaduto da parte cristiana e che noi desideriamo che simili incidenti non si verifichino più.
     D. – Lei ha parlato del rischio di divisione provocato da queste affermazioni. Allo stesso tempo, cristiani e musulmani sono molto uniti …

     
    R. – Effectivement, les musulmans étaient vraiment en nos cotés et de toute coté …
    In realtà, veramente i musulmani sono stati dalla nostra parte ed io ho sentito tanti cristiani che mi hanno detto: "mi chiamano musulmani da ogni parte per dirmi: siamo con voi, siamo con voi!" Nella folla che ieri era davanti a me, c’erano molti musulmani, e per questo ho voluto ringraziarli. Quindi, da questo punto di vista ci sentiamo rassicurati, perché sappiamo che i musulmani – dal canto loro – hanno capito e oggi non si parla di divisione. Ma quello che noi temiamo è che non si sa mai come la folla possa interpretare certe affermazioni e trarne determinate conclusioni per agire di conseguenza …

     
    D. – Quali i suoi auspici per il 2010?

     
    R. – Je souhaite que effectivement nous continuons à vivre dans la paix partout …
    Il mio augurio è che possiamo vivere in pace ovunque e con tutti, nella possibilità di poter testimoniare con fierezza la nostra fede cristiana, chiedendo che gli uni e gli altri, le persone con cui viviamo, rispettino la nostra fede cristiana. Mi auguro che il Figlio di Dio fatto uomo ci aiuti a vivere nella pace fondata sul rispetto vicendevole, il riconoscimento vicendevole e il vicendevole affetto e soprattutto la volontà di dialogare e di convivere per costruire società sempre più conformi al Regno di Dio.

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    Marcia per la Pace all'Aquila in segno di solidarietà con i terremotati

    ◊   Si terrà questo pomeriggio all’Aquila, nelle zone colpite dal sisma del 6 aprile scorso, la 42.ma Marcia per la Pace. L’iniziativa che include, oggi, anche un convegno a Terni sui temi del lavoro, continuerà domani in Piazza San Pietro con la Comunità di Sant’Egidio. Centrale, come ogni anno, il tema del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace del primo gennaio 2010: “Custodi del creato costruttori di pace”. Massimiliano Menichetti ha raccolto la riflessione di mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia, tra i promotori dell’iniziativa:

    R. – La marcia dell’Aquila richiama la centralità della persona umana all’interno del tema della natura, che ha questi aspetti misteriosi, potremmo dire così, come il terremoto, e nello stesso tempo ha anche aspetti di docilità all’uomo che, come dice il Santo Padre, è chiamato a curare e a ordinare il Creato.

     
    D. – Come Pax Christi che cosa porterete voi in questa marcia?

     
    R. – Nella linea proprio di richiamare il fatto che quando l’ecologia umana è rispettata anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio, come ha detto il Papa. E solo una visione compiutamente umana dello sviluppo, affrancata da riduzionismi, mutilazioni da concezioni utilitaristiche, economicistiche, può scongiurare l’alterazione dell’ecosistema. Noi vogliamo richiamare tutto questo a partire dalla coscienza cristiana. Questo atteggiamento di attenzione al Creato dice che questo Creato va coltivato e quindi penso a cosa voglia dire questo per l’edificazione delle case in zone sismiche, cosa voglia dire questo per la solidarietà nei confronti delle persone che sono in aree geografiche provate. In questo caso sono i nostri fratelli dell’Aquila, in altri casi sono le persone che, a seguito dei cambiamenti climatici, devono spostarsi, diventare nomadi quasi, lasciare le loro terre.

     
    D. – All’Aquila la marcia sottolinea la volontà di rinascita e anche la vicinanza della Chiesa...

     
    R. – Certamente questo è il primo significato della marcia. Siamo stati con voi nel momento della fatica e vogliamo essere con voi anche nel momento della ricostruzione della rinascita. L’invito che facciamo è proprio che ci sia una partecipazione corale per aiutare i nostri fratelli e sorelle dell’Aquila e di queste zone provate a sentire che c’è una solidarietà personale, capace poi di diventare anche gesto di collaborazione e di crescita insieme.

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    Medici Senza Frontiere: catastrofe sanitaria a Gaza a un anno dall'offensiva israeliana

    ◊   I numeri dell’offensiva israeliana su Gaza lo scorso anno, conosciuta come operazione Piombo fuso, sono ormai noti da tempo. 22 giorni di attacchi, dal 27 dicembre al 18 gennaio 2009, causarono la morte di 1.300 palestinesi, tra loro 300 bambini. Oltre 5000 i feriti. Oggi, a un anno di distanza, la situazione umanitaria resta disastrosa. La qualità dei servizi sanitari continua a diminuire, la crisi è fortissima, mancano acqua, elettricità, e tutto a causa della persistenza del blocco economico. La denuncia è di Medici Senza Frontiere. Francesca Sabatinelli ha intervistato Sergio Cecchini, direttore della comunicazione dell’organizzazione umanitaria.

    R. – Il 2009 è stato un anno particolarmente duro, che ha registrato una riduzione drastica della risposta ai bisogni medici della popolazione che vive oggi a Gaza. Ricordiamo che l’operazione dell’anno scorso avvenne nel momento in cui già la popolazione era piegata da un embargo economico che durava da diversi anni. E questo non ha fatto altro che peggiorare la situazione oggi.

     
    D. – Sergio Cecchini, secondo dati medici in vostro possesso, i feriti a seguito dell’operazione “Piombo fuso” sono stati all’incirca 5300, tra queste, persone rimaste colpite da arma da fuoco, rimaste ustionate da esplosioni, persone che necessitavano di interventi di chirurgia ricostruttiva. Che ne è di queste persone?

     
    R. – A Gaza è presente solo un centro adibito alla chirurgia ricostruttiva, alla costruzione anche di protesi per la riabilitazione dei disabili, che non ha più materiali per costruire le protesi. L’altro dato è che a Gaza esiste un solo chirurgo plastico, che deve rispondere ai bisogni di tutta la popolazione. Questo a seguito della guerra dell’anno scorso, a seguito di un embargo economico, che deve essere immediatamente tolto per permettere alla popolazione di Gaza di riuscire ad avere quei beni per sopravvivere.

     
    D. – Parliamo di sfigurati, di pazienti ustionati, di pazienti oncologici che non possono neanche uscire da Gaza per farsi curare...

     
    R. – Esattamente. Durante i conflitti, le persone che subiscono anche danni pesanti, sono persone affette da malattie croniche: pazienti oncologici. Il 30 per cento dei tumori a Gaza sono al seno. Ovviamente, però, a causa dell’embargo non si è nella possibilità di effettuare mammografie per la carenza semplicemente del reagente.

     
    D. – Medici Senza Frontiere presente a Gaza sta denunciando come a Gaza manchi tutto e questo sta creando anche un acuirsi di malattie croniche, come ad esempio avete precisato voi la diarrea acuta...

     
    R. – Durante la guerra dell’anno scorso sono stati bombardati centrali elettriche, ma anche sistemi di fornitura idrica per la popolazione di Gaza. E oggi il 90 per cento dell’acqua, che viene fornita, non segue gli standard di qualità e di igiene definiti dall’Organizzazione mondiale della sanità. E tutti sappiamo che l’acqua è il principale vettore di malattie che colpiscono spesso i soggetti più vulnerabili della popolazione, vale a dire bambini e anziani.

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    Veglia di preghiera in Piazza San Pietro per la pace nelle famiglie e tra le nazioni

    ◊   Si svolgerà questa sera, in Piazza San Pietro, la tradizionale veglia di fine anno per “l’unità e la pace, nelle famiglie e tra le nazioni”. Giunta alla sua settima edizione, l’iniziativa è promossa dal Movimento dell'Amore Familiare. La veglia sarà aperta dal cardinale Giovanni Coppa, già nunzio apostolico a Praga, alle 23.30 e si prolungherà tutta la nottata, per concludersi alle 7 di domani mattina, primo gennaio. Ascoltiamo don Stefano Tardani, fondatore del Movimento dell’Amore Familiare, al microfono di Federico Piana:

    R. – E’ una bella occasione di pace e di serenità familiare, proprio per pregare, davanti al presepe di Piazza San Pietro, per l’unità e la pace nelle famiglie e tra le nazioni. Alle 24 inizieremo il nuovo anno con un canto e i flambeaux accesi. La veglia proseguirà poi per tutta la notte. Siete tutti invitati a pregare davanti al santo presepe, anche solo per qualche minuto. E’ molto suggestivo vedere tanti lumini accesi nella notte, segno delle tante preghiere che vengono affidate alla Santa Famiglia. Direi che il significato di questa veglia per la pace e le famiglie risiede proprio nel dono che Dio ci ha fatto nel presepe. La pace si costruisce prima di tutto nel cuore di ciascuno, e per questo Gesù è venuto: lui che è il principe della pace. Ci si educa poi nelle famiglie, con uno stile di rispettosa collaborazione e di attenta valorizzazione di ciascuno per poi sfociare nella pace tra i popoli e le nazioni. Insomma, nell’accoglienza nel rispetto dei valori di ciascuno e di ciascun Paese per un mondo di fraternità.

     
    D. – Don Stefano, quante persone partecipano a questa veglia? So che negli anni scorsi sono state parecchie famiglie che sono venute lì proprio a sostenere questo anelito di pace …

     
    R. – Veramente, è stato molto bello perché nell’arco di tutta la notte, fino alle sette del mattino, hanno partecipato tantissime persone. E’ molto bello vedere nuclei familiari – parenti, amici – anche dopo il cenone venire, fermarsi un attimo proprio davanti al presepe e nel silenzio della notte, affidare alla Santa Famiglia e a Gesù Bambino le proprie aspirazioni, le proprie preghiere, le proprie gioie ed i propri dolori, nella speranza di un mondo migliore e anche di un sostegno, di maggior calore e unità nelle famiglie e tra i popoli. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Capodanno francescano alla Porziuncola per oltre 1700 giovani

    ◊   Un capodanno lontano dagli eccessi dei festoni e più vicino alla condivisione fraterna e semplice del momento di festa. Questa è la proposta che i frati francescani della Basilica di Santa Maria degli Angeli fanno agli oltre 1700 giovani che, l’ultimo giorno dell’anno, arriveranno nella città del Poverello. Il titolo dell’evento di quest’anno è: “Hai un momento, Dio?”. Padre Francesco Piloni, responsabile della pastorale giovanile di Assisi, ha illustrato al microfono di Claudio Cavallaro il significato e il programma dell’iniziativa:

    R. – Ci saranno tre momenti: ci sarà, un primo momento, di accoglienza, proprio davanti alla Porziuncola nella Basilica di Santa Maria degli Angeli; ci sarà poi un tempo di festa, dopo una breve cena e con un momento di ringraziamento anche attraverso la gioia di stare insieme; sino poi ad arrivare, infine, nuovamente in Porziuncola, intorno all’altare e attraverso la celebrazione eucaristica, ad un tempo che dia tutto quanto lo spazio alla lode e al ringraziamento a Dio per quanto ha fatto in questo anno.

     
    D. – Il titolo dell’evento di quest’anno è “Hai un momento, Dio?” e fa riferimento ad una canzone di Ligabue, un cantante molto amato dai giovani. Come mai questa scelta?

     
    R. – E’ stata la scelta di sintonizzarci con il linguaggio dei giovani e soprattutto di riuscire a cogliere nuovamente il valore del tempo, un desiderio di evangelizzare il tempo. L’uomo chiede a Dio un momento, ma in realtà la domanda, Dio la ribalta a noi, chiedendoci se noi abbiamo un momento per ascoltarci e per ascoltare la sua Parola.

     
    D. – Riuscirete a coinvolgere i giovani con la semplicità? Un aspetto, questo, che solitamente non appartiene ai festeggiamenti del Capodanno…

     
    R. – Sì, i giovani si lasciano coinvolgere perché prima di tutto crediamo che l’uomo abbia il desiderio profondo di stupirsi, di non fermarsi più alla superficialità e alla mediocrità. C’è poi anche il desiderio di parole che non siano più logore, abusate e quindi il ritorno ad una sorgente di acqua fresca, di acqua viva: la stessa che propone alla Samaritana, che propone in ogni incontro Gesù.

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    Chiesa e Società



    Spagna: si apre oggi pomeriggio a Santiago l'Anno Santo Compostelano

    ◊   Con l’apertura della Porta Santa prende inizio nella cattedrale di Santiago de Compostela, in Galizia, l’ “Anno Santo Compostelano 2010”, che richiamerà fedeli spagnoli e pellegrini di tutta Europa e degli altri Continenti su quella che è tradizionalmente ritenuta la tomba dell’apostolo San Giacomo il Maggiore. Il solenne rito inizia alle 16.30, quando il corteo liturgico uscirà dalla Cattedrale e si dirigerà verso la Piazza “de la Quintana”, accompagnato dal suono di oltre mille campane delle chiese diocesane. Nella stessa piazza, il nunzio apostolico in Spagna, l’arcivescovo Renzo Fratini, leggerà il messaggio del Santo Padre per l’inizio dell’Anno giacobeo. Successivamente, l’arcivescovo Barrio procederà all’apertura della Porta Santa e batterà tre colpi contro il muro di pietra. Lo stesso arcivescovo sarà il primo ad oltrepassare la Porta, detta anche “Porta del Perdono”, precedendo il corteo liturgico verso l’altare maggiore della cattedrale, dove sarà celebrata la Liturgia Eucaristica. Concelebreranno, oltre al nunzio, i vescovi di Lugo, Tui-Vigo, Mondoñedo, Ourense, Astorga e le Puy–en-Velay, in Francia, gli ausiliari di Würzburg e Rottenburg-Stuttgart e oltre 150 sacerdoti. Sarà anche presente il delegato reale, nella persona del presidente del governo regionale galiziano, Alberto Núñez Feijóo. La Porta Santa della cattedrale compostellana, offerta dalla Camera di Commercio locale e inaugurata nel precedente Anno Santo del 2004, è opera dello scultore galiziano Suso León; reca scolpite le figure di Gesù e di alcuni pellegrini, nonché scene della vita dall’apostolo Giacomo. Domani il nunzio Fratini presiederà la prima Eucaristia solenne dell’Anno Santo nella cattedrale di Santiago, alle ore 12.00; insieme all’arcivescovo Barrio, presiederà inoltre, sabato prossimo alle 13.30, la cerimonia di inaugurazione della “Avenida Xoán Paulo II”, un viale della città compostellana intitolato a Papa Wojtyla che fu pellegrino a Santiago nel 1982 e nel 1989. L’“Anno Santo 2010” è il 119.mo di una storia secolare iniziata nel 1120 con il papa Callisto II, che concesse a Compostela il privilegio di poter convocare un “Anno Santo” ogniqualvolta la festa di San Giacomo, il 25 luglio, fosse caduta di domenica, offrendo al contempo ai pellegrini la possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria. (A cura di Marina Vitalini)

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    Iraq: ferito gravemente un diacono a Mosul

    ◊   Continuano gli attacchi contro i cristiani in Iraq. Ieri pomeriggio, a Mosul, Zhaki Bashir Homo, un diacono cristiano, è stato colpito con armi da fuoco da un gruppo di sconosciuti. Lo riferisce AsiaNews. L’uomo era appena entrato nel suo negozio situato nel quartiere di al Jadida. Ferito gravemente, è stato trasportato in ospedale. In questi giorni è giunta anche notizia che un altro cristiano è stato ucciso alla vigilia di Natale. Si tratta di Basil Isho Youhanna, colpito da armi da fuoco davanti a casa sua nel quartiere di Tahrir, nella zona nord di Mosul. Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le uccisioni contro i cristiani e gli attacchi contro chiese e conventi. Tutte queste violenze - afferma mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk - rientrano in un progetto di “pulizia etnica” contro i cristiani irakeni. Il governo nazionale e il governatorato locale assistono impotenti davanti a tali attacchi, mentre le varie etnie araba, curda e turcomanna – con possibili infiltrazioni di cellule estremiste – si rimbalzano le responsabilità. Secondo fonti locali, dal 2003, l’anno della caduta di Saddam Hussein, almeno 1960 cristiani sono stati uccisi in Iraq. La loro presenza si è ridotta almeno della metà a causa dell’esodo in altre zone più tranquille del Paese (Kurdistan) o all’estero. (V.V.)

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    Congo: vescovo di Isiro-Niangara denuncia le violenze dei ribelli ugandesi

    ◊   Giungono dalla diocesi di Isiro-Niangara, nell’estremo nord-est del paese, notizie di nuovi attacchi condotti da elementi della ribellione ugandese dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistance army, Lra) con numerose vittime civili. Lo denuncia alla Misna il vescovo locale, monsignor Julien Andavo Mbia, sulla base di testimonianze riferite dal parroco di Tapili - teatro lo scorso 13 dicembre di un attacco degli stessi ribelli - secondo cui decine di persone sarebbero state uccise a Manbaga ya talo, un luogo molto frequentato perché ospita un grande mercato del pesce in riva al fiume Uélé, nella Provincia Orientale. Mancano notizie più precise sulla dinamica e sul bilancio esatto del massacro, perpetrato circa due settimane fa in una zona remota dove le comunicazioni sono difficili, ma un’altra fonte della Misna a Dungu (qualche decina di chilometri a est da Tapili) ha confermato l’uccisione di più civili e di almeno un poliziotto e un militare, nonché il rapimento di molte persone. Nell’ospedale di Dungu, ha inoltre appreso la Misna, sono attualmente ricoverate quattro donne originarie del villaggio di Ngilima (45 chilometri da Dungu) vittime di aggressioni con mutilazioni – un metodo già usato dallo stesso gruppo ribelle quando terrorizzava il nord Uganda tra la fine degli anni ’80 e il 2006 - e i cui mariti sono stati uccisi dagli uomini dell’Lra. “Per l’anno che sta per iniziare – ha detto alla Misna mons. Andavo Mbia – chiedo a tutti di ascoltare il grido d’allarme degli abitanti della nostra regione e di aiutarli ad avere coraggio, a continuare a reggersi in piedi nonostante le difficoltà. Il mio più grande augurio è che finisca una volta per tutte l’inferno che stanno passando”. La presenza dei ribelli è motivo di grande paura per gli abitanti della regione, molti dei quali fuggono dai villaggi nella foresta per cercare un riparo nei centri più grandi, come ad esempio Rungu, dove vivono in condizioni disastrose senza assistenza umanitaria. Secondo l’Onu, tra settembre 2008 e giugno 2009, nella Provincia Orientale almeno 1200 persone sono state uccise, altre 1400 sequestrate, inclusi donne e bambini, e 230.000 sfollate a causa delle violenze attribuite ai ribelli fuggiti dall’Uganda dopo la mancata firma di un accordo di pace. I ribelli sono presenti anche in Sudan e in Centrafrica, dove hanno commesso violenze ai danni della popolazione. (R.P.)

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    Nuovo bilancio delle violenze nella provincia congolese di Dongo

    ◊   Gli scontri intercomunitari verificatisi a più riprese dalla fine di ottobre nella Repubblica Democratica del Congo, nell’area di Dongo, provincia occidentale dell’Equatore, hanno provocato 270 morti di cui 180 civili. A diffondere un nuovo bilancio delle violenze, tra le comunità Enyele e Monzaya è il Ministro delle Comunicazioni Lambert Mende, secondo cui ora nella zona “la situazione è tornata alla calma e le popolazioni fuggite possono tranquillamente fare ritorno ai loro villaggi”. Simon Lubuku, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) nella vicina Repubblica del Congo, intervistato dall’agenzia Misna ha detto che “attualmente sono ancora 93.923 gli sfollati congolesi che per sfuggire alle violenze nella regione dell’Equatore hanno attraversato la frontiera e sono tuttora presenti nei campi profughi lungo il confine”. Per il momento gli operatori umanitari non riscontrano alcun ritorno in massa degli sfollati che ancora temono una ripresa delle violenze. “Non possiamo recarci nelle zone degli scontri per motivi di sicurezza – precisa Lubuku – e le notizie ci arrivano dai profughi che vanno e tornano dai loro villaggi attraversando la frontiera per raccogliere i frutti dei raccolti e le poche cose che hanno lasciato nelle loro case”. Per la maggior parte, secondo l’Acnur si tratta di persone già sfollate tra il 2005 e il 2008. Circa 500 caschi blu sono stati dispiegati in una base temporanea a Gemena e Bozene, nella provincia dell’Equatore a sostegno delle truppe di Kinshasa stanziate a Dongo, per garantire la sicurezza degli abitanti. (V.V.)

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    Uganda: i leader cristiani chiedono correttezza per le elezioni del 2011

    ◊   In preparazione delle elezioni generali del 2011 i leader cristiani hanno diffuso una lettera pastorale con una serie di raccomandazioni affinché le consultazioni popolari si svolgano in modo libero, corretto e credibile. Il documento, elaborato dal Consiglio cristiano unito d’Uganda, che riunisce le Chiese cattolica, anglicana e ortodossa, vuole evidenziare semplicemente ciò che già è stabilito dalla Costituzione - hanno precisato i firmatari. In più, i vescovi ugandesi sollecitano tutti gli aventi diritti al voto a iscriversi nelle liste degli elettori e a partecipare alle elezioni come “atto di patriottismo”, dando la propria preferenza in modo responsabile senza seguire il cosiddetto voto di scambio, una pratica “pericolosa” per il Paese. “Non vogliamo vedere ripetersi irregolarità come la privazione del diritto di esercizio del voto, nè anomalie nella registrazione dei votanti e scarso controllo” ha detto l’arcivescovo ortodosso Jonah Lwanga che presiede il Consiglio. I presuli, riferisce l’agenzia Misna, sollecitano il governo a finanziare adeguatamente la Commissione elettorale e ad approvare le riforma elettorale entro il prossimo febbraio, così che ci sia il tempo adeguato per informare ed educare i votanti sulle nuove regole; chiedono inoltre che le carte d’identità siano rilasciate a tutti gli aventi diritto molto prima dell’avvio delle registrazioni elettorali in modo da garantire che partecipino solo i cittadini ugandesi. Dopo le elezioni del 2006, l’opposizione consegnò diverse denunce di presunte malversazioni alla Corte Suprema; pur condividendo l’opinione sulla necessità di contrastare le irregolarità e l’estorsione di voti con la violenza o la corruzione, i vescovi hanno chiesto ai partiti di opposizione di non boicottare le attività della commissione elettorale che criticano per inefficienza e parzialità. La lettera pastorale di 16 pagine, intitolata “Verso libere e corrette elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative nel 2011” è stata firmata dall’arcivescovo della Chiesa d’Uganda Henry Luke Orombi, dall’arcivescovo ortodosso Jonah Lwanga e dall’arcivescovo cattolico mons. Cyprian Kizito Lwanga. (V.V.)

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    Guatemala: il nunzio apostolico celebra i 13 anni del Trattato di pace

    ◊   A 13 anni di distanza dalla firma degli storici accordi che misero fine a decine di anni di guerra civile, costati la vita in particolare a migliaia di civili, il nunzio apostolico in Guatemala, mons. Paul Richard Gallagher, martedì scorso è intervenuto nella capitale guatemalteca, alla cerimonia “del cambio della Rosa della Pace”, nel corso della quale il Paese ha ricordato l’importanza e i frutti della pace raggiunta. Mons. Gallegher ha ringraziato il Presidente della Repubblica che “ha voluto riconoscere alla Santa Sede il suo permanente ruolo in favore della pace e alla Chiesa in Guatemala il suo impegno”. A conferma di tutto questo, il nunzio ha ricordato che di recente in Vaticano è stato celebrato il successo della mediazione pontificia fra il Cile e l’Argentina a dieci anni di distanza della firma del Trattato di amicizia e cooperazione tra i due Paesi latino-americani. Al tempo stesso il diplomatico vaticano ha ricordato il primo messaggio per la Giornata mondiale della pace pronunciato da Paolo VI, 43 anni fa, che si riallaccia a quello con cui domani sarà celebrata questa Giornata nel quale Benedetto XVI invita a riflettere sul rapporto tra pace e salvaguardia del Creato. “La pace è una creatura delicata e fragile che occorre nutrire e alla quale si deve aver cura”, ha rilevato mons. Gallagher, il quale ha osservato che “l’attuale clima di violenza, di disuglianze e d’impunità” che vive il Paese centroamericano rende difficile “dimostrare dove termina il conflitto e dove inizia la pace”. Ogni processo di pace - ha poi spiegato mons. Gallagher - si deve basare su due principi: “Senza gustizia non esiste possibilità di riconciliare i cuori e senza una rinconciliazione duratura non ci può essere pace”. “La pace è una virtù spirituale che cerca di manifestarsi nei nostri rapporti e nelle strutture sociali. Essa è libera e interiore e non può coesistere con l’ingiustizia. La ricerca della pace, ha concluso il nunzio in Guatemala, è una condizione imprescindibile per la convivenza umana e un criterio di rettitudine delle nostre azioni. Non possiamo mai credere che la pace sia una conquista scontata; anzi, dobbiamo cercarla costantemente e attivamente, condividendo i suoi frutti con gli altri”. (A cura di Luis Badilla)

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    Perù: gli indigeni contro il rapporto del governo sulle proteste di giugno in Amazzonia

    ◊   Polemiche e forte dissenso da parte dei movimenti indigeni hanno accompagnato la divulgazione del rapporto ufficiale sulle violenze avvenute il 5 giugno a Bagua, nell’Amazzonia peruviana, con un bilancio - di fatto mai avallato dai nativi - di 23 poliziotti e 10 civili uccisi in violenti scontri seguiti alle proteste contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali del governo. La commissione d’inchiesta designata da Lima per far luce sul “Baguazo”- come è stato chiamato l’episodio della “Curva del Diablo” a Bagua - ha concluso che le violenze sono attribuibili agli stessi indigeni, a legislatori del Partido Nacionalista (all’opposizione), al sindacato dei docenti, unitosi alla mobilitazione dei popoli autoctoni, ad alcune emittenti radiofoniche e “alla mancanza di tatto dell’esecutivo”. Nel documento di 87 pagine, si legge in un comunicato dell’agenzia Misna, vengono messi in relazione con le violenze anche organizzazioni della società civile e alcuni religiosi che hanno appoggiato i movimenti indigeni confondendo il loro ruolo evangelizzatore e di equilibrio tra lo Stato e la cittadinanza. Nessuna responsabilità viene attribuita agli alti vertici della polizia che inviarono gli agenti a sgomberare un gruppo di indigeni che da alcune settimane bloccavano una strada nei pressi di Bagua, scatenando gli scontri, né all’allora ministro degli Interni, Mercedes Cabanillas. I rappresentanti dei popoli indigeni dell’Amazzonia, protagonisti della grande mobilitazione della scorsa primavera contro alcuni decreti legislativi considerati lesivi dei loro diritti sulla gestione delle risorse naturali, si sono rifiutati di sottoscrivere il rapporto: il dirigente nativo Jesus Manacés e la religiosa spagnola Maria Gómez, che rappresentavano i nativi nella commissione d’inchiesta, hanno consegnato inoltre una nota al Governo con 43 “osservazioni di dissenso”. (V.V.)

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    Honduras in ginocchio a causa della siccità

    ◊   Il Governo dell’Honduras ha decretato lo stato d’emergenza nella capitale Tegucigalpa, dove abita un milione e mezzo di persone, a causa della mancanza d’acqua potabile dovuta alla siccità. Il Ministro della presidenza Rafael Pineda ha comunicato che la misura implica l’immediato trasferimento di fondi per l’equivalente di circa un milione di euro al Sistema nazionale degli acquedotti e delle fognature (Sanaa) per la perforazione di dieci nuovi pozzi; fondi aggiuntivi saranno devoluti anche all’azienda statale dell’acqua, incaricata di razionarne la distribuzione. “L’emergenza interessa la capitale anche per il rischio di contaminazione delle fonti d’acqua e per evitare sprechi” ha detto Pineda, ripreso dall’agenzia Misna. Secondo Jack Arévalo, responsabile del Sanaa, la situazione si prospetta difficile per il 2010, soprattutto a fronte delle scarse riserve dei bacini delle dighe di Los Laureles e La Concepción, che riforniscono Tegucigalpa, sufficienti appena fino a marzo. La siccità è attribuita al fenomeno meteorologico del Niño e minaccia i raccolti di mais, fagioli e riso necessari alla sussistenza di almeno 250.000 honduregni residenti nell’ovest del Paese; nella regione purtroppo non sono previste piogge a Gennaio. (V.V.)

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    Filippine: ancora stato di allerta per il vulcano Mayon. Saliti a 50 mila gli sfollati

    ◊   Sono quasi 50.000 gli abitanti della provincia di Albay (regione di Bicol, isola di Luzon) che trascorreranno l’ultimo giorno dell’anno in 29 centri di accoglienza a causa dell’eruzione del vulcano Mayon. Dopo due settimane di ininterrotta attività e nonostante rallentamenti della fuoriuscita di lava negli ultimi giorni, secondo l’istituto vulcanologico filippino il rischio di eruzioni ancora più violente non è escluso. “Il vulcano è ancora attivo, il pericolo è di conseguenza immutato così come lo stato di allerta” ha detto il responsabile dell’istituto, Renato Solidum. Secondo fonti locali riprese dall'agenzia Misna, esercito e protezione civile hanno già trasferito i 47.000 abitanti dei villaggi che attorniano il vulcano per un raggio di otto chilometri e sono state prese misure per garantire assistenza per almeno i prossimi tre mesi; la prossima sfida sarà quella di far ripartire le scuole in strutture temporanee subito dopo la pausa delle festività natalizie. Nel 2006, in una situazione analoga, il vulcano Mayon si calmò solo dopo due mesi. Situato in una fertile regione, 330 chilometri a sud-est di Manila, il vulcano (2463 metri sul livello del mare) è tra i più attivi delle Filippine; tra i disastri noti ad esso collegati, il più tragico risale al 1814, quando persero la vita 1200 persone. (R.P.)

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    Indonesia: morto l’ex presidente Wahid, sostenitore della libertà religiosa dei cristiani

    ◊   È morto ieri, all’età di 69 anni l’ex presidente indonesiano Abdurrahman Wahid, noto con il soprannome di “Gus Dur”. Era nato il 7 settembre 1949 a Jombang (East Java) e, ricorda AsiaNews, è la figura che più ha contribuito in questi anni a un dialogo fra cristiani e musulmani in Indonesia. Di etnia mista (indonesiana e cinese), Abdurrahman Wahid si è anche guadagnato la stima fra le comunità cinesi dell’arcipelago cancellando il bando che proibiva l’uso del mandarino e delle tradizioni cinesi, in atto ai tempi del suo predecessore Suharto (1967-1998). Gus Dur, divenuto presidente nel ’99 (il primo ad essere eletto dopo lunghi anni di dittature) ha poi avuto un conflitto con il parlamento indonesiano, ed è stato costretto a dimettersi nel luglio 2001. Al suo attivo l’ex presidente ha il pregio di aver cercato la pace con i ribelli islamici di Banda Aceh e di aver sempre sostenuto la libertà religiosa dei cristiani. In momenti di crisi per la possibilità di attacchi terroristi contro chiese, egli ha spinto i membri della sua organizzazione musulmana, il Nahdlatul Ulama, a fare cordoni di protezione e vigilanza per difendere le comunità cristiane. Grazie a lui il Nahdlatul Ulama è divenuta la più importante e numerosa organizzazione islamica ecumenica, aperta al dialogo con le altre religioni. (V.V.)

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    Detroit: anche musulmani al Mitzvah Day, iniziativa caritativa della comunità ebraica

    ◊   Quest’anno, il Mitzvah Day, la tradizionale iniziativa di volontariato della Jewish Community Relations Council di Detroit, nel Michigan (Usa) che prevede che il giorno di Natale volontari ebraici sostituiscano gli operatori cristiani nelle loro attività assistenziali, ha avuto un significato particolare perché anche quaranta musulmani credenti vi hanno partecipato. Come ogni anno la Jewish Community Relations Council ha diffuso un annuncio nel quale cercava persone disposte a svolgere gratuitamente le attività che normalmente compiono i cristiani per permettere a questi ultimi di trascorrere la festività di Natale a casa insieme ai loro cari. All’annuncio hanno risposto oltre novecento persone, in grande maggioranza membri della comunità ebraica, ma anche un piccolo gruppo di musulmani. Durante un incontro i rappresentanti della comunità ebraica e di quella musulmana dell’area metropolitana di Detroit si sono dichiarati molto soddisfatti del rapporto di collaborazione tra le due confessioni. Quella di quest’anno, si legge sulle pagine de L’Osservatore Romano, è la ventesima edizione del Mitzvah Day organizzato a Detroit, ma la ricorrenza ha radici profonde nella tradizione giudaica e anche le comunità ebraiche di altre città degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei dedicano una giornata ad attività che hanno un forte contenuto sociale e caritativo. Quasi ovunque questo giorno è una ricorrenza aperta anche verso i credenti di altre tradizioni religiose. Le comunità ebraiche d’Inghilterra e Francia hanno scelto il 15 dicembre per il loro Mitzvah Day, data scelta per far coincidere la ricorrenza con l’apertura della “Settimana del dialogo interreligioso”. (V.V.)

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    L’arcivescovo di Canterbury nel sermone natalizio ricorda i bambini in difficoltà

    ◊   In occasione del suo sermone natalizio, il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha ricordato in particolare i bambini costretti a vivere nella privazione degli affetti, nella schiavitù e tra gli orrori della guerra. Durante la cerimonia del 25 dicembre, nella cattedrale di Canterbury, Williams ha criticato anche i metodi che tendono “a far maturare in maniera troppo veloce i bambini, per trasformarli in cittadini indipendenti che possono stare in piedi da soli”. Successivamente ha rivolto il suo pensiero soprattutto alle aree del mondo dove i minori soffrono a causa delle difficili condizioni socio-politiche. “Nella nostra società – queste le parole dell’arcivescovo riprese da L’Osservatore Romano – ci sono bambini che non hanno mai avuto stabilità nella loro vita familiare: bambini, per esempio che non hanno mai conosciuto il padre, che hanno genitori alcolizzati, o che sono privi di entrambi e che ora non possono godere del calore familiare. Poi ci sono bambini che sono sistematicamente sfruttati nel mercato del sesso o che sono intrappolati nella spirale della criminalità”. L’arcivescovo ha poi affermato che la sofferenza di questi piccoli: “è un insulto al disegno di Dio e un rifiuto sprezzante del dono di Dio da parte di coloro che continuano a mantenere i bambini in queste diverse forme di schiavitù”. “Questi minori – ha continuato – sono stati creati come tutti noi, per diventare pienamente e coscienziosamente bambini di Dio, per gioire della gloria della Natività”. (V.V.)

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    Mons. Crociata: più sostanza spirituale nelle omelie domenicali

    ◊   Una "poltiglia" insulsa, quasi una "pietanza immangiabile" o, comunque, ben "poco nutriente". Così, agli occhi di molti fedeli italiani, devono apparire non poche delle omelie che ogni domenica vengono pronunciate dai pulpiti. A dirlo è stato il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), intervenuto a Roma al XIV convegno liturgico per seminaristi. La tre-giorni organizzata dal Centro di azione liturgica - associazione promossa dalla Cei - si è conclusa con la Messa celebrata dal presidente, il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, Felice di Molfetta. Al centro dei lavori dell'assemblea "L'omelia tra celebrazione e ministerialità". Tema che, senza troppi giri di parole, è stato affrontato dal segretario generale della Cei. "Sarebbe oltremodo deplorevole - ha detto mons. Crociata, ripreso da L’Osservatore Romano - far diventare le omelie occasioni per scagliare accuse e contumelie, rimproveri e giudizi di condanna; ma anche il contrario risulta insulso, quando le nostre parole si riducono a poveri raccatti di generiche esortazioni al buonismo universale". Insomma, l'obiettivo è quello di riuscire a coniugare, sia nella vita spirituale che nell'azione pastorale, "consolazione e monito, speranza e serietà d'impegno, fiducia gioiosa e necessaria severità, annuncio della salvezza e invito, direi sfida, alla decisione". Un equilibrio delicato e fragile, una "tensione polare" - afferma mons. Crociata - che può mantenere "solo chi ha imparato a reggerla, solo chi si è deciso per Cristo sperimentandone allo stesso tempo la dolcezza e la consolazione". Esiste, insomma - rileva il segretario generale della Cei - "un principio d'ordine teologico-spirituale che presiede al servizio ministeriale della predicazione liturgica". E cioè che "anche la presa di parola nella liturgia è espressione del comune stare sotto la Parola di Dio, "in religioso ascolto di essa, come esordisce la Dei Verbum, proprio di tutta la Chiesa sempre". In primo luogo - spiega Crociata - "poiché anche l'omelia è trasmissione della Parola di Dio". E poi "perché il primato rimane all’iniziativa di Dio che agisce con efficacia in essa e attraverso di essa". Pertanto, "è decisivo che l'omileta abbia coscienza d'essere egli stesso un ascoltatore, anzi d'essere il primo ascoltatore delle parole che pronuncia. Egli deve sapere innanzitutto, se non solamente, rivolta a sé quella parola che sta pronunciando per altri". "Non si tratta - avverte Crociata - di recepire la novità portata da Cristo come una mera conoscenza intellettuale, secondo una "posizione gnostica ricorrente nella storia, dentro o fuori lo spazio ecclesiale". Così "se in passato dovevamo guardarci dalla tentazione del moralismo, oggi a essa se ne aggiungono altre, le quali arrivano a relegare la fede in una sfera interiore, anzi quasi privata o intimistica, per lasciare poi libero campo a ogni genere di comportamenti ". (V.V)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: uccisi 8 agenti della Cia e 5 canadesi

    ◊   Il 2009 si conclude con l’acuirsi dell’attività del terrorismo di matrice islamica. In Afghanistan, in queste ultime ore dell’anno, la violenza della guerriglia ha preso di mira obiettivi delle forze internazionali con un bilancio di 13 morti. Il terrore torna anche negli Stati Uniti, dove ieri è stata sgomberata Times Square a New York per un furgone sospetto, mentre è atteso per oggi il rapporto preliminare sul fallito attentato di pochi giorni fa sul volo Amsterdam-Detroit. Intanto, il Pentagono si appesta a compiere nuovi raid sulle roccaforti di Al Qaeda nello Yemen. Il punto nel servizio di Marco Guerra:

    I drammatici eventi che chiudono il 2009 sembrano confermare quella guerra al terrorismo prevista dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Cheney. L’America ieri è infatti tornata a tremare quando la centralissima Times Square di New York è stata evacuata per ore per un furgone sospetto. E nel Paese monta la polemica sulla sicurezza, dopo la denuncia di Obama sulla crepa interna ai Servizi segreti che avrebbe consentito al giovane nigeriano, intenzionato a colpire il volo Delta, di agire indisturbato. Si attende un po’ di chiarezza dal rapporto atteso per oggi alla Casa Bianca. Secondo i più, Cia, Fbi e Dipartimento di Stato non avrebbero condiviso alcune informazioni in loro possesso. L’amministrazione Usa pensa ora ad una serie di rappresaglie sui luoghi dai quali è partito l’attentatore. Nel mirino, i campi di addestramento di Al Qaeda nello Yemen. Per il momento, il Pentagono è autorizzato dal governo di Sanaa ad effettuare solo raid aerei, non quindi previsto l’utilizzo di unità speciali sul terreno. Il fronte più caldo resta però l’Afghanistan dove si chiude l’anno più sanguinoso dall’intervento militare del 2001. I talebani hanno rivendicato l’attacco di ieri alla base americana Chapman, nella Provincia di Khost, dove un attentatore in divisa si è fatto esplodere uccidendo otto americani, agenti della Cia. Poche ore dopo, nella zona di Kandahar, cinque canadesi, quattro soldati e una giornalista al seguito, sono stati uccisi dallo scoppio di una mina che ha fatto saltare in aria il mezzo sul quale viaggiavano. Sempre nella zona di Kandahar, questa mattina i talebani hanno decapitato sei afghani accusati di spionaggio. Ed è ancora in attesa di conferma la notizia del rapimento di due francesi e due interpreti locali nelle provincia di Kapisa. Per alcune fonti si tratta di soldati, per altre di giornalisti. La situazione è resa incandescente anche dall’annuncio dell’ennesimo errore in un raid aereo delle forze Nato, avvenuto ieri nella provincia di Helmand. Secondo il governatore locale, le vittime del bombardamento sarebbero otto contadini impegnati nel lavoro dei campi. Questa tragedia potrebbe dare ulteriore respiro all’insurrezione talebana che ogni giorno guadagna slancio e intensità.

     
    Mauritania
    Al Qaeda nel Maghreb islamico ha diffuso attraverso internet nuove foto dei due italiani rapiti il 18 dicembre scorso in Mauritania. Il gruppo chiede all’Italia di non sostenere più le guerre in Iraq e Afghanistan, in cambio dell’incolumità degli ostaggi.

    Russia: allarme terrorismo
    Allarme terrorismo anche in Russia, dove i servizi segreti russi hanno messo in guardia la popolazione dalla possibilità di attentati a Mosca e in altre città. L'allerta va dalla notte di San Silvestro fino gli altri giorni festivi del lungo ponte di Capodanno, che per i russi si protrarrà fino al 10 gennaio, comprendendo anche il Natale ortodosso, che si celebrerà il 7. Indiziati sono in particolare quattro guerriglieri dei quali vengono forniti i nomi.

    Iran: dimostrazioni e violenze
    Andiamo in Iran, dove continua il braccio di ferro tra riformisti e sostenitori del regime. E le ultime notizie che giungono dalla Repubblica islamica parlano di nuovi, violenti, disordini. Il servizio è di Giancarlo La Vella:

    Proprio in queste ore, si registrano a Teheran i primi scontri tra riformisti e forze di sicurezza. Secondo quanto ha riferito un'emittente radiofonica molto vicina all'opposizione, tafferugli sono in corso in vari punti del centro della capitale, dove la polizia ha fatto ricorso ai lacrimogeni per disperdere i manifestanti, mentre testimoni riferiscono anche di altri assembramenti. Si sta concretizzando, dunque, la minaccia di un inasprimento della repressione contro i riformisti, così come annunciato nei giorni scorsi dalle forze di sicurezza iraniane. Centinaia di soldati e decine di mezzi corazzati, intanto, stanno arrivando a Teheran. Rischia di proseguire per giorni il braccio di ferro tra i sostenitori delle opposizioni, e quelli del governo, che ieri anch’essi sono scesi in piazza, rispondendo all’appello del presidente Ahmadinejad e che stamani si sono riuniti di fronte alla casa della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, per esprimere fedeltà nei suoi confronti. Da parte sua, uno dei leader dell’oposizione, Hossein Mussavi, aveva lanciato un forte appello, chiamando tutti i suoi sostenitori a raccolta, nel caso in cui si fosse verificato anche un solo arresto. Solo ieri, Ahmadinejad aveva avvertito l'opposizione che “non servirà il pentimento”; il giorno in cui la nazione “si muoverà - aveva detto - come un grande oceano” contro di essa. E il capo della polizia, Ismail Ahmadi-Moqaddam, aveva preannunciato che contro alcuni degli oppositori arrestati durante le manifestazioni saranno mosse precise accuse, quelle di guerra contro l’Islam, che prevedono addirittura la pena di morte.

     
    Finlandia
    Finlandia sotto shock per la strage avvenuta in un centro commerciale di Helsinki, dove questa mattina un uomo ha sparato contro la folla uccidendo quattro persone. L’omicida è stato ritrovato poche ore dopo senza vita nella sua abitazione nella capitale finlandese. Nella casa è stato ritrovato anche il corpo di una donna. Gli agenti sospettano che fosse la sua fidanzata e che il 44.enne l'abbia uccisa prima di togliersi la vita.

    Unione Europea
    Allo scoccare della mezzanotte, questa sera, ci sarà il passaggio di consegne alla presidenza di turno europea tra Svezia e Spagna. Una tappa storica, in quanto sarà la prima dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha ridisegnato le istituzioni europee. Cosa cambia, a questo punto, per l’Ue? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Federiga Bindi, titolare della cattedra Jean Monnet presso l’Università Tor Vergata di Roma:

    R. - La prima novità è che ci sarà il cosiddetto presidente per l’Unione Europea, mister Herman Van Rompuy, l’ex primo ministro belga, che deciderà dell’Unione e del Consiglio europeo e rappresenterà l’Unione Europea all’estero. Ci sarà, se vogliamo, un volto stabile. La seconda novità è che c’è un ministro degli Esteri a tutti gli effetti, che è Catherine Ashton, ex commissario europeo e adesso anche vicepresente della Commissione. Per la prima volta, potremo parlare di una vera e propria politica estera dell’Unione Europea.

     
    D. - Tra gli obiettivi della presidenza spagnola, c’è quella di garantire la ripresa economica dell’Europa attraverso un maggior coordinamento di tutti gli Stati membri. Riuscirà Madrid nel suo intento?

     
    R. - In realtà, si è già fatto molto, perché l’Unione Europea, i Paesi europei, si sono mossi insieme fin dall’inizio della crisi. Rimangono ancora alcuni salti di qualità da fare e il comprendere pienamente il fatto che, quando si parla di Unione Europea, si parla di politiche domestiche e cioè degli Stati membri e non di politica estera.

     
    D. - Resta, inoltre, in primo piano la questione allargamento dell’Unione ad altri Paesi: la Turchia, ad esempio, spera di veder accelerare i negoziati per la propria ammissione, nel corso del 2010. Ci saranno dei passi in avanti su questo fronte?

     
    R. - La Turchia andrà avanti, ma sul fatto che sia una cosa veloce, c’è qualche dubbio. Ci vorranno molti anni. Il primo Paese che ha delle chance concrete di entrare è la Croazia - ed è molto importante che venga dato questo segnale ai Balcani - e anche l’Islanda.

     
    D. - Il 2010 che sta per entrare che anno sarà per l’Unione Europea? Che cosa possiamo prevedere?

     
    R. - In realtà, è l’anno delle scelte, perché il Trattato di Lisbona stabilisce molte cose, ma sono più quelle che omette rispetto a quelle afferma e che faranno la differenza. In questo momento, assistiamo ad un arroccamento di alcuni Stati, specie quelli grandi, che non vogliono assolutamente concedersi e concedere alla diplomazia europea, mentre quelli piccoli e quelli medi stanno spingendo maggiormente per una diplomazia europea potente. Come si comporterà l’Unione Europea nelle piccole decisioni tecniche, determinerà se un domani l’Unione Europea avrà un peso o no.

     
    Cina arresti
    Quattro cittadini stranieri sarebbero stati arrestati nel sud della Cina con un grosso quantitativo di eroina e rischiano la condanna a morte. Lo riferisce un quotidiano di Hong Kong, senza tuttavia precisare la nazionalità delle persone coinvolte. Solo due giorni fa, si era consumata la controversa esecuzione capitale di un cittadino britannico condannato per narcotraffico.

    Rapporto giornalisti uccisi
    Settantasei giornalisti uccisi nel 2009, il 26% in più rispetto al 2008. Inoltre, 33 rapiti, 573 arrestati (-14%) e quasi 1500 aggrediti o minacciati. Sono solo alcuni dei numeri emersi dal rapporto annuale di “Reporters sans frontieres” sulla libertà di stampa nel 2009. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 365

    È possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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