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Sommario del 29/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Nelle udienze generali di Benedetto XVI del 2009, la grande ricchezza culturale del Medioevo cristiano, fonte di crescita e ispirazione per il mondo di oggi
  • Oggi in Primo Piano

  • Chiesa italiana 2009: il bilancio del cardinale Bagnasco
  • Allarme esondazioni in Toscana. Mons. Benotto: colpa dell'uomo
  • Migliaia di giovani a Poznan per il pellegrinaggio di fiducia promosso dalla Comunità di Taizé
  • "Un bicchiere di latte per salvare la vita": progetto europeo per la Tanzania
  • Chiesa e Società

  • Indonesia: musulmani bruciano una casa di preghiera cristiana
  • Lotta contro la povertà al primo posto tra gli impegni dell’Ue per il 2010
  • Dal Sudan prime esportazioni di biocarburante verso l’Europa
  • Allarme Onu: Somalia diventata zona franca per ogni traffico illecito
  • Niger: gruppo ribelle tuareg depone le armi
  • Giornata per l’Africa: le Pontificie Opere Missionarie chiedono più risorse
  • Il vescovo di Tura in India: “San Pio, strumento di missione fra i tribali”
  • Veglia di Capodanno in Piazza San Pietro per l'unità e la pace nelle famiglie
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: dura reazione di Teheran contro gli esponenti dell’opposizione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nelle udienze generali di Benedetto XVI del 2009, la grande ricchezza culturale del Medioevo cristiano, fonte di crescita e ispirazione per il mondo di oggi

    ◊   Benedetto XVI terrà domani, in Aula Paolo VI, l’ultima delle 44 udienze generali del 2009. Dopo le prime dedicate a San Paolo, che hanno concluso il ciclo di 20 catechesi sull’Apostolo delle Genti, il Pontefice ha sviluppato, in questi mesi, la presentazione di grandi Scrittori della Chiesa di Oriente e di Occidente del tempo medioevale. Una serie di meditazioni che hanno innanzitutto messo l’accento sulla straordinaria e multiforme ricchezza del Medioevo, al di là dei facili stereotipi che vorrebbero rubricare questa epoca sotto l’etichetta di “secoli bui”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Le cattedrali e le università, la teologia e la filosofia: il Medioevo è ricco di luci che illuminano la storia e la cultura dell’Europa. Nel 2009, Benedetto XVI percorre un affascinante viaggio nella storia medievale, attraverso le sue catechesi. Il Papa ricorda il rinnovamento spirituale promosso dai monaci benedettini, in particolare quelli dell’Ordine di Cluny. Sottolinea il contributo prezioso che l’esperienza dei monasteri ha svolto per la formazione dell’identità europea, richiamando il primato di Dio e favorendo la promozione dei valori umani e della pace. E invita a non disperdere questo tesoro:

     
    “Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché tutti coloro che hanno a cuore un autentico umanesimo e il futuro dell’Europa sappiano riscoprire, apprezzare e difendere il ricco patrimonio culturale e religioso di questi secoli”. (Udienza generale, 11 novembre 2009)

     
    Secoli nei quali si stagliano figure straordinarie come San Bernardo di Chiaravalle, tra i grandi Dottori della Chiesa. San Bernardo, spiega il Papa, mette in guardia dai tentativi di “risolvere le questioni fondamentali su Dio, sull’uomo e sul mondo con le sole forze della ragione”. Richiamo quanto mai attuale, osserva Benedetto XVI:

     
    “La fede è anzitutto incontro personale, intimo con Gesù, è fare esperienza della sua vicinanza, della sua amicizia, del suo amore, e solo così si impara a conoscerlo sempre di più, ad amarlo e seguirlo sempre più. Che questo possa avvenire per ciascuno di noi!” (Udienza generale, 21 ottobre 2009)

     
    Altro grande pensatore medievale, a cui il Papa dedica una catechesi è Sant’Anselmo di Aosta. Il monaco benedettino, noto con l’appellativo di “Dottore Magnifico” pone sempre il suo pensiero al servizio della “contemplazione di Dio”. Ed insegna che l’attività del teologo si sviluppa in tre stadi:

     
    "La fede, dono gratuito di Dio da accogliere con umiltà; l’esperienza, che consiste nell’incarnare la Parola di Dio nella propria esistenza quotidiana; e quindi la vera conoscenza, che non è mai frutto di asettici ragionamenti, bensì di un’intuizione contemplativa". (Udienza generale, 23 settembre 2009)

     
    Alla teologia scolastica, fondata da Sant’Anselmo, Benedetto XVI dedica una meditazione per indicare quanto anche l’uomo di oggi abbia bisogno di un dialogo rispettoso tra fede e ragione, di unità e armonia tra di esse. E rammenta che la teologia scolastica è legata alla nascita delle prime università, altra grande “invenzione” del Medioevo. La teologia scolastica, afferma ancora il Papa:

     
    “...ci ricorda che tra fede e ragione esiste una naturale amicizia, fondata nell’ordine stesso della creazione (...) La fede è aperta allo sforzo di comprensione da parte della ragione; la ragione, a sua volta, riconosce che la fede non la mortifica, anzi la sospinge verso orizzonti più ampi ed elevati”. (Udienza generale, 28 ottobre 2009)

     
    Ma il Medioevo è anche l’epoca in cui l’annuncio del Vangelo raggiunge i confini più lontani del mondo allora conosciuto. Protagonisti di questa avvincente missione sono Cirillo e Metodio, apostoli dell’Oriente cristiano, evangelizzatori dei popoli slavi. Sono loro, ricorda Benedetto XVI, gli antesignani dell’inculturazione:

     
    “In effetti, Cirillo e Metodio costituiscono un esempio classico di ciò che oggi si indica col termine 'inculturazione': ogni popolo deve calare nella propria cultura il messaggio rivelato ed esprimerne la verità salvifica con il linguaggio che gli è proprio. Questo suppone un lavoro di ‘traduzione’ molto impegnativo, perché richiede l’individuazione di termini adeguati a riproporre, senza tradirla, la ricchezza della Parola rivelata.”. (Udienza generale, 17 giugno 2009)

     
    Ancora, nel Medioevo si afferma la "via della bellezza", che, rileva il Papa, è forse l’itinerario “più attraente ed affascinante per giungere ad incontrare e amare Dio”. Una bellezza, sottolinea, che, attraverso le cattedrali, ha educato alla fede intere generazioni cristiane:

     
    “Le cattedrali gotiche mostravano una sintesi di fede e di arte armoniosamente espressa attraverso il linguaggio universale e affascinante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore (...) Lo slancio verso l’alto voleva invitare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. La cattedrale gotica intendeva tradurre così, nelle sue linee architettoniche, l’anelito delle anime verso Dio”. (Udienza generale, 18 novembre 2009)

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    Oggi in Primo Piano



    Chiesa italiana 2009: il bilancio del cardinale Bagnasco

    ◊   Il 2009 che sta per concludersi è stato un anno ricco di attività importanti per la Chiesa italiana, sempre vicina alla gente e rispettosa delle Istituzioni nazionali. E’ questo in sintesi il bilancio tracciato per i mesi trascorsi, dal presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Angelo Bagnasco che esprime anche l’augurio dei vescovi ad accogliere la fiducia di Dio per noi. Sentiamo la riflessione del porporato al microfono di Gabriella Ceraso:

    R. – Il sentimento è quello della gratitudine a Dio perché ci ha guidato: ha guidato i vescovi italiani, le loro comunità, in un anno di attività intensa e importante, come ad esempio nel convegno delle Chiese del Sud in preparazione al documento sulla Chiesa e il Mezzogiorno, che sarà di prossima definizione. E poi, anche la scelta degli orientamenti pastorali per il nuovo decennio, il tema dell’educazione, la grande sfida educativa. E poi, a raffronto della nota contingenza economica, è noto l’iniziativa dei vescovi che abbiamo chiamato il “Prestito della speranza”, un fondo di garanzia per le famiglie in particolari difficoltà. Inoltre, non possiamo dimenticare – purtroppo – la tragedia dell’Aquila, del terremoto, che ha visto i vescovi impegnati anche concretamente attraverso un contributo sostanzioso che speriamo possa veramente contribuire alla ripresa di quelle popolazioni. E così, anche l’alluvione di Messina ci ha visto esprimere la vicinanza dell’episcopato italiano.

     
    D. – Ecco, restiamo alle questioni pubbliche italiane: quest’anno in più di un’occasione ci sono stati motivi per discutere dei rapporti tra la Chiesa italiana e le istituzioni del Paese. Sotto questo punto di vista, come si conclude il 2009?

     
    R. – Si conclude in termini positivi nel senso che la Chiesa italiana ha mostrato ancora una volta la sua presenza innanzitutto accanto alla gente, di cui si è fatta voce, come sempre; e inoltre, di responsabilità leale verso tutte le istituzioni e di collaborazione – come è nello spirito della Chiesa, sempre, di autonomia, certamente, di rispetto delle competenze e della responsabilità, ma anche della collaborazione per il bene del Paese.

     
    D. – Eminenza, il 2009 in particolare per motivi legislativi ha visto in primo piano alcuni temi cari alla Chiesa, come il valore della vita innanzitutto, per la legge sul testamento biologico, sulla Ru486, ma anche la grande tematica dell’integrazione: dalle classi-ponte ai respingimenti. Quali sono a fine anno i timori della Chiesa italiana, e quali anche le speranze su questi due fronti?

     
    R. – Il tema della vita è un tema di confine che ha visto e che vedrà sempre e comunque la Chiesa ed i suoi pastori impegnati nel modo più chiaro, leale e deciso. Per quanto riguarda la realtà dell’integrazione, la posizione dei vescovi italiani da una parte ha sempre ricordato la tradizione e la cultura dell’accoglienza, intrinseca al Vangelo stesso, e dall’altra l’esigenza stessa di sicurezza e di legalità che è un altro diritto di ogni Paese e di ogni società che voglia veramente essere aperta.

     
    D. – In generale, cardinale Bagnasco, la Chiesa italiana condivide questa visione che spesso si dà, soprattutto in quest’anno, del popolo italiano piegato dalla crisi, deluso dalla politica, messo in discussione anche sulle proprie radici religiose, se una Corte Europea vieta – appunto – di avere un Crocifisso a scuola?

     
    R. – Noi abbiamo preso atto di una grande storia a cui il popolo è affezionato e in cui si trova radicato, nonostante contraddizioni, fragilità e cambiamenti evidenti, e di questo ancoraggio molti sono i segni anche recenti. Proprio a partire da questa fedeltà gioiosa e dinamica alla propria identità culturale e religiosa, una società può essere fiduciosamente aperta e accogliente.

     
    D. – “Accogliamo la fiducia di Dio, ritroviamo la fiducia tra noi”, ha scritto in un editoriale proprio in occasione del Natale. Questo è quello che serve per vivere le sfide di oggi, dunque la fiducia?

     
    R. – Dobbiamo fare l’esperienza della fiducia che Dio ha verso l’uomo e che il Natale esprime attraverso l’Incarnazione del Figlio di Dio. Nella misura in cui ognuno e il popolo nel suo insieme crescerà in questa fiducia, sentirà questa fiducia di Dio, sicuramente crescerà anche la fiducia tra di noi, il rispetto reciproco e la stima vicendevole. Di questo c’è un grande bisogno, sempre, in modo particolare in questo tempo.

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    Allarme esondazioni in Toscana. Mons. Benotto: colpa dell'uomo

    ◊   Cresce la preoccupazione nelle province di Lucca e Pisa per il livello del lago di Massaciuccoli che già nei giorni scorsi ha rotto gli argini, insieme al fiume Serchio, provocando allagamenti. Nonostante la situazione sia leggermente migliorata, la Protezione civile lancia un nuovo allarme-esondazione per la notte tra giovedì e venerdì prossimi. Pronto il piano di evacuazione per le zone interessate: Viareggio, Camaiore e la Lucchesia. Completamente allagata la zona industriale di Migliarino dove gli sfollati sono stati accolti in strutture alberghiere. Riaperti intanto i tratti delle autostrade A11 e A12, chiusi dal giorno di Natale; resta invece inagibile la statale Aurelia nel comune di Vecchiano. Sulla situazione Luca Collodi ha raggiunto telefonicamente l’arcivescovo metropolita di Pisa, mons. Giovanni Paolo Benotto.

    R. – Forse non si era calcolata la possibilità di uno straripamento del Serchio, provocando tutto quello che è successo. Il Serchio è un fiume a carattere torrentizio che rapidissimamente si gonfia fino alle sponde e altrettanto rapidamente ritorna al livello normale: la gente di fatto, lungo le sponde del Serchio è abbastanza abituata a questi grossi momenti di passaggio di acqua. Fra la notte di Natale e il giorno di Natale, qualcosa forse non ha funzionato: si è trovata tanta gente disposta a dare una mano, anche con la presenza visibile della Protezione civile. Ma c’era anche tanta confusione. Se non c’è immediatamente un coordinamento, è difficile che le cose possano andare nel verso giusto.

     
    D. – Mons. Benotto, oltre ai noti problemi climatici, sembra che ancora una volta l’uomo sia artefice del proprio destino …

     
    R. – A volte l’uomo veramente fa cose non molto responsabili … le sponde del Serchio in tanti luoghi sono piene di detriti, di vegetazione che cresce in maniera selvaggia … Se le cose vengono abbandonate a se stesse, prima o poi, ad un certo punto, succede quel che non dovrebbe succedere! Ci sono case costruite nella golena del fiume! E’ ovvio che ogni volta che il fiume si alza, quelle case vanno sott’acqua! Questo è fuor di dubbio!

     
    Ascoltiamo ora, sempre al microfono di Luca Collodi, il presidente della provincia di Lucca Stefano Baccelli.

    R. – Noi abbiamo avuto grossi problemi come provincia di Lucca con qualcosa come 138 frane su tutto il territorio provinciale. Però il Serchio, tecnicamente, non è esondato: si sono proprio rotti gli argini in tre punti. Due punti sulla provincia di Lucca all’altezza di Santa Maria al Colle, e siamo riusciti però a ricostruire l’argine in tempo utile le nuove piogge. L’altro punto di frattura, che è più grosso ed è di 170 metri, si trova in provincia di Pisa: un’eventuale esondazione può fare a sua volta esondare il lago di Massaciuccoli verso le frazioni di Massarosa e di Viareggio che sono nella provincia di Lucca. Ci stiamo organizzando, ovviamente, rispetto allo scenario più negativo, ovviamente con particolare attenzione alle persone più deboli: disabili, bambini, anziani.

     
    D. – Secondo lei, l’uomo è responsabile in parte di questo dramma?

     
    R. – Guardi, in parte l’uomo è responsabile sì, nel senso che si tratta di fenomeni periodici e non episodici: le frane che si ripetono tutti gli anni, e nonostante gli investimenti importanti che facciamo come enti locali occorrerebbe veramente un salto di qualità del sistema-Paese rispetto alla difesa del suolo. Quindi andrebbero fatti investimenti strutturali, organici per proteggere il nostro territorio e le nostre popolazioni.

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    Migliaia di giovani a Poznan per il pellegrinaggio di fiducia promosso dalla Comunità di Taizé

    ◊   Trentamila giovani, provenienti in particolare dall’Europa ma anche da altri continenti, sono da oggi a Poznan, in Polonia, per partecipare ad una nuova tappa del tradizionale “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” organizzato dalla Comunità di Taizé a fine anno. In programma incontri di riflessione e momenti di preghiera. Il Papa ha inviato per l’occasione un messaggio invitando i giovani ad essere veri testimoni di Cristo per annunciare il Vangelo a quanti cercano Dio talvolta senza neppure saperlo. Ai partecipanti verrà consegnata la “Lettera dalla Cina” del priore della Comunità di Taizé, Frère Alois, appena rientrato dalla terra cinese, dove ha passato tre settimane accanto ai cristiani di questo Paese. Ascoltiamo Frère Alois al microfono di Helene Destombes:

    R. – Avec cette Lettre, je veux…
    Con questa lettera, vorrei rendere più attenti alla situazione della Chiesa in Cina. La Chiesa in Cina è ancora molto piccola e vive con mezzi molto poveri, ma è caratterizzata da un grande dinamismo e i giovani si rivolgono spesso alla religione. I giovani vivono la storia di questo Paese, segnato da così grandi difficoltà, sia per il popolo che per i cristiani stessi. Noi dobbiamo far comprendere che cose nuove ora diventano possibili. Proprio guardando alla realtà della Cina, mi sono detto che noi siamo davvero una sola famiglia umana. Partendo da tutto ciò, la “Lettera dalla Cina” vuole rispondere ad alcune domande: “Come credere oggi? Quali sono le ragioni per credere oggi?”. E’ questo che vorrei riuscire ad approfondire con i giovani durante questa settimana e per tutto l’anno a Taizé.

     
    D. – Essere cristiani in Cina, cosa è più difficile e più doloroso?

     
    R. – Le plus difficile c’est …
    La cosa più difficile è certamente quella di riscoprire un modo “cinese” di vivere la fede, un modo cioè che possa far vivere il cristianesimo a questo popolo, mantenendo le sue radici. Diventare cristiani implica un cambiamento, una conversione, ma ci sono dei valori nella tradizione cinese che sono vicini al cristianesimo. Io penso che questa sia una delle questioni più importanti per il futuro della Chiesa in Cina.

     
    D. – Durante questo incontro saranno affrontati molti temi tra cui: “Dio prende sul serio il dubbio e la ribellione”, “Cosa ne fai della tua libertà?”. Ce ne può parlare?

     
    R. – Beaucoup des jeunes et de moins jeunes…
    Molti giovani ed anche meno giovani, quando si trovano ad affrontare nella loro vita grandi sofferenze – alcune volte sono davvero grandi sofferenze - possono dubitare dell’amore di Dio. Io penso che il Vangelo ci chiami a considerare tutto questo molto seriamente. Certo, soltanto Gesù Cristo può rispondere a questa domanda… Noi non abbiamo assolutamente una risposta a tutto questo. Quando ero in Cina, ho parlato con una donna cristiana che ha vissuto nella sua regione il terremoto e mi ha detto: “Io mi sento come Maria, ai piedi della Croce”. In quel momento non aveva prospettive di speranza. Io credo che la Croce possa parlare ai giovani di oggi che vivono delle sofferenze. Riguardo poi la questione della libertà, credo che non si ponga soltanto in Europa, ma in molti altri Paesi. Soprattutto ora, 20 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, i giovani dell’Europa centrale, dell’Europa dell’Est e degli altri Paesi del mondo devono domandarsi: “Cosa facciamo della nostra libertà?”. Sono passati vent’anni e c’è stato il tempo dell’entusiasmo; ma ora è forse il tempo della perseveranza e soprattutto il tempo della scelta: è necessario scegliere quello che noi vogliamo nella nostra vita!

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    "Un bicchiere di latte per salvare la vita": progetto europeo per la Tanzania

    ◊   Un bicchiere di latte per salvare una vita. E’ la sfida del progetto “Il Seme della Solidarietà” avviato a Njombe, in Tanzania, dal Cefa, il Comitato Europeo per la Formazione e l'Agricoltura. L’iniziativa mira a sconfiggere la malnutrizione ed avviare un modello di auto-organizzazione economica e sociale basato sull’allevamento e la produzione di latte, in uno dei distretti più poveri del Paese. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con il responsabile comunicazione del Cefa, Giovanni Beccari:

    R. – L’iniziativa è nata alla fine degli anni 2000, per volontà della gente del posto, della gente di Njombe, su un altopiano, a 1600 metri; abbiamo visto che c’erano dei pascoli e la popolazione già allevava le vacche zebù. E così abbiamo risposto alla richiesta della gente di aiutarla nel percorso di evitare la malnutrizione con un progetto che potesse avviare l’uso quotidiano del latte. Quindi, dalle normali vacche zebù che fanno due litri di latte al giorno, con delle vacche – sempre di origine africana – che però producono più latte. Oggi gli allevatori di Njombe – siamo nell’ordine di circa 400 allevatori – hanno vacche che producono anche 10 litri di latte al giorno. E così è partito il progetto.

     
    D. – Con il 2007, a Njombe è stata di fatto inaugurata la prima centrale del latte …

     
    R. – Sì. C’era l’obbligatorietà di cercare di diffonderlo, non solo nelle famiglie allevatrici ma anche a tutto il territorio: agli ospedali, agli orfanotrofi, alle scuole, alle famiglie comuni … Teniamo conto che prima si usava soltanto latte in polvere!

     
    D. – Un progetto di fatto internazionale che mira ad un autosostentamento, un’autoproduzione …

     
    R. – La cooperativa che si sta formando è una cooperativa sociale che si chiama “NjoLiFa” – “Njombe Life Stock Farmers Association” – e che è composta tutta da africani che in questo periodo stanno imparando la gestione di questo patrimonio, che è la latteria di Njombe, affinché – noi ci auguriamo – fra tre-quattro anni potranno andare avanti con le loro gambe.

     
    D. – Ricordiamo che, peraltro, questo centro nasce in uno dei distretti più poveri del Sud del Paese …

     
    R. – Sì, la Tanzania ha una zona costiera più ricca e più agiata, ma poi c’è tutta la parte interna, la parte meridionale, quella al confine con il Malawi e con il Mozambico, estremamente isolata e povera.

     
    D. – Possiamo dire quindi che in questo caso una goccia di latte salva la vita …

     
    R. – La salva sì, perché è l’unica cosa che hanno! Quindi, se riescono ad avere latte prodotto dalle vacche africane, prodotto da loro, pastorizzato da loro e commercializzato da loro, è una cosa veramente straordinaria! Oggi c’è solo la polenta, un prodotto molto energetico ma molto povero di proteine. Il latte è esattamente il contrario.

     
    D. – Qual è il vostro appello? E se qualcuno volesse aiutarvi, come può fare?

     
    R. – Bisogna andare a guardare sul sito www.africamilkproject.org facendo un’offerta o un’adozione a distanza delle classi in modo che possiamo dare il latte ai bambini nelle scuole; andando in Africa, in Tanzania, potete partecipare ai viaggi solidali per andare a Njombe a vedere il lavoro che ci si svolge; abbiamo appena realizzato un cd musicale che si intitola “Africa Milk Project”: questo cd si può acquistare e così si può diffondere anche attraverso la musica il messaggio della solidarietà con gli altri.

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    Chiesa e Società



    Indonesia: musulmani bruciano una casa di preghiera cristiana

    ◊   L’attacco da parte di ignoti alla comunità cristiana indonesiana è avvenuto all’inizio di dicembre nel villaggio di Tlogowero, nel sub distretto di Bansari ma solo ieri la polizia ha comunicato con una nota ufficiale il fatto. Il motivo dell’attentato resta ancora sconosciuto ma per gli abitanti dietro ci sarebbe l’avversione e la contrarietà dei musulmani all’esistenza di edifici cristiani costruiti nei loro villaggi. Secondo fonti della polizia l’attacco è avvenuto nella tarda notte, quando un gruppo di persone ha fatto irruzione nella casa di preghiera. Questi hanno distrutto finestre, porte e appiccato un incendio che in poco tempo ha raso al suolo l’edificio. Gli assalitori si sono dileguati quando la casa ha iniziato a bruciare. Finora le autorità si sono limitate a prendere nota dell’accaduto e a compiere indagini superficiali. Nessuna persona informata sui fatti è stata interrogata. Quest’aggressione si aggiunge alla lunga serie di attacchi a danno dei cristiani in Indonesia. L’ultimo risale al 18 dicembre scorso nella reggenza di Begasi. Qui una folla di oltre 1000 persone, tra cui donne e bambini, ha assalito la chiesa di Sant'Alberto. L’edificio, iniziato nel 2008, era ancora in fase di costruzione e la comunità aveva ottenuto per l’edificazione il permesso delle autorità. Restano ignote le ragioni dell’attacco. Segni di distensione tra musulmani e cristiani giungono invece dal villaggio Karangayar situato nel distretto di Wiradesa anch’esso sull’isola di Java. Il 25 dicembre la responsabile del distretto Hajjah Siti Khomariyah  ha fatto visita  alle locali comunità protestante e cattolica per portare gli auguri di Natale. La Khomariyah ha espresso anche il suo personale appoggio ai cristiani per la costruzione degli edifici di culto. “Questa visita ufficiale rafforza le buone relazioni tra cristiani e musulmani”, afferma padre Mardius del distretto di Wiradesa. Il sacerdote aggiunge che il distretto rappresenta un raro esempio di dialogo e buone relazioni tra cristiani e musulmani. (C.S.)

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    Lotta contro la povertà al primo posto tra gli impegni dell’Ue per il 2010

    ◊   Sostenere, incoraggiare, promuovere, collaborare ma soprattutto combattere la povertà: sono alcune delle intenzioni programmatiche dei 27 dell'Ue per il 2010, che è stato proclamato Anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. Il punto di partenza è stato ribadito più volte: “La povertà – si legge in una nota di Bruxelles - è spesso presente nei Paesi in via di sviluppo in cui malnutrizione, fame e mancanza d’acqua potabile rappresentano la grande sfida per la sopravvivenza quotidiana”; eppure, “la povertà e l’emarginazione sociale sono presenti anche in Europa”. Secondo le istituzioni comunitarie, sono almeno 80 milioni – ovvero il 17% della popolazione dei 27 Stati membri – i cittadini che vivono in condizioni materiali di indigenza o di precarietà, alle quali si aggiungono spesso la marginalità sociale, la carenza di istruzione per i giovani, la mancanza di lavoro per gli adulti, l’indisponibilità di un alloggio adeguato o di cure mediche sufficienti. Così, secondo l’Ue, “la povertà e l’esclusione di un individuo contribuiscono alla povertà della società intera”. Il 2010 dovrebbe costituire dunque l’occasione per “rinnovare l’impegno verso la solidarietà, la giustizia e l’inclusione sociale”, pur sapendo che “non vi sono soluzioni miracolose”. D’altro canto, “uno dei valori su cui si fonda l’Unione europea è la solidarietà, un principio particolarmente importante in questo momento di crisi”. Nei documenti preparatori dell’Anno speciale e nelle prime iniziative ad esso collegate, svoltesi a fine 2009, sono già stati posti accenti nuovi che fanno ben sperare: sulla dignità dell’esistenza di ogni singolo individuo, sul soggetto-famiglia, sul ruolo del volontariato che opera in tutta Europa a favore degli “ultimi”. Tra gli impegni che l’Ue indica per il 2010 figurano ad esempio: dare visibilità ai problemi e alle necessità delle persone; incoraggiare il coinvolgimento e l’impegno politico di tutta la società nella lotta alla povertà a livello europeo e locale; coinvolgere i cittadini nella lotta contro l’indigenza e l’emarginazione; collaborare con la società civile e le organizzazioni non governative che operano in tale ambito; promuovere una società che favorisca una buona qualità della vita, il benessere sociale e le pari opportunità. Nei programmi dell’Anno figura anche la lotta contro la povertà infantile, e un’attenzione particolare alle famiglie numerose e a quelle che si prendono cura di un ammalato o di un anziano. Si indicano poi le condizioni dei bambini che, per varie ragioni, vivono negli istituti e, ancora, gli “svantaggi in materia di istruzione e di formazione”, la protezione sanitaria e sociale; l’accesso alla cultura e alle attività ricreative. Infine, si sottolinea il tema dell’“eliminazione della discriminazione e la promozione dell’inclusione degli immigrati e delle minoranze etniche” e l’impegno a favore “delle persone con disabilità e loro familiari, dei senzatetto e di altre categorie o persone in situazioni vulnerabili”. (C.S.)

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    Dal Sudan prime esportazioni di biocarburante verso l’Europa

    ◊   È diretto al porto europeo di Rotterdam, in Olanda, il primo carico di etanolo prodotto per l’esportazione dall’impianto per la fabbricazione di biocarburanti di Kenana, circa 250 chilometri a sud della capitale del Sudan, Karthoum. A darne notizia è la società produttrice di bio-combustibile da canna da zucchero “Kenana Sugar”, aggiungendo che, dopo la prima spedizione da cinque milioni di litri di etanolo, ogni mese saranno inviati in Europa altri cinque milioni di litri, per mezzo di una serie di accordi di cooperazione tra il Sudan e l’Unione Europea (Ue). Tra i principali produttori al mondo di canna da zucchero, il Sudan ha sviluppato quest’anno la filiera per produrre gradualmente fino a 200 milioni di litri di bio-etanolo all’anno, grazie all’entrata in funzione a Giugno scorso di un impianto per l’utilizzazione a fini energetici del residuo organico della canna da zucchero e l’attivazione di una distilleria di etanolo. Molte le organizzazioni che criticano i biocarburanti accusati di ridurre le derrate alimentari e di aumentare la fame nel mondo. In particolare in Sudan sono milioni le persone sottonutrite. (C.S.)

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    Allarme Onu: Somalia diventata zona franca per ogni traffico illecito

    ◊   La Somalia, dal 1991 priva di un governo capace di controllare il territorio e di far osservare le leggi, è diventata una zona franca per le organizzazioni criminali internazionali, che la utilizzano come discarica per i rifiuti tossici e come punto di snodo per i traffici di armi, di droga e di esseri umani. In un recente rapporto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il capo dell’Ufficio dell’Onu per il contrasto alla droga e alla criminalità (Unodc), Antonio Maria Costa, ha affermato che, soprattutto a causa della drammatica situazione in Somalia, la regione dell’Africa Orientale è diventata una libera zona economica per ogni tipo di traffico illecito: droga, migranti, armi, rifiuti pericolosi e risorse naturali, oltre a rimanere la più pericolosa rotta marittima a causa della pirateria. Secondo Costa, ogni anno dalle 30 alle 35 tonnellate di eroina afgana transitano attraverso l’Africa orientale. L’eroina e la cocaina (che attraversa l’Africa occidentale) sono diventate una specie di nuova valuta di scambio tra le organizzazioni criminali e i gruppi di guerriglia e i terroristi che operano nel continente. Il boom della produzione mondiale, passata in dieci anni da 4mila a 8mila tonnellate di eroina ed oppiacei in generale, sta saturando i mercati tradizionali quali Russia e buona parte dell'Europa Occidentale e si sta, quindi, riversando in Africa. Il responsabile dell’Ufficio dell’Onu per il contrasto alla droga e alla criminalità ha sottolineato infine che “una volta l'Africa era sostanzialmente immune dal traffico e dal consumo di droga, oggi sta diventando il nuovo continente di riferimento per i cartelli della droga, proprio a causa della povertà di quei Paesi, della debolezza del sistema giudiziario e della corruzione dei governi”. (C.S.)

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    Niger: gruppo ribelle tuareg depone le armi

    ◊   In Niger hanno finalmente deposto le armi i ribelli tuareg del ‘Front des forces de redressement’ (Ffr, ‘Fronte delle forze di risollevamento’), movimento nato nel Maggio 2008 da una scissione in seno alla principale ribellione tuareg attiva nel nord dal 2007, il Movimento dei nigerini per la giustizia (Mnj). Secondo quanto riporta l’agenzia Misna, si è svolta nei pressi di Arlit la cerimonia ufficiale di resa delle armi alla presenza del generale Mai-Manga Oumara, fedelissimo del presidente Mamadou Tandja e di Rhissa ag Boula, capo del Ffr. Il Fronte aveva avviato colloqui di pace con il governo sotto l’egida della Libia, mediatrice nella crisi tra la ribellione di matrice tuareg e il contestato presidente Tandja, accusato di non fare nulla per lo sviluppo delle comunità del nord e di cattiva gestione dello sfruttamento dell’uranio, i cui giacimenti si trovano anche sulle terre dei cosiddetti ‘uomini blu’. La notizia costituisce un ulteriore progresso verso il ripristino della stabilità della regione settentrionale, dopo il processo di pace in atto tra il governo e l’Mnj e la revoca dello stato di allerta che vigeva nella regione da circa due anni. Progressi di segno opposto all’evoluzione politica nella capitale, Niamey, dove il presidente Tandja è riuscito a far approvare controverse modifiche costituzionali che hanno allargato il suo potere e prolungato il suo mandato, dando inizio a una crisi politica seria e suscitando critiche e sanzioni da parte della comunità internazionale. (C.S.)

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    Giornata per l’Africa: le Pontificie Opere Missionarie chiedono più risorse

    ◊   Sostenere la Chiesa in Africa e soprattutto la formazione delle religiose. E’ questo l’appello lanciato dalle Pontificie Opere Missionarie della Germania (Missio Aachen e Missio München), che in occasione della Giornata dell’Africa che si svolge ogni anno, all’inizio di gennaio, ha indetto una colletta destinata alla formazione di sacerdoti, religiosi e religiose, ma anche laici in Africa. L’anno scorso i fondi raccolti sono scesi di circa 450mila euro per un ammontare totale di circa 1,88 milioni di euro. È questa la causa per cui “Missio” lancia un appello alle diocesi e a tutti i fedeli, affinchè siano più sensibili all’iniziativa della Giornata per l’Africa. Con il motto “Vogliamo dare speranza”, le Pontificie Opere Missionarie in Germania invitano nel 2010 a sostenere in particolar modo la formazione delle religiose in Africa, preziosa per rendere l'istruzione più accessibile. “Soprattutto negli Stati africani che sono contrassegnati da corruzione e malgoverno, la Chiesa spesso è l’unica speranza. Rendere possibile il suo impegno per i poveri, i malati e gli svantaggiati attraverso personale ben formato è lo scopo della Giornata per l’Africa”, sottolineano i direttori nazionali padre Eric Englert Osa (Mission München) e mons. Klaus Krämer (Missio Aachen). La Giornata per l’Africa è la più antica colletta missionaria. Fu introdotta da Papa Leone XIII, nel 1891, originariamente per la lotta contro la schiavitù. Oggi, l’iniziativa sostiene il personale della Chiesa che in Africa lavora per la libertà, la giustizia e la pace annunciando a tutti la Buona Novella. (C.S.)

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    Il vescovo di Tura in India: “San Pio, strumento di missione fra i tribali”

    ◊   La Chiesa della diocesi di Tura, nel nordest dell’India, porta l’annuncio di Cristo grazie all’intercessione di San Pio da Pietrelcina: è quanto afferma, in un colloquio con l’Agenzia Fides, mons. Gorge Mamalessery, vescovo emerito di Tura. Il territorio della diocesi è a carattere montuoso, coperto da foreste e abitato da centinaia di gruppi tribali. Nonostante questo, è stato possibile creare, spiega il presule, un complesso dedicato a San Pio da Pietrelcina a Thakimagre, che comprende una chiesa, una scuola e un ambulatorio di cui beneficiano oltre 300 ragazzi. "San Pio è molto amato dalla gente del posto - prosegue il vescovo di Tura -, nella nostra opera di evangelizzazione, egli è uno strumento e un mediatore efficace e continua ancora oggi a generare nuove conversioni”. I cattolici di Tura sono circa 240mila, perlopiù indigeni e la comunità cristiana continua a registrare nuovi Battesimi. Le popolazioni locali, per la maggioranza di religione animista, “accolgono Cristo e trovano in Dio una fonte di pace e di amore nella relazione con l’altro”, sottolinea mons. Mamalessery. La situazione della diocesi, come quella dell’intero Stato, è di una generale povertà: gli abitanti, per la maggior parte tribali, vivono poveramente e mancano di servizi essenziali come l’istruzione. “La vera emergenza – denuncia il presule all’agenzia Fides- è lo sviluppo della nostra gente, che significa accesso all’istruzione, assistenza sanitaria, emancipazione socio-economica. La Chiesa porta il suo annuncio e la sua missione di servizio integrale alla persona. Per questo la fede è cresciuta molto nella zona e continua a diffondersi soprattutto fra i tribali di etnia 'garo', ma c’è bisogno di interventi più mirati e capillari”. La pastorale della diocesi si esprime attraverso un forte impegno nell’istruzione e nel servizio sociale: “Qui la Chiesa - conclude il vescovo - è la prima agenzia educativa delle popolazioni tribali”. (C.S.)

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    Veglia di Capodanno in Piazza San Pietro per l'unità e la pace nelle famiglie

    ◊   Si svolgerà anche quest’anno in Piazza San Pietro a Roma la veglia per “L’unità e la pace, nelle famiglie e tra le nazioni” giunta alla sua settima edizione. Promossa dal Movimento dell'amore familiare, l'iniziativa ha visto nel 2008, la partecipazione di circa 12mila persone. Il momento di preghiera per il nuovo anno sarà aperto dal cardinale Giovanni Coppa, già nunzio apostolico a Praga, alle 23.30 di giovedì 31 e si protrarrà lungo tutta la nottata, per concludersi alle 7 del mattino del 1° gennaio, insieme alle famiglie del Movimento e al gruppo dei giovani del Don Orione. Ai presenti verrà consegnato un lumino che potrà essere deposto davanti al presepe come segno di luce e di speranza. «La pace – osservano alcuni esponenti del Movimento dell’amore familiare – si costruisce prima di tutto nel cuore di ciascuno, ci si educa poi nelle famiglie con uno stile di rispettosa collaborazione e di attenta valorizzazione di ciascuno, per poi sfociare nella pace tra i popoli e le Nazioni, nell’accoglienza e nel rispetto dei valori di ciascuno per un mondo fraterno». (C.S.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: dura reazione di Teheran contro gli esponenti dell’opposizione

    ◊   Dopo le proteste costate la vita ad almeno 15 dimostranti, fra cui il nipote di Mussavi, uno dei leader dell'opposizione, prosegue la reazione delle forze di governo iraniane contro la contestazione. Arrestata la sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi, e, secondo le ultime testimonianze non confermate dalle autorità, anche l'ex presidente del parlamento, Karroubi. Il servizio di Marco Guerra:
     
    Giornalisti, ex ministri riformisti, attivisti per i diritti umani e semplici sostenitori dell’opposizione. Dopo due giorni di proteste antigovernative, il governo di Teheran stringe il cerchio contro tutti coloro che sono considerati nemici della Repubblica islamica. Fra gli ultimi a finire in manette, Nushin Ebadi, sorella del Premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi. “Lo hanno fatto affinché fermi il mio lavoro”, ha detto l'attivista dei diritti umani da Londra, aggiungendo che al momento non sa dove abbiano portato la sorella. Poche ore dopo, il figlio del leader riformista Karroubi ha riferito ad un sito riformista che il padre è agli arresti domiciliari. Nessuna conferma da parte delle autorità, che intanto continuano a lanciare minacce e moniti verso gli oppositori interni e la comunità internazionale. Il presidente del parlamento, Ali Larijani, ha definito “antirivoluzionari” i manifestanti scesi in piazza domenica scorsa, chiedendo per loro “le punizioni più severe”. Riferendosi agli ex candidati Mussavi e Karroubi, Larijani ha poi detto di aspettarsi che si discostino dalle posizioni dei dimostranti. I pasdaran hanno invece assicurato che la protesta è ormai alla fine e che i responsabili, fra cui la stampa straniera, ne pagheranno i costi. Teheran ha reagito molto duramente anche alle condanne arrivate da vari Paesi occidentali, prendendosela in particolare con la Gran Bretagna e il presidente Usa, Barack Obama. Durissime le parole del ministro degli Esteri Mottaki: “Se Londra non cesserà di dire stupidaggini, riceverà un pugno in bocca”. E l’ambasciatore britannico è stato convocato dal governo per rispondere alle critiche giunte dal suo Paese.

     
    Obama Terrorismo
    La guerra al terrorismo si allarga: oltre all'Afghanistan e all'Iraq, gli Stati Uniti hanno aperto un terzo fronte contro Al Qaida in Yemen. Ad annunciarlo, ieri, il presidente degli Stati Uniti, Obama, dopo il fallito attentato di Natale nel volo Delta-Northwest. Il kamikaze arrestato avrebbe inoltre detto che molti altri come lui sarebbero pronti a colpire sul territorio americano. Da New York, Elena Molinari:

    “Il fallito attentato di Natale ci ricorda gravemente i pericoli che abbiamo di fronte e stiamo facendo tutto il possibile per garantire la sicurezza”: Barack Obama rompe il silenzio e, dopo quasi quattro giorni, si rivolge agli americani dalla sua vacanza nelle Hawaii per calmare il panico sollevato dal riemergere del terrorismo contro gli Usa. “Gli estremisti che complottano contro gli Stati Uniti sappiano che siamo pronti a usare ogni risorsa ovunque contro di loro, in Afghanistan, Pakistan, Yemen o Somalia”, ha affermato il presidente, facendo così intendere che il fronte della guerra al terrorismo continua ad allargarsi. La paura è molto alta negli Stati Uniti e i repubblicani non hanno risparmiato critiche all’amministrazione Obama, chiedendo come sia stato possibile che un aspirante kamikaze si sia imbarcato in aereo con un visto per gli Stati Uniti ed un potente esplosivo addosso, nonostante il suo nome comparisse tra i sospetti terroristi sia in Gran Bretagna che negli Usa. “Il nostro sistema di sicurezza non ha funzionato”, ha ammesso ieri Janet Napolitano, segretario per la Sicurezza Usa, facendo così marcia indietro rispetto alle dichiarazioni rassicuranti dei giorni scorsi e Obama ha già ordinato una completa revisione delle procedure antiterrorismo. Ma occorre fare alla svelta: “Ci sono molti altri come me nello Yemen pronti a colpire”, avrebbe infatti dichiarato all’Fbi Umar Farouk Abdulmutallab, il 23.enne nigeriano che ha tentato di far esplodere una bomba sul volo di Detroit.

     
    Mauritania
    L’Italia non cambierà la propria condotta in Afghanistan. Lo ha detto il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, dopo la rivendicazione da parte di al Qaeda del rapimento della coppia di italiani avvenuto dieci giorni fa in Mauritania. Si tratta di un atto in risposta ai crimini commessi dall’Italia in Afghanistan e in Iraq, ha affermato il gruppo al Qaeda nel Maghreb attraverso un audio messaggio pubblicato ieri dal sito dell’emittente televisiva araba al-Arabiya.

    Pakistan
    Ancora violenza in Pakistan. E’ salito a 43 vittime il bilancio ufficiale dell'attentato kamikaze compiuto ieri a Karachi contro la comunità sciita, in occasione delle celebrazioni dell'Ashura. Al momento, la città è paralizzata dalle proteste delle fazioni sciite che dalla scorsa notte sono scese per le strade distruggendo diverse attività commerciali dei pashtun sunniti e dando alle fiamme decine di macchine. Il ministro dell'Interno pakistano, Rehamn Malik, dubita però che gli incendi siano responsabilità della comunità sciita e parla di schema già pianificato da parte dei talebani.

    Afghanistan
    Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha denunciato la morte di una decina di civili, fra cui alcuni bambini, durante un’operazione della Nato a Kunar, nell’est del Paese, sabato scorso. Nessuna conferma dall’Alleanza Atlantica mentre Kabul ha aperto un’inchiesta. E secondo l’agenzia di stampa afghana Pajhwok, altri quattro civili sarebbero morti ieri sera sempre in seguito a un raid aereo della Nato nella provincia settentrionale di Baghlan. Non sono giunte conferme dalle autorità locali, ma è comunque alto il rischio che alla luce di questi nuovi episodi si creino nuove frizioni con le forze internazionali.
     
    Putin: la Russia deve sviluppare armi offensive
    Destano attenzione nella comunità internazionale le dichiarazioni del premier russo, Vladimir Putin, in merito al nuovo Trattato sul disarmo nucleare con gli Stati Uniti. Il leader del Cremlino ha proposto uno scambio di informazioni con Washington sugli arsenali e i protocolli di difesa dei due Paesi. I particolari nel servizio Giuseppe Damato:

    “La Russia deve sviluppare armi offensive per mantenere gli equilibri e non sviluppare un sistema di difesa anti-missilistica come fanno gli Stati Uniti”: così ha parlato Vladimir Putin in una conversazione con i giornalisti, a margine del suo viaggio a Vladivostock. Mosca non ha ancora digerito l’annullamento unilaterale del Trattato Abm voluto dall’amministrazione Bush: il divieto di creare degli scudi di difesa era uno dei fondamenti della deterrenza durante la Guerra fredda. “Adesso non è più così: con una sorta di ombrello - ha spiegato il primo ministro russo - i nostri partner si sentiranno più sicuri e faranno ciò che vorranno; l’equilibrio sarà quindi infranto”. Il Cremlino ha legato l’accordo per il rinnovo dello Start sulla riduzione degli arsenali nucleari ai sistemi di difesa anti-missilistici: soltanto la rinuncia di Obama in settembre a dispiegare una sua sezione in Europa centrale ha garantito il negoziato che non è ancora concluso. La dichiarazione di Putin potrebbe significare che sono sorte improvvise difficoltà con gli Stati Uniti. “Washington - ha aggiunto Putin - ci fornisca informazioni sul suo scudo e noi daremo quelle sulle nostre armi”.

     
    Medio Oriente
    Il premier israeliano, Netanyahu, è arrivato questa mattina al Cairo per parlare con il presidente egiziano, Mubarak, della ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi. Il dibattito è centrato sull’espansione degli insediamenti ebraici a Gerusalemme est, dopo lo stop chiesto da Unione Europea e Stati Uniti. Ieri, Netanyahu ha dichiarato che “i tempi sono ormai maturi” per rilanciare negoziati con il presidente dell'Anp, Abu Mazen. Si è invece mostrato molto cauto sulle prospettive di una intesa con Hamas per uno scambio di prigionieri.

    Cina: eseguita condanna a morte cittadino britannico
    L’esecuzione del cittadino britannico condannato in Cina per traffico di droga è avvenuta stamattina per iniezione letale, nonostante i numerosi appelli alla grazia da parte della comunità internazionale. Pechino ha ribadito il pieno rispetto delle regole e ha respinto le accuse di Londra che aveva chiesto clemenza per l’instabilità mentale dell’uomo. Il primo ministro britannico, Gordon Brown, si è detto "scandalizzato". Un episodio, questo, che potrebbe aggravare i rapporti fra la potenza asiatica e l’Occidente su un tema fondamentale come quello della salvaguardia dei diritti umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Francesco Sisci corrispondente a Pechino del quotidiano La Stampa:

    R. - Certamente, questa vicenda arriva in un momento estremamente delicato, anche perché proprio pochi giorni dopo la condanna a 11 anni di prigione del dissidente Liu Xiaobo rafforza l’idea che la Cina stia stringendo la corda intorno a quelli che sono i diritti umani. D’altro canto, bisogna pensare che questo caso è estremamente pesante per la legge cinese: se cioè fosse stato un cinese ad essere accusato ed arrestato per traffico di eroina, la sua condanna a morte sarebbe arrivata molto prima.

     
    D. - Vi è in Cina un dibattito aperto sulla pena di morte?

     
    R. - C’è un dibattito molto forte e negli ultimi anni c’è stata una diminuzione delle pene di morte e anche un restringimento dei casi in cui la pena di morte è applicata. C’è soprattutto una scuola di giuristi, tra l’altro - che hanno studiato spesso in Italia - che dicono che la pena di morte in realtà è controproducente, perché massimizza il crimine senza essere un vero freno contro la criminalità. Certo è che questa posizione a livello ufficiale è ancora molto minoritaria e il traffico internazionale di droga, eroina in questo caso, che passa dall’Asia centrale e transita per la Cina introducendovi l’eroina è una cosa che spaventa molto il Paese, perché ricorda il traffico di oppio dell’Ottocento. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 363
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