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Sommario del 25/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Messaggio natalizio del Papa: la Chiesa non teme di offrire, anche tra attacchi e persecuzioni, il Bambino Gesù, mistero di amore e di luce
  • Benedetto XVI alla Messa della Notte: abbandonare egoismo e violenza. Il Papa, spintonato da una squilibrata, cade e si rialza. Il cardinale Etchegaray si frattura il femore
  • Il Papa accende il lume della pace all'inaugurazione del Presepe in Piazza San Pietro. Il cardinale Comastri: Gesù ha portato nel mondo la rivoluzione dell'amore
  • Oggi in Primo Piano

  • Natale nel mondo: l'appello di pace da Betlemme e la paura in Iraq per le violenze anticristiane
  • Chiesa e Società

  • Vietnam. Natale di carità per i cattolici della diocesi di Lang Son
  • Il cardinale Tettamanzi presiede la Messa natalizia nel carcere milanese di San Vittore
  • Gli auguri multimediali del presidente dei vescovi d’Australia
  • Il presidente della Caritas Argentina: il Natale cancelli l'indifferenza verso i poveri
  • Natale fra le montagne del Malawi: ai bambini in dono una scuola
  • Repubblica Centrafricana: l’acqua della pace, dono di Natale in un villaggio stremato dalla guerra
  • In Sud Corea, un albero di Natale con oggetti riciclati richiama l'essenzialità della fede
  • I 60 anni della Pontificia Missione per la Palestina
  • A Roma, il presepe vivente della Comunità Missionaria di Villaregia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Messaggio natalizio del Papa: la Chiesa non teme di offrire, anche tra attacchi e persecuzioni, il Bambino Gesù, mistero di amore e di luce

    ◊   La Chiesa non ha paura, anche nelle situazioni più difficili, nelle persecuzioni e negli attacchi, perché la sua forza è il Bambino Gesù, mistero di amore e di luce che vuole donare al mondo intero: è quanto ha detto oggi il Papa, in una giornata nuvolosa, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana nel suo tradizionale Messaggio nella Solennità del Natale del Signore, trasmesso in mondovisione. Migliaia i fedeli presenti in Piazza San Pietro che hanno espresso con entusiasmo al Pontefice tutto il loro affetto. Benedetto XVI ha quindi rivolto gli auguri in 65 lingue e impartito la Benedizione “Urbi et Orbi”. Il servizio di Sergio Centofanti.

    “La luce che promana dalla grotta di Betlemme - afferma il Papa - risplende su di noi”, ovvero “la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore”. All’inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel ‘noi’ era quasi invisibile agli occhi degli uomini: oltre a Maria e a Giuseppe c’erano solo pochi umili pastori:

     
    “La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt’intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera ‘che illumina ogni uomo’ (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell’intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio”.
     
    La Verità e l’Amore – ha proseguito – “si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme” per portare quella luce all’intera umanità, “anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato”:

     
    “Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: ‘Andiamo fino a Betlemme’ (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza”.
     
    Il Papa guarda alla Chiesa che vive nel mondo:

     
    “Il ‘noi’ della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica”.
     
    Il pensiero del Papa si volge poi “alla tribolata situazione in Iraq” e al “piccolo gregge di cristiani” che vive in questa regione:

     
    “Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino”.
     
    Non manca un riferimento alla Chiesa che opera “in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace”. Quindi guarda verso l’Africa:

     
    “Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente”.
     
    Invita tutti “alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli”. C’è poi la Chiesa in Occidente:

     
    “In Europa e in America settentrionale, il ‘noi’ della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate”.
     
    Parlando dell’America Latina, ribadisce l’impegno della Chiesa ad aiutare l’Honduras “a riprendere il cammino istituzionale”:

     
    “In tutta l’America Latina il ‘noi’ della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità”.
     
    “Fedele al mandato del suo Fondatore – ha aggiunto il Papa - la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente”:

     
    “Davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza. In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile, che – anzi – le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore”.
     
    Infine il Papa, come da tradizione, ha pronunciato gli auguri di Natale in varie lingue, quest’anno 65, una in più dell’anno scorso, il kazako. All’Italia, ha rivolto questo augurio:

     
    “La nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale. Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono”.
     
    (applausi)

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    Benedetto XVI alla Messa della Notte: abbandonare egoismo e violenza. Il Papa, spintonato da una squilibrata, cade e si rialza. Il cardinale Etchegaray si frattura il femore

    ◊   “Dio è importante, la realtà più importante in assoluto della nostra vita”: così il Papa ieri sera, durante l’omelia per la Santa Messa di Natale, celebrata nella Basilica Vaticana. Al centro delle parole di Benedetto XVI, anche l’invito ad abbandonare l’egoismo, a guardare all’umiltà di Dio e ad imitarlo, rinunciando alla violenza e usando solo le armi della verità e dell’amore. All’inizio della celebrazione, durante la processione di ingresso, una donna squilibrata si è avvicinata al Papa. Come rende noto Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, “tale Susanna Maiolo, di 25 anni, di cittadinanza italiana e svizzera, ha superato la transenna e, nonostante l’intervento della sicurezza, è riuscita a raggiungere il Santo Padre e ad afferrarne il pallio, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo scivolare a terra”. ”Il Papa - continua la nota - ha potuto prontamente rialzarsi e riprendere il cammino e tutta la celebrazione si è svolta senza alcun altro problema”. Purtroppo nel trambusto, “il cardinale Etchegaray è caduto, riportando la frattura del collo del femore. È stato ricoverato al Policlinico Gemelli, le sue condizioni sono buone, ma dovrà essere sottoposto a operazione nei prossimi giorni”. La Maiolo, riferisce ancora Padre Lombardi, “non era armata, ma manifesta segni di squilibrio psichico, ed è stata ricoverata in una struttura sanitaria, per essere sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio”. Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha espresso al Papa la sua affettuosa solidarietà per l'accaduto. Ma torniamo alla Messa di ieri con il servizio di Isabella Piro:

     
    (Adeste fideles)

     
    “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”: le parole del profeta Isaia il Papa le pronuncia all’inizio della sua omelia, per ricordare che è Natale a tutto il mondo. Un mondo che, continua il Pontefice, deve essere vigilante, come i pastori che andarono a Betlemme. Un mondo che deve svegliarsi, ovvero uscire “dal mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti”:

     
    "Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza".
     Oggi, continua il Papa, la nostra maniera di “pensare ed agire”, “la mentalità del mondo odierno” riducono la sensibilità verso Dio, ci rendono come “privi di orecchio musicale per Lui”. Tuttavia, ricorda Benedetto XVI, “in ogni anima è presente l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo”.

     
    Poi, il Santo Padre si sofferma sul versetto del Vangelo di Luca, in cui si dice che i pastori “si affrettarono” verso Betlemme. Un atteggiamento che non si ritrova nel mondo di oggi, in cui Dio si trova spesso “quasi all’ultimo posto nell’elenco delle priorità”. Ma il Vangelo dice: Dio ha la massima priorità:

     
    "Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori. Da loro vogliamo imparare a non lasciarci schiacciare da tutte le cose urgenti della vita quotidiana. Da loro vogliamo apprendere la libertà interiore di mettere in secondo piano altre occupazioni – per quanto importanti esse siano – per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo. Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane".
     
    “Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente”, continua Benedetto XVI, e il cammino verso Dio è molto lungo, come quello che dovettero compiere i sapienti per andare a Betlemme. Ma il Signore va incontro ad ogni uomo:

     
    "Per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno. (…)Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui".

     
    Nella notte di Natale, afferma il Santo Padre, c’è una novità: “la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne” in un bambino avvolto in fasce:

     
    "Il segno di Dio, il segno che viene dato ai pastori e a noi, non è un miracolo emozionante. Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore. Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio".

     
    Il Signore possiede “il potere e la Bontà”, continua il Papa, e soprattutto ci invita a diventare simili a Lui:
     
    "Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore".

     
    “Paganesimo è mancanza di sensibilità – ribadisce il Santo Padre – significa un cuore di pietra incapace di amare e di percepire l’amore di Dio”. Cristo, invece, vuole darci “un cuore di carne”. Egli “viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani”, conclude Benedetto XVI. Apriamo allora i nostri cuori davanti a Dio divenuto bambino.

     (Tu scendi dalle stelle)

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    Il Papa accende il lume della pace all'inaugurazione del Presepe in Piazza San Pietro. Il cardinale Comastri: Gesù ha portato nel mondo la rivoluzione dell'amore

    ◊   Con l’accensione del lume della pace posto sulla finestra del suo studio e la benedizione dei fedeli, il Papa ha concluso ieri sera la cerimonia di inaugurazione del Presepe di Piazza San Pietro. Le 15 statue, che rappresentano la scena della Natività, provengono in gran parte dal Presepe allestito da San Vincenzo Pallotti nel 1842 nella Basilica romana di Sant’Andrea della Valle. Durante la cerimonia, il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano, ricordando che Gesù ha portato nel mondo la rivoluzione dell’amore ha invitato tutti a entrare simbolicamente nell’umiltà della Grotta di Betlemme abbattendo i muri dell’orgoglio. Presente all’inaugurazione anche il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato: a lui, Davide Dionisi ha chiesto quali siano le caratteristiche del presepe di quest’anno:

    R. – Quest’anno il Presepe si raffigura come una umile grotta, aperta ai pastori ai quali l’Angelo aveva dato un segno: un bambino avvolto in fasce in una mangiatoia. Vi sono poi due simboli laterali, uno che si riferisce alla realtà essenziale di Cristo, il fuoco e l’acqua, simbolo della vita eterna, che è Lui stesso, il Verbo incarnato; l’altro rappresenta una rimessa di pescatori e si riferisce alla missione data da Cristo agli Apostoli chiamati a diventare pescatori di uomini.

     
    D. – Il Santo Padre ha sottolineato che il Presepe è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia …

     
    R. – Il segreto della vera gioia è donarsi con amore. Una grande gioia c’è, per esempio, quando uno si sente chiamato ad una grande missione ed avverte che la può compiere con tutte le proprie forze. Ognuno dei personaggi del presepe – Gesù, Maria, Giuseppe, i pastori, i Magi – sono l’espressione di una tale vocazione e di una tale missione alla luce dell’amore di Dio per noi. L’amore di Dio rende oro anche la paglia!

     
    D. – Oggi più che in passato il Presepe può rappresentare un simbolo di riconciliazione, di dialogo soprattutto in un periodo in cui i segni cristiani non sempre vengono accolti con favore …

     
    R. – Non vengono accolti con favore perché non vengono compresi nel loro significato, che è sempre di apertura verso ogni uomo, senza distinzione. Essi vengono, al contrario, caricati di significati di esclusione o di contrapposizione: Dio, la Chiesa, dicono a tutti: “Noi siamo vostri fratelli!” e il Presepe lo dimostra. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Oggi in Primo Piano



    Natale nel mondo: l'appello di pace da Betlemme e la paura in Iraq per le violenze anticristiane

    ◊   Migliaia di pellegrini sono giunti in Terra Santa per celebrare il Natale nei luoghi di Gesù. Il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal - nella Messa della Notte nella Basilica della Natività a Betlemme - ha detto che “il regalo più bello” per israeliani e palestinesi, “al di sopra di denaro e ricchezza, è la pace”. Stamani la Messa del Giorno di Natale. Da Betlemme il servizio di Sara Fornari:

     
    E’ tornato il Natale, a Betlemme. Intorno alla Basilica della Natività, le tenebre della notte sono state squarciate da luminosi canti di speranza e di gioia. Centinaia di pellegrini, a piccoli gruppi, hanno avuto la grazia di celebrare Messe, fino al mattino, nelle grotte sottostanti l’antica Basilica e nel Campo dei pastori. Mentre nella chiesa di Santa Caterina, adiacente la Basilica della Natività, erano almeno 2.500 i fedeli riuniti per la Messa della Notte, una liturgia solenne, in latino, che è stata presieduta dal patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, e concelebrata con la comunità francescana, e più di 70 sacerdoti. Un’assemblea riunita da tutte le nazioni della terra, venute ad adorare Gesù, nel luogo della sua nascita, a cui ha preso parte anche il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas. A tutti, il patriarca ha dato il benvenuto, “a nome del Bambino di Betlemme, e a nome di coloro che gli sono simili: i molti bambini nati senza casa o che si trovano nei campi profughi”. “Desideriamo tanto che questa salvezza possa continuare a realizzarsi nell’oggi di Dio, a partire da questa città, da questa grotta e dalla mangiatoia verso cui ci dirigeremo portando in processione il bambino divino!”, ha proseguito mons. Twal, che ha ripetuto l’annuncio: “Il nostro Signore e Salvatore nasce oggi, di nuovo, in mezzo a noi. La parola oggi, rivolta dal Cielo alla Terra più di duemila anni fa, si rivolge allo stesso modo al nostro oggi’, e all’oggi degli uomini di ogni tempo, perché Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre’” (Eb 13,8). Il patriarca ha sottolineato come l’umiltà del Verbo di Dio divenuto carne è per noi un’esortazione costante e un farmaco contro l’orgoglio. Se Dio si è fatto il più povero tra i poveri e il più bisognoso tra i bisognosi, “per avanzare nel nostro cammino verso la felicità eterna” non c’è altra via da seguire, ha spiegato mons. Twal che ha ricordato che i problemi finanziari di oggi derivano dal fatto che il mondo ha dimenticato i poveri. “Il Natale è, e sarà sempre, un grido che turba la coscienza del mondo materialista”, che “finisce per arricchirsi a scapito dei poveri”. A nome di tutti i concittadini di Gesù, il patriarca ha chiesto ai credenti del mondo intero di pregare per la Terra Santa, “una terra che soffre e che spera”, i cui abitanti vivono come fratelli nemici tra loro. Una terra che meriterà davvero di essere chiamata santa solo quando in essa si respireranno la libertà, la giustizia, l’amore, la riconciliazione. Due dolorose domande restano sospese, nell’omelia del pastore della Chiesa latina: come possiamo sperimentare la gioia del Natale, vedendo ripetersi il dramma che accompagnò la nascita storica di Cristo? Come vivere la gioia e la festa, mentre commemoriamo il primo anniversario della guerra e della tragedia di Gaza? Egli ha però proseguito: “Tutto ciò non ci impedisce di cantare e invocare il Salvatore: ‘Se tu squarciassi i cieli e scendessi!’. Signore, Tu sei l’Emmanuele, il ‘Dio con noi’ (Mt 1,23). Tu solo puoi condurre al tuo presepe, attraverso la stella e la Tua grazia, gli uomini in conflitto, i capi e i governanti che hanno il potere di decidere e di tenere in mano il destino degli uomini. Fa’ che tutti possano conoscere il messaggio del Natale, un messaggio che insegna l’umiltà e che ridona all’uomo la sua dignità di figlio di Dio”. Il patriarca ha concluso invocando insieme a tutti gli uomini di buona volontà, “la pace di Dio, fondata sulla giustizia e sulla dignità umana. (…) Ci sia concesso di poter riconoscere in ogni uomo, donna o bambino, il Volto di Gesù, figlio di questa terra, nostro concittadino, che disse: Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio’” (Mt 5,5;7;9).

     
    Vigilia di Natale di sangue, ieri, in Iraq, dove 27 persone sono rimaste uccise in tre attentati in diverse zone del Paese. In particolare la tensione resta alta a Mosul dove ieri è stato ucciso un altro cristiano. È il settimo attacco nell’ultimo mese: la polizia irachena, infatti, ha messo in guardia la popolazione cristiana contro il pericolo di attentati durante le festività e tutte le chiese sono sorvegliate da agenti. Ma quale significato ha questo Natale in Iraq? Lo abbiamo chiesto a mons. Philip Najim, procuratore caldeo a Roma:

    R. – Questo Natale deve avere un significato molto importante nella vita prima di tutto del cristiano, ma anche per tutto il popolo iracheno perché tutto il popolo dell’Iraq soffre dei danni della guerra. Questo Natale porta una speranza grande, porta una gioia grande!

     
    D. – Quale scena di speranza dovrebbe proporre una cartolina natalizia dall’Iraq?

     
    R. – Questa scena di speranza dipende soprattutto dai politici che attualmente governano il Paese. Sono loro che devono garantire il diritto alla sicurezza di ogni cittadino. Sono loro che devono cercare di ricomporre l’unità nazionale della quale noi oggi abbiamo bisogno. La nostra vocazione religiosa è nata nella terra dell’Iraq e per noi cristiani il Bambin Gesù è segno di speranza, di salvezza dall’amarezza quotidiana e dal sangue che ogni giorno vediamo spargersi nelle strade di Baghdad, di Mosul e nel resto dell’Iraq. Il Bambin Gesù è nato proprio per la popolazione di tutto il mondo e quindi la salvezza non è solo per i cristiani, è per tutto il mondo. E’ una salvezza di pace, di carità, di amore … Questi sono gli elementi importanti del Natale che il popolo iracheno, oggi, deve applicare quotidianamente nella sua vita e nel suo cammino verso la pace, verso l’amore e la carità.

     
    Restiamo in Asia: i talebani hanno diffuso oggi un nuovo video del soldato americano catturato sei mesi fa in Afghanistan. Nel filmato il militare esorta gli Stati Uniti a ritirarsi dal Paese e cita la guerra in Vietnam. La notizia arriva all’indomani del messaggio di auguri che il presidente afghano Hamid Karzai aveva rivolto alle forze militari straniere e ai volontari civili che stanno trascorrendo il Natale in Afghanistan lontani dalle loro famiglie.

    Ancora violenze anche in Pakistan, dove questa mattina sconosciuti hanno aperto il fuoco contro un posto di blocco della polizia nella periferia di Peshawar, causando la morte di due agenti.

    Dalla Cina arriva invece la notizia della condanna a 11 anni di carcere per “istigazione alla sovversione” del dissidente Liu Xiaobo, veterano della protesta di piazza Tienanmen e promotore di un documento che propone l’instaurazione nel Paese di un sistema politico democratico. E come in Cina anche in Thailandia la piccola minoranza cristiana celebra il Natale: a Bangkok, la luce di Gesù Bambino arriva anche tra le baraccopoli, come riferisce il missionario cappuccino fra Giovanni Cropelli:

    R. – In Thailandia, i cattolici sono pochissimi, sono lo 0,2 per cento della popolazione. La maggioranza è buddista. Per quanto riguarda le comunità cattoliche, c’è il desiderio di accogliere il Natale …

    D. – Con il Natale si celebra la nascita del Signore: c’è la nascita di qualche iniziativa particolare che voi cappuccini volete sottolineare?

     
    R. – Noi missionari ci troviamo in un convento di formazione, per cui è stato importante aiutare i nostri giovani ad entrare proprio in questo clima di gioia, di incontro con il Signore. E poi c’è l’esperienza di condivisione con la gente. Viviamo questa esperienza natalizia anche andando negli slum di Bangkok, nelle baraccopoli, cercando di portare questa esperienza a questa gente che comunque è in ricerca. Anche tantissimi buddisti sono colpiti dalla figura di Gesù! E poi il giorno di Natale, insieme con i nostri giovani in formazione, andiamo a visitare alcune tribù del Nord, vicino alla Birmania, condividendo con loro momenti importanti della vita quotidiana. In particolare la Santa Messa, perché molti di questi villaggi non hanno la possibilità di avere i sacerdoti. E’ un Natale molto bello. Auguro che tutti possano accogliere l’altro così come è, senza pretendere che cambi. Si deve amare l’altro e proprio amandolo si può davvero incontrare questa misericordia.

     
    Nei Paesi più poveri dell’Africa, dove ci sono poche possibilità per cedere al consumismo, resta intatto lo spirito originale del Natale, come sottolinea padre Apolinar Rodriguez, missionario saveriano in Mozambico:

    R. – Grazie a Dio non c’è il consumismo che invece si riscontra in Europa o in America dove si assiste alla propaganda del Natale. Questa ‘propaganda’ non è ancora arrivata in Mozambico. Tutto rimane nell’ambito religioso grazie a Dio! La comunità cristiana del Mozambico è tanto felice, soprattutto per Dio che si incarna, che si rende presente in mezzo a noi.

     
    D. – Il popolo africano come accoglie la nascita del Signore? C’è la voglia di partecipare attivamente e sempre alla vita della Chiesa, non solo a Natale?

     
    R. – Sì. C’è una partecipazione bella, ricca di gioia, perché vivono le festività religiose – il Natale, la Pasqua, il Corpus Christi – preparandosi alla vita quotidiana della Chiesa.

     
    In America Latina la nascita di Gesù è attesa con particolare gioia ed entusiasmo. L’immagine del Natale è spesso riflessa nel Presepe, talvolta espresso con alcune varianti. Ce lo racconta Padre Siro Brunello, missionario saveriano in Brasile:

    R. – Qui è estate, fa caldo e quindi il Presepe, rappresentato secondo i canoni europei, non ha senso! Così, insieme con i nostri cristiani, ho pensato il Presepe nella chiesa di San Giuseppe calandolo nella realtà amazzonica. Per esempio nel nostro Presepe il Bambino non nasce in una grotta. Nasce su un’amaca, appesa tra due palme. Vicino ci sono San Giuseppe, la Madonna ed i pastori. Poi c’è un grande fiume e ci sono le persone delle isole che vengono a visitare il Bambino Gesù con i loro doni. Arrivano con la frutta, con la canna da zucchero, con prodotti locali.

     
    D. – Quindi cambia il contesto ma sicuramente non cambia il messaggio. Quale significato ha il Natale per la comunità cristiana brasiliana?

     
    R. – Il Natale fa del mondo una famiglia, riunisce il mondo nello stesso sentimento e quindi sentire la nascita di questo Bambino aiuta tutti noi a sentirci uniti agli italiani, ai francesi, agli africani e a tutti coloro che in questo giorno celebrano la nascita del Bambin Gesù. Auguri per tutti, pregate sempre per noi missionari che ne abbiamo tanto bisogno! Non dimenticateci!

     
    In Italia il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale, invita a non cedere alla sfiducia e all’odio che si radicano dove ci sono sentimenti di solitudine e abbandono. Un messaggio che risuona anche a Castel Volturno, comune in provincia di Caserta segnato dal dramma della camorra, dove è particolarmente numerosa la comunità di immigrati, soprattutto africani, e dove il Natale è dunque anche un’occasione per unire mondi e culture diverse, come ci riferisce il missionario comboniano padre Giorgio Poletti:

    R. – Sono 15 anni che celebriamo il Natale a Castel Volturno con la comunità di immigrati. Cerchiamo di fare una celebrazione che accomuni tutte le nazionalità. Qualche volta ho avuto l’impressione di vivere veramente la Pentecoste, di vedere mondi così lontani che si incontrano attorno all’altare e celebrano l’Eucaristia. Le lingue si trovano d’accordo nell’unica lingua che è quella di condividere l’Eucaristia nella memoria del Signore Gesù.
     
    D. – Quale è la differenza tra l’essere missionario in Africa e, invece, essere missionario in Italia per gli africani?

     
    R. – Ci sono problemi diversi. Io ho vissuto in Mozambico per vari anni ma, nonostante i problemi della fame e della morte, il tessuto sociale era come un vestito tutto strappato sul quale noi missionari, e anche altri, cerchiamo di mettere delle toppe. Purtroppo, a Castel Volturno non c’è il vestito e, quindi, tutto quello che si fa non trova un sostegno. Bisogna allora credere che il bene che si fa darà risultati, darà frutti.

     
    Ci sono infine Paesi dove il Natale si deve ancora celebrare. Ce ne parla Padre Andry, missionario salesiano in Ucraina:

    R. – Il Natale in Ucraina viene festeggiato il 7 gennaio secondo il calendario giuliano e quindi la cena di Natale si fa il 6 gennaio. Ci sono varie tradizioni per la celebrazione della Vigilia di Natale: ad esempio, quando appare la prima stella in cielo, il padrone di casa porta solennemente a casa un mazzo di spighe di grano insieme al fieno. Al centro del tavolo si mettono poi tre candele: la prima si accende per i morti, la seconda per i vivi e la terza per i non ancora nati. Dopo, il capofamiglia legge il brano del Vangelo che racconta la nascita di Gesù. Quindi tutta la famiglia insieme recita una preghiera. Dopo la preghiera, si divide un pane tra tutti i membri della famiglia e si consuma un pasto composto da dodici portate. La porta di casa, durante la cena, non si chiude in modo che tutti si sentano invitati a cena.

     
    D. – Qual è l’auspicio della comunità cattolica ucraina per questo Natale?

     
    R. – Che sia un Natale di speranza, di pace, che porti uno sviluppo più stabile nel Paese. Ci stiamo preparando anche alle elezioni presidenziali: la gente vorrebbe che questo Natale riempia di gioia e porti un po’ di speranza, la comunione tra le Chiese e maggiore stabilità per il Paese … (Interviste realizzate da Amedeo Lomonaco; notizie a cura di Roberta Barbi)

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    Chiesa e Società



    Vietnam. Natale di carità per i cattolici della diocesi di Lang Son

    ◊   E’ vissuto nel segno della carità verso i poveri e i bisognosi il Natale dei cattolici nella diocesi vietnamita di Lang Son: più di seimila fedeli, distribuiti su un territorio di oltre 25 km quadrati, abitato da circa 1,5 milioni di persone appartenenti a diverse e povere minoranze etniche montagnard. Guidati dal vescovo Dang Duc Ngan, insieme a 13 sacerdoti diocesani, 6 missionari e 28 suore, i cattolici di Lang Son sono impegnati in attività missionarie fatte di piccoli gesti di carità quotidiana che con l’approssimarsi del Natale raggiungono le case di tutti i fedeli. In particolare quelle dei cattolici della provincia di Ha Giang, 30 famiglie che vivono a più di 400 km dalla sede vescovile, per le quali il Natale significa anche poter contare sull’aiuto della comunità e dei sacerdoti. La Caritas diocesana – informa Asianews - ha da tempo avviato progetti per sostenere i fedeli, e non solo delle zone più remote, attraverso l’invio di medicine nei presidi medici, la distribuzione di libri e borse di studio agli studenti bisognosi, di riso, vestiti, medicine, acqua potabile e zanzariere ai poveri, e attraverso la realizzazione di pozzi per portare acqua potabile nei villaggi dove gli abitanti sono costretti a fare anche 15 chilometri per raggiungere acquedotti. La Chiesa ha dato vita inoltre a progetti di microcredito che permettono agli abitanti dei villaggi di acquistare capi di bestiame o galline e capre con cui contribuire al miglioramento dell’economia familiare. (C.D.L.)

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    Il cardinale Tettamanzi presiede la Messa natalizia nel carcere milanese di San Vittore

    ◊   “La giustizia autentica é una virtù che deve essere coltivata da tutti e riguarda tutti”. Così l'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, questa mattina, nell’omelia tenuta durante la tradizionale Messa di Natale nel carcere di San Vittore. Il porporato ha evidenziato come gli stessi carcerati “sentono viva la realtà di una giustizia autentica perché la sentono sulla propria pelle, non la rifiutano, perché chi é consapevole di un errore, di uno sbaglio, di un'offesa fatta alla società, sa che la pena è dovuta e che è proporzionata con la gravità di quanto commesso”. Rivolgendosi ai detenuti, il cardinale Tettamanzi ha poi ricordato che è possibile coltivare una giustizia autentica anche in carcere. Al termine della visita nella struttura, l’arcivescovo di Milano ha espresso la propria contrarietà circa le condizioni abitative di tante celle, che ha definito “offensive della dignità umana”. “Penso che tutti – ha rimarcato - e non solo il sistema generale delle carceri, ma anche le persone che in qualche modo devono sentire il carcere non come un corpo estraneo alla vita sociale, devono fare qualcosa in più perché queste condizioni siano davvero migliorate”, giacché i carcerati desiderano “essere trattati in questo cammino faticosissimo della loro vita nel rispetto della dignità umana”. (C.D.L.)

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    Gli auguri multimediali del presidente dei vescovi d’Australia

    ◊   Ha scelto quest’anno il canale You Tube per augurare ai fedeli un felice Natale. Gli auguri multimediali arrivano dall’arcivescovo di Adelaide e presidente dei vescovi australiani, mons. Philip Wilson. Nel messaggio diffuso su internet – si legge in una nota del Sir - il presule ha ribadito “l’importanza del Natale come dono della presenza di Gesù e come riscoperta di impegno verso le persone che soffrono”. “Il fascino di questa festa – ha detto – (…) risiede nel grande mistero della nascita che introduce una nuova vita nella storia del mondo”. E a simboleggiare la “rigenerazione della vita” che la venuta di Gesù porta nella storia dell’uomo, mons. Wilson ha raccontato la storia di due bambine, gemelle siamesi, Krishna e Trishna, provenienti da un orfanotrofio in Bangladesh e separate grazie ad un intervento chirurgico effettuato pochi giorni fa a Melbourne, capitale del Paese. Nel messaggio augurale non è mancato infine un cenno al recente meeting di Copenaghen sui cambiamenti climatici. Riprendendo il monito di Benedetto XVI ai potenti del mondo, mons. Wilson ha auspicato che “le persone si trattino tra di loro con più rispetto in modo da poter finalmente portare pace”. (C.D.L.)

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    Il presidente della Caritas Argentina: il Natale cancelli l'indifferenza verso i poveri

    ◊   “Senza Gesù, Natale non è Natale”: queste le parole di mons. Fernando María Bargalló, presidente della Caritas Argentina, contenute nell’editoriale pubblicato sul bollettino “Tracce di speranza”, in occasione del Santo Natale. Il presule ha esortato i fedeli ad allestire il presepe nelle proprie case e a raccogliersi in silenzio davanti a Gesù Bambino. “La fragilità del Bambinello nel presepe – ha scritto mons. Bargalló – ci esorta a guardarci intorno, con occhi nuovi e con il cuore aperto, per vedere la realtà di tanti altri bambini che, come Gesù, nascono in condizioni di estrema povertà, dimenticati da gran parte della società, e le cui famiglie lottano per superare l’esclusione, che marchia la loro dolorosa condizione”. Quindi, il presidente della Caritas Argentina ha ricordato che “prendendo il posto del più povero e del più piccolo, Gesù ci vuole toccare il cuore al punto tale da sradicare dalle nostre vite ogni tentazione di indifferenza e di passività”. D’altro canto - ha aggiunto – “come cristiani e membri della Caritas, dobbiamo concentrarci sul vero significato della nascita di Gesù a Betlemme, ovvero il fatto che Dio viene in mezzo a noi per donarci il suo amore e la sua misericordia”. Mons. Bargalló ha sottolineato, in particolare, “la gratuità dell’iniziativa di Dio che ci riempie di speranza. La sua vicinanza è espressione della sua Alleanza definitiva con l’umanità. Gesù non ci inganna mai. È attento ai nostri bisogni, ci ascolta, ci comprende, ci perdona e ci spinge ogni giorno ad intraprendere il nostro cammino senza arrenderci”. Quindi, si legge ancora nell’editoriale, “rendendoci figli del suo stesso Padre, Gesù vuole che anche noi trasmettiamo il suo amore attraverso i gesti, gli atteggiamenti, le parole. Egli desidera che, seguendo i suoi passi come veri discepoli, andiamo incontro a coloro che soffrono e diventiamo il balsamo di fraternità e di amore per le loro vite”. Infine, il presidente della Caritas Argentina ha concluso: “Dio rende possibile la speranza” ed ha augurato a tutti un felice Natale, con l’auspicio che nel Nuovo Anno “possiamo raggiungere insieme la pace e l’unità che tanto desideriamo nella società”. (Aica – PIRO – C.D.L.)

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    Natale fra le montagne del Malawi: ai bambini in dono una scuola

    ◊   Un Natale di solidarietà per dare speranza ai bambini che vivono sulle montagne del Malawi, in Africa. Lo racconta all’agenzia Fides p. Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da circa 30 anni opera nel Paese. “Sulla montagna abitano diecimila persone, tutti musulmani, che parlano la lingua Chiyao. Sono ventuno i villaggi che si affacciano sulla palude del Chirwa, dove vi sono migliaia di bambini (…). Questo il confine da cui purtroppo, una volta cresciuti, i ragazzi del Chaone vogliono solo scappare, perché lo considerano una prigione. Non c'è corrente elettrica, non c'è il dispensario che distribuisca medicine. Come arrestare questa emorragia che spopola la montagna? Come convincerli che giù a valle non troveranno quello che inseguono se non scoprono il segreto che ha portato i loro antenati sulla montagna? (…) È cominciata così la costruzione di una grande capanna e poche aule, che siano la scuola materna della montagna. Da questi banchi possono allargare il loro confine senza scappare (…) Abbiamo trasportato a spalle tutto il materiale fino sulla cima: cemento, ferro, ma anche porte e finestre, perché sulla montagna non c'è un falegname. L'aiuto di tante persone ha permesso la realizzazione della scuola che di Natale in Natale, aiuterà i bambini della montagna a crescere”. L’inaugurazione dell’edificio è prevista per il 4 gennaio 2010. Al momento – aggiunge padre Gamba – i lavori sono ancora in corso, giacché un’improvvisa tromba d’aria, recentemente, ha recato seri danni alla struttura che era in via di completamento: “ci ritroviamo a cominciare ancora. Mancano pochi giorni al Natale. Sappiamo di non poter deludere la speranza che qualcosa di nuovo sta per nascere”. Il missionario confortano conclude dunque lanciando un appello affinché giungano aiuti a sostegno del progetto: “ci serviranno i banchi e le sedie, il materiale scolastico e soprattutto la possibilità di preparare un pasto al giorno. È questo l'aiuto che chiediamo alla generosità di chi vuole aiutare il Natale della montagna del Chaone. Da tutti i missionari e i volontari del Malawi. Grazie per il dono del Natale” (C.D.L.)

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    Repubblica Centrafricana: l’acqua della pace, dono di Natale in un villaggio stremato dalla guerra

    ◊   “Mentre nell’Occidente opulento – scrive dalla Repubblica Centrafricana il padre cappuccino Cipriano - ci si scambia auguri convenzionali di pace e di serenità, e si preparano piani che spesso vanno a scapito dei poveri e degli immigrati, mettendo le premesse di una violenza che cresce con i giorni, da uno sperduto villaggio africano, che non troverete su nessuna carta geografica, posso mandare una 'lieta notizia' che sa di miracoloso. Sono sei mesi che qui non si spara più e lunedì scorso è accaduto un fatto bellissimo: ci siamo trovati a Borodoul, un grosso villaggio sulla strada dove i 'ribelli' al Governo hanno bruciato le case, perché i giovani avevano rifiutato di arruolarsi con loro; da tutti i villaggi distrutti dal fuoco è venuta gente con i loro 'mokundji' (capi), e tutti i 'ribelli' sono venuti per parlare della pace. Ho cominciato io con una preghiera: 'Dio è la nostra forza e il nostro coraggio - ho detto – e non si può vivere come bestie braccate, sempre in fuga, pieni di paura. Quando si è violenti non si ha mai ragione, ma è impossibile ammetterlo, se non c’è la luce di Dio: una stella'. Poi ci siamo detti in verità tutto ciò che avevamo nel cuore: tutti avevano la loro sofferenza sepolta nel cuore ed è venuta fuori, facendo anche male. Alla fine è stata portata una grande bacinella d’acqua e tutti ci siamo lavati le mani, anche coloro che da mesi le avevano sporche di sangue, e ci siamo abbracciati. Con quell’acqua è stato poi asperso tutto il villaggio, anche le case bruciate, perché tutto fosse lavato da un nuovo battesimo, e potesse rifiorire. Poi si è danzato fino a sera. Questa è stata la nostra preparazione a un Natale che nessuno dimenticherà più”. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    In Sud Corea, un albero di Natale con oggetti riciclati richiama l'essenzialità della fede

    ◊   Nell’arcidiocesi di Seul, capitale della Corea del sud, il Natale è un’occasione per richiamare alla essenzialità della fede e all’amore e alla tutela del creato: davanti alla cattedrale di Myeongdong, un albero di Natale addobbato con oggetti riciclati, illuminato attraverso un generatore collegato ad una bicicletta, esorta i fedeli ad abbandonare qualsiasi lettura consumistica del Natale per cogliere il significato vero della odierna festività. L’idea – riferisce l’agenzia Asianews - è stata lanciata dal Movimento “Un corpo uno spirito” che si occupa di progetti legati al sociale per conto della Conferenza episcopale coreana. Emilliana Ryu Jung-hee, portavoce del gruppo, spiega: “Il vero problema di questo periodo è l’ambiente e la sua salvaguardia. Abbiamo messo questo albero per dimostrare che si possono fare grandi cose anche attraverso piccoli gesti”. (C.D.L)

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    I 60 anni della Pontificia Missione per la Palestina

    ◊   Fondata nel 1949 per fornire aiuto ai rifugiati palestinesi, serve oggi le popolazioni di Israele, della Striscia di Gaza, della West Bank e di Giordania, Iraq, Libano e Siria, offrendo assistenza umanitaria e sostegno pastorale e promuovendo comunicazione interreligiosa e consapevolezza pubblica. E’ la Pontificia Missione per la Palestina che quest’anno ha celebrato il suo 60. mo anniversario. L’occasione – riferisce l’agenzia Zenit - è stata festeggiata a Gerusalemme con una Messa presieduta dall’arcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele, presso il Notre Dame of Jerusalem Center, e concelebrata fra gli altri dall'arcivescovo Elias Chacour di Akka, dal vescovo Giacinto-Boulos Marcuzzo, ausiliare di Gerusalemme, e da mons. William Shomali, cancelliere del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Nel ricevimento seguito alla celebrazione, il direttore regionale della Missione, Sami El-Yousef, ha parlato degli obiettivi dell'agenzia ed ha presentato il nuovo logo dell'organizzazione, che nella grafica sottolinea la partnership tra la Santa Sede e il popolo palestinese nel costruire la sua società. (C.D.L.)

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    A Roma, il presepe vivente della Comunità Missionaria di Villaregia

    ◊   Immaginarsi a Betlemme nell’anno zero, di fronte alla mangiatoia dove, al freddo e al gelo, fra Maria e Giuseppe, il Bambino Gesù si presentava al mondo. E d’intorno una moltitudine festante ed operosa: dal fabbro al falegname, dal mugnaio ai pastori, con i mercanti e i contadini, e con gli immancabili Re Magi, in sella ai loro cammelli, carichi di doni. E’ l’atmosfera che i visitatori potranno respirare il 27 dicembre e il 2 gennaio a Roma, presso la sede della Comunità Missionaria di Villaregia che allestisce il tradizionale presepe missionario. Giunta alla terza edizione l’iniziativa intende quest’anno raccogliere fondi per il sostegno di centri sanitari in Camerun, a Yopougon, dove la Comunità opera da oltre dieci anni a supporto di una popolazione in condizioni di particolare criticità: nella regione – riferisce Zenit - la mortalità infantile è del 19,4 % tra i bambini che hanno meno di 5 anni e dell'11,8% tra i bambini che hanno meno di un anno; lo stipendio minimo di un lavoratore raggiunge una cifra pari a 76 €, mentre la speranza di vita si ferma a 48 anni. L’evento organizzato dalla comunità missionaria di Villaregia si caratterizza quest’anno per la presenza, in contemporanea, di una mostra di presepi artigianali realizzati nelle più diverse fogge, tecniche e dimensioni: da quelli in materiale riciclato ed ecosostenibile a quelli in cartapesta, dai presepi etnici provenienti da Brasile, Perù, Messico, Portorico, Mozambico e Costa d’Avorio, a quelli realizzati col legno degli ulivi di Gerusalemme. E poi i presepi artistici con oltre 30 personaggi adornati di abiti cuciti a mano, e quelli più piccoli, ricostruiti all’interno di una castagna, una noce, o una conchiglia. Il centro sarà visitabile dalle 16.00 alle 18.00, quando avrà luogo la celebrazione della Santa Messa. Un musical dal vivo sarà messo in scena nel pomeriggio. (C.D.L.)

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