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Sommario del 13/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • La vera gioia cristiana e il presepe: nelle parole del Papa che all’Angelus benedice i "bambinelli", ricorda i 4 missionari morti in Africa e cita la 'Giornata per le nuove chiese'
  • Rispettare la dignità della persona nella malattia nonostante le sollecitazioni della società efficientistica: così il Papa all’Hospice Sacro Cuore al Gianicolo
  • Il vescovo deve suscitare l’attesa di Dio: così il cardinale Bertone per l’ordinazione di tre nuovi vescovi
  • Oggi in Primo Piano

  • Convegno all’Urbaniana su sentenza di Strasburgo e radici cristiane: la riflessione del cardinale Tauran e il punto sulla petizione dell’Europarlamento a difesa del Crocifisso nelle scuole
  • La presenza di Dio nella società tra domanda di spiritualità e azione pastorale: le riflessioni emerse al convegno promosso dalla CEI e conclusosi ieri
  • Si è chiusa a Copenaghen la prima settimana del vertice Onu sul clima: oggi contatti informali e bilaterali
  • In Cile oltre 8 milioni e 200 mila cittadini chiamati ad eleggere il successore della presidente Bachelet
  • La Chiesa celebra la memoria di Santa Lucia, protettrice della vista. L'impegno delle Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo
  • All'insegna del dono la proposta per l'Avvento della diocesi di Brescia
  • L’esperienza del parroco don Paolo Tammi in un libro, che sarà presentato il 18 dicembre a Roma
  • Chiesa e Società

  • La Giornata diocesana per le nuove chiese
  • Una petizione dei Movimenti per la vita d’Europa al Parlamento Europeo
  • In Terra Santa, cardinali e vescovi dall’Africa per riflettere sulla nuova evangelizzazione nel loro continente
  • In Myanmar, i laici speranza della Chiesa
  • Kenya: epidemia di colera nel nord del Paese
  • I vescovi filippini: incostituzionale la legge marziale a Maguindano
  • In India i Guanelliani per il dialogo interreligioso
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iran: resta alta la tensione politica. L'ayatollah Khamenei minaccia di eliminare l'opposizione
  • Il Papa e la Santa Sede



    La vera gioia cristiana e il presepe: nelle parole del Papa che all’Angelus benedice i "bambinelli", ricorda i 4 missionari morti in Africa e cita la 'Giornata per le nuove chiese'

    ◊   Il Mistero di Dio nella nostra vita è la fonte della vera gioia: così il Papa invita nella terza Domenica di Avvento a vivere quello che il presepe rappresenta: amore, umiltà, povertà. Lo fa benedicendo i “bambinelli” in piazza. Poi parole in ricordo dei 4 missionari morti in Africa in questi giorni. Il servizio di Fausta Speranza.

    “La vera gioia è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio”. Così il Papa saluta i bambini giunti in piazza per la tradizionale benedizione dei “bambinelli”:

     
    "Carissimi, vi saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio di essere venuti. È per me motivo di gioia sapere che nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe. Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà".
     
    Nella terza Domenica di Avvento, Benedetto XVI ricorda che “san Francesco a Greccio rappresentò dal vivo la scena della Natività, per poterla contemplare e adorare, ma soprattutto per saper meglio mettere in pratica il messaggio del Figlio di Dio, che per amore nostro si è spogliato di tutto e si è fatto piccolo bambino”. La benedizione dei bambinelli – sottolinea – ci ricorda che “il presepio è una scuola di vita”:

     
    "Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù".

     
    E aggiunge:

     
    "E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama”, anche per loro!"

     
    Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità – dice il Papa - abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde. Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria. Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo. Dopo la preghiera mariana, un ringraziamento al Centro Oratori Romani, che ha organizzato la manifestazione dei “Bambinelli”, e un pensiero alla “Giornata per le nuove chiese”, organizzata oggi nella Diocesi di Roma.

     
    "Nella nostra città, vi sono comunità che non dispongono di un adeguato luogo di culto dove abita il Signore con noi e di strutture per le attività formative. Rinnovo pertanto a tutti l’invito a contribuire, affinché possano essere presto realizzati i centri pastorali necessari. Grazie della vostra generosità!"

     
    Poi il ricordo sentito dei 4 missionari uccisi in diversi Paesi africani in questa settimana:

     
    "Si tratta dei Sacerdoti Padre Daniel Cizimya, Padre Louis Blondel e Padre Gerry Roche e di Suor Denise Kahambu. Sono stati fedeli testimoni del Vangelo, che hanno saputo annunciare con coraggio, anche a rischio della propria vita. Mentre esprimo vicinanza ai familiari e alle comunità che sono nel dolore, invito tutti ad unirsi alla mia preghiera perché il Signore li accolga nella Sua Casa, consoli quanti ne piangono la scomparsa e porti, con la Sua venuta, riconciliazione e pace".

     
    Poi in francese, un incoraggiamento a testimoniare la Buona Novella aprendo il cuore agli altri; in inglese l’invito a rinnovare la gioia vera che viene dalla speranza della Salvezza; in spagnolo un saluto particolare ai Legionari di Cristo e a quanti sono stati ordinati sacerdoti; in polacco l’esortazione a rallegrarsi nel Signore che viene. In italiano un saluto particolare ai fedeli provenienti da Montevarchi, Empoli, Arezzo e dalla parrocchia romana di Santa Edith Stein; i bambini della Scuola “Ravasco” di Pescara e i ragazzi di Palma Campania; il gruppo della Polizia Municipale di Agropoli, quello dell’Ospedale “San Giuseppe e Melorio” di Santa Maria Capua Vetere e l’associazione “Cambio-Passo” di Canicattì; come pure i partecipanti al corteo che rievoca alcune tradizioni storico-religiose italiane.

     
    Si tratta del “Corteo storico Advenimus Solium Petri”, composto da circa 330 persone in costume d’epoca, il corteo ha condotto in piazza una rappresentanza di gruppi storici provenienti da diversi paesi del Lazio, insieme ad amministratori locali e a volontari della protezione civile.

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    Rispettare la dignità della persona nella malattia nonostante le sollecitazioni della società efficientistica: così il Papa all’Hospice Sacro Cuore al Gianicolo

    ◊   Il valore della dignità umana anche nella malattia, che oggi si scontra con la mentalità prevalente che mette al centro l’efficienza fisica. Questo il cuore del discorso di Benedetto XVI che ha visitato questa mattina l'Hospice Sacro Cuore, al Gianicolo, un centro di cure palliative gratuite per malati terminali, che si occupa anche di formazione e ricerca. Il Papa è stato accolto, tra gli altri, dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal presidente del Circolo San Pietro, Duca Leopoldo Torlonia, e dal presidente della Fondazione Roma, Emmanuele Emanuele. Forte la commozione dei malati e dei familiari presenti. Le parole del Pontefice nel servizio di Roberta Barbi:

    Oggi, la prevalente mentalità efficientistica tende spesso ad emarginare queste persone, ritenendole un peso ed un problema per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa, invece, che esse vanno rispettate e sostenute mentre affrontano le difficoltà e la sofferenza legate alle loro condizioni di salute”.

    Il Papa, in visita all’Hospice Sacro Cuore che ospita malati di cancro in fase terminale, persone affette da Alzheimer e da Sla, loda l’utilizzo che il Centro fa delle cure palliative.

    “… le quali sono in grado di lenire le pene che derivano dalla malattia e di aiutare le persone inferme a viverla con dignità. Tuttavia, accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre offrire ai malati gesti concreti di amore, di vicinanza e di cristiana solidarietà per venire incontro al loro bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento”.

     
    Benedetto XVI parla con commozione dei momenti di crisi e di smarrimento che inevitabilmente vivono i malati giunti alla fine della vita e porta loro il messaggio di speranza di Cristo, che cammina accanto ai sofferenti facendo sue le ferite del corpo e dello spirito.

     
    “Sono venuto per offrire a ciascuno una concreta testimonianza di vicinanza e di affetto. Vi assicuro la mia preghiera, e vi invito a trovare in Gesù sostegno e conforto, per non perdere mai la fiducia e la speranza. La vostra malattia è una prova ben dolorosa e singolare, ma davanti al mistero di Dio, che ha assunto la nostra carne mortale, essa acquista il suo senso e diventa dono e occasione di santificazione”.

     
    E ha aggiunto:

     
    “Quando la sofferenza e lo sconforto si fanno più forti, pensate che Cristo vi sta associando alla sua croce perché vuole dire attraverso voi una parola di amore a quanti hanno smarrito la strada della vita e, chiusi nel proprio vuoto egoismo, vivono nel peccato e nella lontananza da Dio. Infatti, le vostre condizioni di salute testimoniano che la vita vera non è qui, ma presso Dio, dove ognuno di noi troverà la sua gioia se avrà umilmente posto i suoi passi dietro a quelli dell’uomo più vero: Gesù di Nazaret, Maestro e Signore”.

     
    Il Papa sottolinea come la malattia possa diventare una particolare esperienza in questo tempo d’Avvento in cui si attende con gioia la nascita di Gesù, la cui venuta significa salvezza.

     
    “Il tempo dell’Avvento, nel quale siamo immersi, ci parla della visita di Dio e ci invita a preparagli la strada. Alla luce della fede possiamo leggere nella malattia e nella sofferenza una particolare esperienza dell’Avvento, una visita di Dio che in modo misterioso viene incontro per liberare dalla solitudine e dal non-senso e trasformare il dolore in tempo di incontro con Lui, di speranza e di salvezza. Il Signore viene, è qui, accanto a noi! Questa certezza cristiana ci aiuti a comprendere anche la “tribolazione” come il modo con cui Egli può venire incontro e diventare per ciascuno il “Dio vicino” che libera e salva”.

     
    Ricordando la figura evangelica del buon samaritano che “prova compassione e si prende cura del prossimo”, il Santo Padre incoraggia l’opera del personale sanitario e dei volontari del Circolo di San Pietro che ogni giorno offrono agli ospiti e ai loro congiunti “un’assistenza adeguata e attenta alle esigenze di ciascuno”.

     
    “E’ quanto viene felicemente realizzato qui, all’Hospice Fondazione Roma, che pone al centro del proprio impegno la cura e l’accoglienza premurosa dei malati e dei loro familiari, in consonanza con quanto insegna la Chiesa, la quale, attraverso i secoli, si è mostrata sempre come madre amorevole di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito”.

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    Il vescovo deve suscitare l’attesa di Dio: così il cardinale Bertone per l’ordinazione di tre nuovi vescovi

    ◊   Ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha presieduto la Messa per la consacrazione episcopale di mons. Jean Lafitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, di mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e di mons. Giovanni D’Ercole, religioso della Piccola Opera della Divina Provvidenza, nuovo vescovo ausiliare dell’Aquila. Nell’omelia il cardinale Bertone ha ricordato che la “dimensione essenziale dell’episcopato” consiste nel “risvegliare nei cuori dei fedeli l’attesa di Dio”, in modo particolare in questo periodo di Avvento; nel “riportare Dio nel mondo”, soprattutto dove non è riconosciuto; nel suscitare il desiderio di Dio che per primo si pone in attesa dell’uomo, “bussa alla porta e aspetta che noi apriamo”, che impariamo ad “accoglierlo, ascoltarlo, per giungere a capirlo, amarlo, adorarlo”. Un compito che il vescovo deve assolvere anzitutto portando nel proprio cuore quella stessa attesa che intende suscitare nei fedeli, dando esempio di giustizia, veicolando il “valore della competenza, della responsabilità nella famiglia e nel lavoro, come pure negli ambiti dell’impegno sociale e civile”. “Una condotta retta e giusta è il primo frutto di conversione che Dio si attende da noi”, ha aggiunto il segretario di Stato vaticano che ai nuovi vescovi ha infine ricordato il significato del loro mandato: “L’apostolo non parla o agisce in nome proprio, né con le proprie forze e capacità, ma in nome di Cristo e della potenza del suo Spirito”. (C.D.L.)

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    Oggi in Primo Piano



    Convegno all’Urbaniana su sentenza di Strasburgo e radici cristiane: la riflessione del cardinale Tauran e il punto sulla petizione dell’Europarlamento a difesa del Crocifisso nelle scuole

    ◊   “Dopo la sentenza della Corte dei diritti umani di Strasburgo quali radici cristiane per l’Europa?” È stato questo il tema del convegno che si è svolto ieri a Roma all’Università Urbaniana. All’incontro sono intervenuti, tra gli altri, il cardinale Jean Louis Tauran presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, e Rocco Buttiglione vice presidente della Camera dei deputati. Marina Tomarro ha intervistato il cardinale Jean Louis Tauran:

    R. – Le radici cristiane sono un dato di fatto, perché la prima scuola, le prime università sono state fondate dalla Chiesa. Alcuino era un monaco e quindi noi non possiamo capire l’Europa senza questi elementi, che non sono dei concetti, ma dei fatti storici. Quindi, noi dobbiamo avere un’identità per sopravvivere, se no non abbiamo nessuna consistenza.

     
    D. – Perché è così grave questa sentenza della Corte di Strasburgo, che appunto vorrebbe togliere il crocifisso dalle aule e dai luoghi pubblici?

     
    R. – Io penso che, prima di tutto, sia un’ingerenza nella cultura di un popolo. Questa è una questione di identità. Il crocifisso fa parte della cultura in Italia e quindi il popolo italiano ha tutto il diritto di conservare la sua specificità culturale.

     
    D. – Quale deve essere il ruolo dei cristiani all’interno proprio dell’Europa per favorire le radici cattoliche, cristiane?

     
    R. – Essere consapevoli che sono portatori di senso e quindi hanno il compito di avere il coraggio della differenza per portare il contributo specifico del cristianesimo nel dibattito pubblico di oggi. Noi, come ho detto, non chiediamo asilo, siamo parte di questa realtà della società; Dio ci ha piantato in questo mondo, in questa società di oggi per fiorire, e quindi noi non dobbiamo avere nessun complesso: siamo parte di questo mondo e siamo decisi più che mai a contribuire allo sviluppo integrale degli europei.

    Il 3 novembre scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo, che fa capo al Consiglio d’Europa (organismo a 47 Paesi distinto dall’Unione Europea) ha emesso la sentenza con cui si dava ragione a una signora che chiedeva la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche italiane. Tra stupore e disappunto, l’11 novembre al Parlamento Europeo è stata presentata una petizione per contestare la sentenza che gran parte del mondo politico italiano deplora. Fausta Speranza ha intervistato l’europarlamentare Erminia Mazzoni, presidente della Commissione Petizioni del Parlamento Europeo:

    R. – La petizione è stata presentata dall’onorevole Moscardini e poi sottoscritta da un numero considerevole di altri parlamentari. Adesso questa petizione farà il suo corso, seguendo quelle che sono le procedure della vecchia Europa, diciamo così. Cioè ancora con le procedure precedenti il Trattato di Lisbona. Comunque verrà “calendarizzata” quanto prima e mi riprometto come presidente di dare una corsia preferenziale a questa petizione. Verrà discussa, ascoltando i firmatari, dopo di che si aprirà una procedura di verifica, che vedrà sicuramente coinvolti anche gli organismi delle altre istituzioni europee. Fondamentalmente si vuole valutare - perché questa è la domanda contenuta nella petizione – quale e quanto spazio intendono dare le istituzioni europee, in particolare il Parlamento europeo, agli organi giurisdizionali, anche peraltro appartenenti ad altre istituzioni, nell’ambito della verifica dei valori che appartengono alle comunità dell’Unione Europea. E questo perché in questo caso la sentenza della Corte europea è entrata nel merito della valutazione dei nostri valori e ha creato un discrimine gravissimo. La nostra Unione Europea è un’unione che, benché non abbia iscritto in maniera esplicita determinati valori nel preambolo di questo trattato, è una comunità di Stati, una comunità di popoli che sono uniti da comuni radici giudaico-cristiane, e la nostra iconografia, i nostri simboli, la nostra storia non possono essere calpestati da una sentenza. La petizione ha di particolare che è di iniziativa parlamentare. Normalmente le petizioni che ricevo come presidente della Commissione sono d’iniziativa cittadina. In questo caso si è dato vita ad un’iniziativa di natura parlamentare, perché i colleghi che hanno presentato questa petizione hanno ritenuto di doversi avvalere dell’ausilio della Commissione che presiedo per portare avanti questa battaglia contro una sentenza che tutti quanti riteniamo non giusta e soprattutto una sentenza che invade una sfera che non è di competenza degli organi giudiziari ma che è di competenza della libera determinazione politica delle parti aderenti ai trattati istitutivi dell’Unione Europea.

     
    D. – Onorevole, dunque, ci sta dicendo che potrebbe esserci spazio anche per un’iniziativa popolare che affianchi o corra parallela a quella dei parlamentari?

    R. – Questo sicuramente spero ci possa essere. I primi ‘stilatori’ delle petizioni sono i cittadini, i primi titolari di questo diritto di chiedere attraverso una petizione un comportamento diverso alle istituzioni europee. Fino ad oggi è l’unico strumento che i cittadini avevano: da oggi con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona c’è un potere aggiunto per i cittadini, perché i cittadini possono proporre anche iniziative legislative con diritto di iniziativa popolare. Con un milione di firme provenienti da un numero di Stati sufficientemente alto, i cittadini possono chiedere alle istituzioni europee, quindi alla Commissione europea, al Parlamento europeo, di legiferare in una specifica materia e in una certa direzione.

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    La presenza di Dio nella società tra domanda di spiritualità e azione pastorale: le riflessioni emerse al convegno promosso dalla CEI e conclusosi ieri

    ◊   La presenza di Dio nei diversi ambiti della cultura e della vita: di questo si è parlato al convegno intitolato ‘Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto’, che si è concluso ieri a Roma. Luca Collodi ha intervistato il cardinale Camillo Ruini, presidente del Progetto Culturale della Cei, promotore dell’iniziativa:

    R. – Un convegno che penso mostra due cose. Una, che di Dio si può e si deve parlare oggi: in qualche modo anche i lontani dalla fede sono invitati ad interrogarsi su Dio. In secondo luogo, un convegno che mostra come nella situazione odierna abbiamo bisogno di affrontare i temi sostanziali, non di fermarci troppo in superficie, troppo alla periferia. Quando si va alla sostanza delle cose si incontra un grande interesse, una grande domanda, perché dentro di loro, in maniera consapevole o soltanto confusa e implicita, le persone sentono che le grandi domande rimangono sempre aperte.

     
    D. – In Italia c’è una richiesta di Dio ancora nella società?

     
    R. – Moltissimo. Se per società intendiamo la gente concreta, la domanda di Dio è grandissima, e noi come Chiesa dobbiamo rispondere di più a questa domanda. E questo convegno in questo senso è un invito anche per la Chiesa a parlare di Dio, oltre che cercare di testimoniarlo con la nostra vita. Non dobbiamo mai pensare che a parlare di Dio la gente si stanchi: la gente si stanca quando parliamo di tante cose, dimenticando di parlare di Dio.

     
    D. – Come si può tradurre tutto quello che è stato detto in questi tre giorni in un’azione pastorale?

     
    R. – Mettendo Dio al centro davvero dell’attenzione della pastorale, come ci ha invitato a fare il Papa in tante occasioni e con forza particolare, commovente, nella lettera che ha scritto in marzo ai vescovi della Chiesa cattolica, dopo la vicenda dei lefevriani, dove ha detto che rendere Dio presente nel mondo è la prima priorità della Chiesa e che nessun’altra priorità è comparabile con questa.

     
    D. – Sono in preparazione altri appuntamenti simili in futuro?

     
    D. – Sì, certamente, cominceremo subito facendo un bilancio, una riflessione su questo. Abbiamo già pensato che dobbiamo individuare bene il tema e sarà – posso anticipare solo questo – un tema anch’esso molto impegnativo, un tema sostanziale, un tema di fondo. Se il Signore vuole, cercheremo di fare questi eventi con una scadenza non troppo ravvicinata, ma nemmeno troppo distanti l’uno dall’altro, in modo che sempre si veda come la Chiesa si interroga e aiuta tutti ad interrogarsi su ciò che è decisivo per la nostra esistenza.

    Il convegno è stato ispirato dal pensiero di Papa Benedetto XVI che in più occasioni ha toccato il tema del rapporto fra Dio e la società contemporanea, come ricorda, al microfono di Luca Collodi, Vittorio Sozzi, responsabile del servizio nazionale per il progetto culturale della Cei.

    R. – Innanzitutto è fondamentale avere affrontato un tema radicale, cioè uno di quei temi che sono essenziali per la persona e per la società. Penso che questa sia già una prospettiva che può essere attuata anche nelle realtà locali: offrire possibilità alle persone di fermarsi a riflettere su questi temi, per potere essere al servizio dell’annuncio del Vangelo. Penso che questa sia un’altra indicazione di metodo.

     
    D. – Si è parlato tre giorni di Dio su un piano alto, su un piano culturale, ma come tradurre tutto ciò in azione pastorale per la Chiesa italiana?

     
    R. – I diversi percorsi che ci hanno portato ad affrontare il tema di Dio sono percorsi che poi ritroviamo nella nostra pastorale. Quindi, questo convegno offre moltissimi spunti, perché poi nell’azione pastorale si vada all’essenziale. Io credo che il grande segnale che è venuto stia nel fare pastorale: andiamo a ciò che veramente conta.

     
    D. – Che Dio è uscito da questo convegno?

     
    R. – E’ uscita senz’altro l’idea di un Dio amico, di un uomo che è alla ricerca. Anche il confronto, dando parola a persone che non hanno un’esperienza di Dio così com’è quella del cristiano, ha dato un segno evidente che il Dio dei cristiani è un Dio che ama l’uomo che cerca.

     
    D. – Talvolta le proposte della Chiesa non sono accolte dalla gente...

     
    R. - E’ vero, qualche volta di fronte a qualche incongruenza della Chiesa c’è questo atteggiamento, ma alla fine la gente riconosce quando la Chiesa annuncia Dio, che la Chiesa aiuta l’uomo a camminare.

     
    R. – No, io credo che la Chiesa, quanto più va all’essenziale e va su questi temi e tanto più si fa capire dalle persone.

     
    D. – C’è nella società, quindi, la domanda di Dio?

     
    R. – L’attenzione dei giornali a questo evento testimonia che la società cerca un Dio vicino.(Montaggi a cura di Maria Brigini)

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    Si è chiusa a Copenaghen la prima settimana del vertice Onu sul clima: oggi contatti informali e bilaterali

    ◊   A Copenaghen si è chiusa la prima settimana del vertice sul clima delle Nazioni Unite. Oggi i lavori della conferenza sono ufficialmente fermi. Ma si continua ugualmente a lavorare con incontri informali e riunioni bilaterali per la ricerca di un accordo condiviso. Intanto la polizia danese ha rilasciato la maggior parte delle quasi mille persone fermate ieri durante la manifestazione delle organizzazioni ambientaliste, segnata dagli scontri innescati dall’ala più dura dei contestatori Black Block. Il servizio di Marco Guerra:
     
    Battenti chiusi oggi al Bella Center di Copenaghen, la struttura che ospita i lavori degli oltre 15mila delegati della conferenza. Il negoziato continuerà tuttavia in modo serrato. Nel pomeriggio circa 50 ministri dell'Ambiente si incontreranno per trovare un accordo sulla questione cruciale del taglio alle emissioni di CO2. Secondo alcune indiscrezioni, martedì sarà presentata una nuova bozza della presidenza danese che dovrebbe definire meglio i contorni del testo base sul quale i capi di Stato e di governo, che arriveranno a metà della prossima settimana, dovranno confrontarsi ufficialmente. Al momento sul tappeto ci sono sostanzialmente due proposte che fissano degli impegni di massima per Paesi industrializzati e in via di sviluppo. Mancano però le cifre dei tagli. Su questo fronte gli Europei propongono una riduzione delle emissioni del 30% entro il 2020, nel quadro di un accordo ambizioso che raccolga anche l’impegno delle potenze emergenti. Dai Paesi in via di sviluppo c’è invece un appello a prolungare Kyoto fino al 2020. Se il quadro non muterà, la Conferenza potrebbe chiudersi con un accordo politico non vincolante, da tramutarsi in trattato nel 2010.

     
    E mentre i riflettori dell’opinione pubblica internazionale restano puntati su Copenaghen, la Caritas Internationalis in collaborazione con la Conferenza delle Chiese Europee e con il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee ha invitato oggi tutte le chiese a far suonare le campane con rintocchi particolari alle 15:00 per invitare gli uomini di buona volontà alla difesa del pianeta dai cambiamenti climatici. Ad aderire anche la Diocesi di Pistoia, da sempre mobilitata per la tutela del Creato con manifestazioni ed incontri. Perché ora più che mai è urgente modificare il nostro approccio all’ambiente, sempre più minacciato dall’uomo, spiega al microfono di Federico Piana, mons. Mansueto Bianchi, vescovo della diocesi:

    R. – Un approccio alle risorse, che non sia predatorio, che sia un approccio attento alla possibilità di rinnovare le risorse stesse, che eviti ogni spreco, che sia improntato da uno stile di austerità. Un approccio che sia secondo giustizia e secondo carità, come anche l’insegnamento sociale della Chiesa ci dice. In questo senso occorre veramente un cammino di rieducazione, in modo da non guardare alle risorse del Creato come a qualcosa che essendo di tutti è come se non fosse di nessuno. E’ necessario che ciascuno le senta responsabilmente sue proprie e le usi per quei fini di realizzazione della propria vita e di servizio alla vita degli altri, per cui sono state date.

     
    D. – Rispettare l’ambiente vuol dire rispettare il progetto di Dio?

     
    R. – Si tratta di non sciupare, di non disperdere, di non profanare quell’impronta di Dio che è segnata attorno a noi attraverso il Creato e che trova dentro di noi una capacità e un desiderio di comprensione, di stupore, di trasalimento in certi momenti. Dobbiamo essere capaci di vivere una vita buona, una vita che sia compatibile con questo dono di Dio ed anche una vita che oltre a riconoscere sia anche capace di trasmettere questo dono di Dio, che è la creazione, alle generazioni future. Se noi viviamo un rapporto di aggressione e di sfruttamento, evidentemente noi, da un lato, profaniamo il nome di Dio segnato nella creazione, del Dio creatore, e, dall’altro, profaniamo anche il nome dell’umanità, perché le generazioni future si troveranno dentro una creazione che è diventata - per così dire – afona, incapace di trasmettere il messaggio che porta dentro di sé e soprattutto – e questa sarebbe la cosa peggiore – non vorrei che trasmettesse una condanna, perché si tratta di una creazione profanata, depredata. Rischia di essere una creazione sciupata purtroppo dalla presenza dell’uomo, che invece di essere collaboratore della creazione di Dio, ne diventa un aggressore.(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    In Cile oltre 8 milioni e 200 mila cittadini chiamati ad eleggere il successore della presidente Bachelet

    ◊   In Cile oltre 8 milioni e 200 mila cittadini chiamati alle urne, oggi, per scegliere il successore della presidentessa, Michelle Bachelet. Secondo i sondaggi, l’alleanza dei partiti di centro-sinistra, da 20 anni al potere, verrà sconfitta dalla destra di Sebastian Pinera. Il cambio alla guida del Paese rappresenta, in ogni caso, la definitiva consacrazione democratica del Cile o ci si scontrerà ancora una volta con l’eredità di Pinochet? Roberta Rizzo lo ha chiesto a Luis Badilla, giornalista ed esperto di America Latina.

    R. – Per certi versi il Paese è sostanzialmente riconciliato e vive in realtà una nuova epoca della storia della sua vita, tanto che il candidato di destra che naturalmente dovrebbe essere il continuatore di quello che fu il regime militare, non è affatto così. Io direi che è un Paese che in questo modo consolida la sua vocazione democratica.

     
    D. – L’attuale amministrazione di centrosinistra sembra arrivata al capolinea?

     
    R. – Naturalmente si trova di fronte a numerose difficoltà, soprattutto per via della crisi economica internazionale che ha colpito notevolmente il Cile in particolare per quanto riguarda l’occupazione. Penso che questa proposta di centrosinistra, nella quale partecipano da vent’anni il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana Cilena, abbia ancora un suo valore. La candidatura di Sebastian Pinera, che sarebbe il vincitore del primo turno secondo i sondaggi, è certamente una candidatura interessante nel senso che non rappresenta una proposta di destra classica, bensì rappresenta una proposta rinnovata e tra l’altro anche molto audace. Ha impostato una campagna elettorale originale, sfidando il centrosinistra sul piano proprio di questi partiti e cioè sulle politiche sociali.

     
    D. – Perché l’ex presidente non si è ricandidata pur godendo di un grande consenso popolare?

     
    R. – Perché non è sostenitrice di questa tendenza, diffusa in tutta l’America Latina negli ultimi anni, di questi presidenti che hanno voluto farsi rieleggere per una seconda e addirittura per una terza volta, anche modificando la Carta Costituzionale. Lei ha ritenuto – seppure secondo me l’avrebbe potuto fare, perché aveva i numeri in Parlamento per farlo – di non modificare la Carta Costituzionale per una rielezione ad un secondo mandato, proprio perché – ha aggiunto – il Paese si consolida democraticamente nella misura in cui vengono rispettate le sue regole da parte di tutti e nessuno per convenienze personali le deve aggiustare al fine di trarre un vantaggio tutto individuale.

     
    D. – La Chiesa cilena cosa auspica?

     
    R. – La Chiesa cilena si è pronunciata su queste elezioni in diverse circostanze per ribadire che è un dovere ed una responsabilità patriottica prendere parte alle decisioni importanti che riguardano il futuro del Paese. In secondo luogo la Chiesa ha sempre sottolineato il bisogno che chiunque vinca abbia a cuore l’uguaglianza. Il Paese è colpito da un’iniquità sociale enorme, tanto che la Chiesa parla di un tavolo per tutti, di una mensa per tutti.

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    La Chiesa celebra la memoria di Santa Lucia, protettrice della vista. L'impegno delle Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di Santa Lucia, protettrice della vista. Una ricorrenza che viene festeggiata con gioia e speranza dai volontari di Cbm, le Missioni Cristiane per i Ciechi nel Mondo. Come ogni anno, in occasione delle festività natalizie, Cbm ha realizzato un calendario che per il 2010 è incentrato sul tema della disabilità. Ecco il commento della portavoce di Cbm Italia, Giusy Laganà, intervistata da Alessandro Gisotti:

    R. – Nel momento in cui un bambino è disabile, non vede, non può camminare e non può parlare, magari perché ha il piede torto, perché è cieco, perché ha il labbro leporino con la palatoschitosi - quindi non riesce neanche a mangiare per le deformazioni che ha -, far passare il concetto che anche questi bambini possono essere abili, amabili, adorabili, abbracciabili, indispensabili, quindi un’abilità di tipo diverso, li può portare ad essere indipendenti all’interno della loro società.

     
    D. – Anche in occasione di questo Natale, Cbm sottolinea che in fondo basta poco, anche economicamente, per curare delle patologie come il tracoma nei Paesi in via di sviluppo…

     
    R. – Esattamente, è proprio questo: con poco si può fare tanto. Sembra sempre la solita frase fatta, qualcuno dice “ma sì, rinunciamo al caffè”. In realtà, parliamo proprio del tracoma, che è questa malattia endemica che si prende soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che colpisce gli occhi per mancanza di accesso ad acqua potabile. Basti pensare che un tubetto di pomata antibiotica che va a curare questa patologia costa cinque euro e cura un’intera famiglia, e che quindi con 30 euro si cura una comunità.

     
    D. – Il 2010 è ormai alle porte: c’è un tema, un’iniziativa che Cbm sottolinea in particolare per i prossimi mesi?

     
    R. – Ce ne sono tantissime e sono molto concrete. Sono appena tornata da un viaggio in India e in Nepal, tra queste montagne perse dell’Himalaya. Lì dove niente riesce ad arrivare c’è questo immenso ospedale che Cbm sta costruendo. Ad oggi questo è il secondo ospedale oftalmologico più grande nel mondo. Dopo questa costruzione sarà il primo grande ospedale oftalmologico del mondo. Vedere queste persone dopo nove, dieci, venti ore a piedi di cammino, a dorso di mulo, superando numerosi ostacoli attraverso le montagne, arrivare in quest’ospedale, essere operati in 15 minuti, pagare 30 euro per un’operazione di cataratta e tornare a vedere, allora uno dice: “Caspita, questo è un progetto così concreto, perché non realizzarne altri?”. Questo è il nostro obiettivo per il 2010: realizzare dei progetti che possano cambiare la situazione, aiutare sul posto queste persone e dare il via a quel circolo virtuoso che parte da qui e arriva dall’altra parte del mondo.

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    All'insegna del dono la proposta per l'Avvento della diocesi di Brescia

    ◊   L'Avvento è un invito alla riflessione e alla preghiera, a cogliere i doni della Parola. La diocesi di Brescia ha organizzato per questo periodo un’iniziativa particolare: “Avvento di carità - Le stagioni del pane”. Un’iniziativa che si snoda proprio attraverso le quattro domeniche di Avvento. Marco Danesi, vice direttore della Caritas diocesana di Brescia, sottolinea al microfono di Fabio Colagrande, le finalità di questa iniziativa:

    R. – E’ quella di svolgere questo tempo all’insegna del dono e quindi al ciclo del dono - dare e ricevere - che tende a ripetersi costantemente, un po’ come il ciclo delle stagioni. Con questa caratterizzazione abbiamo quindi voluto segnare l’Avvento e seguendo quattro temi: “Il pane ricevuto”; “Il pane spezzato”; “Il pane condiviso”; e, “Il pane moltiplicato”. Per ognuno di questi momenti ci sono delle proposte concrete.

     
    D. – Ci può parlare di qualcuna di queste proposte concrete?

     
    R. - Per tutto il 2010 le Caritas potranno inviare ai fornai del loro quartiere o della loro città quelle famiglie che hanno bisogno, per ricevere gratuitamente due panini al giorno. Periodicamente poi le singole Caritas, attraverso il fondo che abbiamo raccolto nella prima domenica con la “Giornata del pane”, rifonderanno ai fornai semplicemente le spese vive che questi hanno sostenuto e chiedendo a loro, ancora una volta, di moltiplicare il dono, dando il proprio lavoro. Questo è per quanto riguarda la prima e l’ultima domenica che poi condizionerà tutta la stagione 2010. Per le altre due domeniche: quella del “pane spezzato” è caratterizzata dall’invito ad aprire le proprie famiglie a qualcuno che non si vede da molto tempo o a qualcuno che ha bisogno di un pasto; mentre oggi - terza domenica di Avvento- c'è l’iniziativa di “Un dono in dono” in cui chiediamo, in modo particolare ai ragazzi, di offrire - durante l’Eucaristia - un dono a qualcuno che ne ha più bisogno di loro. Sullo sfondo di tutta questa iniziativa c'è l’idea di permettere che il dono continui a creare relazioni.

     
    D. – Qual è la situazione sociale nella diocesi di Brescia? Quale sono le fasce di popolazione più bisognose?

     
    R. – La situazione è abbastanza critica. Accanto a quelle che solitamente sono identificate come povere, se ne sono aggiunte molte altre e in modo particolare potremmo dire quella delle famiglie normali. Ci sono, in modo specifico, la situazione delle persone separate che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese; ci sono le persone anziane, che con la pensione non riescono ad arrivare al 30 del mese; ma ci sono anche – ripeto – famiglie molto normali, che con la cassa integrazione o con le difficoltà di questo periodo, non riescono veramente a mettere come si dice “il pranzo con la cena”.

     
    D. – In generale, qual è la partecipazione della popolazione della diocesi alle attività della Caritas? E’ buona?

     
    R. – Sì, molto buona. Sono sensibili e la cosa più importante che noi cerchiamo costantemente di sottolineare è che le iniziative sono importanti, ma che ancora più importante – come raccomanda il nostro vescovo nella sua lettera pastorale di quest’anno – è costruire relazioni con le persone. Il pane ricevuto, il pane condiviso, il pane moltiplicano diventi davvero occasione per vivere questa relazione, questo dono che genera dono, con le persone. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L’esperienza del parroco don Paolo Tammi in un libro, che sarà presentato il 18 dicembre a Roma

    ◊   “Sono prete per grazia di Dio”: sono le parole di don Paolo Tammi, parroco della chiesa di San Pio X alla Balduina, a Roma. Nato nel 1956 ed ordinato sacerdote nel 1982, don Paolo è anche insegnate di religione in un liceo romano. Ma recentemente, questo religioso si è dedicato anche alla scrittura: insieme al giornalista Giampiero Guadagni, collaboratore della nostra emittente, don Paolo Tammi ha pubblicato un libro edito dalle Paoline ed intitolato “Da che palpito viene la predica” e che sarà presentato venerdì prossimo, 18 dicembre, alla presenza del cardinale Camillo Ruini. Ma perché la scelta di questo titolo così particolare? Risponde lo stesso don Paolo al microfono di Isabella Piro:

    R. – Vuole mettere sostanzialmente in luce che la predicazione dev’essere una predicazione guidata da un palpito, da un’emozione profonda nella quale ciò che si dice venga anzitutto prima pregato, sentito, profondamente condiviso nell’anima di chi parla.

     
    D. – Don Paolo, com’è nata la sua vocazione?

     
    R. – E’ nata da una lettera: una lettera che mi mandò don Giuseppe Zilli che è stato per molto tempo direttore di “Famiglia Cristiana”. La sua fu una risposta ad una mia lettera mandata a lui. Stiamo parlando dell’anno 1975, più o meno. Lui mi rispose in una maniera così bella e così profonda, che io improvvisamente pensai che Dio mi voleva prete. Fu, in un certo senso, un innamoramento improvviso. Lui ne fu lo strumento.

     
    D. – In questo senso, quindi, lei afferma: “Sono prete per grazia di Dio”?

     
    R. – Direi proprio di sì! Nella mia famiglia c’è stato sempre un cattolicesimo ordinario, quindi non ci vedo proprio nessun tipo di condizionamento né in famiglia, né in particolari amicizie… Se ogni vocazione è una grazia, nel caso mio – forse lo posso dire - lo è stata in una maniera particolare, perché non c’è stata nessuna guida umana. Certo, ho trovato delle brave guide in sacerdoti che sempre la grazia mi ha fatto trovare, quando tentavo di capire qualcosa.

     
    D. – Lei è anche insegnante in un liceo romano. Quali sono le difficoltà maggiori che affronta nel dialogo con i giovani?

     
    R. – La prima difficoltà, che però più che una difficoltà è un grosso stimolo, è la preparazione culturale, perché a scuola bisogna non fare catechismo, non vale assolutamente il moralismo, come non vale il buonismo, ma bisogna fare cultura. E a scuola ci si rende conto di come la fede si sviluppa in una conoscenza culturale che abbraccia tutti i periodi della storia e abbraccia anche tante altre materie. Ma nel rapporto con gli studenti, veramente non ho difficoltà, anzi: ne torno sempre stanco, ma molto contento.

     
    D. – Don Paolo, siamo nell’Anno sacerdotale: per lei personalmente cosa rappresenta il Santo Curato d’Ars in onore del quale è stato indetto questo anno speciale?

     
    R. – Il Curato d’Ars aveva un grossissimo e profondissimo senso della presenza di Dio quotidiana. Cioè, il Curato d’Ars non divideva fede e vita, per cui era convinto che Dio fosse con lui anche quando attraversava chilometri di campagna, magari per portare la comunione ai malati più lontani. Ecco: questa è una cosa che mi ha sempre guidato, il senso profondo della presenza di Dio e che Dio veramente non abbandoni mai la vita di un prete.

     
    D. – Se lei dovesse tracciare un “bilancio” della sua vita sacerdotale, rifarebbe la stessa scelta, se tornasse indietro?

     
    R. – A conti fatti, posso dire che la rifarei perché penso che consacrarsi a Dio formi un’umanità completa, nell’uomo e nella donna; un’umanità efficace, profonda perché veramente crea quel ‘modus vivendi’ che fa di un uomo e di una donna persone veramente mature.

     
    D. – Qual è quindi il suo auspicio per tutti i sacerdoti del mondo coinvolti in questo Anno sacerdotale?

     
    R. – L’auspicio è che siano molto contenti di essere preti e che ripetano sempre, come una Parola sempre ricorrente nella propria anima, quella del capitolo 12 di Luca, quando gli apostoli, tornando da Gesù, gli dicono quello che hanno fatto e Gesù risponde loro in una maniera stupenda, dicendo: “Non sapete quanti occhi vorrebbero vedere quel che voi vedete e non lo vedono, e quante orecchie vorrebbero udire quel che voi udite e non lo odono”. Io credo che questa sia una delle più belle definizioni del sacerdozio e quindi mi auguro che tutti i preti ne siano talmente contenti da superare ogni crisi, ogni dubbio.

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    Chiesa e Società



    La Giornata diocesana per le nuove chiese

    ◊   La chiesa “casa della Preghiera”, luogo di guida pastorale per le famiglie e per i giovani, spesso unico centro di aggregazione sociale. Così il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la città di Roma, in un messaggio diffuso nel novembre scorso, parla delle chiese e delle comunità parrocchiali in vista dell’odierna “Giornata diocesana per le nuove chiese” – di cui il Papa ha parlato oggi all’Angelus - che da tradizione la diocesi di Roma festeggia nella terza domenica di Avvento. Un’iniziativa tesa a raccogliere fondi per la costruzione e l’avvio di nuove chiese diocesane, che il cardinale Vallini definisce una “urgente necessità” e che incoraggia “fondandola, come le altre collette, nel valore evangelico della condivisione che caratterizza fin dalle origini la vita della comunità dei discepoli di Gesù”. “Interrogandoci sulla partecipazione all’Eucaristia domenicale e sulla testimonianza della carità – ha esortato il porporato nel messaggio alla diocesi - domandiamoci anche che cosa possiamo fare per mettere in condizione le comunità parrocchiali prive di chiesa e di strutture pastorali di celebrare degnamente i divini misteri e di educare alla carità”. “Testimoniare la carità – ha concluso il cardinale Vallini - vuol dire anche non ignorare lo stato di precarietà di questi fratelli e sorelle. San Paolo dettava ai cristiani di Corinto una regola valida ancora oggi: “Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza”. Nel 2009 nella diocesi di Roma sono stati inaugurati tre nuovi complessi parrocchiali e altri cinque, tutti in quartieri di periferia, sono in via di realizzazione. (C.D.L.)

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    Una petizione dei Movimenti per la vita d’Europa al Parlamento Europeo

    ◊   Centinaia di migliaia di firme di cittadini europei dei 27 Paesi Ue hanno siglato la Petizione con cui i Movimenti per la vita d’Europa “chiedono che siano adottate tutte le iniziative affinché nella interpretazione e applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, così come nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, si riconosca il diritto alla vita di ogni essere umano” fin dal suo concepimento. Il documento sarà consegnato il prossimo 15 dicembre al presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, e alla presidente della Commissione Petizioni, Erminia Mazzoni, in un incontro col deputato europeo Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano. “I diritti dell’uomo dovrebbero contrassegnare l’identità europea - afferma l’On. Casini in un messaggio diffuso per l’occasione – L’Europa continua a considerarsi la patria dei diritti umani sebbene il diritto alla vita venga negato ai figli concepiti e non ancora nati nella stragrande maggioranza dei 27 Stati e sebbene anche le istituzioni comunitarie non sappiano più riconoscerlo”. Oltre al rispetto e alla tutela della vita, la Petizione chiede inoltre “che si riconosca come famiglia in senso pieno quella fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna cui deve essere riconosciuto prioritariamente il diritto e il dovere di scegliere l’educazione da dare ai figli” e che “vengano sospesi i finanziamenti pubblici della ricerca distruttiva su embrioni umani”. (C.D.L.)

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    In Terra Santa, cardinali e vescovi dall’Africa per riflettere sulla nuova evangelizzazione nel loro continente

    ◊   "Alzati Chiesa in Africa, famiglia di Dio”: fu l'appello di Benedetto XVI in occasione della chiusura del sinodo per il continente africano, poco più di un mese fa. In risposta a questa chiamata, 83 vescovi e 7 arcivescovi giunti da 30 diverse nazioni dell’Africa, - dal Senegal il cardinale Sarr Theodore Adrien arcivescovo di Dakar - si sono riuniti a convegno in questi giorni presso la Domus Galilaeae, centro internazionale nei pressi di Korazim, in Terra Santa, per fare il punto sull’evangelizzazione del continente africano. Insieme ai vescovi, sacerdoti diocesani, vicari generali, catechisti e famiglie missionarie, in tutto circa 450 partecipanti hanno aderito all’invito degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale Kiko Arguello e Carmen Hernandez, in continuità con un incontro analogo che nel 2007 aveva riunito molti vescovi africani in Terra Santa. A due anni da quel convegno, anni segnati da guerre, dalla difficile situazione economica e dalla crisi della moralità, nelle testimonianze dei vescovi – che hanno confrontato le proprie esperienze pastorali - è emerso quanto in Africa sia oggi più che mai necessaria una pastorale missionaria, per confrontarsi con la globalizzazione, la secolarizzazione e le ideologie che giungono dall’occidente, in un mondo dove sussiste il tribalismo e dove le divisioni etniche lacerano le comunità ecclesiali. Mons. Servilien Nzakamwita, vescovo di Byumba, ha affermato che in Rwanda, dove si vivono ancora le conseguenze del genocidio, c’è un'evangelizzazione di massa, e se è vero che molte fedeli frequentano i sacramenti, si sente tuttavia il bisogno di un'evangelizzazione profonda: “Il cammino neocatecumenale – ha detto il presule - ci aiuta molto ad approfondire la fede e il Vangelo”. La rappresentanza più numerosa è stata quella dal Congo: circa 20 i vescovi presenti. Secondo il vescovo di Goma, mons. Faustin Ngabu, il convegno è stato caratterizzato da un’atmosfera fraterna e fiduciosa, in cui è emersa con più chiarezza la necessità della nuova evangelizzazione. “Essa è non solo necessaria ma urgente” – ha detto il presule - “per aiutare a chiederci che cosa significhi per noi essere cristiani: tanto ai fedeli, quanto ai pastori, e ai sacerdoti; abbiamo una teologia teorica, ma non dinamica; in tutto questo il neocatecumenato ci dà l’occasione di arrivare ad una conoscenza dinamica della Sacra Scrittura, che può incidere sugli stili di vita”. Ancora secondo il presule, in Congo l’esperienza del cammino neocatecumenale è di grande aiuto alla formazione del clero e di famiglie cristiane, in una società dove perdurano consuetudini come la poligamia, e modelli tradizionali basati sul paganesimo. “Radicandosi progressivamente nelle parrocchie, le piccole comunità neocatecumenali, in cui convivono e maturano la fede persone appartenenti a diverse etnie e tribù, - ha detto mons. Faustin Ngabu - possono influire positivamente nella pastorale diocesana e nel tessuto sociale”. (A cura di Sara Fornari)

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    In Myanmar, i laici speranza della Chiesa

    ◊   L’impegno dei laici e la fede e l’entusiasmo dei giovani per la missione sono “la speranza per la Chiesa in Myanmar”. E’ l’auspicio di mons. Salvatore Pennacchio, Delegato Apostolico in Myanmar, di ritorno da un viaggio nell’ex Birmania, secondo l’Agenzia Fides. “Ancora una volta ho potuto toccare con mano la fede semplice e genuina dei fedeli di Loikaw – ha detto il nunzio - E’ una comunità che sta crescendo nella fede, con i doni di molte vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”; la loro testimonianza “fa ben sperare per il futuro della Chiesa” nel Paese. Parlando dell'ordinazione episcopale del vescovo ausiliare di Loikaw, mons. Stephen Tjepe, e di due sacerdoti, avvenuta nei giorni scorsi, il diplomatico della Santa Sede ha detto che le prospettive sono molto incoraggianti, soprattutto per l’entusiasmo che si respira. C’è tanta gratitudine verso chi ha portato la Buona Novella in Myanmar: la comunità è ancora legata e riconoscente verso i sacerdoti del Pontificio Istituto Missioni Estere, che portarono il Vangelo cento anni fa in quella regione”. (C.D.L.)

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    Kenya: epidemia di colera nel nord del Paese

    ◊   Almeno 24 persone sono morte nelle ultime due settimane a causa di un'infezione da colera nella zona nord occidentale del Kenya. Circa 193 i casi registrati tra il 23 novembre e il 3 dicembre. I distretti più colpiti – secondo una nota dell’Agenzia Fides - sono Kaped, Lokori e le aree di East Pokot. A favorire la diffusione dell’epidemia sarebbe stato l’uso di acqua inquinata, informa il Ministro della Sanità locale, Sharif. Tra le popolazioni locali sarebbe infatti diffusa la consuetudine di raccogliere l’acqua prevalentemente con pentole e in pozzi poco profondi, facilmente inquinabili in caso di piogge o condivisi con il bestiame. E proprio le piogge – riferisce l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite – stanno mettendo a repentaglio i sistemi sanitari e l’igiene del Paese. Il colera, in alcune parti del Kenya, è diventato endemico e, con il deterioramento o la totale mancanza dei servizi di sanità pubblica nelle zone urbane più povere, la situazione sta peggiorando. Secondo la Croce Rossa del Kenya, per evitare il contagio in molti si sono spostati verso Lomelo, Kapedo nell’East Pokot e verso le montagne di Silale e Nasorot, contribuendo tuttavia alla diffusione del virus. Un’epidemia sarebbe in corso anche nei distretti settentrionali del Turkana e di Nairobi. (C.D.L.)

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    I vescovi filippini: incostituzionale la legge marziale a Maguindano

    ◊   La legge marziale è “incostituzionale” e “dovrebbe essere revocata”. E’ l’appello di mons. Teodoro Bacani, vescovo emerito di Novaliches, nelle Filippine, dopo che il governo, lo scorso 5 dicembre, ha proclamato la legge marziale nella provincia di Maguindanao, dove il 23 novembre sono state massacrate almeno 57 persone in scontri fra clan rivali. Secondo il governo la dichiarazione della legge marziale è giustificata dal rischio di una ribellione a seguito dell’arresto di Andal Ampatuan Sr, capo del clan che detiene la maggior parte degli incarichi elettivi della regione, considerato in parte responsabile del massacro. Ma decisa è la condanna del vescovo Bacani: non esiste una “giusta causa” che giustifichi questa dichiarazione e la Costituzione non prevede che la legge marziale possa essere imposta senza che sia in atto una ribellione. “Il caso di Maguindanao è stato un'azione criminale, ma non una ribellione contro il Governo”, ha sottolineato il presule, secondo il sito della Conferenza Episcopale delle Filippine ripreso da Zenit. “E' chiaro che l'ordine pubblico è minacciato, che sono in gioco vite umane e che bisognerebbe aggiungere a questo elementi legati al terrorismo” – ha commentato mons. José Colin Bagaforo, vescovo ausiliare della città di Cotabato, vicina alla provincia di Maguindanao - ma la proclamazione della legge marziale è giustificata solo se sussistono “elementi che contribuiscono a una maggiore diffusione della violenza” e al momento – ha aggiunto - non ci sono le condizioni per verificare il normale funzionamento dei poteri pubblici e della giustizia. (C.D.L.)

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    In India i Guanelliani per il dialogo interreligioso

    ◊   Favorire la conoscenza fra fedeli di religioni diverse e incoraggiare il dialogo interreligioso: con questi obiettivi si è svolto ieri a Cuddalore, in India, l’incontro "Humanity in Religions" promosso dai Guanelliani presso la “Don Guanella Boys Home”, che accoglie ragazzi orfani e poveri. All’iniziativa – riferisce il Sir - giunta alla seconda edizione, hanno partecipato esponenti delle religioni induista, islamica, jainista, sanmargam e cristiana, fra cui giovani studenti. “Viviamo in una società multireligiosa che ci invita ad un dialogo autentico per comprendere i reciproci valori alla base di ogni credo”, ha spiegato padre Peter Sebastian, superiore e rettore del Seminario minore dell’Opera don Guanella, che accoglie circa sessanta studenti degli ultimi anni del liceo e universitari. Secondo padre Sebastian, “vuoti di comunicazione sono all’origine spesso di fraintendimenti e divisioni” e per questo è necessario il massimo impegno “per favorire la reciproca conoscenza e il dialogo autentico”. Di “piccoli ma decisi passi di un percorso che desideriamo costante e sincero” ha poi parlato padre Pravin Raj, direttore della “Don Guanella Boys Home”. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Iran: resta alta la tensione politica. L'ayatollah Khamenei minaccia di eliminare l'opposizione

    ◊   Resta incandescente il clima politico in Iran. In un discorso alla televisione di Stato la guida suprema, Ali Khamenei, ha detto che “l'opposizione sarà eliminata”. Pur senza nominarli, l'ayatollah ha accusato i leader dell’opposizione di avere “violato la legge, organizzato rivolte e incoraggiato la gente a resistere al sistema” della Repubblica islamica. E nelle stesse ore i Pasdaran iraniani hanno avvertito di essere pronti ad “affrontare i nemici” anche all'interno del Paese. Le dure parole di Khamenei arrivano mentre, dalla notte scorsa, circolano sui siti dell'opposizione le voci di un prossimo arresto di Mir Hossein Mussavi e altri capi della protesta. Ad alimentare la tensione sono state le immagini trasmesse dalla televisione di Stato che mostrano alcuni studenti bruciare una fotografia dell'ayatollah Ruhollah Khomeini.

    Iran nucleare
    “Niente di nuovo”. Così l’amministrazione statunitense ha commentato la proposta avanzata ieri dall’Iran di scambio di uranio arricchito per alimentare un suo reattore di medicina nucleare. Gli Stati Uniti, ormai sempre più convinti della necessità di sanzioni più dure contro Teheran, reputano l’ipotesi non conforme all'accordo preliminare proposto dall'Aiea, frutto delle consultazioni con gli Usa, la Russia e la Francia. Dal canto suo, il ministro degli Esteri iraniano Mottaki, parlando dal Bahrein, ha detto che eventuali sanzioni internazionali contro la Repubblica islamica non avrebbero “alcun effetto” e ha sottolineato che Teheran deve costruire “almeno 15 centrali nucleari” per produrre l'energia di cui avrà bisogno nei prossimi decenni.

    Afghanistan
    Il Premier britannico, Gordon Brown, è da ieri sera in visita alla base militare di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, dove stamani ha incontrato il presidente afghano Hamid Karzai. I due leader hanno parlato della necessità di sforzi combinati delle forze alleate e del governo afghano per sconfiggere la guerriglia talebana. “Credo che i prossimi mesi saranno cruciali”, ha detto Brown, sottolineando che i rinforzi britannici arriveranno “nei prossimi giorni” e invitando il governo afghano a “svolgere un ruolo più decisivo”. Intanto la forza della Nato ha reso noto che cinque talebani sono rimasti uccisi in un'operazione nella provincia orientale di Laghman, ma secondo alcuni residenti le vittime dell'attacco sono civili.

    Iraq: emergenza campo profughi Ashraf
    I sostenitori del gruppo d'opposizione iraniano in Iraq non devono essere sfrattati con la forza: è la denuncia di Amnesty International che interviene a proposito del Campo Ashraf, che si trova a 60 km a nord di Baghdad. Il servizio di Fausta Speranza:

     Si tratta di un campo che esiste dalla metà degli Anni ’80 e che ospita iraniani dissidenti del regime di Teheran, oltre 3.000 persone di cui 1000 donne. Dopo mesi di intimidazioni, ufficiali del Governo iracheno sono stati inviati nel campo per rimuovere a forza la gente nei prossimi giorni e portarla in altri luoghi interni all'Iraq. Ma Amnesty International teme che la rimozione forzata dei residenti di Campo Ashraf li esporrà al rischio di arresti arbitrari, torture o altre forme di maltrattamenti e uccisioni illegali. Alcuni di loro corrono anche il rischio di essere riportati in Iran. Sembra sia stata data ai residenti la scadenza del 15 dicembre 2009 per abbandonare il campo. Il Direttore del Progetto per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International, Hassiba Hadj Sahraoui, ha detto che "a fronte di qualsiasi misura che le autorità irachene decideranno di utilizzare contro Campo Ashraf, si dovrà garantire la protezione dei diritti di tutti i residenti in qualsiasi momento” e ha aggiunto che “nessun iraniano che si trova in Iraq ed è a rischio di serie violazioni dei diritti umani in Iran dovrebbe essere costretto con la forza a tornare lì.” Da parte sua, il primo Ministro al-Maliki ha annunciato che i residenti di Campo Ashraf saranno trasferiti nella provincia meridionale di Muthanna. Il governo iracheno ha ripetutamente avvisato che voleva chiudere Campo Ashraf, e che i suoi residenti avrebbero dovuto lasciare l'Iraq, altrimenti sarebbero stati espulsi a forza dal Paese, ma si tratta di persone che abitano lì da 20 anni. Il 28 e 29 luglio scorso le forze di sicurezza irachene hanno invaso il campo e nell’operazione hanno ucciso 9 persone e lasciato molti feriti. Altre 36 persone sono state arrestate. Sono state rilasciate il 7 ottobre dopo ben 3 sentenze di rilascio da parte del tribunale competente. Erano in cattive condizioni di salute per i maltrattamenti subiti e per lo sciopero della fame fatto per tutta la durata della detenzione.

     Iraq violenze
    Ancora violenza in Iraq. Un’autobomba è esplosa a Falluja, nell’ovest del Paese, uccidendo una bambina e un poliziotto di scorta al capo della sicurezza locale che è uscito incolume dall’attentato. Sempre a Falluja, un altro poliziotto è stato ucciso e altre quattro persone sono rimaste ferite in una serie di esplosioni.

    Iraq Tony Blair
    Il premier britannico Tony Blair potrebbe essere incriminato per 'attacco ingiustificato' a causa dell'ammissione che avrebbe appoggiato comunque l'invasione dell'Iraq nel 2003 anche se avesse saputo che il Paese non fosse stato in possesso di armi di sterminio. L'avvocato dell’ex rais, Giovanni di Stefano, ha chiesto infatti al procuratore generale britannico di perseguire Blair per violazione della Convenzione di Ginevra del 1957.

    Elezioni Abkhazia
    Il presidente della regione separatista georgiana dell'Abkhazia, Sergei Bagapsh, è stato rieletto per un secondo mandato alle elezioni presidenziali tenutesi ieri. Secondo i dati ancora parziali lo stretto alleato di Mosca Bagapsh ha ottenuto il 59,37 % dei voti, quasi il quadruplo del secondo arrivato. Si tratta del primo voto presidenziale da quando Russia, Nicaragua e Venezuela hanno riconosciuto la piccola regione caucasica sul Mar Nero come uno Stato indipendente dopo la breve guerra con la Georgia nell'agosto del 2008.

    FilippineSono stati liberati gli ultimi 47 ostaggi ancora nelle mani dei banditi nelle Filippine meridionali. Alcune milizie irregolari avevano sequestrato tre giorni fa 75 persone in una scuola elementare nell’isola meridionale di Mindanao, martoriata da banditismo, guerre fra clan e terrorismo islamico. I sequestratori chiedevano il ritiro dei mandati di arresto per omicidio contro alcuni suoi membri e il disarmo di un clan rivale.

    Sudan
    I leader sudanesi del nord e del sud del Paese hanno raggiunto un accordo sull'avvio di riforme democratiche prima delle elezioni in programma l'anno prossimo e del referendum sull'indipendenza del sud. Il Movimento di liberazione del Sudan (l'organizzazione degli ex ribelli del sud) e il Partito del Congresso nazionale del presidente, Omar el-Bechir, hanno trovato anche un’intesa per riesaminare la legge sulla sicurezza nazionale e sulle informazioni. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 347

     
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