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Sommario del 09/12/2009

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’udienza generale: il ministero petrino è garanzia di fedeltà alla sana dottrina. Nell'Eucaristia Cristo è "realmente presente"
  • Nomina
  • La preghiera di Benedetto XVI alla statua dell'Immacolata: la Madonna disintossica i cuori spesso induriti dal male amplificato dai media
  • L'appello del Papa sulle mine antipersona: armi "disumane", si vieti la produzione e si assistano le vittime causate da questi e altri ordigni
  • Santa Sede e Federazione Russa stabiliscono piene relazioni diplomatiche
  • Circensi e fieranti: la sfida dell’accoglienza per la comunità cristiana. Se ne parlerà in congresso da venerdì prossimo in Vaticano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Padre David Jaeger: la questione sullo status di Gerusalemme dovrà essere definita in ambito internazionale, sotto l'egida dell'Onu
  • Gli incontri settimanali nel periodo di Avvento tra i giovani della diocesi di Parma e il loro vescovo, mons. Solmi. Intervista con don Paolo Salvadori
  • Chiesa e Società

  • Lettera del clero cinese: si vive fase di "transizione" tra Cina e Vaticano
  • Domani ultimo saluto a Gabriele De Rosa, storico del movimento cattolico
  • Per il vescovo di Baghdad, Warduni, la strage di ieri è una risposta all'accordo sulle elezioni
  • L'arcivescovo di Kinshasa condanna le violenze contro i religiosi nel sud Kivu
  • I vescovi della regione dei Grandi Laghi in visita alla nunziatura apostolica di Kinshasa
  • RD Congo: in costruzione l’Istituto panafricano che insegnerà la Dottrina sociale della Chiesa
  • Filippine: la Chiesa fa sentire la sua voce sulla legge marziale a Maguindanao
  • Sri Lanka: attacco ad una chiesa cattolica. I sospetti sugli estremisti buddisti
  • Orissa: l'opera della Chiesa per ricostruire il tessuto sociale e la convivenza con gli indù
  • Lettera dei vescovi boliviani al neoeletto presidente Evo Morales
  • La Chiesa colombiana dice “no” alla pillola del giorno dopo
  • Bolivia: “Settimana della Carità” a Cochabamba, un’esperienza per condividere
  • In Messico, Congresso giovanile sui diritti umani
  • Kenya: il Consiglio delle Chiese chiede che la nuova Costituzione tuteli la vita umana
  • Australia: alla plenaria dei vescovi dibattito su matrimonio, Gmg e riti orientali
  • Thailandia: la vita consacrata in Asia al centro di un recente Simposio della Fabc
  • Terra Santa: presentate le iniziative dell’Azione cattolica per il 2010
  • Oltre quattro milioni di visitatori a Lione per la Festa della Vergine di Fourvière
  • Rinnovamento nello Spirito: la sfida è armonizzare il rinnovamento sociale con quello spirituale
  • Alfabetizzazione: concerti e mercatini per promuovere i progetti dell’Opam
  • 24 Ore nel Mondo

  • Borsa di Atene in perdita, ma il ministro delle Finanze greco nega il rischio di "default" del debito pubblico
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’udienza generale: il ministero petrino è garanzia di fedeltà alla sana dottrina. Nell'Eucaristia Cristo è "realmente presente"

    ◊   Il monaco benedettino del XII secolo, Ruperto di Deutz, è stato al centro della catechesi di Benedetto XVI nell’udienza generale, tenutasi stamani in Aula Paolo VI. Il Papa ha ricordato gli insegnamenti più significativi di questo importante monaco teologo, in particolare sul ruolo del Papa nelle controversie teologiche, sul Sacramento dell’Eucaristia e sulla presenza del male nella storia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Seppe “coniugare lo studio razionale dei misteri della fede con l’orazione e con la contemplazione, considerata il vertice di ogni conoscenza di Dio”: Benedetto XVI ha sintetizzato così l’opera del monaco benedettino Ruperto di Deutz. Ed ha innanzitutto sottolineato che si distinse per “l’integerrima dirittura morale e per il forte attaccamento alla Sede di Pietro”. I suoi tempi, ha ricordato, erano “segnati da contrasti tra il Papato e l’Impero, a causa della cosiddetta lotta delle investiture”. Ruperto preferisce scegliere la via dell’esilio, assieme all’abate del suo monastero, Berengario, per restare fedele al Pontefice:
     
    “Ruperto ci insegna che quando sorgono controversie nella Chiesa, il riferimento al ministero petrino garantisce fedeltà alla sana dottrina e dona serenità e libertà interiore”.

     
    Ruperto, ha proseguito il Papa, ha lasciato numerosissime opere ancora oggi di grande interesse, anche perché fu “attivo in varie e importanti discussioni teologiche del tempo”. Per esempio, intervenne con determinazione nella controversia eucaristica per contrastare un’interpretazione riduttiva della presenza di Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia. Ruperto, ha rilevato, “si fece deciso sostenitore del realismo eucaristico”, affermando con decisione la continuità tra il Corpo del Verbo incarnato di Cristo e quello presente nelle Specie eucaristiche del pane e del vino. E qui il Papa, parlando a braccio, ha evidenziato la grande attualità del monaco Ruperto sull’Eucaristia:
     
    “Anche oggi esiste il pericolo di ridimensionare il realismo eucaristico, considerare, cioè, l’Eucaristia quasi come solo un rito di comunione, di socializzazione, dimenticando troppo facilmente che nell’Eucaristia è presente realmente Cristo risorto - con il suo corpo risorto - il quale si mette nelle nostre mani per tirarci fuori da noi stessi, incorporarci nel suo corpo immortale e guidarci così alla vita nuova”.
     
    Un’altra controversia nella quale il monaco di Deutz fu coinvolto riguarda la “conciliazione della bontà e dell’onnipotenza di Dio con l’esistenza del male”. Ruperto si oppone a quanti con ragionamenti filosofici concludevano che Dio “permette il male senza approvarlo e, dunque, senza volerlo”. Ruperto, ha spiegato il Papa, “rinuncia all’uso della filosofia, che ritiene inadeguata di fronte a un problema così grande e rimane fedele alla narrazione biblica”:

     
    “Egli parte dalla bontà di Dio, dalla verità che Dio è sommamente buono e non può che volere il bene. Così egli individua l’origine del male nell’uomo stesso e nell’uso sbagliato della libertà umana”.

     
    Ruperto, ha detto ancora, loda la “misericordia infinita del Padre, la pazienza e la benevolenza di Dio verso l’uomo peccatore”. Come altri teologi del Medioevo, ha poi osservato il Papa, anche Ruperto si chiedeva perché il Verbo di Dio si è fatto uomo. La sua, ha spiegato, è una visione “cristocentrica della storia della salvezza”, sviluppata nell’opera “La glorificazione della Trinità”:

     
    “Sostiene la posizione che l’Incarnazione, evento centrale di tutta la storia, era stata prevista dall’eternità, indipendentemente dal peccato dell’uomo, affinché tutta la creazione potesse dare lode a Dio Padre e amarlo come un’unica famiglia radunata attorno a Cristo, il Figlio di Dio”.
     
    Egli, ha proseguito Beendetto XVI, vede allora nella “donna incinta dell’Apocalisse l’intera storia dell’umanità, che è orientata a Cristo, così come il concepimento è orientato al parto”. Cristo, ha ribadito, è “sempre al centro delle spiegazioni esegetiche fornite da Ruperto nei suoi commenti ai Libri della Bibbia”:

     
    “Egli ritrova così un’unità mirabile in tutti gli eventi della storia della salvezza, dalla creazione sino alla consumazione finale dei tempi: ‘Tutta la Scrittura’, egli afferma, ‘è un solo libro che tende allo stesso fine, il Verbo Divino”.

     
    Del resto, ha detto il Papa, Ruperto non si limita a ripetere l’insegnamento dei Padri. Per esempio, è il primo scrittore che ha identificato la sposa del Cantico dei Cantici con Maria Santissima. Questa interpretazione mariana del Cantico, ha annotato il Pontefice, è “un felice esempio di sintonia tra liturgia e teologia”. Per Ruperto, ha soggiunto, Maria è la “parte più santa della Chiesa intera”. E della Vergine, Benedetto XVI è tornato a parlare anche al momento dei saluti ai pellegrini:

     
    “La solennità dell'Immacolata, che ieri abbiamo celebrato, ci ricorda la singolare adesione di Maria al progetto salvifico di Dio. Cari giovani, sforzatevi di imitarla con cuore puro e limpido, lasciandovi plasmare da Dio che anche in voi intende "fare grandi cose".

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    Nomina

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Brownsville, presentata per raggiunti limiti di età da Mons. Raymundo J. Peña. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Daniel E. Flores, finora ausiliare di Detroit. Il presule, originario del Texas dov’è nato 48 anni fa, ha frequentato l’“University of Texas” di Austin per due anni e, poi, l’“Holy Trinity Seminary” a Irving per gli studi ecclesiastici. Ordinato sacerdote, ha svolto contemporaneamente gli incarichi di vicario parrocchiale nella cattedrale di Corpus Christi e di segretario del vescovo. E’ stato rettore della “Saint John Vianney House of Studies” e direttore delle vocazioni sacerdotali. A Roma ha frequentato la Pontificia Università di San Tommaso, ottenendo la Licenza e il Dottorato in Teologia. Oltre a incarichi di docenza, mons. Raymundo J. Peña nel 1995 è stato nominato cappellano di Sua Santità. Nominato ausiliare di Detroit il 28 ottobre 2006, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 29 novembre successivo. È membro del “Task Force on Faith Formation and Sacramental Practice” della Conferenza Episcopale. Oltre l’inglese e lo spagnolo, conosce l’italiano ed il latino.

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    La preghiera di Benedetto XVI alla statua dell'Immacolata: la Madonna disintossica i cuori spesso induriti dal male amplificato dai media

    ◊   “Maria è la madre che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male, l’ha vinto alla radice liberandoci dal suo dominio”. E' uno dei pensieri di Benedetto XVI che hanno caratterizzato il tradizionale atto di venerazione alla statua della Immacolata in piazza di Spagna, compiuto ieri pomeriggio dal Papa a Roma, durante il quale il Pontefice ha stigmatizzato l'eccesso di risalto dato dai media al male, che inquina il cuore delle persone. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il cardinale vicario, Agostino Vallini, e il sindaco della capitale, Gianni Alemanno. La cronaca di Cecilia Seppia:

    (canto)

     
    L’abbraccio dei fedeli ha accolto il Santo Padre anche quest’anno nel cuore di Roma: in centinaia hanno sfidato la pioggia e il freddo e si sono stretti attorno alla statua dell’Immacolata, nel giorno di festa a Lei dedicato. A loro, il Papa ha ricordato come la presenza di Maria dolce e rassicurante che veglia sulle nostre vite, come sulla città intera, ci incoraggia ogni giorno a non avere paura a non lasciarci sopraffare dal male, perché Cristo, Suo figlio, ha vinto il male:

    “Quanto abbiamo bisogno di questa bella notizia! Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Per questo la città ha bisogno di Maria, che con la sua presenza ci parla di Dio, ci ricorda la vittoria della Grazia sul peccato e ci induce a sperare anche nelle situazioni umanamente più difficili”.

    Quindi, il Pontefice ha esortato tutti ad essere sempre attori e protagonisti “a volgere al bene i propri comportamenti, a non dimenticare quelle persone spesso invisibili che popolano la città, sfruttate dai media solo per fare notizia, a resistere a quell’inquinamento dello spirito, che pur essendo meno visibile di quello dell’aria è altrettanto pericoloso e devastante, ci rende cupi, tristi, indifferenti, soli”:

     
    “La città, cari fratelli e sorelle, siamo tutti noi! Ciascuno contribuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Maria Immacolata ci aiuta a riscoprire e a difendere la profondità delle persone. La Madonna ci insegna ad aprirci all’azione di Dio, per guardare gli altri come li guarda Lui: con misericordia, con amore, con tenerezza infinita, specialmente quelli più soli, disprezzati, sfruttati”.

     
    Poi, il Papa ha voluto rendere omaggio pubblicamente a tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare la legge evangelica dell’amore, che manda avanti il mondo e che purtroppo raramente fanno notizia. Infine, Benedetto XVI ha voluto richiamare i romani a prestare l’orecchio alla voce dolcissima di Maria. “Il Suo appello all’amore, silenzioso e pressante non può - ha detto - non essere ascoltato, solo così la città sarà più bella, più cristiana, più umana”.

     
    (canto)

     
    Molte sono state le reazioni alle parole di Benedetto XVI sul ruolo che oggi spesso giocano i media nella nostra società. Rosario Tronnolone ha sentito il prof. Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma:

    R. - Avevamo bisogno di una diagnosi di questo genere, perché da molti mesi, e forse addirittura da molti anni, gli studiosi stanno cercando di attirare l’attenzione sul fatto che i media hanno orchestrato una gigantesca campagna, che noi chiamiamo “gigantografia del male”. E’ vero che il male è tra di noi, ma quello che sta succedendo è impressionante, nel senso che non c’è più proporzione diretta tra il racconto del male e la sua dimensione statistica.

     
    D. - Come lei diceva, questa gigantografia finisce con il deresponsabilizzare in realtà le coscienze...

     
    R. - Ha tre effetti e tutti e tre molto rischiosi e molto negativi, soprattutto se non c’è una presa di coscienza. Ecco, quindi, ancora una volta il plauso. Non è la prima volta che un Papa condanna gli eccessi dei media, ma le parole che Papa Benedetto XVI ha trovato sono davvero singolari e precise. E’ come se il racconto della cronaca nera fosse diventato l’unico modo con cui si racconta il cambiamento della società e degli individui. Il secondo elemento riguarda il pubblico: se noi vediamo cornici del male ovunque, siamo spinti a ritirarci nella vita privata e nel quotidiano in casa, quello che succede è che si innesca la paura dell’altro. Il terzo elemento è il segno che lascia sul nostro tempo: come se le promesse di un mondo più giusto e di un rapporto più civile tra gli uomini fossero ormai eliminate dal nostro scenario.

     
    D. - Tra le critiche che il Santo Padre ha mosso ai media, c’è anche quello dello sfruttamento degli invisibili che raggiungono un momento di popolarità, più o meno positiva, per essere poi abbandonati al nulla…

     
    R. - E’ il rovescio della medaglia. E’ chiaro che costruire l’eccezione e l’irregolarità significa dare cinque minuti di notorietà ad un soggetto che per ragioni di cronaca nera o per il surrealismo dei generi televisivi ottiene l’attenzione della scena. Sono soggetti che meno di altri sono in condizione poi di ritornare alla vita quotidiana. L’ebbrezza del video, la voglia di stare in prima pagina, soprattutto per soggetti che sono culturalmente meno preparati, può diventare - anch’essa - un’arma di perdita di personalità.

     
    D. - Il Santo Padre ha invece invitato a guardare i volti delle persone che ci sono accanto…

     
    R. - Gli "invisibili" mi rendo conto che, dal punto di vista mediato, rappresentano una sfida. Non è vero che non possono far notizia, non è vero perché ci sono dei mezzi di comunicazione - come la rete, ma anche come la radio - nei quali il gettito roboante della cronaca nera è meno frequente che in televisione e sui quotidiani. Questo significa che, industrialmente, un racconto diverso è possibile e dipende soltanto dalla professionalità e dalla cultura dei "media men".

     
    D. - Il Santo Padre ha parlato di tutte quelle persone che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare invece la legge evangelica dell’amore. Perché questo non fa notizia?

     
    R. - La santità dei tempi moderni, che ovviamente sfugge alle prime pagine, è proprio quella che in qualche modo tende a dilatarsi nella vita quotidiana. E’ vero che è la routine la grande sfida per l’uomo moderno. Siamo tutti bravi a dare il meglio di noi nel giorno di festa, ma sono i giorni feriali che mettono alla prova la nostra soggettività e la nostra forza spirituale. Al tempo stesso, però, in un tempo in cui fanno notizia soltanto dimensioni e personaggi apparentemente negativi, abbiamo un estremo bisogno di un riequilibrio della comunicazione. Se questo riequilibrio non ci sarà, le cornici psicologiche dei giovani ne verranno alterate. Alcuni messaggi comunicativi sono davvero tossici per la coscienza e per lo sguardo nei confronti dell’altro. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    L'appello del Papa sulle mine antipersona: armi "disumane", si vieti la produzione e si assistano le vittime causate da questi e altri ordigni

    ◊   “Un appello a tutti gli Stati affinché riconoscano le deplorevoli conseguenze umanitarie delle mine antipersona”. Lo ha levato Benedetto XVI attraverso un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, letto durante la recente Conferenza di Cartagena dedicata al divieto d'impiego, di stoccaggio e di produzione di questi micidiali ordigni. Il Papa ha invocato solidarietà concreta per le vittime, invitando a fare altrettanto anche per le vittime delle bombe a grappolo e delle armi leggere. La garanzia per la pace, ha affermato il Pontefice, non si ottiene con le armi e non può essere solo una “questione militare”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un “grande compito”, che in dieci anni ha portato a un “risultato importante”: quello di “aprire la via a un mondo senza mine antipersona”. Benedetto XVI, nel messaggio firmato dal suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, si congratula con quei Paesi, scrive, che hanno deciso di “liberare” il pianeta dalla minaccia di questi terribili ordigni. E tuttavia, accanto ai riconoscimenti, il Papa guarda avanti: a una “volontà politica e umanitaria” di assistenza alle vittime che, afferma, deve essere rinnovata “ogni giorno”. E guarda soprattutto a un futuro dove non solo le mine antipersona cessino di esigere il loro drammatico tributo di sangue - spesso innocente - ma siano ridotti al silenzio anche gli altri micidiali dispositivi che riempiono gli arsenali di molti Stati e di lutti troppe famiglie. “Come si può discriminare - nota in proposito Benedetto XVI - fra le vittime delle mine antipersona e quelle delle bombe a grappolo o delle armi leggere e di piccolo calibro? Come si può sviluppare un'azione di bonifica di una sola di queste armi senza tener conto delle altre? Come è possibile - incalza ancora - proibire le mine antipersona e continuare a contaminare impunemente ampie zone con armi disumane, come le bombe a grappolo, che in buona parte funzionano come mine antipersona?” La “difesa degli interessi nazionali - asserisce il Papa - non può mai né deve andare a detrimento delle popolazioni civili, in particolare dei più deboli”.

     
    In questo scenario, il Pontefice indica nel “multiralismo rinnovato” un modello di azione diplomatica sperimentato “con innegabili successi” specie nel quadro della Convenzione sulle bombe a grappolo. “Occorre - osserva - incoraggiare la collaborazione fra gli Stati”, come pure con l’Onu, il Comitato internazionale della Croce Rossa e gli altri organismi sovranazionali” affinché di tali ordigni venga vietata la produzione, siano distrutti gli esistenti e siano bonificate le aree dove sono disseminati. La Santa Sede, si legge nel testo del Papa, “fa in questa occasione un appello a tutti gli Stati affinché riconoscano le deplorevoli conseguenze umanitarie delle mine antipersona. In effetti, l'esperienza mostra che queste armi hanno causato più vittime e danni fra la popolazione civile, che bisognerebbe difendere, di quanto siano servite per difendere gli Stati". Al contrario, stigmatizza Benedetto XVI, "le migliaia di vittime che continuano a provocare ci ricordano, nel caso fosse ancora necessario ripeterlo, la chimera di voler costruire la pace e la stabilità con una visione esclusivamente militare”. In questo momento di crisi, ribadisce, "è imperativo non dimenticare il nostro dovere di essere solidali, di condividere e di agire con giustizia nei riguardi dei Paesi più colpiti e meno favoriti".

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    Santa Sede e Federazione Russa stabiliscono piene relazioni diplomatiche

    ◊   La Santa Sede e la Federazione Russa, riferisce un comunicato della Sala Stampa Vaticana pubblicato stamani, “desiderose di promuovere i loro reciproci rapporti amichevoli, hanno deciso di comune accordo di stabilire tra di loro relazioni diplomatiche, a livello di nunziatura apostolica da parte della Santa Sede e di ambasciata da parte della Federazione Russa”.

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    Circensi e fieranti: la sfida dell’accoglienza per la comunità cristiana. Se ne parlerà in congresso da venerdì prossimo in Vaticano

    ◊   Il grande valore educativo e pedagogico dell’arte circense viene sottolineato dall’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti ed itineranti, nel documento che aprirà i lavori del Congresso dei direttori nazionali della pastorale dei circensi e lunaparkisti, che sarà ospitato in Vaticano venerdì e sabato prossimi, 11 e 12 dicembre. Servizio di Roberta Gisotti:

     
    Quasi un secolo e mezzo fa partiva in Belgio, nel 1868, "Action Roulotte", la prima forma di attività pastorale rivolta ai circensi e ai fieranti. In Italia, gli inizi furono a Padova nel 1924. Quindi l’istituzione nel 1970 della Pontificia Commissione per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, elevata poi a Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. Un percorso ricordato da mons. Agostino Marchetto, attraverso le tappe segnate dai congressi internazionali per mettere in comune le esperienze di sacerdoti ed operatori dedicati a questo particolare servizio ecclesiale, come spiega il presule al microfono di Fabio Colagrande:

     
    "Una delle caratteristiche del mondo dei circhi e delle fiere è la mobilità. Si stima che, in media, un circo cambi il luogo di sosta ogni settimana. Questi continui spostamenti e una certa provvisorietà di vita non permettono così ai circensi e ai fieranti di usufruire della pastorale ordinaria che viene offerta ai fedeli nelle parrocchie".

     
    Purtroppo, lamenta mons. Marchetto, gli operatori a tempo pieno in questo settore sono pochi, a fronte di nuove sfide come globalizzazione, nuove tecnologie di comunicazione e d’informazione e stili di vita e di consumo. “Processi - sottolinea il presule - che si ripercuotono negativamente sulla dimensione economica dei circensi e fieranti, e non di rado anche su quella umana e religiosa, sui rapporti interpersonali, sul rispetto della dignità, sul credo religioso”.

     
    "Certamente, il cappellano da solo non può rispondere alle sfide pastorali che ciò comporta. L’attenzione specifica ai circensi e fieranti richiede comunque alla comunità cristiana maggior coinvolgimento di tutte le persone e realtà ecclesiali, come diocesi, parrocchie, istituti religiosi, movimenti, ecc.".

     
    Così, “l’accoglienza e l’ospitalità che le parrocchie riserveranno a circensi e fieranti potranno essere - auspica mons. Marchetto - di sprone anche alla società civile per praticare una maggiore attenzione e apertura verso queste persone”. Del resto, il mondo dei circhi, delle fiere e dei lunapark “ha codici di cultura e di tradizione degne di considerazione e rispetto”.

     
    Tra le priorità di questo rinnovato impegno pastorale mons. Marchetto evidenzia alcuni ambiti: la famiglia, il significato della festa, l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, l’istruzione di bambini e ragazzi e la formazione professionale dei giovani circensi e fieranti, sostenuta, quest'ultima, negli ultimi anni dall’Unione Europea e da varie organizzazioni circensi, attraverso progetti di educazione a distanza, per scongiurare rischi di esclusione sociale.

     
    L’arcivescovo Marchetto conclude con accenti positivi di fede e speranza, laddove evidenzia il grande valore educativo e pedagogico dell’arte circense, oggi riconosciuto in campo sociale per favorire responsabilità e socialità, tanto da proporla negli ospedali, nelle scuole e nei centri sociali giovanili, dove si sperimentano clowneria, giocoleria, acrobatica, oltre alla comicoterapia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Maria e la città: in prima pagina, un editoriale del direttore sul tradizionale discorso di Benedetto XVI pronunciato davanti alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna.

    Obiettivo di un media cristiano è diffondere il volto autentico della Chiesa: all’udienza generale il Papa saluta i rappresentanti di una televisione cattolica francese. 

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la conferenza di Copenaghen sul clima.

    Tre giorni di convegno a Roma su “Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto”: in cultura, i contributi di Andrea Riccardi, Michele Lenoci, Giorgio Israel e Mariarosa Mancuso.

    La “Tempesta” che travolse la pittura: Antonio Paolucci sulla mostra, a Castelfranco Veneto, su Giorgione, a cinquecento anni dalla morte.

    Uno stralcio dall’omelia del cardinale Tarcisio Bertone nella celebrazione eucaristica per il quarto centenario della fondazione della Biblioteca Ambrosiana.

    Quella lenta e grandiosa dinamica storico-religiosa: Roberto Pertici ricorda Gabriele De Rosa.

    La chiusura della controversia dei riti: nell’informazione religiosa, un articolo sui settant’anni dell’Istruzione della Sacra Congregazione di Propaganda Fide.

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    Oggi in Primo Piano



    Padre David Jaeger: la questione sullo status di Gerusalemme dovrà essere definita in ambito internazionale, sotto l'egida dell'Onu

    ◊   Torna in evidenza la questione dello status di Gerusalemme. L’Unione Europea ha chiesto ieri che la “Città santa” per ebrei, cristiani e musulmani, divenga la futura capitale dei due Stati, palestinese e israeliano. Alla linea espressa da Bruxelles le controparti hanno risposto con forti riserve. Ma quale sarebbe la soluzione ideale per lo status di Gerusalemme? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre David Jaeger, esperto delle realtà legate alla Terra Santa:

    R. - Certamente, le risoluzioni delle Nazioni Unite hanno riservato la disposizione definitiva dello status di Gerusalemme alla comunità internazionale, per essere sicuri che in ogni caso certi valori, diritti ed interessi legittimi - la cui titolarità non è necessariamente presso i due Stati territoriali interessati - siano salvaguardati. La Santa Sede, in particolare, ha sempre sostenuto questo orientamento della comunità internazionale, ed auspica per Gerusalemme uno statuto speciale internazionalmente riconosciuto. Questo, naturalmente, implica uno strumento giuridico internazionale che vada oltre qualsiasi accordo bilaterale: salvaguardare, quindi, in particolare la libertà di religione e di coscienza; parità di condizione giuridica delle tre grandi religioni monoteistiche, delle loro istituzioni e dei loro seguaci; tutela del carattere speciale di Gerusalemme in tutte le sue parti; la salvaguardia dei luoghi santi… Comunque sia, Israele e Palestina non sono abilitati a disporre di Gerusalemme, se non avranno riconosciuto, le Nazioni Unite, che le finalità della comunità internazionale siano state rispettate.

     
    D. - Fare di Gerusalemme il punto di incontro di religioni, di etnie e di diversità: è un sogno ancora possibile, oggi?

     
    R. - Gerusalemme è un punto di incontro del genere. Il presidio giuridico internazionale è richiesto perché tale incontro avvenga in condizioni di parità e di rispetto dei diritti e degli interessi legittimi di tutti.

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    Gli incontri settimanali nel periodo di Avvento tra i giovani della diocesi di Parma e il loro vescovo, mons. Solmi. Intervista con don Paolo Salvadori

    ◊   L'Avvento e i "martedì del vescovo". Per i giovani diocesi di Parma, queste settimane di preparazione al Natale sono scandite dall'incontro settimanale con il loro vescovo, mons. Enrico Solmi, incentrati sul tema della responsabilità. Una iniziativa che il sacerdote responsabile della Pastorale giovanile della diocesi, don Paolo Salvadori, descrive al microfono di Federico Piana:

    R. - Sono incontri che il nostro vescovo ha lanciato dall’anno scorso per i giovani, per mettersi con loro in ascolto della Parola di Dio e per mettere noi in loro ascolto, cioè per dare loro lo spazio di parlare, di dialogare e fare domande.

     
    D. - Perché il vescovo ha deciso proprio di aprire a un ascolto così particolareggiato?

     
    R. - Anzitutto, perché tutti dobbiamo metterci in ascolto della Parola di Dio e il vescovo è stato il primo. Quest’anno, nella sua lettera pastorale, ha iniziato dicendo: “Pensando a voi mi viene facile collegarvi ad una ragazza, Maria, che un giorno come tutti gli altri ha avuto la vita cambiata dall’incontro con il Signore”. Dunque, ascoltare la Parola di Dio e poi mettersi in ascolto dei giovani, con il desiderio di crescere con loro e assieme a loro, e anche di farli crescere, di dare loro l’occasione di dire ciò che hanno nel cuore, di porre le domande grandi che portano dentro, per le quali tante volte nessuno dà loro lo spazio se non, spesso, nella banalità di un quotidiano, nelle notizie che circolano normalmente e che di solito mettono in luce solo il negativo. E allora proviamo a conoscere questi giovani, a vedere con loro che cosa sta nascendo.

     
    D. - Lei, don Paolo, ha detto recentemente che questi incontri sono nati anche per liberare i giovani. In che senso?

     
    R. - Noi siamo convinti che i giovani abbiano un grande potenziale, però dipende da cosa ne fanno. Sono il futuro, ma questo futuro va curato, bisogna prenderlo sul serio. Bisogna incontrare i giovani perché, se non li si conosce, restano molte volte dei pregiudizi di fronte ai loro atteggiamenti, che evidentemente sono atteggiamenti di gente che cerca la propria autonomia e che cerca di differenziarsi dalle generazioni che li hanno preceduti. Quindi, si tratta di un grande potenziale che intendiamo "liberare" nel senso più bello, nel senso di dire: “Portate a compimento quello che di bello c’è nella vostra vita”.

     
    D. - Perché avete scelto proprio il periodo di Avvento per fare questi incontri di catechesi?

     
    R. - Li facciamo in Avvento e in Quaresima. Sono tempi "forti" e quindi anche il clima di preghiera che avvolge questi momenti liturgici della Chiesa penso sia un aiuto. L’Avvento, poi, è una preparazione: è sempre un momento in un certo senso penitenziale e quindi un momento in cui si offre un tempo prezioso per la propria crescita spirituale, per il proprio rinnovamento spirituale.

     
    D. - Quindi, spazio anche alla speranza, non solo alla penitenza, don Paolo...

     
    R. - La speranza e anche la gioia contraddistinguono l’Avvento cristiano e contraddistinguono le letture che ascoltiamo ogni domenica in questo periodo. Certamente, è un clima che invita tutti a fare qualcosa di più per prepararsi, per crescere nell’attesa del Signore che viene. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Chiesa e Società



    Lettera del clero cinese: si vive fase di "transizione" tra Cina e Vaticano

    ◊   In Cina, la comunità cattolica si sente “sostenuta ed incoraggiata” dalla Chiesa di Roma. Le lettere del cardinale Tarcisio Bertone ai sacerdoti in occasione dell’Anno Sacerdotale e di Benedetto XVI ai cattolici nel 2007 confermano la “comprensione” e “l’amore” mostrate dal Papa e dal segretario di Stato vaticano alla Chiesa del Paese asiatico. E’ quanto scrivono in una lettera, ripresa dall'agenzia Fides, alcuni vescovi e sacerdoti cinesi sottolineando che, dopo la diffusione del testo del Santo Padre, “l’atmosfera di tensione è stata in parte smorzata”. “Gradualmente è venuta a crearsi un’atmosfera di riconciliazione” ed anche se ci vorrà “del tempo per arrivare ad una completa riunione e comunione”, la via del dialogo e della cooperazione è stata ormai aperta. Sebbene ci vorrà del tempo per normalizzare i rapporti tra Cina e Vaticano, ribadiscono, è iniziato un “periodo di transizione” e bisogna quindi prepararsi prima della “normalizzazione delle relazioni”. Ma in questo cammino di riconciliazione – fanno notare alcuni vescovi e sacerdoti cinesi – emergeranno “nuovi problemi e contrasti”. Non si deve però continuare a discutere su chi abbia ragione o torto. Come scrive anche il cardinale Tarcisio Bertone – affermano alcuni vescovi e sacerdoti cinesi - si deve porre l’attenzione “sul Sommo Sacerdote Gesù Cristo” e sull’esempio di San Giovanni Maria Vianney. Presbiteri e presuli cinesi ricordano poi le priorità già indicate nelle loro esortazioni dal Papa e dal cardinale Tarcisio Bertone. Si devono “coltivare le virtù sacerdotali”, promuovere la “formazione umana” e organizzare “meglio le comunità della Chiesa”. Di fronte ai “nuovi fenomeni e ai nuovi problemi emersi in questo tempo nella Chiesa cattolica in Cina”, la lettera del cardinale segretario di Stato, “con la sua luminosa speranza”, indica inoltre una “chiara direzione”, ponendosi “in linea con la spiritualità e il pensiero teologico dei Papi”: “Ribadisce anche il principio e la direzione del dialogo e della riconciliazione secondo le attuali circostanze e l’evolversi delle relazioni tra Cina e Vaticano”. I presbiteri cinesi – scrivono infine alcuni vescovi e sacerdoti del Paese asiatico – sono “caldamente incoraggiati” dall’esortazione di San Giovanni Maria Vianney e dal “suo invito che infonde speranza”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Domani ultimo saluto a Gabriele De Rosa, storico del movimento cattolico

    ◊   È morto ieri nella sua casa romana lo storico ed ex senatore Gabriele De Rosa, primo docente di Storia contemporanea. La camera ardente è allestita all’Istituto Luigi Sturzo, in via delle Coppelle a Roma. I funerali avranno luogo domani alle 11,30 nella chiesa di Sant’Agostino. Tra le sue opere principali ci sono “Storia dell’Italia religiosa”, pubblicata in tre volumi, e “Storia del movimento cattolico”, edite da Laterza. Nato a Castellammare di Stabia il 24 giugno del 1917 è stato un innovatore del metodo di ricerca sulla storia religiosa. “Ufficiale dei granatieri a El Alamein, membro della resistenza nella Roma occupata dai nazisti, primo biografo ‘autorizzato’ da don Luigi Sturzo, di cui raccolse dalla viva voce le memorie e i ricordi – scrive Avvenire - portava in quell’ambiente accademico, di cui era membro e protagonista, una passione civile, un’attenzione al tempo presente, un’analisi profonda e un amore per i poveri e i perseguitati davvero unici”. (A.L.)

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    Per il vescovo di Baghdad, Warduni, la strage di ieri è una risposta all'accordo sulle elezioni

    ◊   Una risposta “incivile e incosciente” al recente accordo sulla legge elettorale, che ha colpito “civili innocenti, fra cui donne e bambini” vittime di “interessi di partiti, etnie e nemici esterni” davanti ai quali “proviamo un senso di impotenza”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, all’indomani dei cinque attentati che hanno insanguinato le strade della capitale irakena. Nel mirino dei terroristi la zona di Nahda, che ospita alcuni edifici del Ministero degli interni. Danneggiata anche la sede del Patriarcato cattolico caldeo: l’onda d’urto provocata dall’esplosione ha distrutto porte e finestre dell’edificio. “Gli irakeni sono provati – spiega mons. Warduni – da una serie di attacchi incivili e incoscienti, che hanno ucciso, mutilato, ferito anche vittime innocenti, come donne e bambini”. La Chiesa è “preoccupata” per la deriva di violenze e terrore che insanguina l’Iraq; “la mancanza di sicurezza spinge le persone a fuggire” e fra la gente serpeggia un clima di “demoralizzazione, paura, sfiducia”. L’ausiliare di Baghdad aggiunge che “il governo non ha la forza per assicurare la pace”, la legge non viene rispettata e “i molti nemici esterni del Paese contribuiscono a complicare ancora di più il quadro”. “In Iraq vi è un grave problema politico e di interessi – spiega – che riguarda l’intera comunità internazionale. I poveri, la popolazione è chiusa in una trappola da cui non riesce a uscire”. Gli attentati all’indomani dell’accordo sulla legge elettorale, prosegue il prelato, sono la dimostrazione degli “interessi di partiti ed etnie” che perseguono la logica della violenza piuttosto che lo scontro politico. “Il mondo si allontana da Dio e va per conto suo – conclude mons. Warduni – e anche i cristiani sono deboli. Bisogna avere più ardore nella fede cristiana. Pregare per la pace”. (R.P.)

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    L'arcivescovo di Kinshasa condanna le violenze contro i religiosi nel sud Kivu

    ◊   Ferma condanna per gli atti di violenza subiti da esponenti religiosi nell’aera di Bukavu, capoluogo del Sud-Kivu (nordest della Repubblica Democratica del Congo) è stata espressa stamani da mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo della capitale, Kinshasa. In una conferenza stampa appositamente convocata oggi e ripresa dall'agenzia Misna, il presule si è detto “molto preoccupato” per la situazione nella zona alla luce delle violenze di cui nelle ultime 72 ore sono stati oggetti religiosi locali: l’uccisione di un sacerdote a Kabare, padre Daniel Cizimia, di una religiosa a Murhesa, suor Denisa Kahambo Murahiwra e l’aggressione a mano armata subita dalla congregazione dei missionari barnabiti, e sulla quale per ora non si hanno ancora dettagli. “Stigmatizziamo tali atti di violenza che portano al peggioramento della situazione di sicurezza – ha detto mons. Monsengwo – e chiediamo allo stato congolese e alla Missione Onu nel paese (Monuc) di adottare provvedimenti davvero efficienti per fermare l’escalation di violenza, identificare i colpevoli, consegnarli a una giustizia equa e garantire la protezione delle persone”. Secondo l’arcivescovo, le aggressioni subite dai religiosi sono state “intenzionalmente dirette contro la Chiesa cattolica e la sua missione di pace e di riconciliazione”. Ieri Jean-Claude Kibala, vice-governatore del Sud-Kivu, aveva confermato la morte di suor Denise, uccisa lunedì sera verso le 19.30 quando un gruppo di circa otto individui in divisa si è introdotto nel monastero di ‘Notre Dame de la Clarté’ a Murhesa, 20 chilometri da Bukavu. La religiosa è stata uccisa, con un colpo d’arma da fuoco sparato a distanza ravvicinata di fronte a testimoni nel corridoio dell’edificio. Gli aggressori sono fuggiti senza rubare nulla. Secondo Kibala, lo scopo dei non meglio precisati “assalitori” sarebbe quello di seminare discordia e contrapporre la popolazione all’esercito, alla polizia e alle autorità. (R.P.)

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    I vescovi della regione dei Grandi Laghi in visita alla nunziatura apostolica di Kinshasa

    ◊   “I nomi di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono legati alla storia dell’Africa e della sua Chiesa, in particolare nella regione dei Grandi Laghi”: è quanto ha affermato mons. Pedro Cepeda, segretario della nunziatura apostolica della Repubblica Democratica del Congo ricevendo i vescovi di Congo, Rwanda e Burundi in occasione del giubileo d’oro per l’erezione della gerarchia locale dei tre Paesi e per il giubileo d’argento dell’Aceac, l’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale. “I papi sono sempre stati al vostro fianco nelle sofferenze – ha aggiunto mons. Cepeda – hanno fatto del loro meglio per la pace e la giustizia e per attirare l’attenzione della Comunità internazionale sui problemi dell’Africa”. Per mons. Cepeda i due giubilei devono offrire un nuovo slancio all’evangelizzazione, devono indurre a cercare nuovi metodi e ad aprirsi a nuove realtà, devono indurre a trovare sinergie fra le Chiese e a coinvolgere sempre di più i laici. “Questi avvenimenti ci invitano a guardare il mondo moderno in una nuova maniera – ha proseguito mons. Cepeda – a collaborare con gli uomini di buona volontà nella costruzione di un nuovo avvenire di pace e di giustizia per l’Africa. Nel cuore dell’Africa, la Chiesa deve continuare ad illuminare la storia umana alla luce della Verità e del Calore dell’amore di Gesù Cristo”. Evocando il venticinquesimo anniversario della nascita dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale e il cinquantenario delle Conferenze episcopali di Congo, Rwanda e Burundi, padre Ferdinand Banga, segretario generale dell’Aceac, ha ricordato una scena emblematica: “Durante la messa conclusiva alo stadio dei Martiri di Kinshasa, migliaia di fedeli, politici, poliziotti e religiosi si sono tenuti per mano”. E’ un gesto che ci ricorda la “necessaria corresponsabilità di tutti nel garantire una regione più unita e pacifica”. “Siamo tutti costruttori e protettori della pace e della riconciliazione tra i popoli. (T.C.)

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    RD Congo: in costruzione l’Istituto panafricano che insegnerà la Dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha posto, lo scorso 3 dicembre a Kinshasa, in Congo, la prima pietra dell’Istituto panafricano per l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa che sarà integrato nell’Università cattolica della Repubblica Democratica del Congo. Il progetto di fondare un istituto per formare leader politici e sociologi, ha rivelato mons. Laurent Monsengwo, risale al 2005, fu appoggiato dalla Conferenza episcopale ed ebbe la benedizione di Giovanni Paolo II. Mons. Nicolas Djomo, presidente della Conferenza episcopale congolese ha annunciato che l’istituto sarà intitolato al cardinale Martino per ricordare il contributo del porporato nel progetto e ha lanciato un appello agli uomini e alle donne di buona volontà, così come ad istituzioni ed organismi sociali, per sostenere finanziariamente la realizzazione del progetto. A Kinshasa il cardinale Martino ha anche preso parte al Colloquio internazionale organizzato dall’Università cattolica sul tema dell’autonomia e della collaborazione fra le tre Chiese dell’Aceac, l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Centrale. Nel suo intervento ha presentato l’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate” sottolineando che l’economia e la politica mondiale potranno essere purificate dall’amore e dalla verità. Il porporato ha inoltre parlato delle problematiche attuali dell’Africa chiamata ad affrontare le sfide della povertà lì dove le risorse naturali alimentano conflitti. Il cardinale Martino ha anche aggiunto che l’Africa deve far fronte al diritto alla vita e al lavoro e ha rivolto uno speciale invito ai politici perché vengano superate ideologie ormai obsolete sulle relazioni nord-sud, est-ovest. Ai leader intervenuti al convegno il porporato ha anche donato un “kit di formazione” con l’enciclica "Caritas in veritate" e il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Filippine: la Chiesa fa sentire la sua voce sulla legge marziale a Maguindanao

    ◊   L’uso della legge marziale a Maguindanao dev’essere una misura estrema e di breve durata: l’obiettivo è infatti quello di combattere l’impunità e ristabilire lo stato di diritto. Un serio problema da affrontare è la circolazione e la proliferazione delle armi, che acuiscono il problema della violenza, pubblica e privata, a Mindanao. Su questi due nodi fondamentali – la legge marziale e le armi – nei giorni scorsi la Chiesa cattolica filippina ha fatto sentire la propria voce chiedendo il rispetto di principi come la pace, la legalità, la tutela della dignità e dei diritti umani. La legge marziale nella provincia di Maguindanao, proclamata il 5 dicembre dal governo filippino, serve a combattere una possibile “ribellione armata”, dopo l’arresto di Andal Ampatuan Jr – ritenuto responsabile diretto della strage di Maguindano del 23 novembre, in cui sono morte 57 persone –, di Andal Ampatuan Sr, il “patriarca” del clan, e di numerosi miliziani al servizio del gruppo politico. Come l’agenzia Fides apprende dalla Conferenza episcopale delle Filippine, la Chiesa, pur condividendo la necessità di arginare la violenza, chiede al governo di “agire per la pacificazione e garantire la protezione dei diritti umani nell’area”. Attraverso il suo nuovo presidente, mons. Nereo Ochimar, vescovo di Tandag, sull’isola di Mindanao, la Conferenza episcopale invita il governo a utilizzare la legge marziale “per breve tempo”, al fine di “evitare abusi di potere e non generare il sospetto che dietro il provvedimento vi sia un’agenda nascosta”. Il vescovo ha rimarcato che “l’esercizio del potere civile dev’essere orientato alla promozione del bene comune”, sottolineando l’urgenza di “assicurare alla giustizia i responsabili della strage”. Per mons. Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato: “Quanto più lunga è la legge marziale, tente più saranno le violazioni dei diritti umani”, aggiungendo che la complessa questione di Mindanao, “non può risolversi con lo stato di emergenza”, ma necessita di un ripensamento globale e a lungo termine. La Chiesa ha anche messo in luce un altro problema: la proliferazione delle armi leggere a Mindanao, che aggrava il clima diffuso di violenza e di “giustizia sommaria”. La diffusione illegale di armi leggere nelle Filippine Sud – si sottolinea – contribuisce infatti all’aumento esponenziale di feriti, morti, violazioni dei diritti umani, alimentando la guerra fra bande rivali. Si calcola che oltre 1,1 milioni di armi illegali, senza licenza, circolino nelle Filippine, in larga percentuale nel Sud. Il punto è che anche i civili hanno iniziato ad armarsi per difendersi dalla violenza imperante. (R.P.)

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    Sri Lanka: attacco ad una chiesa cattolica. I sospetti sugli estremisti buddisti

    ◊   “Un gruppo di oltre mille persone armate di bastoni, spade e pietre hanno preso d’assalto la chiesa alla presenza mia e dei parrocchiani. Avevo appena finito di parlare ai fedeli alla messa delle 7. Hanno demolito statue, altare e sedie: hanno distrutto tutto ciò che c’era”. Così padre Jude Lakshman, parroco di Nostra Signora della Rosa Mistica a Crooswatta racconta all'agenzia AsiaNews l'assalto compiuto alla sua chiesa nella mattina di domenica scorsa. La folla ha dato fuoco anche ai veicoli parcheggiati fuori dalla chiesa inseguendo e ferendo alcuni dei fedeli. L’assalto del 6 dicembre è l’ennesimo fatto di violenza contro la chiesa del villaggio di Crooswatta, presso Kotugoda. Fra le 293 famiglie cattoliche della parrocchia il timore si mescola alla rabbia. “È evidente che l’attacco era ben programmato e che la folla aspettava la nostra uscita dalla chiesa dopo la messa”, dice padre Lakshman. Per garantire la sicurezza dei fedeli e prevenire nuovi assalti, alcuni soldati del vicino campo dell’aeronautica militare di Ekala presidiano la zona. La polizia ha arrestato 11 sospetti indagando tra i gruppi buddisti estremisti che già in passato hanno colpito la chiesa. Nostra Signora della Rosa Mistica è da tempo causa di attrito tra le comunità cattoliche e buddiste di Crooswatta. Negli ultimi quattro anni estremisti hanno impedito il completamento della costruzione della chiesa che sorge nell’area limitrofa ad un monastero buddista. Già nel 2006 e nel 2007 la chiesa era stata presa di mira da estremisti buddisti portando alla sospensione dei lavori di completamento dell’edificio. Il 28 luglio 2008 la Corte suprema ha dato il via libera per la conclusione della costruzione. Ed il parroco aggiunge: “Abbiamo anche ricevuto il permesso per celebrare messa, svolgere il catechismo ed altre attività della comunità”. Dopo l’ultimo attacco, le autorità hanno riconfermato che nulla cambia della decisione della Corte sulla chiesa di Crooswatta. Ma tra i fedeli ora c’è il timore per la loro sicurezza e lo sconforto per l’ennesimo ritardo nei lavori. “Avevamo in programma di concludere il tetto per questa domenica - dice padre Lakshman - ed il 13 dicembre speravo di poter accogliere i fedeli al coperto per la festa di Nostra Signora della Rosa Mistica”. (R.P.)

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    Orissa: l'opera della Chiesa per ricostruire il tessuto sociale e la convivenza con gli indù

    ◊   Per i cristiani in Orissa oggi parla la “dura realtà dei fatti” che indica che “la Chiesa ha un importante ruolo da svolgere a livello di base nella ricostruzione della società civile e nel dare coraggio e forza alle vittime”. È il giudizio di John Dayal, fondatore e leader dell’All India Christian Council (Aicc), sul lungo elenco di problemi ancora aperti per i cristiani dello Stato indiano a più di un anno dal pogrom dell’agosto 2008 ad opera dei radicali indù.  Reduce da un viaggio nelle zone più colpite dalle violenze - riferisce l'agenzia AsiaNews - ed in particolare da un sopralluogo nel distretto del Kandhamal, Dayal afferma che “buona parte delle 5 mila case di cristiani distrutte non sono ancora ricostruite”, che “migliaia dei 50 mila rifugiati non sono ancora tornati a casa” e che “minacce e sopraffazione continuano ancora oggi”. Il leader dell’Aicc aggiunge all’elenco ormai noto di morti, distruzione e processi finiti nel nulla anche delle considerazioni sulla società civile dello Stato che “se mai è esistita, oggi giace inerte”. Gli elementi che più preoccupano Dayal sono due: la mancanza di un comune sentire nella popolazione e l'assenza delle basi necessarie per recuperare la convivenza armoniosa che contraddistingue la millenaria tradizione indiana. “Fatta eccezione per qualche partito di sinistra che ha protestato – dice il fondatore di Aicc –, l’apparato politico, inclusi i gruppi considerati amici, è rimasto in silenzio ed invisibile” davanti ai fatti del dicembre 2007 e dell’agosto 2008. Stesso discorso vale per i media, soprattutto quelli locali, “influenzati da forti pregiudizi”. Oggi “la società civile e le istituzioni di pace devono tornare a vivere”. Dayal afferma che alcuni gruppi e associazioni hanno ripreso a vedersi in modo sporadico per ricostruire il tessuto sociale della regione, “ma difettano nella condivisione delle informazioni e delle idee”.  Tra le iniziative più significative in questa direzione il leader dell’Aicc cita l’incontro promosso in novembre a Bhubaneshwar da padre Ajay Kumar Singh e Dhirendra Panda. Vi hanno preso parte le vittime delle violenze, gruppi di Dalit e di donne, attivisti per i diritti umani ed anche rappresentanti dei partiti politici, con la sola eccezione per gli indù del Bharatiya Janata Party (Bjp). Per Dayal l’incontro di Bhubaneshwar è una buona indicazione per la strada da percorrere, ma è solo l’accenno di un inizio che ancora fatica a prendere forma. Per rivitalizzare la società civile, contribuire ad una maggior coscienza dei bisogni della popolazione e fare pressione sulle autorità ed anche i tribunali, Dayal indica come decisivo il ruolo delle istituzioni religiose locali.  “La Chiesa – spiega il fondatore dell’Aicc – ha un importante ruolo da svolgere a livello di base nella ricostruzione della società civile e nel dare coraggio e forza alle vittime”.  Anche se vittima, “fatta a pezzi” e “ferita nel profondo”, è ad essa che resta affidata la responsabilità di porre le basi per ricostruire la società dell’Orissa e rendere lo Stato un luogo in cui i cristiani possano vivere liberi, sicuri ed in armonia con le altre religioni. (G.C.)

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    Lettera dei vescovi boliviani al neoeletto presidente Evo Morales

    ◊   I vescovi della Bolivia hanno inviato una lettera al presidente Evo Morales, rieletto per un secondo mandato con oltre il 62% dei voti. E’ quanto rende noto un comunicato dell’episcopato boliviano nel quale si precisa che i presuli si complimentano per la sua rielezione sino al 2015 a capo dello “Stato plurinazione della Bolivia”, il nuovo nome del Paese da quando è entrata in vigore la nuova Costituzione. I presuli auspicano per Morales, in questo secondo mandato, il maggior numero possibile “di successi al servizio del popolo e in particolare dei più bisognosi”. Inoltre i vescovi si complimentano con il popolo boliviano poiché “ha esercitato il suo diritto al voto, in modo pacifico e responsabile, dimostrando ancora una volta la sua profonda vocazione democratica”. “Vediamo nella partecipazione di massa al voto – sottolineano i vescovi - il desiderio di cercare soluzioni durature attraverso la via del dialogo e del consenso, con la collaborazione di tutti i settori e istituzioni della società, inclusa le minoranza”. “Nel rispetto della reciproca autonomia e in conformità con i principi permanenti della dottrina sociale della Chiesa, della persona umana, del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà – osservano i presuli - confermiamo al presidente la nostra disponibilità a collaborare nel servizio della vocazione personale e sociale di tutti gli abitanti della Bolivia, con speciale cura per i poveri”. La lettera si conclude “con preghiere al Signore della vita e della storia affinché illumini il nuovo governo e guidi la patria boliviana lungo i sentieri della prosperità, nella giustizia, nella fratellanza e nella pace”. (A cura di Luis Badilla)

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    La Chiesa colombiana dice “no” alla pillola del giorno dopo

    ◊   In Colombia Il vescovo ausiliare di Bucaramanga, mons. Juan Vicente Córdoba Villota, segretario della conferenza episcopale, giudica “abortiva nonché immorale” una proposta recente del candidato alla presidenza della Repubblica, Rafael Pardo, che propone la distribuzione gratuita della pillola del giorno dopo alle ragazze minori di 15 anni. Secondo Rafael Pardo si tratta di un metodo per combattere le gravidanze in età adolescenziale. “L’uso di questa pillola non è per niente conveniente perché attenta alla salute delle donne e, inoltre, è chiaramente un mezzo abortivo”, ha osservato il presule. Il vescovo ha poi sottolineato “che si deve promuovere tutto ciò che è necessario realizzare per non provocare danni alla salute delle nostre ragazze”. Certamente – ha aggiunto - questa pillola non è proprio un modo di “proteggere le adolescenti”. Che questo farmaco abortivo sia danno per la salute di chi lo usa “non è una questione di sagrestia bensì ciò che insegna e dice la ricerca scientifica”, ha rilevato mons. Juan Vicente Córdoba. D’altra parte, il vescovo di Pereira, mons. Tulio Duque Gutiérrez, rivolgendosi direttamente al candidato gli ha chiesto di correggere quanto ha detto e chiesto di ritirare la proposta poiché “è immorale”. Rafael Pardo, membro del partito liberale, attualmente all’opposizione, ha presentato alcune settimane fa la sua candidatura per le elezioni presidenziali di maggio 2010. Ha introdotto nella sua campagna, quale tema di discussione rilevante, la lotta contro le gravidanze adolescenziali, fenomeno che caratterizza la quasi totalità delle nazioni latinoamericane. Questo - ha spiegato - è possibile solo introducendo la distribuzione di massa della pillola del giorno dopo. Pardo ha ricordato che in Colombia questo tipo di gravidanze si sono duplicate nelle ultime due decadi e questo, ha aggiunto, “non fa altro che peggiorare la situazione di molte ragazze che restano intrappolate nella povertà dalla quale è molto difficile uscire”. Pardo ha anche affermato che la pillola del giorno dopo non è abortiva come sostengono la Chiesa e numerosi scienziati. Per il candidato si “tratta di una soluzione d’emergenza” poiché - ha riconosciuto - la soluzione “è l’educazione e la prevenzione”. Da parte sua, il procuratore generale della Colombia, Alejandro Ordóñez, condividendo la posizione della Chiesa, ha ricordato che, seppure la vendita di questa pillola in Colombia oggi sia libera, si “sa che comunque è un mezzo abortivo”. Diversi studi latinoamericani recenti analizzano le gravidanze in tre periodi di età: 10–14, 14–16 e 17–19 anni e giungono alla conclusione che sono in aumento in tutte questa fasce d’età. Sono ormai una vera piaga sociale. Spesso queste ragazze vengono abbandonate dal padre del loro figlio, anche lui normalmente adolescente, e non di rado abbandonate anche dalla loro famiglia. Se prima già erano povere, dopo la gravidanza sprofondano in una situazione ancora più grave. Molte fanno parte dell’esercito dei nuovi poveri che cresce ogni giorno. In America Latina tutte le Conferenze episcopali hanno dei programmi per assistere e aiutare queste ragazze durante e dopo la gravidanza. Non poche istituzioni si occupano di quelle che decidono di non interrompere la gravidanza. Si deve però incentivare la questione fondamentale che aspetta soprattutto allo Stato: l’informazione, la prevenzione e soprattutto l’educazione all’amore e alla vita. (L.B.)

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    Bolivia: “Settimana della Carità” a Cochabamba, un’esperienza per condividere

    ◊   Dal 6 al 13 dicembre nell'arcidiocesi di Cochabamba si tiene la "Settimana della Carità" che ha tra i suoi obiettivi quello di migliorare l'esperienza della carità nella comunità parrocchiale attraverso la conoscenza delle diverse espressioni di servizio e della condivisione dei beni. Questa attività, organizzata dalla Caritas parrocchiale, mira anche a creare un clima di solidarietà nella comunità e a scoprire le esigenze della carità attraverso la conoscenza della dottrina Sociale della Chiesa. La Caritas – riferisce la Fides - ha messo a disposizione diverso materiale per favorire la celebrazione della Settimana, tra cui una guida liturgica e un poster. La “Settimana della Carità” è stata lanciata domenica scorsa in tutte le Sante Messe celebrate nelle parrocchie dell’arcidiocesi. Il programma è ricco di attività in ogni parrocchia. Oggi è prevista, in particolare, la conferenza sul tema "La Caritas parrocchiale attraverso l'insegnamento sociale della Chiesa". Domani si terrà l’incontro sulle esperienze delle Caritas parrocchiali nelle vicarie. Domenica prossima infine si celebrerà la Giornata arcidiocesana della solidarietà. (A.L.)

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    In Messico, Congresso giovanile sui diritti umani

    ◊   Guidati dallo slogan “Giovani gioiosi ed impegnati per i nostri diritti e doveri, per un mondo migliore”, oltre 300 giovani di Ciudad Juárez hanno partecipato, il 28 e il 29 novembre, al I Congresso giovanile sui Diritti umani, promosso dal Movimento Giovanile Salesiano (Mgs) della città. L’evento - riferisce l'agenzia Fides - ha fornito ai ragazzi l’opportunità di riflettere sull’importanza, i fondamenti e l’attuale realtà del rispetto della dignità di tutte le persone. Un esercizio compiuto in un ambiente giovanile, illuminato dalla fede e nelle tipiche espressione della spiritualità salesiana. A fronte della difficile situazione della città, ritenuta una delle città più violente del Messico, per la sistematica violazione dei diritti individuali e collettivi, i giovani hanno espresso il loro desiderio di non perdere la speranza, una speranza che può diventare realtà con l’impegno di ogni persona. Attraverso varie attività i giovani hanno potuto identificare situazioni negative che li toccano nel privato e nelle realtà in cui vivono, lavorano e studiano. I ragazzi hanno evidenziato quelle pratiche considerate ottimali per prevenire le violazioni e promuovere il rispetto della dignità di ogni persona. Come risultato delle due giornate di riflessione, svoltesi presso il seminario diocesano di Ciudad Juárez, i ragazzi hanno prodotto una dichiarazione congiunta, pubblicamente pronunciata nel corso dell’Eucaristia che ha concluso il Congresso. (R.P.)

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    Kenya: il Consiglio delle Chiese chiede che la nuova Costituzione tuteli la vita umana

    ◊   Secondo il Consiglio Nazionale delle Chiese del Kenya (Ncck), la nuova costituzione in fase di elaborazione dovrà garantire il rispetto totale e la tutela della vita umana. Il Ncck ha anche chiesto al Comitato di esperti di produrre due documenti in cui si evidenzino i diversi sistemi di governo. In un comunicato stampa, dal titolo: “Kenyans, Build Consensus Genuinely”, pubblicato alla fine dell’incontro esecutivo, tenuto a Limuru il 3 dicembre, il Consiglio Nazionale delle Chiese ha dimostrato come il sistema ibrido proposto nell’ Harmonised Draft Constitution (Hdc) non sia accettabile, sottolineando che il Kenya ha già sperimentato in passato questo sistema con risultati disastrosi. Il Segretario Generale del Ncck, Peter Karanja, ha detto: “Chiediamo al Comitato di esperti di essere decisi e di offrire ai kenioti un sistema semplice che sia fattibile. Quello ibrido sembra più utile a servire da espediente politico piuttosto che a dare al paese un nuovo avvio.” La costituzione proposta dovrebbe essere libera da questioni che vanno contro la vita come l’aborto”, si evidenzia nel comunicato letto dal Segretario generale del Ncck, rev. Peter Karanja. Entrambi i testi costituzionali affermano che la vita ha inizio dal concepimento e termina con la morte naturale. I bambini una volta concepiti hanno il diritto di nascere, ha aggiunto il Ncck. Riguardo alle controverse corti islamiche (Kadhi Courts), il Ncck sostiene che dovrebbero essere totalmente rimosse dalla costituzione, in quanto contraddicono il principio di uguaglianza delle religioni, quello della separazione dello Stato dalla religione e il fatto che lo Stato dovrebbe considerare tutte le religioni allo stesso modo. Il Consiglio nazionale delle Chiese in Kenya, fondato nel 1918, è il più grande al mondo e coinvolge tutte le chiese protestanti e le organizzazioni cristiane del paese. La Chiesa cattolica romana in Kenya, che ha oltre il 30% dei seguaci tra la popolazione, non fa parte del Ncck ma spesso è impegnata in attività congiunte. (R.P.)

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    Australia: alla plenaria dei vescovi dibattito su matrimonio, Gmg e riti orientali

    ◊   I vescovi dell'Australia hanno condiviso la propria speranza nella canonizzazione della beata Mary MacKillop, prevista per l'anno prossimo, durante la loro sessione plenaria, celebrata a Sydney. Nella riunione - riferisce l'agenzia Zenit - hanno affrontato anche altri temi, come la difesa del matrimonio e della vita, la necessità di formare i fedeli sui riti orientali e la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. I presuli della Conferenza australiana dei vescovi cattolici hanno ricevuto anche la visita del presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", il cardinale Paul Josef Cordes, che ha riflettuto con loro sulla missione caritativa della Chiesa. Secondo un comunicato della Conferenza, “i vescovi si sono impegnati a lavorare per garantire che la canonizzazione della prima santa australiana sia un momento di grazia per la Chiesa in Australia, sottolineando che rappresenterà una splendida opportunità per capire con la comunità ciò che significa condurre una vita santa”. Nella loro riunione, i vescovi hanno parlato di vari temi, tra cui “la difesa del matrimonio come tipo speciale di relazione che si definisce come l'impegno di un uomo e di una donna a vivere come marito e moglie per tutta la vita, escludendo terze persone. La Chiesa deplora le ingiuste discriminazioni contro gli omosessuali, mentre conferma che nella società è essenziale fare certe distinzioni”, aggiunge il comunicato. I vescovi hanno concluso i loro dibattiti affermando che la Chiesa “deve parlare a favore di istituzioni fondamentali come il matrimonio, sostenendo le persone in ogni momento della loro vita”. Per i presuli, “i diritti umani fondamentali possono e devono essere riconosciuti in tutte le persone senza sacrificare la base della società che è data dal matrimonio e dalla famiglia”. I vescovi australiani hanno affrontato anche vari temi collegati all'istruzione, tra cui la necessità di formare i fedeli sui riti orientali e soprattutto di essere aperti alle necessità degli studenti di questi riti nelle scuole cattoliche. Circa il rito latino, hanno dibattuto sulla necessità di prepararsi a una nuova traduzione del Messale Romano. Hanno inoltre approvato due lettere pastorali: una ai sacerdoti per sottolineare l'Anno Sacerdotale, un'altra alle donne cattoliche per ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Dichiarazione dei vescovi sulla Giustizia Sociale, continuazione del progetto di ricerca “Donne e Uomini: Uno in Cristo Gesù”. I presuli hanno infine parlato della preparazione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a Madrid nel 2011. Basandosi sulla propria esperienza come anfitrioni dell'ultima Giornata, svoltasi a Sydney nel luglio 2008, hanno avviato un progetto per l'incontro spagnolo. (R.P.)

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    Thailandia: la vita consacrata in Asia al centro di un recente Simposio della Fabc

    ◊   Un maggiore impegno dei religiosi e delle religiose nella promozione dei diritti umani in tutti gli ambiti, anche in seno alla Chiesa, un più attento discernimento dei segni dei tempi e una riscoperta del ruolo profetico della vita consacrata per rispondere meglio alle sfide del mondo globalizzato. Queste le indicazioni di fondo emerse da un recente simposio organizzato a Hua Hin, in Thailandia, dall'Ufficio per la Vita Consacrata della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia (Fabc-Ocl). "L'impatto della cultura contemporanea sulla Chiesa, soprattutto sulla vita consacrata in Asia oggi" era il titolo dell’incontro cui hanno partecipato una sessantina di religiosi, religiose e vescovi da diversi Paesi. I partecipanti si sono soffermati in particolare su questioni come la giustizia sociale, il relativismo morale, la comunicazione sociale e la spiritualità. Dai dibattiti – si legge nel documento finale - è emerso che la cultura in Asia oggi è una realtà “sfaccettata” in cui convivono elementi delle culture tradizionali asiatiche insieme con altri della cultura post-moderna globalizzata. Questa complessa realtà pone una sfida particolare alla Vita Consacrata, che rischia di trovarsi impreparata e di essere contagiata da questi nuovi modelli, ma le offre anche un’occasione per “testimoniare la propria vocazione come un segno visibile del Regno di Dio”, contribuendo così alla trasformazione di questa stessa società. Tra le raccomandazioni proposte a tale scopo quella di un impegno maggiore dei religiosi e delle religiose nella promozione dei diritti umani in Asia, l’affermazione della pari dignità delle donne consacrate nella Chiesa, la promozione di una maggiore consapevolezza degli effetti positivi e negativi del relativismo culturale sulla vita quotidiana dei religiosi nei programmi di formazione e aggiornamento, la promozione della dimensione comunitaria della vita consacrata , il continuo aggiornamento dei programmi di formazione delle Congregazioni religiose per rispondere meglio alle sfide della cultura contemporanea come il relativismo, i diritti umani, la giustizia, la pace, la solidarietà e l'integrità del Creato, le comunicazioni sociali. L’Ufficio per la Vita Consacrata della Fabc è stato fondato nel 2004 come canale di dialogo e confronto per favorire una maggiore intesa e sinergia tra vescovi, religiosi e operatori pastorali laici in Asia. Il simposio di Hua Hin è il secondo del genere promosso dall’Ufficio dalla sua fondazione. Il primo si è tenuto nella stessa cittadina nel luglio 2005 sul tema “Il ruolo dei religiosi nella costruzione della Chiesa locale in Asia”. (L.Z.)

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    Terra Santa: presentate le iniziative dell’Azione cattolica per il 2010

    ◊   Il restauro della sala cinematografica del Catholic Action Centre di Betlemme, un progetto di formazione biblica per i giovani e un pellegrinaggio nazionale nel dicembre 2010: sono le tre iniziative che l’Azione cattolica italiana dedica alla Terra Santa nel prossimo anno. Sono state presentate durante il Convegno nazionale degli educatori Acr conclusosi ieri a Roma ed incentrato sul tema “Come vasi di creta. La qualità della relazione educativa per dare forma alla vita”. La presenza dell’associazione in Terra Santa - ricorda al Sir Chiara Finocchietti, vicepresidente nazionale Ac e coordinatrice dei giovani del Forum internazionale dell’Azione cattolica (Fiac), “è antica, ed è rimasta fedele al nostro carisma specifico: il servizio alla Chiesa locale e la formazione delle coscienze”. In particolare, il restauro del cinema dell’Ac di Betlemme, “spazio di approfondimento e di riflessione” che “svolge un ruolo importante di servizio a tutta la comunità” sarà possibile grazie alla raccolta fondi curata per il Mese della pace (gennaio) dai ragazzi dell’Acr (6-14 anni). “La nostra associazione è un punto di riferimento per la città”, precisa il presidente dell’Azione Cattolica di Betlemme, Husam Wahhab. “Nonostante le grandi difficoltà che ci affliggono, lavoriamo quotidianamente per rispondere alle necessità di bambini, giovani, adulti e anziani”. La vicinanza “di tutte le associazioni dell’Azione cattolica del mondo” è fondamentale “per non sentirci soli”. (A.L.)

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    Oltre quattro milioni di visitatori a Lione per la Festa della Vergine di Fourvière

    ◊   A Lione la festa dell’Immacolata Concezione è coincisa ieri con quella della Vergine di Fourvière. E’ la festa delle luci e “tutti mettono delle candele sul davanzale della finestra in onore della Vergine di Fourvière”. “E’ un momento di gioia per tutti”, ha detto l’arcivescovo della città francese, cardinale Philippe Barbarin. La festa della Vergine di Fourvière fu fissata l’8 dicembre del 1852, 2 anni prima che Pio IX istituisse il dogma dell’Immacolata Concezione. Sono circa 4 milioni le persone che, nelle 4 serate della Fête des Lumières, si sono riversate nelle strade di Lione. La festa ricorda il gesto spontaneo dei cittadini che illuminarono le loro finestre con lumi e candele quando una tempesta minacciò la riuscita dei festeggiamenti alla statua della Vergine Maria della Fourvière, cui la città è particolarmente devota. (A.L.)

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    Rinnovamento nello Spirito: la sfida è armonizzare il rinnovamento sociale con quello spirituale

    ◊   “Riuscire a declinare la parola ‘rinnovamento’ in tutti i molteplici sensi e indirizzi, a partire dal ‘progetto unitario di formazione’ che guarda ad ogni categoria sociale ed ecclesiale”. E’ la sfida indicata da Salvatore Maritnez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, al termine della 33.ma Conferenza nazionale animatori, conclusasi ieri a Rimini. “In un’epoca che mortifica ogni rimando all’interiorità” c’è una battaglia da rilanciare per fare in modo che il “primato dello Spirito coinvolga la nostra vita”. Si deve vincere “la sfida educativa” - ha aggiunto - affinché “sia più incidente la capacità di discernere i mali del nostro tempo e le pedagogie di crescita da proporre a quanti non credono o presto smetteranno”. Servono dunque testimoni dalla forte identità, capaci di aprirsi al sociale: “ A noi – ha spiegato Salvatore Martinez le cui parole sono state riprese da Avvenire – interessa cambiare il cuore delle persone”. E’ prioritario – ha concluso il presidente del Rinnovamento nello Spirito – “armonizzare il rinnovamento sociale con quello spirituale”. Durante la Conferenza, incentrata sul tema “Rafforzatevi nella potenza del Signore e indossate l’armatura di Dio”, è stata infine ribadita l’esortazione a moltiplicare gli sforzi evangelici affinché “Dio ritorni nella storia dalla porta maestra”. (A.L.)

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    Alfabetizzazione: concerti e mercatini per promuovere i progetti dell’Opam

    ◊   Natale all’insegna della solidarietà per l’Opam, l’Opera di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo, presieduta da mons. Aldo Martini. Ieri, nella solennità dell’Immacolata Concezione, si è tenuto nella Chiesa romana di Sant’Ignazio di Antiochia un Concerto promosso dalla Scuola di Musica “Aima”, diretto dalla prof.ssa Antonella Tondi, in favore dei progetti di alfabetizzazione dell’Opam. Domenica prossima, con la stessa finalità, sarà allestito - al Borghetto Flaminio di Roma - un Mercatino di Natale, dalle 10 alle 19. In vendita presepi e comete di cioccolato, il cui ricavo sarà devoluto all’Opam. Infine, il 20 dicembre alle ore 17,30 nella parrocchia romana di San Luigi Gonzaga, si terrà un concerto di Natale a favore dell’Opam. Il coro sarà diretto dal Maestro Eduardo Notrica accompagnato dall’Ensemble Stultifera Navis. (A.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Borsa di Atene in perdita, ma il ministro delle Finanze greco nega il rischio di "default" del debito pubblico

    ◊   In Grecia, la Borsa continua a segnare perdite e si registrano altri segnali preoccupanti che, insieme con la crisi di Dubai, condizionano oggi le Borse europee: in calo per la terza seduta consecutiva. Il servizio di Fausta Speranza:

     
    La Borsa di Atene perde oggi nelle prime contrattazioni circa il 2%. Ieri l'indice generale era sceso di oltre il 6% dopo la notizia che l’agenzia di valutazione Fitch aveva tagliato il rating sovrano del Paese. E bisogna dire che Fitch ha deciso in mattinata di declassare il rating del gruppo Fortis (Fortis Holding e la controllata Ag assicurazioni) in seguito alla sua esposizione sul mercato obbligazionario della Grecia.Oggi il gabinetto socialista greco si riunisce per discutere della situazione economica e finanziaria del Paese. Da parte sua, il ministro delle Finanze Papaconstantinou assicura che il governo “prenderà tutte le misure necessarie” per far fronte all'emergenza e ripristinare la credibilità del Paese. Esclude il rischio di default del debito pubblico e smentisce l’ipotesi di chiedere aiuti all'Unione Europea. Ieri il commissario europeo agli affari economici e monetari, Almunia, aveva detto che l’Ue è pronta a intervenire. Intanto, gli studenti greci non si fermano: annunciano nuove mobilitazioni ad Atene contro quella che definiscono la repressione poliziesca e contro il tentativo di abolire il diritto di asilo, ma anche per chiedere al governo di “non far pagare la crisi a studenti e lavoratori”.
     
    Copenaghen - Clima
    Prosegue a Copenhagen il vertice Onu sul clima, giunto al suo terzo giorno. Messi da parte gli entusiasmi iniziali, i delegati dei 192 Paesi presenti sono al lavoro per mettere in piedi una piattaforma di accordo che, al termine dell’evento, i leader mondiali dovrebbero firmare. E intanto è stato comunicato che sarà l’Africa del Sud ad ospitare nel 2011 il prossimo summit dedicato ai cambiamenti climatici. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Non c’è ottimismo al "Bella Center" di Copenhagen; ma non c’è neppure sfiducia. I 192 Paesi presenti sanno che il percorso è ancora lungo, ma sanno anche che bisogna creare almeno una piattaforma su cui costruire un accordo. Anche perché – come ha detto ieri il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon – “non c’è tempo da perdere”. L'attenzione di tutti è puntata ora sui “grandi inquinatori”, Usa e Cina che, come sottolineato dal presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, “non sono ancora pronti”. Pechino, da parte sua, dopo le iniziali aperture, ha chiesto ai “Paesi sviluppati” di andare avanti dando l'esempio e “dimostrare la loro volontà politica” con “impegni concreti e trasferimenti di tecnologia'' ai Paesi piu' poveri "seguendo i principi stabiliti dal protocollo di Kyoto e dalla riunione di Bali". Intanto dal G77 dei Paesi in via di sviluppo giunge la proposta di un testo alternativo, preparato dalla Danimarca, che riprende l'obiettivo di limitare l'aumento del riscaldamento globale a 2 gradi, punta ad una riduzione del 50% delle emissioni mondiali entro il 2050 rispetto al 1990 o del 58% rispetto al livello del 2005, e impegna i Paesi ricchi a ridurre dell'80% le loro missioni. Contrapposizioni, quelle di Copenhagen, che accendono gli animi degli attivisti impegnati nella causa ambientalista. A Roma, questa mattina, 8 manifestanti di "Greenpeace" sono saliti sul Colosseo, aprendo uno striscione di 300 metri quadrati, su cui campeggia la scritta: "Copenhagen, accordo storico adesso". Ma quanto costa ad un Paese attuare una politica di rispetto ambientale? Risponde Ugo Bertone, direttore di "Finanza e Mercati":

     
    R. – Può costare moltissimo. Di sicuro andiamo a valutare la manovra in miliardi di dollari per ciascun Paese e soprattutto se parliamo di economie delle dimensioni di India, Cina o Brasile. In un caso come questo, però, sarebbe forse meglio parlare di costi globali, perché la questione del clima non si ferma di fronte alle frontiere e ai confini di nessuno. Questa – direi – deve essere la lezione principale in arrivo da un grande summit internazionale come quello di Copenaghen. Questo è davvero un problema che non conosce passaporto.

     
    D. – Si è parlato proprio in questi giorni e nei giorni precedenti a Copenaghen di aiuti concreti di almeno 30 miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo per i prossimi tre anni; altri parlano di 50 miliardi di dollari. Qual è la cifra giusta?

     
    R. – Più che di cifre, in questi casi, occorre parlare di una certa volontà, di una certa efficacia nello spendere. In realtà, questa Conferenza deve soprattutto superare il problema delle delusioni legate al precedente di Kyoto: anche allora si fecero degli annunci estremamente roboanti, si parlò di grandi cifre e poi alla resa dei conti avvenne veramente poco. Si parla di cifre che sono legate a vari meccanismi: ci sono aiuti diretti, ci sono degli sgravi fiscali, ci sono degli incentivi, ci sono delle formule legate allo scambio. In realtà noi parliamo di aiuti, intorno ai 30 miliardi di dollari, da parte del fronte europeo, ma la cosa più importante è che si inneschi un circuito virtuoso per cui accanto all’aiuto diretto dei governi ci sia un forte stimolo, un forte incentivo perché tutte le economie si convincano che "produrre verde" ed essere meno inquinanti conviene. Diciamo che a quel punto i 30 miliardi potrebbero avviare un circuito virtuoso per centinaia di miliardi. Questo è l’importante!

     
    Pakistan - talebani
    Un commando di talebani ha fatto saltare in aria un liceo per ragazzi nell'area di Shaloober nella regione tribale di Khyber. Secondo la polizia, la scuola è stata distrutta con dinamite in un momento in cui non vi erano nè allievi nè insegnanti, per cui non ci sono vittime. Nella zona è in corso un'operazione militare ed è stato imposto il coprifuoco. In passato i talebani hanno spesso attaccato istituti scolastici, puntando soprattutto su quelli per bambine e ragazze.

    Nato - Afghanistan
    “Il successo è a portata di mano”, è l’esortazione del segretario alla Difesa Usa, Robert Gates durante la visita del quartier generale delle forze a guida Nato, a Kabul. Nonostante l'escalation della guerriglia talebana, "tutti i pezzi si stanno mettendo insieme per portarci al successo", ha detto nella sala-controllo da cui i comandanti militari coordinano le operazioni sul terreno. Le parole di Gates sono arrivate dopo che le due massime autorità degli Stati Uniti in Afghanistan - il generale Stanley McChrystal, comandante in capo delle truppe sul terreno, e Karl W. Eikenberry, ambasciatore Usa a Kabul - hanno appoggiato all'unisono, dinanzi al Congresso Usa, la nuova strategia di Obama. Il generale McChrystal è convinto che la guerra in Afghanistan sarà sempre più "costosa e difficile", ma ha promesso di "portare a termine la missione" e di riuscirci "anche se la missione sarà lunga e difficile".

    Iran - arresti
    Le autorità iraniane hanno annunciato il rilascio di 86 degli oltre 200 manifestanti arrestati lunedì scorso durante le dimostrazioni antigovernative che si sono tenute in tutto l'Iran, in occasione della "Giornata dello Studente". Secondo quanto riferisce un comunicato, i manifestanti liberati "si sono pentiti" di aver partecipato alle proteste "illegali". Intanto, il ministro degli Esteri ed il presidente del Parlamento iraniano hanno accusato gli Stati Uniti di “comportamento terrorista”, per avere “rapito” uno scienziato, impegnato nel programma nucleare di Teheran con la complicità dell'Arabia Saudita, e l'ex vice ministro della Difesa Ali Reza Asgari che sarebbe stato portato negli Stati Uniti”.

    Sri Lanka - stato di emergenza
    Il Parlamento dello Sri Lanka ha approvato l'estensione per un altro mese dello stato di emergenza imposto in tutto il Paese prima della vittoriosa offensiva militare contro l'Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte). La mozione, presentata dal premier Ratnasiri Wickramanayaka, è stata approvata con 95 voti favorevoli e 21 contrari della "Tamil National Alliance" (Tna) e di alcuni deputati del Partito unito nazionale (Unp). Illustrando i motivi della necessità di un’estensione dello stato di emergenza, Wickramanayaka ha sostenuto, che “il governo non permetterà in alcun modo a forze sinistre di sottrarci la vittoria”. Per sfruttare, la popolarità ottenuta dalla vittoria sull'Ltte, il presidente della repubblica, Mahinda Rajapaksa, ha indetto elezioni anticipate per il prossimo 26 gennaio 2010.

    Filippine - ribelli musulmani
    Il governo delle Filippine e il maggiore gruppo di ribelli musulmani hanno trovato un'intesa per lavorare a un accordo di pace che sperano di firmare entro aprile 2010. Lo ha annunciato il mediatore malese Othman Razak. Il governo filippino e il Fronte Moro islamico di liberazione (Milf) stanno negoziando, con alti e bassi, da 12 anni per mettere fine al lungo conflitto che ha causato la morte di 120mila persone nel sud del Paese. Intanto, almeno altre 200 persone sono state uccise dal clan del governatore Andal Ampatuan nella provincia di Maguindanao, sud delle Filippine. I corpi delle vittime potrebbero trovarsi nelle fosse comuni sparse in diverse zone della provincia. Tra il clan musulmano, già coinvolto nel massacro di 57 persone avvenuto il 23 novembre, nella provincia di Maguindanao, sono state identificate dalla polizia 161 persone, sospettate di aver partecipato alle azioni terroristiche. I testimoni sono adesso più propensi a parlare con i giudici visto che i responsabili del massacro sono stati arrestati.

    Russia - rogo discoteca
    Oggi davanti all'obitorio di Perm, alcune decine di persone sono in fila per identificare le vittime dell'incendio verificatosi venerdì notte in un nightclub. Intanto, il governo regionale si è dimesso. Il servizio di Chiara Pileri:

     
    Il bilancio delle vittime della tragedia, avvenuta venerdì scorso in un locale notturno a Perm, negli Urali, è salito a 124 morti. Intanto, l'intero governo della regione ha annunciato oggi le dimissioni. L'esecutivo resterà in carica solo per l'amministrazione ordinaria per tutta la durata dell'inchiesta. Il governatore del Paese ha detto che il nuovo esecutivo regionale sarà formato solo dopo la conclusione di tutte le inchieste volte ad accertare cause e responsabilità dell'incendio. La tragedia è avvenuta nella notte fra il 4 e il 5 dicembre scorso nel caffè-ristorante "Il Cavallo Zoppo", un locale che nei fine settimana veniva trasformato in nightclub o usato per feste e celebrazioni varie. Finora, sono quattro le persone arrestate e accusate di violazione della normativa antincendio. Il governatore, ha dichiarato: “I fuochi di artificio a mio avviso sono stati la causa dell'incendio ma non la causa della tragedia e di un così alto numero di morti”. Intanto dopo che ieri il presidente Dmitri Medvedev è tornato a chiedere punizioni esemplari per i responsabili della tragedia, il sindaco di Mosca ha ordinato il divieto di utilizzare fuochi d'artificio in luoghi di svago. A Perm, in particolare, ma anche nel resto del Paese, si stanno intensificando i controlli nei locali per verificare il rispetto delle norme antincendio.

     
    Daghestan - guerriglia
    Due guerriglieri, una coppia di coniugi islamici, sono stati uccisi la notte scorsa in Daghestan, repubblica del Caucaso russo al confine con la Cecenia. Dopo aver tentato di nascondersi in un appartamento, nel villaggio di Shamkhal-Termen, le forze di sicurezza locali sono dovute intervenire aprendo il fuoco. I ribelli sono stati uccisi durante il tentativo di fuga. L'uomo, Andrei Buga, era il capo di una delle formazioni terroristiche locali, ed era armato di un fucile Kalashnikov e di una bomba a mano. La moglie - Maiam Magomedghirieeva, anch'essa guerrigliera indipendentista - aveva una pistola Makarov.

    Myanmar - Aung San Suu Kyi
    Per la terza volta in due mesi, la leader birmana pro-democrazia, Aung San Suu Kyi, ha incontrato a Rangoon un ministro della giunta militare al potere. Il colloquio, della durata di 45 minuti, è avvenuto in una sede governativa. Quest'ultimo appuntamento giunge dopo che la settimana scorsa il capo della Corte Suprema del Myanmar ha accettato di ascoltare il ricorso della difesa, contro il prolungamento della detenzione della donna. La prima richiesta di appello, presentata agli inizi di ottobre, fu rifiutata.

    Brasile - inondazioni
    Almeno sei persone, fra le quali tre bambini, sono morti a causa delle inondazioni e crolli causati dalle alluvioni che hanno paralizzato in questi giorni San Paolo, la città più grande dell'America del Sud. I principali fiumi della città, Tietè e Pinheiros, sono straripati sconvolgendo la vita dei quasi 20 milioni di abitanti che vivono a San Paolo e nei suoi 36 comuni satellitari. È dal 2006 che non si registrano precipitazioni così intense sulla città: sono caduti 100mm di pioggia, pari alla media mensile del mese di dicembre, e negli ultimi dieci giorni i morti registrati sono ormai 15.

    Usa - Cuba
    Il tribunale federale di Miami ha ridotto la pena a due cubani, Labanino e Gonzales, condannati per spionaggio nel 2001. Cuba ha sempre sostenuto che i suoi agenti non intendevano carpire informazioni riservate sulla sicurezza americana, ma prevenire attacchi contro l'isola. In tal modo è stata accolta la richiesta della corte d'appello di Atlanta, che nel 2008 aveva considerato eccessive le pene imposte ai due agenti cubani. Nonostante ciò, Cuba continua a ritenere "ingiusta" la condanna e ha chiesto la liberazione dei suoi agenti al presidente americano Barack Obama, pur considerando positiva la riduzione della pena.

    Cina - dissidente
    Le indagini, svolte da ormai sei mesi, risultano essere sufficienti per dare il via al processo che giudicherà Liu Xiaobo, il dissidente promotore del documento "Carta 08", un manifesto firmato da 333 dissidenti, attivisti e scrittori per chiedere l'avvento della democrazia. Lo ha dichiarato, Mo Shaoping, l'avvocato di Xiaobo che ha vagliato anche la possibilità da parte della polizia di ordinare entro un mese e mezzo un supplemento di indagine. L’uomo è stato arrestato nel giugno scorso ed in seguito accusato di “sovversione”. Nel 1989 appoggiò il movimento di protesta degli studenti sfociato nel massacro di piazza Tienanmen, dove si ritiene che centinaia di giovani siano stati uccisi dall'esercito cinese. Dopo il massacro, Liu è stato in prigione per 20 mesi e in seguito ha trascorso, a diverse riprese, tre anni nei campi di lavoro.

    India - uranio impoverito
    La polizia indiana ha arrestato a Mumbai, India centro-occidentale, tre persone provenienti da una località sconosciuta che trasportavano cinque chili di uranio impoverito. Il commissario di polizia locale ha indicato che è stato disposto il fermo degli uomini dopo che i tecnici del Centro di Ricerche Atomiche Bhabha (Barc) hanno confermato che il materiale sequestrato era effettivamente uranio impoverito. Secondo gli inquirenti, il gruppo stava cercando di vendere il carico a trafficanti del mercato nero di Mumbai. La scoperta di questo materiale ha messo in allarme le autorità del Paese dove, il 26 novembre 2008, un attacco terroristico causò più di 170 morti. Oltre che in campo civile come materiale per la schermatura dalle radiazioni, l'uranio impoverito ha anche un impiego militare per la fabbricazione di munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi d'arma. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Chiara Pileri)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 343

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