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Sommario del 30/11/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • La preghiera di Benedetto XVI all’Angelus per le vittime in India e in Nigeria di una violenza “crudele e insensata”. In apertura dell’Avvento il Papa sottolinea i ritmi frenetici della vita odierna, e ricorda che Dio ci dona il suo tempo
  • Il Papa, in visita alla parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura, invita a vivere l'attesa di Cristo aderendo alla volontà di Dio
  • Messaggio di Benedetto XVI a Bartolomeo I nella Festa di Sant’Andrea: il mondo ha bisogno della testimonianza di unità dei cristiani
  • Celebrati dal Papa, nella Basilica Vaticana, i primi Vespri d'Avvento, "stagione spirituale della speranza"
  • Benedetta stamane, nella Chiesa di Santa Maria in Camposanto, la nuova bandiera del Corpo della Guardia Svizzera
  • Grande gioia a Cuba per la beatificazione ieri di Fra Olallo Valdes, presieduta dal cardinale Martins. Presente alla cerimonia il presidente Castro
  • Un anno fa la pubblicazione della "Spe salvi". Salvatore Martinez ci ricorda che Cristo è la vera speranza dell’uomo
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi della Nigeria chiariscono le motivazioni non tanto religiose quanto politiche che sarebbero all’origine degli scontri, scoppiati ieri nella città di Jos
  • In India, critiche e polemiche dopo gli attentati di Mumbai: prime dimissioni nel Governo
  • Stasera e domani su Rai-Uno il film Tv "Paolo VI, il Papa nella tempesta"
  • Chiesa e Società

  • Messaggi di pace da tutto il mondo arriveranno a Betlemme per il Natale
  • Anno Paolino: dal 4 dicembre lettura della Bibbia all’abbazia di San Paolo fuori le mura, a Roma
  • Una serie di iniziative, da martedì a Rocca di Papa, per ricordare Chiara Lubich
  • Congresso sulla filosofa Simone Weil dal 10 al 12 dicembre a Teramo
  • Aiuti umanitari e l’annuncio del Vangelo per rilanciare la riconciliazione tra le due Coree
  • Corea del Sud: le Lettere pastorali dei vescovi per il tempo d’Avvento
  • Polonia: Stato e Chiesa uniti per promuovere la famiglia
  • Inchiesta in Olanda sul funerale religioso, che offre conforto anche ai non credenti
  • Germania: vescovi cattolici e Chiesa Evangelica dicono no all'assitenza medica al suicidio
  • Inghilterra: la Chiesa chiede l’amnistia per gli immigrati irregolari
  • Un satellite per far dialogare il Burundi con il mondo
  • 24 Ore nel Mondo

  • TThailandia: la polizia ordina ai manifestanti di disperdersi. Almeno una cinquantina di feriti per due esplosioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    La preghiera di Benedetto XVI all’Angelus per le vittime in India e in Nigeria di una violenza “crudele e insensata”. In apertura dell’Avvento il Papa sottolinea i ritmi frenetici della vita odierna, e ricorda che Dio ci dona il suo tempo

    ◊   La preghiera del Papa all’Angelus per le vittime dei tragici avvenimenti di sangue in India e in Nigeria. Nella prima domenica di Avvento, e nella ricorrenza di sant’Andrea, Benedetto XVI chiede di riflettere sulle ragioni tanta “insensata violenza”. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Un accorato invito a tutti i fedeli in Piazza San Pietro di unirsi alla preghiera “per le numerose vittime sia dei brutali attacchi terroristici di Mumbai, in India, sia degli scontri scoppiati a Jos, in Nigeria, come pure per feriti e quanti, in qualsiasi modo sono stati colpiti”. Cosi Benedetto XVI dopo la recita dell’Angelus

    “Diverse sono le cause e le circostanze di quei tragici avvenimenti, ma comuni devono essere l’orrore e la deplorazione per l’esplosione di tanta crudele e insensata violenza. Chiediamo al Signore di toccare il cuore di coloro che si illudono che questa sia la via per risolvere i problemi locali o internazionali e sentiamoci tutti spronati a dare esempio di mitezza e di amore per costruire una società degna di Dio e dell’uomo”.

    E tempo riflessione particolare è l’inizio oggi dell’Avvento, che apre il nuovo Anno liturgico. “Questo fatto – ha osservato il Papa - ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, che esercita sempre su di noi un grande fascino”.

    “Tutti diciamo che “ci manca il tempo”, perché il ritmo della vita quotidiana è diventato per tutti frenetico”.

    Ma “la Chiesa - ha aggiunto il Santo Padre - ha una ‘buona notizia’ da portare: Dio ci dona il suo tempo”.

    “Noi abbiamo sempre poco tempo; specialmente per il Signore non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo. Ebbene, Dio ha tempo per noi! Questa è la prima cosa che l’inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova. Sì: Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno, per farla diventare storia di alleanza”.

    In questa prospettiva, il tempo è già in se stesso un segno fondamentale dell’amore di Dio:
     
    “Un dono che l’uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare o, al contrario, di sciupare; di cogliere nel suo significato, o di trascurare con ottusa superficialità”.

    Il Papa ha quindi ricordato i tre grandi “i grandi ‘cardini’ del tempo, che scandiscono la storia della salvezza”: la creazione, l’incarnazione-redenzione e la venuta finale con il giudizio universale, ma questi tre momenti - ha spiegato - non sono “in successione cronologica”. La creazione è sì all’origine di tutto, ma è anche continua fino alla fine dei tempi. Così pure l’incarnazione-redenzione, si estende a prima e dopo la nascita e morte di Gesù. Mentre l’ultima venuta e il giudizio finale esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca. Quanto mai opportuno - ha sottolineato Benedetto XVI - è quindi l’appello di Gesù, riproposto con forza in questa prima domenica di Avvento:
     
    “'Vegliate!' E’ rivolto ai discepoli, ma anche “a tutti”, perché ciascuno, nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza."

    “Questo comporta – ha ammonito il Santo Padre - un giusto distacco dai beni terreni, un sincero pentimento dei propri errori, una carità operosa verso il prossimo e soprattutto un umile e fiducioso affidamento alle mani di Dio”.

    Dopo la preghiera mariana il Papa ha reso ancora omaggio alla figura dell’apostolo Andrea, fratello di Simon Pietro, patrono del Patriarcato di Costantinopoli, cui “la Chiesa di Roma – ha detto - si sente legata da un vincolo di speciale fraternità.

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    Il Papa, in visita alla parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura, invita a vivere l'attesa di Cristo aderendo alla volontà di Dio

    ◊   “L’Avvento ci ricorda che Cristo è tra noi e ci invita a seguirlo nella docile adesione alla sua volontà. E’ quanto ha detto stamane Benedetto XVI nell’omelia pronunciata nella parrocchia romana di San Lorenzo fuori le Mura, al Verano, dove si è recato in visita pastorale. Ai fedeli che in questa prima domenica d’Avvento celebrano la conclusione dell’Anno Laurenziano, nel 1.750.mo anniversario del martirio di San Lorenzo, il Papa ha ricordato che vegliare in attesa della venuta del Signore significa “conformare la propria vita a quella di Cristo”, proprio come fece il martire Lorenzo, modello di fedeltà cristiana. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    “Il messaggio spirituale dell’Avvento ci proietta verso il ritorno glorioso del Signore, alla fine della nostra storia” e ci pone nella dimensione dell’attesa che è un invito a “conformare la propria vita a quella di Cristo”. E’ la riflessione di Benedetto XVI in questa prima domenica del periodo di Avvento che simboleggia l’arrivo e la presenza del Signore:
     
    “Adottando il termine Avvento, i cristiani intesero esprimere la speciale relazione che li univa a Cristo crocifisso e risorto. Egli è il Re, che, entrato in questa povera provincia denominata terra, ci ha fatto dono della sua visita e, dopo la sua risurrezione ed ascensione al Cielo, ha voluto comunque rimanere con noi: (…) Celebrando l’Eucaristia, proclamiamo infatti che Egli non si è ritirato dal mondo e non ci ha lasciati soli, e, se pure non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà materiali e sensibili, Egli è comunque con noi e tra noi; anzi è in noi”
     
    Riconoscere questa presenza - ha detto il Papa – significa “riconoscere che Cristo si fa nostro compagno di viaggio” e che il suo essere tra noi da un senso nuovo alla nostra vicenda terrena. Una venuta salvifica - ha osservato Benedetto XVI citando il profeta Isaia nella prima lettura – che ci mostra il volto di Dio come padre misericordioso e redentore:

     
    “Il nostro Dio è un padre disposto a perdonare i peccatori pentiti e ad accogliere quanti confidano nella sua misericordia. Ci eravamo allontanati da Lui a causa del peccato cadendo sotto il dominio della morte, ma Egli ha avuto pietà di noi e di sua iniziativa, senza alcun merito da parte nostra, ha deciso di venirci incontro, inviando il suo unico Figlio come nostro Redentore”
     
    Il pensiero della presenza di Cristo e del suo ritorno al compimento dei tempi – ha osservato quindi il Papa – è quanto mai significativo nella Basilica di san Lorenzo fuori le Mura, attigua al cimitero del Verano, dove risuonano le parole delle liturgie funebri e dove la certezza della morte trova consolazione nella promessa dell’immortalità futura. Un luogo che ricorda il martirio di San Lorenzo, modello di fedeltà cristiana:
     
    “La sua sollecitudine per i poveri, il generoso servizio che rese alla Chiesa di Roma nel settore dell’assistenza e della carità, la fedeltà al Papa, da lui spinta al punto di volerlo seguire nella prova suprema del martirio e l’eroica testimonianza del sangue, resa solo pochi giorni dopo, sono fatti universalmente noti” (…) “Egli ci ripete che la santità, cioè l’andare incontro a Cristo che viene continuamente a visitarci, non passa di moda” (…) “Lorenzo, testimone eroico di Cristo crocifisso e risorto, sia per ciascuno esempio di docile adesione alla volontà divina perché, come abbiamo sentito l’apostolo Paolo ricordare ai Corinzi, anche noi viviamo in modo da essere trovati "irreprensibili" nel giorno del Signore”
     
    Ricordando quest’anno il 50.mo della morte di Papa Pio XII, il Santo Padre ha inteso riportare la memoria alle devastazioni della seconda guerra mondiale, che danneggiarono gravemente la Basilica, e al soccorso offerto dal Pontefice alla popolazione colpita:
     
    “Non potrà mai essere cancellato dalla memoria della storia il gesto generoso compiuto in quella occasione da quel mio venerato Predecessore, che corse immediatamente a soccorrere e consolare la popolazione duramente colpita, tra le macerie ancora fumanti”.
     
    Benedetto XVI ha quindi ricordato che nella Basilica di San Lorenzo sono conservate le spoglie mortali del Beato Pio IX e dello statista Alcide De Gasperi, che ha definito “guida saggia ed equilibrata per l’Italia nei difficili anni della ricostruzione postbellica” “capace di guardare all’Europa con una ampia visione cristiana”. Dopo un saluto particolare agli anziani e gli ammalati il Papa ha espresso infine l’auspicio che l’avvento sia per tutti “occasione di una rinnovata adesione a Cristo, di un approfondimento del senso di appartenenza alla Chiesa e di un costante impegno all’evangelizzazione attraverso la carità”.

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    Messaggio di Benedetto XVI a Bartolomeo I nella Festa di Sant’Andrea: il mondo ha bisogno della testimonianza di unità dei cristiani

    ◊   Il rafforzamento dei legami tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato di Costantinopoli è un segno di speranza per il cammino ecumenico: è quanto scrive Benedetto XVI nel Messaggio al Patriarca Bartolomeo I, in occasione dell’odierna solennità di Sant’Andrea Apostolo, Patrono della Chiesa di Costantinopoli. Il messaggio pontificio è stato consegnato oggi al Patriarca dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che guida la delegazione della Santa Sede al Fanar ad Istanbul in occasione delle celebrazioni per la festa di Sant’Andrea. Messaggio, che è stato letto questa mattina durante la Divina Liturgia nella chiesa patriarcale del Fanar. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La vita interiore delle nostre Chiese e le sfide del mondo moderno richiedono urgentemente” la “testimonianza di unità dei discepoli di Cristo”: è l’esortazione di Benedetto XVI nel messaggio al Patriarca ecumenico Bartolomeo I, in occasione della festa di Sant’Andrea Apostolo. Il Papa ringrazia Dio per aver permesso un “rafforzamento dei legami di amore reciproco” tra le Chiesa di Roma e di Costantinopoli. Legami, ha aggiunto, “sostenuti dalla preghiera e da contatti fraterni sempre più frequenti”. In particolare, Benedetto XVI ricorda che Bartolomeo I è stato a Roma tre volte nell’anno che volge al termine: in occasione della sua Lectio magistralis al Pontificio istituto orientale, per l’apertura dell’Anno Paolino e al Sinodo sulla Parola di Dio.

     
    D’altro canto, ricorda il Pontefice, la Chiesa cattolica ha partecipato, con un simposio e un pellegrinaggio in Asia Minore, alle celebrazioni promosse dal Patriarca ecumenico per l’Anno Paolino. E’ questo, si legge nel messaggio, “un segno della nostra comunione crescente e della vicinanza spirituale”. E aggiunge: “Queste esperienze di incontro e preghiera comune contribuiscono a rafforzare l’impegno per raggiungere il traguardo del nostro cammino ecumenico”. Benedetto XVI accoglie inoltre con soddisfazione e speranza l’esito positivo dell’incontro dei Primati e Rappresentanti delle Chiese ortodosse, svoltosi recentemente al Fanar. “Credo e spero – scrive il Papa – che questi sviluppi avranno un impatto costruttivo sul dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa ortodossa e quella Cattolica e porterà alla risoluzione delle difficoltà sperimentate nelle due ultime sessioni”.

     
    In questa festa di Sant’Andrea, si legge ancora, costatiamo “con gioia e gratitudine” che le relazioni tra noi si stanno progressivamente approfondendo. E “rinnoviamo il nostro impegno” a proseguire sul “sentiero della preghiera e del dialogo”. “Confidiamo – conclude Benedetto XVI – che il nostro cammino comune affretterà l’arrivo di quel giorno benedetto nel quale pregheremo Dio assieme in una condivisa celebrazione dell’Eucaristia”.

     
    Sul significato della visita della delegazione vaticana al Patriarcato di Costantinopoli, Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, ha intervistato mons. Brian Farrell, segretario del dicastero vaticano per l’Unità dei Cristiani, anch’egli membro della delegazione in visita ad Istanbul:

    R. – Si tratta di tornare con la memoria alla Chiesa dei primi secoli, quando l’una si metteva in comunione con l’altra: i vescovi si scrivevano, si visitavano, si davano aiuto, sostegno, quando c’erano particolari bisogni. Oggi questi segni sono ancora validi e l’invio di una delegazione ufficiale è un segno forte, liturgico, teologico, per la ricerca della comunione piena.

     
    D. – Ci può dare un’idea dei temi più significativi nella visita di quest’anno?

     
    R. – Posso dire che sarà innanzitutto trattato il progresso che stiamo registrando nel dialogo teologico, per il quale la Chiesa di Costantinopoli ha un particolare ruolo di coordinamento. Abbiamo fatto progressi negli ultimi anni. Progressi che quattro o cinque anni fa non potevamo aspettarci. Adesso vogliamo, naturalmente, difendere questo progresso, perché ci sono sempre tensioni e anche movimenti teologici difficilmente compatibili con i progressi che si fanno. Allora bisogna trovare la via di portare avanti nel miglior modo possibile la traiettoria che abbiamo scoperto e che adesso stiamo cercando di percorrere. E’ il momento di coltivare questa pianta, da buoni agricoltori.

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    Celebrati dal Papa, nella Basilica Vaticana, i primi Vespri d'Avvento, "stagione spirituale della speranza"

    ◊   “L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza”. Così Benedetto XVI ai Vespri della Prima Domenica d’Avvento, celebrati ieri pomeriggio nella Basilica vaticana. Inizia così anche il nuovo Anno liturgico. “Tutto il popolo di Dio – ha ricordato il Papa nell’omelia – si rimette in cammino attratto da questo mistero: che il nostro Dio è ‘il Dio che viene’ e ci chiama ad andargli incontro”. Il servizio di Debora Donnini.

    (musica)

     
    Speranza. E’ la parola che riassume lo stato in cui si attende qualcosa che deve manifestarsi ma che al tempo stesso si intravede. E l’Avvento, ha sottolineato il Papa nell’omelia, è proprio per eccellenza la stagione spirituale della speranza, “e in esso la Chiesa è chiamata a diventare speranza per se stessa e per il mondo”. Ci si mette dunque in cammino attratti dal mistero di Dio che viene. E la forma della speranza e dell’attesa è la preghiera.

    “Signore, accorri in mio aiuto. Il grido di una persona che si sente in grave pericolo è anche il grido della Chiesa fra le molteplici insidie che la circondano, che minacciano la sua santità, quell’integrità irreprensibile di cui parla l’apostolo Paolo, che deve invece essere conservata per la ventura del Signore. In questa invocazione risuona anche il grido di tutti i giusti, di tutti coloro che vogliono resistere al male, alle seduzioni di un benessere iniquo, di piaceri offensivi della dignità umana e della condizione dei poveri”.

    L’offerta dell’incenso è simbolo della preghiera. “Nel grido del Corpo mistico, riconosciamo la voce stessa del capo: il Figlio di Dio che ha preso su di sé le nostre prove e le nostre tentazioni per donarci la grazia della sua vittoria”. Nella sua venuta il Figlio di Dio ha voluto condividere pienamente la nostra condizione umana. Pregando il salmo 142, ha ricordato il Papa, la Chiesa rivive ogni volta la grazia di questa compassione, di questa venuta del figlio Dio nell’angoscia umana fino a toccarne il fondo.

    “Il grido di speranza dell’Avvento esprime allora fin dall’inizio e nel modo più forte tutta la gravità del nostro stato, il nostro estremo bisogno di salvezza, come dire noi aspettiamo il Signore, non alla stregua di una bella decorazione sul mondo già salvo, ma come unica via di liberazione da un pericolo mortale. Noi sappiamo che Lui stesso, il Liberatore, è dovuto partire e morire per farci uscire da questa prigione”.

    Non fuga dalla realtà, non una speranza falsa dimentica della drammaticità della nostra esistenza personale e collettiva è quella di cui parla il Papa ma una speranza pasquale che guarda a Cristo incarnato crocifisso risorto e Signore universale. Benedetto XVI dunque esorta a mettere la nostra mano in quella di Maria e ad entrare con gioia in questo tempo di grazia che Dio regala alla sua Chiesa per il bene dell’intera umanità.

     
    (musica)

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    Benedetta stamane, nella Chiesa di Santa Maria in Camposanto, la nuova bandiera del Corpo della Guardia Svizzera

    ◊   Benedizione stamane in Vaticano della nuova bandiera del Corpo della Guardia Svizzera. Per l’occasione si è celebrata una Santa Messa nella Chiesa di Santa Maria in Camposanto, presieduta dall’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, presenti le Guardie, guidate dal nuovo Comandante il colonnello Daniel Anrig, insieme alle famiglie e agli amici. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Con coraggio e fedeltà”, “è cosi che la Guardia Svizzera serve il Papa”, “indipendentemente dal’evoluzione del mondo e della Chiesa” ha ribadito il nuovo Comandante, il 34mo nella storia di oltre 500 anni del Glorioso Corpo, durante la cerimonia – che è seguita alla Santa Messa - nel Cortile d’Onore del Quartiere Svizzero, un luogo dove “la vita di comunità” “in una società versata all’individualismo” – ha sottolineato il colonnello Daniel Anrig – “può offrire a tutti noi un'esperienza unica”. Da qui l’invito a tutte le Guardie: a non concentrarsi “solamente sul lavoro” e sulla “carriera personale”, cogliendo l’occasione del servizio alla Santa Sede per arricchire la propria vita.

     
    Sono attualmente 110 le Guardie svizzere, che prestano servizio in Vaticano per un periodo durante minimo di 25 mesi, votati alla protezione del Santo Padre, oltre a svolgere compiti d’ordine e d’onore.

     
    “Un rito commovente” - ha sottolineato ancora il nuovo Comandante - la benedizione della nuova bandiera del Corpo, sulla tomba dei 147 camerati morti nel 1527, a difesa del Papa Clemente VII, dall’attacco dei Lanzichenecchi, sotto le insegne di Carlo di Borbone, che entrarono in Roma saccheggiandola e distruggendola. La nuova bandiera è divisa da una croce bianca su quattro campi, dei quali il primo reca lo stemma del Papa regnante Benedetto XVI ed il quarto quello di Giulio II, ambedue su fondo rosso; mentre il terzo ed il quarto campo portano i colori del Corpo, azzurro, rosso e giallo; mentre al centro dei bracci figura lo stessa del comandante Anrig.

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    Grande gioia a Cuba per la beatificazione ieri di Fra Olallo Valdes, presieduta dal cardinale Martins. Presente alla cerimonia il presidente Castro

    ◊   Grande gioia e partecipazione ieri, a Cuba, sulla "Piazza della Carità" nella città di Camagüey, a 530 km circa a sudovest della capitale L'Avana, in occasione dell’attesissima celebrazione eucaristica durante la quale il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per la Causa dei Santi, inviato del Papa, ha beatificato Fra José Olallo Valdés, religioso professo dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio vissuto nel 1800. Servizio di Luis Badilla.

    Al contrario di quanto si era detto, la Tv “Canale-2”, ha trasmesso l'intera cerimonia in diretta e non in differita consentendo a migliaia di fedeli rimasti fuori dalla piazza di seguire la celebrazione nelle strade adiacenti, tramite alcuni monitor. Cosi anche l’intero Paese ha potuto partecipare alla Messa ed ascoltare il saluto dell’arcivescovo della città nonché presidente della Conferenza episcopale cubana, mons. Juan García Rodríguez. Erano presenti tutti i vescovi cubani ed alcuni invitati venuti dall'estero, sia dall’America Latina sia degli Stati Uniti. Al clima di festa e curiosità per una cerimonia che si svolgeva per la prima volta nella storia della Chiesa cubana si sono alternati lunghi momenti di silenzio, in particolare durante la consacrazione del pane e del vino ma anche durante l’omelia del cardinale Saraiva Martins, che tracciando il profilo biografico del nuovo beato ha affermato che con la sua dedizione ai malati, ci insegna, in un tempo pervaso da “una cultura materialistica che esclude i deboli e gli indifesi”, che “ogni uomo è voluto e amato da Dio” e “possiede una singolarità e una bellezza irripetibili”.

     
    Ha molto colpito, perché inattesa e non preannunciata, la presenza del presidente di Cuba, Raúl Castro, in rigoroso abito nero, accompagnato da numerosi membri del Governo nazionale e tra loro c'era il vice presidente Esteban Lazo Hernández e la signora Caridad Diego, capo dell'Ufficio per gli Affari religiosi del Partito comunista. La cerimonia è stata aperta con un saluto del vescovo di Camagüey, mons. Juan García Rodríguez. Subito dopo il diacono Miguel Ángel Ortiz ha consegnato al presidente Castro una copia multilingue della Bibbia, che lui ha accettato con deferenza. Oltre al cardinale Jaime Ortega, arcivescovo de L’Avana e al nunzio mons. Luigi Bonazzi, erano presenti il vice presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, mons. Octavio Ruiz, mons. Felipe Estévez, cubano, vescovo di Miami e alcuni rappresentanti del Sovrano Militare dell’Ordine di Malta. Il cardinale Saraiva Martins in dichiarazioni rilasciate all'Ansa ha commentato la presenza del presidente Castro come "un segnale dell'avvicinamento tra la Chiesa e lo Stato".

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    Un anno fa la pubblicazione della "Spe salvi". Salvatore Martinez ci ricorda che Cristo è la vera speranza dell’uomo

    ◊   “Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore”: è uno dei passaggi forti dell’Enciclica “Spe salvi”, pubblicata esattamente un anno fa, il 30 novembre del 2007. In questo documento, Benedetto XVI sviluppa un’appassionata riflessione sulla natura della speranza evangelica. Il Papa sottolinea inoltre il ruolo fondamentale che la speranza, intrecciata con le dimensioni della fede e dell’amore, ha nella vita di ogni cristiano. Sul messaggio centrale di questa Enciclica, Alessandro Gisotti ha intervistato Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo:

    R. – C’è uno sguardo alto, e direi profondo insieme, in quest’Enciclica. Alto perché la speranza rimane una categoria divina, ma anche profondo perché include l’uomo, coinvolge nelle corde più intime i desideri e le domande fondamentali che sono nel cuore dell’uomo; “Senza speranza non ci sono certezze, e con la sola speranza umana - ricorda Benedetto XVI – non ci sarà mai la gioia vera per l’uomo”. Vengono passate in rassegna, in quest’Enciclica, i successi della modernità, che neanche nel loro insieme, in fondo, sostiene il Santo Padre, saprebbero regalare all’uomo la percezione di una persona veramente amata. Di una persona veramente capace di amare la vita, di dare il giusto significato anche a quelle prove, a quelle tribolazioni che la vita riserva.

     
    D. – Il Papa ci mostra la bellezza della speranza evangelica, una speranza con la “s” maiuscola, di fronte a quelle che solo nominalmente sono speranze, ma poi risultano spesso aspettative effimere…

     
    R. – Lei dice bene. In primo luogo i cristiani dovrebbero sempre scrivere la parola “speranza” con la “s” maiuscola, perché la speranza per un credente non è qualcosa che si possiede, ma qualcuno che ti possiede; è una persona la speranza, è Cristo! Ma la speranza è anche un corpo, la Chiesa; la speranza è una famiglia, la comunità cristiana, la parrocchia. Chi non sa sperare dispera, e chi dispera alimenta una cultura della morte. Il Santo Padre ci dice chiaramente, poi, che bisogna sperare ad occhi aperti, perché si spera in vista del cielo e chi non ha questa mira non sa sperare; direi non può sperare. Questa Enciclica profuma di cielo, e in un tempo sempre più irretito dalle ragioni della terra, è assai poco attratto dalle ragioni del cielo; noi dobbiamo rifondare il senso, la rivoluzione culturale che la speranza cristiana propone alla storia da duemila anni. Questa è la sfida che il Papa lancia.

     
    D. – Il Papa ci invita non solo a parlare di speranza, ma a darne ragione; come i fedeli laici, in particolare in famiglia, nel lavoro, nei diversi ambiti della vita possono accogliere questa esortazione e trasformarla in testimonianza?

     
    R. – Io ritengo che per rendere pubblica la speranza, dovremmo richiamare almeno tre alleati. Intanto, la speranza progredisce se si dà spazio alla preghiera, perché chi prega si sintonizza con il cielo, cerca il cielo ed entra in comunione con quel meraviglioso mondo di Santi, di Beati, di martiri che in cielo pregano per noi e con noi. In secondo luogo la speranza si incarna ed è efficace mediante la Parola di Dio, perché proclamare Gesù è già generare Gesù nella storia; quindi generare la sua vita, il suo Vangelo, e così l’oggetto della speranza prende forma. In terzo luogo, la speranza svela tutta la sua bellezza, la sua originalità nella fraternità; “Guai a chi resta solo”, dice il profeta Qoelet. La fonte di tanta disperazione deriva proprio da questa solitudine tremenda che l’uomo vive. Quindi è importante condividere la fede con i fratelli. L’esperienza dei movimenti, delle nuove comunità è una risposta provvidenziale di questa speranza cristiana che sta introducendo la fede nel Terzo millennio.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi della Nigeria chiariscono le motivazioni non tanto religiose quanto politiche che sarebbero all’origine degli scontri, scoppiati ieri nella città di Jos

    ◊   I gravi scontri avvenuti in Nigeria in questi giorni con numerose vittime stanno suscitando grande emozione nel mondo. Anche il Papa all’Angelus ha espresso la sua preoccupazione di fronte – ha detto – a "tanta crudele e insensata violenza". Tuttavia il modo in cui sono stati raccontati gli eventi e le motivazioni date rischiano di gettare una luce sbagliata sugli scontri, presentati come di natura religiosa. I vescovi della Nigeria reagiscono con forza e decisione di fronte a questa interpretazione. Sentiamo quanto ha dichiarato, l’arcivescovo di Abuja, John Onaiyekan, al microfono di Eugenio Bonanata:
     
    R. – L’arcivescovo di Jos è rimasto molto, molto scontento di quello che hanno detto alla BBC: hanno parlato di musulmani uccisi nelle moschee. Dice che è tutto falso. Hanno detto che qualcuno era andato a raccogliere dei cadaveri per le strade per portarli nella moschea, ma dice di non sapere nulla di questo ed ha chiesto al Governo di investigare. Insomma, c’è gente lì disposta a raccontare delle storie per fare propaganda. Tutto questo è un problema politico. I politici, però, in Nigeria, quando fa loro comodo, cercano di strumentalizzare la religione, per sostenere il loro modo di fare. Una causa può essere quella delle elezioni locali fra due partiti. I partiti non sono religiosi, perché sia il PDP che l’NPP hanno cristiani e musulmani all’interno del partito. Alle volte, però, a livello locale, si può avere un confronto non solo fra due partiti, ma anche fra due religioni. E sembra essere proprio il caso di cui parliamo adesso.

     
    D. – Secondo lei, quali sono le ragioni all’origine degli scontri?

     
    R. – Le ragioni sono quelle normali di due gruppi che, nel caso di Jos, sono gruppi di indigeni della zona e gruppi hausa, che in grande maggioranza sono musulmani, e che, secondo la storia, sono installati lì da tanti anni, da più di 100 anni. Purtroppo in questi 100 anni hanno vissuto quasi sempre separati e l’identità dei due gruppi è ben chiara. Ma quando ci sono problemi politici, si trova una miscela di differenze etniche e sociali, mischiate insieme, cui si aggiunge la differenza religiosa, che segue queste linee. Allora diventa difficile puntualizzare esattamente quale sia la causa. Ma secondo me, la causa principale è il controllo del potere e il senso di appartenenza ad un gruppo o all’altro; chi è che controlla; le conseguenze economiche e così via.

     
    D. – Già in passato nella regione in questione c’erano stati dei disordini, degli scontri abbastanza sanguinosi, giusto?

     
    R. – Sì, purtroppo, è una cosa recente, perché fino a due o tre anni fa, quella zona era considerata una delle più pacifiche in Nigeria. Soltanto recentemente sono cominciate queste tensioni. Ma si può dire che il periodo politico democratico può incoraggiare la gente perché cominci a fare delle rivendicazioni che prima non si facevano.

     
    D. – In generale, in Nigeria, com'è la convivenza tra cristiani e musulmani?

     
    R. – Grazie per la domanda, perché molto spesso si dà l’impressione che in Nigeria si stia sempre ad uccidersi a vicenda, il che non è affatto vero. In generale, la relazione fra cristiani e musulmani in Nigeria è buona ed io lo posso dire con grande senso di responsabilità. Ogni tanto scoppiano dei periodi di violenza ed io li descrivo come periodi di pazzia, però nel resto dell’anno la gente vive insieme, va negli stessi mercati, appartiene agli stessi Partiti politici, si trova nelle stesse Forze armate e nella Polizia, e in molti casi si sposa. Allora, andando in Nigeria adesso, non si può facilmente identificare chi sia musulmano e chi sia cristiano. Io credo, che questa nostra situazione venga molto spesso mal compresa. Ogni volta, quando c’è qualche problema, si dice subito sono cristiani o musulmani, invece ci sono altre cose dietro.

     
    D. – Ci sono, dunque, segnali positivi da questa convivenza?

     
    R. – Posso dire anche che negli ultimi anni abbiamo fatto dei grandi sforzi per contatti ad altissimo livello fra guide religiose cristiane e musulmane. Abbiamo un Concilio nazionale per il dialogo interreligioso, del quale io sono co-presidente con il capo dei musulmani. Ieri, io, capo dei cristiani, e il sultano di Sokoto, il capo dei musulmani in Nigeria, abbiamo parlato al telefono, cercando di fare ciò che possiamo per aiutare a ristabilire la pace. A quel livello stiamo facendo progressi, però a livello locale non si può sempre controllare ciò che dirà l’imam nella moschea o un pastore in chiesa. E’ qui che le cose cominciano a farsi difficili.

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    In India, critiche e polemiche dopo gli attentati di Mumbai: prime dimissioni nel Governo

    ◊   Prime dimissioni in seno al Governo indiano dopo la conclusione del dramma di Mumbai, dove quasi duecento persone sono state uccise in un attacco terroristico che si è protratto per oltre 72 ore. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Pioggia di critiche sulla classe politica indiana. Dopo le dimissioni del ministro dell’Interno, Shivraj Patil, ha lasciato anche il consigliere per la sicurezza nazionale, M.K. Narayanan. Tutti e due appartengono al principale partito della coalizione di Governo, come anche il vice primo ministro dello Stato del Maharashtra, dove si trova Mumbai, che, secondo le previsioni sarà il prossimo a dimettersi, e che in queste ore ha alimentato molto le polemiche parlando degli attacchi come di un piccolo incidente di fronte al piano del commando che avrebbe potuto uccidere 5 mila persone. La stampa indiana oggi è piena di accuse contro i Servizi di sicurezza che avrebbero avuto in anticipo informazioni sulla preparazione dell'attacco senza essere capaci di prevenirlo. Nel Paese intanto cresce l'indignazione dei cittadini. Centinaia di persone per il secondo giorno si sono radunate infatti proprio davanti all’hotel Taj Mahal per protestare contro quella che definiscono la corruzione e la passività del sistema politico di New Delhi. Sul fronte delle indagini il terrorista catturato avrebbe detto alla Polizia che uno degli obiettivi era quello di colpire cittadini israeliani per “vendicare le atrocità commesse contro i palestinesi”. Il gruppo, inoltre, avrebbe ricevuto appoggio anche da parte di cittadini indiani.

    In questo quadro sale ancora la tensione con il Pakistan. Islamabad continua a negare ogni coinvolgimento con i fatti di Mumbai ma ha minacciato di spostare le proprie truppe al confine con l’India nel caso la situazione degeneri. Il premier pakistano Yousaf Raza Gilani ha annullato la una sua visita ufficiale ad Hong Kong per seguire da vicino la situazione. Ma cosa lascia dunque quest’attacco all’India? Benedetta Capelli lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale de “Il Sole 24 Ore”:
     
    R. – Quest’attacco ha colpito la finestra sull’occidente dell’India, colpendo il cuore economico del Paese e anche gli obiettivi occidentali. Si è trattato proprio di un colpo inferto all’immagine dell’India e ai suoi apparati di sicurezza che hanno risposto - diciamolo francamente - con molta difficoltà a questo attacco.

     
    D. – In che modo il terrorismo potrà condizionare le future elezioni di primavera? Quanto i nazionalisti indù useranno quanto accaduto come arma elettorale?

     
    R. – Le ripercussioni, almeno da quello che si percepisce, saranno piuttosto pesanti. Innanzitutto c’è stata una reazione dell’opinione pubblica indiana che ha accusato il Governo ed i Servizi di sicurezza di non aver saputo prevenire attentati di questo genere. Poi, nei prossimi mesi, avremmo un appuntamento elettorale nel quale, naturalmente, il Partito nazionalista sfrutterà in tutti i modi questo attacco per mettere in difficoltà il Partito del Congresso.

     
    D. – India e Pakistan: una rivalità che si è riaccesa. New Delhi accusa di complicità Islamabad che risponde mandando un rappresentante dei servizi segreti e non più il direttore per collaborare alle indagini…

     
    R. – Innanzitutto la rivalità tra Pakistan ed India è qualche cosa che inizia sin dalla fondazione dei due Paesi, nel 1947, con la spartizione dell’impero britannico. Inoltre il Pakistan è stato privato del Kashmir, una regione popolata in gran parte da musulmani, e questa rivalità territoriale ha percorso i rapporti tra i due Paesi. C’è poi da segnalare la perdita dell’influenza pakistana in Afghanistan. Il Pakistan si è trovato, come dire, in una sorta di tenaglia internazionale: da una parte pressato dall’Occidente e dagli Stati Uniti per combattere una guerra contro il terrorismo e soprattutto per neutralizzare quei gruppi islamici che, in fondo, aveva finanziato ed alimentato; dall’altra si è trovato con un grande rivale come l’India. L’ascesa alla presidenza di Zardari in Pakistan, il marito di Benazir Bhutto, ha mandato in fibrillazione l’establishment militare dei Servizi pakistani, molto preoccupato di queste aperture nei confronti dell’India e spaventato per la possibilità di perdere il controllo della situazione. Ma il fatto che l’Isi – l’intelligente pakistana - mandi una missione a Nuova Delhi costituisce comunque un passo importante.

     
    D. – Siamo dunque alla svolta per i Servizi segreti di Islamabad?

     
    R. – Il problema è che la svolta deve essere fatta all’interno dell’Intelligence militare pakistana. Il capo dei servizi segreti viene nominato oggi dal capo delle Forze armate e questo significa che si sfugge al controllo diretto del Governo.

     
    D. – Quanto la questione del Kashmir pesa sugli attentati di Mumbai? Oppure rientrano nella sfera del terrorismo internazionale?

     
    R. – La questione del Kashmir è una delle questioni portanti ma c’è soprattutto il problema del Pakistan che è un Paese che si regge su un fragile presupposto: il nazionalismo musulmano che ha punti sensibili in Kashmir e altre spinte centrifughe come il Balucistan, tanto per dirne una, ma anche tutta la regione tribale del Nord Waziristan, ai confini con l’Afghanistan. Insomma, è un Paese che è difficile da tenere insieme e ci sono riusciti soprattutto le istituzioni militari e le Forze armate che sono quelle che in qualche modo rappresentano l’unità del Pakistan. Un’unità controversa però ed è questo il vero nodo della questione. Coscienti di questa situazione, sia la comunità internazionale che l’India in qualche modo devono aiutare il Governo e le Forze armate pakistane a riformarsi.
     

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    Stasera e domani su Rai-Uno il film Tv "Paolo VI, il Papa nella tempesta"

    ◊   La Rai, l’emittente di Stato italiana, propone stasera e domani in prima serata su Rai-Uno il film tv “Paolo VI, il Papa nella tempesta”. La fiction ripercorre le fasi salienti della storia umana e spirituale di Giovanni Battista Montini, mettendo in risalto alcune delle grandi pagine che caratterizzarono il suo lungo Pontificato. Il film è realizzato per Rai Fiction dalla Lux Vide, casa di produzione che ha all’attivo una lunga serie di successi televisivi di argomento religioso. Padre Vito Magno ha intervistato il regista, Fabrizio Costa, e Fabrizio Gifuni, l’attore che presta il volto e la voce a Papa Montini:

    (Inserto fiction)

     
    D. – Fabrizio Costa, Lei ha diretto film come “Madre Teresa”, “Chiara e Francesco”, “Fatima”, “Don Matteo”, ora “Paolo VI”; perché tanta attenzione verso storie di argomento religioso?

     
    R. – Perché la cultura religiosa, nel nostro Paese, è uno dei pochi elementi unificanti. Quindi esplorare, raccontare, cercare di capire i valori che ci sono all’interno di queste storie, secondo me, è un’operazione molto importante.

     
    D. – Cosa l’ha spinto, allora, ad esplorare nella vita di Paolo VI?

     
    R. – Io, che per questioni anagrafiche ricordo molto bene quel pontificato, pensavo che una delle figure più importanti del ‘900 fosse stato proprio questo Papa, per le problematiche che negli anni del suo pontificato aveva attraversato.

     
    D. – Fabrizio Costa, dopo aver tanto studiato e lavorato sulla figura di Paolo VI, può dire qual è stato il suo più grande merito?

     
    R. – Credo che sia stato quello di aver trasformato la Chiesa e aver ridato un senso mondiale alla Chiesa, sia come istituzione che come punto di riferimento morale per il mondo. E direi che alcune osservazioni, alcune riflessioni sulla “Populorum progressio” sono addirittura profetiche per la situazione che sta vivendo il mondo in questi giorni, e in qualche modo noi finiamo con questo grande riscatto finale, di questo uomo che in realtà, nella vita, non è stato molto capito, ma che invece ha seminato per il mondo futuro, per la costituzione di quello che lui chiamava la “civiltà dell’amore”.

     
    Ha vestito i panni di Paolo VI l’attore Fabrizio Gifuni, noto soprattutto per aver interpretato, tra anni fa, “Alcide De Gasperi”. Questa l’impressione riportata:

     
    R. – Una cosa che non mi sarei mai aspettato. Tra l’altro io avevo un ricordo di Papa Montini non perfettamente a fuoco, perché per motivi anagrafici ero abbastanza piccolo, nell’ultimo periodo del suo pontificato. Mi ricordavo un viso abbastanza distante dal mio, e in questo è stata sorprendente tutta la prima sessione di prove trucco che abbiamo fatto; poi sono entrato ovviamente dentro, e ogni giorno c’era qualcosa di sorprendente, di momenti più emozionanti di altri, inevitabilmente le ultime sequenze del funerale di Moro, quest’immagine di Paolo VI sulla sedia gestatoria che attraversa la navata di San Giovanni; quello sicuramente è uno dei momenti più emozionanti.

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    Chiesa e Società



    Messaggi di pace da tutto il mondo arriveranno a Betlemme per il Natale

    ◊   Una preghiera per la pace a Betlemme, è questo il progetto, giunto all’ottavo anno, che è stato realizzato dal Consiglio ecumenico per le chiese (WCC) e dal Forum ecumenico di Palestina e Israele. L’iniziativa parte oggi ed è sostenuta dal movimento pacifista cattolico Pax Christi International. “La gente di Betlemme apprezzerà – si legge in un comunicato del WCC – e sarà ben contenta di ricevere le preghiere di persone che vivono in altri Paesi. È sicuramente un modo di dare conforto con un messaggio di Natale. Questi messaggi contribuiranno a rompere l’isolamento nel quale vive la gente di Betlemme”. Le preghiere saranno quindi stampate e distribuite come messaggi personali. Chiunque volesse partecipare all’iniziativa può inviare il suo pensiero all’Arabi Educational Institute, all’indirizzo e-mail aei@p-ol.com, prima del 25 dicembre (Natale per i cristiani dell’Occidente) o prima del 7 gennaio (Natale per le Chiese d’Oriente). I messaggi possono essere letti anche in rete all’indirizzo: www.aeicenter.org e al www.paxchristi.net. (V.V.)

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    Anno Paolino: dal 4 dicembre lettura della Bibbia all’abbazia di San Paolo fuori le mura, a Roma

    ◊   “Lettura oggi” è il nome del progetto voluto, in occasione dell’Anno Paolino, dall’Abbazia di San Paolo fuori le mura in Roma. Il 4 dicembre prossimo, dalle ore 9 alle ore 13:30, si terrà il primo incontro-convegno del progetto. A presiedere sarà padre Edmund Power OSB, Abate dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura. Tra i relatori figurano invece: mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze (“Lettura della Bibbia: la nuova traduzione delle Sacre Scritture”); don Evandro Antonio Correia OSB, archivista dell’Abbazia di San Paolo f.l.m. (“Lettura della Bibbia: documenti dell'Abbazia benedettina di San Paolo fuori le Mura”); don Primo Gironi, biblista, direttore responsabile della rivista “Paulus” (“Leggere la Bibbia oggi: sfide nella società contemporanea”); il dott. Marco Cardinali, giornalista, teologo, nonché direttore della Lateran University Press (“Lettura della Bibbia dei cristiani nell'era della globalizzazione”); e il prof. Piero Innocenti, docente di storia e tecniche della catalogazione presso l'Università della Tuscia (“Tecniche e metodi di lettura”). L’idea degli incontri sulla Lettura della Bibbia, rende noto l'agenzia Zenit, è nata durante le attività di digitalizzazione della Bibbia Carolingia di Reims del IX secolo conservata nell'Abbazia di San Paolo. Insieme a questa, sono stati digitalizzati il Vetus Disciplina Monastica-Consuetudini Cluniacensi dell'XI secolo, diversi Messali in uso nella Basilica di San Paolo nel corso dei secoli passati ed una Bibbia Sacra a lettura continua del XIII secolo. A contatto con questi preziosi documenti, testimoni di un inestimabile patrimonio culturale e religioso, la Digitalcodices Onlus - sotto l’egida di padre Edmund Power - ha sviluppato l’idea di riunire alcuni insigni studiosi attorno a un tavolo di discussione per riaffermare l’attualità della Lettura della Bibbia e l’importanza delle Sacre Scritture anche per i non credenti. Il progetto “Lettura oggi” è una riflessione interdisciplinare sulla lettura dal punto di vista teorico e dal punto di vista applicativo. La Digitalcodices Onlus pubblicherà e manterrà in rete i contributi audio delle relazioni svolte. (V.V.)

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    Una serie di iniziative, da martedì a Rocca di Papa, per ricordare Chiara Lubich

    ◊   Un omaggio a Chiara Lubich: una serie di manifestazioni dal titolo “Una scia di luce” che dal 4 al 7 dicembre coinvolgeranno sindaci di varie città italiane, alunni, rappresentanti cristiani, ebrei e musulmani e soprattutto l’intera cittadinanza. A promuoverle è la comunità di Rocca di Papa (Roma) per ricordare Chiara Lubich che in questa cittadina laziale aveva scelto di porre la sua residenza e quella della sede centrale del Movimento dei Focolari. Proprio a Rocca di Papa, Chiara ha concluso il suo viaggio terreno il 14 marzo scorso e la cittadina le vuole ora rendere un omaggio per “la sua infaticabile azione per l’unità e la fraternità universale”. Le manifestazioni prendono il via martedì prossimo con un convegno su “Una città non basta: il pensiero di Chiara Lubich sull’essere Comunità” al quale parteciperanno diversi sindaci italiani, nonché il Governatore della Regione Lazio e il Presidente della Provincia di Roma. Seguirà la presentazione del libro “…Erano i tempi di guerra” con la partecipazione di Luigi Alici (Università Macerata), Lisa Palmieri Billig dell’American Jewish Committee e Shahrzad Houshmand, teologa musulmana. All’iniziativa, rifesice il Sir, sono stati coinvolti anche gli alunni del comune laziale con un concorso artistico sulla figura di Chiara. Il 7 dicembre, le manifestazioni culminano con la dedicazione a Chiara Lubich dello spazio della Fortezza medievale degli Annabali. (V.V.)

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    Congresso sulla filosofa Simone Weil dal 10 al 12 dicembre a Teramo

    ◊   Il pensiero di Simone Weil a 100 anni dalla nascita. I più autorevoli studiosi italiani e stranieri si confronteranno su questo tema nel corso del congresso “Persona e Impersonale: la questione antropologica in Simone Weil nel centenario della nascita”, che si svolgerà a Teramo, dal 10 al 12 dicembre. L’evento darà il via, in Italia, alle celebrazioni in ricordo di una grande intellettuale. Ad aprire il convegno, che si terrà nella Provincia di Teramo, sarà il ministro italiano per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi. Il convegno, promosso dal Centro ricerche personaliste di Teramo insieme al Comune, alla Provincia, all’Università, alla Diocesi ed alla Società Filosofica Italiana di Teramo, ha ricevuto, tra gli altri, il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, del Pontificio Consiglio della Cultura, dell’Association pour l’étude de la pensée de Simone Weil e della Società Filosofica Italiana. Durante la tre giorni, i più autorevoli studiosi, provenienti dal Brasile, dagli Usa, dal Canada, dalla Francia, dalla Spagna e dalla Germania, si confronteranno sul pensiero e sulla figura della filosofa. Insegnante di liceo, militante sindacale, attivista politica di sinistra, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti di Francisco Franco, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine impegnata a Londra a lavorare per la Resistenza, la vita di Simone Weil appare segnata dall’estrema coerenza tra pensiero e azione. Una coerenza che portò avanti sino alla fine, quando morì, ad appena 34 anni, nel sanatorio di Ashford, dopo aver ricevuto il battesimo dall’amica Simone Deitz. Il convegno si articolerà in 4 sessioni tematiche, che, dopo una rivisitazione della vita e dell’itinerario di pensiero della filosofa, esploreranno l’aspetto antropologico, teologico ed infine, quello scientifico-epistemologico delle sue riflessioni, mettendo a confronto i risultati delle ricerche degli esperti più accreditati, presenti all’incontro. A Simone Weil, durante la tre giorni, sarà anche dedicato lo spettacolo teatrale “Simone Weil, abissi e vette”. (V.V.)

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    Aiuti umanitari e l’annuncio del Vangelo per rilanciare la riconciliazione tra le due Coree

    ◊   La riconciliazione tra la Corea del Nord resta la priorità pastorale della Chiesa in Corea del Sud, come confermato dalla Commissione per la Riconciliazione, in seno alla Conferenza episcopale, in un recente incontro tenutosi a Suji. Il convegno – riferisce la Fides - è parte di un itinerario contenuto nel “Libro Bianco per la Riconciliazione”, che è un programma a tappe delineato dalla Commissione per proseguire nel progressivo riavvicinamento verso la Corea del Nord. Il Libro Bianco verrà pubblicato e diffuso nel 2009. Nell’incontro padre John Kim Hun-il, rappresentante del Comitato di aiuti umanitari alla Nord Corea, ha parlato della “Strategia di evangelizzazione della Nord Corea”, proponendo alcuni passi: fornire aiuti umanitari e cooperazione allo sviluppo; stabilire rapporti di amicizia; realizzare iniziative comuni; celebrare i Sacramenti e annunciare il messaggio di Cristo, fino al ricongiungimento definitivo dei due popoli. Padre Petr Im Eul-chul, membro della Commissione organizzatrice, ha sottolineato che oggi quella degli aiuti umanitari e della cooperazione è la strada maestra per intessere relazioni cordiali con le autorità civili in Nord Corea e per conquistare la fiducia della popolazione al Nord. Questioni aperte, ha sottolineato il simposio, restano quella dei rifugiati politici, fuggiti dalla Nord Corea verso il Sud, per sottrarsi al regime repressivo di Pyongyang; e quella delle famiglie divise, che tuttora soffrono per la frammentazione dei propri membri fra il territorio del Nord e del Sud. Nel solco dell’impegno per la riconciliazione e la riunificazione si colloca anche la recente apertura di un nuovo “Centro Servizi per la Pace” a Pyongyang, con la presenza stabile di un frate francescano nel Centro. (M.G.)

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    Corea del Sud: le Lettere pastorali dei vescovi per il tempo d’Avvento

    ◊   Il tempo di Avvento è un tempo di grazia, un tempo favorevole per convertirsi, rimettere la propria vita nella mani di Dio, dedicarsi alla preghiera, alla revisione di vita, alle opere di carità. Sono questi i contenuti fondamentali comuni alle Lettere pastorali che i vescovi coreani hanno scritto e diffuso nelle proprie diocesi, per esortare i fedeli a vivere intensamente il mese di preparazione al Natale 2008. I presuli, citati dall’agenzia Fides, sottolineano nei loro testi l’importanza e la centralità della famiglia cristiana, culla della fede, in cui devono trovare posto la preghiera, l’ascolto e la condivisione della Parola di Dio, le esperienze di perdono e riconciliazione. La famiglia diventa così una “palestra della fede” che prepara i cristiani alla testimonianza del Vangelo nella società. Un altro tema proposto dai vescovi è il collegamento dell’Avvento con l’Anno Paolino. In questo anno dedicato ad approfondire la figura di San Paolo, si invitano i fedeli a diventare protagonisti dell’evangelizzazione, seguendo le orme dell’Apostolo delle genti. In particolare, la Lettera scritta dal cardinale Nicholas Jinsuk Cheong, arcivescovo di Seul, intitolata “La famiglia, base della fede”, esorta a realizzare e vivere “lo spirito del martirio” nella famiglia, spiegando che “amare la propria famiglia, che è il nostro prossimo, è il modo autentico di partecipare al martirio, che significa testimonianza cristiana”. Mons. Andreas Choi Chang-mou, arcivescovo di Kwangju, riferendosi al programma pastorale triennale dell’arcidiocesi, definisce l’anno liturgico che si apre “l’Anno dell’animazione all’apostolato”. Nel 2011 si celebrerà il 100.mo anniversario della nascita della diocesi di Daegu, e mons. John Choi Young-soo, arcivescovo locale, invita nella sua Lettera i fedeli a prepararsi fin da ora per lo storico evento. (V.V.)

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    Polonia: Stato e Chiesa uniti per promuovere la famiglia

    ◊   Una commissione congiunta del Governo e dell'Episcopato polacco, riunitasi in questi giorni a Varsavia, ha adottato una dichiarazione per le politiche a favore delle famiglie che prevede l’aumento dei sussidi ed azioni contrastanti i conflitti e la disgregazione dei nuclei familiari. “La famiglia - si legge nel documento - è il soggetto principale delle azioni messe in atto dallo Stato”. Tali azioni dovrebbero essere intraprese “con la collaborazione delle autorità locali, delle parti sociali e delle organizzazioni non governative”, mentre “la Chiesa cattolica, le altre Chiese e le associazioni religiose sono un'importante e valida controparte nell'ambito di tali attività”. Il Governo si è impegnato a predisporre entro il primo trimestre del 2009 un programma di interventi intitolato “Solidarietà delle generazioni: azioni a favore dei bambini e della famiglia”. Tenendo conto che un terzo dei bambini polacchi vive in famiglie numerose, la dichiarazione prevede anche l’aumento dei sussidi a questo tipo di nuclei familiari, senza dimenticare un’attenzione particolare alle famiglie con redditi più bassi. Sono previste anche agevolazioni, soprattutto per le madri, per conciliare i tempi della famiglia e i tempi del lavoro. Problema, questo, sentito soprattutto per le famiglie con disabili. La dichiarazione contempla anche il caso dei minori abbandonati e la necessità di un sostegno per le famiglie affidatarie. I firmatari del documento hanno anche sottolineato la necessità di una maggiore protezione dei bambini e del contrasto della violenza nei loro confronti, in tutti gli ambienti. (V.V.)

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    Inchiesta in Olanda sul funerale religioso, che offre conforto anche ai non credenti

    ◊   Sono circa il 47 per cento gli olandesi che traggono consolazione dalla partecipazione a un funerale di tipo religioso. Questo è il dato che emerge da uno studio diffuso nel mese di novembre dall’istituto di ricerca Kaski, condotto su richiesta del Koninklijke Facultatieve. Tre quarti degli olandesi dichiarano di aver partecipato a un funerale religioso, questo vale per la maggior parte dei credenti, ma anche per i due terzi dei non credenti. Il 68 per cento dei cattolici sperimenta il conforto del coinvolgimento della Chiesa in occasione delle cerimonie funebri; questa percentuale sale al 72 per cento per i protestanti e si attesta al 21 per cento per i non credenti. Un olandese su 5 considera positivo il recarsi in chiesa per il funerale di una persona cara. I cattolici (31 per cento) e i protestanti (31 per cento) si dichiarano più favorevoli alla Chiesa dopo aver partecipato a una cerimonia funebre di quanto faccia la media degli olandesi. Quasi la metà degli olandesi (48 per cento) infatti, non è favorevole al recarsi in chiesa. Positivi sono invece gli olandesi sul ruolo personale del pastore durante la cerimonia funebre; sono infatti più della metà coloro che dicono che il pastore ha avuto un ruolo di supporto al funerale religioso. La larga maggioranza dei cattolici (62 per cento) e dei protestanti (69 per cento) sostengono la validità di questa esperienza e anche una buona parte (40 per cento) dei non credenti riconosce al pastore il ruolo di sostegno. Tuttavia, per i propri funerali la maggioranza della popolazione dichiara di non richiedere un pastore o altra figura spirituale. Il 35 per cento richiederebbe un buon amico, il 28 per cento il sacerdote o pastore, soltanto il 7 per cento si dichiara a favore dei riti. I cattolici e i protestanti si indirizzano ovviamente sulla scelta di un pastore o ministro. (V.V.)

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    Germania: vescovi cattolici e Chiesa Evangelica dicono no all'assitenza medica al suicidio

    ◊   Questioni etiche relative ai trapianti, le disposizioni dei pazienti e l’accompagnamento alla morte: questi alcuni dei temi discussi in un colloquio svoltosi nei giorni scorsi a Berlino tra rappresentanti della Conferenza episcopale tedesca (DBK), del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca (EKD) e della Federazione dell’Ordine dei medici della Germania. Sulle disposizioni dei pazienti, in un comunicato stampa congiunto gli interlocutori hanno affermato che “è da evidenziare l'importanza del testamento biologico, affinché in casi gravi sia coinvolta una persona che gode della particolare fiducia del paziente. Occorre inoltre incrementare i servizi offerti dagli hospice e le possibilità della medicina palliativa”. “Una partecipazione di medici al suicidio contrasta con l’etica medica e non è moralmente giustificabile”, hanno affermato gli interlocutori, respingendo anche la limitazione giuridica dell’obbligo di garante del medico o qualsiasi base giuridica all’assistenza medica al suicidio. All’incontro hanno preso parte mons. Robert Zollitsch, Presidente della DBK, Wolfgang Huber, presidente dell’EKD e Jörg-Dietrich Hoppe, presidente dell’Ordine dei medici tedesco. (V.V.)

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    Inghilterra: la Chiesa chiede l’amnistia per gli immigrati irregolari

    ◊   Amnistia a favore degli immigrati irregolari che sono nel Paese da almeno cinque anni e che riescono a dimostrare di aver contribuito in qualche modo all’economia o di essersi resi utili alla società. E’ questo l’appello lanciato dal cardinale Cormac Murphy O’Connor, leader della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles al Governo britannico, sposando in tal senso un’iniziativa già promossa da Boris Johnson, sindaco conservatore di Londra che fu ostacolato nella realizzazione del progetto dagli stessi colleghi di partito. “Molti sono vulnerabili e facilmente oggetto di sfruttamento – ha dichiarato il porporato – dopo un certo periodo di tempo bisognerebbe trovare il modo di dare loro la cittadinanza perché possano godere dei vantaggi che ne derivano”. I commenti del cardinale - riportati dal quotidiano "Avvenire" - sono giunti proprio dopo l’annuncio, da parte di Johnson, di uno studio di fattibilità per concedere un’amnistia a 700 mila lavoratori clandestini che, regolarizzati diventerebbero contribuenti. Il Governo tuttavia continua ad opporsi a qualsiasi provvedimento. (F.A.)

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    Un satellite per far dialogare il Burundi con il mondo

    ◊   Continuano le attività nell’ambito del progetto Amahoro per la formazione professionale della popolazione del Burundi, molto giovane e poco scolarizzata. Nelle vacanze natalizie un’équipe piemontese di volontari, informatici e formatori in ambito dell’animazione si recherà in Burundi per allestire le aule di informatica e svolgere la formazione in campo ricreativo nell’ambito del progetto, promosso dal Comune di Carignano (Torino) e da numerosi partner locali, tra cui ENAIP Piemonte. Già alla fine di ottobre, due tecnici volontari, Michele Lepora e Oscar Ivan Restrepo Sanchez, si erano recati in missione a Rumonge e a Bururi per installare le stazioni di ricetrasmissione, che si collegano al satellite Panamsat, posto in orbita geostazionaria sull’Oceano indiano. Grazie a questa iniziativa queste zone del Burundi hanno una forma di collegamento stabile con il mondo. Rispetto ad una normale connessione ad internet, si legge in un comunicato reso noto dal Sir, quella a banda larga via satellite risulta essere particolarmente vantaggiosa da un punto di vista economico e tecnico. Facilitare l’accesso alle nuove tecnologie, comunicare e aprire i giovani burundesi al confronto con i coetanei europei risulta quindi essere una sfida particolarmente impegnativa e importante soprattutto per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni: questa è una delle scommesse del progetto Amahoro. Progetto che sta suscitando un grande interesse sia nella pubblica amministrazione sia tra la gente: anche i medici egiziani dell’ospedale di Bururi hanno chiesto di poter vedere un protocollo di aggiornamento terapeutico via internet. Infine, la diocesi di Bururi sta utilizzando le apparecchiature e i problemi di comunicazione che fino a poco tempo fa persistevano ora sono molto diminuiti. (V.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    TThailandia: la polizia ordina ai manifestanti di disperdersi. Almeno una cinquantina di feriti per due esplosioni

    ◊   Sempre tesa la situazione in Thailandia, dopo le massicce proteste governative di questi giorni. La Polizia ha ordinato ai manifestanti che occupano i due aeroporti di Bangkok di disperdersi immediatamente. In precedenza invece c’era stato l’annuncio dell’apertura di trattative con gli oppositori. Intanto in mattinata una granata lanciata contro la sede dell’esecutivo, assediata dai dimostranti, ha provocato una cinquantina di feriti. A poche ore di distanza un altro ordigno ha colpito l’esterno di uno degli scali aerei, causando il ferimento di due passanti.

    Afghanistan
    Attacco suicida questa mattina a Kabul, nei pressi del Parlamento afgano. Almeno due civili hanno perso la vita. Secondo la Polizia nel mirino dei ribelli un veicolo che trasportava stranieri. Intanto le Forze della Coalizione in un comunicato hanno confermato l’uccisione di un importante leader talebano responsabile di diversi attacchi e rapimenti.

    Romania Elezioni
    Urne aperte da stamattina in Romania per le elezioni legislative, le prime del Paese dopo l’adesione all’UE nel 2007. Circa 18,3 milioni di romeni sono chiamati ad eleggere i 315 nuovi deputati e 137 nuovi senatori da inviare in Parlamento a Bucarest. Bassa l’affluenza. In mattinata si è recato a votare intorno al 5 per cento degli aventi diritto. I seggi chiuderanno alle ore 21 locali e solo dopo si potranno conoscere i primi exit poll. Per i risultati finali invece ci vorranno diversi giorni. I sondaggi dell’ultimo minuto hanno indicato in vantaggio i due Partiti di opposizione, tuttavia, secondo gli analisti, nessuna formazione riuscirà a raggiungere una maggioranza tale da poter governare da solo.

    Israele
    Il Governo israeliano ha autorizzato il rilascio di 250 detenuti palestinesi. Il gesto accoglie le richieste del presidente dell’Autorit' nazionale palestinese, Abu Mazen, con il quale i vertici dello Stato ebraico hanno avviato un negoziato per arrivare ad un accordo di pace.

    Congo
    Dopo l’incontro con l’inviato di pace dell’ONU, il leader dei ribelli congolesi, Laurent Nkunda, ha minacciato una vera e propria guerra se il Governo locale non accetterà di avviare negoziati sulla situazione nella provincia del Nord-Kivu. Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto favorevole all’invio di una Forza militare europea nell’est della Repubblica democratica del Congo, in attesa che arrivi sul posto la Forza di pace dell’ONU. Ad affermarlo a Bruxelles, il ministro degli Esteri belga.

    Somalia
    I pirati somali e i proprietari del cargo ucraino sequestrato più di due mesi fa hanno raggiunto un accordo e stanno negoziando le modalità del rilascio della nave che trasporta 33 carri armati e altri armamenti. Intanto a livello politico, il gruppo di saggi dell'Unione Africana (UA), composto da eminenti personalità africane, ha chiesto all’ONU di inviare in Somalia “una Forza internazionale per la stabilità”, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe etiopiche dal Paese entro la fine dell’anno.

    Iran consorzio nucleare
    L’Iran ha proposto agli altri Paesi della regione di costituire un ''consorzio'' per la costruzione di centrali nucleari ad acqua leggera. Lo ha annunciato il capo dell’Organizzazione nazionale per l’energia atomica lamentando il fatto che questa attività attualmente è monopolio delle potenze occidentali e della Russia. L’Iran, che rifiuta di sospendere il suo programma di arricchimento dell'uranio come chiesto in più risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, non dispone ancora di alcuna centrale nucleare funzionante. La Russia si è impegnata a completare la costruzione del primo impianto che dovrebbe cominciare a produrre energia elettrica, ma il progetto è in ritardo di diversi anni. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 335

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