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Sommario del 24/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Nel lunedì dell’Angelo, il Papa auspica - al Regina Caeli - che la Risurrezione di Cristo sia per il mondo fonte di speranza. Poi l’invito di Benedetto XVI a testimoniare con più coraggio la propria fede, sull’esempio dei missionari martiri
  • Il cordoglio di Benedetto XVI per la scomparsa del cardinale messicano Adolfo Antonio Suárez Rivera
  • Il mistero della Pasqua che apre nella storia dell'umanità ad una vita completamente nuova
  • Oggi in Primo Piano

  • "Versato per voi e per tutti": è il tema dell'odierna Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri: 21 i sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi uccisi nel 2007
  • Si celebra oggi la Giornata internazionale per la lotta alla tubercolosi, che ogni anno miete oltre un milione e 700 mila vittime nel mondo
  • In aumento la solitudine esistenziale degli Italiani orfani di ascolto ed attenzione da parte degli altri: lo rivela una ricerca di “Telefono Amico”
  • I 400 anni dei 'padri caracciolini', fondati nel 1608 da San Francesco Caracciolo
  • Arriva in Italia il nuovo film del regista Luc Jacquet: "La Volpe e la Bambina"
  • Chiesa e Società

  • Terra Santa: gioiosa Messa paquale, nel lunedì dell'Angelo, nella chiesa dei Santi Cleofa e Simone, in un villaggio arabo, nei pressi di Gerusalemme
  • Mossul: Pasqua all'insegna della preghiera per ricordare mons. Rahho e la fine delle violenze
  • "La pace non può essere raggiunta con la guerra": così alcuni vescovi dello Sri Lanka tornano a chiedere la fine delle violenze nel Paese
  • Nepal: migliaia di fedeli per le celebrazioni pasquali di Kathmandu
  • "Cercare il cielo in tutte le cose": le parole dell'arcivescovo di Palermo alla Messa di Pasqua con gli immigrati
  • Pubblicata l'edizione russa dell'enciclica Spe Salvi. Domani sera la presentazione a Mosca: un'occasione di confronto e dialogo ecumenico
  • Un secolo di Don Orione: l'anniversario sarà celebrato domani con una Messa nella parrocchia di Ognissanti a Roma
  • Il vescovo di Aosta guida 150 fedeli in pellegrinaggio nei luoghi di Sant'Anselmo: un'occasione per trasmettere ai giovani la sua "pedagogia della libertà"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ad Olimpia, in Grecia, la cerimonia di accensione della fiaccola dei giochi olimpici 2008 all’insegna delle contestazioni filo-tibetane
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nel lunedì dell’Angelo, il Papa auspica - al Regina Caeli - che la Risurrezione di Cristo sia per il mondo fonte di speranza. Poi l’invito di Benedetto XVI a testimoniare con più coraggio la propria fede, sull’esempio dei missionari martiri

    ◊   “La nostra testimonianza della Risurrezione di Cristo sia per il mondo fonte di speranza”: cosi Benedetto XVI nel Lunedì dell’Angelo, rivolto ai fedeli raccolti nel Cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, per recitare insieme al Papa l’antifona mariana del Regina Caeli, che durante il tempo pasquale sostituisce la preghiera dell’Angelus. Servizio di Roberta Gisotti:


    “Tutti gli uomini siano partecipi della salvezza”: il rinnovato auspicio del Santo Padre a lodare il Signore “nei giorni del tempo pasquale”, a partire da quell’“avvenimento assolutamente nuovo” nella storia dell’umanità: “la morte e la risurrezione di Cristo”, “questa esperienza” - ha spiegato Benedetto XVI - che “ha inscritto una volta per sempre l’alleluia nel cuore della Chiesa! Anche nel nostro cuore”. Ecco perché il Regina Caeli “è come una nuova ‘annunciazione’ a Maria, fatta questa volta non da un angelo, ma dai cristiani che invitano la Madre a rallegrarsi perché il suo Figlio, da lei portato nel grembo, è risorto come aveva promesso”. “Dopo il dramma della Passione, risuona un nuovo invito alla gioia”.

     
    “Cari fratelli e sorelle, lasciamo che l’alleluia pasquale si imprima profondamente anche in noi in tutte le circostanze, così che non sia soltanto una parola in certe circostanze esteriori, ma sia l’espressione proprio della nostra stessa vita”.
     
    Dopo la preghiera mariana, il Papa ha fatto memoria di quanti cristiani sono caduti per testimoniare la loro fede, nell’odierna Giornata di preghiera e di digiuno per i missionari martiri:

     
    “Ricordare e pregare forse oggi non digiunare ma pregare, per questi nostri fratelli e sorelle – vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici – caduti lungo il 2007, mentre svolgevano il loro servizio missionario è un dovere di gratitudine per tutta la Chiesa e uno stimolo per ciascuno di noi a testimoniare in modo sempre più coraggioso la nostra fede e la nostra speranza in Colui che sulla Croce ha vinto per sempre il potere dell’odio e della violenza con l’onnipotenza del suo amore”.
     
    Il pensiero di Benedetto XVI è andato poi ai malati di tubercolosi e alle loro famiglie, ricorrendo oggi anche la Giornata Mondiale per la Lotta contro la Tubercolosi. “Auspico – ha detto il Papa - che cresca l’impegno a livello mondiale per debellare questo flagello”; quindi un invito particolare:

     
    “Il mio appello si rivolge soprattutto alle istituzioni cattoliche, affinché quanti soffrono possano riconoscere, attraverso la loro opera, il Signore Risorto che dona ad essi guarigione, conforto e pace”.
     
    Infine l’augurio del Papa:
     
    “A tutti e ciascuno auguro di trascorrere serenamente questo Lunedì dell’Angelo, in cui risuona con forza l’annuncio gioioso della Pasqua. Buona e santa Pasqua a tutti!”.

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    Il cordoglio di Benedetto XVI per la scomparsa del cardinale messicano Adolfo Antonio Suárez Rivera

    ◊   Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale messicano Adolfo Antonio Suárez Rivera, spentosi sabato scorso - all’età di 81 anni - nella diocesi di Monterrey, di cui era arcivescovo emerito. In un telegramma, inviato all’arcivescovo titolare, cardinale Francisco Robles Ortega, Benedetto XVI esprime il suo dolore per la scomparsa del porporato che “ha servito con tanta intensità e generosamente la Chiesa durante il suo ministero pastorale”. I funerali del cardinale Suárez Rivera saranno celebrati oggi, alle ore 16.00 nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, nella diocesi di Monterrey. A presiedere le esequie sarà il cardinale Francisco Robles Ortega. Originario di San Cristóbal de las Casas, nel Chiapas, dove aveva studiato nel Seminario Lettere classiche, il cardinale Suárez Rovera aveva poi proseguito la sua formazione nel Seminario di Xalapa e nel Pontificio Seminario statunitense di Montezuma, nel New México, ed ancora nella Pontificia Università Gregoriana, a Roma, dove aveva conseguito la Laurea in Teologia. Ordinato sacerdote a 25 anni, aveva guidato le diocesi di Tepic e Tlalnepantla, ed era stato poi nominato arcivescovo della sede metropolitana di Monterrey, che aveva governato fino al 2003. Creato cardinale nel 1994 da Giovanni Paolo II, non aveva partecipato - perchè infermo - all’elezione di Benedetto XVI.

    Con il decesso del cardinale Adolfo Antonio Suárez Rivera, il Collegio cardinalizio risulta composto da 197 cardinali, di cui 119 elettori e 78 ultra-ottantenni.(A cura di Roberta Gisotti)

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    Il mistero della Pasqua che apre nella storia dell'umanità ad una vita completamente nuova

    ◊   Il Lunedì dell’Angelo è un giorno la cui importanza, per la fede cristiana, è maggiore di quella normalmente attribuitagli dal sentire comune. E’ il giorno che segna un prima e un dopo rispetto all’evento storico della Risurrezione di Gesù. E’ l’avvio della prima Chiesa, che deve imparare a rapportarsi a Cristo in un modo nuovo, con una crescente maturità che più tardi la Pentecoste renderà visibile e pubblica. Alessandro De Carolis ne ha parlato in questa intervista con il vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Vincenzo Paglia:


    R. - E’ singolare che il Lunedì dell’Angelo si continui con il Vangelo a restare nel giorno di Pasqua. E’ come se la liturgia della Chiesa non volesse allontanarci dal mistero della Pasqua. E non è un caso che non si parli, ad esempio, di prima, seconda, terza Domenica “dopo” la Pasqua, ma si parli di prima, seconda Domenica “di” Pasqua: come a dire che la sorgente della vita cristiana non può staccarsi da questo mistero che origina una vita completamente nuova. Ed ecco allora l’importanza anche della riflessione sui brani evangelici che narrano il giorno della Risurrezione o i giorni successivi. Le immagini di Maria di Magdala al Sepolcro o anche dei due discepoli di Emmaus che trascorrono quasi la loro intera giornata con Gesù sono, a mio avviso, descrizioni di come la comunità cristiana debba vivere già dal Lunedì dell’Angelo.

     
    D. - Otto anni fa, Giovanni Paolo II istituì la festa della Divina Misericordia nella Domenica immediatamente successiva alla Pasqua. In che modo questa realtà spirituale ha toccato, nel corso di questo arco di tempo, il cuore dei suoi fedeli?

     
    R. - Debbo dire che quello della Divina Misericordia è un tema di una incredibile e sorprendente attualità. In un mondo lacerato da conflitti, da guerre, da un clima che diventa sempre più buio, ecco la misericordia di Dio che si esprime nella Risurrezione in una maniera che più alta non si può. La misericordia diventa il cuore del messaggio del cristianesimo nel mondo contemporaneo. E in un mondo spietato che cosa dobbiamo annunciare se non la misericordia?

     
    D. - Già dopo la Risurrezione di Gesù, la Chiesa muove i suoi primissimi passi da sola, cioè senza la presenza fisica quotidiana del suo fondatore. La Pentecoste darà a questa prima Chiesa lo slancio necessario alla sua missione. Che cosa la colpisce spiritualmente dell’esperienza vissuta in quelle prime settimane nel Cenacolo?

     
    R. - L’esperienza che più mi colpisce è anzitutto la fraternità che nasce già da sotto la Croce. Una fraternità che comprende persone diverse, esperienze diverse, riunite in preghiera attorno a Maria. E da questa fraternità piena di spirito di carità e di misericordia la Chiesa muove i suoi primi passi. La preghiera e la carità sono le due esperienze centrali che mi colpiscono e credo siano i binari sui quali dobbiamo porre sempre più saldamente le nostre comunità cristiane. I due pilastri che noi vediamo a Pasqua sono la comunità in preghiera e la comunità che vive della carità. E a me fa molto bene leggere negli Atti degli Apostoli che questa prima comunità godeva della simpatia di tutto il popolo. Certo, tutto questo comporterà anche la persecuzione, ma l’unica via per testimoniare l’amore è esattamente quella dei giorni dopo Pasqua: riunirsi a pregare perché si rialzino i cuori da un’anestesia morale che appanna, appiattisce, indurisce e rende questo mondo più triste, oltre che più violento.

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    Oggi in Primo Piano



    "Versato per voi e per tutti": è il tema dell'odierna Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri: 21 i sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi uccisi nel 2007

    ◊   Si celebra oggi la XVI Giornata di preghiera e digiuno per i missionari uccisi. L’iniziativa, promossa dal Movimento giovanile missionario delle Pontificie opere missionarie, intende ricordare la testimonianza di unità e di amore resa dai missionari che, con il loro esempio, incitano ogni cristiano a vivere radicalmente il Vangelo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    “Versato per voi e per tutti”: è il tema della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. Sono parole, dense di senso, che accompagnano la consegna del calice durante l’ultima Cena. E’ un invito a riflettere sull’offerta di Gesù del proprio sangue per la salvezza dell’umanità. Anche molti religiosi hanno conosciuto il calvario e la croce. Chi sono i martiri e a quale compito sono chiamati i missionari? Risponde padre Marco Pifferi, del PIME, superiore regionale e vicario episcopale per la pastorale, da 20 anni in Guinea Bissau:

     
    R. – Il martire è il testimone per eccellenza in quanto fa della sua vita un dono agli altri. Allora, questo “versato per voi e per tutti”, per me ha proprio questo duplice significato. Innanzitutto, “versato per voi”: per voi che io ho scelto e quindi questa vita diventa dono per gli altri. In tutti i Paesi dove ci troviamo, le sfide che ci vengono proposte sono quelle di questa testimonianza, soprattutto di comunione, di dialogo, di stima dell’altro. Il sangue è “versato per tutti”: questa testimonianza diventa davvero fonte di comunione in un mondo dove sembra che ci si chiuda sempre di più all’altro; in quanto “altro”, in quanto “fratello”, noi siamo chiamati a questa testimonianza grande di unità e comunione.
     
    La Giornata di preghiera e digiuno per i missionari uccisi si celebra nell’anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero. Gianni Novelli, direttore del Centro interconfessionale per la pace ricorda le ultime parole del presule:

     
    R. – Oscar Romero alzò la voce, dando l’ordine: “Vi supplico, vi prego, in nome di Dio, cessi la repressione. Nessun militare è obbligato ad obbedire a questi ordini che ha ricevuto”. La sera del 24 marzo, mentre stava celebrando la Messa nella piccola cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, dove si era rifugiato, tra minacce di morte e pericoli, all’offertorio, dal fondo della chiesa, con un unico sparo, un militare lo uccise. Le sue ultime parole, mentre teneva alzato il calice del pane e del vino: “Possa questa nostra effusione di sangue essere fermento di pace e di giustizia per questo nostro popolo”. Aveva detto: “Possono pure uccidermi, ma non possono far tacere la voce del vescovo della Chiesa e se mi uccidono io risorgerò con il mio popolo che cammina nelle vie della liberazione”.

     
    Nel corso del 2007 sono stati uccisi 21 tra sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi. A questo elenco bisogna aggiungere i martiri del 2008: l’ultimo è l’arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Faraj Rahho. Sulla ricchezza dei suoi insegnamenti, ascoltiamo il nunzio apostolico in Iraq, mons. Francis Assisi Chullikat:

     
    R. – La tragica morte di mons. Rahho è stato un momento difficilissimo per la Chiesa irachena e il popolo cristiano. Lo hanno visto come un pastore che non ha esitato ad immolare la propria vita per salvare il suo gregge. Mons. Rahho è stato quindi un pastore dedito e coraggioso che ha insegnato ai suoi fedeli il significato di essere cristiani. Per lui essere cristiano significava essere fedeli discepoli, pronti a seguirlo fino al Calvario e, se necessario, fino alla morte sul Calvario. E’ molto significativo notare che mons. Rahho veniva sequestrato al termine della celebrazione della Via Crucis, una Via Crucis che ha saputo interpretare e vivere in carne propria fino ad immedesimarsi in Gesù, dando la propria vita per il suo popolo.

     
    In Iraq l’area di Mossul, dove nel 2007 sono stati uccisi padre Ragheed Ganni, tre suoi subdiaconi e recentemente mons. Rahho, è terra di martirio dove ogni cristiano offre una forte testimonianza di fede. Padre Amer Najman Youkhanna, sacerdote iracheno dell’arcidiocesi di Mossul:
     
    R. – Le testimonianze di fede in Iraq sono sempre più forti, e questo è il frutto del sangue dei martiri che annaffia questa pianta della fede con una lunga vita. Continua questa testimonianza nonostante la difficoltà, il dolore: non sono solo preti e vescovi che muoiono, ci sono tanti fedeli. Purtroppo, per un cristiano vivere a Mossul, oggi, è un martirio quotidiano, anche se non si è uccisi. Il cristiano che vive a Mossul oggi, chiunque sia, testimonia la sua fede in Gesù Cristo che è un appello all’amore, alla fraternità, alla convivenza, alla tolleranza, a rifiutare la violenza.

     
    Nella schiera dei martiri sono molti i “militi ignoti della fede”, perseguitati perchè discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo. “Nella storia della Chiesa – ha detto il Papa all’udienza generale del 10 gennaio del 2007 – non mancherà mai la passione, la persecuzione… Ma anche nella nostra vita la Croce diventa benedizione”.

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    Si celebra oggi la Giornata internazionale per la lotta alla tubercolosi, che ogni anno miete oltre un milione e 700 mila vittime nel mondo

    ◊   Ancora oggi un’autentica pandemia”. Così Mario Raviglione, direttore del Dipartimento “Stop Tbc” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, definisce la tubercolosi. Circa un milione 700 mila persone muoiono ogni anno di questa malattia contro la quale, anche Benedetto XVI nel Regina Coeli, ha invocato un maggiore impegno a livello mondiale. In molte aree del Pianeta mancano le terapie adeguate che consentirebbero la guarigione nella quasi totalità dei casi. Un dramma, ha denunciato l’associazione Medici Senza Frontiere, dimenticato dai mezzi di comunicazione. Proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica, si celebra oggi la Giornata internazionale per la lotta alla tubercolosi. Sulle proporzioni di questa emergenza ascoltiamo il dottor Raviglione nell'intervista di Silvia Gusmano:

     
    R. – La tubercolosi è una malattia che colpisce ancora oggi 9 milioni e 200 mila nuovi malati tutti gli anni ed uccide intorno 1 milione e 700 mila persone all’anno: 4 mila e 400 vittime al giorno. Colpisce le persone in età lavorativa, dai 15 ai 20 anni, sino ai 40-45 anni. Questi sono le fasce di popolazione più interessate.

     
    D. – Quali sono le zone più colpite nel mondo?

     
    R. – La tubercolosi è un’autentica pandemia, è una malattia che non è mai stata eliminata in nessun Paese al mondo. E’ diffusa ovunque. Le aree a più grande incidenza di malattia, come diciamo in termini tecnici, sono l’Africa, con dei tassi pro capite estremamente elevati, e poi l’Asia con il numero più importante di casi in termini assoluti, qualcosa come i due terzi dei casi di tubercolosi al mondo. Il resto in America Latina, in Medio Oriente e, ultimamente, tassi molto elevati sono stati registrati anche nell’ex Unione Sovietica.

     
    D. – In Africa, la situazione è aggravata dalla compresenza dell’HIV...

     
    R. – Sicuramente, la presenza dell’HIV, e quindi dell’AIDS, compromette il sistema immunitario che protegge l’uomo dalle malattie e quindi questo ha creato una situazione in Africa per la quale, negli ultimi 20 anni, abbiamo visto un aumento dei casi di tubercolosi che può essere fino a quattro, cinque, sei volte quello che era il numero registrato nei primi anni ’80.

     
    D. – Da dove partire oggi per sconfiggere la tubercolosi?

     
    R. – La prima cosa da farsi è puntare su quello che abbiamo a disposizione. Il regime terapeutico di quattro farmaci, che viene raccomandato, se dato bene dura sei mesi e se dato e super visionato, in pratica, potrebbe guarire tutti i casi di tubercolosi. La cosa importante è, ovviamente, avere accesso alle strutture sanitarie e fare in modo che i servizi sanitari e che i malati che hanno la tosse da due o tre settimane, che hanno la febbre, che stanno perdendo peso e così via, possano essere diagnosticati. Il problema è che nel mondo, oggi come oggi, molti, molti strati di popolazione non hanno accesso a questi servizi, quindi si ammalano e muoiono di tubercolosi. Se noi riuscissimo nel mondo a ridurre la povertà, a ridurre la marginalizzazione di certe popolazioni - nei nostri Paesi del Nord parliamo di immigrati, ad esempio, di sieropositivi, di tossicodipendenti e nel Sud parliamo di quasi tutte le popolazioni che sono povere - immancabilmente, la tubercolosi scenderebbe.

     
    D. – Qual è il tema della Giornata di quest’anno?

     
    R. – Il tema dice “Noi possiamo fermare la tubercolosi”, proprio per far vedere che effettivamente con un approccio ben pianificato, con l’appoggio anche delle strutture comunitarie, delle organizzazioni religiose che operano nei Paesi, è possibile fare qualcosa per la malattia, è possibile fare – ripeto – la diagnosi accuratamente, rapidamente, ed è possibile così guarire praticamente la stragrande maggioranza dei casi.

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    In aumento la solitudine esistenziale degli Italiani orfani di ascolto ed attenzione da parte degli altri: lo rivela una ricerca di “Telefono Amico”

    ◊   Gli italiani: una folla spesso solitaria e in cerca di ascolto. E’ l’immagine disegnata da Telefono Amico Italia sulla base delle 120 mila chiamate che ogni anno vengono raccolte dai circa 700 volontari. I dati rivelano un’elevata diffusione di depressione e solitudine esistenziale. Per favorire il monitoraggio e la prevenzione del fenomeno, Telefono Amico, in collaborazione con Nokia, promuove un Osservatorio del disagio emozionale”. I primi dati saranno diffusi a giugno. Paolo Ondarza ne ha parlato con il sociologo Enrico Finzi, tra i promotori dell’iniziativa:


    R. – Quel che è emerso è assolutamente tragico. E’ venuto infatti fuori un oceano di solitudine da parte degli italiani che, contrariamente a quanto si pensa, non ha a che fare prevalentemente con l’essere anziani, l’essere abbandonati, l’essere poveri. E’ più forte nelle fasce centrali di età – diciamo tra i 35 e 54 – e riguarda più gli uomini che le donne, è più forte nelle aree più ricche e più avanzate come al nord. Sono tantissime le persone che magari vivono in famiglia, hanno dei colleghi di lavoro ed amici, ma che sentono di non avere nessuno con cui parlare. Non è neanche gente che cerca soluzione ai problemi. Si tratta semplicemente di gente che chiede di essere ascoltata.

     
    D. – Come mai si preferisce l’anonimato di un telefono?

     
    R. – Questo per alcuni rappresenta un vantaggio proprio perchè permette di superare la timidezza. Naturalmente questa solitudine ha molti motivi e certamente uno dei principali è quello relativo alla secolarizzazione. L’Italia della tradizione cristiana, delle parrocchie urbane e ancor più di quelle rurali era un’Italia in cui difficilmente la gente era abbandonata a se stessa: era conosciuta, poteva confidarsi, aveva naturalmente il sacerdote – in confessionale e non – come punto di riferimento. Il fatto che in Italia questa tradizione si sia indebolita e recentemente si siano indebolite anche altre forme di convivenza più organizzata, lascia molta gente a vivere in una condizione che per alcuni è fonte di vera e propria disperazione.

     
    D. – A volte un orecchio che ascolta è molto più utile di tanti consigli…

     
    R. – Assolutamente sì. Dovremmo di più farci orecchio per gli altri e intuire il loro bisogno di sfogarsi. Ci sono poi cose che naturalmente competono ai sacerdoti, che competono agli psicologi e agli psichiatri e via dicendo. Tante volte, però, un po’ di attenzione all’altro può riumanizzare l’umanità, come il Pontefice ci ricorda spesso. E questo perchè se ascoltata la persona spesso si rialza da sola.

     
    D. – Ciò di cui stiamo parlando smaschera la mancanza di figure di riferimento in persone che possano ascoltare, che possano rendersi prossime a chi è nel bisogno…

     
    R. – Un sociologo americano negli anni Cinquanta scrisse un libro con un bel titolo,”La folla solitaria”, e parlando delle grandi metropoli americane diceva che “ciascuno di noi sfiora o entra in contatto con decine, centinaia di persone al giorno, ma è solo”. Tante persone non fanno una umanità. Si può vedere tanta gente e, in fondo, chiudere la porta del proprio animo e scoprirsi senza interlocutori. Essere attento all’altro, intuire che possa avere bisogno di fare quattro chiacchere, “perdere” tempo che in realtà vorrebbe dire guadagnare tutti del tempo, non avere un approccio solo produttivistico e farsi insomma prossimo è importantissimo per chi riceve e per chi dà, perchè entrambi si arricchiscono e chi oggi dà, sarà domani in condizione di desiderare e di ricevere.

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    I 400 anni dei 'padri caracciolini', fondati nel 1608 da San Francesco Caracciolo

    ◊   1608-2008: sono trascorsi 400 anni dalla morte di San Francesco Caracciolo, fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori, detti anche “padri caracciolini”. In occasione di questa ricorrenza, l’Ordine ha indetto un Anno Giubilare, celebrato attraverso numerosi convegni in tutta Italia sulla figura del Santo. Previste anche mostre fotografiche ed uno speciale annullo filatelico. Ma a 400 anni dalla sua morte, quale carisma ha lasciato San Francesco Caracciolo? Isabella Piro lo ha chiesto a padre Raffaele Mandolesi, preposito generale dei Chierici Regolari Minori.

     
    R. – La vita e la spiritualità di San Francesco ci mostrano che l’Eucaristia celebrata, continuamente adorata e vissuta, fu il centro di ogni sua giornata, e San Francesco da questo contatto continuo con Gesù Eucaristia traeva la forza per poi svolgere il suo apostolato che era multiforme: i poveri da una parte, ma l’impegno ad educare i giovani nella fede, e soprattutto a recuperare quelli che si erano allontanati da Lui, tanto è vero che lo chiamavano “cacciatore di anime”.

     
    D. - Oltre ai voti di povertà, castità ed obbedienza, i padri caracciolini osservano anche un quarto voto di umiltà e di non ambire alle dignità ecclesiastiche: cosa significa?

     
    R. – Io personalmente non lo vedo come un rifiuto della carica della dignità ecclesiastica, ma lo vedo piuttosto come un impegno di umiltà vissuta concretamente nel servizio. Noi ci chiamiamo chierici regolari minori, questa minorità è espressa anche nel quarto voto di umiltà, di non ambire a dignità ecclesiastiche.

     
    D. – Come preposito generale dei Chierici Regolari Minori, quali sfide vede attualmente per l’Ordine?

     
    R. – La sfida attuale è la sfida che ci viene dall’apertura a mondi diversi dalla cultura in cui è nato l’Ordine, un’apertura missionaria, un’apertura anche all’accoglienza delle vocazioni che vengono da questi Paesi in cui operiamo: parlo dell’Africa, dell’India e delle Filippine. Coniugare il ceppo antico dell’Ordine con queste nuove leve, mentalità diverse, culture diverse, crea moltissime difficoltà.

     
    D. – Lei è stato per 20 anni missionario nella Repubblica Democratica del Congo: cosa le ha lasciato nel cuore questa esperienza?

     
    R. – Debbo premettere che il nostro Ordine originariamente non era un Ordine missionario. L’apertura alle missioni è avvenuta nel 1984. Per noi era un’avventura difficile, perchè non pronti, non preparati. Ed iniziare questa nuova esperienza mi ha reso una persona molto pratica, senza tanti 'fronzoli', una persona che non guarda tanto alle apparenze, capace anche di un adattamento a tante situazioni della vita. Poi, mi ha arricchito, perchè ho incontrato fratelli e sorelle avidi di conoscere Cristo. Sono stati per me dei modelli, dei testimoni, persone che avevano questa sete e mancavano di chi potesse dare loro speranza. E noi abbiamo cercato in questi anni, dall’’84 in poi, di essere risposta a queste attese della gente, sia attraverso un’attività pastorale profonda, intensa, cercando di trasmettere il Vangelo in maniera capillare con la formazione di comunità di base, e attraverso progetti realizzati con l’aiuto di tanti nostri amici, tanti volontari, che hanno sviluppato il senso missionario. Siamo riusciti a realizzare cose stupende in 20 anni. Posso parlare dell’ospedale – 100 posti letto – di un centro nutrizionale che accoglie i bambini denutriti, scuole, chiese. Parliamo di 150 km di acquedotto per portare l’acqua potabile nei villaggi. Possiamo parlare della manutenzione delle strade, piccole attività all’interno della missione, come una sartoria dove lavorano un gruppo di handicappati. Parliamo di una fornace per cuocere i mattoni e un centro agricolo in cui si sperimentano semenze nuove.

     
    D. – Un giovane che volesse diventare padre caracciolino quali qualità dovrebbe avere, secondo lei?

     
    R. – Deve avere un grande amore per Gesù Eucaristia, questo per permettergli di rispondere ad una vocazione innanzitutto di distacco da tante realtà e anche da una certa mentalità. Deve avere capacità di essere disponibile all’accoglienza, senza fare distinzioni di razza, di colore, di lingua, ma capace di aprirsi all’universale.

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    Arriva in Italia il nuovo film del regista Luc Jacquet: "La Volpe e la Bambina"

    ◊   Il regista francese Luc Jacquet, già premio Oscar per lo stupefacente e applaudito La marcia dei pinguini, immagina con il suo nuovo film La Volpe e la Bambina - dal 21 marzo sugli schermi italiani - una tenera amicizia che affonda le sue radici nella personale esperienza dell’artista e nelle emozioni che in lui suscita ogni giorno la natura con le sue incontaminate bellezze. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Non è soltanto una bella fiaba, quella dell’amicizia tra una Bambina e una Volpe. Girato tra gli splendidi scenari offerti dal Parco Nazionale dell’Abruzzo e dall’altopiano del Retord, nella regione francese dell’Ain, il film di Luc Jacquet è rivolto sì all’infanzia, ma anche al pubblico adulto, che troppo spesso si lascia sorprendere e distrarre dalla tecnica e dalle magie, anziché dalla incommensurabile bellezza della natura che ci circonda e oggi chiede attenzione, rispetto e protezione.

     
    Jacquet si addentra in un mondo ignoto ai più, ma è quello reale, che ci aspetta, ci appassiona, ci seduce, fatto di suoni, luci, colori, creature viventi. Non ci propone letture simboliche: la volpe è una bellissima volpe che si comporta da volpe, con tutta la sua imprevedibilità; la bambina, è una bellissima bambina, Bertille Noël-Bruneau, dallo sguardo che racchiude il mistero della vita e la curiosità per il mondo, insieme alle paure e debolezze dell’età adolescenziale, le quali diventano l’insegnamento etico sotteso al film. Infatti, il possesso, anche se imposto a fin di bene, non può mai essere confuso con l’amore, che esige, invece, libertà. Il rapporto di Bertille col mondo esterno si concentra sulla volpe che lei spia, insegue, attende con quella pazienza discreta che la natura impone quando la si vuole conoscere e contemplare.

     
    Hanno collaborato alla realizzazione di questo bellissimo film, ed è giusto ricordarli, l’etologo Jean-Steve Meia, il responsabile per gli animali Pascal Treguy, che ha trovato le volpi cercando poi di conoscerne le inclinazioni naturali in vista delle riprese; Marie-Noëlle Baroni, che ha affiancato Bertille insegnandole come comportarsi con gli animali ed, infine, insieme ad una troupe affiatata e capace di sorprendersi alla vista delle albe e dei tramonti, il direttore della fotografia Gérard Simon, intervenuto con assoluta discrezione per non corrompere il fascino delle luci offerte dalla natura. Tutti sono riusciti ad assecondare con generosità il progetto di Jacquet, ossia trasformare il semplice approccio documentarista in una vera e propria fiction, nata dal cuore, dalla memoria e dalla fantasia.

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    Chiesa e Società



    Terra Santa: gioiosa Messa paquale, nel lunedì dell'Angelo, nella chiesa dei Santi Cleofa e Simone, in un villaggio arabo, nei pressi di Gerusalemme

    ◊   Si è svolta questa mattina nel villaggio arabo di Emmaus-Qubeibeh, a poco pù di 11 chilometri da Gerusalemme, una gioiosa Messa pasquale. A ospitare la funzione, la Chiesa dedicata ai Santi Cleofa e Simeone, i due discepoli che - come narrano i Vangeli di Marco e Luca – riconobbero il Signore Risorto allo spezzare del pane. Hanno partecipato alla celebrazione qualche centinaia di fedeli provenienti da Gerusalemme e pellegrini da tutto il mondo. Al termine della Messa pontificale, il custode padre Pierbattista Pizzaballa ha distribuito il pane benedetto a tutti i fedeli. Il vilaggio musulmano di Qubeibeh sorge vicino alla strada romana evidenziata dagli scavi che furono completati da padre Bellarmino Bagatti nel dopoguerra e che misero in luce un intero villaggio. Il santuario Francescano di Emmaus-Qubeibeh sorge sulle fondamenta della casa di Cleofa, visibile all’interno della Chiesa. In questo luogo santo ogni anno si celebrano due messe pontificali presiedute dal Custode di Terra Santa: il Lunedì di Pasqua e il 25 settembre, festa dei Santi Cleofa e Simeone. Viene così conservata una tradizione dei secoli passati, quando i frati francescani da soli o con alcuni pellegrini venivano da Gerusalemme per una messa o per una breve visita. Nel pomeriggio i francescani, sempre qui, celebreranno i Vespri solenni con esposizione eucaristica, mentre sugli scavi di Emmaus-Nikopolis, che dista trenta chilometri da Gerusalemme e che insieme a Abu Gosh si propone come alternativa ubicazione dell’Emmaus evangelica, si svolgerà la celebrazione eucaristica presieduta dal Patriarca latino Michel Sabbah e concelebrata, tra gli altri, da mons. Giacinto Marcuzzo, vescovo titolare del Santuario. (Da Gerusalemme, per la Radio Vaticana, Sara Fornari)

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    Mossul: Pasqua all'insegna della preghiera per ricordare mons. Rahho e la fine delle violenze

    ◊   Solo messe e preghiere nelle celebrazioni di Pasqua di Mossul: lo ha deciso il Consiglio dei vescovi cattolici e ortodossi della regione irachena di Ninive, "alla luce dei tristi avvenimenti che hanno funestato" quella comunità. A riferirne all'agenzia MISNA è mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico della città del nord Iraq teatro negli ultimi mesi del rapimento e della morte di diversi religiosi, ultimo dei quali l'arcivescovo caldeo Paulos Faraj Rahho. Mons. Casmoussa, anch'egli oggetto di un rapimento da parte di ignoti nel 2005, ha aggiunto che gli abitanti della città hanno organizzato veglie e marce anche per chiedere che venga raddoppiato "il dispiegamento delle forze di sicurezza a tutela non solo dei cristiani, ma anche degli abitanti musulmani della città", che anche condividono e patiscono "questo momento difficile". L'arcivescovo ha sottolineato che "il dramma di Mossul, bersaglio di gruppi di criminali e terroristi, riguarda tutta la popolazione civile, che ha condannato – con parole dure anche da parte delle autorità e delle guide spirituali musulmane – l'uccisione di un uomo di pace come era monsignor Rahho". Una Pasqua di preghiera, dunque, ma anche di appelli "perché tutta questa violenza abbia fine e la gente possa finalmente tornare, come in una resurrezione, alla speranza e alla vita”. (S.G.)

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    "La pace non può essere raggiunta con la guerra": così alcuni vescovi dello Sri Lanka tornano a chiedere la fine delle violenze nel Paese

    ◊   "Nel contesto in cui ci troviamo, il nostro non può essere che un messaggio per la pace. Noi, vescovi dello Sri Lanka, siamo convinti che la soluzione a questa crisi non si troverà con la guerra, ma con la negoziazione". In un messaggio pasquale diffuso dall'agenzia MISNA, il vescovo ausiliare di Colombo, mons. Marius Peiris auspica così la fine del conflitto in atto tra il governo e i ribelli separatisti tamil. "In questa ricorrenza – aggiunge il presule – il nostro pensiero si rivolge particolarmente alle popolazioni del Nord, in difficoltà sempre più gravi che hanno spinto molti a fuggire. Nonostante l'insicurezza e nonostante il coprifuoco, c'è stata una grandissima partecipazione dei fedeli alle celebrazioni pasquali. È la nostra unica consolazione". Questa, inoltre, la testimonianza di mons. Thomas Savundaranayagam, vescovo di una diocesi - la penisola settentrionale di Jaffna - messa duramente alla prova dalla battaglia civile e da una pesante crisi alimentare: "I collegamenti stradali con il resto del paese sono interrotti. C'è penuria di derrate alimentari e i prezzi sono molto alti, più alti che nella capitale". Nell'area, ricorda poi il presule, sono almeno 30 mila gli sfollati raggruppati in campi. E rivolge un appello per la pace che "non può essere raggiunta con la guerra". Secondo dati parziali del ministero della Difesa, dall'inizio anno almeno duemila ribelli delle Tigri Tamil e 130 soldati sarebbero stati uccisi. Un altro bilancio conta oltre 80 civili, vittime del conflitto separatista che risale agli anni Settanta. (S.G.)

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    Nepal: migliaia di fedeli per le celebrazioni pasquali di Kathmandu

    ◊   Provenienti anche da province lontane, circa duemila cattolici hanno partecipato alle celebrazioni pasquali nella chiesa dell'Assunzione, principale parrocchia di Kathmandu. Un’affluenza oltre le previsioni, riferisce L’Osservatore Romano, che ha "felicemente sorpreso" il vicario apostolico gesuita del Nepal, mons. Anthony Francis Sharma, primo nepalese a essere ordinato sacerdote. Una grande folla anche per la Pasqua, che è stata celebrata in due liturgie, in lingua inglese e in lingua nepalese. Nella chiesa dell’Assunzione, infatti, sono state promosse numerose iniziative - momenti di preghiera e spazi di scambio - per favorire l'incontro tra i fedeli nepalesi e gli stranieri residenti nel Paese himalayano. Per consentire a diversi sacerdoti di raggiungere la capitale anche dalle zone più remote, inoltre, la Messa crismale del Giovedì Santo era stata anticipata a lunedì 17. Rivolgendosi ai fedeli, mons. Sharma li ha esortati "ad essere d'esempio per gli altri, credere quel che si legge nel Vangelo e insegnare quel che si crede". Era presente anche un missionario gesuita proveniente da Lhasa, in Tibet, padre Mike Pareng, a cui le autorità locali hanno concesso un permesso di residenza che gli ha consentito di spostarsi liberamente lungo la frontiera. (S.G.)

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    "Cercare il cielo in tutte le cose": le parole dell'arcivescovo di Palermo alla Messa di Pasqua con gli immigrati

    ◊   Una preghiera con gli immigrati ha caratterizzato la celebrazione della Pasqua nella cattedrale di Palermo, dove l'arcivescovo mons. Paolo Romeo si è rivolto agli stranieri delle diverse comunità presenti nelle lingue dei loro Paesi di origine. Mons. Romeo ha presieduto il solenne pontificale dopo aver celebrato in mattinata una Messa nel carcere dell'Ucciardone. "Questo giorno – ha ricordato il presule nella sua omelia in cattedrale – appartiene al Cristo vittorioso e trionfante. Ma appartiene anche a noi nella misura in cui con Lui vinciamo e trionfiamo sulle nostre passioni, sul nostro egoismo, sul nostro peccato. In questo giorno, nella luminosità del mattino della Risurrezione, Gesù ci dice chiaramente che c'è una vita che va ben oltre quella fisica, fatta di debolezza e caducità". E ancora: "Cercare le cose del cielo è vivere da risorti. Ed è in fondo cercare il cielo in tutte le cose. Il cielo di Cristo, in ogni nostra azione quotidiana, in ogni nostra parola, in ogni nostra scelta. Come pure in ogni nostro ambiente di vita e di lavoro, nelle nostre relazioni con i fratelli e nella nostra Chiesa, Sposa nata dal suo fianco squarciato sulla Croce. Questa è la testimonianza della risurrezione che siamo chiamati a dare". (S.G.)

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    Pubblicata l'edizione russa dell'enciclica Spe Salvi. Domani sera la presentazione a Mosca: un'occasione di confronto e dialogo ecumenico

    ◊   Un’occasione di incontro e dialogo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. A offrirla, domani sera a Mosca, la presentazione della "Spe Salvi", l’ultima enciclica di Benedetto XVI, nell’edizione russa. Parteciperanno all’evento, informa l’Agenzia Zenit, l’arcivescovo metropolita, mons. Paolo Pezzi e padre Vladimir Shmalij, segretario della Commissione teologica sinodale del Patriarcato e vicerettore dell’Accademia teologica di Sergiev Posad. L’iniziativa si svolgerà presso il Centro culturale Biblioteca dello Spirito, dove da quindici anni i cattolici e gli ortodossi della Fondazione Russia Cristiana lavorano insieme per promuovere, attraverso incontri, mostre e pubblicazioni, occasioni di confronto e dialogo ecumenico. Gli scritti di Benedetto XVI hanno offerto già in passato occasioni di scambio: quando nel 2006 la Biblioteca dello Spirito ha pubblicato il volume "Introduzione al Cristianesimo", il metropolita Kirill aveva voluto scriverne la prefazione. Ora un altro importante esponente dell’ortodossia russa, padre Shmalij, ha accettato di presentare l’enciclica "Spe Salvi", che dedica tra l’altro ampio spazio alla denuncia delle ideologie e delle loro false speranze, un’esperienza distruttiva vissuta dalla Russia sulla propria pelle. (S.G.)

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    Un secolo di Don Orione: l'anniversario sarà celebrato domani con una Messa nella parrocchia di Ognissanti a Roma

    ◊   "Una geniale espressione della carità cristiana". Così Giovanni Paolo II definì don Luigi Orione, di cui domani a Roma saranno celebrati i cento anni dall'inizio dell'attività nel quartiere Appio. Presiederanno la funzione liturgica, in programma alle 19 presso la parrocchia di Ognissanti, mons. Luigi Moretti, arcivescovo viceregente della città di Roma e il Superiore generale dell’Opera Don Orione, Don Flavio Peloso. Fu Papa Pio X, nel 1908, a inviare in missione don Orione fuori porta San Giovanni. Il Santo, inserendosi nella baraccopoli sorta a ridosso delle Mura Aureliane, pensò subito non solo al culto, con la costruzione della chiesa di Ognissanti, ma anche a creare luoghi d’incontro: sala-teatro, grande campo da gioco, dove le famiglie provenienti da regioni diverse d’Italia potessero amalgamarsi e diventare cittadini della capitale a tutti gli effetti. Centrale, in quel progetto, fu l’attenzione alle famiglie, ai giovani, ai poveri. Qui - tra l’altro - egli ospitò i primi orfani del terremoto della Marsica tra cui lo scrittore Ignazio Silone e sempre qui successivamente furono nascoste diverse famiglie ebree al tempo delle deportazioni naziste. Il centenario è importante non solo perché la parrocchia di Ognissanti è la prima chiesa costruita fuori le Mura dopo il 1870, ma anche perché è stata protagonista di eventi storici: nel 1965, il Papa Paolo VI vi celebrò la prima Messa in italiano, inaugurando così la riforma liturgica del Concilio Vaticano II e qui furono celebrati i funerali di don Luigi Sturzo. Oggi il centro Don Orione Appio gestisce e sostiene un centro di accoglienza per senza tetto che distribuisce oltre 600 pasti a settimana, il centro di animazione giovanile "Don Angelo Vallesi", aperto a circa 600 ragazzi, e il centro di ascolto per immigrati "Senza Frontiere". (S.G.)

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    Il vescovo di Aosta guida 150 fedeli in pellegrinaggio nei luoghi di Sant'Anselmo: un'occasione per trasmettere ai giovani la sua "pedagogia della libertà"

    ◊   Cinque giorni in Normandia sulle orme di Sant’Anselmo. Protagonisti dell’iniziativa, da oggi a sabato prossimo, 150 valdostani sotto la guida del vescovo di Aosta Giuseppe Anfossi. Meta principale, informa il quotidiano "Avvenire", la visita al monastero di Le Bec-Hellouin, il luogo dove Anselmo (1033-1109) arriva nel 1059 all’età di 26 anni. Qui il Santo segue le lezioni del priore Lanfranco di Pavia, maestro della scuola e, un anno più tardi, diventa monaco. Resterà al Bec per 33 anni e succederà nella carica di maestro e priore allo stesso Lanfranco, diventato nel frattempo abate di Saint-Etienne a Caen, fino al 1093 quando sarà nominato arcivescovo di Canterbury. Il pellegrinaggio compiuto in vista delle celebrazioni per i 900 anni dalla morte del più grande Santo valdostano, ha speigato il vescovo, vuole essere "un’occasione ulteriore non soltanto per approfondire il pensiero di questo dottore della Chiesa, ma, soprattutto, per farlo conoscere alle giovani generazioni, per rendere la sua devozione in Valle più popolare". Sant’Anselmo, infatti, fu una delle menti più ispirate del Medioevo e ancor oggi i suoi scritti rivelano una grande modernità. "La sua pedagogia della libertà – sottolinea il presule – ha molto da dire ai giovani. È sufficiente prendere in esame l’idea che ci trasmette di coscienza: un luogo intimo, il cuore, dove tu parli con te stesso, un luogo dentro il quale se tu maturi bene, puoi trovare ciò che il Signore desidera da te per te. È il luogo dentro il quale tu puoi avere la percezione di ciò che è retto". (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ad Olimpia, in Grecia, la cerimonia di accensione della fiaccola dei giochi olimpici 2008 all’insegna delle contestazioni filo-tibetane

    ◊   Nonostante le ingenti misure di sicurezza, questa mattina in Grecia, durante la cerimonia di accensione della torcia olimpica si sono verificate alcune contestazioni filo-tibetane. Dal governo tibetano in esilio arriva poi un nuovo drammatico bilancio delle vittime degli scontri dei giorni scorsi, mentre in Nepal si registrano disordini e arresti nel corso delle manifestazioni dei profughi tibetani a Katmandu. Il nostro servizio:

     Le eccezionali misure di sicurezza disposte dalle autorità di Atene non sono servite a scongiurate le temute contestazioni filo-tibetane nel corso della cerimonia di accensione della fiaccola di Pechino 2008, ad Olimpia, in Grecia. Mentre il presidente del Comitato organizzatore cinese pronunciava il suo discorso, si è verificata l’incursione di due esponenti dell’associazione per la liberta di stampa “Reporter senza frontiere”. Uno è passato dietro all’esponente cinese sventolando una bandiera con i cinque cerchi olimpici a forma di manette, l’altro ha invece tentato di impossessarsi del microfono. Entrambi sono stati subito bloccati dal servizio di sicurezza, ma nel corso della breve protesta la Televisione cinese ha sospeso la trasmissione in diretta. Si preannuncia quindi un viaggio nel segno dell’inquietudine quello della torcia che giungerà l’8 agosto a Pechino, dopo aver attraversato i cinque continenti. Questa mattina, infatti, una tedofora thailandese, ha annunciato che non porterà la fiamma olimpica in segno di protesta contro la repressione in Tibet. Intanto prosegue la guerra di cifre sugli scontri dei giorni scorsi nella provincia del Sichuan. Il Governo tibetano in esilio ha parlato oggi di 130 vittime, mentre secondo le autorità cinesi i morti sono sempre 19. Infine, torna alta la tensione in Nepal, dove la Polizia ha represso una manifestazione di profughi e monaci tibetani a Katmandu, compiendo circa 250 arresti.

    Iraq
    Non c’è tregua per l’Iraq, dove si è registrata una Pasqua di violenze e attacchi terroristici che hanno lasciato sul terreno più di 60 vittime. I miliziani hanno preso di mira in particolar modo Baghdad e Mossul, nel nord del Paese. Vittime anche tra le truppe statunitensi. Si tratta di quattro soldati, uccisi dall’esplosione di una bomba nella capitale che, secondo l’agenzia "France Presse", hanno portato a 4 mila il bilancio dei morti USA dall’inizio dell’invasione del Paese, di cui è ricorso il quinto anniversario solo quattro giorni fa. E nonostante le vaste misure di sicurezza, un attacco a colpi di razzi è stato compiuto la notte scorsa contro l'hotel che ospitava a Bassora il ministro degli Interni iracheno, Jawad al Bolani, già sfuggito ieri sera ad un tentativo di assassinio al suo arrivo, in visita nella stessa città meridionale irachena.

    Medio Oriente
    Dopo mesi di violente ostilità, Hamas e Fatah si sono impegnate aprire un processo di riconciliazione, firmando l'accordo proposto dallo Yemen che prevede elezioni palestinesi, la creazione di un nuovo Governo di unità nazionale e la riforma delle Forze di sicurezza. Gli esponenti dei due movimenti palestinesi si sono incontrati ieri Sana'a, capitale dello Yemen, dove hanno sottoscritto il documento che ribadisce, fra l’altro, "l'unità del popolo, del territorio e dell'autorità palestinese", e pone le basi “per far tornare la situazione palestinese a quella che era prima degli incidenti di Gaza”. L’accordo in questione non è stato commentato dal vice presidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, e dal leader dell'ANP, Abu Mazen, che, sempre ieri, si sono incontrati a Ramallah in Giordania per riprendere le trattative avviate ad Annapolis. Durante il colloquio, Cheney ha sottolineato che palestinesi e israeliani devono fare “dolorose concessioni” per il successo del processo di pace in Medio Oriente. Si segnala infine che oggi sarà revocata la chiusura dei Territori palestinesi imposta da Israele in occasione del Purim, il Carnevale ebraico. Lo stato di allerta reste comunque elevato, dato che oggi i miliziani libanesi Hezbollah concludono i 40 giorni di lutto per la morte del loro capo militare Imad Mughniyeh, per la quale viene accusato il Mossad, Servizio segreto israeliano.

    Messaggio al Zawahri
    A cinque giorni dall'ultimo messaggio audio di Osama bin Laden torna a farsi vivo anche il numero due di al Qaeda, Ayman al Zawahri, esortando ad attaccare gli “interessi degli ebrei e degli americani, e di tutti quelli che partecipano all'aggressione contro i musulmani”. “Monitorate gli obiettivi – ha aggiunto il medico egiziano nel messaggio diffuso su Internet - raccogliete fondi, preparate il necessario, pianificate accuratamente e attaccate". Nessun obiettivo è indicato da al Zawahri, che, però, precisa che "non è detto che si debba combattere contro Israele solo in Palestina".

    Pakistan
    Un gruppo di combattenti filo-talebani ha condotto un attacco contro i convogli di camion cisterna che riforniscono le forze NATO, in prossimità della frontiera tra Afghanistan e Pakistan. L'attacco è avvenuto nella notte a Torkham, il principale punto di passaggio della frontiera tra i due Paesi poco a ovest del Khyber Pass, dove erano parcheggiati circa 100 camion cisterna. Nelle esplosioni sono rimaste ferite circa 70 persone, 12 delle quali in modo grave.

    Bhutan – elezioni
    Il Bhutan, piccolo Regno himalayano situato tra India e Cina, ha votato oggi per eleggere i 47 rappresentanti della Camera bassa che, con quelli della Camera alta eletti a dicembre, costituiranno il nuovo Parlamento dal quale dovrebbe nascere il primo Governo democratico del Paese. Le urne si sono chiuse alle 12:00 ora italiana, e i primi risultati si avranno questa sera. Le elezioni costituiscono una tappa fondamentale di quel percorso, avviato nel Paese, verso la trasformazione della monarchia assoluta in monarchia costituzionale. La trasformazione è stata promossa dallo stesso monarca, Kesar Namgyel.

    Russia
    È di quattro poliziotti russi feriti il bilancio dell’esplosione di una bomba a Nazran, capitale della provincia russa dell'Inguscezia. Lo riferiscono agenzie russe, precisando che l'ordigno è esploso nei pressi di una banca alle 11, ora di Mosca. Al momento le autorità non hanno ancora accertato la matrice di questo ennesimo attacco nella turbolenta area del Caucaso settentrionale. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 84

     
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