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Sommario del 20/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Messa Crismale: i sacerdoti tengano sveglio il mondo per Dio
  • Con la Messa in Cena Domini in San Giovanni in Laterano il Papa dà il via ai riti del Triduo Pasquale: la riflessione di mons. Guido Marini
  • Nomine
  • Mons. Tomasi all'ONU: i cristiani perseguitati nel mondo sono poco difesi dalla comunità internazionale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Iraq a 5 anni dall'intervento USA. Il nunzio: con le armi non si costruisce la pace
  • Caos e violenza in Somalia: l'impegno dell'UNICEF
  • Il cardinale Tettamanzi promulga il Nuovo Lezionario per il rito ambrosiano
  • Chiesa e Società

  • Messaggio del presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano a Benedetto XVI per il suo onomostico e la Pasqua
  • Entrano nel vivo a Gerusalemme le celebrazioni del Triduo Pasquale
  • L'arcivescovo di Caracas: solo il dialogo può risolvere le crisi dell'America Latina
  • India: digiuno e marce contro la persecuzione dei cristiani in Orissa
  • "Le persecuzioni anticristiane non sono pagine ingiallite della storia, ma cronaca quotidiana". Così mons. Amato sul martirio di mons. Rahho
  • Sempre più gravi la condizioni dei bambini iracheni. L’azione dell’UNICEF per salvare un’intera generazione
  • Australia: una "carezza" del nuovo governo ai bambini aborigeni
  • A Valencia la Via Crucis del migrante: "riflessioni sul fenomeno ad ogni Stazione"
  • Il cardinale Sepe: "La scelta dei poveri nasce dal Vangelo"
  • Africa: Giornata della Francofonia per "un nuovo dialogo tra i popoli"
  • Medici Senza Frontiere di nuovo al lavoro in Somalia
  • Repubblica Democratica del Congo: l'arcivescovo di Kinshasa invita i giovani a optare per la "corruzione zero"
  • Brasile: a Rio de Janeiro è allarme “dengue”. Migliaia i contagi
  • Inondazioni e desertificazione: i possibili effetti dei cambiamenti climatici in Bolivia
  • Il segretario del Consiglio d'Europa Terry Davis: "Le misure antiterroristiche non generino discriminazioni di razza, lingua o religione"
  • Spagna: continuano ad aumentare le obiezioni dei genitori all'Educazione alla cittadinanza
  • Bologna ricorda il sacrificio del professor Marco Biagi nel sesto anniversario della sua morte
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tibet: si allarga la protesta. Il Dalai Lama pronto a dialogare con la Cina ma dopo segnali concreti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Messa Crismale: i sacerdoti tengano sveglio il mondo per Dio

    ◊   I sacerdoti sono chiamati a tenere sveglio il mondo per Dio: non annuncino mai se stessi né si inventino una Chiesa come la vorrebbero, ma siano servi di tutti nella verità e nell’amore. E’ quanto ha detto stamani il Papa nella Basilica Vaticana durante la Santa Messa Crismale che precede il Triduo Pasquale. Durante il rito 1600 presbiteri della diocesi di Roma hanno rinnovato le promesse sacerdotali. Sono stati quindi benedetti gli olii per la celebrazione dei Sacramenti: l’olio dei catecumeni, l’olio dei malati e il sacro crisma. Il servizio di Sergio Centofanti.

     
    (Canto)

     
    Il Papa invita a riflettere sulla chiamata al sacerdozio. Ricorda che il sacerdote è chiamato a vegliare, a vivere costantemente con lo sguardo rivolto a Dio perché il mondo non si dimentichi di Dio:

     
    “Il sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene. Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola, della sua verità, del suo amore”.

     
    “Il sacerdote – ha aggiunto il Papa – deve essere una persona retta” e deve essere “impavido e disposto ad incassare per il Signore anche oltraggi”. Deve poi servire, ad imitazione di Cristo che si è donato “sino alla fine per gli uomini”. Benedetto XVI esorta i sacerdoti a non smettere di imparare: imparare a pregare “sempre di nuovo e sempre più profondamente”; “imparare a conoscere il Signore nella sua Parola” perchè l’annuncio sia efficace. Mette poi in guardia da “un pericolo: quello che il sacro … continuamente incontrato divenga …abitudine”:

     
    “Si spegne così il timor riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi. Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l’indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la nostra insufficienza e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani”.

     
    C’è poi la dimensione fondamentale dell’obbedienza. “Il servo – afferma il Papa - sta sotto la parola: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!” (Lc 22, 42). Con questa parola, Gesù nell’Orto degli ulivi ha risolto la battaglia decisiva contro il peccato, contro la ribellione del cuore caduto”:

     
    “Il peccato di Adamo consisteva, appunto, nel fatto che egli voleva realizzare la sua volontà e non quella di Dio. La tentazione dell’umanità è sempre quella di voler essere totalmente autonoma, di seguire soltanto la propria volontà e di ritenere che solo così noi saremmo liberi; che solo grazie ad una simile libertà senza limiti l’uomo sarebbe completamente uomo, diventerebbe divino. Ma proprio così ci poniamo contro la verità”.

     
    Siamo liberi – prosegue il Papa – solo nel “condividere la nostra libertà con gli altri” e “se entriamo nella volontà di Dio. Questa obbedienza fondamentale che fa parte dell’essere uomini, diventa ancora più concreta nel sacerdote”:

     
    “Noi non annunciamo noi stessi, ma Lui e la sua Parola, che non potevamo ideare da soli. Non inventiamo la Chiesa così come vorremmo che fosse, ma annunciamo la Parola di Cristo in modo giusto solo nella comunione del suo Corpo. La nostra obbedienza è un credere con la Chiesa, un pensare e parlare con la Chiesa, un servire con essa. Rientra in questo sempre anche ciò che Gesù ha predetto a Pietro: ‘Sarai portato dove non volevi’. Questo farsi guidare dove non vogliamo è una dimensione essenziale del nostro servire, ed è proprio ciò che ci rende liberi. In un tale essere guidati, che può essere contrario alle nostre idee e progetti, sperimentiamo la cosa nuova – la ricchezza dell’amore di Dio”.

     
    Il Papa rimanda infine al gesto della lavanda dei piedi con cui Cristo, “il vero Sommo Sacerdote del mondo” afferma di voler “essere il servo di tutti”:

     
    “Con il gesto dell’amore sino alla fine Egli lava i nostri piedi sporchi, con l’umiltà del suo servire ci purifica dalla malattia della nostra superbia. Così ci rende capaci di diventare commensali di Dio. Egli è disceso, e la vera ascesa dell’uomo si realizza ora nel nostro scendere con Lui e verso di Lui. La sua elevazione è la Croce. È la discesa più profonda e, come amore spinto sino alla fine, è al contempo il culmine dell’ascesa, la vera ‘elevazione’ dell’uomo”.

     
    (Canto)

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    Con la Messa in Cena Domini in San Giovanni in Laterano il Papa dà il via ai riti del Triduo Pasquale: la riflessione di mons. Guido Marini

    ◊   Oggi pomeriggio, alle 17.30, il Papa celebrerà nella Basilica di San Giovanni in Laterano la Messa in Cena Domini che dà inizio al Triduo Pasquale. Durante il rito Benedetto XVI, riproponendo il gesto di Gesù, laverà i piedi a 12 sacerdoti della diocesi di Roma. La Radio Vaticana seguirà in diretta la celebrazione a partire dalle 17.20. Sul significato della Messa nella Cena del Signore ascoltiamo mons. Guido Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, al microfono di Fabio Colagrande:

     
    R. – La Messa del Giovedì Santo in Cena Domini porta particolarmente in evidenza da una parte l’istituzione dell’Eucaristia e quindi del sacerdozio e poi l’aspetto della carità e del dono di sé fino al dono della vita. In questo senso è particolarmente significativo il brano evangelico che quest’oggi verrà proclamato e ascoltato, quello della lavanda dei piedi. Questo gesto da una parte rivela il mistero di Dio che dona completamente se stesso per la salvezza dell’Uomo e dall’altra parte diventa anche un gesto esemplificativo che tutti siamo chiamati a riproporre nella nostra vita personale. E’ anche per questo motivo che, nel corso di questa celebrazione, è consuetudine che la colletta, cioè la raccolta delle offerte, venga destinata per l’aiuto ad una situazione di bisogno. Quest’anno è stato individuato un orfanotrofio, quello della “Edad de Oro”, presente a L’Avana, a Cuba. Nel corso poi di questa celebrazione, come sempre, c’è la reposizione del Santissimo all’altare, e dunque questa è una giornata, anche, in cui viene messo particolarmente in risalto il Santissimo Sacramento, dunque la presenza del Signore nella Santissima Eucaristia. Ed è così che dalla celebrazione della Cena del Signore deriva poi il tempo dell’adorazione, prolungata e silenziosa, davanti all’Eucaristia.

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kano (Nigeria), presentata da mons. Patrick Francis Sheehan, agostiniano, per raggiunti limiti di età. Gli succede un altro religioso agostiniano, padre John Niyiring, superiore provinciale degli Agostiniani in Nigeria. Padre John Niyiring è nato il 4 giugno 1960, a Zonkwa (Kaduna State), nella diocesi di Kafanchan. Dopo aver ottenuto un Bachelor of Arts in Engineering alla Ahmadu Bello University di Zaria, è entrato nel Seminario Maggiore di Jos, e poi nell’Ordine dei Padri Agostiniani. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 luglio 1992. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1994: maestro dei postulanti agostiniani a Jos; 1994-1999: studi per il dottorato in Teologia Spirituale a Roma, presso la Gregoriana; 1999-2002: membro del Formation Team al Monastero agostiniano di Jos; 2002-2003: ministero pastorale a Benin City; 2003-2005: maestro degli studenti nell’Augustinian House of Philosophy, presso il St. Thomas Aquinas Major Seminary di Makurdi e professore nel medesimo Seminario Maggiore; dal 2005: superiore provinciale degli Agostiniani in Nigeria.

    Il Papa ha nominato nuovo vescovo di Locri-Gerace padre Giuseppe Fiorini Morosini, già superiore generale dell’Ordine dei Minimi. Mons. Fiorini Morosini è nato a Paola il 27 novembre 1945. Nel 1955 è entrato nella Scuola Apostolica del Santuario di Paola per gli studi ginnasiali e liceali. Nel 1961 ha emesso i voti temporanei e l’8 dicembre 1966 quelli solenni. È stato ordinato sacerdote il 2 agosto 1969. Ha seguito i corsi di filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Lateranense, laureandosi in teologia. Nel 1975 ha ottenuto il dottorato in filosofia all’Università di Messina. Ha svolto i seguenti incarichi: docente della Scuola Apostolica di Paola (1970-1974); vice-parroco a Lamezia Terme e docente di Storia e Filosofia nei licei statali (1974-1980); conferenziere e predicatore di corsi di esercizi spirituali e correttore (superiore) della Comunità dei Minimi di Lamezia Terme-Sembiase. È stato direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano di Lamezia Terme e direttore del Terz’Ordine (1980-1986); correttore provinciale a Paola (1986-1992); correttore e maestro dei novizi della nuova comunità di Vranov, nella Repubblica Ceca, (1992-1994); correttore generale per due mandati (1994-2006). È autore di numerose pubblicazioni riguardanti la figura del Fondatore e la spiritualità dell’Ordine dei Minimi.

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    Mons. Tomasi all'ONU: i cristiani perseguitati nel mondo sono poco difesi dalla comunità internazionale

    ◊   “Non esiste angolo del mondo che sia esente dall’esperienza della discriminazione razziale”: è la denuncia lanciata ieri da mons. Silvano Tomasi durante la settima sessione del Consiglio ONU per i diritti umani in corso a Ginevra. Proprio domani la comunità internazionale celebrerà la Giornata mondiale contro il razzismo. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU della città elvetica ha parlato delle tante violazioni dei diritti umani, in particolare contro le minoranze etniche e religiose. Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:


    R. – Se guardiamo un po’ in giro per il mondo, vediamo che in questo momento ci sono categorie di persone che vengono trattate come se fossero cittadini di seconda classe e questo semplicemente perchè appartengono ad un gruppo etnico diverso o perchè hanno un colore della pelle diverso. Questo viene applicato in concreto in quelle situazioni interne a Paesi, dove vivono minoranze storiche che sono un po’ diverse dal resto della popolazione e dove la paura dell’altro cresce col processo di globalizzazione. Nel senso che l’unità, che viene data dall’economia e da una cultura comune, che viene divulgata dai mezzi di comunicazione, spaventa alcuni gruppi di persone che si rinchiudono nel proprio senso di identità storica e nel proprio senso di tradizione nazionale e, quindi, tutti gli altri diventano delle persone un po’ sospette.

     
    D. – Come può la Comunità internazionale vincere il razzismo, la xenofobia e far rispettare i diritti delle minoranze etniche?

     
    R. – I passi concreti che la Comunità internazionale può compiere sono quelli di creare degli strumenti giuridici che proteggano tutti e, quindi, in modo particolare proprio le vittime stesse della discriminazione. La costruzione di un impianto giuridico non è però sufficiente, secondo me. E’ necessario fare un passo in avanti e cercare di cambiare l’atteggiamento del cuore. Aprire, quindi, il cuore per accettare l’altro, vedendo nell’altro qualcuno di importante e di uguale a me e il cui contribuito può essere di beneficio non solo ad una persona, ma a tutta la comunità.

     
    D. - Al centro del suo intervento anche la libertà religiosa. Ha ricordato che in alcuni Paesi è difficile, per esempio per i cristiani, professare pubblicamente la loro fede, perché sono costretti all’invisibilità…

     
    R. – Bisogna anzitutto mettere in luce che non è solo una religione ad essere bersagliata: sono un po’ tutte le religioni nelle diverse parti del mondo che hanno questi problemi. Non bisogna dimenticare le vittime di tutte queste discriminazioni religiose, come i cristiani, che in questo momento in Medio Oriente e in altri Paesi si trovano in condizioni di estrema emarginazione e sono un po’ il target, il punto di riferimento di atti ostili.

     
    D. – Lei, quindi, dice che a livello internazionale si parla poco dell’emarginazione e a volte delle persecuzioni dei cristiani nel mondo?

     
    R. – A me sembra che l’accento venga posto su una dimensione quasi politica della questione: in questo momento l’Islam è difeso e sostenuto da governi, da organizzazioni intergovernative molto ben organizzate ed efficaci, mentre dal punto di vista della fede cristiana ci troviamo semplicemente di fronte ad organismi di volontariato che cercano di sostenere le vittime cristiane della discriminazione. C’è, quindi, un certo squilibrio in questo senso anche perchè gli Stati laici europei, forse, non si sentono molto a proprio agio nell’affrontare questa tematica.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In occasione della giornata mondiale dell’acqua, nell’informazione internazionale, un articolo di Riccardo Petrella, professore emerito dell’Università cattolica di Lovanio.

    In cultura, mons. Inos Biffi sul significato della cena pasquale, cuore della preghiera eucaristica.

    La cronaca, di Alberto Manzoni, del solenne atto durante la Messa crismale del Giovedì Santo nel Duomo di Milano: il cardinale Dionigi Tettamanzi firma il decreto di promulgazione del nuovo Lezionario Ambrosiano.

    Nicola Gori, nell’informazione religiosa, intervista mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Iraq a 5 anni dall'intervento USA. Il nunzio: con le armi non si costruisce la pace

    ◊   Sono passati cinque anni dall’intervento militare anglo-americano in Iraq e la crisi umanitaria nel Paese del Golfo resta tra le più critiche al mondo. I terroristi continuano a lanciare proclami contro l’occidente: in un nuovo messaggio il capo di Al Qaeda, Osama Bin Laden, annuncia “una grave punizione” per l’Europa e attacca anche il Papa. “Queste accuse – ha detto il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi – non sono una novità e non stupiscono”. Ma è del tutto infondata – ha aggiunto – “l’accusa specifica di coinvolgimento” in una campagna di derisione dell’islam per la vicenda delle vignette satiriche contro Maometto. Il Papa ed il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso – ha ricordato padre Lombardi – hanno biasimato in più di una occasione la campagna satirica contro l’islam. L’Iraq, intanto, è ancora un Paese frammentato, devastato da violenze e fragilità. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    La violenza in Iraq ha distrutto famiglie, cancellato interi villaggi, sconvolto regioni: dal 2003 ad oggi, sono rimasti uccisi almeno 150.000 uomini iracheni. Le vedove sono più di 70.000 e centinaia di migliaia di bambini sono orfani. Molti di loro sperimentano drammatiche realtà come la malnutrizione, l'assenza di cure nella malattia e la mancanza di istruzione. C’è un Iraq che non riesce a crescere e comunità che non riescono a convivere: Baghdad è oggi un insieme di ghetti sunniti e sciiti. Nonostante tutto, il governo iracheno cerca di promuovere un percorso democratico e le forze statunitensi tentano di garantire maggiore sicurezza. Ma in questo pantano iracheno a lievi miglioramenti si alternano stragi e attacchi kamikaze. Da parte loro gli Stati Uniti piangono la morte di quasi 4 mila soldati. Alle perdite si aggiungono anche altri costi pesantissimi: si stima che le operazioni militari nel Paese arabo costeranno complessivamente all’amministrazione americana oltre 3 mila miliardi di dollari. Il ritratto è anche quello di un Paese che si svuota: sono almeno 4 milioni e mezzo gli iracheni costretti ad abbandonare le loro case per sfuggire a violenze e miseria. Le carceri irachene, invece, sono piene: nel 2007 i prigionieri erano più di 51 mila. Tra questi più di 1350 sono minori, detenuti in drammatiche condizioni.

    E sulla situazione in Iraq ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il nunzio apostolico a Baghdad, mons. Francis Chullikat:


    R. – Dopo l’intervento militare del 20 marzo del 2003, l’Iraq sta ancora in ansiosa attesa della pace. La violenza e il conflitto settario purtroppo continuano. Con il passare degli anni sembra che la Santa Sede abbia avuto ragione: con le armi non si costruisce la pace; la pace si costruisce con la libertà, fondamentale per le persone, e con la convivenza pacifica tra i popoli.

     
    D. – Eccellenza, questo seme della pace che sta diffondendo la Chiesa in Iraq sta germogliando?

     
    R. – Sta germogliando ad un passo molto lento, perchè la riconciliazione della società irachena è ancora in corso; si sta cercando di promuoverla specialmente tramite l’intervento delle organizzazioni internazionali e dei vari gruppi religiosi presenti nel Paese. La Chiesa cattolica sta dando un contributo molto significativo, mettendosi in contatto e in dialogo con varie comunità musulmane del Paese. Lo stesso governo sta apprezzando questo contributo concreto. Soltanto cercando di costruire un’armonia e una convivenza tra i vari gruppi, le etnie, le culture e le religioni, è possibile costruire una pace duratura nel Paese.

     
    Alla storia del conflitto iracheno, durato poche settimane, sono seguiti scontri e attacchi con conseguenze drammatiche. Salvatore Sabatino ha chiesto un bilancio di questi 5 anni a Lorenzo Cremonesi, inviato del quotidiano “Il Corriere della Sera”:


    R. – Dopo una guerra rapida, con poche vittime, è poi seguito un tragico dopoguerra. E’ stato un dopoguerra non pianificato: non si è pensato allo smantellamento dell’intero regime baathista, dell’esercito e della polizia. Si è scambiato il grande saccheggio di Baghdad per un segno di libertà ed invece era segno di caos, l’inizio di una guerra civile strisciante. Non si è approfittato di quei primi mesi dopo la guerra, quando ci fu una relativa calma: c’era spazio per poter costruire un Iraq pacifico, per poter cercare di incominciare un percorso di democrazia. Rimane un bilancio negativo.

     
    D. – La crisi umanitaria in Iraq resta tra le più critiche al mondo: a sostenerlo, il Comitato internazionale della Croce Rossa in un rapporto reso noto proprio in queste ore. Come risolvere la crisi umanitaria di questo Paese?

     
    R. – Il grosso problema è un problema di accesso; un Paese come l’Iraq deve comunque poter essere in grado di marciare con le proprie gambe e – non dimentichiamolo – ci sono delle zone in cui uno sciita non può mettere piede, in cui un sunnita non può entrare, in cui un curdo non può andare ... Quindi, rimane un Paese estremamente frazionato. Finché non si crea la pace civile, finché non si crea un ambiente agibile, le organizzazioni umanitarie non possono muoversi. E poi, naturalmente, ci sono le difficoltà per la Croce Rossa Internazionale, per le ONG internazionali, per le stesse Nazioni Unite: non dimentichiamo che, dal gravissimo attentato dell’agosto 2003, quindi pochi mesi dopo l’invasione, le Nazioni Unite praticamente non ci sono più. Condizione necessaria e minima perché si possa parlare di un miglioramento delle condizioni di vita, è quella di vincere il terrorismo.

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    Caos e violenza in Somalia: l'impegno dell'UNICEF

    ◊   Non conosce tregua la violenza in Somalia. Ieri sono stati 9 i morti dopo una dura battaglia tra insorti islamici e truppe etiopiche e governative. L’ONU non esclude l’invio nel Paese di caschi blu mentre le sue agenzie continuano a lavorare. Passi in avanti nel sistema scolastico sono evidenziati proprio dall’UNICEF. Nell’ultimo decennio, infatti, sono triplicate le bambine iscritte alla scuola primaria. Ma, nonostante questi miglioramenti, solo una bimba su 4 riceve una completa istruzione elementare. La strada da percorrere è ancora lunga. L’agenzia delle Nazioni Unite intende, entro il 2009, aumentare con i suoi progetti il numero di iscrizioni femminili ora pari al 25 per cento rispetto ad un 37 per cento maschili. L’UNICEF denuncia, però, il mancato impegno di una parte della comunità internazionale nei piani da realizzare in Somalia, lacerata ancora oggi da una profonda crisi interna. Federico Piana ne ha parlato con Donata Lodi, direttore delle relazioni esterne UNICEF-Italia:


    R. – Noi abbiamo lanciato un appello per oltre 46 milioni di dollari e devo dire che ne sono stati raccolti finora, purtroppo, molto pochi. C’è probabilmente la percezione, da parte della Comunità internazionale, che quella della Somalia sia una crisi talmente acuta che è impossibile fare qualunque cosa. La realtà, invece, è che si riesce a portare aiuti. Occorre ovviamente affrontare costi abbastanza alti, che sono dovuti, soprattutto, al raggiungimento delle zone più isolate del Paese. Ciò nonostante, negli ultimi dieci anni, per esempio, siamo riusciti a far salire il tasso di scolarizzazione, in particolare per le bambine. Si sta poi lavorando anche su impegni di lungo periodo. L’emergenza immediata, comunque, è veramente pesantissima. Ricordiamo che ci sono due milioni di persone in stato di crisi che hanno bisogno di aiuto umanitario. Senza quello non sopravvivono. C’è una malnutrizione infantile che rappresenta una delle principali cause di mortalità. Ci sono 85 mila bambini malnutriti, di cui 15 mila sono realmente a rischio di vita. E’ una situazione pesantissima, senza paragoni con altre regioni dell’Africa. La mancanza di aiuti è francamente sconcertante, perché – ripeto ancora – molto si potrebbe fare.

     
    D. - Nonostante l’impegno dei governi, voi avete detto che si è fatto poco. La comunità internazionale, a questo punto, cosa dovrebbe fare? Voi l’avete esortata a spingersi un po’ oltre…

     
    R. – La Comunità internazionale dovrebbe fare due cose: sostenere chi sta ancora lavorando in Somalia per aiutare le popolazioni civili e impegnarsi di più per costringere le parti in causa a raggiungere degli accordi di pace. Io ricordo che soltanto negli ultimi tempi sono morti 400 bambini a Mogadiscio per i combattimenti. Lì ci sono presenze anche di forze internazionali. La Comunità internazionale sicuramente è a conoscenza di quello che sta accadendo in Somalia.

     
    D. – Voi avete detto: abbiamo raccolto pochissimo. Ci servono 46 milioni milioni di dollari, ma nessun governo, al di là delle buone intenzioni e delle buone parole, mette le mani in tasca e fa qualcosa…

     
    R. – Qualche governo qualcosa ha fatto, ma è chiaro che queste situazioni non si risolvono con la buona volontà di uno o due governi ed una tantum. Ci vuole un impegno maggiore. Ma accanto all’impegno finanziario, bisognerebbe davvero riuscire ad uscire da questa logica in base alla quale la Somalia è considerata un nuovo ricettacolo di estremismo islamico. Secondo questa logica si lascia far avanzare il conflitto senza intervenire. In realtà non è così: la Somalia è molto più variegata di quello che appare. Dalle poche, purtroppo pochissime, pagine di giornale che le vengono dedicate emerge che zone intere del Paese vivono una situazione di quasi assenza di conflitto. Certamente l’isolamento aggrava la situazione e la mancanza di autorità politica. Sono 17 anni che la Somalia non ha un governo: è possibile che la Comunità internazionale non avverta il rischio di questa situazione ? Sicuramente non ha petrolio, non ha interessi di alcun tipo e certamente il rischio è alto. In questa situazione di abbandono ha ragione solamente chi è presente. Se è presente solo l'estremismo islamico ci si trova di fronte ad una miscela esplosiva.

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    Il cardinale Tettamanzi promulga il Nuovo Lezionario per il rito ambrosiano

    ◊   Un Nuovo Lezionario per il rito ambrosiano. L'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, durante la celebrazione della Messa Crismale nel Duomo di Milano, davanti a centinaia di sacerdoti, ha annunciato che dall'Avvento 2008 entrerà in vigore il Nuovo Lezionario Ambrosiano, il libro liturgico utilizzato per la proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione della Messa, che è stato approvato e confermato da Papa Benedetto XVI per mezzo della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti. Il servizio di Fabio Brenna:

     
    Cambiare il Lezionario, l'attuale era in uso “ad experimentum” dal 1976, significa mutare il programma delle letture della Messa e di altre celebrazioni nelle comunità di rito ambrosiano. Nuovi criteri sono stati adottati per selezionare i brani biblici. Se prima prevaleva il criterio della Lectio semicontinua (tendenzialmente si leggeva cioè ogni domenica lo stesso libro del Vangelo, riprendendo da dove ci si era interrotti la domenica precedente) ora prevale un criterio tematico: ogni domenica mette in luce un aspetto della vita di Gesù e del suo insegnamento, sostenuto dalle letture di un brano dell'Antico Testamento e delle lettere di San Paolo. Una novità che riguarda più di 5 milioni di persone che vivono nelle zone in cui vige il rito Ambrosiano. Sentiamo il cardinale Dionigi Tettamanzi:

     
    “Che cosa cambia? Cambia che adesso c’è una possibilità di ascolto, di meditazione, anzi di celebrazione della Parola di Dio secondo un cammino che il rito ambrosiano propone a tutti i fedeli in ordine a far crescere la fede. Una fede che entra poi nell’esistenza, secondo una vitalità che è legata all’ascolto di questi determinati libri della Sacra Scrittura e secondo questo determinato ordine".
     
    Il Nuovo Lezionario è ripartito in tre parti (Mistero dell'Incarnazione; Mistero della Pasqua; Mistero della Pentecoste). Accanto al Lezionario domenicale - organizzato su tre anni, A, B, e C - è stato introdotto un Lezionario apposito per il sabato, organizzato in due anni. Con ciò si vuole dare una dignità propria alla celebrazione del sabato, la cui Messa vespertina non sarà più semplicemente l'anticipo di quella festiva, ma un modo per celebrare il Giorno del Signore a partire dalla sera precedente, in continuità con la tradizione delle Chiese orientali e di quella ebraica. Ancora il cardinale Tettamanzi:

     
    “Il ponte non è soltanto con il mondo ebraico, ma è un ponte anche con tutte le Chiese nel mondo e in particolare quelle del mondo orientale. Noi sappiamo che Milano è sempre stata un crocevia per i diversi popoli d’Occidente e d’Oriente. Sant’Ambrogio ha una ascendenza – possiamo dire - culturale e spirituale legata ad alcuni padri della Chiesa e ad alcuni scrittori dell’antico Oriente. Penso quindi che anche quest’aspetto ecumenico sarà favorito dal Nuovo Lezionario”.
     
    Con il Nuovo Lezionario viene modificato anche il calendario liturgico ambrosiano. La Festa dell'Ascensione verrà celebrata il quarantesimo giorno dopo la Pasqua e non più nella prima domenica utile, nell'intento di ridare impulso alla vita liturgica e per l'educazione alla fede. (Da Milano, per Radio Vaticana, Fabio Brenna)

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    Chiesa e Società



    Messaggio del presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano a Benedetto XVI per il suo onomostico e la Pasqua

    ◊   "Santità, Nel giorno del Suo onomastico, mi è gradito rivolgerle, a nome mio personale e del popolo italiano, sentiti voti augurali”. Ieri, in occasione dell’onomastico di Benedetto XVI anche il presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ha voluto inviare un messaggio al Pontefice. “Quest'anno la festa di San Giuseppe cade nella Settimana Santa – si legge ancora nel testo -. Mi è quindi ancor più lieta l'occasione per indirizzarle anche fervidi auguri per una serena celebrazione della Pasqua, che auspico possa contribuire a rafforzare in tutti gli uomini di buona volontà il comune impegno a favore della pace. La prego di accogliere i miei sentimenti di amicizia e profonda considerazione – conclude il Capo dello Stato italiano - per il Suo alto Magistero".(M.G.)

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    Entrano nel vivo a Gerusalemme le celebrazioni del Triduo Pasquale

    ◊   Il Triduo pasquale a Gerusalemme, è iniziato stamattina con l'ingresso solenne del Patriarca Latino, mons. Michel Sabbah, nella basilica del Santo Sepolcro. Qui si è svolto il primo dei tre fondamentali appuntamenti di preghiera del Giovedì Santo: la Messa in Cena Domini, una celebrazione intensa e suggestiva, che per ragioni di status quo (il regolamento in base al quale vengono stabiliti i turni delle comunità cristiane nella basilica del Santo Sepolcro) si celebra al mattino, con l'altare collocato proprio davanti all'edicola della tomba di Cristo. E' stata presieduta dal Patriarca e concelebrata, tra gli altri, dal Nunzio apostolico mons. Antonio Franco. Moltissimi concelebranti, sacerdoti venuti da tutta la Terra Santa e pellegrini provenienti da tutto il mondo hanno circondato l'edicola, riempiendo la cappella latina della Maddalena. Ricca la liturgia della parola: cinque letture in latino e canti in gregoriano. Nell'omelia, rivolgendosi soprattutto ai sacerdoti, il Patriarca ha commentato il Vangelo di Giovanni: “Gesù ci dice ‘fate questo in memoria di me’. La sua memoria è la Croce, è la morte, per la quale siamo invitati a passare ogni giorno. - ha detto mons. Sabbah - Ogni giorno noi siamo annunciatori della morte, della Croce e della Resurrezione a tutti, al di là delle frontiere delle nostre piccole comunità, dei nostri presbiteri e dei nostri conventi”. Quindi il Patriarca ha compiuto il rito della lavanda dei piedi: prescelti, secondo l'usanza, sei francescani e sei chierici del Patriarcato latino. A seguire, la consacrazione del crisma e degli olii santi (dei catecumeni e degli infermi) e il rinnovo delle promesse sacerdotali. Il culmine della celebrazione è stato come sempre la lunga processione con il Santissimo Sacramento che, sotto il baldacchino, ha compiuto tre giri solenni intorno all'Edicola della Resurrezione, e dopo la benedizione è stato deposto nel Tabernacolo, proprio sulla tomba, dove rimarrà fino a domani, offerto all'adorazione dei fedeli. Dopo la celebrazione le porte della basilica del Santo Sepolcro – come avviene soltanto in questo giorno dell'anno - si sono subito chiuse, per essere poi riaperte soltanto pochi minuti per consentire l'ingresso ai frati per la recita dell'ufficio e dell'adorazione. Altri momenti rilevanti del Giovedì Santo a Gerusalemme saranno nel pomeriggio la processione della comunità francescana al Cenacolo e questa sera, nella basilica dell'agonia al Getsemani, la celebrazione dell'Ora santa presieduta dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. (Da Gerusalemme, Sara Fornari)

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    L'arcivescovo di Caracas: solo il dialogo può risolvere le crisi dell'America Latina

    ◊   “Dobbiamo ringraziare Dio perché la crisi si è risolta in un modo civile", così ha commentato l'arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa, alla tv "Globavisión", la grave crisi politica e diplomatica tra Venezuela, Colombia, Ecuador e Nicaragua che, per diversi giorni, ha fatto temere un conflitto. Per il porporato, al Vertice del "Gruppo di Río", svoltosi nella Repubblica Dominicana, dove a sorpresa i quattro presidenti hanno trovato un'intesa per disinnescare la crisi pre-bellica, "ha vinto il dialogo anche perché, ha precisato, non ci sono motivi per arrivare a un conflitto" tra Paesi fratelli. "Occorre sempre un atteggiamento di apertura per cercare soluzioni concertate. Questa è la strada e ci auguriamo che sia applicata anche in molti aspetti della vita del nostro Paese". Successivamente, duranti i riti di apertura della Settimana Santa, il cardinale Urosa è tornato ancora una volta a riflettere “sulla grandezza della vita umana che la Chiesa non si stanca di proclamare e difendere”. Un conflitto fra popoli amici avrebbe portato, secondo il porporato, ad una catena “di attentati contro la sacralità della vita” violando gravemente, ha aggiunto, “la concordia, il rispetto, la convivenza e la solidarietà che la Parola di Dio ci mostra, come strade per l’autentica felicità”. “Non possiamo abituarci alla violenza e ad un bagno di sangue ogni settimana. Questi fatti, le cui cause sono l’odio, la droga, l’avidità, debbono finire subito”, ha sostenuto l’arcivescovo di Caracas. Ricordando che la Settima Santa è il “tempo migliore per riflettere sulle verità ultime dell’esistenza”, il cardinale Urosa ha inoltre sottolineato l’importanza del “sapere rinnovare la fede in Cristo, nella consapevolezza che Lui ci chiama ad essere fedeli con la fede che abbiamo confessato e professiamo. Come Maria, la Vergine Santa, anche noi dobbiamo sapere di stare accanto al Signore, in ogni circostanza della nostra vita, assumendo tutte le conseguenze”. Fra i problemi della fede cattolica in Venezuela, l’arcivescovo di Caracas ha parlato della “fragilità e, a volte, dell’inconsistenza della nostra vita cristiana e della nostra fede. Se prendiamo coscienza di queste nostre debolezze, possiamo rivolgerci al Signore con più convinzione per chiedergli la forza del rinnovamento”, ha concluso il cardinale Urosa. (A cura di Luis Badilla)

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    India: digiuno e marce contro la persecuzione dei cristiani in Orissa

    ◊   Oggi pomeriggio l’arcivescovo di New Delhi Vincent Concessao, molti membri del parlamento e leader di gruppi religiosi faranno una marcia nella capitale indiana, dal Jantar Mantar al Parlamento, per chiedere giustizia per le vittime delle violenze di Natale contro i cristiani nel distretto di Kandhamal, nello Stato di Orissa. La protesta, cui partecipano anche 150 vittime delle violenze, rientra nelle manifestazioni e nello sciopero della fame iniziati il 18 marzo dal "Consiglio globale dei cristiani indiani" contro le autorità dell’Orissa, accusate di proteggere i responsabili e per chiedere l’intervento del governo centrale. Mons. Concessao ha sollecitato il governo dell’Orissa e quello centrale a proteggere i diritti delle minoranze ed a garantire la sicurezza per le vittime. A Natale, nell’Orissa, centinaia di fondamentalisti indù hanno scatenato una vera caccia al cristiano, distruggendo e incendiando centinaia di abitazioni, negozi, chiese e strutture della Chiesa, causando morti e feriti e costringendo migliaia di cristiani a fuggire per settimane nella foresta, in assenza dell’intervento della polizia. Centinaia di famiglie, che hanno perso casa e lavoro e non hanno ancora ricevuto alcun aiuto dallo Stato, sono confinate in campi profughi, dove spesso mancano i viveri e continuano minacce e piccole violenze, anche ad opera della polizia. Ad AsiaNews, Sajan George, presidente del "Consiglio globale dei cristiani indiani", afferma che “la maggiore manifestazione di protesta sarà domani, Venerdì Santo, giorno di preghiera e digiuno per i cristiani in tutto il mondo. In questa solenne occasione, vogliamo chiedere al governo di portare il Paese, e soprattutto l’Orissa, sulla via della giustizia e della pace”. (R.P.)

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    "Le persecuzioni anticristiane non sono pagine ingiallite della storia, ma cronaca quotidiana". Così mons. Amato sul martirio di mons. Rahho

    ◊   L'arcivescovo caldeo di Mossul Paulos Faraj Rahho è “l'ultima perla di quella collana martiriale che adorna la Chiesa di Cristo, la quale, se da una parte, si affligge e piange per la morte tragica di questo suo figlio illustre, dall'altra, pur ferita, si commuove per questa sua alta testimonianza di fede al Vangelo”. Lo ha detto martedì sera il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Angelo Amato, che ha presieduto, a Roma, una veglia di preghiera in ricordo dei martiri, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. Il presule, riferisce l'Agenzia Sir, dopo aver sottolineato che a Mossul i cristiani “da qualche tempo sono oggetto di crescente violenza”, ha affermato che “continua nel disinteresse e nell'indifferenza totale del mondo, l'oppressione lenta e inesorabile dei cristiani iracheni, che mira alla loro completa estinzione. Si colpisce il pastore per disperderne il gregge. Ma i martiri, per provvidenza divina, esistono ancora e diventano seme di cristiani”. Le persecuzioni anticristiane “non sono pagine ingiallite dei secoli passati ma cronaca quotidiana. In un mondo globalizzato persiste in modo pervicace l'odio della fede cristiana. Sembra che tutto possa essere tollerato - ha affermato mons. Amato - eccetto la testimonianza cristiana”. (S.G.)

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    Sempre più gravi la condizioni dei bambini iracheni. L’azione dell’UNICEF per salvare un’intera generazione

    ◊   In Iraq è a rischio un’intera generazione di bambini. Solo nel 2007 oltre 19.500 civili sono stati uccisi, migliaia di bambini hanno perso i genitori, centinaia di migliaia quelli sfollati, intere comunità sradicate dal loro territorio a causa delle violenze settarie senza precedenti, nuclei familiari caduti in estrema povertà per la morte del capofamiglia, unica fonte di reddito. A lanciare l’allarme è Claire Hajaj, responsabile comunicazione dell’UNICEF Iraq che ieri a Roma ha presentato il nuovo progetto di assistenza ai minori iracheni denominato “Impact Iraq – humanitarian action for Iraqi children”. Secondo i dati in possesso dell’organizzazione umanitaria, a cinque anni dall’inizio della guerra “la copertura vaccinale è scesa sotto l'80% in due terzi del Paese; il 21% dei bambini sono malnutriti; appena il 40% dei bambini iracheni ha accesso all'acqua potabile e il 20% a servizi igienici di base; un bambino su cinque non ha accesso alla scuola; il 30% soffre di crisi d'ansia e altri sintomi traumatici; 1350 minori di età compresa tra i 10 e i 17 anni sono detenuti nelle carceri del Paese e sempre più bambini sono costretti a lavorare o mendicare in strada”. “L’obiettivo del progetto “Impact Iraq” – ha spiegato Hajaj – è quello di garantire cure mediche, istruzione, acqua potabile e protezione a oltre 120.000 famiglie irachene in difficoltà, per un totale di 360.000 bambini ad alto rischio. I fondi necessari per finanziare tutto il progetto – ha aggiunto l’esponente dell’UNICEF Iraq – ammontano a 37,5 milioni di dollari, ma ad oggi la comunità internazionale ha coperto solo il 9%. All’appello mancano oltre 34 milioni di dollari”. “La ricostruzione dell’Iraq dipende dall’assistenza che ora riusciremo ad offrire loro – infine ricordato Hajaj - perché i bambini di oggi sono l’Iraq di domani”. Da parte sua UNICEF Italia è impegnata a sostenere “Impact” attraverso la campagna “Iraq: non lasciamo soli i bambini”. (M.G.)

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    Australia: una "carezza" del nuovo governo ai bambini aborigeni

    ◊   In Australia oltre 500 bambini delle comunità aborigene affetti da problemi all’udito saranno sottoposti ad interventi chirurgici a naso, orecchie e corde vocali, a spese del governo. Il ministro per gli Affari aborigeni, Jenny Macklin, ha reso noto che per i piccoli pazienti, provenienti da diverse zone rurali, è previsto un trasferimento in pullman fino ad Alice Springs, al centro del Paese, dove si trovano le strutture sanitarie predisposte per gli interventi. Il progetto, informa l’Agenzia MISNA, prevede ulteriori cure dentistiche per altri 200 bambini ed è stato ideato lo scorso anno dopo la pubblicazione di un rapporto sulle cattive condizioni di salute dei piccoli delle comunità aborigene. “Non possiamo rimediare per i danni commessi in anni di disinteresse nei confronti di queste comunità – ha detto l’ex ministro della Sanità Tony Abbott, tra i promotori dell’iniziativa – ma possiamo fornire una speranza e un futuro diverso a questi bambini”. (S.G.)

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    A Valencia la Via Crucis del migrante: "riflessioni sul fenomeno ad ogni Stazione"

    ◊   Centinaia di immigrati, provenienti dall’Africa (Nigeria), dall’America latina (Ecuador, Bolivia, Colombia) e dall’Europa (Romania, Ucraina) parteciperanno, Venerdì Santo, alla Via Crucis del migrante, organizzata dalla Caritas diocesana di Valencia (Spagna), nel vecchio alveo del fiume Turia. I fedeli, con ceri accesi, “canteranno, pregheranno e faranno riflessioni sul fenomeno delle migrazioni a ognuna delle 14 stazioni”, ha spiegato, all’agenzia Avan, ripresa dalla Sir, Edison López, vicedirettore del programma di Attenzione pastorale e sociale all'immigrante della Caritas diocesana. Durante l'itinerario, gli immigrati trasporteranno a spalla un'immagine del Cristo della Fede, del secolo XVII, a grandezza naturale, venerato nella parrocchia di Santa Monica. Il percorso comincerà sul ponte di Ademuz e terminerà nella parrocchia dell'El Salvador e Santa Monica, dove i fedeli assisteranno alla tradizionale Adorazione alla Croce che si celebra il Venerdì Santo. (S.G.)

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    Il cardinale Sepe: "La scelta dei poveri nasce dal Vangelo"

    ◊   “Donare il nostro amore e la nostra vita ai nostri fratelli: questa l’essenza del sacerdozio”. Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, si è rivolto così a tutti i sacerdoti della diocesi, nella messa crismale celebrata ieri sera. Lo riferisce l'Agenzia Sir. Ricordando i tanti “sacerdoti che hanno testimoniato con la santità della loro vita come l’amore sacerdotale sia la realizzazione più piena ed entusiasmante del nostro ministero”, il porporato, ha fatto riferimento al beato Gaetano Errico, “che abbiamo la gioia di venerare in questa nostra Cattedrale e che venereremo Santo dal prossimo 12 ottobre”. La Chiesa di Napoli, ha detto il cardinale Sepe ai sacerdoti, “ha bisogno di voi”. “Conosco - ha aggiunto - le vostre difficoltà e le fatiche apostoliche che, tutti senza distinzione, dovete affrontare in un lavoro che vi pone a combattere nei campi più difficili e nelle trincee più esposte del nostro territorio. Conosco il vostro coraggio e la vostra intelligenza, come pure la profonda motivazione e passione di servire il Signore e la Chiesa fra i poveri e con i poveri”. “Per noi - ha evidenziato il porporato - la scelta dei poveri non è ideologica, ma nasce dal Vangelo. Anche nelle nostre città, come nel mondo intero, sono molte e drammatiche le situazioni di ingiustizia e di povertà. Sono ancora tanti quelli che soffrono di solitudine e di vuoto esistenziale, perché abbandonati e disprezzati dalla cosiddetta civiltà del benessere; sono questi i più poveri tra i poveri, che hanno bisogno non solo del sostegno economico, ma anche di quella profonda vicinanza spirituale, umana e psicologica, che è propria del nostro ministero”. (S.G.)

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    Africa: Giornata della Francofonia per "un nuovo dialogo tra i popoli"

    ◊   “Promuovere la diversità culturale è una scelta di solidarietà e cooperazione a livello mondiale”. A ribadirlo nella Giornata Internazionale della Francofonia, l’ex presidente del Senegal Abdou Diouf, segretario generale dell’Organizzazione Internazionale Francofona. “Si tratta – ha affermato – di scegliere relazioni tra i popoli fondate sull’apertura, il rispetto, la tolleranza, basate sul riconoscimento dell’altro nella differenza ma anche nella somiglianza. Una scelta attuata a lungo termine, lungi dagli interessi strategici o economici del momento”. Per Diouf, riferisce l'Agenzia Misna, sostenere la diversità culturale significa diffondere “un certo modo di pensare la solidarietà, a favore della democrazia e della pace, nel rispetto dei valori universali, dei diritti umani e allo stesso nella ricerca di dialogo”. La Giornata odierna, spiega infine, deve essere un’occasione per riaffermare valori “come la democratizzazione delle relazioni internazionali, la regolazione della mondializzazione, un’etica universale, una gestione equa dei beni comuni dell’umanità”. (S.G.)

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    Medici Senza Frontiere di nuovo al lavoro in Somalia

    ◊   Malgrado in Somalia tensione resti altissima, gli operatori internazionali di Medici Senza Frontiere hanno ripreso il loro lavoro nei progetti di assistenza umanitaria in diverse località del Paese dell’corno d’Africa. In seguito al brutale assassinio di tre operatori di MSF il 28 gennaio a Kismayo, nel sud del Paese, MSF aveva infatti sospeso la presenza dello staff internazionale in Somalia. Da allora sono stati gli operatori somali di MSF che hanno continuato a gestire i progetti. In una nota pubblicata sul suo sito web ufficiale, l’organizzazione umanitaria ha spiegato che, mentre si continuano a esaminare le circostanze degli assassinii a Kismayo, sono state condotte valutazioni delle condizioni di sicurezza in alcune delle 14 località dove MSF gestisce dei progetti di assistenza medica e umanitaria alla popolazione civile. In alcune di queste località dove le condizioni di sicurezza sono apparse accettabili, MSF ha deciso di fare ritornare un numero limitato di operatori internazionali in considerazione degli acuti bisogni umanitari. Tuttavia MFS segnala che in Somalia, dove è in corso una delle crisi umanitarie più difficili e gravi al mondo che sta provocando nuove fughe di massa della popolazione, l’assistenza umanitaria rimane scarsa. MSF è poi frustrata dall’impossibilità di raggiungere più pazienti a causa dell’insicurezza. Proprio ieri, infatti, è morto in ospedale un altro operatore somalo dell’organizzazione, ferito in modo grave in un attacco il 12 marzo scorso. Infine MSF ricorda nel corso del 2007, ha aperto molti nuovi progetti in risposta agli enormi bisogni medici e umanitari causati dal continuo conflitto. Le equipe mediche hanno eseguito oltre 2500 operazioni chirurgiche, 520mila consultazioni e hanno ricoverato circa 23mila pazienti negli ospedali. (M.G.)

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    Repubblica Democratica del Congo: l'arcivescovo di Kinshasa invita i giovani a optare per la "corruzione zero"

    ◊   “Optare per la virtù”. Questo l’invito rivolto dall'arcivescovo di Kinshasa, monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, ai giovani della sua Diocesi, per i quali ha coniato il motto “Corruzione zero”. Nell'omelia della Domenica delle Palme, rende noto l'Agenzia Zenit, il presule ha spiegato così ai ragazzi cosa comporta la scelta della virtù: “non prendere droghe né hashish, non pagare il professore per passare illegalmente un'interrogazione o un esame, né vendere il proprio corpo per avere buoni voti non meritati o per ottenere un impiego”. “Corruzione zero - ha poi affermato - vuol dire rifiutare di essere i 'delegati' degli adulti viziosi nei confronti delle ragazze, rifiutare la prostituzione e il denaro facile, non partecipare alle lotte di quartiere chiamate 'Kuluna'”. Dura la condanna nei confronti degli adulti che sottopongono i bambini e i giovani a tutti questi vizi. Parlando della vocazione dei cristiani, l'arcivescovo di Kinshasa ha ricordato che “il Signore ci definisce il sale della terra", proprio per dirci non "imputridire", di non essere corrotti, perché la nostra putrefazione ha un effetto perverso e disastroso nella comunità”. Il cristiano più di chiunque altro, ha concluso il presule, deve combattere la corruzione, cioè non corrompere né lasciarsi corrompere. (S.G.)

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    Brasile: a Rio de Janeiro è allarme “dengue”. Migliaia i contagi

    ◊   29 morti e 20 mila casi di contagio. E’ sempre più grave il bilancio dell'epidemia di “dengue” che imperversa a Rio di Janeiro dall’inizio dell’anno. La malattia febbrile acuta, causata da un virus trasmesso dalla zanzara ‘Aedes Aegypti’, nella versione emorragica può infatti essere fatale. “Finora le autorità locali lo negavano, ma ci troviamo davanti a una vera epidemia, con un gran numero di casi segnalati ogni giorno in tutto il territorio metropolitano” ha detto all’agenzia Misna Jorge Darze, presidente del Sindacato dei medici (Sinmed). “Lunedì – ha aggiunto – denunceremo l’amministrazione per omissione e negligenza. Il "dengue" è un problema permanente per la facilità di adattamento delle zanzare vettori dei virus e il lavoro di prevenzione deve essere costante, ma non lo è stato”. Mette l’accento sulla rapidità della diffusione del virus anche l’infettologo Roberto Medronho, che parla di 45 nuovi casi di "dengue" segnalati ogni ora nella metropoli carioca; solo martedì, quando è avvenuto l’ultimo decesso – un bambino di pochi mesi - sono stati oltre un migliaio. (M.G.)

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    Inondazioni e desertificazione: i possibili effetti dei cambiamenti climatici in Bolivia

    ◊   I cambiamenti climatici in Bolivia, “un Paese particolarmente vulnerabile a questi fenomeni”, potrebbero portare alla desertificazione dell’altopiano andino e al massiccio aumento delle inondazioni nella regione amazzonica. A lanciare l’allarme, diffuso dall’Agenzia MISNA, l’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp), presentato martedì a La Paz e intitolato “La lotta contro i cambiamenti climatici: solidarietà di fronte a un mondo diviso”. Ricordando che la Cordigliera delle Ande è una delle regioni del mondo più suscettibili alla penuria d’acqua “per il rapido scioglimento dei ghiacciai”, il documento avverte che “aumenteranno la frequenza e gli impatti dei disastri naturali, come già sta accadendo nella regione di Beni”, il dipartimento centro-orientale più colpito dalle recenti inondazioni. Tra le prossime conseguenze, sembra inevitabili, del riscaldamento globale figura tra l’altro lo scioglimento del nevaio di Chacaltaya, previsto entro il 2013. La Bolivia, evidenzia il rapporto, “contribuisce all’emissione dei gas serra con appena 0,8 tonnellate per abitante contro le 20,6 tonnellate in media prodotte da un cittadino statunitense”; inoltre il 77% dell’inquinamento è attribuibile alla deforestazione, il 21% al consumo di energia e solo il 2% alle industrie. Intanto, la risposta della comunità internazionale alle richieste di aiuto di La Paz per le recenti alluvioni, che hanno causato 73 morti e oltre 400 mila disastrati, resta ben al di sotto delle aspettative: secondo l’Onu il Paese ha ricevuto solo un terzo dei 18 milioni di dollari necessari all’assistenza degli sfollati e alla ricostruzione. (S.G.)

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    Il segretario del Consiglio d'Europa Terry Davis: "Le misure antiterroristiche non generino discriminazioni di razza, lingua o religione"

    ◊   “Una società che ignora, tollera o pratica la discriminazione” è “una società male organizzata e profondamente instabile”: Terry Davis, segretario generale del Consiglio d’Europa, interviene così in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, che si celebra domani. Secondo il dirigente del Consiglio europeo, il razzismo “non è deleterio soltanto per le vittime, ma danneggia e pregiudica l’intera società”. Davis, rende noto l’Agenzia Sir, ricorda alcuni concetti-chiave emersi dalla conferenza organizzata lo scorso anno dal Consiglio d’Europa a Strasburgo, che aveva identificato la discriminazione quale “fattore che contribuisce alla diffusione dell’estremismo politico e della violenza”. La conferenza ha constatato che le misure anti-terroristiche che generano discriminazioni legate a razza, lingua, religione o origine etnica, si dimostrano col passare del tempo “controproducenti e inefficaci”. Da qui la conclusione: “I nostri governi hanno la responsabilità di proteggere i cittadini dal terrorismo, ma affinché le loro azioni siano efficaci, essi devono agire nel rispetto delle leggi e dei valori fondamentali della nostra società. La non-discriminazione è uno di questi valori”. (S.G.)

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    Spagna: continuano ad aumentare le obiezioni dei genitori all'Educazione alla cittadinanza

    ◊   Le associazioni spagnole promotrici dell’obiezione di coscienza alla materia di “Educazione alla cittadinanza” hanno raggiunto ieri un importante risultato. La Comunità di Madrid e della Regione di Murcia, oltre che la sentenza del Tribunale superiore di giustizia dell'Andalusia, hanno, infatti, riconosciuto il diritto dei genitori ad obiettare a questa materia. All’associazione “Professionisti per l'etica”, in soli tre giorni, dal 14 al 17 marzo, sono state presentate dai genitori 308 obiezioni all’ “Educazione alla cittadinanza”. Diverse associazioni di genitori in tutta la Spagna, informa l'Agenzia Sir, stanno chiedendo che si riconosca l'obiezione di coscienza alla materia. A Soria, la Piattaforma “Soria educa in libertà” ha chiesto un pronunciamento del Governo della Castiglia e Leon sulla questione, sollecitando che si uniformi alle scelte di Madrid e Murcia. La Comunità di Madrid, qualche giorno fa, si era espressa “a favore dei diritti e delle libertà dei cittadini a scegliere l'educazione che vogliono per i loro figli”. Ugualmente, il consigliere per l’Educazione, la scienza e la ricerca della Regione di Murcia, Juan Ramón Medina Precioso, ha chiarito che non si penalizzeranno gli oltre 540 genitori obiettori di coscienza alla materia e che si offriranno contenuti alternativi “sulla Costituzione spagnola o altri argomenti”. (S.G.)

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    Bologna ricorda il sacrificio del professor Marco Biagi nel sesto anniversario della sua morte

    ◊   In occasione del sesto anniversario della morte del professor Marco Biagi, il mondo politico e tutta la società civile si sono stretti ieri a Bologna per la messa di suffragio celebrata da monsignor Ernesto Vecchi, vicario generale della diocesi del capoluogo emiliano, presso la Basilica di San Martino. Mons. Vecchi ha aperto l’omelia, citata dal Sir, ricordando che: “La memoria del sesto anniversario della morte violenta del Prof. Marco Biagi coincide, quest’anno, con la celebrazione liturgica del Mercoledì Santo, che ci introduce nel grande Triduo Sacro, memoria sacramentale della passione, morte e risurrezione di Cristo”. Il vicario ha poi fatto riferimento al profeta Isaia, “figura biblica del Servo di Jahvè”, e anche all’esperienza dei profeti Ezechiele e Geremia, “che hanno sofferto a causa della loro vocazione all’impegno per la ricerca del bene comune” e che “per questo hanno dovuto subire la persecuzione delle potenze oscure, sempre presenti come forze decostruttive, dove ci si impegna per edificare il futuro”. Ed è proprio in questo contesto che secondo monsignor Vecchi “va letta la morte di Marco Biagi”: “L’uomo perseguitato indicato da Isaia, infatti, si pone nell’ottica della teologia della storia, dove il sacrificio cruento di Cristo rimane il propulsore emblematico di ogni autentico rinnovamento. Il sacrificio cruento del professor Biagi, concepito nelle nebbie di un pensiero senza fondamenti logici e morali, non è stato consumato invano. La sua fede lo ha assimilato al Servo sofferente”. Dopo aver deplorato “il ricorso alla violenza, troppo spesso tollerata” nel nostro Paese, e denunciato “la crisi di autorità e di credibilità di cui soffre la nostra democrazia”, mons. Vecchi ha poi affermato: “L’esemplarità di Marco Biagi, la sua fede pubblicamente testimoniata, il calore fecondo della sua famiglia aperta all’accoglienza e all’aiuto del prossimo, il suo serio impegno professionale, stanno a dimostrare che una misura alta della vita civile è possibile”. Infine mons. Vecchi si è soffermato sull’ “eredità di Marco”, esortando tutti “all’instancabile ricerca tra le parti sociali della migliore soluzione pratica possibile, nella salvaguardia del valore inalienabile della persona, in tutte le sue dimensioni di vita”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tibet: si allarga la protesta. Il Dalai Lama pronto a dialogare con la Cina ma dopo segnali concreti

    ◊   Nuovo appello del Dalai Lama alla Cina. Il leader tibetano si è detto disponibile ad incontrare il presidente Hu Jintao a patto che ci siano i segnali da parte di Pechino per intavolare i colloqui. Intanto il governo cinese ha ammesso che la protesta si sta diffondendo in altre province e che non intende essere tollerante con chi commette azioni criminali. Il nostro servizio:

    “Indicazioni concrete” che Pechino voglia il dialogo. E’ la richiesta del Dalai Lama per incontrare le autorità cinesi, in particolare il presidente Hu Jintao anche se rivela che al momento questa è “un’ipotesi non praticabile”. Intanto la Cina ha corretto il tiro delle dichiarazioni del premier britannico Gordon Brown che, dopo una telefonata con il suo omologo Wen Jabao, aveva reso noto la disponibilità di quest’ultimo ad incontrare il Dalai Lama. C’è il desiderio di riavviare un dialogo - sostengono fonti ufficiali - ma solo sulla base delle condizioni poste da Pechino. Dopo l’appello di ieri per far ripartire le trattative, oggi il leader spirituale tibetano si è spinto oltre aggiungendo di temere che siano “moltissime” le vittime delle manifestazioni anti-governative. La Cina in realtà ha ammesso che si sono verificati scontri nella provincia settentrionale del Gansu e che la protesta si è allargata. Almeno 20 gli esuli tibetani fermati a Kathmandu, a Lhasa. Altre 24 persone sono state arrestate ieri mentre sarebbero circa 170 quelle che si sono arrese “in maniera spontanea” alle forze di polizia. La conta delle vittime, per la Cina, resta ferma a 13, diversa la stima del governo tibetano in esilio che parla di cento morti. Intanto il ministero degli Esteri cinesi ha chiarito che i “criminali” vanno “puniti secondo la legge” e per loro non può esserci alcuna tolleranza. Infine sono stati cacciati dal Tibet gli ultimi giornalisti presenti: si tratta di due corrispondenti tedeschi che per alcuni giorni si erano rifiutati di lasciare la zona.

    Afghanistan
    Visita a sorpresa in Afghanistan del vicepresidente americano, Dick Cheney. Nel suo incontro con il presidente Karzai, Cheney ha annunciato che gli Stati Uniti chiederanno ai Paesi della NATO un maggior impegno nel Paese asiatico nel prossimo summit fissato per il 4 aprile a Bucarest. Il vicepresidente ha anche parlato di Pakistan esprimendo l’auspicio che Islamabad diventi un alleato efficace soprattutto dopo l’insediamento del nuovo governo.

    Pakistan
    Sarà scelto il prossimo 24 marzo il nuovo primo ministro del Pakistan nella seduta del parlamento convocato dal presidente Musharraf. Tra i più accreditati c’è Yousuf Raza Gilani, vicino all’ex premier Benazir Bhutto, uccisa in un attentato a dicembre. Appartiene al Partito del Popolo pachistano anche il presidente del Parlamento: la signora Fahmida Mirza. Nel Paese intanto prosegue la violenza, in un attentato kamikaze al confine tra Afghanistan e Pakistan: cinque soldati di Islamabad sono morti. La deflagrazione è avvenuta nella turbolenta regione frontaliera del sud Waziristan, teatro di violenti scontri tra truppe e militanti di Al-Qaeda.

    Medio Oriente
    Un morto ed un ferito è il bilancio di un’esplosione avvenuta a Gaza in una base delle Brigate Ezzedin Al Qassam, braccio armato di Hamas. Una vittima anche a Khan Yunes, mentre una mina è esplosa senza causare feriti vicino ad un gruppo di soldati al confine con la Striscia di Gaza.

    Kosovo
    Ungheria, Craozia e Bulgaria hanno riconosciuto ufficialmente il Kosovo. La Serbia ha notificato a Zagabria una “forte protesta” e ha richiamato per consultazioni il suo ambasciatore nella capitale croata. Quali potrebbero essere le conseguenze di questa decisione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Alessandro Marzomagno, esperto di Balcani ed Europa Orientale del settimanale “Diario”:


    R. – E’ evidente che c’è una strategia dell’Unione Europea per fare pressioni sulla Serbia, perchè si avvicini anch’essa all’Europa. Ma avvicinarsi all’UE significa allentare la pressione sul Kosovo, allentare la posizione rigida che ha assunto ultimamente. Il problema è che effettivamente c’è il rischio che tutto questo irrigidisca l’opinione pubblica serba e faccia sì che alle prossime elezioni vincano i partiti nazionalisti, i più contrari all’indipendenza del Kosovo, che già sono abbastanza forti in Serbia. Per cui c’è, effettivamente, un pericolo di radicalizzazione. La Serbia, poi, pensa che la soluzione del problema sia la Russia, sia Mosca. Quindi si riproducono vecchi schemi e la situazione resta abbastanza intricata.

     
    D. – Tra l’altro bisogna dire che il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha autorizzato il Pentagono a fornire armi a Pristina. Si tratta de primo passo concreto dell’avvio di relazioni paritarie da Stato a Stato, tra Washington e l’ex provincia serba. Quale potrebbe essere a questo punto la risposta russa?

     
    R. – Fornire armi ai serbi... Non so, i serbi di armi ne hanno abbastanza: ne hanno usate abbastanza e mi auguro che non abbiano più voglia di usarle. D’altra parte, il Kosovo è una provincia dove il 90 per cento della popolazione è albanese, per cui non so se ci sia effettivamente voglia di fare ancora la guerra. C’è, però, questa voglia di fare la voce grossa e di usare le istanze nazionalistiche per vincere le elezioni. Penso che nessun serbo sia sinceramente convinto di andare a marciare su Pristina. Penso che molti serbi siano disposti a votare per i partiti nazionalisti che hanno come motto: “o Pristina o morte”.

    Cecenia
    Escalation di violenza in Cecenia. Nove persone hanno perso la vita in uno scontro a fuoco tra ribelli separatisti e forze di sicurezza nei dintorni del villaggio di Alkhazurovo. Da almeno cinque anni, la Russia ha avviato una serie di lavori di ricostruzione delle infrastrutture.

    Armenia
    Ritorno alla normalità in Armenia. Non sarà rinnovato lo stato di emergenza che scade stanotte. Il provvedimento era stato decretato i primi di marzo dopo il risultato delle elezioni presidenziali che avevano consegnato la vittoria a Serge Sarkisian, considerato vicino all’ex capo dello stato Robert Kociarian. Nei disordini persero la vita otto persone e altre 25 rimasero feriti.

    Belgio
    Giura oggi il nuovo governo del Belgio nato dopo una lunga crisi politica durata nove mesi. Yves Leterme ha ricevuto l’incarico di formare l’esecutivo da re Alberto II. Nel pomeriggio è prevista la fiducia al Parlamento. Oltre al premier, ci saranno sette ministri francofoni, in rappresentanza dei partiti liberale, centrista e socialista, e altrettanti fiamminghi, per il partito cristiano-democratico e per quello liberale. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 79

     
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