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Sommario del 19/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale parla del Triduo Pasquale e lancia un appello alla riconciliazione per il Tibet: la violenza non risolve i problemi ma li aggrava
  • Domani il Papa presiederà la Messa Crismale e la Messa in Cena Domini: la riflessione del cardinale Arinze
  • Nomine
  • Il Papa festeggia l'onomastico: la grandezza di San Giuseppe risalta ancor più per la sua umiltà e il suo silenzio
  • Oggi in Primo Piano

  • Grande partecipazione ai funerali di Chiara Lubich. Benedetto XVI: ha attuato in anticipo il pensiero dei Papi
  • L’Opus Dei da 25 anni prelatura personale: intervista con il cardinale Julián Herranz
  • Chiesa e Società

  • Visita in Irlanda del Nord della Regina Elisabetta II
  • L'Iraq al centro della Giornata di preghiera per i missionari martiri
  • Emergenza fame in Etiopia: decessi per stenti in Oromia
  • Somalia: riaperto l'ospedale ‘Sos Kinderdorf’ di Mogadiscio
  • 30 milioni di euro dall’UE per combattere la siccità nel Corno d’Africa
  • La fede, la Chiesa e l’uomo nell’intervento del cardinale Poupard in un convegno a Lodi sull’Europa
  • Bolivia: il cardinale Terrazas disponibile a facilitare il dialogo tra governo e opposizione
  • Appello di Amnesty International per la scarcerazione dei dissidenti cubani
  • I costi della guerra in Iraq
  • Lourdes e 150 anni di miracoli nella testimonianza del dottor Patrick Theillier, il medico che indaga sulle guarigioni
  • Germania: la diocesi di Limburg protesta contro l’apertura prolungata dei negozi prevista per Giovedì Santo
  • Scelti i dieci patroni della GMG di Sydney 2008
  • Riapre lo “Scoglio” di Roccaporena, luogo simbolo della vita di santa Rita da Cascia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tibet: il Dalai Lama lancia un appello alla Cina per la ripresa del dialogo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale parla del Triduo Pasquale e lancia un appello alla riconciliazione per il Tibet: la violenza non risolve i problemi ma li aggrava

    ◊   La speranza di pace della Pasqua cristiana più forte delle “notizie drammatiche” che arrivano dal mondo. Alle circa 12 mila persone presenti all’udienza generale - anche oggi distinta in due momenti, tra la Basilica Vaticana e l’Aula Paolo VI - Benedetto XVI ha dapprima spiegato i momenti salienti del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo, per poi invocare pace e riconciliazione per la grave crisi che sta scuotendo il Tibet. In precedenza, il Papa aveva rivolto un particolare saluto ai moltissimi giovani universitari dell’Opus Dei presenti in San Pietro. Il servizio di Alessandro De Carolis:



    “L’odio, le divisioni, le violenze non hanno mai l’ultima parola negli eventi della storia”. La considerazione che Benedetto XVI pone alla fine della sua ampia riflessione sul Triduo che precede la Pasqua è prettamente spirituale e intende mettere in luce il valore eterno della vittoria di Cristo sulla morte. Ma pochi minuti dopo, se ne coglie appieno la concretezza, quando il Papa chiede la pace per il Tibet insanguinato dagli scontri, aggiungendo: “Con la violenza non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano”. Cielo e terra, le due indivisibili dimensioni del messaggio cristiano, emergono dunque con particolare evidenza nel Triduo Pasquale, che Benedetto XVI ha definito, in modo incalzante, “nucleo essenziale della fede cristiana”, “cuore e fulcro dell’intero anno liturgico”, “unico giorno” in cui la Chiesa sale al Calvario, scende nel sepolcro, e risorge con Cristo. E allo stesso tempo, la memoria di questi misteri significa anche - ha ribadito il Papa - “vivere in profonda e solidale adesione all’oggi della storia, convinti che quanto celebriamo è realtà viva ed attuale”:

     
    “Portiamo dunque nella nostra preghiera la drammaticità di fatti e situazioni che in questi giorni affliggono tanti nostri fratelli in ogni parte del mondo. Noi sappiamo che l’odio, le divisioni, le violenze non hanno mai l'ultima parola negli eventi della storia. Questi giorni rianimano in noi la grande speranza: Cristo crocifisso è risorto e ha vinto il mondo. L’amore è più forte dell’odio, ha vinto e dobbiamo associarci a questa vittoria dell’amore. Dobbiamo quindi ripartire da Cristo e lavorare in comunione con Lui per un mondo fondato sulla pace, sulla giustizia e sull’amore”.
     
    Benedetto XVI ha svolto la catechesi ripercorrendo i singoli giorni che da domani a domenica prossima riproporranno le ultime ore e gli ultimi, fondamentali, gesti della vita terrena di Gesù. Dalla benedizione degli olii sacri, nella Messa crismale di domattina, alla celebrazione in Coena Domini, durante la quale Cristo - ha affermato Benedetto XVI - dona alla Chiesa nascente il “farmaco dell’immortalità”, l’Eucaristia. Quindi, il mistero del dolore e della morte del Venerdì Santo: occasione per “meditare sul grande mistero del male e del peccato che opprime l’umanità”, grazie anche a quelle “manifestazioni di pietà popolare” - come la Via Crucis o le sacre rappresentazioni - che mirano, ha riconosciuto il Papa, “ad imprimere sempre più nell’animo dei fedeli sentimenti di vera partecipazione” al sacrificio di Gesù. Fino al “silenzio” del Sabato Santo, che riempie le Chiese dagli altari spogli e invita l’anima ad aprirsi alla misericordia di Dio:

     
    “Grande importanza viene data in questo giorno alla partecipazione al Sacramento della riconciliazione, indispensabile via per purificare il cuore e predisporsi a celebrare intimamente rinnovati la Pasqua. Almeno una volta all’anno abbiamo bisogno di questa purificazione interiore di questo rinnovamento di noi stessi”.

     
    L’appello per il Tibet ha poi concluso le catechesi e i saluti nelle varie lingue. “Seguo con grande trepidazione - ha detto il Pontefice - le notizie, che in questi giorni giungono” da quella zona dell’Asia:

     
    “Il mio cuore di Padre sente tristezza e dolore di fronte alla sofferenza di tante persone. Il mistero della passione e morte di Gesù, che riviviamo in questa Settimana Santa, ci aiuta ad essere particolarmente sensibili alla loro situazione. Con la violenza non si risolvono i problemi, ma solo si aggravano. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera. Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce, che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza”.

     
    Prima di recarsi nell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI era stato salutato festosamente dagli studenti radunati nella Basilica di San Pietro, che in questi giorni partecipano a Roma al Congresso internazionale UNIV, promosso dall’Opus Dei. Il Papa si è rivolto loro in inglese e in spagnolo, concludendo in italiano:

     
    “Siate lievito di speranza in questo mondo che anela di incontrare Gesù, talora senza neppure rendersene conto. Per migliorarlo, sforzatevi anzitutto di cambiare voi stessi mediante una vita sacramentale intensa, specialmente accostandovi al sacramento della Penitenza e prendendo parte assiduamente alla celebrazione dell’Eucaristia. Affido ciascuno di voi e le vostre famiglie a Maria, che non smise mai di contemplare il Volto del suo Figlio Gesù. Su ciascuno di voi invoco la protezione di San Josemaria (applausi) e di tutti i Santi delle vostre terre, mentre di cuore vi auguro Buona Pasqua!”

     
    (applausi)

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    Domani il Papa presiederà la Messa Crismale e la Messa in Cena Domini: la riflessione del cardinale Arinze

    ◊   Domani mattina, alle 9.30, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Santa Messa Crismale. Nel pomeriggio, alle 17.30, nella Basilica di San Giovanni in Laterano darà inizio al triduo Pasquale con la Messa in Cena Domini. Durante il rito della lavanda dei piedi, l’assemblea sarà invitata ad un gesto di carità tramite l’offerta da affidarsi al Papa a sostegno di un orfanotrofio cubano. La Radio Vaticana seguirà in diretta i due eventi. Ma sul significato del gesto della “lavanda dei piedi” ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, intervistato da Giovanni Peduto:



    R. – La carità. Gesù dice ai suoi apostoli: “Vedete ciò che io ho fatto a voi? Se io, Maestro, lavo i vostri piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri”. Oggi, noi non laviamo i piedi a nessuno, nella nostra vita sociale; magari diamo un segno di benvenuto in casa, un segno di abbraccio, un bacio ... Nella nostra tradizione locale, in Nigeria, si porge l’acqua per lavarsi le mani e poi si porge la noce di cocco, quale segno di benvenuto. In ogni caso, la lavanda dei piedi è stato un segno di amore per gli altri, il fatto che Gesù si è umiliato: lui, il Maestro, si è inginocchiato per lavare i piedi agli Apostoli, i suoi primi sacerdoti, dicendo loro di continuare a fare così. Questo è collegato con l’Eucaristia. Giovanni, l’evangelista, non narra dell’istituzione dell’Eucaristia, ma parla della lavanda dei piedi. Sono collegati: la carità e l’Eucaristia. Deus caritas est ...

     
    D. – Nel Giovedì Santo celebriamo l’istituzione dell’Eucaristia; ma nella Messa deve prevalere più l’aspetto del sacrificio o quello della cena?

     
    R. – Tutti e due. L’Eucaristia come sacrificio è l’offerta che Gesù fa di se stesso a Dio Padre, e Gesù associa la Chiesa a se stesso. Ecco perché il sacrificio eucaristico è fonte e apice e punto più alto del culto cristiano. E’ in quel sacrificio che Gesù si dà a noi, nella Santa Comunione. Perciò, è tutto un atto di adorazione di Dio, di lode, di ringraziamento, e Gesù, poi, di rimando, ci dà il Suo Corpo e il Suo Sangue. Chi separa le due dimensioni fa male, perché non è così che Gesù ci ha detto. “Ecco il mio Corpo, che sarà dato per voi. Prendete e mangiate”: tutta una unità. Il ricevere il Corpo e il Sangue di Gesù si fa nel sacrificio! Senza la Messa non c’è la Santa Comunione: chiaro!

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Fukuoka (Giappone) mons. Dominic Ryõji Miyahara, finora vescovo di Oita.

    Ha quindi accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rio do Sul (Brasile), presentata da mons. José Jovêncio Balestieri, salesiano, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Augustinho Petry, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.

    Benedetto XVI ha nominato vescovo di Ciudad Quesada (Costa Rica) mons. Oswaldo Brenes Álvarez, del clero della diocesi di Tilarán, finora vicario generale e parroco dell’ "Inmaculada Concepción" a Bocas de Nosara. Mons. Oswaldo Brenes Álvarez è nato a Liberia, nella diocesi di Tilarán, il 5 agosto 1942. Ha compiuto gli studi sacerdotali nel Seminario Maggiore Centrale a San José. E’ stato ordinato sacerdote il 18 dicembre 1966, per il clero della diocesi di Tilarán.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Świdnica (Polonia) il rev. Adam Bałabuch, finora vicario generale e rettore del Seminario Maggiore della medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Aurusuliana. Il rev. Adam Bałabuch è nato il 13 aprile 1961 a Ścinawka Średnia. Dopo aver superato gli esami di maturità, nel 1980 è entrato nel Seminario Maggiore di Wrocław. È stato ordinato sacerdote il 24 maggio 1986 per l’arcidiocesi di Wrocław.

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    Il Papa festeggia l'onomastico: la grandezza di San Giuseppe risalta ancor più per la sua umiltà e il suo silenzio

    ◊   Oggi, 19 marzo, Papa Josef Ratzinger festeggia il suo onomastico, anche se quest’anno liturgicamente la Solennità di San Giuseppe è stata anticipata al 15 marzo a causa della Settimana Santa. San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, è un Santo molto caro a Benedetto XVI. Riascoltiamo, in questo servizio di Sergio Centofanti, alcune parole del Papa sullo sposo della Beata Vergine Maria.

     
    “La figura di questo grande Santo – ha detto il Papa nell’Angelus del 19 marzo 2006 - pur rimanendo piuttosto nascosta, riveste nella storia della salvezza un'importanza fondamentale”. San Giuseppe si dimostrò infatti, “al pari della sposa Maria, autentico erede della fede di Abramo: fede nel Dio che guida gli eventi della storia secondo il suo misterioso disegno salvifico”:

     
    “La sua grandezza, al pari di quella di Maria, risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento della casa di Nazaret. Del resto, Dio stesso, nella Persona del suo Figlio incarnato, ha scelto questa via e questo stile - l'umiltà e il nascondimento - nella sua esistenza terrena”. (Angelus del 19 marzo 2006)
     
    “Dall'esempio di San Giuseppe – sottolinea Benedetto XVI - viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”:

     
    “Penso anzitutto ai padri e alle madri di famiglia, e prego perché sappiano sempre apprezzare la bellezza di una vita semplice e laboriosa, coltivando con premura la relazione coniugale e compiendo con entusiasmo la grande e non facile missione educativa”. (Angelus del 19 marzo 2006).

     
    Il Papa affida a San Giuseppe i lavoratori di tutto il mondo, i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro e tutti i disoccupati. E chiede la sua intercessione perché i sacerdoti amino la Chiesa “con affetto e piena dedizione” e perché sostenga le persone consacrate nella loro gioiosa e fedele osservanza dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. “Modello dell’uomo giusto”, i Vangeli tuttavia non riportano alcuna parola di San Giuseppe. E il Papa parla del silenzio di San Giuseppe:

     
    “Il suo è un silenzio permeato di contemplazione del mistero di Dio, in atteggiamento di totale disponibilità ai voleri divini. In altre parole, il silenzio di San Giuseppe non manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed ogni sua azione…Lasciamoci ‘contagiare’ dal silenzio di San Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l'ascolto della voce di Dio”. (Angelus del 18 dicembre 2005)

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    Oggi in Primo Piano



    Grande partecipazione ai funerali di Chiara Lubich. Benedetto XVI: ha attuato in anticipo il pensiero dei Papi

    ◊   “Una generosa testimone di Cristo che si è spesa senza riserve” e che “aveva quasi la profetica capacità di intuire e di attuare in anticipo” il pensiero del Papa. E’ un passo del messaggio di Benedetto XVI letto dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ai funerali di Chiara Lubich, celebrati ieri pomeriggio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Rappresentanti del mondo cattolico ed esponenti di diverse denominazioni cristiane e delle altre grandi religioni hanno dato testimonianza di partecipazione e di amicizia. Migliaia i presenti per porgere alla fondatrice del Movimento dei Focolari l’ultimo saluto. Il servizio di Adriana Masotti.


    Oltre 20 mila persone, giunte anche da lontano, si sono raccolte dentro e fuori la Basilica di San Paolo per dare l’ultimo saluto a Chiara Lubich. Tanta la commozione ma soprattutto una profonda gratitudine per il dono che, attraverso Chiara Lubich, Dio ha fatto alla Chiesa e a tutta l’umanità e gratitudine a lei, per quanto ha dato con la sua vita. All’ingresso del feretro portato a spalla da alcuni focolarini, un applauso interminabile. Sulla bara di legno chiaro deposta davanti all’altare per terra su un tappeto, solo il Vangelo e tre garofani rossi, a ricordo di quei tre garofani che Chiara aveva comprato nel giorno della sua consacrazione a Dio, ancora sola, il 7 dicembre del ’43. In mezzo alla sua famiglia spirituale, anche appartenenti ad altre realtà ecclesiali, cristiani di altre denominazioni e poi ebrei, musulmani, buddisti. Intense le parole rivolte da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio prima dell’inizio delle esequie:

     
    “Questo momento doloroso è l’occasione di stringersi accanto al Movimento dei Focolari, con tutto il cuore, ma anche di dire, dopo la sua morte, che il suo ideale è per tutti noi, almeno per me, una luce nel tempo che ci aspetta. Io sono convinto che Chiara crescerà in mezzo a noi. E mentre Chiara va in pace, noi tutti diciamo: ‘Grazie, Chiara!’”.

    E poi, tra le altre, la testimonianza resa dal monaco buddista della Thailandia, Pra Tongrathana:

    (parole in tailandese)
    “Io dico sempre, ai membri del Movimento, che mamma Chiara non appartiene più a voi cristiani solamente, ma ora lei ed il suo grande ideale sono eredità dell’umanità intera”.

    Insieme al segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, concelebrano 16 cardinali, oltre 40 vescovi e centinaia di sacerdoti. “Ora tutto è veramente compiuto”, esclama all’inizio della sua omelia il porporato:

    “Il sogno degli inizi si è fatto verità, l’anelito appassionato è appagato. Chiara incontra Colui che ha amato senza vedere e, piena di gioia, può esclamare: ‘Sì, il mio redentore è vivo!’”.

    Il segretario di Stato rinnova poi subito la partecipazione di Benedetto XVI al dolore dei focolarini, leggendo un suo messaggio:

    “Tanti sono i motivi per rendere grazie al Signore del dono fatto alla Chiesa in questa donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace, fondatrice di una vasta famiglia spirituale che abbraccia campi molteplici di evangelizzazione. Vorrei soprattutto ringraziare Iddio per il servizio che Chiara ha reso alla Chiesa, un servizio silenzioso e incisivo, in sintonia sempre con il magistero della Chiesa”.

    Benedetto XVI chiede poi alla Vergine Maria di aiutare la famiglia spirituale di Chiara “a proseguire sullo stesso cammino contribuendo a far sì che (…) la Chiesa sia sempre più casa e scuola di comunione.

     
    Il secolo XX, continua nella sua omelia il porporato, è stato il secolo dove sono nati nuovi Movimenti ecclesiali, e Chiara Lubich trova posto in questa costellazione con un carisma che le è del tutto proprio:

    “Suscita persone che siano esse stesse amore, che vivano il carisma dell’unità e della comunione con Dio e con il prossimo; persone che diffondano 'l’amore – unità' facendo di se stessi, delle loro case, del loro lavoro un 'focolare' dove ardendo l’amore diventa contagioso e incendia quanto sta accanto. Missione questa possibile a tutti, perché il Vangelo è alla portata di ognuno: vescovi e sacerdoti, ragazzi, giovani e adulti, consacrati e laici, sposi, famiglie e comunità, tutti chiamati a vivere l’ideale dell’unità: ‘Che tutti siano uno!’”.

    “A noi, specialmente ai suoi figli spirituali – conclude il cardinale Bertone – tocca il compito di proseguire la missione da lei iniziata. Dal Cielo, dove amiamo pensare che sia accolta da Gesù suo sposo, continuerà a camminare con noi e ad aiutarci”.

     
    Al termine della liturgia funebre per Chiara l’ultimo viaggio da Roma a Rocca di Papa per la sepoltura nella cappella del Centro internazionale dei Focolari. (Adriana Masotti, Radio Vaticana)

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    L’Opus Dei da 25 anni prelatura personale: intervista con il cardinale Julián Herranz

    ◊   L’Opus Dei celebra il 25.mo anniversario dell’erezione in Prelatura personale. L'Opera fondata da San Josemaría Escrivá de Balaguer, nel 1928, fu eretta infatti da Giovanni Paolo II in Prelatura personale con la Costituzione apostolica Ut sit, del novembre 1982, che divenne esecutiva il 19 marzo di 25 anni fa. L’Opus Dei, che conta 85 mila membri di cui 2 mila sacerdoti in oltre 60 Paesi, è la prima prelatura personale nella Chiesa cattolica. Un unicum sul quale si sofferma il cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, che per ventidue anni ha vissuto accanto al fondatore dell’Opus Dei. L’intervista al porporato è di Alessandro Gisotti:


    R. – Che cosa è una Prelatura personale? E’ una struttura di carattere apostolico e gerarchico che da una parte ha, come tanti altri movimenti e realtà ecclesiali, un laicato molto sfaccettato, uomini e donne, celibi e sposati, intellettuali e operai ... Però, insieme a questo ha un proprio clero, cioè sacerdoti provenienti dallo stesso laicato che si preoccupano della formazione dottrinale e dell’attenzione pastorale e sacramentale dei laici. Poi, c’è un prelato, un ordinario che ha una potestà di governo sull’insieme della realtà ecclesiale e apostolica. Queste prelature personali sono state volute dal Concilio, proprio per imprimere un dinamismo evangelizzatore alla Chiesa: c’è proprio un grandissimo dinamismo anche nelle forme di lavoro delle persone. Tutto questo richiede una elasticità e una forma nelle strutture pastorali e apostoliche, e a questo rispondevano le Prelature personali. L’Opus Dei è stata la prima.

     
    D. – Cosa colpiva in particolare Giovanni Paolo II dell’Opus Dei e del carisma di San Josémaria, tanto da volerne fare la prima Prelatura personale?

     
    R. – L’Opus Dei ha una forma di cooperare alla funzione evangelizzatrice della Chiesa che le è propria, che Giovanni Paolo II, come anche i suoi predecessori, stimavano molto: quello che è il carisma più specifico dell’Opus Dei, cioè la santificazione del lavoro ordinario, cioè di trovare nel lavoro di tutti i giorni, nella quotidianità in cui tutti gli uomini e donne sono chiamati, non soltanto il luogo d’incontro con Cristo, ma anche un’occasione apostolica per far penetrare il messaggio di Cristo, il Vangelo, nella vita quotidiana degli uomini. Aprire le porte, le porte della propria anima, le porte del matrimonio, della famiglia, della cultura, della scienza, dello sport, della politica, di tutta l’esistenza umana a Cristo. Lo stesso Cristo, Dio quando si è incarnato, lo ha dimostrato. Lui ha voluto redimere il mondo attraverso il lavoro nella bottega di Giuseppe, ha lavorato come tutti gli uomini. Cristo è presente nella stessa realtà esistenziale dell’uomo, della società, del mondo, in tutte queste realtà da cui alcuni vorrebbero cacciarlo via.

     
    D. – Il 2 ottobre prossimo, l’Opus Dei celebrerà l’80.mo della sua fondazione. Con quale spirito e con quali prospettive?

     
    R. – Come sempre avviene nella Chiesa, ogni volta che si deve fare una commemorazione, non ci si vuole "osannare" reciprocamente ... questo appartiene al terreno della vanità. Piuttosto, con animo grato, perché le cose di Dio è Dio che le fa, è la grazia di Dio che fa camminare la Chiesa nel mondo e le istituzioni della Chiesa. L’Opus Dei non è altro che una tra tantissime altre istituzioni della Chiesa, funziona con la grazia di Dio. Io credo che la disposizione che tutti i membri dell’Opus Dei avranno quando si avvicinerà quella data sarà quella della gratitudine al Signore e anche dell’umiltà di continuare a pregare che non manchi questa grazia di Dio.

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    Chiesa e Società



    Visita in Irlanda del Nord della Regina Elisabetta II

    ◊   La regina Elisabetta II e' giunta ieri sera in Irlanda del Nord per una visita di tre giorni. Una visita che coincide con i dieci anni dal raggiungimento del cosiddetto “Accordo del Venerdi' santo”, che il 10 aprile 1998 aveva posto fine alle violenze tra Unionisti e Repubblicani. “Si tratta di una visita storica di enorme importanza”, ha detto il ministro per l'Irlanda del Nord, Shaun Woodward, accogliendo la sovrana a Belfast e che domani culminerà con uno storico servizio religioso ecumenico nella cattedrale di San Patrizio ad Armagh. “E’ stata la Regina stessa a volere che questa cerimonia del Giovedì Santo comprendesse, oltre ai cattolici, anche metodisti e presbiteriani e diventasse una funzione ecumenica molto importante per l’Irlanda del Nord”, afferma l’arcivescovo anglicano di Armagh, Alan Harper, commentando la decisione della sovrana di trasferire l’antica funzione per la prima volta nella cattedrale anglicana di St. Patrick, in Irlanda del Nord. Alla cerimonia di domani parteciperanno anche il Primate cattolico d’Irlanda, cardinale Sean Brady e rappresentanti delle Chiese metodiste e presbiteriane. La funzione, durante la quale la Regina distribuirà borsellini con denaro a 164 rappresentanti delle quattro denominazioni cristiane, risale al 1300. In passato, il sovrano lavava i piedi dei sudditi invitati. Nel 1633, dopo la Riforma protestante, la lavanda dei piedi è stata sostituita con la distribuzione di borsellini di denaro coniato per l’occasione. Secondo l’arcivescovo Alan Harper, “è significativo che una funzione come quella del Giovedì Santo, costruita sulla virtù dell’umiltà, diventi un'occasione ecumenica”. (R.P.)

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    L'Iraq al centro della Giornata di preghiera per i missionari martiri

    ◊   “Hanno versato il sangue per noi e per tutti, trasformando la sofferenza in amore e la morte in vita”: sono i 21 missionari martiri, tra cui sacerdoti, religiosi e seminaristi uccisi nel 2007. Verranno ricordati il 24 marzo, nella XVI Giornata di preghiera e di digiuno in loro memoria, promossa dal Movimento giovanile missionario (MGM) delle Pontificie Opere Missionarie, sul tema “... per voi e per tutti”. “Il martirio dei missionari – spiega all’agenzia Sir Rocco Negri, segretario nazionale del MGM – è un dono, un’espressione concreta del progetto d’amore che Dio ha per l’umanità”. Anche se inspiegabile agli occhi del mondo, "il loro martirio è certamente seme che farà rifiorire la pace”. La testimonianza dei missionari martiri - aggiunge Negri - “ci stimola a ripensare alla nostra vita, al nostro essere cristiani, alla coerenza delle nostre scelte”. Nel 2007 il Paese con il maggior numero di vittime, tra i religiosi cristiani, è stato l’Iraq, dove sono stati uccisi padre Raghiid Ganni, i subdiaconi Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wahid Hanna e l’arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Paulos Faraj Rahho. Proprio al Paese del Golfo è dedicato, quest’anno, il progetto di solidarietà promosso durante la Giornata del 24 marzo. L’obiettivo è di completare un centro pastorale per giovani e adolescenti. (A.L.)

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    Emergenza fame in Etiopia: decessi per stenti in Oromia

    ◊   Non migliora la situazione alimentare in Oromia, vasta zona estesa dall’est al sud-ovest dell'Etiopia e popolata da circa 25 milioni di abitanti sottoposti a un lungo periodo di siccità: secondo dati della commissione nazionale per la prevenzione dei disastri, sono più di 470.000 le persone colpite da grave insicurezza alimentare nella regione. Particolarmente affetta è la zona di Borana, riferisce l'Agenzia Misna, dove, secondo l’amministrazione locale, almeno undici persone, tra cui bambini, sono morti di stenti nelle ultime settimane. Circa 88.000 persone hanno potuto ricevere aiuti alimentari a gennaio a Borana e Bale ma molti hanno ancora bisogno di un sostegno urgente. La crisi alimentare non riguarda soltanto l’Oromia: secondo dati di organizzazioni internazionali, si stima che circa otto milioni di etiopi (su un totale di oltre 74 milioni) sono in una condizione di insicurezza alimentare cronica e un numero significativo soffre di carenze alimentari acute. (R.P.)

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    Somalia: riaperto l'ospedale ‘Sos Kinderdorf’ di Mogadiscio

    ◊   Dopo una chiusura per motivi di sicurezza durata oltre tre mesi, nei giorni scorsi ha riaperto i battenti l’ospedale materno-pediatrico del “Villaggio” dei bambini “Sos Kinderdorf” a Mogadiscio. Solo nel primo giorno di attività sono stati curati 95 pazienti e sono nati sei bambini all’interno della struttura. Secondo l’agenzia Misna, servirà invece ancora qualche mese per far tornare bambini e mamme nel villaggio vero e proprio, situato dall’altra parte della strada, danneggiato nel dicembre scorso, durante massicci bombardamenti tra le forze del governo di transizione appoggiate da truppe etiopiche e i miliziani ostili alle nuove istituzioni somale. Il Villaggio ‘Sos Kinderdorf’ di Mogadiscio è nato nel 1985 e quattro anni dopo è stato aperto l’ospedale materno-pediatrico a esso collegato e impegnato anche in altri servizi umanitari. Prima di dicembre, la struttura non era mai stata coinvolta nei combattimenti, nè durante gli scontri del 1991, che portarono alla caduta del dittatore Siad Barre, nè nella successiva guerra civile. Nel 2003 l’ospedale, gestito sul posto dalle suore italiane missionarie della Consolata, aveva aperto una scuola per infermieri, dove lavorava anche suor Leonella Sgorbati, la missionaria uccisa nel settembre 2006 da ignoti mentre attraversava la strada che divide l’ospedale e il Villaggio dei bambini. (M.G.)

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    30 milioni di euro dall’UE per combattere la siccità nel Corno d’Africa

    ◊   La Commissione Europea ha stanziato 30 milioni di euro per aiutare le popolazioni del Corno d’Africa a fronteggiare la piaga della siccità. A beneficiare dell’aiuto saranno soprattutto pastori nomadi e seminomadi di sette Paesi (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan e Uganda). Il nuovo finanziamento – rende noto il quotidiano della Santa Sede, ‘L’Osservatore Romano’ - si aggiunge a quelli già stanziati dall’Unione Europea a partire dal 2005. Gli aiuti sono destinati soprattutto ad iniziative transfrontaliere: la siccità è infatti un problema che oltrepassa i confini nazionali. Nell’area del Corno d’Africa, in particolare, il cambiamento climatico e la diminuzione delle precipitazioni sono tra le cause del processo di desertificazione. Tra gli obiettivi del nuovo finanziamento da parte dell’Unione Europea, ci sono la conservazione ed una migliore cartografia delle sorgenti d’acqua. Altre priorità sono la fornitura di attrezzature per preservare la qualità dell’acqua e il miglioramento dell’accesso ai pascoli. Il piano dell’Unione Europea prevede anche campagne di vaccinazione per uomini e animali ed il miglioramento dei sistemi di bonifica. Tali progetti umanitari verranno affidati ad organizzazioni non governative, ad agenzie specializzate dell’ONU, alla Croce Rossa e alla Mezza Luna Rossa. (A.L.)

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    La fede, la Chiesa e l’uomo nell’intervento del cardinale Poupard in un convegno a Lodi sull’Europa

    ◊   Il contributo della Chiesa e delle religione nella costruzione di una nuova Europa unita. E’ questo in estrema sintesi il cuore dell’intervento del presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, cardinale Paul Poupard, al convegno “Il sogno dei padri dell’Europa è ancora attuale? Il cammino europeo di fronte alla cultura moderna”, tenutosi ieri sera a Lodi. “Se la Chiesa ritiene non essere sua competenza pronunciarsi in favore di un tipo specifico di sistema politico per l’Europa, tuttavia sente il bisogno di ricordare che ogni progetto politico” deve “essere al servizio del bene comune”, ha spiegato nel discorso ripreso dal Sir il cardinale Poupard, aggiungendo che “l’Europa non saprà costruirsi su un semplice sistema di mercato. Essa esige una volontà politica fondata su un insieme di valori comuni che nel corso dei secoli ne hanno arricchito il patrimonio culturale condiviso”. “Per questo – ha ribadito il cardinale Poupard - non possiamo lasciare fuori della porta della Casa europea le religioni” e “il silenzio nella Carta costituzionale europea sull’azione positiva” di queste ultime “è un’afasia aggiunta ad un’amnesia riduttiva”. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha poi voluto precisare che “la Chiesa non pretende certo la direzione degli affari degli Stati”, e riconosce la “giusta separazione dei poteri” considerando “la laicità come la garanzia della libertà di coscienza di tutti i cittadini”. Il cardinale Poupard si è quindi soffermato sulle difficoltà incontrate nella “costruzione della nuova Europa”, realtà ancora “in cammino”, che si sta dimostrando come “un’istituzione verticistica e burocratica che non riesce a far amare ai cittadini il progetto unitario europeo”. Secondo il porporato, essa sta oggi attraversando una crisi “che non si esaurisce nelle sue manifestazioni economiche, sociali e ideologiche” ma è anzitutto “di tipo culturale, cioè spirituale”; per questo occorre rimettere al centro l’uomo, “cuore del cristianesimo e del progetto europeo, perché è solo lui che può aprire le vie del futuro”, e “l’unica battaglia che vale davvero la pena combattere, è la battaglia in favore dell’uomo”. Tuttavia il cardinale Poupard ha detto che di fronte alle sfide posta dalla cultura odierna “non c’è spazio per l’apatia e il disimpegno”e infine ha esortato a non “cedere alla paura o al pessimismo” ma piuttosto a “coltivare l’ottimismo e la speranza”, perché “il destino di una società dipende sempre da una minoranza capace di credere”. (M.G.)

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    Bolivia: il cardinale Terrazas disponibile a facilitare il dialogo tra governo e opposizione

    ◊   “Mi auguro che la Settimana Santa sia per tutti noi non solo una pausa del conflitto, ma soprattutto, uno slancio di rivitalizzazione della nostra fede”: lo ha dichiarato l’arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, cardinale Julio Terrazas Sandoval, presidente della Conferenza episcopale della Bolivia, parlando ieri con la stampa. Il porporato ha anche confermato di aver accettato, su richiesta delle parti, di lavorare per “facilitare il dialogo nazionale tra governo e opposizione”. Dopo un colloquio con il presidente boliviano Evo Morales, il cardinale si è infatti dichiarato disponibile ad impegnarsi in favore di un incontro tra le autorità governative e quelle dei nove Dipartimenti amministrativi in cui è suddiviso il Paese. L’obiettivo è di ridurre tensioni e discussioni: da molti mesi, in Bolivia, si susseguono polemiche su questioni economiche come le tasse e i proventi della vendita degli idrocarburi. Proprio su alcune di queste tematiche sono previsti, il prossimo 4 maggio, diversi referendum. Si voterà anche per approvare, o respingere, la nuova Carta costituzionale elaborata dall’Assemblea costituente. “Il Santo Padre - ha ricordato il cardinale Terrazas - ci chiede di essere persone consapevoli del momento che viviamo”. “Vogliamo dei cambiamenti - ha aggiunto - ma con lo stile di Gesù”. Per il cardinale, “occorre dunque aprire le tombe degli egoismi e degli scontri”. Mons. Jesús Juárez Párraga, segretario della Conferenza episcopale boliviana, ha spiegato inoltre che la Chiesa sta preparando il cammino del dialogo affinché possa dare dei frutti concreti e immediati. “Occorre procedere con cautela - ha aggiunto il presule - poiché il dialogo non può fallire: chiediamo a tutti un clima di apertura, di rinuncia ad ogni atteggiamento egoistico”. Mons. Juárez Párraga ha sottolineato, infine, che è necessario anche “purificare i cuori perché il dialogo sia sincero e si concluda positivamente”. Secondo il segretario della Conferenza episcopale boliviana, si devono “creare le condizioni perché i fratelli si tornino a stringere le mani, svuotando i propri cuori da ciò che li divide”. (A cura di Luis Badilla)

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    Appello di Amnesty International per la scarcerazione dei dissidenti cubani

    ◊   Amnesty International è tornata a chiedere a gran voce il rilascio di 58 dissidenti del regime comunista cubano ancora in carcere. L’organizzazione per i diritti umani si è rivolta alle nuove autorità dell’isola, a cinque anni dalla più ampia repressione contro gli oppositori politici. “L’unico reato commesso da queste 58 persone è stato il pacifico esercizio delle libertà fondamentali. Amnesty International ritiene siano prigionieri di coscienza e chiede il loro rilascio immediato e incondizionato”, ha dichiarato Kerrie Howard, vicedirettrice del Programma Americhe di Amnesty International, citato dal Sir. Appena un mese fa, l’organizzazione aveva espresso apprezzamento per il rilascio di quattro prigionieri di coscienza e la firma, da parte di Cuba, del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Azioni che secondo Kerrie Howard fanno sperare nell’apertura di una nuova stagione politica: “Il nuovo presidente cubano, Raul Castro, deve dare continuità ai recenti passi avanti, affrontando alcune delle questioni più urgenti relative alla situazione dei diritti umani nel paese, tra cui la revisione giudiziaria di tutte le sentenze emesse al termine di processi iniqui, l’abolizione della pena di morte e l’introduzione di misure per garantire la libertà d’espressione e l’indipendenza della magistratura”. Dei 58 prigionieri di coscienza, fa sapere ancora Amnesty, figura Marcelo Cano Rodríguez, oppositore politico e difensore dei diritti umani, arrestato a Las Tunas il 25 marzo 2003, mentre stava indagando sull’arresto di un altro dissidente, Jorge Luís García Paneque. È stato condannato a 18 anni per aver visitato prigionieri e incontrato le loro famiglie per conto della Commissione cubana dei diritti umani e aver tenuto rapporti con l’organizzazione internazionale Medici senza frontiere. È attualmente detenuto nel carcere Ariza di Cienfuegos, a 250 chilometri di distanza dal suo domicilio nella capitale L’Avana, cosa che rende difficili le visite dei familiari. (M.G.)

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    I costi della guerra in Iraq

    ◊   Alla vigilia del quinto anniversario dell’intervento militare in Iraq, continuano ad essere ingenti i costi sostenuti dall’amministrazione statunitense per finanziare le operazioni belliche nel Paese arabo. Secondo l’economista e scienziato indiano Rajendra Pachauri, intervenuto ad una conferenza sul mercato del carbone tenutasi a Copenaghen, il governo americano potrebbe effettuare una serie di importanti interventi con le somme di denaro previste per le spese militari nell’arco di un mese in Iraq: si potrebbe assicurare, in particolare, l’elettricità ad un miliardo di persone, circa un sesto della popolazione mondiale. Per l’amministrazione americana, colpita negli ultimi mesi da una situazione economica interna allarmante, si prospetta complessivamente un bilancio pesantissimo: secondo i calcoli dell’economista americano Joseph Stigliz, la guerra nel Paese del Golfo costerà oltre 3000 miliardi di dollari. Quello iracheno - sottolinea l'agenzia Misna - si conferma, quindi, il conflitto più costoso della storia americana dopo la seconda Guerra mondiale. Con un terzo delle spese stimate si sarebbe potuto finanziare, secondo Stiglitz, la costruzione di otto milioni di case, il reclutamento di 15 milioni di docenti, la fornitura di cure per oltre 530 milioni di bambini e l’assegnazione di borse di studio per 43 milioni di giovani. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Lourdes e 150 anni di miracoli nella testimonianza del dottor Patrick Theillier, il medico che indaga sulle guarigioni

    ◊   "Il vero miracolo di Lourdes, da 150 anni a questa parte è quello della fede, il saper riconoscere Dio che agisce nella storia". E’ la testimonianza del dottor Patrick Theillier, responsabile del Bureau Medical di Lourdes che indaga sui miracoli che vengono attribuiti all’intercessione della Madonna. Sono 67 i miracoli riconosciuti dalla Chiesa in questi 150 anni. Nel suo colloquio con il vaticanista Andrea Tornelli, il dott.Theillier ha parlato delle procedure rigorose e insieme difficili per arrivare a riconoscere un miracolo come tale. In un secolo e mezzo il progresso della medicina ha reso più difficile, ad esempio, mettere insieme la documentazione attorno ad una guarigione inspiegabile. Da sempre poi bisogna lottare contro un’interpretazione positivista che esclude a priori la possibilità di un intervento diretto di Dio sul corso degli eventi. "Il miracolo non contraddice però la natura – a sostenuto il dott.Theillier – ma piuttosto contraddice la conoscenza che noi ne abbiamo; per dirla con Sant’Agostino, l’azione di Dio non è mai rumorosa; le guarigioni più frequenti a Lourdes sono quelle interiori, quelle spirituali. Lo stesso messaggio della Vergine a Bernadette è conversione, penitenza, necessità di vivere in un mondo di grazia, che è poi quello che cercano i milioni di pellegrini che ogni anno si recano nella cittadina dei Pirenei". “Lourdes” ha concluso Theillier, “continuerà a meravigliarci anche nel XXI secolo”. (A cura di Fabio Brenna)

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    Germania: la diocesi di Limburg protesta contro l’apertura prolungata dei negozi prevista per Giovedì Santo

    ◊   L’apertura prolungata degli esercizi commerciali prevista per Giovedì Santo a Limburg e a Francoforte è al centro delle proteste del movimento dei lavoratori cattolici (KAB) della diocesi di Limburg. In un comunicato diffuso ieri e ripreso dal Sir, il KAB esprime contrarietà verso la “svendita dei valori cristiani perpetrata con l’apertura prolungata dei negozi il Giovedì Santo”. Il movimento invita i consumatori anche al boicottaggio: “Basta con lo shopping notturno nella sera del Giovedì Santo”. “I lavoratori vengono così privati di un tempo comune di preparazione alla festa pasquale”, si spiega nella nota. “Proprio per questa sera si doveva organizzare un’orgia degli acquisti? Evidentemente si è persa molta sensibilità nei confronti della fede cristiana”, aggiunge il parroco del Duomo di Limburg, monsignor Wolfgang Pax. Anche l’assemblea diocesana della diocesi di Limburg, la direzione dell’associazione cittadina dei cattolici di Francoforte e molti singoli fedeli della diocesi hanno condannato l’apertura prolungata. Il centro commerciale in cui si trovano i negozi aperti fino a notte ha reagito alle proteste annullando uno spettacolo pirotecnico previsto per l’occasione. I negozi, tuttavia, resteranno aperti fino a tardi. (M.G.)

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    Scelti i dieci patroni della GMG di Sydney 2008

    ◊   Sono dieci i patroni scelti dal Comitato organizzatore per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2008, prevista a Sydney dal 15 al 20 luglio prossimi. Tra questi, ci sono la protettrice d’Australia, Nostra Signora della croce del Sud, Santa Teresa di Lisieux e Santa Maria Goretti. Tra le donne, ci sono anche Faustina Kowalska, la prima Santa del terzo millennio e la beata madre Teresa di Calcutta, che ha dedicato la propria vita ai poveri. Tra i patroni della GMG - rende noto l'agenzia Sir - c’è inoltre la prima australiana ad essere stata beatificata in Australia, Mary McKillop. A loro si aggiungono altre figure straordinarie, tra cui il servo di Dio Giovanni Paolo II ed il missionario francese martire nelle isole Wallis e Fortuna, San Pietro Chanel. Concludono la schiera di patroni della GMG, i beati Pier Giorgio Frassati, giovane studente testimone con parole e opere della fede in Cristo e Pietro To Rot, martirizzato in un campo di concentramento giapponese alla fine della Seconda Guerra Mondiale. “Quando si è trattato di decidere chi dovessero essere i protettori di questa GMG – spiega il vescovo coordinatore di Sydney 2008, mons. Anthony Fisher – abbiamo focalizzato la nostra attenzione su figure che avrebbero potuto ispirare i giovani. Non solo santi ma anche beati, e non solo figure conosciute in Australia e Oceania. Esortiamo quindi tutti i giovani a conoscere la storia di queste figure e a pregare perché intercedano per la GMG”. (A.L.)

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    Riapre lo “Scoglio” di Roccaporena, luogo simbolo della vita di santa Rita da Cascia

    ◊   Lo “Scoglio” di santa Rita, uno dei luoghi simbolo della devozione della "santa degli impossibili", da domani tornerà raggiungibile a piedi per tutti i pellegrini. Il pinnacolo roccioso di circa 120 metri d’altezza, che sovrasta Roccaporena , frazione di Cascia in provincia di Perugia, fu reso inaccessibile dalla protezione civile due anni fa a seguito del distacco di due grandi massi che richiese diversi controlli per verificare la staticità di questa memoria naturale legata a santa Rita. Roccaporena è il paese natale della santa, dove fu ucciso suo marito e scoppiò la faida di vendetta che Rita riuscì a fermare armata solo della sua preghiera. Il Paese fu anche il teatro della morte dei suoi due figli e lo “Scoglio” fu rifugio segreto che raccolse le sue lacrime. “Nella giornata di domani – spiega padre Giafrancio Casagrande, rettore della basilica di Cascia sentito da Avvenire – alla presenza delle autorità civili e religiose, lo scoglio diventerà accessibile a tutti coloro che vorranno percorrerlo meditando il mistero della Passione del Signore che fu anche la passione di santa Rita”. Il rettore della basilica di Cascia ha poi riferito che per la giornata di Venerdì Santo si rievocherà la “Memoria della Spina” con una processione che si snoderà all’interno del monastero fino al crocefisso davanti al quale Rita ricevette nel 1432 la stigmata sulla fronte. Padre Casagrande ricorda infine che da 50 anni, in vista della festa di santa Rita a maggio, Cascia viene gemellata con un luogo particolarmente bisognoso di riconciliazione; quest’anno sarà Palermo, la cui amministrazione insieme a quella della regione Sicilia, donerà una fiaccola della fede che arderà davanti al corpo della Santa nella basilica cascina. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tibet: il Dalai Lama lancia un appello alla Cina per la ripresa del dialogo

    ◊   Accanto alle parole del Papa sul Tibet, espresse oggi all'udienze generale, c’è anche l’appello lanciato oggi dal Dalai Lama che ha invitato la Cina a riprendere il dialogo sospeso due anni fa. Il leader buddhista, nel corso di un incontro con i rappresentanti più intransigenti della comunità tibetana, si è impegnato per una soluzione non violenta della crisi. Intanto, Pechino rende nonto che a Lhasa la situazione sta tornando alla normalità. Il nostro servizio:


    Vivo apprezzamento per le parole del Papa è stato espresso dai buddhisti italiani. L’appello di Benedetto XVI giunge nel giorno in cui anche il Dalai Lama si è rivolto alla Cina sottolineando come vivere fianco a fianco significhi confrontarsi e stabilire un dialogo. I negoziati sul Tibet sono fermi da due anni e per il leader spirituale buddhista è giunto il momento di “guardare a lungo termine”. “I cinesi - riferisce uno stretto collaboratore del Dalai Lama - non risolveranno mai la questione inviando le truppe: la soluzione è di metterci uno di fronte all'altro”. Parole riferite anche alle cinque organizzazioni tibetane più intransigenti, incontrate oggi in India, che chiedono il proseguimento della lotta fino ad ottenere l’indipendenza dalla Cina. Una posizione che non è condivisa dal Dalai Lama, fedele invece al principio della non-violenza, e soprattutto favorevole ad un’autonomia del Tibet. Dalla Cina rimbalzano intanto le dichiarazioni del segretario del Partito comunista del Tibet, che ieri ha parlato di una “lotta per la vita o la morte” con il Dalai Lama che, sempre ieri aveva annunciato le sue dimissioni di fronte ad un degenerare della situazione. Intanto, secondo Pechino, a Lhasa si torna alla normalità: oltre cento persone si sarebbero consegnate dopo la scadenza dell’ultimatum. E mettere fine alle violenze è la richiesta avanzata al premier cinese, Wen Jiabao, e dal premier britannico, Gordon Brown, che ha annunciato un incontro con il Dalai Lama durante la prossima visita del leader spirituale tibetano a Londra. "Human Rigth Watch", in un comunicato di oggi, chiede a Pechino di “permettere immediatamente” a osservatori indipendenti di accedere ai numerosi tibetani arrestati nei giorni scorsi. Sulla stessa linea Amnesty International che, sul proprio sito, ha lanciato un appello in favore di 15 monaci tibetani fermati il 10 marzo scorso e dei quali non si hanno più notizie. Riguardo alle prossime Olimpiadi, che alcuni vorrebbero boicottare, la Cina ha confermato il passaggio della fiaccola olimpica in Tibet che sarà accesa lunedì in Grecia. Soddisfatto il CIO, il Comitato olimpico internazionale, che aveva chiesto il rispetto dei programmi perché la torcia dei Giochi rappresenta “un potente simbolo che - avevano detto gli organizzatori - porta i popoli del mondo a superare le loro divergenze".

     
    Iraq
    Non si placa l’ondata di violenza in Iraq. Una donna si è fatta saltare in aria nelle vicinanze di Baghdad vicino ad un bus. Quattro i morti e 12 i feriti. L’esplosione di due ordigni a Hilla ha provocato la morte di due donne. Tre poliziotti iracheni sono stati poi uccisi per errore a Kirkuk da militari statunitensi. Il fatto cade nel giorno in cui il presidente americano Bush, in un discorso al Pentagono, difenderà la sua decisione di intervenire nel Paese del Golfo. Secondo fonti di stampa, il capo della Casa Bianca, a cinque anni dall’inizio del conflitto, mostrerà i risultati della strategia, lanciata un anno fa, riguardante la sicurezza a Baghdad.

    Afghanistan
    Nuove perdite in Afghanistan. Resta incerto il bilancio di un raid americano nella provincia di Khost. Secondo alcune fonti, sei civili tra questi due bambini sarebbero morti nell’azione, per il comando americano avrebbero perso la vita solo una donna e un ragazzo. Intanto, ieri a Kabul diverse persone sono rimaste ferite in una sparatoria avvenuta nel carcere di massima sicurezza.

    Medio Oriente
    Storico discorso ieri della cancelliera tedesca, Angela Merkel, alla Knesset, in occasione dei 60 anni dalla nascita di Israele. Parlando in ebraico, la Merkel ha salutato i deputati e poi ha condannato il lancio di razzi Qassam da parte delle milizie palestinesi. Inoltre, ha definito “devastanti” le conseguenze per l’intera area se l’Iran dovesse dotarsi di una bomba atomica. Sulla stessa linea, il candidato repubblicano alla Casa Bianca, John McCain, in visita a Gerusalemme, che oggi sorvolerà la Cisgiordania, accompagnato dal ministro della difesa Ehud Barak.

    USA-Russia-scudo spaziale
    All’indomani del mancato accordo sullo scudo spaziale tra Russia e Stati Uniti, fonti vicine al Ministero degli esteri di Mosca hanno riferito che la delegazione americana non aveva fornito alcuna proposta scritta riguardo all’installazione antimissile, nonostante il segretario alla Difesa americano, Gates, avesse promesso di formalizzarla.

    Russia
    In preparazione, in Russia, manifestazioni di dissenso per l’insediamento del neo presidente, Dmitri Medvedev, programmato per il 7 maggio. Ad organizzarle i leader del movimento d’opposizione “Altra Russia” di cui fa parte l’ex campione mondiale di scacchi, Garry Gasparov.

    Kosovo
    Bulgaria, Croazia e Ungheria, in una nota congiunta, hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia. Un passo che segue quello di ieri del Canada, segnato dalla tensione con Belgrado che ha richiamato in patria l’ambasciatore. Intanto, a Mitrovica sembra tornare la calma dopo gli scontri tra le forze NATO e ONU ed i manifestanti serbi, costati la vita ad un agente ucraino.

    Cipro
    Si fa sempre più concreta l’ipotesi di una riunificazione di Cipro. Il nuovo presidente greco cipriota, Demetris Christofias, ha dichiarato di essere pronto a cercare con la controparte turco cipriota una soluzione che consenta di superare le difficoltà nate dalla divisione avvenuta nel 1974, quando i turchi invasero il nord di Cipro, in risposta al colpo di Stato compiuto a Nicosia da militari nazionalisti all’epoca del regime greco dei “colonnelli”. Attualmente, la Repubblica turco-cipriota non è riconosciuta internazionalmente, se non dalla sola Turchia, per la quale la questione cipriota costituisce al momento un serio ostacolo nelle trattative per entrare nell'Unione Europea, a cui invece aderisce la parte greca. Ma quali speranze ci sono che il dialogo prosegua in modo proficuo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Furio Morroni, responsabile dell’Ansa di Atene:


    R. - Le speranze ci sono e, come in genere si dice in questi casi, c’è una "finestra" di opportunità. Resta da vedere quando si incontreranno finalmente Christofias e il leader turco-cipriota, Talat, quello che uscirà fuori. Tutti si attendono, intanto, l’annuncio simbolico della riapertura dello storico transito di Ledra Street, la “via bene” di Nicosia, che da quasi 40 anni è tagliata in due da un posto di blocco militare. Il problema è vedere se poi effettivamente si arriverà a rilanciare i negoziati perché i greco-ciprioti vorrebbero una soluzione bi-zonale e federale per riunificate quest’isola; i turco-ciprioti, da parte loro, preferirebbero una confederazione. A questo, bisogna aggiungere invece quello che vorrebbe Ankara, che pare decisamente orientata per la divisione netta dell’isola. Un riconoscimento internazionale della parte nord che, nel 1983 fu autoproclamata repubblica turca di Cipro del Nord, sarebbe una specie di annessione di una parte di Cipro alla Turchia, cosa che molti greco-ciprioti paventano perché se effettivamente così avvenisse, il confine della Turchia si sposterebbe all’interno di Cipro.

     
    D. - Come la gente dell’isola vive questa divisione, e soprattutto come vive la speranza di una riunificazione?

     
    R. - Ormai, la divisione è praticamente superata. I popoli si sono rincontrati, vivono di nuovo insieme, i turco-ciprioti vengono dalla parte sud per lavorare, i greco-ciprioti vanno nella parte nord per divertirsi. Il problema è solo dei governi. Per i popoli, l’isola è già riunificata. L’invasione e la guerra e il dolore sono stati superati.

    Kuwait-governo
    L’emiro del Kuwait ha dato il via libera allo scioglimento del parlamento, dopo le dimissioni in blocco di 16 membri del Consiglio dei ministri. Possibili nuove elezioni in maggio. Il Paese, che vanta il primo parlamento eletto nella regione del Golfo, ha sempre registrato forti tensioni tra il potere legislativo e quello esecutivo. Stavolta, le divergenze si sono avute sugli aumenti dei salari e sul piano di sviluppo economico.

    Somalia
    Continua a rimanere drammatica la crisi umanitaria in Somalia, dove gli incessanti combattimenti per il controllo della capitale hanno costretto alla fuga oltre ottocentomila civili. A testimoniarlo mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e presidente della Caritas locale, che non manca di sottolineare il contributo positivo dei numerosi appelli lanciati dal Papa in favore del Paese africano e l’importanza pratica di iniziative come quella della raccolta di offerte, lanciata un anno fa, proprio da Benedetto XVI in occasione della Messa del Giovedì Santo da lui celebrata in San Giovanni in Laterano. In quel caso, fu raggiunta la cifra di oltre 14 mila euro. Ma sentiamo mons. Bertin, raggiunto telefonicamente in Somalia da Kelsey Brennan-Wessels:


    R. - Questa somma ci ha dato la possibilità di continuare il lavoro del nostro dispensario per circa un mese e mezzo. Il gesto del Santo Padre ha aiutato altri ad aprire gli occhi, particolarmente i nostri partner, come i Catholic Relief Services, la Caritas italiana ed anche singoli individui. Riprendendo un po’ il tema della Messa crismale, in cui si dice che “lo Spirito del Signore è su di me, mi ha inviato ad annunciare la pace ai poveri, ad aprire gli occhi di coloro che sono ciechi”: ecco, questo gesto del Santo Padre ha aiutato molti occhi ad aprirsi, anche se non era una cecità fisica, quanto piuttosto una cecità basata magari sull’ignoranza o sul fatto che si è abituati a guardare certe cose e non altre. L’intervento del Santo Padre è stato molto importante per la nostra azione soprattutto perché ha risvegliato un po’ di più l’attenzione su quanto accade in Somalia.

    Timor Est-Ramos Horta
    E’ uscito da un ospedale australiano, a cinque settimane dall’attentato che lo ha colpito, il presidente di Timor Est, Jose Ramos Horta. Il premio Nobel per la Pace era stato ferito in un agguato contro la sua residenza a Dili compiuto da un gruppo di soldati ribelli. Nell’azione, gli insorti cercarono di colpire anche il premier, Xanana Gusmao, rimasto però illeso.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 79

     
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