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Sommario del 18/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Nomine
  • Pubblicate le meditazioni del cardinale cinese Zen Ze-Kiun che animeranno la Via Crucis al Colosseo di Benedetto XVI
  • Il cardinale Arinze sulla Settimana Santa: prepararsi con coscienza, perché nei misteri pasquali c'è il "cuore" del cristianesimo
  • Se vogliamo comprendere il peccato, dobbiamo restare davanti al Crocifisso: il pensiero del cardinale Angelo Comastri alla Messa pasquale per i dipendenti vaticani
  • Continua in un clima di "grande cordialità" il negoziato tra la Santa Sede e Israele per discutere il futuro accordo su questioni fiscali e proprietà della Chiesa in Terra Santa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Migliaia di persone in attesa della cerimonia funebre per Chiara Lubich nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, presieduta dal cardinale Bertone
  • I vescovi italiani al termine della plenaria: non diamo indicazioni politico-elettorali, ma chiediamo il rispetto dei valori etici
  • Il dramma dei profughi somali nello Yemen, in fuga dal conflitto interno nel Paese africano. Intervista con Laura Boldrini dell'ACNUR
  • Convegno a Roma tra la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, organismi di solidarietà che collaborano al di là delle diversità etniche e culturali
  • "La Pace: falla girare", un progetto di solidarietà dell'Azione Cattolica Ragazzi in favore dei bambini della Sierra Leone. Interviste con Mirko Campoli e Julio Velasco
  • Chiesa e Società

  • I vescovi dello Sri Lanka invitano a coltivare la speranza per porre fine al dramma della guerra civile
  • Rapporto ACNUR: raddoppiato il numero dei richiedenti asilo provenienti dall'Iraq
  • "Il martirio è il cuore del Vangelo": così mons. Paglia ricorda le figure del vescovo Romero e dell’arcivescovo Rahho
  • L’impegno dei vescovi boliviani per la riconciliazione nazionale
  • I presuli del Paraguay diffondono un documento sulle linee di azione pastorale e pubblicano un messaggio in vista delle prossime elezioni
  • I vescovi di Panama chiedono una corretta educazione alla sessualità
  • Somalia: bilancio positivo per il centro sanitario di Baidoa, punto di riferimento nel sud del martoriato Paese africano
  • Per la comunità cattolica cinese si conclude un’intensa Quaresima di preparazione con preghiere e opere di carità
  • I vescovi giapponesi chiedono l’unificazione dei seminari maggiori per ottimizzare le due strutture e fronteggiare la crisi delle vocazioni
  • Secondo un sondaggio, i russi credono in Dio e pensano che la Chiesa debba dare sostegno alla morale sociale
  • Regno Unito: trasmesso un discusso documentario che reinventa la crocifissione. I cristiani contro la scelta della BBC
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il Dalai Lama pronto a dimettersi in caso di nuove violenze in Tibet
  • Il Papa e la Santa Sede



    Nomine

    ◊   Nella Repubblica Democratica del Congo, Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Bondo il sacerdote Etienne Ung’eyowun, del clero di Mahagi-Nioka, segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale locale. Il neo presule, 48 anni, ha svolto gli studi di Filosofia presso il St. August di Kisangani e quelli di Teologia presso le Facoltà cattoliche di Kinshasa, come alunno nel Seminario universitario Jean-Paul II, nella medesima città. Ordinato sacerdote, ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di docente, assistente dell’economo generale della Diocesi di Mahagi-Nioka e di ricercatore presso l’Institute biblique di Friburgo.

    In Germania, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Würzburg presentata per raggiu ti limiti di età da mons. Helmut Bauer.


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    Pubblicate le meditazioni del cardinale cinese Zen Ze-Kiun che animeranno la Via Crucis al Colosseo di Benedetto XVI

    ◊   “Nello stendere il testo di queste meditazioni”, ho dovuto fare “grande sforzo per purificarmi dai sentimenti di poca carità verso quelli che hanno fatto soffrire Gesù e quelli che stanno facendo soffrire, nel mondo di oggi, i nostri fratelli”. Sono le parole che il cardinale arcivescovo di Hong Kong, Jospeh Zen Ze-Kiun, pone nell’introduzione alle meditazioni scritte per la Via Crucis al Colosseo del prossimo Venerdì Santo e da oggi disponibili nelle librerie. Il porporato cinese spiega come l’invito di Benedetto XVI lo abbia ispirato nel portare a Roma l’eco delle Chiese dell’Asia e della Cina in particolare. Ascoltiamolo nell’intervista realizzata per il Centro Televisivo Vaticano da Alessandro De Carolis:


    R. - Quando ho ricevuto questo invito, ho capito che il Santo Padre voleva che io portassi al Colosseo la voce della Cina. Il ricordo della Passione di Nostro Signore naturalmente si riferisce bene anche alle sofferenze presenti ancora oggi nella Chiesa e in Cina sono in molti che stanno ancora soffrendo per la loro fede. Il tema quindi si accorda con il ricordo della Passione di Nostro Signore, perché è ancora il Signore che oggi, nel suo Corpo mistico, sta soffrendo.

     
    D. - Lei, eminenza, affronta il tema della persecuzione da un duplice versante: non solo guardando a chi opprime la Chiesa dall’esterno, ma anche a chi lo fa dall’interno...

     
    R. - Quando si pensa alla persecuzione, si pensa ai perseguitati, ai persecutori. Anche noi siamo tra i perseguitati e qualche volta siamo forse anche tra i persecutori, perché siamo peccatori. Allora, il pensiero si allarga a pregare per tutti: per quelli che soffrono per la fede, per quelli che stanno facendo soffrire i quali, però, molte volte sono anche vittime di noi che, con la nostra infedeltà, siamo forse anche parte di questo "mistero del male".

     
    D. - Riflettere sulla Passione di Cristo le ha permesso di fare udire la voce della Chiesa cinese attraverso le voci dei protagonisti della Via Crucis. Quale esperienza concreta di vita ecclesiale lei ha portato dall’Asia, e dalla Cina in particolare, alle arcate del Colosseo?

     
    R. - Noi, da Hong Kong, siamo in una posizione di osservazione molto favorevole: vediamo molte cose, riceviamo molti messaggi... Purtroppo, qualche volta sembra che le ragioni in negativo siano più forti di quelle in positivo. Però, noi come credenti, siamo ottimisti impenitenti, e allora guardiamo al lato buono. Speriamo davvero che tutto ciò che accade nel mondo porti ad una nuova visione delle cose, per cui il nostro governo capisca che una libertà religiosa, anche per la Chiesa cattolica, non nuoce per niente, anzi: è tutto a vantaggio della nostra patria.

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    Il cardinale Arinze sulla Settimana Santa: prepararsi con coscienza, perché nei misteri pasquali c'è il "cuore" del cristianesimo

    ◊   La Settimana Santa come "compendio" di tutto il cristianesimo. Mentre presunti scoop mediatici cercano di "rivedere" la Crocifissione di Gesù, la comunità cattolica mondiale approfondisce in questi giorni l'itineriario che duemila anni portò Cristo a patire il supplizio del Calvario per la redenzione dell'umanità. Al microfono di Giovanni Peduto, il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, si sofferma sul modo migliore nel quale un cristiano è chiamato a prepararsi in vista del Triduo pasquale:


    R. - Con molta fede, con molta attenzione, con diligenza nel leggere i testi che la Chiesa usa ogni giorno, dalla Domenica delle Palme fino alla Domenica di Pasqua, perché in questa Settimana è condensata la celebrazione liturgica del mistero della nostra salvezza: la sofferenza, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Chi sente “Settimana Santa”, capisce “cristianesimo”. Chi non capisce la “Settimana Santa”, non può capire fino in fondo cosa sia la nostra fede.

     
    D. - Una riflessione, eminenza, sulla superficialità o meglio, sulla noncuranza degli uomini d’oggi dinanzi al mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore ...

     
    R. - La superficialità: ad esempio, quelli che vanno alle grandi celebrazioni con poco coinvolgimento, siedono dietro, il più vicino possibile alla porta o - peggio ancora - leggono il giornale. Oppure, quelli che pensano a quale tipo di vino andranno a bere al pranzo di Pasqua, quale colomba mangeranno, e se andranno in un ristorante di prima classe... Ora, questa Settimana merita una maggiore serietà, perché in essa sono condensati fonte e apice della nostra redenzione, quello che chiamiamo “i misteri pasquali”: il mistero della sofferenza, della morte e della risurrezione di Gesù. Questi meritano tutto il nostro cuore e tutta la nostra testa.

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    Se vogliamo comprendere il peccato, dobbiamo restare davanti al Crocifisso: il pensiero del cardinale Angelo Comastri alla Messa pasquale per i dipendenti vaticani

    ◊   Si è tenuta questa mattina, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione eucaristica pasquale per i dipendenti vaticani. A presiedere il rito è stato il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    “I carnefici di Cristo siamo noi con le nostre cattiverie” e se vogliamo comprendere cosa sia il peccato, dobbiamo restare davanti al Crocifisso per riconoscere il passaggio del Signore. Con queste parole, il cardinale Angelo Comastri invita a scuotere i cuori induriti per sperimentare un vero pentimento e “donarci il perdono”. E’ un esortazione a togliere “la schiuma della cattiveria” dal cuore per renderlo “mite, umile e misericordioso” come quello di Cristo. La Pasqua, vissuta esaltando questo cambiamento, diventa allora “passaggio dalla cattiveria alla bontà”. Ma se “non cambia qualcosa dentro di noi e se non migliora qualcosa nella nostra vita - sottolinea il porporato - non è Pasqua per noi”.

     
    L’invito è quindi quello di fissare lo sguardo su Gerusalemme e sugli avvenimenti di questa settimana: l’ingresso festoso della Domenica delle palme, l’Ultima cena, il tradimento di Giuda, la condanna, la crocifissione e la risurrezione di Gesù. Nella città Santa - ricorda il porporato - Gesù aveva predetto, tra le lacrime, che Gerusalemme sarebbe stata cinta d’assedio e distrutta. Dopo il compimento di queste parole - aggiunge - sono falliti i tentativi degli ebrei di ricostruire il tempio, dato alle fiamme dai romani. Questi episodi - fa notare il cardinale Comastri - ci ricordano che non si può scherzare con la bontà di Dio. Riflettere sulla morte di Gesù, coglierne il senso autentico, significa invece riconoscerne il passaggio nelle nostre vite e comprendere - conclude il porporato - che “non possiamo respingere la mano tesa di Dio per tirarci fuori dal peccato”.

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    Continua in un clima di "grande cordialità" il negoziato tra la Santa Sede e Israele per discutere il futuro accordo su questioni fiscali e proprietà della Chiesa in Terra Santa

    ◊   Clima di "grande cordialità" tra le delegazioni di Vaticano e Israele, riunite ieri a Tel Aviv per una nuova tappa del negoziato che mira a risolvere le questioni relative ai beni della Chiesa ed al loro regime fiscale. E' quanto si legge in un comunicato congiunto, che conferma l’intento di portare avanti la trattativa. “La Commissione bilaterale permanente tra la Santa Sede e lo Stato di Israele - vi si legge - si è incontrata ieri mattina per continuare i negoziati per l’Accordo Economico che riguarda questioni di ordine fiscale e proprietà”. "L’incontro della delegazione è avvenuto in un clima di grande cordialità, i rappresentanti hanno adempiuto ai loro compiti e rinnovato la determinazione, condivisa da entrambe le parti, a concludere l’accordo il prima possibile. La data del prossimo incontro è fissata per il 9 aprile".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina il testo della lettera con cui il Papa partecipa al dolore della famiglia spirituale dei focolari per la morte di Chiara Lubich. La lettera è stata letta dal cardinale Tarcisio Bertone che ha celebrato i funerali.

    Sempre in prima pagina un articolo del direttore per l’onomastico del Papa.

    Nell’informazione internazionale, un articolo di Francesco Citterich sulla situazione nello Sri Lanka.

    Interviste, nell’informazione religiosa, all’amministratore apostolico di Mogadiscio e al segretario generale della conferenza episcopale peruviana.

    Dalla famiglia disgregata all’emergenza educativa: in cultura, Monica Mondo intervista padre Gianfranco Ghirlanda, rettore della Gregoriana.

    Luca Pellegrini recensisce i film “Spiderwick. Le cronache” e “La Volpe e la Bambina”, che pongono giovanissimi protagonisti dinanzi alla magia di un bosco. Luca Pellegrini intervista il regista de “La Volpe e la Bambina”.

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    Oggi in Primo Piano



    Migliaia di persone in attesa della cerimonia funebre per Chiara Lubich nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, presieduta dal cardinale Bertone

    ◊   Provengono da tutto il mondo i gruppi che stanno affluendo in massa, in queste ore, verso la Basilica romana di San Paolo fuori le Mura per partecipare alle esequie di Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari scomparsa venerdì scorso. Sono attese tra le 30 e le 40 mila persone per la cerimonia funebre che sarà presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e seguita in telecronaca diretta da Raiuno - oltre che su satellite e su Internet - a partire dalle ore 15. Adriana Masotti ha raccolto alla vigilia alcune voci del “popolo di Chiara”, che si appresta a dare l’ultimo saluto alla sua leader:


    R. - Io a Chiara direi un grande grazie, perchè mi ha cambiato la vita. Mi ha svelato il senso della vita, che è quello di amare, e mi ha insegnato che soprattutto Dio è amore e, quindi, che tutto quello che succede intorno a me è amore per me. Mi ha insegnato che posso incontrarlo ogni momento in chi mi passa accanto, in quello che vivo, in quello che faccio, nel lavoro.

     
    R. - Io sono africana, del Congo, e sono venuta in Italia proprio per farmi religiosa. Il coraggio di venire qui l’ho avuto propria da Chiara. Mi ha aiutato tanto l’esempio di Chiara: il suo incontro con i buddhisti, con i musulmani e il suo amore che dava agli altri, con coraggio.

     
    R. - Io devo tanto a lei, forse tutto. Quello che sono oggi è legato al carisma che lei mi ha trasmesso, a questa vita molto forte che dà frutti, che ti illumina e che ti porta avanti. In questo momento ho un senso di grande gratitudine.

     
    R. - Io penso che il dono che ha fatto a tutti è quello di aprirci verso l’alto. Mi ha fatto vivere nell’ottica che la nostra vita ha la sua massima realizzazione nell’amore.

     
    R. - Chiara mi ha cambiato la vita e io non sono una interna del Movimento, ma ciononostante mi ha lasciato dentro questa attenzione all’altro, indipendentemente da quello che pensa e da quanto può essere diverso da me: riuscire a trovare in questa diversità una unità e quindi andare avanti, vedendo l’altro come una persona con cui iniziare insieme anche un cammino.

     
    R. - Da Chiara ho imparato cosa significa essere cristiano. Non abbiamo una religiosa che ricorda la morte di Gesù, perchè il cristianesimo significa essere risorto. Per me è stato, quindi, importantissimo averla conosciuta ed aver imparato da lei cosa significa credere in Dio-amore e vivere la Risurrezione di Gesù nella mia vita.

     
    R. - Da Chiara ho imparato che cosa vuol dire essere uomo e cioè vivere su questa terra con i piedi radicati in terra, con la testa verso Dio e accanto agli uomini, perchè insieme abbiamo un fine da raggiungere. L’unità di questo mondo include tutti e non esclude nessuno.

     
    R. - Prima avevo una visione molto limitata sulla Chiesa e vedevo la parrocchia con tutti i suoi limiti, così come l’umanità caratterizzata da tutti i suoi difetti. Adesso, ho invece una visione tutta nuova. Mi ha dato un altro modo di amare, che non ha confine.

     
    R. - Il modo di vivere il Vangelo e tutta la nostra vita. Lei ci ha dato la vita e l’unica cosa che vorrei fare è rispondere, sempre di più, a questa grazia, a questo amore che ci ha dato, amando Gesù sempre più intensamente come lei stessa faceva. Lei era veramente la sposa di Gesù: era tutto per lei e noi siamo chiamati a questo e chiediamo la grazia di poter vivere come lei ci ha mostrato.

     
    R. - A me Chiara ha fatto scoprire che non conta chi sono e cosa faccio, quali sono i progetti della mia vita, ma quello che conta è che è importante amare perchè siamo tutti nati per amare. Questa è la cosa più importante per me.

     
    R. - E’ un momento di grande gioia, perchè sentiamo che Chiara ha realizzato in pieno il disegno di Dio e non solo per se stessa, ma per tutto il Movimento e per tutta la Chiesa. Adesso l’avremo sempre più vicina a noi.

     
    R. - L’altro giorno, davanti a lei nella camera ardente, ho sentito che dovevo veramente rinnovare con lei questa fedeltà al carisma e di essere fedele davvero fino alla fine.

     
    R. - Io ero una cristiana un po’ all’"acqua di rose", come tanti altri. Quando ho conosciuto il Movimento, però, per me è stata la primavera, perchè mi ha dato un Dio vivo. Io vorrei che tutto il mondo conoscesse questa spiritualità, perchè dà gioia, dà vita.

     
    R. - Una particolarità che mi ha colpito molto è stata proprio quella che Chiara era una persona cristiana, cattolica, ed è riuscita a creare ponti con tutte le altre religioni, anche con quelle persone che non avevano una fede religiosa. E’ una cosa che mi ha veramente colpito tanto, perchè è la base dei problemi che caratterizzano il mondo. Quindi, rappresenta veramente una speranza in questo contesto storico.

    E in questi minuti che precedono l’inizio delle esequie della fondatrice dei Focolari, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura si sta svolgendo un momento di canti e meditazioni, animati dal Gen Rosso e dal Gen Verde, le due band volute da Chiara Lubich per far giungere, con la musica, il suo messaggio ai giovani. Tiziana Campisi ha chiesto a Valerio Ciprì, uno degli iniziatori del Gen Rosso, cosa significa questa giornata per i due gruppi:


    R. - In questo giorno, ci sentiamo particolarmente emozionati perché nati da Chiara Lubich, oggi per l’ultima volta potremo cantare per lei. Saremo Gen Rosso e Gen Verde uniti, ed è veramente emozionante, perché è un momento molto, molto speciale. Da lei abbiamo tratto tutta la spiritualità che poi ha dato vita alle nostre canzoni, alle nostre esperienze, ma anche all’esperienza della nostra vita personale. Tutto il cammino spirituale nostro è nato da lì.

     
    D. - Che cosa significa essere “Gen Rosso”?

     
    R. - Significa un impegno, soprattutto, perché “Gen” vuol dire “generazione nuova” e per essere nuovi bisogna volerlo, cioè essere ogni giorno diversi, ricominciare, puntare sempre più in alto, sempre più avanti, perché in questo momento la gente ha bisogno di testimoni. E la testimonianza che noi vogliamo dare è artistica, musicale, quindi anche nella preparazione di ciò che facciamo, meticolosa. Ma soprattutto sulla base dell’amore scambievole che il “Gen rosso” può dare in una maniera particolare, perché è formato di gente di tutte le parti del mondo, di tutte le culture. E in questo momento, in cui c’è bisogno proprio di unità nel mondo, il “Gen Rosso” può dare una testimonianza grandissima.

     
    D. - Cosa canta il “Gen Rosso”?

     
    R. - Il “Gen Rosso”, in genere, canta esperienze di vita, la linfa che noi traiamo da questo impegno di vivere l’amore scambievole: il fatto, cioè, di essere gente che accetta l’altro, che accoglie l’altro, che fa spazio all’altro. Non è una cosa facile. Noi cerchiamo di avere con noi questo rapporto profondissimo, che sicuramente dà origine anche ad un’arte nuova, e l’arte nuova anche è convincente, trasforma le persone, non le lascia come noi le abbiamo trovate.

     
    D. - Chiara è tornata alla Casa del Padre. Un nuovo cammino aspetta il “Gen rosso”...

     
    R. - Se prima, ad esempio, il contatto con Chiara doveva essere fatto attraverso un confronto con lei, perché noi abbiamo sempre fatto tutto insieme a lei - addirittura in certe canzoni lei ha partecipato attivamente a modificare le parole - e a parte il fatto che lei è stata sempre la nostra fonte di ispirazione, ora però noi siamo convinti che quanto uno arriva in Cielo, arriva proprio alla Casa del Padre, e non è che abbiamo perso: abbiamo vinto, perché se prima era dall’esterno che potevamo contattarla, adesso è dall’interno, del nostro cuore che possiamo ascoltarla e seguire il suggerimento che ci dice. Ci emoziona questo fatto, di poter sentire che lei non soltanto è fuori di noi, ma in noi, ci guida e ci ispira, sempre.

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    I vescovi italiani al termine della plenaria: non diamo indicazioni politico-elettorali, ma chiediamo il rispetto dei valori etici

    ◊   Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI), mons. Giuseppe Betori, ha illustrato questa mamma nella Sala Marconi della nostra emittente le conclusioni della recente plenaria dei vescovi italiani: nessuna indicazione di voto agli elettori, ha detto, ma rispetto per i valori etici. Il servizio di Francesca Sabatinelli:


    I vescovi italiani non possono esprimere pareri sulle parti politiche ma lo fanno sui valori. A tutti, cattolici, candidati ed eletti, richiamano il rispetto dei valori fondamentali, punti di riferimento immutabili, che vanno dalla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, e dunque un “no” deciso all’aborto, alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio.

     
    Mons. Betori, in conclusione del Consiglio permanente, torna a sottolineare quanto già affermato dal presidente della CEI, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco: la linea di non coinvolgimento della Chiesa italiana in alcuna scelta di schieramento politico o di partito. Non manca però di notare con forte preoccupazione come nei programmi e nel dibattito sia assente la questione scuola. Il tema educativo, spiega, sarà per i prossimi anni al centro della riflessione dei vescovi. Mons. Betori poi lancia una indicazione alla politica: il sistema elettorale deve tornare a dare più democrazia all’Italia, è necessario che il prossimo parlamento modifichi la legge elettorale, i cittadini devono poter scegliere i loro rappresentanti, e chiede poi ai politici di collaborare:

     
    “Tutto il Consiglio permanente è dell’idea che si possa collaborare insieme, ciascuno nel proprio ruolo, senza per forza farsi del male l’un con l’altro, ma cercando il bene comune della società e della nazione. Da questo punto di vista, sì. Lontano da noi stabilire invece quelle che debbano essere le scelte delle singole parti, una volta che le elezioni avranno dato il loro risultato”.
     
    Mons. Betori non manca poi di esprimere un’altra grande preoccupazione per i vescovi, l’evidente e profonda separazione tra Vangelo e vita delle persone:

     
    “Direi che, da un certo punto di vista, c’è un residuo maggiore da un punto di vista delle convinzioni etiche all’interno della coscienza della gente, di quanto non ci sia invece di un’adesione esplicita al Vangelo di Gesù Cristo. E a Gesù, come persona, e come adesione a Cristo, quindi, come una realtà importante della propria vita”.
     
    La CEI chiede poi ai politici italiani di impegnarsi per risolvere la piaga degli incidenti sul lavoro, il dilagare dell’usura, le infiltrazioni mafiose in molte aree del Paese. Fenomeni di grave degrado sociale, al quale si affiancano grandi pericoli: guerre e terrorismo, fame e sete, terribili epidemie. Nella relazione di mons. Betori, anche la questione sanità e i rischi che stanno correndo le strutture cattoliche, sia per la crisi di vocazioni che per la carenza di risorse economiche. Dopo aver annunciato presto l’arrivo di una lettera ai cercatori di Dio, diretta a chi è disposto a lasciarsi interpellare dalla proposta evangelica, mons. Betori ha concluso la sua relazione ricordando la tragica morte del vescovo iracheno Rahho, manifestando la vicina della chiesa italiana a quella che è in Iraq.

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    Il dramma dei profughi somali nello Yemen, in fuga dal conflitto interno nel Paese africano. Intervista con Laura Boldrini dell'ACNUR

    ◊   Sono quasi novemila i rifugiati provenienti da diversi Paesi africani giunti in Yemen dall’inizio del 2008. Questi i dati forniti dall’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, che in territorio yemenita opera da diversi anni. Si tratta in particolare di persone che attraversano illegalmente il Golfo di Aden, che separa lo Yemen dalla Somalia, mettendo a rischio la propria vita pur di raggiungere territori più sicuri. E ad Aden si trova Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, intervistata da Giada Aquilino:


    R. - Migliaia di persone continuano a lasciare specialmente la Somalia, e in parte anche l’Etiopia, riversandosi nello Yemen. Lo Yemen è un Paese povero, con limitate risorse, che si sente sopraffatto da questo flusso. Ricordo che lo scorso anno sono arrivate nello Yemen quasi 30 mila persone, che hanno attraverso il Golfo di Aden mettendo a rischio la loro vita. Va anche ricordato che, purtroppo, 1400 persone - che per mettersi in salvo avevano pagato dei trafficanti spietati - non sono mai riuscite ad arrivare nello Yemen e sono morte durante la traversata. Una situazione che le autorità yemenite considerano drammatica, ma sanno bene che per risolverla non basta riuscire a contrastarla, bensì risolverla in Somalia, che va avanti da troppo tempo. La Somalia è in una situazione di anarchia e di violenza generalizzata dagli anni ’80. Da quel momento, c’è sempre stata una situazione di guerra civile tra i “signori della guerra”, le milizie armate che hanno abusato in tutti i modi della popolazione. Si è poi arrivati a un peggioramento della situazione dei civili nel gennaio del 2007, quando le truppe dell’Etiopia, a sostegno del governo di transizione, sono entrate a Mogadiscio, prima controllata dalle Corti islamiche. Questa crisi ha provocato una fuga generalizzata da Mogadiscio, tanto che si stima che circa il 60% della popolazione della capitale sia scappata. L’Alto commissariato considera che ormai gli sfollati interni in Somalia siano oltre un milione, mentre ci sono 500 mila rifugiati somali, in particolare in Yemen e in Kenya. Il Kenya addirittura ha un grande campo profughi che ne ospita circa 170 mila.

     
    D. - In particolare, nello Yemen come si sta muovendo l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati?

     
    R. - Abbiamo degli uffici sulla costa per il primo soccorso delle persone che arrivano, le quali vengono registrate dall’Alto Commissariato e poi portate nell’unico campo profughi che esiste, che ospita circa 10 mila persone. Qui, l’Alto commissariato fornisce tutti i servizi: c’è l’assistenza medica sanitaria, il cibo, la scuola. Diciamo che però è una piccola parte solamente e, infatti, le periferie di Aden sono piene di insediamenti spontanei e baracche di rifugiati somali.

     
    D. - Dopo l’accoglienza difficoltosa in Yemen, quale sarà il futuro per queste persone?

     
    R. - Lo Yemen ha adottato una politica di porte aperte verso i somali, che addirittura vengono riconosciuti automaticamente come rifugiati. Intanto, vivono in sicurezza, perché lo Yemen è un Paese più sicuro. Certo, anche lo Yemen ha avuto i suoi problemi interni, però ad oggi è sicuramente un luogo dove vivono in sicurezza. Ovviamente, il loro sogno è di poter tornare in Somalia e di poter ricostruire la loro vita in patria. Ad oggi, questo non è possibile.

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    Convegno a Roma tra la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, organismi di solidarietà che collaborano al di là delle diversità etniche e culturali

    ◊   Centottantasei Società Nazionali presenti in tutto il mondo e 120 milioni di persone ispirate dagli stessi principi di solidarietà e imparzialità. È il vasto fatturato umano di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, che pur operando in contesti culturali, politici e religiosi anche molto diversi portano avanti la medesima battaglia contro la sofferenza. Se ne è discusso ieri a Roma in un incontro sul tema della tolleranza e della sua promozione da parte dell’organizzazione fondata da Henry Dunant. I particolari nel servizio di Silvia Gusmano.


    “Placare tutte le sofferenze umane senza distinzione di nazionalità, razza, religione, condizione sociale o appartenenza politica". Questa, da oltre cento anni, la missione della Federazione internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, a fianco dei più deboli. Ma quali sono oggi le priorità del movimento fondato da Henry Dunant? Il presidente della Croce Rossa italiana Massimo Barra.

    “La prevenzione delle malattie, la prevenzione delle morti, la prevenzione delle catastrofi naturali, i problemi legati al cambio del clima, al divario nord-sud, la promozione appunto della tolleranza e del rispetto reciproco”.

    “Dignità per tutti” è l’obiettivo che l’organizzazione si è posta per il primo decennio del 2000 e che, come è emerso nell’incontro romano con i rappresentanti della Mezzaluna Rossa del Qatar, trova nell’intolleranza l’ostacolo più insidioso. Questa la strada per combatterla, spiega ancora Barra:

    “Si combatte con l’educazione, si combatte con l’azione. La Croce Rossa ha queste due dimensioni: la dimensione operativa e la dimensione dell’advocacy. 'Advocacy' vuol dire parlare a nome delle persone vulnerabili e quindi è credibile se supportata dalle attività”.

    Attività negli ospedali, nei campi profughi e in tutti i contesti di emergenza umanitaria, attraverso l’azione di volontari altamente specializzati. Ma il vero punto di forza del movimento - è emerso dall’incontro - è la cooperazione tra Paesi che nello scenario politico internazionale sono profondamente divisi da differenze religiose e culturali. Animate dai medesimi principi di imparzialità e umanità, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, rappresentano un modello di incontro e collaborazione possibile. Un modello positivo a cui spesso però non viene dato il giusto risalto. Il segretario generale della Mezzaluna del Qatar, Mohammed Ben Ghanem al Alì.

    “The problem is...
    Il problema è come i media raccontano la nostra esperienza all’opinione pubblica, nel nostro Paese come negli altri. La gente può vedere che noi riusciamo a lavorare insieme solo se i media lo raccontano, invece di riportare sempre solo notizie negative. Vorremmo che si spiegasse quanto la cooperazione permetta di creare un’umanità migliore”.
     
    Perché, ha concluso il segretario generale del Qatar, lo “scontro di civiltà” non è l’unica strada possibile.

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    "La Pace: falla girare", un progetto di solidarietà dell'Azione Cattolica Ragazzi in favore dei bambini della Sierra Leone. Interviste con Mirko Campoli e Julio Velasco

    ◊   Palloni da calcio che girano e che fanno "girare" anche la solidarietà con l'Africa. L'idea è al centro di un progetto dei ragazzi dell'Azione cattolica italiana (ACR), intitolato appunto "La Pace: falla girare". L'iniziativa, sostenuta anche da celebri testimonial del mondo dello sport, è stata presentata ieri a Milano, da dove ci riferisce Fabio Brenna:


    I ragazzi dell’Azione Cattolica si impegnano a realizzare due scuole in Sierra Leone. Si chiama “La Pace: falla girare” questa iniziativa nata a gennaio, nel mese dedicato alla pace e che si propone di concludere i lavori di edificazione di un plesso scolastico con due istituti, una scuola elementare ed una media a Makeni, una città con oltre 100 mila abitanti. Un intervento da 150 mila euro, finanziati attraverso la vendita di palloni realizzati appositamente per questo progetto. I ragazzi dell’ACR ne hanno già venduti per 100 mila euro a oratori, scuole e nelle piazze italiane. Rimangono da raccogliere ancora 50 mila euro. Mirko Campoli è il responsabile nazionale dell’ACR:

     
    “Questa iniziativa si colloca nel mese di gennaio, sulla scia del messaggio per la Giornata mondiale della Pace che il Santo Padre rivolge al mondo e alla Chiesa. L’iniziativa quest’anno prende una forma un po’ inusuale, che è quella non solo della raccolta attraverso diverse iniziative -vche ogni diocesi in modo creativo inventa e propone ai ragazzi ed attraverso la raccolta di offerte libera - ma anche attraverso la vendita di alcuni palloni che vogliono essere il segno e il simbolo della volontà dei ragazzi dell’ACR di scendere in strada e, soprattutto, di far girare la pace attraverso queste strade”.

     
    Testimonial di questo progetto sono quattro personaggi del mondo dello sport: il telecronista Bruno Pizzul; l’ex arbitro di calcio Alfredo Trentalange; il giocatore della Juventus Cristian Molinaro e l’allenatore di volley Julio Velasco che così spiega il suo impegno:

     
    Quando i ragazzi dell’Azione Cattolica me lo hanno proposto, ho detto di ‘sì’. Credo poi, tra l’altro, di non fare un granché: sono loro che fanno il lavoro più grande, che è quello di vendere materialmente i palloni, andare in Sierra Leone. Fare tutte queste cose che, oltre ad aiutare gli altri, siano anche positive per loro”.

     
    Il legame fra l’ACR e la diocesi di Makeni è nato nel 2000, in occasione del Giubileo, ed è stato cementato dal vescovo mons. Giorgio Biguzzi, missionario Saveriano in Sierra Leone dal 1974, che fece conoscere al mondo il dramma dei bambini-soldato. Uno dei problemi più gravi del Paese è proprio quello dell’analfabetismo, che arriva a un tasso del 70 per cento. (Da Milano per Radio Vaticana, Fabio Brenna)

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    Chiesa e Società



    I vescovi dello Sri Lanka invitano a coltivare la speranza per porre fine al dramma della guerra civile

    ◊   In occasione del messaggio pasquale, la Conferenza episcopale srilankese è tornata a denunciare le gravi ripercussioni del ventennale conflitto civile sulla popolazione e rilanciare la “pace vera e duratura che si può raggiungere solo attraverso i negoziati tra le parti in conflitto, per quanto difficili possano essere”. Il messaggio, diffuso domenica scorsa e ripreso da AsiaNews, è firmato dal presidente della Conferenza episcopale (CBCSL), monsignor Vianney Fernando e dal segretario generale Norbert M. Andradi. “Oggi più che mai in Sri Lanka la vita umana sembra aver perso valore - si legge nel testo, in cingalese e tamil - la gente vive ogni giorno nell’ansia e nella paura e non sembra vi sia fine alla violenza che infuria in tutto il Paese”. Il problema non riguarda solo la sicurezza, ma investe anche la sfera sociale ed economica: “Il crescente costo della vita grava sulle persone già in difficoltà. Il dislivello tra ricchi e poveri si amplia quotidianamente. La vita è diventata insostenibile per chi può contare solo su uno stipendio giornaliero”. E come è naturale, la situazione si ripercuote in modo grave soprattutto sulle classi meno abbienti e suoi bambini. Tuttavia, malgrado le difficoltà che affliggono il Paese asiatico, i presuli hanno infine invitato i fedeli a “coltivare la speranza, a mantenere vivi i principi del Vangelo e i valori cristiani, primo tra tutti quello del rispetto della vita umana”. (M.G.)

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    Rapporto ACNUR: raddoppiato il numero dei richiedenti asilo provenienti dall'Iraq

    ◊   Nell’ultimo anno il numero dei richiedenti asilo provenienti dall’Iraq è raddoppiato, arrivando a 45 mila. Il dato è contenuto nel rapporto dell’Alto Commissariato per i Rifugiati che segnala una crescita del 10% del numero complessivo dei richiedenti asilo nel mondo, arrivati a 338.000: una brusca inversione della tendenza globale - per lo più dovuta proprio al caso iracheno - che negli ultimi cinque anni aveva fatto registrare un calo costante, fino a raggiungere 306.000 unità nel 2006, la cifra più bassa in due decenni. Gli iracheni che chiedono asilo all’estero sono solo 1% dei 4,5 milioni di cittadini sfollati, di cui 2 milioni sono profughi in paesi confinanti e 2,5 milioni sono fuggiti in altre città irachene. L’agenzia dell’Onu, riferisce l'Agenzia Misna, ricorda che tra il 2000-2002, durante il governo di Saddam Hussein, i richiedenti asilo iracheni erano 60.000 l’anno, ma aggiunge che se il fenomeno continuerà in questa direzione la stessa cifra potrebbe essere presto raggiunta. Quasi la metà dei fuggitivi iracheni, 18.600, hanno chiesto asilo alla Svezia, mentre 5500 hanno scelto la Grecia e 4200 la Germania, inoltre 2100 si sono rivolti alla Gran Bretagna e 704 agli Stati Uniti; l’Acnur non ha precisato quante di queste richieste siano state accolte. Gli iracheni rappresentano il primo gruppo nazionale di richiedenti asilo, seguiti da 18.800 ceceni e russi, in crescita di quasi il 20%, e 17.000 cinesi, in calo del 9% . (R.P.)

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    "Il martirio è il cuore del Vangelo": così mons. Paglia ricorda le figure del vescovo Romero e dell’arcivescovo Rahho

    ◊   “Una rinnovata coscienza della Chiesa contemporanea sulla centralità del martirio nella vita dei credenti”. E’ questo, secondo mons, Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione della CEI per l’ecumenismo e il dialogo, il significato della giornata di preghiera per i “nuovi martiri”, che si celebrerà il prossimo 24 marzo, lunedì dell’Angelo. E’ anche il giorno del martirio dell’arcivescovo salvadoregno Oscar Arnulfo Romero, ricordato da Giovanni Paolo II nella celebrazione per i “nuovi martiri”, il 10 maggio del 2000 al Colosseo. Quella di Romero - spiega il vescovo all’agenzia Sir - è “una morte nella quale oggi vengono come raccolte tutte le altre”. Tra queste, c'è anche quella dell'arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Rahho”. E' un altro vescovo “vittima della violenza che vede i cristiani continuare a dare il contributo di sangue”. “Il martirio – conclude mons. Vincenzo Paglia - è parte integrante del Vangelo, ne è il cuore”. (A.L.)

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    L’impegno dei vescovi boliviani per la riconciliazione nazionale

    ◊   “Dobbiamo fare il possibile per un patto sociale, uno sforzo decisivo per raggiungere una convivenza pacifica, solidale e giusta, nella cornice di una democrazia vera”. Così la Conferenza episcopale della Bolivia in un documento pubblicato per dare orientamenti per le riflessioni dei cattolici durante la Settimana Santa. I presuli, auspicano che questa democrazia sia una realtà “ ispirata ai valori del rispetto, dell’armonia nella pluralità, nella reciprocità, nella collaborazione, nella libertà personale ed economica nonché nella solidarietà e sussidiarietà”. Monsignor Jesús Juárez, Segretario Generale della Conferenza episcopale della Bolivia e vescovo di El alto, durante la conferenza stampa in cui ha illustrato il documento: “Perché i popoli abbiano la vita”, ha lanciato, ancora una volta, un appello ad “abbandonare gli atteggiamenti egoisti e le visioni parziali” per favorire un vero dialogo tra il governo. “Occorre creare un clima di apertura affinché il dialogo non fallisca. Quello che è in gioco oggi è il Paese, per questo lanciamo un forte richiamo alla riconciliazione” ha sottolineato il presule. L’appello giunge dopo l’incontro, venerdì scorso, tra il presidente Evo Morales e il cardinale Julio Terrazas, che si è intrattenuto a colloquio anche con Rubén Costas, governatore di Santa Cruz, la provincia più ricca del Paese capofila delle spinte secessioniste. Inoltre, monsignor Jesús Juárez, ha ricordato che i presuli guardano con particolare attenzione ai referendum del prossimo 4 maggio, uno dei quali sottopone al verdetto popolare la nuova Carta costituzionale. “La nostra riflessione privilegia il progetto di nuova Costituzione - concludono i presuli - poiché si tratta di uno strumento che ha una portata generale e riguarda il benessere di tutta la popolazione, ma anche perché il Paese deve prendere coscienza che con questo progetto si danno le definizioni della comunità boliviana per i prossimi decenni”. (A cura di Luis Badilla)

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    I presuli del Paraguay diffondono un documento sulle linee di azione pastorale e pubblicano un messaggio in vista delle prossime elezioni

    ◊   E’ incentrato sulla missione evangelizzatrice della Chiesa il documento dal titolo “Parla Signore, che la tua Chiesa ti ascolta”, diffuso dai vescovi del Paraguay al termine della recente riunione dell’Assemblea plenaria insieme con i superiori maggiori dei religiosi del Paese latinoamericano. Tra le priorità per favorire un’autentica evangelizzazione, i presuli indicano la necessità di promuovere la comunione tra le persone e le istituzioni. Nel testo, che delinea le linee di azione pastorale della Chiesa in Paraguay, si sottolinea anche la necessità di assumere l’evangelizzazione come priorità nella vita delle famiglie e delle comunità. Nel documento – rende noto l’agenzia Fides - si ribadisce poi l’urgenza di promuovere la formazione permanente dei vescovi, dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e dei fedeli laici. Un’attenzione speciale deve inoltre essere dedicata, secondo i presuli, ai giovani e alle famiglie. Ognuna di queste linee di azione – si legge nel documento – ha un’incidenza negli ambiti socio- economici del Paese, in modo che si realizzi un’evangelizzazione incarnata nella cultura paraguaiana”. Durante la riunione, è stata presa in considerazione anche “la lacerante situazione che sta attraversando il Paese a causa della mancanza di coerenza nella vita politica e nella fede dei cristiani”. E alla luce di questo preoccupante scenario, i presuli hanno pubblicato un messaggio in vista delle prossime elezioni nazionali del 20 aprile. Affermano, anzitutto, che “il suffragio è un diritto ed un obbligo”. Per quanto riguarda i candidati, “bisogna esigere rettitudine ed onestà”. I vescovi affermano, quindi, che “è indispensabile conoscere i programmi di governo” auspicando che siano “chiari, realistici, democratici e rispettosi dei valori religiosi”. Ai cattolici i presuli ricordano, infine, che “devono scegliere quei programmi che difendono e promuovono la famiglia, la dignità umana e la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. (A.L.)

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    I vescovi di Panama chiedono una corretta educazione alla sessualità

    ◊   Una vera educazione sessuale si deve basare su “un’educazione all’amore fondata sulla nostra condizione di esseri razionali, allo scopo di fortificare l’istituzione familiare, rispettando l’età biologica dell’infanzia e dell’adolescenza”. E’ quanto sottolinea, in un comunicato, il Comitato permanente della Conferenza episcopale di Panama dopo la presentazione di due bozze di legge, nel Paese, sulla “Salute sessuale e riproduttiva” e sulla “Protezione integrale dell’infanzia e dell’adolescenza”. I presuli esprimono, in particolare, il loro disaccordo per l’ambiguità di alcuni articoli. In alcuni casi – si legge nel testo ripreso dall'agenzia Fides – tali articoli “contrastano con la dottrina che la Chiesa da sempre proclama in favore della dignità della sessualità, della persona umana e in difesa della vita, della famiglia e del matrimonio”. Riprendendo le parole di Giovanni Paolo II, i vescovi panamensi ricordano poi che “il cristiano autentico, nonostante corra il rischio di trasformarsi in ‘segno di contraddizione’, deve saper scegliere bene le opzioni pratiche che vanno in accordo con la sua fede”. Per questo motivo – aggiungono – dirà ‘si’ alla “stabilità della famiglia” e alla difesa di un amore paterno e materno “che si completano e realizzano nella formazione di uomini nuovi”. Le leggi che si vogliono introdurre a Panama, cercano di promuovere l’educazione, l’informazione e l’attenzione alla sessualità riproduttiva. Il Ministero dell’educazione intende anche diffondere una “Guida alla sessualità”. Questo materiale, secondo la Chiesa panamense, non rispecchia criteri e valori religiosi morali. (A.L.)

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    Somalia: bilancio positivo per il centro sanitario di Baidoa, punto di riferimento nel sud del martoriato Paese africano

    ◊   Ad un anno dal dono fatto da Papa Benedetto XVI della colletta della Messa "in Coena Domini" da Lui celebrata il Giovedì Santo del 2007, è tempo di primi bilanci per il dispensario di Baidoa, nel sud della Somalia. La struttura gestita dalla Caritas ha aumentato la sua capacità di offrire assistenza alla popolazione arrivando ad accogliere fino a 170 pazienti al giorno, per un totale circa 4mila persone al mese. Secondo quanto riferisce l’Agenzia Fides, la struttura sanitaria è diventata un punto di riferimento per la popolazione di una vasta zona della Somalia, un Paese che dal 1991 è privo di uno Stato centrale. Tra le malattie più comuni tra i pazienti che fanno ricorso alle cure del dispensario vi sono malattie dell’apparato respiratorio come tonsilliti, bronchiti, riniti, che se non curate in modo appropriato, rischiano di sfociare nella polmonite. Secondo Davide Bernocchi, Direttore di Caritas Somalia, il centro sanitario di Baidoa testimonia che è possibile operare tra i somali per migliorare il loro benessere e soddisfare i loro bisogni elementari con risorse limitate. Bernocchi aggiunge: “Siamo felici che il Papa abbia ricordato il popolo della Somalia, è un segno di amore e solidarietà per una delle più piccole e fragili Chiese nel mondo, al servizio di alcune delle persone più povere della terra”. Al momento il centro di Baidoa è alle prese con un'allarmante aumento dei casi di Kala-azar (il nome indiano della Leishmaniosi viscerale), che ha costretto la Caritas a chiedere un aumento degli aiuti. La Leishmaniosi è una malattia parassitaria che si contrae a seguito della puntura dei flebotomi, più comunemente conosciuti come pappataci. La malattia provoca febbre, diarrea, tosse e sintomi legati alla compromissione di molti organi, diminuzione dei globuli rossi e bianche e delle piastrine del sangue, oltre a possibili emorragie digestive. La malattia è molto comune in Somalia e colpisce soprattutto bambini e giovani. La struttura di Baidoa della Caritas Somalia, grazie al supporto tecnico della Caritas USA (Catholic Relief Services) e dell’ONG inglese Merlin, è in grado di offrire un trattamento specializzato a un gran numero di persone che hanno contratto il Kala-azar. Oltre alle cure, il dispensario fornisce ai pazienti del cibo perché molti di loro provengono da zone lontane e le famiglie non hanno la possibilità di visitarli per portare loro gli alimenti. Grace Kyeyune, responsabile dell’Ufficio dell’UNICEF per la Somalia meridionale e centrale, riconosce che “la clinica della Caritas è un modello al quale chiediamo che gli altri centri medici locali si ispirino. La loro organizzazione ed efficienza è un esempio di cosa significa operare in un zona di guerra con scarse risorse”. (M.G.)

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    Per la comunità cattolica cinese si conclude un’intensa Quaresima di preparazione con preghiere e opere di carità

    ◊   In Cina c’è grande soddisfazione tra le comunità cattoliche per l’intensa Quaresima spirituale di preparazione alla Settimana Santa e alla Pasqua, vissuta con la preghiera e con le opere di carità fraterna, insieme alla Chiesa Universale. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, in tutto il territorio cinese le parrocchie e le comunità ecclesiali di base si sono mobilitate con iniziative varie di carità e spiritualità. Nella diocesi di Tang Shan, nella provincia continentale dell’He Bei, oltre 600 fedeli hanno partecipato al ritiro spirituale quaresimale basato sulla Sacra Scrittura. Un sacerdote del luogo ha spiegato che è molto importante che “si aiutano i fedeli a vivere una fede semplice, ma basata su una consistente base dottrinale e biblica”. “Se viviamo bene la Quaresima - ha aggiunto il sacerdote - possiamo celebrare bene la Settimana Santa e la Santa Pasqua, possiamo capire e comprendere meglio il senso pieno di questo tempo forte della Liturgia della Chiesa”. Subito dopo i 4 giorni di ritiro, i fedeli ritornati alle loro attività quotidiane, hanno cominciato ad esercitare le opere di carità suddividendosi in 4 gruppi della Carità. Inoltre hanno formato anche 16 gruppi di lettura della Bibbia per diffondere la Parola di Dio tra le gente. “I giovani rovinati dalla droga” è stato invece il tema del ritiro spirituale quaresimale nella parrocchia di S. Ignazio ad Hong Kong. Essendo un tema molto vivo e sentito, i fedeli hanno confermato il proprio impegno a combattere il fenomeno secondo l’insegnamento di Cristo, imitando Gesù sulla Croce. Infine, nella parrocchia dell’Assunzione di Maria di Keelung, dell’Arcidiocesi di Tai Pei (Taiwan), oltre 90 fedeli hanno partecipato al ritiro spirituale che aveva per tema “Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. Qui il sacerdote ha preso spunto dall’Anno Paolino ormai prossimo ed ha incoraggiato i fedeli a partecipare attivamente all’evangelizzazione. Durante l’Adorazione Eucaristica i sacerdoti hanno aiutato i fedeli a riflettere sulla loro vita ed a fare l’esame di coscienza, così oltre una sessantina di loro hanno potuto celebrare il Sacramento della Riconciliazione in preparazione alla Santa Pasqua. (M.G.)

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    I vescovi giapponesi chiedono l’unificazione dei seminari maggiori per ottimizzare le due strutture e fronteggiare la crisi delle vocazioni

    ◊   Creare entro il 2009 “un punto di formazione comune per le future generazioni di sacerdoti”. Con questo intento i vescovi giapponesi hanno inviato alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli la richiesta di unire i due maggiori seminari del Paese. AsiaNews riferisce che la decisione è stata presa anche per fronteggiare il calo delle vocazioni e l’aumento dei costi di gestione dei due istituti, il seminario cattolico di Tokyo e quello dedicato a San Sulpicio che si trova a Fukuoka. In attesa di una risposta da parte di Roma, i due seminari attuali diverranno dei “campus”: a Fukuoka si svolgeranno i tre anni di studi di teologia, mentre a Tokyo si affronteranno i due anni di filosofia ed il diaconato. Il senso delle scelte operate dalla Conferenza episcopale nipponica è stato ribadito anche dal vescovo di Kyoto, monsignor Yoshinao Otsuka: “L’idea era nell’aria sin dal 2003. Con la diminuzione del numero dei seminaristi e l’aumento dei costi di gestione, abbiamo registrato un calo nella preparazione dei ragazzi. Inoltre, vi è il grande problema della condivisione: separati in due diversi luoghi, i futuri sacerdoti non riescono a creare quella rete di contatti che serve per crescere nella spiritualità”. (M.G.)

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    Secondo un sondaggio, i russi credono in Dio e pensano che la Chiesa debba dare sostegno alla morale sociale

    ◊   La maggioranza dei russi crede in Dio, si ritiene religiosa e appartenente all’ortodossia, ritiene che nella fede si trovi in primo luogo il senso della vita e dell’eternità e che la Chiesa abbia soprattutto il compito di offrire sostegno alla morale sociale. Sono alcuni dei risultati di un sondaggio condotto in febbraio dall’Analytical Center di Yuri Levada, pubblicato dall'Agenzia AsiaNews. Secondo la ricerca, il 42% della popolazione si considera religioso, il 33% “non molto religioso” e solo un quinto dice di non esserlo affatto. La convinzione religiosa appare più forte sia tra le persone meno abbienti che negli appartenti agli strati sociali più alti, nelle donne e con l’aumento dell’età. Cresce l’appartenenza alla Chiesa ortodossa: se ne sentono membri infatti il 71% degli intervistati. Ci sono poi il 5% di musulmani, l’1% di cattolici, il 5% di atei ed un 15% che dice di non seguire alcuna fede. Descrivendo le proprie convinzioni, un terzo degli intervistati dice di “credere che Dio esiste e di non avere dubbi su questo”. Alla domanda: “che cosa la gente trova nella religione”, il 31% risponde “norme morali per la vita quotidiana”, il 12% “consolazione e sostegno per i dolori”, l’11% “salvezza per la vita eterna” e la stessa percentuale “purificazione dell’anima”. Quanto al ruolo della Chiesa nella vita sociale, essa è ritenuta in primo luogo quello di dare sostegno alla morale sociale (46%), poi servire ai bisogni spirituali (37%), promuovere le idee di carità e perdono (31%), aiutare i poveri (30%), conservare le tradizioni culturali (29%). (R.P.)

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    Regno Unito: trasmesso un discusso documentario che reinventa la crocifissione. I cristiani contro la scelta della BBC

    ◊   Ha destato grande sdegno in tutte le comunità cristiane del Regno Unito il documentario della BBC trasmesso domenica che stravolge la passione di Gesù, affermando che anziché essere crocifisso con le braccia tese e le gambe dritte, Cristo si sarebbe trovato in posizione fetale con i chiodi che gli trapassavano le braccia. Tra le voci di condanna, raccolte da quotidiano Avvenire, si segnala quella del reverendo George Curry, presidente della Church Society, un’associazione conservatrice della Chiesa d’Inghilterra. Altri fanno poi notare che l’emittente britannica avrebbe deliberatamente ignorato il valore che l’immagine tradizionale del Cristo sulla croce ha per i cristiani. Dal canto loro i produttori del programma si difendono affermando che la rappresentazione di Gesù in quella posizione è frutto di approfondite ricerche storiche. In difesa del programma è intervenuto anche Mark Goodacre, professore di religione della Duke university: “ Il loro scopo non era quello di essere iconoclasti, ma di spingere la gente a rflettere sulle circostanze relative alla sua morte”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il Dalai Lama pronto a dimettersi in caso di nuove violenze in Tibet

    ◊   Emergenza in Tibet. Il Dalai Lama ha detto di essere pronto alle dimissioni se la situazione dovesse degenerare. La Cina intanto accusa l’entourage del leader buddista di aver organizzato le violenze. E ieri, a Pechino, sono stati arrestati, secondo i loro compagni di studi, i circa cento studenti tibetani che avevano tenuto una pacifica manifestazione di solidarietà con i monaci. Il servizio di Fausta Speranza:


    Parlando con la stampa a Dharamsala, in India, sede del parlamento tibetano in esilio, il Dalai Lama riconosce che l’unica opzione diventano le dimissioni se - spiega - “le cose vanno fuori controllo”. Il leader spirituale, e premio Nobel per la pace, sottolinea che l'indipendenza del Tibet non è all'ordine del giorno e condanna in ogni caso la violenza. Da parte sua, il primo ministro cinese, Wen Jiabao, accusa il gruppo del Dalai Lama di aver “premeditato e organizzato” le violenze avvenute nei giorni scorsi a Lhasa, capitale del Tibet. La Cina sostiene che i morti siano 13, mentre secondo il governo tibetano in esilio sono almeno cento, e che quelli che definisce rivoltosi hanno compiuto “saccheggi e incendi” e ucciso “in modo estremamente crudele cittadini innocenti”. La versione della Cina - che non coincide con quella di molti testimoni - è che le forze di sicurezza non hanno fatto uso di armi da fuoco. Il premier di Pechino parla di “sabotaggio delle Olimpiadi, sogno del popolo cinese”, e ammette per la prima volta che la rivolta tibetana si è estesa a molte zone del Paese. Contro l’ipotesi di un sabotaggio dei Giochi olimpici si fa sentire subito la voce del Giappone, che chiede però alla Cina di operare per una gestione trasparente della crisi. Mentre da Bruxelles parla il presidente dell’europarlamento, Poettering: l’Europa, sostiene, “non può essere d'accordo” con ciò che sta succedendo in Tibet e deve mandare un “segnale”' a Pechino, come la rinuncia degli esponenti politici a partecipare alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi se la Cina non porrà fine alla repressione. Intanto, continuano le proteste in varie altre zone in Tibet: questa mattina, 500 monaci del monastero Choepel Shing hanno manifestato a Dogo, nella contea di Chone (Zhouni Xian in cinese). Grande manifestazione anche in India: oltre duemila tibetani provenienti da tutte le province dell'India del nord si sono riuniti a Siliguri in una delle manifestazioni più affollate da anni, chiedendo alle Nazioni Unite un'inchiesta sulla repressione cinese in Tibet. Sono guidati da centinaia di monaci in tunica marrone.

     
    Kosovo
    Si aggrava il bilancio delle violenze in Kosovo. Un agente ucraino della polizia ONU è morto stamani a causa delle ferite riportate negli scontri di ieri con i manifestanti serbi. Disordini che erano scoppiati durante lo sgombero della sede di un tribunale amministrativo gestito dalle Nazioni Unite e che avevano provocato oltre 160 feriti. Intanto, a livello diplomatico, la Russia ha accusato di uso eccessivo della forza i soldati ONU della KFOR ed ha invitato i Paesi del Medio Oriente a non riconoscere l'indipendenza di Pristina, proclamata unilateralmente il 17 febbraio scorso, mettendo in guardia dal pericolo di un effetto-domino nelle rivendicazioni secessioniste dell’area. Su quanto accaduto, Stefano Leszczynski ha sentito Mauro Ungaro, esperto in politica balcanica e direttore del settimanale diocesano "Voce Isontina":


    R. - Probabilmente, si trattava di una reazione attesa e che stava covando già da qualche settimana. Da parte della minoranza serba che si trova nella zona nord di Mitrovica - Mitrovica è divisa dal fiume Ibar, a nord c’è la parte serba con circa 20 mila abitanti, a sud quella a maggioranza kosovara, con 80 mila abitanti - la presenza delle forze dell’ONU è percepita come espressione di un tradimento. Un voltafaccia da parte della comunità internazionale per non essersi opposta alla dichiarazione di indipendenza unilaterale, due settimane fa, da parte del Kosovo.

     
    D. - Insomma, nessuno si è occupato, in realtà - o si è voluto occupare - di Mitrovica?

     
    R. - Sì. C’è una sensazione di abbandono che, secondo me, va ricercata ed è comune, un po’ a tutta la popolazione serba. Noi non dobbiamo dimenticare che a fine gennaio nel Paese c’erano state le elezioni presidenziali. L’aveva spuntata il premier Tadic che, di fatto, veniva visto come espressione di un’ala moderata e votandolo i cittadini serbi avevano quasi votato la scelta europea. Ci si aspettava che l’Europa volesse ristabilire un tavolo di trattative.

     
    D. - Non c’è il pericolo che, da parte russa, si soffi un po’ troppo sul fuoco?

     
    R. - Questo, effettivamente, può essere un pericolo, anche perché dobbiamo considerare che, di fatto ormai, in tutta l’area europea centro-balcanica la Serbia costituisce l’unico Stato che ancora guardi con simpatia alla Russia. Certamente, questo è un rischio: un pericolo che la Russia voglia far sentire un po’ la propria potenza in questa situazione.

     
    Economia
    Dopo una giornata nella quale l’Europa ha bruciato in borsa 304 miliardi di euro, quella di oggi è nel segno del recupero. Seduta positiva per Tokyo che ha chiuso con +1,50 per cento e per le altre piazze asiatiche. L'euro stabile sotto quota 1,58, il petrolio è invece in rialzo negli after hours di New York a 106,82 dollari. Intanto, in un’intervista televisiva, il segretario al Tesoro USA, Henry Paulson, ha affermato che l’economia statunitense è in forte contrazione. “La priorità - ha affermato - è il mantenimento dei mercati stabili”.

    Iraq
    Al via oggi, in Iraq, la Conferenza di riconciliazione nazionale di due giorni che riunisce a Baghdad centinaia di delegati, espressione di quasi tutti i gruppi politici iracheni. Nel discorso di apertura, il premier Al Maliki ha invitato i Paesi confinanti a non “interferire negli affari interni” del Paese del Golfo. Sul terreno, intanto, l’esplosione di due ordigni ha provocato almeno dieci morti nelle ultime 12 ore a Baghdad. Di 52 vittime è il bilancio ancora provvisorio dell’attentato kamikaze di ieri compiuto da una donna a Kerbala, città santa sciita. Oltre 70 i feriti rimasti coinvolti nell’esplosione avvenuta tra la folla, ad un centinaio di metri dal mausoleo dell’Imam Hussein.

    Medio Oriente
    Nel timore di attacchi imminenti, il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha ordinato la chiusura dei valichi in Cisgiordania, dalla notte di oggi fino a domenica. Sette gli ordigni rinvenuti a Jenin all’interno di un auto, mentre resta alta la tensione a Gerusalemme dopo l’accoltellamento di un ebreo ortodosso da parte di un palestinese. Intanto, su un sito internet legato al braccio armato di Hamas è stato diffuso un filmato nel quale si esalta la figura del giovane che, due settimane fa, ha ucciso otto seminaristi ebrei in un collegio rabbinico.

    Terrorismo
    Nella mediazione per il rilascio dei due austriaci, rapiti dal ramo maghrebino di al Qaeda il 22 febbraio scorso in Tunisia, è intervenuta la Libia. Tripoli ha stabilito un contatto con i sequestratori, che solo ieri avevano annunciato la proroga di una settimana dell’ultimatum.

    Yemen-esplosione
    Una guardia di sicurezza ha perso la vita a Sanaa, capitale dello Yemen, per l’esplosione di una granata nelle vicinanze dell’ambasciata degli Stati Uniti. Feriti nella deflagrazione altri tre agenti e quattro bambini che si trovavano nei pressi della zona.

    USA-Russia
    Nessun accordo è stato ancora raggiunto nei colloqui a Mosca tra Stati Uniti e Russia sullo scudo anti-missile che Washington intende installare in Polonia e Repubblica Ceca. A riferirlo il ministro degli Esteri russo, Lavrov,, che partecipa alla riunione insieme al titolare della Difesa Serdiukov, e i colleghi americani, Rice e Gates.

    Belgio-politica
    Rientra dopo nove mesi dalle elezioni la crisi politica in Belgio. Il prossimo primo ministro, il cristiano-democratico Yves Leterme, ha annunciato al termine di una lunga riunione, durata 21 ore, l’intesa con gli altri partiti sul programma della coalizione di governo. L’insediamento del nuovo esecutivo, di cui fanno parte tre partiti francofoni e due fiamminghi, è previsto per giovedì prossimo.

    Albania
    Oggi, giorno di lutto nazionale in Albania per l’esplosione di un deposito di armi, avvenuta sabato scorso a Tirana. Dopo i decessi di ieri, sono 16 le vittime accertate, cinque le persone ancora disperse. A livello di indagini, tre alti dirigenti del Ministero della difesa e della ditta addetta allo smantellamento dell’arsenale sono stati fermati per ordine dei magistrati. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 78

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