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Sommario del 17/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alla Messa in suffragio di mons. Rahho: la sua morte ispiri agli iracheni di buona volontà, cristiani e musulmani, la volontà di vivere in pace e giustizia
  • Reso noto il programma del viaggio del Papa negli USA in aprile: Benedetto XVI parlerà all'ONU e pregherà a Ground Zero
  • Accordo Santa Sede-Andorra
  • Disarmo, politica, fisco, ruolo dei fedeli laici sono i grandi temi al centro dei prossimi impegni del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Sabbah invoca la fine della guerra infinita tra israeliani e palestinesi
  • Domani i funerali di Chiara Lubich: la testimonianza dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams
  • La situazione della vita religiosa in Francia: intervista con il cardinale Rodé
  • Presentato in convegno a Milano il Tavolo regionale delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana
  • Chiesa e Società

  • "Penitenza e perdono le vie giuste per la pace": così i leader cristiani di Gerusalemme nel Messaggio di Pasqua
  • Grande partecipazione di tutti i cristiani di Terra Santa alle celebrazioni della Domenica delle Palme a Gerusalemme
  • Ostaggi in Colombia: per mons. Castro deve prevalere la via del dialogo
  • Messaggio dei vescovi spagnoli per la Giornata della vita
  • La Croce Rossa: la crisi umanitaria in Iraq tra le più gravi nel mondo
  • Aumento esponenziale per i costi della guerra in Iraq
  • Sri Lanka: ancora attacchi ai giornalisti. Crescono i timori per la libertà di stampa
  • La “Fiaccola di Lolek” da Roma a Cracovia. Al via la corsa pellegrinaggio in ricordo di Giovanni Paolo II
  • Il presidente della CEI, Angelo Bagnasco, ricorda ai fedeli che “Gesù ci salva portando le nostre croci”
  • L’arcivescovo di Palermo: la città si ribelli al "pizzo"
  • La Comunità Sant’Egidio ricorda i "martiri della fede" con una veglia di preghiera
  • Maggiori rischi per le donne diabetiche che autoriducono la dose di insulina per dimagrire
  • L'ONU rileva la drammatica accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai
  • 24 Ore nel Mondo

  • Tibet: scade oggi l'ultimatum della Cina. Incerto il numero delle vittime nelle violenze anti-governative
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alla Messa in suffragio di mons. Rahho: la sua morte ispiri agli iracheni di buona volontà, cristiani e musulmani, la volontà di vivere in pace e giustizia

    ◊   “Un uomo di pace e di dialogo” tra i cristiani e i musulmani del suo Paese, condannato a una fine “disumana”, seguita da una “indegna sepoltura”. Con parole di intensa partecipazione, Benedetto XVI ha iniziato oggi la sua giornata nel ricordo dell’arcivescovo caldeo ucciso a Mossul, Paulos Faraj Rahho. Celebrandone la Messa di suffragio nella cappella “Redemptoris Mater”, in Vaticano, il Papa ha avuto a più riprese parole di solidarietà verso l’Iraq. L’esempio di mons. Rahho, ha auspicato alla fine, possa “sostenere tutti gli iracheni di buona volontà” nella costruzione di una nazione pacifica e solidale. La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:


    Il compianto per la morte di un uomo giusto e la consapevolezza, dettata dalla fede, che in questa morte vi sia il seme e l’esempio perché cristiani e musulmani riescano infine a costruire, in Iraq, una convivenza “fondata sulla fratellanza umana e sul rispetto reciproco”. E’ il pensiero di suffragio che Benedetto XVI dedica a mons. Paulos Faraj Rahho, vittima inerme di una violenza che - per la coincidenza dei tempi - non può non rinviare il pensiero a una morte e a un calvario più antichi di duemila anni.

     
    (canto)

     
    Le note della liturgia orientale, fanno da sfondo alla voce del Papa che è commossa, addolorata. Pronuncia le parole dell’omelia evidentemente rattristato da una vicenda che l’ha colpito nel profondo del cuore per la sua crudeltà: mons. Rahho, un uomo che guidava una comunità cattolica in Iraq nel segno della gioia e della carità - le due parole che danno il nome all’associazione da lui fondata per l’aiuto ai portatori di handicap - brutalizzato da un rapimento e da una morte culminata nel supremo e immeritato oltraggio di una “tomba” scavata nella spazzatura. Il Vangelo della Messa di questa mattina, con l’episodio di Maria di Betania che unge i piedi a Gesù con olio profumato, ha suggerito al Papa questo parallelo:

     
    “Penso al sacro Crisma, che unse la fronte di mons. Rahho nel momento del suo Battesimo e della sua Cresima; che gli unse le mani nel giorno dell’ordinazione sacerdotale, e poi ancora il capo e le mani quando fu consacrato vescovo. Ma penso anche alle tante 'unzioni' di affetto filiale, di amicizia spirituale, di devozione che i suoi fedeli riservavano alla sua persona, e che l’hanno accompagnato nelle ore terribili del rapimento e della dolorosa prigionia - dove giunse forse già ferito -, fino all’agonia e alla morte. Fino a quella indegna sepoltura, dove poi sono state ritrovate le sue spoglie mortali”.

     
    Con nel cuore il mistero del dolore della Settimana Santa, a Benedetto XVI è venuto spontaneo paragonare le sofferenze patite da mons. Rahho al supplizio subito dal “Servo sofferente” descritto nella liturgia dal profeta Isaia, tanto misterioso nella sua identità quanto simile in tutto al Cristo della Passione. Il Servo, ha osservato il Papa, è presentato come colui che porterà, proclamerà, stabilirà il diritto: tre verbi la cui “insistenza”, ha detto, “non può passare inosservata”. E il Servo che - ha proseguito Benedetto XVI - “realizzerà questa missione universale con la forza non violenta della verità” prefigura Gesù che, pure “di fronte a un’ingiusta condanna, rende testimonianza alla verità, rimanendo fedele alla legge dell’amore”:

     
    “Su questa stessa via, mons. Rahho ha preso la sua croce e ha seguito il Signore Gesù, e così ha contribuito a portare il diritto nel suo martoriato Paese e nel mondo intero, rendendo testimonianza alla verità. Egli è stato un uomo di pace e di dialogo. So che egli aveva una predilezione particolare per i poveri e i portatori di handicap, per la cui assistenza fisica e psichica aveva dato vita ad una speciale associazione, denominata Gioia e Carità (“Farah wa Mahabba”), alla quale aveva affidato il compito di valorizzare tali persone e di sostenerne le famiglie, molte delle quali avevano imparato da lui a non nascondere tali congiunti e a vedere Cristo in essi. Possa il suo esempio sostenere tutti gli iracheni di buona volontà, cristiani e musulmani, a costruire una convivenza pacifica, fondata sulla fratellanza umana e sul rispetto reciproco”.

     
    Questo appello del Papa - dopo quello di ieri all’Angelus, molto apprezzato dalla comunità cattolica locale, come ha confermato oggi l’ausiliare di Baghdad, Shlemon Warduni - segue il primo che aveva aperto l’omelia, quando Benedetto XVI aveva invitato gli iracheni a non “perdersi d’animo”, e ne precede di poco un altro, ancora dedicato a mons. Rahho e alla speranza che specialmente i cristiani del Paese siano i primi a credere in “un futuro migliore” per l’Iraq:

     
    “Come l’amato arcivescovo Paulos si spese senza riserve a servizio del suo popolo, così i suoi cristiani sappiano perseverare nell’impegno della costruzione di una società pacifica e solidale sulla via del progresso e della pace”.

     
    (canto)

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    Reso noto il programma del viaggio del Papa negli USA in aprile: Benedetto XVI parlerà all'ONU e pregherà a Ground Zero

    ◊   La Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi il programma ufficiale del viaggio apostolico del Papa negli Stati Uniti d'America e della visita alla sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, dal 15 al 21 aprile. Si tratta dell’ottavo viaggio internazionale di Benedetto XVI. Il servizio di Sergio Centofanti.


    Il Pontefice partirà martedì 15 aprile a mezzogiorno dall’aeroporto di Roma-Fiumicino per giungere, alle 16.00 ora locale, a Washington, dove sarà accolto dal presidente degli Stati Uniti George W. Bush e dalla First Lady. Il 16 aprile, dopo una visita di cortesia al presidente americano nello Studio Ovale della Casa Bianca, il Papa incontrerà i cardinali e i vescovi cattolici del Paese e saluterà i rappresentanti delle fondazioni caritative cattoliche. Il giorno successivo presiederà la Messa nel National Stadium della capitale per poi incontrare nel pomeriggio il mondo universitario cattolico e in serata i rappresentanti delle altre religioni. Venerdì 18 aprile il Papa si trasferirà a New York nella sede delle Nazioni Unite: qui pronuncerà un atteso discorso davanti all’Assemblea generale. In serata parteciperà ad un incontro ecumenico. Il giorno dopo Benedetto XVI presiederà nella Cattedrale di St. Patrick di New York una Messa con sacerdoti, religiosi e religiose, seguita da un incontro con i giovani e i seminaristi. Altro momento importante del viaggio, la visita a Ground Zero domenica 20 aprile: qui il Papa si raccoglierà in preghiera in ricordo delle vittime degli attentati. Nel pomeriggio la Messa allo Yankee Stadium di New York. In serata la partenza per Roma-Ciampino dove il rientro è previsto per lunedì 21 aprile alle 10.45.

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    Accordo Santa Sede-Andorra

    ◊   Oggi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, è stato firmato un Accordo tra la Santa Sede ed il Principato di Andorra. Per la Santa Sede ha firmato il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e per il Principato di Andorra il capo del Governo Albert Pintat. “L’Accordo – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - consolida ulteriormente i tradizionali vincoli di collaborazione, esistenti tra le due parti. Come è noto, il vescovo di Urgell (diocesi spagnola) è da oltre settecento anni Coprincipe di Andorra. Andorra ha mantenuto da sempre una relazione speciale con la Chiesa cattolica. Nel 1993, il Principato si è dotato di una Costituzione che mantiene in vita il sistema del Co-Principato, risalente al 1278, al tempo del Pontificato Martino IV che confermò il "pareatge" (accordo o patto). I Coprincipi - che sono il vescovo di Urgell ed il presidente della Repubblica francese - svolgono in modo congiunto ed indivisibile le funzioni del capo dello Stato. L’Accordo firmato tra la Santa Sede ed il Principato di Andorra si compone di un Preambolo e di sedici articoli, raggruppati in sei parti, riguardanti le seguenti materie: il vescovo di Urgell, lo statuto giuridico della Chiesa cattolica in Andorra, il matrimonio canonico, l’insegnamento della religione nella scuola, il sistema economico della Chiesa cattolica in Andorra. Si chiude con alcune disposizioni finali. L’Accordo entrerà in vigore dopo lo scambio degli strumenti di ratifica”.

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    Disarmo, politica, fisco, ruolo dei fedeli laici sono i grandi temi al centro dei prossimi impegni del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

    ◊   Al dicastero vaticano per la Giustizia e la Pace, che tra i suoi compiti istituzionali ha quello dell’approfondimento e della diffusione della dottrina sociale della Chiesa, sono in cantiere per quest’anno e fervono i lavori di preparazione relativamente a quattro importanti convegni e seminari internazionali di studio sugli attuali temi del disarmo, della politica, del fisco e dell’impegno dei fedeli laici alla luce dell’insegnamento sociale cristiano. La prima di queste assise, dal titolo “Disarmo, sviluppo e pace: prospettive per un disarmo integrale”, si svolgerà nella sede del dicastero, a Palazzo San Calisto, l’11 e il 12 aprile, con particolare attenzione alle implicazioni etico-politiche, economiche e giuridiche e al ruolo delle organizzazioni internazionali, di quelle non governative e delle religioni.

    “La politica, forma esigente della carità” è il tema della Conferenza internazionale che il Pontificio Consiglio organizzerà in Vaticano dal 19 al 21 giugno prossimo, prendendo in speciale considerazione la visione cristiana in proposito e rapportando politica, diritti e doveri dell’uomo nei campi della difesa della vita e della famiglia, della fiscalità e della cooperazione internazionale, nonché delle biotecnologie, senza trascurare il particolare impegno dei cattolici e la loro adesione ai partiti politici.

    A fine agosto, il dicastero si mobiliterà per l’organizzazione del III Congresso continentale per la presentazione del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, che avrà luogo a Dar-es-Salaam in Tanzania e interesserà tutta l’Africa, come il primo di Città del Messico per le Americhe nel 2005 e il secondo per l’Asia a Bangkok in Thailandia , l’anno scorso.

    Un seminario sul Fisco sarà organizzato quindi, in settembre, il 26 e il 27, nella sede del Pontificio Consiglio, in considerazione dell’importanza etica, economica e giuridica che la questione fiscale assume oggi, sia a livello nazionale che internazionale.

    Il 28 e 29 novembre, poi, sempre nella sede del Dicastero per la Giustizia e la Pace avrà luogo un convegno per approfondire il rapporto tra laici e dottrina sociale cristiana. In ragione dell’indole secolare del loro stato di vita e della loro vocazione, i laici hanno particolari responsabilità nell’elaborazione e nell’attuazione della dottrina sociale della Chiesa, che il convegno vuole mettere a fuoco e puntualizzare.

    A tali impegni del Pontificio Consiglio nel suo insieme, si affiancano le iniziative del suo presidente, il cardinale Renato Raffaele Martino, che dal 26 al 30 marzo sarà in Thailandia per inaugurare a Bangkok la Casa di formazione per operatori pastorali, intitolata al Servo di Dio cardinale Van Thuan, suo predecessore alla guida del dicastero e di cui è in corso la causa di beatificazione. Dal 16 al 19 aprile il porporato in Romania, a Iasi e a Bucarest, parlerà della dottrina sociale cristiana e presenterà il relativo Compendio in versione rumena, che porta il numero delle traduzioni del testo ormai ad oltre 40. Dal 10 al 12 giugno, poi, andrà in Brasile per presiedere a San Paolo ad un Corso di formazione per Cappellani militari. (A cura di Paolo Scappucci)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sulle tante crisi mondiali dimenticate dai media, un articolo, in prima pagina, di Gabriele Nicolò dal titolo "I silenzi dell'informazione".

    Nell'internazionale, intervento dell'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate, sul tema dei diritti umani.

    "Come un certo Solov'ev approdò in Occidente": in cultura, Mara Quadri ricorda il mezzo secolo di una piccola, grande casa editrice russa.

    Gaetano Vallini recensisce il film "Katyn" del regista Andrzej Wajda, che racconta il massacro dei dodicimila ufficiali dell'esercito polacco.
     Da luogo tetro e misterioso a origine della cultura occidentale: Marco Testi sull'evoluzione dell'immagine dell'abbazia dal romanzo settecentesco a oggi.

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Sabbah invoca la fine della guerra infinita tra israeliani e palestinesi

    ◊   “La violenza distrugge e non costruisce”: così si legge nel messaggio per la Pasqua 2008 di mons. Michel Sabbah, Patriarca di Gerusalemme dei Latini. Mons. Sabbah sottolinea che “israeliani e palestinesi, Stati e individui, dopo decenni e decenni di conflitto devono capire che gli eserciti non proteggono più i loro popoli, ma piuttosto li espongono a più violenza, paura, insicurezza”. Fausta Speranza ha chiesto a mons. Sabbah quale preghiera abbia nel cuore.


    R. – La mia preghiera è stata sempre per la pace e per i due popoli, israeliani e palestinesi.

     
    D. – Mons. Sabbah, nel suo messaggio di Pasqua parla della prossima conclusione del suo mandato, dopo il compimento di 75 anni. In questi anni, com’è cambiato il piano politico?

     
    R. – E’ stato decisivo il fatto che i due popoli si siano messi a parlare l’uno con l’altro, ma niente è cambiato, siamo rimasti alle trattative tra volontà e desideri di pace e tra violenza reciproca. Gli israeliani ammazzano i palestinesi, i palestinesi ammazzano gli israeliani. Ciascuno ha le sue pretese. Gli israeliani si difendono, hanno diritto alla loro sicurezza, hanno diritto alla legittima difesa del loro popolo. I palestinesi sono sotto occupazione, invece, ma hanno diritto alla loro libertà e a difendere la loro libertà. Siamo rimasti in questa logica fino ad oggi.

     
    D. – Mons. Sabbah, in questi giorni di preparazione alla Pasqua, qual è il sentire dei cristiani? Ci sono difficoltà oggettive nella preparazione delle celebrazioni?

     
    R. – I sentimenti dei cristiani sono i sentimenti della vita quotidiana, durante la Pasqua e tutti i giorni. Sono difficoltà provenienti sempre da questa instabilità politica: il muro che separa il check-point, la limitazione della libertà di movimento. Questa settimana abbiamo fatto liste di migliaia di nomi per ottenere i permessi militari, perchè possano venire a Gerusalemme e prendere parte alle liturgie che si fanno lì. E gli israeliani danno tutti questi permessi. Noi aspettiamo che arrivi un giorno in cui non ci sarà bisogno di chiedere un permesso militare per venire a pregare a Gerusalemme. Comunque, durante la Settimana Santa, le nostre chiese parrocchiali sono piene di giovani e di anziani.

     
    D. – Parliamo di una presenza numerica dei cristiani. Negli ultimi venti anni si è passati dal 20 al 2 per cento. Mons. Sabbah che cosa dire a proposito?

     
    R. – Su questo argomento dico che il nostro numero è la conseguenza di avvenimenti storici, sociali, di conquistatori che sono venuti e si sono succeduti in questa terra, ma principalmente questo piccolo numero è legato specialmente al mistero di Gesù in questa terra. Gesù è venuto 2000 anni fa ed è rimasto anche lui stesso con un piccolo numero, il gruppo dei discepoli della prima comunità cristiana che ha creduto. Perchè il fondo del mistero è che Gesù è venuto nella sua terra e non è stato riconosciuto nella sua terra. E’ riconosciuto oggi nel mondo, ma qui 2000 anni dopo rimane nella stessa situazione di non essere riconosciuto. Il nostro piccolo numero significa proprio questo non riconoscimento e significa che abbiamo una vocazione speciale, quella di essere testimoni di Gesù nella sua terra. Adesso la gente continua ad emigrare, tutti emigrano, musulmani, ebrei ed anche cristiani. Le nostre cifre rimangono stabili, ma la proporzione cambia. Se avremo la pace e la stabilità, alcuni o tanti ritorneranno e altri non emigreranno più, ma ci sono già alcune famiglie – ne conosco almeno due o tre – che avevano buoni lavori, vivevano in America del Nord, che sono tornate convinte di dover essere cristiani nella loro terra.

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    Domani i funerali di Chiara Lubich: la testimonianza dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams

    ◊   Tre giorni dopo la scomparsa, è tuttora ininterrotto il flusso di visitatori desiderosi di portare un ultimo saluto a Chiara Lubich. La camera ardente che accoglie la salma della fondatrice del Movimento dei Focolari resterà aperta fino alle 11 di domattina, a Rocca di Papa. Quindi, alle 15 di domani pomeriggio, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, presiederà le esequie solenni nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, trasmesse in diretta televisiva via satellite e via Internet. Sulla figura e sull'esperienza di Chiara Lubich - che sarà sepolta nella Cappella del Centro internazionale del Movimento dei Focolari - si sofferma il primate della Comunione anglicana, l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, intervistato dalla collega della redazione inglese della nostra emittente, Philippa Hitchen:


    R. – Chiara Lubich was one of the great figure…
    Chiara Lubich è stata una delle grandi figure della Chiesa moderna e una di quelle figure che appartiene non solo alla comunità della Chiesa cattolica, ma a tutti quelli che capiscono quanto si sia adoperata per il rinnovamento dei cristiani. Ha imposto un cambiamento nella vita della comunità di molti, molti cristiani. I suoi scritti e i suoi insegnamenti sono stati di ispirazione per centinaia di migliaia di persone, se non di più. E noi piangiamo la sua scomparsa con profondi sentimenti. E’ una donna che ho avuto il privilegio di incontrare e ho avuto contatti molto fruttuosi con il Movimento dei Focolari. Per molti, molti anni hanno incoraggiato e ispirato me e il mio ministero. Quindi, il mio cuore va a quanti in questi giorni piangono la perdita di Chiara. Penso che vedremo in lei una delle grandi luci dell’attuale generazione cristiana.


    L’opera di Chiara Lubich non si è svolta solo a livello del dialogo ecumenico e interreligioso ma ha riguardato anche i campi molto concreti dell’economia e della politica, con progetti specifici, nella convinzione che la fede coinvolge tutte le realtà dell’uomo. Ascoltiamo in proposito il prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica alla Gregoriana e per tanti anni stretto collaboratore di Chiara Lubich. L’intervista è di Luca Collodi:


    R. – Chiara ha dato vita a movimenti reali, non soltanto a delle intenzioni. Quando Chiara nel 1991, in Brasile, ha l’intuizione di dar vita a un’economia di comunione, lo fa perchè si rende conto che la comunione dei beni, che pure c’era sempre stata dentro il movimento, non era sufficiente, bisognava cominciare a pensare a un modo nuovo di produrre, di gestire le aziende per superare la povertà, per mettere in condizione di formare anche i giovani, le persone a questa nuova cultura della comunione anche in economia e per creare un nuovo prototipo di modo di lavorare che fosse pienamente personalista e comunionale anche nella società. Oggi sono oltre 700 le aziende che aderiscono a questo progetto che naturalmente crea anche una sua riflessione economica, crea i suoi libri, crea i suoi percorsi universitari e lo stesso vale per la fraternità in politica. Il grande principio dimenticato, quando abbiamo tentato di sviluppare soprattutto la libertà e l’uguaglianza in questi ultimi due secoli e tante volte l’una in conflitto con l’altra: chi vuole la libertà sente come un vincolo l’idea di uguaglianza e viceversa. La grande intuizione, invece, è quella che se si vive fraternamente la libertà e l’uguaglianza trovano il loro equilibrio giusto.

     
    D. - Cosa succederà ora che non c’è più Chiara Lubich, professor Baggio?

    R. - L’abbiamo chiesto molte volte a lei e lei ci ha sempre risposto in questo modo: “Sarà bellissimo, lo Spirito Santo ricolmerà dei doni che vi faranno capaci di portare avanti l’opera, così come è nata, e di ingrandirla secondo tutte le ricchezze che contiene”. Anzi diceva: “Dopo di me voi vivrete ancora di più questo ideale, perchè crescerete, perchè sarete maturi, dovrete essere veramente fratelli e sorelle e quindi prendere ancora più sul serio questo ideale”. Così ci ha sempre risposto. Credo di non aver trovato nessuno che sente il senso della mancanza o dell’assenza, c’è in tutti noi una pienezza e un desiderio di continuare a fare ancora meglio ciò che lei ci ha insegnato.

    E l'impegno di Chiara Lubich si è esteso anche al mondo culturale con la promozione di un Istituto universitario, "Sophia", a Loppiano (Firenze), cittadella del Movimento. Luca Collodi ne ha parlato col teologo e sacerdote focolarino don Piero Coda:


    R. – E' un’intuizione che sempre Chiara ha portato nel suo cuore lungo questi anni e cioè che quella corrente di esperienza intensamente evangelica, che è nata dal carisma dell’unità di cui Chiara si è fatta interprete, che ha coinvolto appunto il movimento dei Focolari in questi anni, che questa corrente di vita evangelica diventasse anche un fermento, un lievito di carattere culturale in un mondo come il nostro che attraversa un momento epocale, un momento di svolta. C’è la necessità che il Vangelo di Gesù mostri tutta la sua efficacia anche a livello intellettuale, a livello sociale, nella vita dell’uomo del nostro tempo. Questo istituto universitario, fortemente voluto da Chiara - è commovente che ce l’abbia lasciato proprio come la sua ultima eredità – è nato proprio il sette dicembre dello scorso anno. Il sette dicembre è una data molto cara a Chiara e al Movimento dei Focolari perché il sette dicembre del ’43, Chiara, giovanetta, si è consacrata a Dio da sola per compiere quello che era il volere di Dio, non sapendo ancora quale sarebbe stata la sua strada.

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    La situazione della vita religiosa in Francia: intervista con il cardinale Rodé

    ◊   Il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita religiosa e le società di vita apostolica, è appena rientrato dalla Francia, dove ha avuto diversi incontri con i religiosi e le religiose del Paese. Giovanni Peduto gli ha chiesto di parlarci dell’attuale situazione della vita religiosa in Francia:


    R. – La Francia fa parte certamente della realtà dell’Europa occidentale e lì la secolarizzazione è andata abbastanza forte in questi 40 anni, dopo il Concilio, ma non tanto come in Belgio o in Olanda, per esempio. Si può dire che certe Congregazioni tradizionali soffrano a causa di questa mentalità secolarizzante, che è penetrata in loro. Ci sono anche, però, delle reazioni sorprendenti.

     
    D. – Eminenza, a suo parere i religiosi oggi come devono affrontare le sfide della secolarizzazione?

     
    R. – Se ricordiamo un poco gli ultimi interventi del Santo Padre, sia alla Congregazione dei padri gesuiti, sia alla riunione dei Superiori Maggiori delle Conferenze internazionali dei Superiori e delle Superiori generali, sia ai padri salesiani, ultimamente, il Santo Padre mette in guardia continuamente contro il pericolo di quella che lui chiama la secolarizzazione interna. Fuggire da questo spirito mondano, dunque, e mettere l’accento sulla vita in comunità, sulla vita fraterna, sulla preghiera, sulla povertà, sull’obbedienza, sulla castità vissuta nella gioia del cuore e nella libertà interiore. Ecco quello che dobbiamo riprendere, quello che dobbiamo vivere intensamente, e penso che sia l’unica via per uscire da questa situazione di crisi nella quale si trova la vita religiosa: vivere intensamente il carisma, tornare all’autenticità della vita religiosa.

     
    D. – Quale risonanza hanno ora nel suo animo, Eminenza, gli incontri che ha avuto in Francia con le persone di vita consacrata?

     
    R. – Soprattutto, una grande ammirazione e gioia, quando trovi giovani monaci, giovani padri carmelitani, domenicani, le suore benedettine, e li vedi pieni di gioia, trasparenti, con una grande libertà interiore. Sono visibilmente al loro posto, dove Dio li vuole e vivono la loro vocazione nella gioia e nella pace del cuore. Questa penso sia la prima testimonianza che questi religiosi danno ed è una testimonianza molto convincente, molto credibile. Come diceva, in altri tempi, il filosofo Bergson la loro esistenza è un appello, non hanno bisogno di parlare.

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    Presentato in convegno a Milano il Tavolo regionale delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana

    ◊   L'umanità è il "criterio, il pilastro delle problematiche della sanità". L'affermazione del cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, è contenuta nell'intervento che il porporato ha tenuto sabato scorso in apertura del convegno intitolato "Le istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana: caratteristiche e finalità". L'evento è stato organizzato dalla Consulta per la pastorale della salute della Regione Lombardia e dal Tavolo regionale delle istituzioni sanitarie di ispirazione cristiana, presentato in occasione del Convegno. A seguirlo per noi c'era, da Milano, Fabio Brenna:


    Sono ventidue realtà che gestiscono 117 strutture sanitarie in Lombardia. Per la prima volta si sono presentate insieme al pubblico nel convegno organizzato anche come momento unitario di questi enti cattolici impegnati nel complesso sistema sanitario, che in Lombardia si fonda su un 70% di pubblico e su un 22% di privato. Le istituzioni sanitarie di ispirazione cattolica vogliono avere un loro spazio con una precisa identità: quella no-profit. Don Gianmaria Comolli è il segretario del Tavolo regionale che riunisce gli enti sanitari cattolici lombardi:

     
    “Noi, come istituzioni sanitarie, non lavoriamo a fine di lucro, quindi non strumentalizziamo assolutamente la malattia e la sofferenza, ma lavoriamo solamente per poter curare la persona nella sua globalità e, ovviamente, se ci fossero degli utili, questi utili non potrebbero essere divisi tra coloro che gestiscono gli enti ma dovrebbero essere re-investiti o nell’Opera o in opere similari. Non possiamo dimenticare, ad esempio, che tanti di questi enti sono congregazioni religiose che sostengono varie opere sanitarie anche nei Paesi del Terzo Mondo”.
     
    Secondo mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e delegato della Conferenza episcopale lombarda per la pastorale della salute, i principali elementi da tutelare quando si considera il rapporto fra istituzioni pubbliche e sanità cattolica, sono bene comune e giustizia. Bene comune è l’obbiettivo da perseguire da parte degli operatori con la loro vocazione alla cura integrale della persona ammalata, e giustizia da parte delle istituzioni, che devono rispettare gli impegni presi e riconoscere quanto dovuto secondo gli obblighi di legge. Non nasconde le difficoltà del settore don Gianmaria Comolli:

     
    “Vogliamo chiedere alle istituzioni il dovuto, anche a livello economico, visto che queste istituzioni stanno soffrendo, purtroppo, una grossa crisi a livello economico. Quindi, noi non vogliamo chiedere privilegi alle istituzioni, ma vogliamo – attraverso il principio di sussidiarietà – chiedere alle istituzioni il giusto. Vogliamo mostrare la particolare attenzione che queste strutture hanno nei confronti delle varie categorie deboli della società, quindi malato psichiatrico, disabile, anziano”.
     
    In occasione del convegno è stato presentato un volume che presenta una per una tutte le 22 istituzioni sanitarie cattoliche che gestiscono, fra l’altro, sei IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico), tre ospedali classificati, 17 case di cura, 33 dipartimenti psichiatrici e per la disabilità, oltre a 45 residenze sanitarie assistenziali, per un totale di 13.642 posti letto.

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    Chiesa e Società



    "Penitenza e perdono le vie giuste per la pace": così i leader cristiani di Gerusalemme nel Messaggio di Pasqua

    ◊   A pochi giorni dalla Pasqua, i capi delle chiese cristiane di Gerusalemme, tra cui il Patriarca latino Mons. Sabbah ed il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, invitano tutti i cristiani, gli uomini di buona volontà e i leader politici palestinesi e israeliani “alla penitenza e al perdono affinché seguano le giuste vie per conseguire la pace e la sicurezza”. Nel tradizionale messaggio pasquale i capi cristiani ricordano, in particolare, ai leader palestinesi e israeliani che “i modi usati fino ad ora per ottenere la sicurezza vanno cambiati se non si vuole vivere in un costante ciclo di violenza”. Da qui l’invito a “fare penitenza e ad ammettere il proprio coinvolgimento nel peccato del mondo così da essere perdonati”. Da parte loro, riferisce l'Agenzia Sir, i cristiani sono chiamati ad “essere testimoni del Risorto” collaborando a “rimuovere il fardello che pesa sulla vita della gente causato dell’occupazione, dallo spargimento di sangue, dalla violenza e dall’odio reciproco”. A tutti coloro che, sparsi nel mondo, aspirano alla pace in Terra Santa, i leader cristiani chiedono di “pregare perché la paura, principale ostacolo alla pace, possa svanire, le persone possano accettarsi gli uni gli altri e questa Terra diventare terra della Resurrezione”. (R.P.)

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    Grande partecipazione di tutti i cristiani di Terra Santa alle celebrazioni della Domenica delle Palme a Gerusalemme

    ◊   Un tripudio di festa e di gioia, e una bellissima giornata di sole, ieri a Gerusalemme, nella Domenica delle Palme. Inizia nel Santo Sepolcro, con la solenne celebrazione eucaristica - moltissimi i concelebranti - presieduta dal Patriarca latino Mons. Michel Sabbah e culminata nella processione con i rami di palma che compie tre volte il giro intorno all'Anastasis, l'edicola della Risurrezione. Nel pomeriggio, appuntamento per tutti i cristiani cattolici di Gerusalemme al santuario di Betfage per la processione - che attraversando la china del monte degli Olivi e scendendo per la valle del Cedron - compie il cammino percorso dal Signore proprio dal villaggio di Betfage fino alla Città Santa. Il lunghissimo corteo chiuso dal Patriarca latino, dal Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa, e dal Nunzio apostolico Antonio Franco, risalendo dal Getsemani è entrato nella città vecchia, passando per la Porta dei Leoni. La processione è un importante evento che richiama religiosi, fedeli e pellegrini di ogni nazionalità, che anche quest'anno hanno animato il lungo tragitto con canti in tutte le lingue. Si parla di più di 10.000 partecipanti, tra cui anche moltissimi fedeli provenienti dai Territori palestinesi e da ogni parte di Israele, in particolare da molte parrocchie di Galilea. La meta finale è come sempre il piazzale della chiesa di S. Anna alla Probatica, dove il Patriarca ha letto un breve messaggio in arabo e in inglese, in cui – ricordando le vittime israeliane e quelle palestinesi a Gaza e a Betlemme - ha sottolineato la santità di Gerusalemme. "Per capire meglio la santità di questa città - ha detto Mons. Michel Sabbah - dobbiamo sempre vedere in ogni momento e prima di ogni scelta cosa Gesù ha fatto in Gerusalemme, l'amore che ha avuto per noi e che ci ha insegnato". Il Patriarca ha poi continuato: "Preghiamo in questa settimana per noi stessi, per la nostra santificazione, e per la santificazione di quelli che vivono in tutta la Terra Santa".(A cura di Sara Fornari)

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    Ostaggi in Colombia: per mons. Castro deve prevalere la via del dialogo

    ◊   “L’augurio della Chiesa oggi è semplice: la pace. Perciò ci auguriamo anche che in ogni istante prevalga la via politica e del dialogo e non quella militare. In questo momento con le FARC non ci sono contatti”. Così, in un’ intervista rilasciata al quotidiano colombiano “El Tiempo”, l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Augusto Castro, presidente della Conferenza episcopale riassume la situazione del Paese. Il presule sottolinea che tutto si è bloccato dopo la recente uccisione del “numero due” delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), che gestiva il dialogo con coloro che da mesi tentano un accordo umanitario per favorire la liberazione di decine di sequestrati, tra cui Ingrid Betancourt. Il dialogo – ha detto - è, in pratica, sospeso “e tutto è più difficile ancora, poiché non esiste la necessaria fiducia per sedersi a negoziare”. “Attendiamo che le Farc procedano alla nomina di un nuovo interlocutore ufficiale e si definisca anche il loro nuovo orientamento. Ci auguriamo, sottolinea mons. Castro, che alla fine prevalga l’opzione politica all’interno delle FARC. Ciò sarebbe un’indicazione rilevante in favore del dialogo”. Rispondendo ad una domanda sulla pace possibile, il presule ha confessato che ritiene “difficile immaginare una pace in breve tempo”. “Se la pace, spiega, fosse una questione militare sarebbe molto prossima. Ci sono state vittorie militari e ce ne saranno altre, ma ciò non è sufficiente. Occorre sapere prima di arrivare al dialogo quale pace vogliamo. In passato la guerriglia quando parlava della pace intendeva con ciò la presa del potere. E’ un linguaggio ambiguo che non aiuta. Per il dialogo è necessario che ci sia chiarezza nel linguaggio”. Infine, sulla mediazione del presidente venezuelano Hugo Chávez, l’arcivescovo Luis Augusto Castro ha risposto: “Non sappiamo se i contatti per liberare Ingrid Betancourt e altri sette civili siano ancora in corso oppure no. Mi auguro che siano ancora attivi poiché si tratta di far ritornare a casa tutte queste persone. La guerriglia può sempre liberarli unilateralmente, o può mandarli in Venezuela, o può anche accettare di parlare con noi per facilitare un incontro con il governo. Ognuna di queste strade è buona”. (A cura di Luis Badilla)

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    Messaggio dei vescovi spagnoli per la Giornata della vita

    ◊   "La vita è sempre un bene": si intitola così la nota dei vescovi spagnoli, membri della Commissione episcopale per la Famiglia e la difesa della vita, pubblicata in vista della 7.ma Giornata nazionale per la vita, che in Spagna si celebra il 25 marzo. Ribadendo “il sacro valore di tutta la vita umana dal suo concepimento fino alla fine naturale”, i presuli incoraggiano “tutte le iniziative che promuovono la famiglia e la vita come, ad esempio, la moratoria internazionale sull’aborto”. A tal proposito, i vescovi spagnoli auspicano l’abolizione della legge sull’interruzione di gravidanza, definita “ingiusta”, e ricordano le parole pronunciate da Giovanni Paolo II a Madrid nel 1982: “Non si può mai legittimare la morte di un innocente. Si minerebbe il fondamento stesso della società”. La nota della Commissione episcopale spagnola ricorda poi che esiste “un’alternativa importante” all’aborto, ovvero l’adozione: “Migliaia di coppie – si legge nel documento – devono affrontare una lunga e gravosa procedura per l’adozione, mentre in Spagna, nel 2006, più di 100mila bambini sono morti a causa dell’aborto”. Quindi i presuli ricordano ai cattolici i “propri obblighi morali”: “Nessun cattolico – affermano – né in ambito privato né in ambito pubblico, può ammettere, in nessun caso, pratiche come l’aborto, l’eutanasia o la produzione, il congelamento e la manipolazione degli embrioni umani. La vita umana è un valore sacro che tutti dobbiamo rispettare e che le leggi devono proteggere”. Di qui, la sottolineatura che “la vita umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, è un mistero che va oltre l’ambito puramente biochimico”. Infine, i presuli ricordano le parole pronunciate da Benedetto XVI all’Angelus del 3 febbraio scorso, domenica in cui in Italia si celebrava la Giornata per la vita: “È impegno di tutti - disse il Papa in quell’occasione - accogliere la vita umana come dono da rispettare, tutelare e promuovere, ancor più quando essa è fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, sia prima della nascita che nella sua fase terminale”. (I.P.)

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    La Croce Rossa: la crisi umanitaria in Iraq tra le più gravi nel mondo

    ◊   Malgrado i progressi sul “fronte sicurezza”, la crisi umanitaria in Iraq resta ''tra le più critiche al mondo''. A sostenerlo è il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) in un rapporto reso noto ieri a Ginevra. La stessa responsabile delle operazioni del CICR in Medio Oriente e Nord-Africa, Beatrice Megevand, ha spiegato che ''la migliorata sicurezza in alcune regioni non deve far dimenticare la sorte di milioni di persone praticamente abbandonate a se stesse''. Il rapporto dell'organizzazione umanitaria fotografa la situazione a cinque anni dallo scoppio del conflitto, sottolineando come milioni di iracheni non abbiano un accesso sufficiente all'acqua potabile, alle infrastrutture igieniche e alle cure mediche. L'attuale crisi è inoltre esasperata dall'impatto dei precedenti conflitti e da sanzioni economiche. Il CICR riferisce poi che iracheni continuano ad essere uccisi o feriti ogni giorno negli scontri e negli attacchi, i civili sono spesso presi di mira in modo deliberato ed in molte famiglie c’è almeno una persona malata o ferita, oppure scomparsa, prigioniera o che è stata costretta a fuggire. Stando a quanto si legge nel testo si stima inoltre che fino a un milione di iracheni "risultano scomparsi nei conflitti tra il 1980 ed il 2003" che molte delle persone uccise nelle attuali violenze non sono mai state identificate. (M.G.)

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    Aumento esponenziale per i costi della guerra in Iraq

    ◊   Entro la fine del 2008 i costi della guerra in Iraq supereranno quelli della guerra in Vietnam, lunga 12 anni, e saranno oltre il doppio di quella di Corea. Destano grande clamore le stime del Premio Nobel per l’economia, Joseoh Stiglitz, riportate nel libro “The three trillin dollar war”, redatto insieme a Linda Bilmes, docente di Harvard”. Secondo Stiglitz i costi della guerra nel Paese del Golfo sono infatti in continua crescita e presto toccheranno i 12 miliardi di dollari al mese contro i 4,4 del 2003. Stando ai calcoli dell’economista americano entro il 2017 la spesa complessiva raggiungerà i 3000 miliardi, cifra nettamente superiore a quella del “GAO”, il braccio investigativo del congresso, che per lo stesso periodo prevede un costo complessivo degli interventi in Iraq e Afghanistan tra i 1200 e i 1700 miliardi. Ma le proporzioni dell’impegno economico americano, con tutte le loro conseguenze, si comprendono appieno solo quando Stigliz e Bilmes fanno notare che con 1000 miliardi di dollari, un terzo delle spese stimate, l’amministrazione statunitense avrebbe potuto finanziare la costruzione di otto milioni di case, il reclutamento di 15 milioni di docenti, cure per 530 milioni di bambini, borse di studio per 46 milioni di giovani. (M.G.)

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    Sri Lanka: ancora attacchi ai giornalisti. Crescono i timori per la libertà di stampa

    ◊   Cresce la preoccupazione della comunità internazionale per la libertà di stampa in Sri Lanka. Le denuncie di violenze contro i giornalisti, contenute nel rapporto 2007 del Dipartimento di Stato USA sui diritti umani nel mondo, non hanno sortito alcun effetto e si teme seriamente che la situazione non migliorerà nell’anno in corso. AsiaNews riferisce che la categoria è sotto gli attacchi contemporanei delle forze di sicurezza che la sospettano di complicità con i separatisti Tamil; delle autorità, che premono per manipolare l’informazione sulla guerra civile e di bande di “ignoti aggressori” che irrompono nelle abitazioni dei reporter o li attaccano in luoghi pubblici. L’ultimo episodio di violenza ha come vittima il vicedirettore dell’emittente di Stato Sri Lanka Rupavahini Cooperation (SLRC), Anurasiri Hettige. L'uomo, che è anche leader sindacale, ha ricevuto diverse pugnalate a Colombo il 14 marzo, mentre aspettava l’autobus che lo avrebbe portato a lavoro. Ora è fuori pericolo, ma il suo caso ha dato vita ad uno sciopero di protesta degli impiegati dell’emittente: da venerdì è stata decisa la sospensione di tutti i programmi, tranne i telegiornali, finché il presidente Mahinda Rajapakse non garantirà la fine delle intimidazioni contro la stampa e la persecuzione dei responsabili. Il caso di Hettige è il quinto dello stesso genere contro personale della SLRC, che ora punta il dito contro il ministero del Lavoro retto da Mervyn Silva che, lo scorso dicembre, ha ordinato di perquisire gli studi, dopo che il direttore dei notiziari aveva rifiutato di pubblicare un suo comunicato stampa sull’inaugurazione di un nuovo ponte nel Paese. (M.G.)

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    La “Fiaccola di Lolek” da Roma a Cracovia. Al via la corsa pellegrinaggio in ricordo di Giovanni Paolo II

    ◊   “Sulle orme di Giovanni Paolo II”. È lo slogan della “Fiaccola di Lolek 2008”, la corsa-pellegrinaggio da Roma a Cracovia giunta alla terza edizione, che si svolgerà dal 24 marzo al 2 aprile. Secondo quanto riferisce il Sir, l’itinerario prevede varie tappe nel cuore d’Europa prima di arrivare a Cracovia e alla destinazione finale: la grande Croce sulla Collina di Matyska, chiamata “Golgota di Nostro Signore”. “Lolek” era il soprannome giovanile di Karol Woytjla e i giovani atleti che parteciperanno alla corsa europea seguiranno, prima di mettersi in marcia verso la Polonia, il forum a lui dedicato “Giovanni Paolo II. Gli insegnamenti, i giovani e lo sport”, che si terrà a Roma il 25 marzo, nella Sala della Protomoteca, al Campidoglio. Sempre a Roma è prevista per domani una conferenza stampa dove monsignor Piergaetano Lugano (direttore ufficio pastorale sport diocesi di Roma) e monsignor Jarek Cielecki (direttore Vatican Service News), illustreranno altri appuntamenti di preparazione del pellegrinaggio, fra cui l’udienza di mercoledì 19, quando il Papa accenderà la “Fiaccola” e benedirà una copia del quadro della Madonna Assunta di Niegowic che accompagnerà i pellegrini. (M.G.)

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    Il presidente della CEI, Angelo Bagnasco, ricorda ai fedeli che “Gesù ci salva portando le nostre croci”

    ◊   ''Gesù resta sulla croce per assicurarci che lo troveremo sempre. Nelle nostre croci lui ci precede e si fa trovare. E la croce fa parte della realtà di noi uomini. Ci sono quelle visibili, altre più nascoste, ma non meno pesanti. Egli si fa trovare e ci salva portando la croce con noi''. È tutta incentrata sul messaggio di salvezza della croce e sul significato del sacrificio di Gesù l’omelia della domenica delle Palme dell’arcivescovo di Genova e presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, tenuta ieri nella cattedrale di San Lorenzo nel capoluogo ligure. ''Se Gesù fosse sceso dalla croce che cosa avrebbe compreso il mondo - ha spiegato il cardinal Bagnasco - che cosa avremmo compreso noi dopo duemila anni, come avremmo scoperto che Dio sta dalla nostra parte, dalla parte delle nostre debolezze e delle nostre croci? Per questo resta inchiodato al legno. Per rassicurarci che resterà sempre inchiodato all'amore, per farci vedere non la sua potenza, ma per farci toccare la fedeltà di Dio. Egli resta là dove la violenza dei nostri peccati l'hanno condannato, per dirci che quello e' il suo trono, che egli è il mediatore unico tra Dio e l'uomo''. L'arcivescovo di Genova si è inoltre soffermato sull’importanza della divina liturgia, definendola ''la prima scuola della fede della vita cristiana. Una scuola per tutti, senza esclusione. L'unica condizione, è l'apertura del cuore, anche per chi avesse poca fede, o fosse in ricerca, o si trovasse qui unicamente per una tradizione cara. Perchè la liturgia non è una sacra rappresentazione - ha osservato il porporato - ma un incontro con l'invisibile presenza di Dio''. (M.G.)

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    L’arcivescovo di Palermo: la città si ribelli al "pizzo"

    ◊   Nell’omelia pronunciata per la Domenica delle Palme in Cattedrale, l'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo è tornato sul drammatico fenomeno delle estorsioni che affligge il capoluogo siciliano: ''La perversa piaga del pizzo è ancora troppo diffusa e sommessamente viva nel nostro tessuto sociale, tanto da incidere fortemente sulla rinascita dell'intera nostra comunità civile''. ''Anche se segnali positivi di speranza si possono cogliere in alcune denunce, tanti, ancora troppi, - ha aggiunto Romeo - continuano a piegarsi dinanzi all'offerta di questa protezione così subdola e disonesta che offende la convivenza civile e ferisce lo stato di diritto. Perciò, anche le vittorie che pur sono presenti, fanno fatica a tradursi in un reale cambiamento di mentalità, concreto e deciso: è il tradimento di quella limpidezza e di quell'onestà che il Signore ci ha insegnato''. L'arcivescovo di Palermo ha inoltre parlato di tanti ''tradimenti di Dio'', portando ad esempio anche le attività illecite gestite dalla criminalità organizzata: ''ho in mente i continui tradimenti nei confronti del mistero della vita, nessuno può arrogarsi il diritto di ostacolarne l'inizio né di determinarne a piacimento la fine. E poi il traffico della droga, gli affari illeciti della prostituzione, la tratta di clandestini, lo sfruttamento minorile anche a sfondo sessuale. Tutti ambiti nei quali vengono movimentati e riciclati enormi capitali e da cui si traggono immensi profitti illeciti. Tutti tradimenti di quel Dio che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, imprimendogli il soffio della sua stessa vita e la cui dignità di figlio amato e prediletto è stata restaurata''.(M.G.)

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    La Comunità Sant’Egidio ricorda i "martiri della fede" con una veglia di preghiera

    ◊   Una veglia di preghiera per ricordare tutti coloro che negli ultimi anni hanno offerto la vita per il Vangelo. Così la Comunità di Sant’Egidio ricorderà l’impegno e il sacrificio di tanti missionari, sacerdoti, religiosi, religiose e laici. La veglia, che sarà presieduta da mons. Angelo Amato, Segretario della Congregazione per la dottrina della fede, si terrà domani a Roma nella basilica di Santa Maria in Trastevere. “Nella notte che il mondo attraversa – si legge in una nota della Comunità, ripresa dal Sir - non mancano testimoni della fede che illuminano il cammino dell'umanità verso Cristo, morto e risorto per noi. Per questo la memoria di coloro che hanno dato la vita per il Vangelo è così preziosa e significativa, proprio nel cuore della Settimana Santa”. “I martiri della fede, della carità, della riconciliazione e della pace – si legge ancora nel messaggio - ci aiutano a rinnovare la nostra vita, indicandoci la pietra sulla quale edificarla, ci rimandano al coraggio delle scelte e alla serietà della vita cristiana”. Veglie di preghiera si svolgeranno anche a Milano nella Chiesa di San Bernardino, presieduta dal vescovo ausiliare della città, mons. Franco Giulio Brambilla e a Bari nella parrocchia di San Marcello. Incontri di preghiera domani anche a Buenos Aires in Argentina e Würzburg in Germania. (M.G.)

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    Maggiori rischi per le donne diabetiche che autoriducono la dose di insulina per dimagrire

    ◊   Il timore d’ingrassare può essere letale per le donne diabetiche, che spesso autoriducono la dose quotidiana di insulina per perdere chili. L’allarme viene lanciato da uno studio del Joslin Diabetes Centre di Boston che senza mezzi termini spiega che, per chi soffre di diabete di tipo 1, prendere una dose di insulina minore alla quantità prevista, può togliere dieci anni di vita. La ricerca, che ha preso in esame 234 donne affette dal diabete di tipo 1, ha dimostrato, infatti, che le donne che avevano ridotto la loro dose di insulina, sono andate incontro a un alto rischio di mortalità e a problemi ai reni e ai piedi, rispetto a quelle che ne avevano assunto la giusta dose. Si è poi registrato che questa cattiva prassi abbassa la durata media della vita di una donna diabetica a 45 anni rispetto agli attuali 58 di una che non riduce la quantità di insulina. Lo studio mostra inoltre che molte delle pazienti poi decedute avevano dichiarato di avere avuto anche disturbi del comportamento alimentare. Alcuni studi dimostrano, infatti, che le donne diabetiche hanno maggiore difficoltà di manifestare disturbi del comportamento alimentare rispetto a donne che non ne soffrono affatto. I ricercatori esortano infine i medici a suggerire alle pazienti con diabete di tipo 1, che decidono deliberatamente di assumere meno insulina, di rivolgersi anche agli psicologi. (M.G.)

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    L'ONU rileva la drammatica accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai

    ◊   A causa del progressivo aumento delle temperature si registra una forte accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai. L’allarme viene lanciato da un rapporto del programma per l'ambiente delle Nazioni Unite pubblicato ieri, dove si spiega che ''Il tasso medio di scioglimento è raddoppiato negli anni 2004-2005 e 2005-2006”, secondo i dati raccolti su 30 ghiacciai di riferimento dal Servizio internazionale di controllo, il quale ne segue l'evoluzione dal 1980. Gli esperti hanno rilevato notevoli perdite di spessore in tutti i ghiacciai del mondo, con una media di 11,5 metri negli ultimi 28 anni. Rappresentano invece solo il 4% i ghiacciai che hanno visto aumentare il loro spessore. I dati in questione risultano ancora più allarmanti se si considerano i possibili risvolti sociali evidenziati dai ricercatori. Il direttore del programma dell'ONU, Achim Steiner, ha ricordato infatti che sono milioni le persone che dipendono direttamente o indirettamente da queste riserve naturali per l'acqua potabile, l'agricoltura, l'industria e la produzione di energia elettrica. “Le conseguenze potrebbero essere migrazioni di popoli ma anche guerre – ha poi spiegato Steiner -. Parliamo di qualcosa che può davvero accadere, e che non è ipotetico, qualcosa le cui conseguenze potrebbero essere drammatiche". (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tibet: scade oggi l'ultimatum della Cina. Incerto il numero delle vittime nelle violenze anti-governative

    ◊   Alta la tensione in Tibet. Mentre la Cina riferisce di 13 vittime, il governo tibetano in esilio ha reso noto che centinaia di persone sarebbero state uccise nel corso delle violenze di questi ultimi giorni. Si avvicina intanto l’ultimatum di Pechino che ha chiesto, entro stasera, la resa dei manifestanti. La Cina ha poi condannato gli attacchi alle sue ambasciate all'estero, definendoli una "seria minaccia alla sicurezza". Il nostro servizio:


    Ancora differenze sul numero delle vittime nelle violenze antigovernative in Tibet. La Cina parla di 13 morti, tutti civili e non monaci tibetani. Centinaia sarebbero invece per il governo tibetano in esilio, tornato a chiedere un’inchiesta internazionale così come aveva fatto ieri il Dalai Lama, che aveva parlato anche di “genocidio culturale”. Intanto, si avvicina la scadenza dell’ultimatum di Pechino: entro stasera i manifestanti si dovranno arrendere altrimenti ci saranno “severe” conseguenze. A Lhasa, oggi regna la calma mentre in altre città proseguono le proteste. Decine di tibetani sono stati arrestati a Kathmandu, in Nepal, mentre sarebbero otto le vittime, secondo alcune fonti, negli incidenti di ieri nella provincia cinese del Sichuan. Di fronte a questa situazione, molte le voci di condanna che si sono levate. La presidenza di turno slovena dell’Unione Europea, stigmatizzando le violenze, ha però affermato che un boicottaggio delle Olimpiadi, come paventato da più parti, sarebbe “un grave danno”. Una critica in tal senso era arrivata dalla Russia: Mosca ha parlato di un “tentativo di politicizzare” i prossimi Giochi in Cina ed ha aggiunto di considerare le relazioni del governo di Pechino con il Dalai Lama solo "una questione interna". Diversa l’opinione degli Stati Uniti: il segretario di stato americano, Condoleezza Rice, ha lanciato un appello a Pechino perché dialoghi con il leader spirituale buddista, considerato una figura “autorevole e non un separatista”.

     
    Cina-governo
    Prosegue l’Assemblea nazionale del Popolo in Cina. Il successore designato del premier Wen Jiabao, Li Keqiang, è stato eletto oggi vice primo ministro. Domani, la chiusura della riunione.

    Kosovo
    Scenario difficile anche in Kosovo. La polizia ONU si è ritirata dalle due sedi del Tribunale di Mitrovica, occupate da venerdì da manifestanti serbi che protestano per l’indipendenza di Pristina. Ieri, 53 persone sono state arrestate. In totale, negli incidenti sono rimasti feriti 25 agenti tra questi 14 ucraini del contingente delle Nazioni Unite e circa 100 manifestanti di cui due in gravi condizioni. Un appello alla calma è stato lanciato dal presidente serbo Tadic che ha invitato la polizia dell'Unmik e la Kfor in Kosovo ad astenersi dall'uso della forza contro i manifestanti. Sulla stessa riga il ministro serbo per il Kosovo, Samardzic, che ha però chiesto l’immediato rilascio dei serbi kosovari arrestati dalla polizia dell'Onu. Ma c’è il rischio di un’ulteriore degenerazione della crisi? Giada Aquilino lo ha chiesto a Paolo Quercia analista del Centro militare di Studi Strategici ed esperto di Kosovo:


    R. - Un rischio c’è: in seguito all’indipendenza del Kosovo, si è posto il problema della parte settentrionale, la quale è sotto il controllo dei serbi e delle istituzioni parallele gestite da Belgrado che non rientrano sotto il controllo né del governo kosovaro, ormai indipendente, né delle forze internazionali. Ogni tentativo di vigilare sui posti di confine o sulle istituzioni - come i tribunali e la vita amministrativa cittadina in genere - sicuramente incontrerà resistenza da parte della minoranza serba.

     
    D. - A questo punto, quanto le forze internazionali possono far fronte al rischio di esplosioni di nuove violenze?

    R. - Ci sono i mezzi tecnici e la capacità. Il problema è la volontà politica: la minoranza serba controlla da diversi anni la parte settentrionale del Kosovo ed alcune enclave. Il riportare sotto la sovranità del governo di Pristina questi territori vuol dire provocare nuovi incidenti. E uno dei principali motivi ispiratori della presenza internazionale è quello di stemperare le contrapposizioni etniche. Dunque, credo che difficilmente la comunità internazionale possa insistere con un braccio di forza contro i serbi del nord. Credo che rimarrà una situazione a lungo simile a quella di Cipro.

     
    D. - Come avverrà il dispiegamento della nuova missione dell’Unione Europea, Eulex?

     
    R. - Il principale scopo sarà quello di sostenere le nuove istituzioni del governo kosovaro, quindi il lavoro di Eulex - al di là delle difficoltà sul terreno - dovrà essere di supporto ai ministeri di Pristina nella gestione della legge e del territorio.

    Economia
    La decisione della FED, la Banca Centrale americana, di tagliare il tasso di sconto ha condizionato i mercati valutari. Le borse asiatiche hanno chiuso in nero con un calo dell’oltre 3 per cento. Euro in discesa dopo aver volato verso il nuovo record storico di 1,5904 dollari. Primato anche per il prezzo del petrolio, che sale a 111,80 dollari, in rialzo di 1,59 dollari. Nuovi massimi storici anche per l’oro, che ha toccato a Londra quota 1.032,70 dollari l’oncia.

    Iraq
    In Iraq, è ancora violenza. Nel giorno della visita a sorpresa a Baghdad del vicepresidente americano, Dick Cheney, una violenta esplosione ha scosso la capitale, il bilancio è di tre morti e 11 feriti. Cheney ha incontrato il premier iracheno al Maliki, una visita che cade nel quinto anniversario dell’offensiva multinazionale guidata dagli USA per rovesciare il regime di Saddam Hussein. Al Maliki ha anche incontrato John McCain, candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti. Intanto, in un rapporto reso noto dal Comitato internazionale della Croce Rossa si legge che la situazione umanitaria in Iraq “è tra le più critiche al mondo”. Milioni di persone mancano di accesso all’acqua pulita e all’assistenza sanitaria.

    Afghanistan
    Sanguinoso attentato in Afghanistan. Nella provincia di Helmand, un kamikaze si è fatto esplodere vicino a un convoglio della NATO. Almeno sei persone hanno perso la vita: tra queste tre civili e tre soldati dell’Isaf, due di nazionalità danese.

    Medio Oriente
    Tensione a Gerusalemme dopo le violenze di ieri avvenute in un rione arabo dove viveva il palestinese, autore della strage dei seminaristi ebrei. Intanto, il cancellerie tedesco, Angela Merkel, ha iniziato il secondo giorno della sua missione in Israele con una visita al Museo dell'Olocausto, accompagnata dal premier Olmert e da otto ministri del suo governo.

    Francia-elezioni
    Una nuova sconfitta alle municipali francesi per la maggioranza di destra del presidente Sarkozy. I socialisti e le altre liste di sinistra hanno ottenuto un’ampia vittoria al secondo turno delle elezioni amministrative; alto l’astensionismo. Sfiorata l’affermazione a Marsiglia, l’opposizione ha denunciato irregolarità nel voto. Il servizio di Francesca Pierantozzi:

    La Francia condanna anche in appello Nicolas Sarkozy: il risultato del secondo turno delle amministrative di ieri è stato chiaro come il primo. La destra perde e torna la sinistra. Sul piano nazionale, l’opposizione supera la maggioranza al governo di almeno due punti. Ma è soprattutto nelle grandi città che la vittoria è rosa, se i socialisti mancano di poco la presa di Marsiglia - che resta nelle mani del conservatore, Jean-Claude Gaudin - passano a sinistra Tolosa e Strasburgo. Il voto non ha comunque entusiasmato i francesi: l’affluenza è stata del 65%, una delle più basse. Senza nessuna sorpresa, il socialista Bertrand Delanoué mantiene la poltrona di sindaco di Parigi. Cadono alcune roccaforti storiche dei conservatori come Rennes, Cannes, Amiens, Saint-Etienne, Metz. Il primo ministro, François Fillon, ha ammesso la sconfitta ma ha assicurato che il presidente e il governo continueranno la loro politica di riforme. Secondo il segretario del partito socialista, François Hollande, invece, con la sinistra maggioritaria in Francia Nicolas Sarkozy dovrà correggere la sua politica. (Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana)

     
    Iran
    I conservatori iraniani non accettano le critiche dell’Unione Europea sulle elezioni legislative di venerdì scorso, definite dalla presidenza di turno slovena “né libere, né eque”. I fedelissimi del presidente Ahmadinejad hanno conquistato - secondo risultati ancora provvisori - i due terzi del parlamento di Teheran. Neppure i ballottaggi di aprile sembrano però destinati ad aprire nuovi scenari per i riformatori.

    Pakistan
    Tra ingenti misure di sicurezza si è aperta la seduta inaugurale del parlamento del Pakistan, dopo le elezioni dello scorso 18 febbraio che hanno consegnato la vittoria al PPP, il Partito popolare del Pakistan, e alla Lega Musulmana del Pakistan che fa capo a Nawaz Sharif. La sessione è iniziata con un minuto di silenzio per l'ex premier Benazir Bhutto, la leader dell'opposizione assassinata lo scorso 27dicembre in un attentato.

    Kuwait
    Crisi politica in Kuwait. Tutti ministri del governo si sono dimessi: la decisione è scattata dopo un duro scontro con il parlamento controllato dall'opposizione, che domani dovrebbe approvare un aumento mensile dei salari contrastato dall'esecutivo. Si attende ora un pronunciamento dell'emiro, il principe Nawaf al Al ahmad al Sabah, il quale potrebbe accettarle e dare vita a un nuovo governo o scogliere il parlamento e convocare le elezioni anticipate.

    Marocco-SaharawiE’ partita ieri a New York una nuova fase dei negoziati tra il Marocco e i rappresentanti dell’autoproclamata Repubblica araba saharawi democratica, organizzati sotto l'egida dell'ONU e destinati a trovare una soluzione alla questione del Sahara occidentale, l'ex colonia spagnola occupata dal Marocco subito dopo la sua indipendenza nel 1975. I negoziati iniziati in giugno non hanno portato fino ad oggi a nessun risultato. Il servizio di Luciano Ardesi:

     
    La distanza tra le due parti è troppo grande per sperare in una svolta nei negoziati. Il governo di Rabat insiste nell’affermare la propria sovranità sul territorio che occupa parzialmente dal 1975. Al massimo, è disposto a concedere un’autonomia senza però che i suoi abitanti possano esprimere una preferenza diversa. Il Fronte Polisario rivendica invece una libertà di scelta, compresa l’indipendenza. Si realizzerebbe così quell’autodeterminazione sostenuta anche dalle Nazioni Unite. I più ottimisti sperano che questo incontro serva almeno a convincere il Marocco a far cessare la repressione nei territori occupati. Non passa giorno iche arresti e torture vengano denunciati nei confronti dei nazionalisti saharawi. Il Polisario ha recentemente minacciato di riprendere le armi se si dovesse produrre uno stallo della situazione. Il Marocco ha risposto alla vigilia dell’incontro con manovre militari nel territorio sotto il suo controllo. Tutti concordano, però, che non ci sia rischio di una ripresa immediata delle ostilità. (Luciano Ardesi per la Radio Vaticana)

     
    Albania
    E’ salito ancora il bilancio dell’esplosione avvenuta sabato a Tirana in un deposito di armi. Dalle macerie di una casa vicina, i soccorritori hanno estratto il corpo di un bambino forse di tre o quattro anni, una giovane donna è morta in ospedale. Sono così 11 le vittime, 13 i dispersi e oltre 300 i feriti, quelli più gravi trasferiti in Grecia e in Italia. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 77

     
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