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Sommario del 09/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Appelli di Benetto XVI all'Angelus per la Terra Santa e per l'Iraq: in nome di Dio, lasciate le vie dell'odio e della vendetta. Il Papa invita i giovani alla Liturgia di giovedì prossimo in vista della GMG
  • L’uomo in stato embrionale o di coma non perde la sua dignità: così il Papa durante la Messa nella chiesa romana di San Lorenzo, nel 25.mo anniversario dell’omonimo Centro internazionale giovanile
  • Il cardinale Bertone al rientro in Italia dopo le visite in Armenia e Azerbaigian. Stamattina, la celebrazione nella nuova chiesa di Baku
  • Mons. Ravasi sulla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: per sconfiggere le derive secolaristiche, l'uomo deve riscoprire "l'inquietudine profonda" che lo apre alla trascendenza
  • Tavola rotonda all'ONU sui diritti della donna e sulla promozione delle pari opportunità nella vita sociale. Intervista con mons. Celestino Migliore
  • Oggi in Primo Piano

  • I missionari Cappuccini in Camerun a fianco dei deboli: la testimonianza del custode, padre Felice Trussardi
  • Concluso a Roma il Congresso internazionale sul tema "La Sindone tra scienza e fede". Intervista con mons. Giuseppe Ghiberti
  • Chiesa e Società

  • Una giornata di studio, domani a Roma, per i 25 anni della Prelatura dell’Opus Dei
  • Il 21 e 22 giugno pellegrinaggio della Chiesa turca a Tarso in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino
  • Tre frati francescani sono partiti le scorse settimane per svolgere una missione in Kazakhstan
  • La vita delle comunità cattoliche vietnamite all’estero: in buoni rapporti con i connazionali e una risorsa importante per la loro patria
  • Si apre domani a Roma il Consiglio permanente della CEI
  • Il meeting dei giovani di Pompei per il 2008 si svolgerà in due giorni. Per gli organizzatori, sarà una concreta esperienza di fede
  • L’arcivescovo argentino di La Plata, Aguer: le nuove materie previste per i programmi scolastici hanno un impianto sostanzialmente ateo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Spagna alle urne tra ingenti misure di sicurezza e le incertezze sull'astensione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appelli di Benetto XVI all'Angelus per la Terra Santa e per l'Iraq: in nome di Dio, lasciate le vie dell'odio e della vendetta. Il Papa invita i giovani alla Liturgia di giovedì prossimo in vista della GMG

    ◊   Pace e solidarietà per la Terra Santa, al posto della violenza e dell’orrore. Trepidazione per la sorte dell’arcivescovo caldeo, mons. Rahho, e per gli iracheni ancora vittime di una “violenza cieca e assurda”. E’ stato questo il doppio appello di Benedetto XVI, risuonato al termine dell’Angelus di stamattina in Piazza San Pietro. Poco prima, il Papa - ispirato dal Vangelo della quinta Domenica di Quaresima, che racconta della risurrezione di Lazzaro - aveva affermato che, secondo la fede, “la morte del corpo è un sonno da cui Dio ci può risvegliare in qualsiasi momento”. Quindi, dopo gli appelli per la Terra Santa e l’Iraq, il Pontefice ha invitato i giovani romani alla Liturgia penitenziale in San Pietro di giovedì prossimo, in preparazione alla GMG di Sydney. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Nei giorni scorsi, la violenza e l’orrore hanno nuovamente insanguinato la Terra Santa, alimentando una spirale di distruzione e di morte che sembra non avere fine. Mentre vi invito a domandare con insistenza al Signore Onnipotente il dono della pace per quella regione, desidero affidare alla Sua misericordia le tante vittime innocenti ed esprimere solidarietà alle famiglie e ai feriti”.

     
    L’Angelus che parla di risurrezione e di fede in Cristo datore di Vita porta il Papa ha considerare, subito dopo la preghiera mariana, la barbarie sanguinosa che è tornata a sferrare un nuovo colpo alle speranza di pace del Medio Oriente:

    “Incoraggio le autorità israeliane e palestinesi nel loro proposito di continuare a costruire, attraverso il negoziato, un futuro pacifico e giusto per i loro popoli e a tutti chiedo, in nome di Dio, di lasciare le vie tortuose dell’odio e della vendetta e di percorrere responsabilmente cammini di dialogo e di fiducia”.

     
    E subito dopo, un altro scenario, teatro di altri drammi e di una attesa angosciosa per Benedetto XVI:

    "E’ questo il mio auspicio anche per l’Iraq, mentre trepidiamo ancora per la sorte di sua eccellenza Mons. Rahho e di tanti iracheni che continuano a subire una violenza cieca ed assurda, certamente contraria ai voleri di Dio".

     
    Prima di dare voce alle sue preoccupazioni e alla sua preghiera per i drammi dei Paesi mediorientali, Benedetto XVI aveva parlato di vita e di morte, di fede e di speranza, seguendo il filo del Vangelo sulla risurrezione di Lazzaro. Il suo ritorno alla vita, ha detto in certo senso, è un preannuncio di morte per Gesù. Perché in quell’“ultimo grande segno” - la risurrezione pubblica del fratello di Marta e Maria - Cristo dà ai Sommi sacerdoti del Sinedrio e agli scribi la “prova vivente della sua divinità”: è il miracolo che scatena in loro la volontà di uccidere il Nazareno. Ma è anche un episodio che assomma in sé i grandi valori dell’umanità - amicizia e dunque compassione e dolore per la morte di una persona amata - e l’essenza stessa della missione terrena di Gesù: la vittoria di Dio sulla morte. “Il nostro amico Lazzaro s’è addormentato, ma io vado a svegliarlo”, dice Gesù ai discepoli, stupiti. Dio, ha affermato il Papa, vede la morte fisica “come un sonno, da cui ci si può risvegliare”:

    “Questa signoria sulla morte non impedì a Gesù di provare sincera compassione per il dolore del distacco. Vedendo piangere Marta e Maria e quanti erano venuti a consolarle, anche Gesù ‘si commosse profondamente, si turbò’ e infine ‘scoppiò in pianto’. Il cuore di Cristo è divino-umano: in Lui Dio e Uomo si sono perfettamente incontrati, senza separazione e senza confusione. Egli è l’immagine, anzi, l’incarnazione del Dio che è amore, misericordia, tenerezza paterna e materna, del Dio che è Vita”.

     
    Anche Marta, sorella di Lazzaro, all’arrivo apparentemente tardivo di Gesù, si lasciò andare allo sconforto. Ma ebbe il privilegio di sentire dalle labbra stesse del Maestro l’affermazione che è il cuore del messaggio cristiano: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. E come Cristo chiese subito dopo a Marta: “Credi tu questo?”, allo stesso modo, da duemila anni la medesima domanda - ha ribadito il Papa - Gesù la “rivolge a ognuno di noi:

    “Una domanda che certamente ci supera, supera la nostra capacità di comprendere, e ci chiede di affidarci a Lui, come Lui si è affidato al Padre. Esemplare è la risposta di Marta: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Sì, o Signore! Anche noi crediamo, malgrado i nostri dubbi e le nostre oscurità; crediamo in Te, perché Tu hai parole di vita eterna; vogliamo credere in Te, che ci doni una speranza affidabile di vita oltre la vita, di vita autentica e piena nel tuo Regno di luce e di pace”.

     
    Un grande applauso si è levato dalla folla raccolta sotto la finestra del Papa quando Benedetto XVI - nei saluti in sette lingue del post-Angelus - ha invitato i giovani della diocesi di Roma alla Liturgia Penitenziale di giovedì 13 marzo, da lui presieduta alle ore 17.30 nella Basilica di San Pietro:

    “Sarà un momento forte di preparazione alla XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, che celebreremo la Domenica delle Palme e che culminerà nel luglio prossimo con il grande incontro di Sydney. Cari giovani di Roma, vi invito tutti a questo appuntamento con la Misericordia di Dio! Ai sacerdoti e ai responsabili raccomando di favorire la partecipazione dei giovani facendo proprie le parole dell’apostolo Paolo: ‘Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo:… lasciatevi riconciliare con Dio’”.

     
    (applausi)

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    L’uomo in stato embrionale o di coma non perde la sua dignità: così il Papa durante la Messa nella chiesa romana di San Lorenzo, nel 25.mo anniversario dell’omonimo Centro internazionale giovanile

    ◊   “L’uomo è sempre uomo con tutta la sua dignità, anche se in stato di coma, anche se embrione”. Benedetto XVI lo ha ribadito stamani, prendendo spunto dal brano evangelico sulla resurrezione di Lazzaro, durante la Messa da lui presieduta nella Chiesa romana di San Lorenzo in Piscibus. Qui il Pontefice ha celebrato, alla presenza di decine di ragazzi provenienti da tutto il mondo, il 25. mo anniversario del “Centro internazionale giovanile San Lorenzo”, inaugurato da Giovanni Paolo II il 13 marzo 1983. Il servizio di Silvia Gusmano:


    "Un piccolo luogo semplice all’ombra del Cupolone di San Pietro". Così, stamani, il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il cardinale Stanislaw Rylko ha definito il Centro internazionale San Lorenzo, istituito da Giovanni Paolo II perchè accogliesse i giovani pellegrini provenienti da tutto il mondo e diventasse “fucina di formazione di autentici cristiani”. La settimana di celebrazioni per il 25.mo anniversario della sua fondazione si è aperta con la Santa Messa presieduta da Benedetto XVI nell’adiacente piccola chiesa romanica di San Lorenzo.

     
    Tanti i giovani presenti, molti dei quali protagonisti della storia e della gestione del Centro: tutti raccolti intorno alla Croce, simbolo della Giornata Mondiale della Gioventù di cui, sempre per volontà di Giovanni Paolo II, sono i custodi. A loro, durante l’omelia, il Pontefice si è rivolto chiedendo in che modo l’uomo debba vivere, in che modo morire. Commentando il Vangelo di Giovanni sulla Resurrezione di Lazzaro e, mettendo da parte il testo scritto, il Santo Padre ha spiegato ai ragazzi qual è il posto dell’uomo nel “Grande albero della vita”:
     
    “Ma l’uomo pur essendo parte di questo grande biocosmo, lo trascende perché, certo l’uomo è sempre uomo con tutta la sua dignità, anche se in stato di coma, anche se embrione, ma se vive solo biologicamente non sono sviluppate e realizzate tutte le potenzialità del suo essere e si aprono nuove dimensioni”.

     
    La prima dimensione è quella della conoscenza, ha proseguito Benedetto XVI, una conoscenza che nell’uomo, a differenza degli animali, si identifica con una “sete di infinito”. Tutti aspiriamo a “bere dalla fonte stessa della vita” e per farlo ci affidiamo alla “seconda dimensione della natura umana”: l’amore:

     
    (canto)

     
    “L’uomo non è solo un essere che conosce, ma vive in relazione di amicizia e di amore. Oltre alla dimensione della conoscenza e della verità esiste, inseparabile da questa, la dimensione della relazione. Qui si avvicina più alla fonte della vita, della quale vuol bere per avere vita in abbondanza, la vita stessa”.

     
    La scienza, ha continuato il Papa, e la medicina in particolare, rappresentano una grande lotta per vita, ma non possono soddisfare il bisogno di eternità che è proprio dell’uomo. Neanche se venisse scoperta la pillola dell’immortalità:

     
    “Immaginiamo che cosa succederebbe con una vita biologica immortale dell’uomo: un mondo invecchiato, un mondo che non lascerebbe più spazio per i giovani, per la gioventù, per questa novità di vita. Quindi questo non può essere quel tipo di immortalità del bere dalla fonte della vita, che noi tutti desideriamo”.

     
    L’unico vero farmaco dell’immortalità - ha concluso il Pontefice - è l’Eucaristia e la certezza di essere amati e aspettati da Dio, sempre. Grande la commozione dei giovani che hanno arricchito la celebrazione pregando e cantando in più lingue e ringraziando così Benedetto XVI:

     
    (canto)

     
    "Grazie Santo Padre per essere per noi un pastore ed un padre. Grazie per la sua preghiera, per le parole che ci rivolge e per i messaggi che ci scrive. Ci mettono alla presenza di Cristo, ci invitano a contemplare e ad amare Colui che non toglie nulla e dona tutto".

     
    Un incontro e una giornata che, come ha osservato il cardinale Rylko, rappresentano un’altra pietra miliare nella storia di questa piccola casa tra le braccia di San Pietro.

     
    (canto)

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    Il cardinale Bertone al rientro in Italia dopo le visite in Armenia e Azerbaigian. Stamattina, la celebrazione nella nuova chiesa di Baku

    ◊   Si conclude oggi il viaggio all’insegna dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso del cardinale Tarcisio Bertone in Armenia e Azerbaigian. Stamani il segretario di Stato vaticano ha celebrato la santa Messa nella Chiesa cattolica dell’Immacolata Concezione a Baku, esprimendo il suo incoraggiamento per la piccola comunità dell’Azerbaigian. “Siate tutti e ciascuno pietre belle, levigate, che poggiano sulla pietra angolare che è Cristo” così il cardinale si è rivolto ai fedeli. In serata il rientro in Vaticano. Il servizio di Benedetta Capelli:


    Essere cristiani significa incontrare Cristo, stare con Lui, amarlo come Signore e Maestro. Lo ha ricordato ai fedeli accorsi nell’unica Chiesa cattolica dell’Azerbaigian il cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone. Durante l’omelia, il porporato ha parlato della conversione di San Paolo “conquistato da Cristo” e folgorato dalla luce che non lo ha più lasciato. “Senza Cristo - ha aggiunto- la nostra fede sarebbe un castello di sabbia”, insegnamenti che non dicono nulla al cuore ma che si vivificano attraverso il suo amore misericordioso. I veri cristiani, dunque, i veri santi sono coloro che si sono sentiti amati e perdonati dal Signore, così come lo fu la donna adultera salvata dalla lapidazione da Gesù. La loro vita esemplare nasce dall’assunto che tutto l’amore che hanno seminato proviene da quello infinito ricevuto da Dio. Sono parole piene di speranza soprattutto per la piccola comunità azera perché è difficile seguire Cristo, ha detto il cardinale Bertone, quando ci sono “resistenze di mentalità, di ambiente, di pressione sociale” e allora ha ricordato a tutti che il segreto per non cedere alla tentazione è “vivere con Gesù, vivere di Gesù, lasciarsi amare e perdonare da Lui”. Sentire, aggiunge il porporato, che ogni giornata è come una creazione nuova fatta per noi perché Lui ci ama.

     
    Ai tanti giovani presenti in chiesa, il segretario di Stato ha ricordato che occorre essere “persone nuove” nate dalla morte “dell’uomo vecchio”, diceva San Paolo, che è in noi. Un cambiamento del cuore che si realizza in azioni concrete, con il “distacco dalla sete di guadagno, un amore generoso e non egoista o possessivo per gli altri, una fedeltà nei rapporti soprattutto nella vita familiare, un rispetto tra i coniugi e dei genitori per i figli” e in particolare l’onestà sul lavoro. Cristo è nella casa dove ogni giorno accoglie, nel luogo simbolo che è la chiesa dove i sacerdoti donano Dio e la sua misericordia. “Questa casa - ha aggiunto il cardinale Bertone- siete prima di tutto voi. La Chiesa è il corpo di Cristo, di cui ciascuno di voi è una pietra. Siate tutti e ciascuno pietre belle, levigate, che poggiano sulla pietra angolare che è Cristo”.

     
    Il porporato ha, infine, ricordato di essere stato mandato dal Papa per mostrare agli azeri la loro importanza per l’intera Chiesa cattolica. Ringraziando i vari rappresentanti delle altre comunità cattoliche, ha parlato di comunione e fraternità nell’unico Signore, ha riconosciuto il bene compiuto dai figli di Don Bosco e la loro vocazione verso la “perfezione evangelica”. Al termine dell’omelia, il segretario di Stato ha affidato coloro che riceveranno il Battesimo in prossimità della Pasqua alla protezione di Maria, Madre della Chiesa.

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    Mons. Ravasi sulla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: per sconfiggere le derive secolaristiche, l'uomo deve riscoprire "l'inquietudine profonda" che lo apre alla trascendenza

    ◊   Come studiare il complesso fenomeno della secolarizzazione e quale approccio teologico e quale orientamento pastorale proporre per seminare in questo ambito - fondamentalmente ostile all'idea di Dio - un "germoglio" che "muti la situazione". Sono le tre piste che hanno guidato la riflessione della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, conclusasi ieri. Nell'intervista di Giovanni Peduto, il presidente del dicastero vaticano, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi, prende spunto dall’affermazione dello scrittore canadese, Charles Taylor - che sostiene che nella nostra età secolare non ci sono più spazi per la fede - per una riflessione sull'uomo contemporaneo e le sue difficoltà di aprirsi alle realtà dello spirito:


    R. - Il libro del filosofo canadese Charles Taylor, “The Secular Age”, è sicuramente, da un lato, il ritratto di un mondo che sempre di più sembra essere inospitale per Dio: l’uomo di oggi, infatti, quando guarda il cielo non lo vede assolutamente contrassegnato da presenze divine, ma al massimo dai satelliti militari e dai satelliti meteorologici In questa visione, a prima vista, sembrerebbe ormai che si debba ancora celebrare la cosiddetta "morte di Dio" o, comunque, la morte delle grandi istanze, delle grandi domande, della trascendenza. Lo stesso autore, ed anche molti in altri che sono in questa linea, sottolineano che proprio in questo ambiente - apparentemente così colmo - si cela, sotto la pienezza delle cose, il vuoto dell’anima. Ed è proprio lì che allora debbono entrare le grandi sfide delle comunità ecclesiali a porre non tanto altri oggetti e quindi altri temi esteriori, altri impegni esclusivamente di tipo materiale, prima di tutto e soprattutto quelle interrogazioni e quelle esigenze, quel senso della ricerca, ovvero quei temi ultimi - a cui prima facevamo cenno - che riescono veramente a dissetare e a sfamare l’anima dell’uomo.

     
    D. - Una puntualizzazione, eccellenza: durante la plenaria si è affermato, fra le altre cose, che occorre distinguere tra laicità da una parte e secolarizzazione o secolarismo dall’altra. Ma cosa significa?

     
    R. - Questo è sicuramente un elemento che bisogna sempre tenere davanti agli occhi tutte le volte che si usano i due termini, e questo per evitare che alla fine si confondano le situazioni. Da un lato, infatti - e questo discorso vale anche per il tema della laicità - abbiamo una secolarità ed una laicità che sono indispensabili. Non possiamo stendere il "manto" del sacro, del religioso, su tutto. Esiste una autonomia della politica, esiste una autonomia dell’economia e la frase di Gesù - “Date a Cesare, quel che è di Cesare” - rimane pur sempre un monito evangelico. Affermato questo è necessario anche ribadire che tutte le volte che questa laicità e questa secolarità legittima comincia a diventare esclusiva, in quel momento - negando, quindi, qualsiasi altro ambito e negando la seconda parte dell’appello di Cristo “Date a Dio, quel che è di Dio” - diventa laicismo e secolarismo; diventa cioè negazione della pienezza dell’uomo. Paradossalmente, direi, che parallelo al laicismo e al secolarismo è il fondamentalismo, che è invece il non riconoscimento della secolarità giusta e della laicità corretta.

     
    D. - Durante la Plenaria, si è pure affermato che la nostra è una civiltà - possiamo dire - senza domanda. Come seminare quindi queste domande, che pure occorre seminare?

     
    R. - La domanda è la base della scienza stessa. Difatti, è stato detto giustamente che tutto comincia a partire dal bambino, quando compie i primi passi nella conoscenza, per giungere fino allo scienziato. Tutto comincia con un avverbio: perché? E questo "perché" è sul serio - lo sanno bene tutti i genitori che ci ascoltano, tutte le volte che i loro bambini pongono questo perché - molto problematico. In un certo senso, è come una sorta di artiglio che entra nel cuore delle cose e ti costringe a definirle. Il mondo secolaristico è quello che tendenzialmente invita soltanto a rispondere, casomai, alle domande banali ed immediate e a non porre mai domande che inquietano. Per questo motivo, è indispensabile ritrovare ancora quella che Sant’Agostino chiamava “l’inquietudine profonda”: l’animo inquieto che cerca Dio, che cerca cioè l’oltre, che cerca il grande significato dell’esistenza. Porre le domande, perciò, diventa una sorte di esercizio e non soltanto della fede, ma anche della vera scienza, anche del vero essere uomini, del vero filosofare e quindi - come dice questo termine - cercare la sapienza.

     
    D. - Eccellenza, mi permette una osservazione forse anche un po’ impertinente: non le sembra opportuno, per le future Assemblee plenarie, inserire tra i partecipanti anche personalità non credenti o come si suol dire atee?

     
    R. - Questo devo dire è anche uno dei miei desideri. E’ stata una delle considerazioni che ho fatto a margine della mia prolusione, proprio perché l’elemento fondamentale di ogni ricerca, di ogni investigazione sui fenomeni è prima di tutto e soprattutto il dialogo. In questo senso, quindi, avere come interlocutore o - come si dice adesso - come "interfaccia" una persona o anche più persone che vedono ed interpretano il mondo dall’altro punto di vista diventa quasi, per certi versi, indispensabile. Certo, noi lo abbiamo fatto leggendo i libri, leggendo i testi, cercando di verificare e di fare un’analisi fenomenologica, una analisi cioè dei fenomeni e dei fatti, molto accurata. Certamente, però, avere una voce viva che dal mondo della non credenza o dal mondo anche semplicemente dell’indifferenza si presenti e presenti le proprie ragioni, presenti il proprio volto, alla fine sarebbe stato forse l’elemento più incisivo e dal punto di vista dei risultati forse anche quello più suggestivo ed illuminante.

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    Tavola rotonda all'ONU sui diritti della donna e sulla promozione delle pari opportunità nella vita sociale. Intervista con mons. Celestino Migliore

    ◊   Si è svolta a New York una tavola rotonda promossa dalla Missione di osservazione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, sul tema “La dignità delle donne nella società contemporanea: giustizia economica e autonomia decisionale”. L’iniziativa si è svolta a margine dei lavori della Commissione sulla condizione della donna, che quest’anno ha trattato il tema del finanziamento dei programmi intesi a raggiungere pari opportunità fra uomo e donna e a promuovere le potenzialità della donne stesse. Le relazioni e il dibattito si sono concentrati, tra l'altro, sulle possibili aree di collaborazione fra il pensiero sociale della Chiesa e l’orientamento delle Nazioni Unite su questi punti. Ma quali sono le proposte più significative avanzate dalla Santa Sede all’ONU per promuovere la dignità della donna? Adriana Masotti lo ha chiesto all’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro di New York:


    R. - In questo tema specifico, si è rivelata una continuità del pensiero sociale della Chiesa, che da sempre ha sostenuto il diritto al lavoro e al salario per mantenere la famiglia. Fino a qualche decennio fa, però, in tutt’altro contesto sociale il pensiero della Chiesa intendeva generalmente il lavoro salariato per il padre e l’economia di cura e quindi il lavoro casalingo per la madre: oggi, invece, sostiene l’accesso della donna e della madre a tutti i livelli dell’economia salariata. E ciò senza discriminazioni e senza che venga penalizzato il settore dell’economia e della cura e quindi il lavoro casalingo, il lavoro dell’educazione e dell’accompagnamento dei figli. Per questo, la Chiesa chiede che le politiche sociali riconoscano e retribuiscano anche questo tipo di lavoro che è estremamente importante.

     
    D. - Perché per la Santa Sede la promozione dei diritti della donna non può mai essere scissa dalla difesa della famiglia fondata sul matrimonio?

     
    R. - Questo succede anche per i diritti dell’uomo. Nella visione della Chiesa, i diritti non sono mai strettamente individuali, intesi cioè per la sola fruizione e realizzazione dell’individuo, ma vanno di pari passo con la responsabilità verso gli altri. Il diritto alla libertà o quello di poter disporre del proprio tempo, del proprio corpo, della propria vita vanno di pari passo con le responsabilità verso la famiglia. Questa è una dinamica dell’amore cristiano, che ha anche una grande rilevanza sociale. Quando si parla di diritto al pieno accesso al mondo dell’economia e della produzione si intende che sia le politiche sociali, sia i singoli - padre e madre - debbano tener conto delle loro responsabilità per la crescita e l’educazione dei figli.

     
    D. - Mancano poche settimana alla visita del Papa al Palazzo di Vetro. Come si sta preparando la comunità delle Nazioni Unite a questo storico evento?

     
    R. - L’attesa è grande, è palpabile. Il Papa parlerà - in un certo senso - al mondo intero, perché l’Assemblea generale è l’ambito nel quale tutti i Paesi del mondo sono rappresentati e si ritrovano idealmente uniti. Mai come oggi - in un clima generalizzato, di frammentazione culturale e di deriva della politica - la gente si rivolge verso le autorità morali per trovare motivi di speranza e di fiducia. Il Santo Padre viene ricevuto soprattutto nella sua veste di grande autorità morale.

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    Oggi in Primo Piano



    I missionari Cappuccini in Camerun a fianco dei deboli: la testimonianza del custode, padre Felice Trussardi

    ◊   Da 25 anni in Camerun, i missionari Cappuccini sono impegnati in attività sociali e formative, oltre che pastorali. In particolare, poi, i religiosi danno assistenza spirituale al convento delle Suore francescane e all’ospedale da loro gestito nella diocesi di Kumbo. Per una testimonianza sull’impegno dei Frati cappuccini nel Paese africano, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente in Camerun, il Custode padre Felice Trussardi:


    (musica)


    R. - Nella parrocchia dove ci troviamo, a parte le suore che hanno moltissime attività, c’è un grande ospedale. Siamo in mezzo ai monti, e a parte i villaggi, ci occupiamo dell’ospedale, e del Centro cardiologico che si sta facendo adesso. Poi c’è tutta la pastorale ordinaria, c’è il piccolo seme di questa parrocchia... Inoltre, ci siamo aperti ad altre realtà: alla città di Bamenda e, recentemente, ad un’altra città come Bafoussam. Lì le situazioni sono un po’ diverse. A Bamenda, stiamo costruendo ora una casa per accogliere la gente di strada. Dopo tanti anni che abbiamo collaborato in questo servizio, adesso vorremmo offrire noi una casa: una casa molto semplice, almeno un posto per dormire, un posto per mangiare per questa gente che è disturbata mentalmente. Cominceremo a costruirla il mese prossimo. Ci chiamavano “i frati del popolo” e cerchiamo di esserlo con queste persone abbandonate a se stesse, che hanno perso i legami con la loro famiglia. Noi non risolveremo tutti i loro problemi, però potremo almeno offrire un posto dove possano sentirsi accolti ed accettati per quello che sono e avere le cose più semplici: un piatto di minestra, un luogo per riposarsi, seguiti dai nostri frati e dalla gente che pian piano si lascia coinvolgere in questa realtà.

     
    D. - Come guarda la gente del luogo a questa realtà? Soprattutto, come risponde alle sollecitazioni da parte dei missionari Cappuccini?

     
    R. - La gente qui non può aiutare molto con i soldi, come siamo abituati a fare da noi, però ci sono vari gruppi che visitano questi ospiti-amici. C’è chi porta un po’ di patate, chi porta qualche altra cosa. Ognuno, nel suo piccolo, si sente responsabile: in tanti vogliono darsi da fare, sentono che questa gente non può essere lasciata così, abbandonata a se stessa. Questa gente viene ad aiutarci così come ci aiuta per le carceri di Bamenda, di Bafoussam, per le quali ci vengono offerte tante cose, perché anche i detenuti abbiano qualcosa. Noi mettiamo in collegamento tutto questo: facciamo superare i pregiudizi, le difficoltà nei riguardi di coloro che vivono in strada, verso i carcerati, cerchiamo di ricostruire un po’ i legami, ricontattare le famiglie... Non è che sia la soluzione di tutto, ma mi sembra già qualcosa che è, peraltro, già radicato nella realtà africana. In fin dei conti, siamo tutti uniti, tutti insieme, e se uno vive isolato allora è proprio tagliato fuori. Ricostruire questi legami che si sono rotti per tante ragioni - sia con questa gente di strada, sia con i carcerati - mi sembra sia un po’ anche il nostro impegno.
     
    (musica)

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    Concluso a Roma il Congresso internazionale sul tema "La Sindone tra scienza e fede". Intervista con mons. Giuseppe Ghiberti

    ◊   Si è svolto in questi giorni a Roma un Congresso internazionale sul tema “La Sindone, tra scienza e fede”, organizzato dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Durante il simposio, si è parlato degli ultimi studi sull’immagine della Sindone. Ma qual è il rapporto tra devozione e scienza, per quanto riguarda la Sindone? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione della diocesi di Torino per la Sindone:


    R. - Mi pare che non sia condizionata dalla scienza, perché di per sé questo rapporto, questo sentimento religioso, nasce prima che si affrontino i problemi della scienza. L’uomo che si pone di fronte alla Sindone - che ha questa caratteristica unica di portare l’immagine di un uomo morto a causa della crocifissione - è posto con immediatezza davanti a questa realtà e se ha qualche nozione di ciò che è accaduto nelle ore finali della vita terrena del nostro Redentore, si rende conto che c’è una corrispondenza fortissima, che poi l’analisi sia esegetica, sia medica confermerà. Questo fatto provoca istintivamente in chi ha cuore, ed anche il dono della fede, un rapporto di commozione nei confronti della realtà della Sindone, che è certamente solo segno ma che immediatamente dal segno passa al "segnato", dalla immagine all’uomo, che in questa immagine è rappresentato. Poi, certamente, nascono i problemi, che sono evidenziati dalla mente e presi in considerazione e affrontati dall’intelligenza umana. Ci si domanderà, dunque, quando è sorto questo lenzuolo e che cosa ha costituito la causa che ha dato origine a questa immagine. Ma qualunque risposta venga data dalla scienza, il messaggio che la Sindone porta con sé è già arrivato e supera, travalica, quelle che saranno le potenziali risposte della scienza.

     
    D. - Seguendo il suo ragionamento, mons. Ghiberti, un rapporto religioso con la Sindone è legittimo, indipendentemente dai risultati delle ricerche scientifiche. Quale funzione, dunque, può avere la scienza rispetto alla Sindone?

     
    R. - Il servizio che la ricerca scientifica può rendere è di grandissimo valore, perchè la persona che si affaccia alla constatazione e, quindi, ad un rapporto con questa realtà è fatta di mente e di cuore. E la mente necessariamente si pone perchè questo è il piano divino nella creazione della persona umana. I problemi che nascono e che sorgono spontanei vogliono essere affrontati. E’ doveroso, dunque, per l’uomo porsi, oltre ad assolvere quel compito che è di rispondere ad un impulso interiore, che è non soltanto legittimo, ma corrispondente alla dignità della persona umana. C’è anche quel desiderio che io ho di sapere se l’origine di questa immagine, in modo particolare, è dovuta al contatto reale che ci sia stato nell’esperienza storica del nostro Salvatore.

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    Chiesa e Società



    Una giornata di studio, domani a Roma, per i 25 anni della Prelatura dell’Opus Dei

    ◊   Domani, presso la Pontificia Università della Santa Croce, si svolgerà una giornata di studio sul significato teologico e giuridico della Prelatura personale dell’Opus Dei, istituita da Giovanni Paolo 25 anni fa sulla base delle Costituzione apostolica Ut sit. “Nonostante qualche perplessità iniziale - afferma all’agenzia SIR il coordinatore della giornata, Eduardo Baura - la scelta di dare vita alle Prelature personali si è rivelata un bene per le stesse diocesi” ed oggi “l’esperienza dimostra che questa figura potrebbe risultare utile per affrontare alcune necessità pastorali attuali, caratteristiche di una società segnata dalla mobilità delle persone e dalla multiculturalità”. La figura delle Prelature personali, spiegano dall'ateneo dello Santa Croce, “è una creazione del Concilio Vaticano II, e l’aggettivo ‘personale’ significa che la giurisdizione del prelato non è delimitata ad un territorio ma riguarda fedeli di più diocesi, che per le loro circostanze personali hanno bisogno di una speciale cura pastorale e che in tal modo appartengono sia alla propria diocesi, sia alla prelatura”. Alla giornata interverranno, tra gli altri, il cardinale vicario, Camillo Ruini, e il cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio Consiglio dei Testi legislativi. (E.B.)

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    Il 21 e 22 giugno pellegrinaggio della Chiesa turca a Tarso in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino

    ◊   In occasione dell’apertura dell’Anno Paolino a Tarso, il prossimo 21 e 22 giugno, i vescovi della Conferenza episcopale della Turchia hanno indetto il pellegrinaggio nazionale della Chiesa cattolica che si svolgerà nella città natale dell’apostolo. Ad annunciarlo all'agenzia SIR, è lo stesso presidente dei vescovi turchi, mons. Luigi Padovese. “Vogliamo iniziare questo Anno - ha dichiarato - consapevoli del privilegio di essere conterranei di Paolo ma con l’impegno di conoscerlo di più. Spediremo anche una lettera ai vescovi europei per promuovere le celebrazioni del bimillenario in Turchia. A questo riguardo, abbiamo creato un sito - "annopaolinoatarso.org" - dove è possibile trovare informazioni utili come i luoghi paolini della Turchia, orari delle Messe, e a breve anche un primo programma di eventi”. Il presule ha anche parlato della recente approvazione della legge sulle fondazioni religiose non musulmane, definita un “un passo avanti” anche se, ha specificato, “dovrebbe riguardare solo quelle realtà riconosciute come minoranza e la Chiesa cattolica latina non è tra queste. Serve il riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica”. L’Anno Paolino in Turchia sarà aperto il 22 giugno dal card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani. Prevista la presenza del premier turco, Erdogan. (E.B.)

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    Tre frati francescani sono partiti le scorse settimane per svolgere una missione in Kazakhstan

    ◊   L’Ordine francescano dei Frati minori conventuali ha inviato in Kazakhstan tre suoi rappresentanti. Come riferisce l’Osservatore Romano, si tratta di fra Roberto Peretti, della Provincia di Padova, per molti anni missionario in Romania, di padre Pawel Blok, della Provincia di Danziaca, 40 anni, da 14 sacerdote, e di padre Alerei Skakovskii, nato in Kazakhstan, 27 anni, da ter sacerdote della Custodia di Russia. Sono partiti per la capitale Astana il 12 febbraio scorso, dopo aver ricevuto il solenne mandato missionario dal ministro generale dell’Ordine, padre Marco Tasca, durante una celebrazione svoltasi ad Assisi, sulla tomba di San Francesco. Padre Tasca, alla presenza di numerosi frati, ha consegnato loro il Crocifisso e il Vangelo, mentre l’arcivescovo di Maria Santissima in Astana, Tomash Peta, presidente della Conferenza episcopale del Kazakhstan, ha chiesto ai tre sacerdoti di essere prima di tutto testimoni di spiritualità per la chiesa kazaka e insieme costruttori di dialogo e servi della carità, in pieno spirito e carisma francescano. La Chiesa in Kazakhstan attraversa una fase di sviluppo e di rinascita. I suoi rappresentanti - precisa l’agenzia Fides - stanno per diventare membri della Federation of bishops’ conferences (FABC), che si riunirà il prossimo mese di aprile in Tahailandia per accettare la richiesta di adesione avanzata dai vescovi del Kazakhstan. Se agli inizi del ventesimo secolo nel Paese c’era soltanto un vescovo, oggi, grazie al costante lavoro dei religiosi e dei missionari nel far crescere e sviluppare le comunità cattoliche, se ne contano cinque. La comunità cattolica resta tuttavia una piccola realtà di 180 mila fedeli, in un Paese dove la maggioranza della popolazione, il 40 per cento, è di religione musulmana mentre il 35 per cento è russa di religione ortodossa. Il sistema di governo kazako assicura libertà di culto e i rapporti con la Chiesa cattolica sono buoni grazie anche al concordato entrato in vigore nel 1999. Oltre a diocesi e parrocchie, la struttura ecclesiastica è ormai consolidata, e, guardando soprattutto ai tanti giovani che scoprono Cristo, svolge un’importante opera pastorale attraverso sacerdoti, religiose e religiosi provenienti da varie Nazioni. (E.B.)

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    La vita delle comunità cattoliche vietnamite all’estero: in buoni rapporti con i connazionali e una risorsa importante per la loro patria

    ◊   Sono 3 milioni i vietnamiti che vivono all’estero, 550 mila di loro sono cattolici. I gruppi cattolici, solidali con i loro confratelli e i loro compatrioti, sono generalmente dinamici e si aiutano reciprocamente. Tra loro - sottolinea l’agenzia Asia News - moltissimi hanno conseguito una laurea in diversi atenei europei o statunitensi e sono dunque diventati una risorsa per lo stesso Vietnam, visto che intendono contribuire allo sviluppo della loro patria. Numerose comunità di emigrati sono state avviate dalle Chiese locali, e, anche se secondo le norme canoniche non dipendono dai vescovi vietnamiti, conservano sempre buoni rapporti con le comunità di origine. Solo negli Stati Uniti, le comunità di sacerdoti, religiosi e fedeli vietnamiti sono circa un milione e mezzo. Proprio, a queste realtà, l’8 agosto 1999, si rivolse l’allora presidente dei vescovi americani, mons. Joseph A. Fiorenza, che, nel corso della messa celebrata nella cattedrale di Hanoi, ringraziò le comunità vietnamite per quanto fanno per la Chiesa statunitense. Oggi, queste realtà guardano al futuro nella certezza che l’amore di Dio li guidi nella speciale missione di portare la buona novella e di contribuire a migliorare lo sviluppo del Paese asiatico. (E.B.)

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    Si apre domani a Roma il Consiglio permanente della CEI

    ◊   Al via domani, a Roma, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (CEI). L’appuntamento, che si concluderà il 13 marzo, si aprirà nel pomeriggio, alle 17, con l’adorazione eucaristica presso la cappella della CEI e la prolusione del presidente, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Nei giorni successivi, i vescovi precederanno all’approvazione del verbale della riunione precedente e all’esame delle osservazioni pervenute dalle Conferenze episcopali regionali circa la traduzione della “editio typica tertia” del Messale Romano. In seguito, spazio al progetto di una “Lettera sui cercatori di Dio”, con la presentazione della bozza di una lettera sulle tematiche del sovvenire alle necessità della Chiesa, accompagnata da una riflessione sulla 45.ma Settimana sociale dei cattolici italiani e da una relazione sull’attività della Fondazione Giustizia e Solidarietà. Nel corso della riunione, sarà inoltre avviata una riflessione su alcuni problemi emergenti della sanità cattolica, verrà presentato un documento comune per la pastorale dei matrimoni fra cattolici e battisti in Italia, sarà determinato il contributo da assegnare ai tribunali ecclesiastici regionali per l’anno in corso e sarà approvata la data del 25.mo Congresso eucaristico nazionale. (E.B.)

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    Il meeting dei giovani di Pompei per il 2008 si svolgerà in due giorni. Per gli organizzatori, sarà una concreta esperienza di fede

    ◊   Si svolgerà in due giorni, il 30 aprile e il primo maggio 2008, la XXII edizione del Meeting dei giovani di Pompei, organizzato dal santuario della città mariana. Come riporta l’agenzia SIR, il primo giorno avrà come obiettivo principale l’accoglienza: al centro ci sarà una tavola rotonda e una veglia di preghiera nel santuario di Pompei, cui seguirà un momento di festa. Il secondo giorno, durante la mattinata, i partecipanti saranno invitati a dividersi in due grandi gruppi, dislocati in due piazze, “agorà”, e a confrontarsi con personaggi del mondo della Chiesa e dello spettacolo, che li guideranno in un cammino di riflessione. Alla fine entrambi i gruppi, recitando la preghiera del Rosario, giungeranno ai piedi della Beata Vergine per celebrare l’Eucaristia. Nel pomeriggio presso l’area meeting, la festa continuerà scandita dalla preghiera, dalle testimonianze e dalla musica. A conclusione della giornata i ragazzi della Comunità Cenacolo, saranno protagonisti di un musical dal titolo “Non abbiate paura”. “Il Meeting - spiegano i promotori - non va più inteso come una semplice occasione di aggregazione giovanile, piuttosto come una concreta esperienza di fede e di cultura, il cui presupposto, però, è legato proprio alla presenza attiva dei giovani e all’entusiasmo che li caratterizza”. (E.B.)

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    L’arcivescovo argentino di La Plata, Aguer: le nuove materie previste per i programmi scolastici hanno un impianto sostanzialmente ateo

    ◊   L’arcivescovo di La Plata, Héctor Aguer, ha recentemente denunciato i pericoli legati alla nuova materia che si cerca di introdurre in Argentina, denominata “Costruzione della cittadinanza”. Secondo il presule, ripreso dall’agenzia Fides, “si tenta di utilizzare un linguaggio nuovo per descrivere la conoscenza umana, dove non trova posto il problema della verità, né c’è la possibilità di domandarsi ‘cosa è la verità?’”. L’obiettivo è dunque di cambiare il linguaggio dei mezzi educativi, continua l’arcivescovo di La Plata, “per cambiare il pensiero dei docenti ed attraverso loro cambiare il pensiero degli alunni, provocando un cambiamento nella società”. Il proposito ufficiale dell'iniziativa - stigmatizza l’arcivescovo - è di “sottomettere la scuola ad un processo di trasformazione su basi ideologiche che violentano la natura della conoscenza ed alterano la relazione maestro-alunno”. Si tratta di un progetto profondamente ateo, afferma, “perché supera la relazione tra l’intelligenza umana e la realtà, cambiando la stessa definizione di uomo, che non può riconoscersi come creatura né può riconoscere il mondo come creazione”. Siamo di fronte ad uno strumento pericoloso - aggiunge - “che va ad ideologizzare e politicizzare gli adolescenti, senza alcun riferimento ad una concezione integrale della persona umana e alla natura etica delle sue azioni”. I responsabili delle scuole cattoliche della Provincia si trovano di fronte alla “necessità prioritaria di esaminare attentamente le disposizioni che giungono dallo Stato per giudicare come i programmi di studio possono essere assunti nel nostro sistema educativo ecclesiale, che ha una funzione essenzialmente evangelizzatrice”. Per mons. Aguer, questa materia “non è, in realtà, una materia nel senso tradizionale della parola, bensì una costruzione”. Un’altra questione importante introdotta riguarda, prosegue, l’ideologia di genere “che si adotta per ignorare la differenziazione naturale dell’essere umano in sesso maschile e sesso femminile. I ruoli e le responsabilità di donne ed uomini sarebbero determinati socialmente, ‘costruiti’ o imposti dalla cultura e non procederebbero delle differenze biologiche, psicologiche, affettive e spirituali degli stessi uomini e donne”. Si parla, infatti, della sessualità - osserva il presule - come di “un assoluto, senza riferimento all’amore e alla responsabilità”. Per il vescovo argentino, questa vicenda assume un’importanza capitale perché “è in gioco il futuro di milioni di bambini che frequentano le scuole statali e che per il battesimo sono membri della Chiesa”. Inoltre - precisa - “è in gioco il futuro della società argentina, il futuro della nazione”. Tutti questi temi - conclude Mons. Aguer - richiedono di “dedicarci seriamente ad elaborare una valutazione critica dei nuovi contenuti con la massima obiettività e coerenza”. (E.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Spagna alle urne tra ingenti misure di sicurezza e le incertezze sull'astensione

    ◊   Domenica di voto in Spagna, dominata dalla grande incertezza per l'impatto dell'attentato all’esponente socialista, Isaias Carrasco, e dell'astensione. Si continuano infatti a registrare, soprattutto da parte socialista, gli appelli a recarsi alle urne che resteranno aperte fino alle ore 20 I primi risultati si conosceranno intorno alle 21. Il nostro servizio:


    Seggi aperti in Spagna, dove si vota tra severe misure di sicurezza, dopo che il governo ha dichiarato l'allerta massima in seguito all'uccisione di Isaias Carrasco, l'ex consigliere socialista basco, attribuita all'ETA. Trentacinque milioni di persone sono chiamate a decidere se riconfermare al governo i socialisti di Zapatero o portare al potere il Partito popolare di Mariano Rajoy. I sondaggi, pubblicati prima dell'attentato di Mondragon, danno la formazione di Zapatero in vantaggio con un margine di circa quattro punti sullo sfidante conservatore. Tuttavia, al momento domina la grande incertezza causata dall'irruzione del terrorismo basco nella campagna elettorale. A pesare sull’esito del voto sarà, poi, una lieve decelerazione dell’economia e l’interrogativo sull’astensionismo. Dopo le consultazioni del marzo del 2004, segnate dai 191 morti di Madrid, il Paese si presenta per la seconda volta al voto sull’onda emotiva di un attentato. Per scacciare i fantasmi di una diserzione alle urne che potrebbe spostare molte preferenze, il premier Zapatero ha quindi di nuovo esortato gli spagnoli ad esercitare il proprio diritto di voto. Secondo molti analisti, il Partito socialista sarebbe infatti favorito da un'alta mobilitazione dell’elettorato.

     
    Crisi di Governo in Serbia
    L’indipendenza del Kosovo e la gestione dei rapporti con L’Unione Europea spaccano l’alleanza di governo serba tra la formazione liberale del presidente della Repubblica, Boris Tadic, e quella nazional-conservatrice del premier, Vojislav Kostunica. La crisi della maggioranza è stata ufficializzata ieri dal capo dell’esecutivo che ha poi convocato un Consiglio dei ministri per domani, durante il quale probabilmente rassegnerà le sue dimissioni. Nei giorni scorsi, Kostunica aveva indirettamente accusato i partner della coalizione di aver abbandonato la difesa della rivendicazione serba sulla provincia a maggioranza albanese. Dal canto suo, il presidente Tadic ha preso atto dell'intenzione del premier conservatore di dimettersi e ha annunciato di essere pronto a convocare le elezioni anticipate non appena la crisi di governo verrà formalizzata. Il capo dello Stato ha inoltre evidenziato che le difficoltà dell'esecutivo uscente non sono tuttavia dovute al Kosovo, ma alla differente percezione dell'importanza dello sviluppo dei rapporti fra Belgrado e l'UE per la crescita economica della Serbia.

    Italia
    Tra oggi e domani, le forze politiche depositano le liste dei candidati in vista delle elezioni del 13 e 14 aprile. Ieri intanto, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno aperto a Milano la campagna elettorale del Popolo delle libertà (PDL). Mentre dal nordest italiano, Walter Veltroni ha lanciato il Partito democratico (PD) come la grande forza del lavoro. Intanto, dal capo dello Stato l’ennesimo invito ad abbassare i toni. Servizio di Giampiero Guadagni:


    Si gioca sulla credibilità dei programmi questa fase di campagna elettorale. Berlusconi stavolta non vuole fare grandi promesse: anche perché, dice, il governo Prodi ci lascia una eredità disastrosa e noi non abbiamo la bacchetta magica. Il candidato premier del PDL, sicuro della vittoria, fa sapere che al primo consiglio dei ministri porterà l’abolizione dell’ICI, la detassazione degli straordinari, l’introduzione di un bonus bebè e interventi sulla sicurezza. Per la sinistra, il programma è carta straccia - aggiunge Berlusconi - strappando simbolicamente dei fogli. Gesto stigmatizzato da Veltroni. Il leader del PD, a sua volta convinto della rimonta, spiega le sue prime misure da premier: un disegno di legge contro la precarietà e uno a sostegno della partecipazione delle donne alla vita politica e sociale. Veltroni critica il PDL - è, dice, solo un’alleanza elettorale - ma anche la sinistra per aver rispolverato il concetto di lotta di classe. Replica Fausto Bertinotti (Sinistra Arcobaleno): Veltroni non si è accorto dei mutamenti sociali degli ultimi anni. Da parte sua, il leader dell’Unione di centro (UDC), Pierferdinando Casini, invita gli italiani a non farsi abbagliare dagli effetti speciali di PDL e PD. Per Casini, proprio la nascita di un partito di cattolici e liberali è la vera novità di questa campagna elettorale. Mentre il socialista Boselli ha offerto a Mastella di fare il capolista indipendente in Campania al Senato. I partiti più piccoli sono tutti in rivolta per il poco spazio assegnato loro in televisione. E ieri Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori (IdV), entrata nel Partito democratico, ha annunciato l’intenzione di denunciare l’Autorità di controllo e vigilanza sul sistema radiotelevisivo rea, secondo Di Pietro, di non vigilare sull'informazione che sta trasformando libere elezioni in una "farsa degna di Ceaucescu e Pinochet". Un giudizio inammissibile, secondo il Quirinale, che ribadisce l’appello a tutte le forze politiche alla moderazione e al rispetto delle istituzioni di garanzia, pur nel libero esercizio delle critiche.

     
    Iraq
    Giornata di violenze in tutto il territorio dell’Iraq. Due civili sono stati uccisi e altri sette sono rimasti feriti nell'esplosione di un'autobomba nei pressi di un mercato ortofrutticolo nel centro di Mossul, nel Nord del Paese. Sempre a seguito di un’esplosione un altro civile è morto in un quartiere sud-orientale di Baghdad. Si tratta degli ennesimi atti violenza verso l’inerme popolazione irachena, come ricordato dal Benedetto XVI all’Angelus di oggi. Vittime infine anche tra le truppe USA: due soldati americani sono stati uccisi e altri due sono rimasti feriti a nord della capitale, durante un'operazione antiterroristica. Sul fronte politico, si registra invece un netto miglioramento dei rapporti con Ankara. Il premier turco, Erdogan, ha detto ieri al presidente iracheno in vista in Turchia, Jalal Talabani, di volere migliori relazioni con l’Iraq.

    Terrorismo in Cina
    L’ombra del terrorismo di matrice islamica si allunga sui Giochi olimpici di Pechino. Il governo cinese ha reso noto che, nel gennaio scorso, è stato ucciso un gruppo di terroristi che aveva pianificato un attacco da compiere in occasione delle Olimpiadi. Il fatto è avvenuto nella provincia autonoma a maggioranza musulmana dello Xinjiang. Sempre oggi, si è data notizia di un fallito attentato a bordo di un aereo della China Southern Airlines, venerdì scorso. Il velivolo è atterrato senza problemi malgrado il tentativo "di provocare un disastro aereo", ha dichiarato il governatore della Provincia di Xinjiang, Nur Bekri, che però non ha fornito ulteriori dettagli su come sia intervenuto l’equipaggio. Nella provincia nordoccidentale dello Xinjiang, vivono circa 8 milioni di Uighuri, popolazione mongola di religione musulmana, nella quale sono attive organizzazioni islamiche e separatiste che da anni combattono contro Pechino.

    Kenya
    In Kenya, il parlamento sta prendendo in esame l’accordo raggiunto tra il presidente Kibaki, uscito vincitore delle controverse elezioni del 27 dicembre scorso, e il capo dell’opposizione, Odinga, che quel risultato non ha mai riconosciuto. L’intesa prevede la creazione di un Comitato di transizione che guidi il processo verso la formazione di un governo di coalizione ed è stata raggiunta al di fuori della mediazione guidata dall’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Il nodo principale del confronto adesso riguarda l’inserimento della figura del premier nella carta costituzionale. Ruolo che, nel quadro della pacificazione nazionale, dovrebbe essere affidato al leader dell’opposizione Odinga, come conferma da Nairobi Thomas Simmoms, fondatore di AMREF-Italia, intervistato da Lucas Dùran:

     
    R. - La situazione politica prende una direzione nuova e le discussioni passano in parlamento, con l’obiettivo primario di avallare l’accordo ratificato da Raila Odinga e dal presidente Kibaki per inserire nella Costituzione le norme che permetteranno la creazione di un posto di primo ministro esecutivo, che dovrebbe occupare Raila Odinga. Per cui, si metterà al vaglio dei parlamentari eletti il 27 dicembre questo accordo che - dobbiamo ricordare - è stato preso direttamente da Odinga e Kibaki, escludendo i negoziatori che avevano nominati per partecipare alla mediazione di Kofi Annan.

     
    D. - Questa esclusione che cosa potrebbe comportare all’atto pratico?

     
    R. - Dobbiamo verificare se c’è un sostegno effettivo da parte della base politica e anche dell’elettorato a questo processo di pace. Forse Kibaki avrà più difficoltà a raccogliere consensi che non Odinga, in quanto sostanzialmente l’opposizione ha ottenuto ciò che chiedeva da due mesi, mentre il presidente Kibaki si è tirato molto indietro per poter favorire il ritorno alla pace.

     
    D. - AMREF, lo sappiamo, è presente in maniera sostanziale in Kenya, in particolare a Nairobi. In questi ultimi mesi, quali sono state le vostre condizioni di lavoro? Siete riusciti a portare avanti la vostra azione?

     
    R. - Nelle prime due settimane della crisi - sviluppatasi durante le vacanze natalizie, quando tutte le persone sono tornate a casa a votare - la prima preoccupazione è stata quella di assicurarci che tutto il nostro personale fosse al sicuro e potesse badare alle proprie famiglie, perché è stata una crisi che ha toccato veramente tutti. Con un rientro subito dopo la prima decade di gennaio ad una sorta di normalità - anche se in molte città si è continuato ad avere degli scontri - abbiamo ripreso il lavoro: la difficoltà principale è che si è verificata questa fortissima migrazione interna per cui, per esempio, nella baraccopoli di Libera, dove lavoriamo con molti sieropositivi, con distribuzione di farmaci antiretrovirali, abbiamo perso circa il 70 per cento dei pazienti che sono scappati e non sappiamo bene dove siano. Questo è veramente drammatico, perché con la loro fuga hanno interrotto la terapia antiretrovirale e ciò comporta un gravissimo danno che avrà delle conseguenze a lungo termine.

     
    Primarie USA
    Riprende la corsa di Barack Obama per la nomination democratica alle presidenziali statunitensi. Il senatore dell’Illinois si è aggiudicato i caucus del Wyoming conquistando il 61% dei consensi contro il 38% ottenuto da Hillary Clinton. A Obama sono andati 7 dei 12 delegati in palio in queste assemblee per la nomina dei candidati, alla senatrice di New York quattro mentre un delegato non sarebbe stato assegnato. Secondo i calcoli di diversi organi di stampa americani, Obama ha portato così il vantaggio a 110 i delegati sulla rivale. L’attuale conteggio sarebbe infatti di 1.578 a 1.468. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 69

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