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Sommario del 07/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • La misericordia di Dio è infinitamente più grande di ogni nostra colpa: così Benedetto XVI ai partecipanti al corso annuale della Penitenzeria Apostolica
  • Il Papa al Pontificio Comitato di Scienze storiche: una società che baratta la necessità di studiare il passato con le chimere del positivismo è più fragile e condizionata dalle ideologie
  • Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il primo ministro del Granducato di Lussemburgo. La lotta all'eutanasia e il dialogo interreligioso e interculturale in Europa i temi del colloquio
  • Altre udienze
  • La Parola di Dio, come "cammino di santificazione personale", al centro della terza predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa
  • In Azerbaigian, il cardinale Bertone inaugura la prima Chiesa cattolica della Repubblica caucasica
  • La questione del secolarismo affrontata dalla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Intervista con l’arcivescovo Bruno Forte
  • Mons. Tomasi al Consiglio ONU di Ginevra sui diritti umani: la libertà religiosa, un valore da proteggere
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tensione altissima a Gerusalemme dopo l’uccisione, ieri, degli otto studenti religiosi. Interviste con una donna palestinese e una israeliana dell'"International Women's Commission"
  • Crisi Colombia-Ecuador, anche il Nicaragua rompe i rapporti diplomatici con Bogotà
  • Conferenza stampa a tutto campo del preposito generale dei Gesuiti, padre Nicolas, dopo la conclusione della 35.ma Congregazione generale
  • Nel segno del dialogo tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica la "lectio magistralis" del Patriarca Bartolomeo I, al Pontificio Istituto Orientale di Roma
  • Introspezione spirituale e valori protagonisti sul grande schermo al Film Festival di Alba
  • Chiesa e Società

  • In Iraq, i rapitori dell'arcivescovo di Mosul, Faraj Rahho, hanno ribadito le loro condizioni
  • Sri Lanka: preoccupazione della comunità internazionale per l'aumento della violenza nel Paese. Attaccate anche le comunità cristiane
  • Nelle Filippine si aggrava il bilancio delle inondazioni. Allarme della Banca asiatica per lo sviluppo
  • Decima giornata di preghiera delle comunità cristiane per il Myanmar
  • Le Chiese europee chiedono di dare un "significato alto al processo di costruzione dell'Unione Europea"
  • La prima chiesa cattolica in Qatar sarà consacrata dal cardinale Iva Dias. La folta comunità di fedeli avrà un punto di riferimento
  • ONU: tavola rotonda sulla dignità delle donne promossa dalla Missione Permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro
  • 8 marzo: l’arcivescovo di Loreto, mons. Tonucci, esorta le donne a seguire Maria come “esempio” per “cambiare il mondo”
  • 8 marzo: Amnesty esorta i governi di tutto il mondo a mobilitarsi per far cessare le violenze contro le bambine a scuola
  • In Benin, è allarme traffico minori: sono 40 mila quelli coinvolti solo nel 2006
  • La Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Kenya esorta i leader del Paese ad attuare rapidamente gli accordi e a fronteggiare l’emergenza sfollati
  • A Palermo, incontro dei segretari delle Commissioni Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali europee nel ricordo di don Puglisi
  • I Benedettini di Sant’Ottilia “sbarcano” a Cuba. Entro la fine dell'anno, sarà fondata sull’isola una nuova comunità
  • Oggi la Radio cattolica nazionale dell’Ecuador compie 25 anni. Festeggiamenti in programma domani a Quito
  • "Custodire le radici, abitare il tempo", al via il convegno di Azione Cattolica per riscoprire i punti di riferimento dei giovani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Nuove vittime anche oggi a Baghdad, dopo i 68 morti di ieri
  • Il Papa e la Santa Sede



    La misericordia di Dio è infinitamente più grande di ogni nostra colpa: così Benedetto XVI ai partecipanti al corso annuale della Penitenzeria Apostolica

    ◊   “Occorre che tra la pratica del sacramento della Confessione e una vita tesa a seguire sinceramente il Cristo si instauri una sorta di ‘circolo virtuoso’ inarrestabile, nel quale la grazia del Sacramento sostenga ed alimenti l’impegno ad essere fedeli discepoli del Signore”. E’ quanto ha detto stamani il Papa ai partecipanti al corso annuale della Penitenzeria Apostolica sottolineando che la vita cristiana deve tendere sempre alla conversione. Se pur essendo animati dal desiderio di seguire Gesù, non ci si confessa regolarmente - ha aggiunto Benedetto XVI - “si rischia poco a poco di rallentare il ritmo spirituale” sino ad indebolirlo sempre di più e forse anche a spegnerlo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:


    “La Quaresima - afferma il Papa - è un tempo quanto mai propizio per meditare sulla realtà del peccato alla luce dell’infinita misericordia di Dio, che il sacramento della Penitenza manifesta nella sua forma più alta”:
     
    “Occorre oggi far sperimentare a chi si confessa quella tenerezza divina verso i peccatori pentiti che tanti episodi evangelici mostrano con accenti di intensa commozione”.

    Il Santo Padre, dopo aver ricordato la pagina del Vangelo di Luca che presenta la peccatrice perdonata, sottolinea l’eloquenza del messaggio che traspare dal brano evangelico: “A chi molto ama, Dio tutto perdona”:

    “Chi confida in stesso e nei propri meriti è come accecato dal suo io e il suo cuore si indurisce nel peccato. Chi invece si riconosce debole e peccatore si affida a Dio e da Lui ottiene grazia e perdono”.

    Ciò che più conta - afferma il Papa - è di far comprendere che “nel sacramento della Riconciliazione, qualsiasi peccato si sia commesso, se lo si riconosce umilmente e ci si accosta fiduciosi al sacerdote confessore, si sperimenta sempre la gioia pacificatrice del perdono di Dio”. Il Santo Padre quindi aggiunge:

    “Quando si insiste solo sull’accusa dei peccati, che pure deve esserci e occorre aiutare i fedeli a comprenderne l’importanza, si rischia di relegare in secondo piano ciò che in esso è centrale, è cioè l’incontro personale con Dio, Padre di bontà e misericordia”.

     
    Nel cuore della celebrazione sacramentale - conclude Benedetto XVI - non sta il peccato, ma la misericordia di Dio, che è infinitamente più grande di ogni nostra colpa.

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    Il Papa al Pontificio Comitato di Scienze storiche: una società che baratta la necessità di studiare il passato con le chimere del positivismo è più fragile e condizionata dalle ideologie

    ◊   Indagare la storia per costruire società che, coscienti del loro passato, hanno acquisito “criteri” per “progettare un’armonica convivenza” per il presente e per il futuro. Nel ricevere in udienza il Pontificio Comitato di Scienze storiche, Benedetto XVI ha sviluppato una riflessione sull’importanza della storiografia, tanto più importante - ha rilevato - nella nostra epoca “plasmata dal materialismo e del postivismo”, e dunque sempre meno interessata agli avvenimenti che l’hanno preceduta. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Nelle società in cui si è troppo soggetti al fascino delle scoperte della scienza e dei progressi della tecnologia la memoria storica tende a sbiadire, perché il “qui e ora” del più recente successo medico o tecnico illudono che un certo “paradiso in terra” sia a portata di mano, mentre ciò che è stato - e l’esperienza che ne deriva - finiscono relegati in un “oblio” polveroso, ma anche pericoloso. Con un intervento stringente, Benedetto XVI ha espresso alcune sue convinzioni sull’importanza delle scienze storiche, che indagano non solo il passato dell’umanità ma anche quello della Chiesa e della sua missione nelle varie epoche.

     
    Il Papa ha ribadito la lungimiranza del suo predecessore, Leone XII, che per opporre un contraltare a certa storiografia antiecclesiale istituì una commissione di studio alla quale in sostanza l’attuale Pontificio Comitato delle Scienze storiche può far risalire le proprie origini. Da allora, ha notato Benedetto XVI, “il contesto culturale ha vissuto un profondo cambiamento. Non si tratta più - ha osservato - solo di affrontare una storiografia ostile al cristianesimo e alla Chiesa. Oggi è la storiografia stessa ad attraversare una crisi più seria, dovendo lottare - ha rilevato - per la propria esistenza in una società plasmata dal positivismo e dal materialismo. Entrambe queste ideologie hanno condotto a uno sfrenato entusiasmo per il progresso che, animato da spettacolari scoperte e successi tecnici, malgrado le disastrose esperienze del secolo scorso, determina la concezione della vita di ampi settori della società. Il passato - è stata la riflessione di Benedetto XVI - appare, così, solo come uno sfondo buio, sul quale il presente e il futuro risplendono con ammiccanti promesse. A ciò è legata ancora l'utopia di un paradiso sulla terra, a dispetto del fatto che tale utopia si sia dimostrata fallace”.

     
    Inoltre, il disinteresse per la storia genera trascuratezza nell’analisi degli avvenimenti passati, che arriva a ignorare - ha stigmatizzato il Papa - “perfino intere epoche”, cosicché si hanno piani di studio per i quali, ha proseguito, “la storia inizia solamente a partire dagli avvenimenti della Rivoluzione francese”. Tutto questo “oblio storico” però ha un prezzo, secondo Benedetto XVI, per il quale “prodotto inevitabile di tale sviluppo è una società ignara del proprio passato e quindi priva di memoria storica. Non è chi non veda - ha soggiunto - la gravità di una simile conseguenza: come la perdita della memoria provoca nell’individuo la perdita dell’identità, in modo analogo questo fenomeno si verifica per la società nel suo complesso”. Infine, Benedetto XVI ha terminato il suo discorso ricordando l’interesse per una “cultura storica autentica” sempre nutrito dalla Chiesa, che ha permesso e consente anche di chiarirne la “complessa missione” attraverso i secoli: “Pur quando non riguarda la storia propriamente ecclesiastica, l’analisi storica - ha asserito il Pontefice - concorre comunque alla descrizione di quello spazio vitale in cui la Chiesa ha svolto e svolge la sua missione attraverso i secoli. Indubbiamente la vita e l’azione ecclesiali sono sempre state determinate, facilitate o rese più difficili dai diversi contesti storici. La Chiesa - ha concluso il Papa - non è di questo mondo ma vive in esso e per esso”.

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    Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il primo ministro del Granducato di Lussemburgo. La lotta all'eutanasia e il dialogo interreligioso e interculturale in Europa i temi del colloquio

    ◊   La difesa della vita umana, in particolare dall'eutanasia, e il valore del dialogo tra religioni e tra culture in Europa. Sono gli argomenti che hanno interessato l'udienza concessa questa mattina da Benedetto XVI al primo ministro del Granducato di Lussemburgo, Jean-Claude Juncker. Dopo aver evocato "i buoni rapporti esistenti tra la Chiesa Cattolica e il Granducato", il Papa e il primo ministro lussemburghese - informa una nota della Sala Stampa Vaticana - hanno passato in rassegna "alcuni temi di comune interesse riguardanti l'attuale situazione del Paese", con uno "specifico riferimento alla difesa della vita umana e al processo legislativo in corso orientato alla liberalizzazione dell’eutanasia".

    Inoltre, prosegue il comunicato, attenzione è stata riservata "alla situazione internazionale, in particolare al futuro dell’Europa, al Medio Oriente e alla presenza dei cristiani, ai conflitti in varie parti del mondo e al dialogo interreligioso e interculturale". Dopo l'udienza con il Pontefice, il primo ministro del Lussemburgo si è intrattenuto a colloquio con l'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI nel corso della mattinata ha incontrato un gruppo di tre presuli della Conferenza episcopale del Guatemala, in Visita ad Limina.


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    La Parola di Dio, come "cammino di santificazione personale", al centro della terza predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa

    ◊   Accogliere la Parola di Dio, contemplarla e metterla in pratica significa compiere un “cammino di santificazione personale”. E’ quanto sottolinea padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, nella terza predica di Quaresima pronunciata stamani alla presenza del Santo Padre nella cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Parola di Dio è “cammino di santificazione personale”, “sostanza della nostra anima” e strumento per un “intimo colloquio” con Dio. Per completare questo cammino sono necessarie tre operazioni: la Parola - osserva padre Cantalamessa, riprendendo la lettera di San Giacomo - deve essere ascoltata, meditata e messa in pratica. In questo percorso, si devono evitare il rischio di una “lettura impersonale”, limitandosi solo a studiare le Sacre Scritture, e quello di una interpretazione alla lettera, “senza alcuna mediazione ermeneutica”. Si tratta di due pericoli apparentemente opposti - fa notare il predicatore della Casa pontificia - che hanno in realtà in comune il fatto di trascurare lo Spirito. La seconda tappa suggerita da San Giacomo consiste nel “fissare lo sguardo” sulla Parola per crescere in una duplice conoscenza, di sé e di Dio:

    “L’anima che si guarda nello specchio della Parola impara a conoscere ‘com’è’, impara a conoscere se stessa, scopre la sua difformità dall’immagine di Dio e dall’immagine di Cristo”.

    Più che scrutare la Scrittura, si tratta quindi “di lasciarsi scrutare dalla Scrittura”: la Parola di Dio - aggiunge padre Cantalamessa - assicura una “fondamentale” ed “infallibile” direzione spirituale. La tappa successiva è quella di mettere in pratica la Parola:

    “Le Parole di Dio, sotto l’azione dello Spirito, diventano espressione della vivente volontà di Dio per me, in un dato momento… L’obbedienza alla Parola di Dio è l’obbedienza che possiamo fare sempre”.

    La predica del religioso francescano si conclude con la preghiera che Sant’Agostino eleva a Dio nelle sue Confessioni: “Siano le tue Scritture le mie caste delizie; che io non m’inganni su di esse, né inganni gli altri con esse”.

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    In Azerbaigian, il cardinale Bertone inaugura la prima Chiesa cattolica della Repubblica caucasica

    ◊   Secondo giorno di visita in Azerbaigian per il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Dopo l’arrivo ieri a Baku e l’incontro con il primo ministro azero, Rasi-zadeh - durante il quale è stata ribadita l’importanza di una vicinanza pacifica tra gli Stati per la stabilità degli equilibri internazionali - il porporato ha inaugurato oggi a nome del Papa la chiesa dell'Immacolata Concezione. Un segno di autentica “tolleranza religiosa”, ha dichiarato il cardinale Bertone, in una terra a maggioranza musulmana. Il servizio di Benedetta Capelli:


    E’ iniziata con la deposizione di una corona di fiori sulla tomba del presidente Heydar Aliyev la seconda giornata a Baku del cardinale Bertone. Una personalità, quella dello statista, ricordata dallo stesso porporato nel suo discorso pronunciato durante la cerimonia di inaugurazione della chiesa dell'Immacolata Concezione. Aliyev aveva infatti donato a Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita nel 2002, il terreno sul quale è stata costruita la prima chiesa cattolica dell’Azerbaigian. Fu allora “una prova della sua volontà di fare della tolleranza religiosa - ha precisato il cardinale Bertone - un vero pilastro nella vita” della Repubblica caucasica, una vocazione proseguita con passione e concretizzatasi nella costruzione di una casa per i senza tetto guidata dalle suore di Madre Teresa di Calcutta. Tolleranza religiosa dimostrata dalla presenza all’inaugurazione dell’attuale presidente del Paese, Ilhm Aliyev - figlio dell’ex capo dello stato - del Corpo diplomatico in Azerbaigian il quale, sottolinea il segretario di Stato, vede nella libertà di religione “una causa di primaria importanza” per la difesa dei diritti degli individui e della collettività". E un grazie è stato indirizzato alla delegazione polacca presente a Baku, che alla chiesa azera ha regalato le campane.

     
    Di grande rilievo la partecipazione alla cerimonia del capo dei musulmani del Caucaso, del vescovo ortodosso russo, del capo degli Ebrei della Montagna. Al leader islamico, è giunto un saluto e un ringraziamento di Benedetto XVI perché - ha spiegato il segretario di Stato - “se questa chiesa esiste è dovuto anche al ruolo insostituibile di sostegno e promozione” portati avanti in piena sintonia con le autorità civili. Un abbraccio particolare da parte del cardinale Bertone è andato poi ai Salesiani - ordine al quale il porporato appartiene - che si adoperano a servizio della comunità di Baku. Una chiesa considerata la casa di tutti i fedeli della comunità di Baku che per anni hanno atteso un luogo in cui pregare, e nel quale “chiunque è invitato d’onore, protagonista e membro di una medesima famiglia”. Prima della benedizione, il segretario di Stato ha espresso l’auspicio che la capitale Baku diffonda un messaggio di impegno e speranza in tutto il mondo. A seguire la visita alla Fondazione benefica, Heydar Aliyev e diversi incontri tra i quali anche quello con il ministro degli Affari Esteri.

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    La questione del secolarismo affrontata dalla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Intervista con l’arcivescovo Bruno Forte

    ◊   E' entrata nel vivo, con gli interventi dei vari relatori, l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura, dal titolo "Le sfide della secolarizzazione per la Chiesa e nella Chiesa". Tra le tante voci che si levano in questi giorni, una in particolare ha affermato che il secolarismo non va considerato tanto come un nemico, ma come un campo nel quale portare l’annuncio del Vangelo. Una considerazione sulla quale Giovanni Peduto ha chiesto un'opinione a mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, presente ai lavori della plenaria:


    R. - Certamente, la secolarizzazione è un processo complesso nel quale vanno distinte diverse forme. Per esempio, quella che viene chiamata normalmente “del secolarismo”, che sarebbe la forma più negativa della secolarizzazione: una sorta di ideologia dell’assolutezza del mondo di questo secolo e quindi di ogni esclusione di Dio. Ma certamente, nella secolarizzazione ci sono elementi che addirittura hanno una radice biblica. Ce lo faceva già notare più di 50 anni fa un grande teologo evangelico come Friedrich Gogarten: è il disincanto del mondo, il fatto che il mondo non può essere idolatrato, che tutto ha una misura di contingenza, di finitezza, proprio davanti al mistero di Dio. E in questo senso, la "mondanità" del mondo e quindi anche la sua limitatezza ma anche, e proprio per questo, la responsabilità che questa limitatezza comporta in una coscienza libera e adulta, questo non è un disvalore. Basti pensare che il Figlio di Dio si è fatto uomo proprio perché l’umanità dell’Uomo venisse esaltata in lui e riconosciuta: ce lo ha ricordato il Concilio Vaticano II con il numero 22 della Gaudium et Spes. Questo per dire che cosa? Che davanti alla secolarizzazione non si possono tranciare giudizi semplici o banalizzanti: occorre un attento discernimento nella complessità, fatto alla luce della Parola di Dio, della grande tradizione della fede e del Magistero della Chiesa, per avanzare delle proposte, per lanciare dei ponti di dialogo non compromissori ma autentici e liberanti: questa è anche la sfida che la Chiesa cerca di raccogliere con momenti come questo che stiamo vivendo nel Pontificio Consiglio della Cultura.

     
    D. - In seno a questa plenaria, con molto coraggio si sta parlando anche della secolarizzazione all’interno stesso della Chiesa, nel mondo ecclesiastico e in seno agli Istituti religiosi ...

     
    R. - Certamente. Voglio dire: anche i consacrati a Dio fanno parte del mondo in cui essi vivono, operano, del quale sono figli. Dunque, una certa mentalità secolare non può non toccare, contagiare - potremmo dire - tutti, compresi i credenti e compresi i consacrati. Naturalmente, anche qui vanno distinte le forme. Una cosa è quell’istanza di autenticità, di emancipazione, di essere cristiani adulti, vorrei dire, cioè pienamente umani, realizzati nella propria umanità secondo il modello di Gesù - e questo è valido. E' anche quanto nella promozione della vita religiosa - per esempio nella vita consacrata - si dice. Dall’altra parte, però, le forme di secolarismo che portano ad abdicare rispetto alle esigenze di una radicalità evangelica non sono più delle forme di autenticità umano-cristiana: sono delle forme compromissorie con il mondo. Rispetto a queste, e chiaro che la vigilanza dev’essere alta.

     
    D. - Qualche idea, eccellenza, riguardo a come portare il Vangelo a questo mondo secolarizzato e come portarlo all’interno della Chiesa stessa, in questo caso a quelle persone che vanno verso il secolarismo…

     
    R. - Una triplice indicazione. La prima, l’ascolto della complessità. Non banalizzare mai le sfide, saperle ascoltare e in esse anche, appunto, discernere il positivo e discernere ciò che è corrosivo. Secondo, avere come riferimento - criterio decisivo per questo discernimento - la Parola di Dio, la fede della Chiesa, la comunione con il Magistero che guida la Chiesa, perché senza un criterio di discernimento si fluttua nel relativismo e non si può ritrovare continuamente il riferimento ad una verità che libera e salva. Terzo, finalmente, avanzare dei ponti di dialogo e delle proposte che siano sempre consapevoli della loro provvisorietà - perché siamo pellegrini - ma che siano anche credibili: che nascano cioè da uno sforzo sincero di fedeltà all’umano che è nell’uomo e di fedeltà al divino che ci è stato rivelato nel dono di Gesù.

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    Mons. Tomasi al Consiglio ONU di Ginevra sui diritti umani: la libertà religiosa, un valore da proteggere

    ◊   Un "diritto-ponte" per altri diritti: è questa la posizione, più volte espressa dal magistero del Papa, circa il valore della libertà religiosa. L'argomento è uno di quelli in discussione a Ginevra ai lavori del Consiglio dell’ONU sui diritti umani. A parlarne l'altro ieri davanti al Consiglio delle Nazioni Unite - che rimarrà in sessione fino al 28 marzo - è stato l’osservatore permanente della Santa Sede presso l'ufficio ONU di Ginevra, l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi. Il presule è stato intervistato da Debora Donnini:


    R. - La libertà religiosa è in qualche modo il diritto umano più fondamentale che fa da ponte con tutti gli altri diritti. In base ad esso, l’individuo deve essere rispettato nella sua libertà di credo perché in questa maniera la società trova la strada giusta per il rispetto di tutti gli altri diritti umani. Aggiungerei che tanto uno rispetta la libertà dell’individuo, tanto più questi nella sua pratica di fede riesce ad affermare l’esigenza comunitaria del suo credo e a viverla in maniera normale, senza imposizioni esterne, ribadendo pure che le identità particolari di una regione, di un popolo, di un gruppo non possono essere usate per coartare o limitare i diritti umani fondamentali di una persona. Io ho voluto mettere un po’ l’accento su questa prospettiva in modo da proteggere anche le vittime che abbiamo in molti Paesi, vittime di persecuzione o di discriminazione religiosa, appunto perché non si tengono sufficientemente in considerazione i punti fondamentali del diritto internazionale o dei diritti umani, che è la persona con la sua dignità che dev’essere rispettata e che è il fondamento di tutto.

     
    D. - Quando lei parlava della libertà religiosa, si riferiva soprattutto ai cristiani in Medio Oriente?

     
    R. - Ci si riferisce a tutti. Libertà religiosa vuol dire che ogni persona di qualsiasi credo abbia il diritto fondamentale di esprimere la propria fede secondo quello che la sua coscienza detta, per cui la difesa dei cristiani del Medio Oriente è certamente una urgenza di questo momento, però non potrà essere efficace se non c’è una convinta accettazione di questi principi fondamentali. E la dignità propria di ogni persona richiede che vi sia il diritto di esprimere le proprie convinzioni religiose in maniera pubblica e anche in comunità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Condizione femminile e diritti umani: in prima pagina, Lucetta Scaraffia intervista Mary Ann Glendon, nuovo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede.

    Nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla cinquantaduesima sessione della Commissione sulla condizione delle donne del Consiglio economico e sociale dell'Onu.

    Un articolo di Antonio Chilà sulla situazione politica nella Guinea equatoriale.

    In cultura, Giusy Ferro disegna una mappa del cattolicesimo bolognese al femminile.

    Elisabetta Galeffi sulla missione francescana a Rodi, attiva dal XIV secolo, composta oggi da un solo elemento.

    I mille anni della cattedrale di Sarsina in un articolo di Alberto Manzoni.

    Emilio Fabio Torsello recensisce l'ultimo romanzo di Raffaele Crovi, dedicato alla comunicazione.

    Giulia Galeotti su "Jezabel" di Irene Nemirovski: dagli anni Trenta una truce profezia sulla vanità contemporanea.

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    Oggi in Primo Piano



    Tensione altissima a Gerusalemme dopo l’uccisione, ieri, degli otto studenti religiosi. Interviste con una donna palestinese e una israeliana dell'"International Women's Commission"

    ◊   In un clima di rabbia, dolore ma anche compostezza, si sono svolti questa mattina a Gerusalemme i funerali degli otto studenti religiosi assassinati ieri sera da un attentatore palestinese. La cerimonia si è tenuta nello stesso collegio rabbinico Merkaz ha-Rav di Gerusalemme ovest, teatro del sanguinoso attacco, dove sono stati esplosi centinaia di colpi di mitragliatore contro i giovani ebrei intenti nella lettura dei libri sacri. Cinque degli uccisi non avevano ancora compiuto 18 anni, uno ne aveva 15. Alcuni vivevano all'interno di colonie ebraiche in Cisgiordania, uno ad Ashdod (a sud di Tel Aviv) e due a Gerusalemme. Per questi ultimi, i funerali si concluderanno nel cimitero sul Monte degli Ulivi, a breve distanza dalla Spianata delle Moschee, dove migliaia di palestinesi hanno preso parte in queste ore alle preghiere islamiche del venerdì. La polizia mantiene lo stato di allerta in tutta la città Santa, dove la tensione oggi è altissima. Chiusi per motivi di sicurezza i valichi di uscita dalla Cisgiordania. A Gerusalemme est sono state arrestate una decina di persone. La più ferma condanna dello “spietato attacco terroristico” alla scuola ebraica è stata espressa da alti esponenti dell’UE. Dell'aggravarsi della situazione in Medio Oriente discuteranno i ministri degli Esteri UE lunedì.

    Intanto, c’è chi lavora ostinatamente per la fine del conflitto israelo-palestinese. Tra tanti, ricordiamo oggi, alla vigilia della giornata della donna, l’International Women’s Commission, che raccoglie donne israeliane e palestinesi impegnate insieme per la pace. Fausta Speranza ha incontrato due esponenti dell'organizzazione: l’israeliana Naomi Chazan e la palestinese Amal Khreisheh. Ascoltiamo prima l’israeliana, una docente universitaria che ha avuto anche un incarico alla knesset, il parlamento di Tel Aviv.


    R. - During a period of conflict...
    Durante un periodo di conflitto, quale tipo di dialogo tra israeliani e palestinesi può essere possibile? Il dialogo è accettabile solo se si agisce, se diventa un mezzo e un metodo, un veicolo, uno strumento attraverso il quale le parole portano a un accordo. Io penso che le donne abbiano un messaggio davvero speciale da portare: chiediamo e cerchiamo di parlare e di cooperare. Anche se siamo molto diversi e abbiamo diversi scopi, abbiamo comunque un obiettivo comune. Negli ultimi mesi il conflitto israelo-palestinese ha gravato sui civili, soprattutto sulle donne e i bambini. Noi crediamo, e sappiamo, che non c’è una soluzione militare. Dobbiamo puntare al dialogo, che in condizioni di conflitto deve portare ad un cambiamento. Può farlo un dialogo basato sulla fiducia, che richiede anni per essere costruita. E io suggerisco che il tutto deve essere supportato e ispirato dalla speranza.

     
    Di dialogo parla anche la palestinese Amal Khreisheh, anche lei esponente dell’International Women’s Commission:


    R. - I’d like to thank...
    Vorrei ringraziare la Commissione delle donne per il suo ruolo guida nel promuovere la parità tra generi, nel promuovere il dialogo tra le donne di tutto il mondo. Come donne noi crediamo di poter cambiare la nostra realtà: possiamo contribuire in modo differente al processo di pace, perché come donne non capiamo una pace vista dalla dimensione della sicurezza. Noi includiamo nell’intero processo di pace la questione della sicurezza dell’essere umano, di qualunque Paese sia. Includiamo i diritti umani, le vittime della disuguaglianza fra i sessi. Ecco perché chiediamo di poter partecipare al processo di pace e al tavolo dei negoziati, di avere la possibilità di decidere per il futuro dei nostri figli, delle future generazioni, della nostra gente. Noi crediamo che ci siano dei punti fermi importanti per lo sviluppo del dialogo, e noi donne insieme li promuoviamo: l’accettarsi l’un l’altro, lo sviluppare le norme e i principi della democrazia. L’obiettivo è cambiare la nostra realtà di guerra e anche la condizione difficile delle donne all’interno dei Territori, dove spesso la violenza della guerra comporta anche violenza all’interno delle famiglie.

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    Crisi Colombia-Ecuador, anche il Nicaragua rompe i rapporti diplomatici con Bogotà

    ◊   La decisione del presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, di rompere i rapporti diplomatici con la Colombia “in solidarietà con l’Ecuador” - la cui sovranità territoriale è stata violata sabato scorso con l’incursione di un comando colombiano che ha ucciso il numero due delle FARC - rischia di aggravare il conflitto, per molti versi pre-bellico, scoppiato nel nord dell'America Latina, conferendogli un’ingiustificata dimensione regionale. Il servizio di Luis Badilla:

     
    La “guerra delle parole” accompagnata da mobilitazione di uomini e mezzi militari, sia da parte del Venezuela sia da parte dell’Ecuador, è una miscela politica molto pericolosa in una regione dove situazioni simili sono costate lutti, sofferenze, distruzioni che, come sempre, hanno patito le popolazioni civili. Inoltre, purtroppo, per ora non sembra che siano possibili vie o canali per l’apertura di negoziati, anche se a nessuno sfugge che solo il dialogo può ricomporre le controversie: sia quelle recenti, legate alle accuse di sovranità violate, sia quelle profonde e ultime, e cioè, la totale sfiducia tra Bogotá e Caracas i cui governi si considerano, a vicenda, strumento per la destabilizzazione dell’uno e dell’altro. E’ questo il vero nodo del contendere e la diplomazia regionale nonché internazionale farebbe bene a prendere subito le misure adeguate per affrontare le vere cause del conflitto. In questo contesto, le Chiese locali - in particolare quelle coinvolte direttamente: Ecuador, Colombia e Venezuela - hanno individuato subito la vera via per superare le tensioni: da un lato, abbassare i toni moderando il linguaggio e, dall’altro, facilitare ogni possibilità per parlarsi direttamente. E’ certo che i presidenti delle 22 Conferenze episcopali latinoamericane, nel documento che è stato annunciato per il tardo pomeriggio di oggi, confermeranno quanto detto dai presuli di questi tre Paesi.

     
    Le riflessioni dei vescovi venezuelani, i quali sottolineano che “la ricerca della pace è un dovere fondamentale per ogni governo responsabile e, contemporaneamente, una necessità irrinunciabile per la vita e lo sviluppo integrale dei nostri Paesi”, riassumono bene ciò che in queste ore desiderano i popoli dei Paesi coinvolti direttamente, ma anche quelli di tutta l’America Latina. Proprio in questi giorni, cominciano in Cile e in Argentina le celebrazioni che ricordano il 30.mo anniversario della mediazione di Giovanni Paolo II nel conflitto tra questi due Paesi, i cui eserciti si fronteggiavano faccia a faccia come accade oggi tra venezuelani, colombiani ed ecuadoriani. Ricordando gli accordi e il Trattato di amicizia firmato dopo il successo della mediazione pontificia, Giovanni Paolo II nel 1987 diceva: “Oggi ringraziamo con fervore Dio, e ci rallegriamo tutti, perché, invece di ricorrere alla forza distruttrice delle armi, i responsabili di quei due popoli hanno avuto la grandezza d’animo di scegliere il dialogo e il negoziato, decisi a superare le tensioni secondo criteri di equità e, al di sopra di tutto, a garantire la pace”. Sono parole che oggi possono servire di monito ma anche di speranza per i protagonisti di questa crisi.

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    Conferenza stampa a tutto campo del preposito generale dei Gesuiti, padre Nicolas, dopo la conclusione della 35.ma Congregazione generale

    ◊   Dopo la solenne conclusione della 35.ma Congregazione generale dei Padri Gesuiti, avvenuta ieri con una celebrazione eucaristica nella chiesa del Gesù, questa mattina il preposito generale, Adolfo Nicolás, ha tenuto una conferenza stampa nell’aula della Congregazione a Borgo Santo Spirito. L’evento, concluso in tarda mattinata, è stato seguito da Alessandro Gisotti:


    Rispondere con creatività alle sfide dei nostri tempi, servendo al meglio la Chiesa soprattutto nelle terre di missione: è l’impegno enunciato da padre Adolfo Nicolás in una conferenza stampa a tutto campo che ha tracciato un bilancio della 35.ma Congregazione generale. Il 29.mo successore di Sant’Ignazio di Loyola ha definito la Congregazione, alla quale hanno preso parte 225 Padri Gesuiti, un’esperienza straordinaria di unità. Quindi, si è soffermato sui temi più significativi al centro dei lavori. Cinque i decreti approvati: sulla missione, sull’identità del gesuita, sulla collaborazione con i laici e non credenti nello spirito del Concilio Vaticano II e, ancora, sul governo per rispondere alla missione universale e infine sull’obbedienza al Papa e ai superiori. A questi documenti, si aggiunge una dichiarazione in cui viene ribadita la devozione affettiva ed effettiva al Successore di Pietro. La Compagnia di Gesù, ha affermato padre Nicolás, è nata e vive nella Chiesa e il Papa rappresenta proprio il centro della relazione dei Gesuiti con la Chiesa, il simbolo dell’unione con Cristo. D’altro canto, ha aggiunto, questa fedeltà al Pontefice non ha mai ostacolato i Gesuiti nella ricerca teologica né nell’attività apostolica:

     
    "Non è una obbedienza di gente che non pensa, al contrario. Il Papa ci dice: dovete continuare a pensare e ad andare alle frontiere, nei posti difficili, dove altri forse non possono andare. Abbiamo avuto la consapevolezza, in questa Congregazione, che il fare una dichiarazione seria, entusiasta e gioiosa al Santo Padre non riduce assolutamente la capacità della Compagnia di riflettere, di creare, di continuare a rendere alla Chiesa un servizio che sia un servizio dinamico".
     
    Padre Nicolás ha poi messo l’accento sull’importanza dell’apostolato intellettuale e del dialogo culturale su cui, ha detto, si riscontra una grande sintonia con Benedetto XVI:

     
    "Lavoro intellettuale o apostolato intellettuale in Asia è forse più importante che in altre parti. E il Santo Padre lo ha formulato in termini di dialogo con la cultura. Mi ha chiesto del Giappone, mi ha chiesto sull’Università in cui ho lavorato e mi ha detto: ‘E’ molto interessante quello che fate là, in Giappone: questo dialogo con la cultura.’".
     
    Rispondendo alle domande dei giornalisti, padre Nicolás ha affermato che la Compagnia di Gesù rafforzerà il suo impegno in Africa, sempre più a rischio di marginalizzazione. Anche l’Estremo Oriente, ha aggiunto, desta grande interesse. Sulla Cina si è detto ottimista anche se riconosce la grande complessità della realtà cinese, mentre ha rilevato che con l’islam è difficile il dialogo teologico ma si possono, tuttavia, conseguire notevoli risultati nei progetti sociali e culturali. Confermata la tradizionale attenzione dei Gesuiti verso i rifugiati, i migranti, le vecchie e nuove povertà. A proposito delle dimissioni di padre Kolvenbach, il nuovo preposito generale ha affermato che qualora un giorno ritenesse di non essere più in grado di sostenere l’incarico, seguirà l’esempio del suo predecessore.

     
    Per un bilancio della 35.ma Congregazione generale dei Gesuiti, che ha cambiato i vertici dell'Ordine fondato da Sant'Ignazio di Loyola, la nota del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:


    La Congregazione - come previsto - è durata esattamente due mesi e segna una tappa importante per la storia presente della Compagnia di Gesù. A differenza dagli altri Ordini religiosi, l’organo più alto del governo dei Gesuiti non si riunisce a scadenze regolari, ma viene convocato solo quando ve ne è una particolare necessità. La Congregazione precedente aveva avuto luogo oltre dodici anni fa. Dopo aver accettato, nei primi giorni. La rinuncia del padre generale, Peter-Hans Kolvenbach, al termine di oltre 24 anni di governo, l’assemblea ha eletto il nuovo generale, padre Adolfo Nicolas, spagnolo, da decenni attivo in Giappone e in Filippine, e lo ha poi assistito nella scelta del nuovo Consiglio dell’Ordine e delle linee di governo per i prossimi anni. Si è dedicato poi molto tempo a discutere in modo approfondito le tematiche principali della vita e soprattutto dell’attività apostolica dei Gesuiti oggi.

     
    Il servizio della fede e la promozione della giustizia si realizzano nel contesto del mondo secolarizzato, del pluralismo religioso e dei processi di globalizzazione. Negli ultimi giorni si sono approvati alcuni documenti sul tema dell’identità e della missione dei Gesuiti, dell’obbedienza religiosa e della collaborazione con gli altri nel compimento della missione. Un ruolo molto importante nello svolgimento dei lavori hanno avuto i due interventi del Santo Padre, il messaggio scritto inviato all’inizio delle riunioni e il discorso in occasione dell’udienza del 21 febbraio. I Gesuiti si sono sentiti capiti e incoraggiati, e questo li ha aiutati a sentirsi profondamente inseriti nella vita e nella missione della Chiesa universale grazie a uno speciale e stretto legame con il Santo Padre. La Congregazione ha anche redatto un bel documento su questo tema, che sarà certo uno dei più fecondi fra quelli approvati. I Gesuiti escono da questo evento rinfrancati e desiderosi di continuare a dare il loro contributo alla Chiesa soprattutto dove ce n’è più bisogno, nei campi difficili del rapporto fra la fede e la ragione, la fede e le culture, la fede e l’impegno per una maggiore giustizia in un mondo in rapidissima evoluzione.

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    Nel segno del dialogo tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica la "lectio magistralis" del Patriarca Bartolomeo I, al Pontificio Istituto Orientale di Roma

    ◊   “Teologia, liturgia e silenzio”: questo il titolo della lectio magistralis tenuta ieri pomeriggio da Bartolomeo I presso il Pontificio Istituto orientale, in occasione del 90.mo anniversario dalla sua fondazione. Lo stesso Patriarca ortodosso ecumenico è stato allievo dell’Istituto dal 1963 al 1968, conseguendo il dottorato in Diritto Canonico. A seguire l’evento, c’era per noi Isabella Piro:


    (canto)

     
    Le voci del coro della Cappella Liberiana hanno fatto da cornice alla lezione magistrale di Bartolomeo I, tenuta nella piccola, ma accogliente Aula Magna del Pontificio Istituto Orientale, dominata dal rosso porpora dei tessuti e dal verde dorato dei libri che ne rivestono le pareti. Al centro dell’intervento del Patriarca ecumenico, il dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa:

     
    "Quanto ai rapporti fraterni tra le nostre Chiese sorelle, i due polmoni delle Chiese orientale e occidentale - per adottare la terminologia usata negli scambi tra Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora - possano respirare armoniosamente. Nessuna delle due dovrebbe assumere iniziative provocatorie - unilaterali o universali - nel suo ministero al popolo di Dio. Inoltre, lo stesso senso di comunità implica una responsabilità per l’apertura e il dialogo interreligioso dentro la realtà globale più ampia. Finalmente, negli anni recenti, abbiamo anche imparato la lezione penosa che noi - tutti noi - siamo responsabili “per la vita del mondo” (Gv 6,51), per il benessere dei poveri, e per il benessere dell’ambiente naturale".

     
    Ribadita poi l’importanza di una teologia in sintonia con la Chiesa e con il mondo, lontana dagli studi sterili dottrinali, ma vissuta come un’esperienza comunitaria: una visione capace di trasformare il mondo. Di qui, l’invito rivolto da Bartolomeo I alle istituzioni educative ed ecclesiali perché ricordino l’importanza del silenzio ascetico, che impone un “senso di umiltà davanti al mistero tremendo di Dio” e ci ricorda che l’ultima parola spetta sempre a Dio.

     
    Ad accogliere Bartolomeo I al suo arrivo, è stato il cardinale Leonardo Sandri, gran cancelliere del Pontificio Istituto Orientale e prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Ricordando l’incontro privato avvenuto ieri mattina tra Benedetto XVI e il Patriarca ortodosso, il cardinale Sandri ha aggiunto:

     
    “Sono incontri profetici e ravvivano in ogni cristiano, nei pastori e nei fedeli la preghiera che l’Unico Signore continua a porre nel cuore e sulle labbra dei suoi discepoli: ‘Ut unum sint’. Al nostro amato Santo Padre e al Patriarca ecumenico va la nostro riconoscenza filiale per il magistero sull’unità della Chiesa di Cristo che insieme stanno tessendo davanti al mondo”.

     
    Al termine della cerimonia, il consueto scambio di doni: a Bartolomeo I è stato donato un sigillo commemorativo del Pontificio Istituto Orientale, mentre il Patriarca ortodosso ha portato in dono una preziosa icona proveniente dal Monte Athos ed una rara edizione del Codice di Diritto Canonico, risalente al 1917.

     
    (canto)

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    Introspezione spirituale e valori protagonisti sul grande schermo al Film Festival di Alba

    ◊   Si apre oggi in Piemonte la settima edizione dell’Alba International Film Festival, alla quale partecipano autori e artisti particolarmente attenti ad un cinema legato alla riflessione spirituale e all’indagine sull’esistenza umana. Protagonista d’eccezione, quest’anno, il regista americano Paul Haggis, mentre desta curiosità una sezione nella quale saranno presentate dieci pellicole dedicata al “ridere”, accompagnata da un Convegno sul tema “Ma Dio ride?”. Il servizio di Luca Pellegrini:


    Un Festival dalle larghe vedute, perché quest’anno il cinema si confronterà ad armi pari con la musica, la televisione, la filosofia, la religione e la scienza. Ma anche un Festival dalle profonde implicazioni, tra inquietudini e ricerche, perché tutto avviene nel segno della ricerca esistenziale, così da riflettere attraverso il cinema e con il cinema sull’uomo e sulla società contemporanea. Non c’è dubbio che il grande schermo sia lente di osservazione e di indagine privilegiata e in questo ad Alba hanno sempre creduto. Di conseguenza, si è riusciti a realizzare una rassegna di film assai stimolante, collegata ad incontri quotidiani tra professionisti, studenti e appassionati. Vera novità è l’ingresso della Scuola Holden di Torino nella direzione artistica e il gemellaggio con la rassegna dei "corti" che si svolge a Brà. A Bruno Fornara, critico cinematografico e tra i responsabili della selezione, abbiamo chiesto quali tipologie di film sono presenti in Concorso:

     
    "Sono tutti tipi di film centrati su una domanda, una questione, un interrogativo esistenziale. Per esempio, c’è un film turco, 'Takva', dove takvaa è la consapevolezza di sentire Dio al proprio fianco, quindi di essere un credente fino in fondo. Solo che a questo povero signore qualsiasi, che lavora in una piccola fabbrichetta in cui fanno dei sacchi, viene chiesto dal capo del suo gruppo religioso di diventare l’economo della comunità e questo lo mette profondamente nei guai. Oppure c’è un bel film francese, che si chiama 'Tout est pardonné', "Tutto è perdonato," ma perdonare è piuttosto complesso, come sappiamo tutti. Un altro film francese, 'Les Murs porteurs', "I muri portanti', si interroga sul passato, sulla Shoa, e su un presente che forse non ha più senso.

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    Chiesa e Società



    In Iraq, i rapitori dell'arcivescovo di Mosul, Faraj Rahho, hanno ribadito le loro condizioni

    ◊   A una settimana esatta dal rapimento dell’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Faraj Rahho, la preoccupazione per la sua sorte rimane alta. Ieri sera i rapitori hanno stabilito un nuovo contatto dopo quasi tre giorni di silenzio. “Hanno ribadito le loro condizioni – dicono ad AsiaNews fonti vicine ai negoziatori – ma continuano a non farci parlare con il vescovo”. Si parla di un riscatto "enorme" e di richieste "politiche". Le “difficili” trattative vanno avanti, quindi, ma alcuni aspetti del sequestro destano allarme nella comunità caldea, ormai tristemente abituata ad affrontare casi di questo genere. Prima di tutto la dinamica del rapimento: “molto violenta, hanno aspettato che il 29 febbraio scorso il vescovo uscisse dalla chiesa e hanno ucciso le tre persone che stavano con lui”; poi il fatto che “a differenza di altri sequestri di religiosi, il riscatto richiesto è andato aumentando piuttosto che diminuendo” e inoltre “non hanno fissato alcuna scadenza e non hanno parlato esplicitamente di rilascio”. Anche nella telefonata di ieri i mediatori hanno chiesto di parlare con il presule, ma l’unica risposta che hanno ricevuto è stata la garanzia che mons. Rahho, molto malato, “riceve visite quotidiane da un medico”. Parole poco credibili – secondo fonti a Mosul – e che non sono sufficienti a tranquillizzare sulle condizioni del vescovo”. Si teme si tratti di un gruppo terrorista e non di semplici criminali interessati ai soldi. In ogni caso la speranza nella comunità non si spegne e continua la preghiera. Oggi intorno alla cattedrale di Kirkuk si terrà una Via Crucis per la liberazione di mons. Rahho. “Preghiamo e speriamo che questo dramma possa chiudersi con il ritorno di mons. Faraj”, dice l’arcivescovo di Mosul, mons. Louis Sako. Forte la solidarietà e la vicinanza espresse dalla comunità musulmana che da più parti ha diffuso condanne e appelli per la salvezza del vescovo. Fonti di AsiaNews a Mosul confermano che anche le autorità governative sono impegnate “in modo serio” nelle operazioni di ricerca. (R.P.)

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    Sri Lanka: preoccupazione della comunità internazionale per l'aumento della violenza nel Paese. Attaccate anche le comunità cristiane

    ◊   Il conflitto civile in Sri Lanka sta destando grande preoccupazione fra gli osservatori internazionali e le organizzazioni non governative che lanciono un vero e proprio allarme per il deteriorarsi della situazione ad ogni livello: politico, sociale ed economico. A preoccupare è soprattutto l’aumento della violenza e degli sfollati interni che, secondo stime recenti, hanno toccato quota 500mila. Una situazione che è divenuta insostenibile: sia gli aiuti predisposti dal governo, sia quelli assicurati e gestiti dalle istituzioni internazionali e dalle organizzazioni non governative sono insufficienti. L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati ha lanciato un appello, riportato dalla Fides, per la raccolta di 19milioni di dollari, necessari a garantire i beni essenziali di base agli sfollati interni, che hanno lasciato le loro case nelle aree di conflitto. Oltre 300mila persone si trovano nella condizione di sfollati da oltre vent’anni, mentre 190mila sono bisognosi di assistenza dall’aprile 2006, quando le ostilità sono riprese. La crisi nello standard del rispetto dei diritti umani ha raggiunto il suo culmine, notano le ONG, e questo va a scapito soprattutto delle minoranze etniche e religiose. Nel 2007 oltre 3.500 civili sono stati uccisi, vittime di un conflitto che ha messo in ginocchio la nazione e non accenna a cessare, afferma un forum di ONG fra le quali Amnesty International, Human Rights Watch e Asian Human Rights Commission, criticando l’azione del governo e invitando a garantire maggiore protezione ai civili. Anche i cristiani in Sri Lanka hanno visto salire negli ultimi mesi gli episodi di violenza nei propri confronti ed esprimono le loro preoccupazioni per il futuro, in un paese dove conflitto, tensione e violenza sono quotidiane. Si sono infatti registrati negli ultimi tempi episodi di sopraffazione verso strutture appartenenti alla comunità cristiana, mentre alcuni fedeli sono stati minacciati, aggrediti e malmenati. Un gruppo di studenti cristiani a Lunuwila è stato fermato e percosso da uomini a viso coperto, mentre in un altro distretto è stato intimato a un Pastore protestante, di lasciare il territorio, con minacce di morte. Inoltre, in alcuni casi, autorizzazioni concesse per costruire chiese sono state revocate senza motivo. (M.G.)

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    Nelle Filippine si aggrava il bilancio delle inondazioni. Allarme della Banca asiatica per lo sviluppo

    ◊   Almeno 54 morti e più di 41.000 sfollati in 12 province. E’ l’ultimo bilancio delle inondazioni che da giorni stanno investendo le regioni centro-orientali delle Filippine. Ingenti anche i danni materiali causati dalle piogge che si abbattono incessanti dal 12 febbraio scorso. L’agenzia Misna riferisce di numerosi smottamenti di terreno, oltre a danni a strade, ponti, altre infrastrutture e campi coltivati, per un valore di almeno 20 milioni di euro. “I disastri, naturali o legati all’attività umana sono una delle principali cause di povertà e di vulnerabilità per gli abitanti delle Filippine” scrive in un rapporto diffuso ieri la Banca asiatica per lo sviluppo. Secondo la Banca, ogni anno, almeno 8 milioni di persone, soprattutto nelle aree rurali dell’arcipelago, sono colpite dalle avversità, come alluvioni o tifoni , ma soltanto la metà riceve assistenza dal governo o da parte di organizzazioni caritative private. Tra quelli assistiti, inoltre, il valore dell’aiuto è molto esiguo e non rappresenta neanche l’ 1% del reddito medio dei più poveri. “Senza assistenza – avverte il rapporto – le fasce più debole rischiano di trovarsi intrappolate nella povertà perpetua”. (M.G.)

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    Decima giornata di preghiera delle comunità cristiane per il Myanmar

    ◊   Le comunità cristiane di tutto il mondo unite nella preghiera per il Myanmar. E’ quanto succederà domani per la giornata mondiale di preghiera per l’ex Birmania. L’evento, giunto alla decima edizione, vede crescere le adesioni di anno in anno per l’aggravarsi della crisi economica e per l’acuirsi delle proteste da parte di vasti settori della società birmana contro la giunta militare al potere. Quest’anno diverse comunità cattoliche e protestanti hanno dato la loro adesione alla giornata che viene sostenuta dal premio Nobel per la pace, Aung san Suu Kyi, leader del movimento di opposizione. L’organizzazione Christian solidarity worldwide ha assicurato che si mobiliteranno anche molti emigrati birmani ed esiliati politici. Alcune associazioni cristiane hanno inoltre aperto un sito web che invita a pregare “affinché la luce e l’amore del Signore raggiungano il Myanmar, per la libertà e la pace”. Altre organizzazioni, sempre di area cristiana, sono invece tornate a chiedere una più forte azione da parte delle Nazioni Unite e a sollecitare Cina e India, i due Paesi che hanno più interessi nel Myanmar, a svolgere un ruolo di pacificazione. (M.G.)

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    Le Chiese europee chiedono di dare un "significato alto al processo di costruzione dell'Unione Europea"

    ◊   “Dietro la politica c’é la metapolitica che, oltre i confini tra i diversi schieramenti, costituisce il fondamento dei progetti e delle azioni che nel loro insieme tendono alla realizzazione del bene comune in Europa”. Da questa considerazione viene, dai vescovi della Comece (Commissione episcopati comunità europea) che concludono oggi a Bruxelles la loro assemblea plenaria, un rinnovato appello ai cristiani a dare “un significato alto al processo di costruzione dell'Ue”, nonostante le incertezze, le difficoltà e gli scetticismi. Il richiamo, ripreso dall'Agenzia Sir, é venuto dopo un confronto sul Trattato di Lisbona che, secondo la Comece, “chiede di riflettere sui valori essenziali che dovranno guidare con realismo il futuro della costruzione europea attraverso una più convinta adesione dei cittadini, più concrete politiche finalizzate in primo luogo al rispetto della dignità umana e alla salvaguardia del creato”. La dignità umana, si é sottolineato, é “al cuore del confronto sulla vita, sulla riforma della scuola e dell'università, sulla politica europea di ricerca, sul mondo del lavoro”. Per quanto riguarda la salvaguardia del creato “al centro delle preoccupazioni dei politici e dei cristiani in Europa”, secondo la Comece, si pone in primo luogo “la ricerca di misure per combattere i cambiamenti climatici” e, a tal fine, la Commissione ha dato vita dal novembre scorso a un apposito gruppo di riflessione. Infine, i vescovi hanno ringraziato il segretario generale della Comece, mons. Noel Treanor, per “il grande servizio reso alla Chiesa in Europa nel suo rapporto permanente e dialogico con le Istituzioni europee”. Mons. Treanor il 29 giugno sarà ordinato vescovo della diocesi irlandese di Down & Connor. (R.P.)

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    La prima chiesa cattolica in Qatar sarà consacrata dal cardinale Iva Dias. La folta comunità di fedeli avrà un punto di riferimento

    ◊   C’è grade attesa in Qatar per la consacrazione nella prima chiesa cattolica dell’emirato. Padre Tomasito Veneracion, sacerdote filippino che da anni guida la comunità cattolica del Paese, avrà la gioia di poter celebrare la Santa Messa e le altre liturgie nella nuova chiesa di Nostra Signora del Rosario. Mentre nella solenne celebrazione che si terrà il 15 marzo a Doha, sarà il cardinale Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, a consacrare la nuova chiesa e inaugurare il complesso attiguo, costituito da locali parrocchiali e uffici per la pastorale. Si tratta del più grande Centro cattolico dell’intera Penisola arabica. Alla celebrazione sarà presente anche l’arcivescovo Paul Hinder, Vicario Apostolico di Arabia, numerosi fedeli laici cattolici e cristiani di altre confessioni. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, il terreno per edificare la chiesa costruita a Doha è stato donato dall’Emiro Amir Hamad bin Khalifa Al Thani, che governa il Paese arabo, distintosi negli anni recenti per iniziative di promozione e sostegno del dialogo interreligioso, (sebbene nell’Emirato sia in vigore la legge islamica), mentre la chiesa è stata costruita grazie ai contributi e all’opera dei cittadini cattolici che vivono in Qatar. I fedeli cattolici presenti in Qatar sono molto felici dell’evento, soprattutto perché, per la prima volta nel paese, potranno celebrare i riti della Settimana Santa e la festa della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo in una vera chiesa, dedicata alla Vergine Maria. Fino a oggi, padre Veneracion, mancando di una chiesa, era costretto a trovare ospitalità in ambasciate o altri luoghi pubblici e privati per celebrare la Santa Messa e impartire i Sacramenti. La chiesa diverrà un punto di riferimento anche per altri fedeli cristiani che abitano nell’Emirato. Secondo le stime esistenti, circa la metà degli 800mila abitanti in Qatar sono lavoratori immigrati, fra i quali vivono 45mila filippini, e i cattolici sono circa 100mila. (M.G.)

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    ONU: tavola rotonda sulla dignità delle donne promossa dalla Missione Permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro

    ◊   Alla vigilia della giornata internazionale delle donne, la Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, ha promosso una tavola rotonda sul tema “La dignità umana delle donne nella società contemporanea: giustizia economica e autonomia decisionale”. L’iniziativa si tiene questo pomeriggio nella sala conferenze del Palazzo di Vetro, in concomitanza con la sessione della Commissione ONU sullo status delle donne ed è organizzata in collaborazione con la Fondazione "Path to Peace" e il "Centro Vincenziano per la Chiesa e la società". Tra le relatrici: Christine Firer Hinze, docente di Teologia alla Fordham University, svilupperà l’aspetto dell’autonomia economica della donna a partire dal pensiero sociale cattolico, mentre Ann Orr, dell’Ufficio ONU per il finanziamento allo sviluppo, si soffermerà sulle politiche economiche atte a favorire il potere decisionale della donna. Un successivo intervento, a cura di Dorrette Byrd dei Catholic Relief Services (Agenzie caritative cattoliche), metterà in rilievo la funzione del commercio equo e del microcredito nella partecipazione delle donne ai mercati globali. Obiettivo della tavola rotonda è quello di individuare, da un lato, i principali problemi sociali ed economici del momento, dall’altro, politiche e programmi atti a promuovere l’indipendenza economica della donna, nella prospettiva della dignità di ogni persona umana e in relazione alle necessità delle famiglie. La riflessione sulla dignità della donna nella società contemporanea proseguirà in altri due incontri programmati dalla Missione della Santa Sede, che avranno per tema “L’assistenza dei familiari: aspetti morali, legali, economici e sociali” e “Invecchiare in condizioni di dignità e di sicurezza”. (M.V.)

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    8 marzo: l’arcivescovo di Loreto, mons. Tonucci, esorta le donne a seguire Maria come “esempio” per “cambiare il mondo”

    ◊   “L’esempio” di Maria in occasione della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo. A proporlo è monsignor Giovanni Tonucci, arcivescovo prelato di Loreto, che in un messaggio ripreso dal Sir invita a guardare ad una “Donna diventata modello di ogni donna di oggi. Una Donna che lancia un messaggio alle donne che ne seguono l’esempio, per essere capaci di cambiare il mondo”. “Le tre pareti della Casa di Loreto – si legge ancora nel messaggio di Tonucci - sono state testimoni di un incontro che ha cambiato la storia del mondo intero. Maria, la giovane ebrea, promessa sposa di Giuseppe, è stata posta di fronte a una scelta e liberamente ha accolto l’invito che le veniva da Dio”. Il suo, prosegue l’arcivescovo, “è stato il “sì” di una donna che ha cambiato il mondo e continua a cambiarlo nel desiderio di far crescere il bene di tutti: non di un gruppo o di una razza, non di una categoria e di una nazione ma dell’umanità intera”. Maria, ribadisce infine monsignor Tonucci, “lancia un messaggio alle donne che ne seguono l’esempio, per essere capaci di cambiare il mondo. Donne con desideri grandi e belli, con una grande carica d’amore che si dona e la volontà concreta di fare cose nuove per formare un progetto grande e bello. Il bene di tutti passa attraverso l’amore creativo di ogni madre, di ogni sposa, di ogni donna fiera di essere donna, come Maria, capolavoro della creazione, capolavoro dell’amore di Dio”. (M.G.)

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    8 marzo: Amnesty esorta i governi di tutto il mondo a mobilitarsi per far cessare le violenze contro le bambine a scuola

    ◊   In occasione della giornata internazionale delle donne dell’ 8 marzo, Amnesty International chiede a tutti governi e alle autorità scolastiche del mondo di adottare misure concrete per porre fine alla violenza contro le bambine, specialmente all’interno delle scuole. In un rapporto pubblicato ieri, intitolato "Scuole sicure, un diritto per tutte le bambine", Amnesty International descrive come il livello di violenza all’interno e nei pressi degli istituti scolastici rimanga pervasivo. Dal Messico alla Cina, le bambine vanno costantemente incontro al rischio di essere assalite, molestate, intimidite mentre si recano a scuola o all’interno degli edifici scolastici. Secondo i dati raccolti dall’organizzazione umanitaria la violenza nelle scuole nei confronti delle bambine è tanto diffusa quanto raramente denunciata. E questo accade anche in Paesi sviluppati come gli Stati Uniti dove emerge che l’83% delle alunne tra i 12 e i 16 anni che frequentano la scuola pubblica, ha subito qualche forma di molestia sessuale. E proprio in concomitanza della presentazione del rapporto, la sezione italiana di Amnesty International ha presentato ieri l’omonima settimana nazionale di mobilitazione, “Scuole sicure: un diritto per tutte le bambine”, che si aprirà domani per concludersi sabato 15 marzo. La settimana si inserisce nel progetto “AmnestyKids”, diretto al secondo ciclo della scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado, cui partecipano attualmente oltre 200 classi italiane (per un totale di più di 4000 alunne e alunni). Scopo del progetto, spiegano da Amnesty, “la costruzione di una rete di classi attivamente impegnate nella conoscenza e nella tutela dei diritti umani”. (M.G.)

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    In Benin, è allarme traffico minori: sono 40 mila quelli coinvolti solo nel 2006

    ◊   Oltre 40.000 minori di età tra i sei e i 17 anni sono finiti nelle mani dei trafficanti nel 2006. Sono i numeri della drammatica piaga del traffico di minori del Benin rivelati da uno studio del ministero della Famiglia e dell’infanzia di Porto-Novo realizzato in collaborazione con l’ufficio delle Nazioni Unite presente nel Paese. Secondo il documento citato dalla Misna, in Africa occidentale tra le famiglie povere e numerose nelle zone rurali è diffusa la prassi di affidare, alle volte anche in cambio di denaro, i figli a uomini che sostengono di trovare loro un buon lavoro; ma spesso i bambini, destinati il più delle volte ai lavori domestici nelle case cittadine o nelle attività commerciali, subiscono maltrattamenti dai loro “datori di lavoro” e nessuna retribuzione. “Sappiamo che il traffico di bambini è una realtà nel nostro paese, ma per la prima volta abbiamo uno studio serio che ci dice chi sono questi bambini e da dove vengono” ha detto Olivier Houngbèdji, dirigente del ministero. Il 93% di questi minori, precisa lo studio, è del Benin e il restante 7% proviene da altre nazioni; la grande maggioranza resta entro i confini nazionali e l’8% è trasferito in altri paesi dell’area ma anche in Europa. I redattori della ricerca sottolineano quindi l’importanza di promuove una campagna d’informazione tra le famiglie sul rischio che potrebbero correre i loro figli se venissero affidati a questi sfruttatori. (M.G.)

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    La Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Kenya esorta i leader del Paese ad attuare rapidamente gli accordi e a fronteggiare l’emergenza sfollati

    ◊   La Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza Episcopale del Kenya esprime grande soddisfazione per l’accordo raggiunto tra maggioranza e opposizione ed invita i responsabili politici a prendersi cura delle centinaia di migliaia di sfollati provocati dalle recenti violenze. La posizione dell’organo della Chiesa keniota viene espressa in un messaggio ripreso dalla Fides, dove tra l’altro si ringraziano tutte le persone che hanno contribuito al raggiungimento dell’accordo tra il Presidente Mwai Kibaki e il leader dell’opposizione Raila Odinga e si chiede di procedere rapidamente all’attuazione delle intese. “I parlamentari devono agire senza indugi per effettuare i necessari emendamenti costituzionali. È imperativo che tutti i membri del Parlamento lavorino insieme per assicurare che l’accordo sia radicato nella Costituzione e che i due principali leader ottengano l’appoggio necessario per attuare l’intesa”, affermano i responsabili di “Giustizia e Pace” ricordando che la creazione della carica di Primo Ministro, uno dei punti principali dell’accordo, presuppone una modifica della Carta Costituzionale. “Giustizia e Pace” si rivolge poi ai due leader per unire tutte le principali forze del paese: “mobilitino la buona volontà dei loro parlamentari e dei loro sostenitori perché lavorino insieme nel realizzare la verità, la giustizia, la pace e la riconciliazione. Incoraggiamo i nostri leader religiosi e le persone di buona volontà ad unirsi per ottenere la guarigione, la giustizia, la verità e la pace predicando la pace e insegnando che la giustizia si ottiene attraverso mezzi non violenti”. Sul piano economico la situazione del Paese resta però ancora molto difficile. L’abbandono delle coltivazioni della Rift Valley, per la fuga dei contadini, ha causato una penuria di generi alimentari e un forte rialzo dei prezzi. Diversi agricoltori sono stati costretti alla fuga poco prima di iniziare il raccolto: un’intera stagione di cereali è andata quindi persa. I contadini che avevano investito nell’acquisto di fertilizzanti si trovano ora senza mezzi economici e chiedono l’intervento dello Stato. (M.G.)

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    A Palermo, incontro dei segretari delle Commissioni Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali europee nel ricordo di don Puglisi

    ◊   “Palermo è un luogo simbolico di impegno alla riconciliazione ecclesiale ed anche sociale con il territorio, tramite le pratica della ‘vita buona’, della legalità, della testimonianza. Don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia, è divenuto una icona di questo impegno e lo ricorderemo in questi giorni di incontro”: così mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale sociale e il lavoro, spiega il senso del “Meeting Secretaries General” che si aprirà a Palermo questo pomeriggio e che vedrà radunati fino a domenica tutti i segretari delle Commissioni Giustizia e Pace delle Conferenze Episcopali Europee. “Insieme ad incontri di preghiera, come quello di oggi pomeriggio, in apertura ci saranno anche momenti di memoria e impegno – aggiunge mons. Tarchi -. Questa sera il regista Roberto Faenza commenterà il film ‘Alla luce del sole’ che narra dell’omicidio Puglisi. Domani saremo nella piazza dove don Pino è stato ucciso e ci sarà una messa per ricordare tutti i morti di mafia, leggendo i loro nomi”. Durante le giornate interverranno l’arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo, il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali mons. Arrigo Miglio, suor Carolina, la religiosa che era accanto a don Puglisi al Centro “Padre Nostro”, mons. Giancarlo Bregantini vescovo di Campobasso. (R.P.)

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    I Benedettini di Sant’Ottilia “sbarcano” a Cuba. Entro la fine dell'anno, sarà fondata sull’isola una nuova comunità

    ◊   Diffondere la fede cristiana in un paese in gran parte secolarizzato. E’ questo lo spirito con cui la Congregazione dei Benedettini di Sant’Ottilia (Benedettini missionari) aprirà una nuova comunità a Cuba. L’annuncio è stato dato dall’arciabate presidente della Congregazione, padre Jeremias Schröder . Su richiesta dell’arcivescovo de L’Avana, il cardinale Jaime Ortega y Alamino, quattro monaci provenienti da diversi monasteri, si recheranno a Cuba entro fine dell’anno per dare vita alla nuova comunità. Il cardinale Ortega si augura che la fondazione riesca a dare nuovi impulsi spirituali alla società con l’esempio della vita quotidiana dei monaci, secondo lo spirito benedettino “ora et labora”. La nuova comunità comunque sarà anche missionaria, secondo lo spirito della Congregazione di Sant’Ottilia. “Oggi a Cuba il ruolo della Chiesa nella società non soltanto non viene più rifiutato ma è perfino apprezzato. Questo si è verificato anche grazie alla visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1998. Un ulteriore impulso senza dubbio è venuto dalla visita del Card. Bertone per fare memoria del 10.mo anniversario del viaggio del Santo Padre”, spiega padre Jeremias Schröder alla Fides. “Spero che tale apertura continui – conclude il religioso -. Per la nostra comunità abbiamo anche il sostegno delle autorità cubane, per esempio per quanto riguarda la semplificazione delle procedure burocratiche”. (M.G.)

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    Oggi la Radio cattolica nazionale dell’Ecuador compie 25 anni. Festeggiamenti in programma domani a Quito

    ◊   La Radio Cattolica Nazionale dell’Ecuador (RCNE) compie oggi 25 anni di attività, trascorsi promuovendo “l’esperienza dei valori dell’umanesimo cristiano e incoraggiando l’amore e la giustizia sociale, per costruire una società più fraterna”. Per celebrare questo speciale anniversario, l'Emittente ha organizzato per domani una Messa di ringraziamento nella Cattedrale Metropolitana di Quito. A presiedere il rito sarà l’Arcivescovo di Guayaquil e presidente del Consiglio per le Comunicazioni sociali dell’Episcopato ecuadoriano, monsignor Antonio Arregui Yarza. Dopo la celebrazione, si terrà un evento culturale cui prenderanno parte numerose autorità ecclesiastiche e i direttori delle filiali dell’emittente. La Radio, nata grazie all’iniziativa del compianto arcivescovo di Quito, cardinale Pablo Muños Vega, è divenuta uno “strumento di evangelizzazione per la costruzione del Regno di Dio e di promozione della cultura e dei valori proprii del popolo ecuadoregno. 25 anni fa il porporato, già rettore della Pontificia Università Gregoriana di Roma, intuì l’importanza di dar vita a una radio cattolica a livello nazionale e mise in piedi dal nulla uno straordinario mezzo di promozione dei valori "dell’umanesimo cristiano, dell’amore e della giustizia sociale per la costruzione di una società dell’amore". (I.P.)

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    "Custodire le radici, abitare il tempo", al via il convegno di Azione Cattolica per riscoprire i punti di riferimento dei giovani

    ◊   Al via oggi a Viterbo "Custodire le radici, abitare il tempo", il convegno dall'Azione Cattolica italiana organizzato nel quadro delle celebrazioni per i suoi 140 anni. In apertura dei lavori, il presidente dell'associazione, Luigi Alici, ha espresso la sua gratitudine al vescovo di Viterbo, monsignor Lorenzo Chiarinelli, all'Istituto "Paolo VI" e a tutta l'Azione Cattolica per questo appuntamento. Alici ha poi fatto il punto su “un percorso iniziato a settembre a Castel San Pietro, luogo di origine di Giovanni Acquaderni, che ora prosegue a Viterbo, città natale di Mario Fani, l'altro fondatore dell'associazione, per terminare con l'assemblea nazionale e il pellegrinaggio in piazza San Pietro, domenica 4 maggio". "Lo studio delle radici - ha poi evidenziato il presidente dell’associazione - è importante per andare avanti ed essere, come Azione cattolica, punto di riferimento per le giovani generazioni". Il ruolo dell'associazione è stato messo in luce anche nell’intervento del vescovo di Viterbo come "segno ed esperienza forte per la Chiesa italiana". "Inoltre abbiamo bisogno di esplorare le radici perché sentiamo la vitalità del tronco”, ha poi aggiunto monsignor Chiarinelli, ricordando la figura di Aldo Moro, che si è formato nell'AC ed è stato presidente nazionale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI). (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Nuove vittime anche oggi a Baghdad, dopo i 68 morti di ieri

    ◊   È salito ad almeno 68 morti e oltre 150 feriti il bilancio del duplice attentato di ieri nel quartiere Karada di Baghdad. Più a nord, a Mossul, dopo l'esplosione di un’autobomba nei pressi di una caserma della polizia, altri due ordigni sono esplosi stamani nel centro della città. Almeno 4 le vittime.

    Pakistan
    Il presidente Musharraf si è impegnato solennemente a sostenere il nuovo governo pakistano. Il presidente pakistano si è detto compiaciuto della vittoria dei moderati e la sconfitta degli estremisti, aggiungendo che questa vittoria dei moderati eliminerà definitivamente l'estremismo dal Paese. Musharraf ha sottolineato che il mondo intero ha accolto con favore e si è congratulato per le elezioni libere, chiare e trasparenti tenutesi in Pakistan. Ha poi annunciato anche la convocazione in una settimana o al massimo dieci giorni dell'assemblea nazionale, allontanando l'ipotesi di un suo possibile ritiro dalla scena politica del Paese, nonostante le indiscrezioni in base alle quali l'esercito avrebbe preso le distanze dal suo ex comandante. Intanto, l'esecutivo del Partito del Popolo Pachistano (PPP) di Asif Ali Zardari è in riunione per decidere il nome del candidato alla carica di primo ministro, atteso da ieri. Stamattina, ad Islamabad è stato liberato uno dei giudici della Corte suprema rimossi insieme al loro capo, il giudice Iftikhar Chaudhry, che rimane però ancora agli arresti domiciliari.

    Afghanistan
    E’ Kai Eide, ex ambasciatore norvegese a Bruxelles, il coordinatore ONU per l'Afghanistan. E' a lui che il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha deciso di affidare l'incarico di coordinare l'azione civile e quella militare in Afghanistan, come sollecitato a più riprese da NATO e UE. E' probabile che la nomina di Eide, 59 anni, una lunga esperienza diplomatica nella NATO e alle Nazioni Unite, con diversi incarichi ricoperti in particolare nei Balcani, sbloccherà l'attuale impasse anche nelle nomine dei nuovi rappresentanti di Unione Europea e NATO in Afghanistan. La UE ha già deciso di prorogare fino al 31 maggio il mandato dell'attuale rappresentante europeo, lo spagnolo Vendrell, in scadenza a fine febbraio. Situazione di proroga anche per l'ambasciatore olandese R.Jochens, alto rappresentante civile (senior civilian representative) della NATO a Kabul. L'incarico, creato nell'ottobre del 2003 per rappresentare la leadership politica dell'Alleanza in Afghanistan, è ricoperto ad interim, in attesa della nuova decisione del segretario generale, Jaap de Hoop Scheffer. La necessità di un maggior coordinamento tra aspetti militari e civili della strategia occidentale in Afghanistan sarà uno degli elementi di forza del nuovo piano strategico sull'Afganistan che la NATO approverà al Vertice di Bucarest del 2-4 aprile. Sulla necessità di unire gli sforzi di tutti gli attori della comunità internazionale insisterà anche la Conferenza dei donatori che si terrà in giugno a Parigi.

    Ex assessore socialista ucciso in Spagna
    Un ex assessore socialista a Mondragon, nel Paese Basco, è rimasto ucciso oggi dopo essere stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco davanti alla sua abitazione, secondo quanto informa la radio Cadena Ser, che parla già di attentato dell'ETA. La vittima è Isaias Carrasco di 42 anni, secondo quanto hanno reso noto fonti socialiste citate dalla radio.

    Zimbabwe
    Alle prossime elezioni, il governo dello Zimbabwe non inviterà osservatori provenienti da nazioni che criticano il presidente Robert Mugabe. Lo ha annunciato un rappresentate del governo di Harare. Le votazioni avranno luogo alla fine del mese. Secondo il quotidiano statale Herald, il ministro degli Esteri, Simbarashe Mumbengegwi, avrebbe riferito ai diplomatici presenti a Harare che il governo ha selezionato un team composto da 47 osservatori stranieri “sulla base della reciprocità, obiettività e imparzialità delle loro relazioni con lo Zimbabwe”.

    Non cessa il braccio di ferro a distanza tra Georgia e Russia
    All'indomani della revoca dell'embargo commerciale nei confronti della Repubblica indipendentista filorussa dell'Abkhazia, in Georgia, Tbilisi ha accusato Mosca di incoraggiare il separatismo e di attentare alla sovranità del Paese. “Tale mossa non può che essere considerata come un aperto tentativo di violare la sovranità e l'integrità territoriale della Georgia e di incoraggiare il separatismo”, ha dichiarato il Ministero degli esteri georgiano, come riferisce l'agenzia Interfax. Tbilisi richiama “l'attenzione della comunità internazionale sul fatto che prendendo questa decisione, la Russia è dispensata dall'obbligo di non consegnare armi ed equipaggiamento militare all'Abkazia, come pure dall'impegno di non mandare suoi mercenari nella zona di conflitto”. Il Ministero degli esteri georgiano “attribuisce la responsabilità del possibile sviluppo della situazione alla Russia” e ammonisce che “allo stesso tempo il governo georgiano si riserva il diritto di fare i passi adeguati per proteggere i suoi interessi nazionali in linea con la costituzione, la legislazione e le leggi internazionali”. Ieri, Mosca aveva annunciato la decisione di cancellare le sanzioni economiche imposte all'Abkhazia nel 1996 dalla Comunità degli Stati indipendenti (CSI), sorta sulle ceneri dell'URSS, spiegando che la situazione è mutata e che la regione ha manifestato un atteggiamento più flessibile nel processo per la risoluzione del conflitto. La Russia ha anche escluso ogni collegamento con l'indipendenza del Kosovo, anche se alla vigilia della proclamazione di Pristina aveva prospettato un cambio della sua linea politica. Secondo alcuni media russi, la revoca dell'embargo sarebbe motivata dalla decisione di Mosca di coinvolgere l'Abkhazia nei Giochi olimpici invernali di Soci del 2014. Il parlamento della Repubblica secessionista filorussa dell'Abkhazia ha inviato un appello alla comunità internazionale per chiedere il riconoscimento dell'indipendenza, citando il precedente del Kosovo. L'appello è stato indirizzato all'ONU, alle organizzazioni internazionali e al parlamento russo. Nei giorni scorsi, anche l'Ossezia del sud, altra Repubblica secessionista filorussa della Georgia, aveva avanzato una richiesta analoga.

    Terza visita dell'inviato speciale ONU in Myanmar
    È iniziata ieri in Myanmar la terza visita dell’inviato speciale dell’Onu, Ibrahim Gambari, allo scopo di accelerare il processo di democratizzazione nel Paese e favorire la partecipazione alle istituzioni anche delle opposizioni e della loro leader, Aug San Suu Kyi. La missione giunge a sei mesi dalle manifestazioni dei monaci buddisti di settembre, represse nel sangue dalla giunta militare. Un mese fa, il governo birmano ha annunciato a sorpresa la sua intenzione di indire per maggio un referendum su una nuova Costituzione e di organizzare elezioni per il 2010: proposte, queste, criticate dall’opposizione.

    Sri Lanka
    Almeno 42 ribelli e cinque soldati sono rimasti uccisi tra mercoledì e giovedì nel nord dello Sri Lanka, negli scontri che si verificano ormai quotidianamente tra forze separatiste Tamil (LTTE) ed esercito ufficiale. A riferirlo è stato il Ministero della difesa, mentre nessun esponente separatista si è invece pronunciato. Gli scontri si sono verificati lungo il confine che separa il territorio occupato dai ribelli Tamil dal resto del Paese: in particolare, sono stati coinvolti i distretti settentrionali di Vavuniya, Jaffna, Polonnaruwa e Mannar. Gli attacchi di questi giorni rientrano nella più ampia strategia delle autorità dello Sri Lanka di riconquistare gradualmente i territori occupati dalle forze Tamil: in tal senso, il presidente nazionalista, Mahinda Rajapaksa, ha promesso di annientare definitivamente le mire separatiste Tamil entro la fine dell'anno. Osservatori internazionali, tuttavia, non prevedono un’imminente conclusione del conflitto. Si stima che circa 70 mila persone abbiano perso la vita da quando la guerra civile è iniziata 25 anni fa. E da quando è ripresa vigorosamente nel 2006, dopo la rottura di una tregua, più di 6500 ribelli, 1200 soldati e 980 civili sono rimasti uccisi. Rimane tuttavia difficile avere dati certi per la difficoltà di accedere alla zona del conflitto e verificare le fonti.

    India
    Gran parte dell'India del nord, compresi gli stati di Delhi e dell'Haryana, stanno soffrendo di continui tagli di corrente da stamattina, molto più frequenti del normale, a causa di seri problemi alla rete elettrica settentrionale. Le difficoltà sono cominciate poco dopo le tre del mattino, ma è alle sei, quando i pendolari hanno cominciato ad affollare le stazioni, che si sono avvertiti i disagi maggiori. Oltre a complicare la vita di cittadini e aziende, infatti, anche le ferrovie hanno avuto seri problemi, dovendo ritardare o cancellare numerosi treni. Solo quelli trainati dal diesel sono in servizio. Secondo R.P. Singh, presidente della PowerGrid, la società che gestisce la rete elettrica settentrionale indiana, la situazione va lentamente migliorando anche se molte zone potranno ancora avere interruzioni di energia anche prolungate. Dopo un inverno fra i più freddi e prolungati della storia dell'India, finito un paio di settimane fa, già in questi giorni la temperatura è schizzata in alto e i meteorologi prevedono un’estate molto calda. Questo aumenterà l'uso di condizionatori e quindi la domanda di energia, insufficiente per il Paese. Di qui la certezza di numerosi e incontrollati black-out. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 67

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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