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Sommario del 05/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI all'udienza generale dedicata a San Leone Magno: il primato del Papa necessario per servire l'unica Chiesa di Cristo
  • Il cardinale Bertone in Armenia porta l’abbraccio fraterno del Papa al Patriarca Karekin II e l’auspicio della pace
  • Le sfide della secolarizzazione al centro della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: intervista con mons. Ravasi
  • Costituito il Forum cattolico-musulmano: a novembre a Roma il primo seminario e l'incontro col Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Calpestati i diritti dei cristiani in Iraq: la testimonianza di un sacerdote di Mossul
  • Intervista al vescovo di Gravina sulla drammatica vicenda di Ciccio e Tore
  • Tragedia di Molfetta: per il vescovo della città si fa poco per evitare gli incidenti sul lavoro
  • Primarie USA: Hillary Clinton recupera su Obama
  • Presentato a Roma il libro “Effetto Benedetto”, sorta di dizionario delle parole del Papa
  • Chiesa e Società

  • Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I domani in Vaticano per l'incontro con Benedetto XVI
  • Congresso di Aparecida e Missione Continentale al centro del II Congresso dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità
  • Le sfide poste da nuove tensioni al centro della riunione dei segretari delle Conferenze episcopali dell’America Latina
  • Il Consiglio ecumenico delle Chiese condanna i raid a Gaza. Pax Christi, Agesci e Batya chiedono la fine di ogni violenza
  • Mancanza di lavoro e di assistenza adeguata tra le cause di sofferenze psicologiche per i rifugiati iracheni in Giordania e Libano
  • Mons. Joseph Wert confermato alla presidenza della Conferenza episcopale russa
  • I leader ebraici accettano la proposta di dialogo di un gruppo di intellettuali musulmani
  • Denuncia degli istituti religiosi: violenze sessuali come strumento di guerra nella Repubblica Democratica del Congo
  • Piogge in Angola e alluvioni in Namibia causano morti e sfollati
  • Secondo l’OMS, l’Africa occidentale può contenere l’epidemia di meningite
  • Dall’Unione Europea 160 milioni di euro per combattere la fame nel mondo
  • Tagikistan: i cattolici aiutano i poveri del Paese a sopravvivere al freddo polare
  • India: per combattere la pratica dei feticidi femminili, tremila dollari alle famiglie povere di 7 Stati dell'Unione
  • Premiato a Bangkok padre Giovanni Zimbaldi, missionario in Myanmar e Thailandia
  • A Timor Est la Chiesa impegnata nella mediazione con i gruppi ribelli per promuovere una pace autentica
  • Turchia: chiusa ad Antiochia la Grotta di San Pietro per la caduta di massi che minacciano la sicurezza dei visitatori
  • Si terrà sabato a Siena un convegno sul messaggio di speranza dei Santi Patroni d’Europa
  • Formazione delle coscienze, condivisione, evangelizzazione: tre anni di vita per “Radio Don Bosco” nelle Isole Salomone
  • Nasce H2onews, il primo servizio di informazione cattolica per radio, emittenti televisive e siti web
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: per la Rice, israeliani e palestinesi sono pronti a riprendere i negoziati di pace
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI all'udienza generale dedicata a San Leone Magno: il primato del Papa necessario per servire l'unica Chiesa di Cristo

    ◊   “Uno dei più grandi Pontefici che abbiano onorato la Sede romana”. Con queste parole, Benedetto XVI ha introdotto la figura di San Leone Magno, approfondita durante l’udienza generale di questa mattina. Il Papa ha parlato a circa 20 mila persone divise tra l’Aula Paolo VI e la Basilica di San Pietro: qui, nel breve saluto ai fedeli prima della catechesi, Benedetto XVI ha salutato con particolare affetto i numerosi gruppi di studenti, augurando loro di curare con attenzione la propria “formazione integrale”. Il servizio di Alessandro De Carolis:


    Dissuase Attila e i suoi Unni dal completare l’invasione dell’Italia, già duramente provata dalle loro scorrerie, e presentandosi inerme davanti a Genserico indusse i suoi Vandali, che saccheggiavano Roma, a risparmiare le Basiliche di San Pietro e San Paolo, stipate di gente terrorizzata. Basterebbero questi due celebri episodi rimasti nella storia a delineare il non comune coraggio e la statura umana di Leone Magno. Ma in lui, ha messo in evidenza Benedetto XVI, brillarono nette anche le doti di pastore e di teologo, così che questa figura di Papa si staglia nei primi secoli della Chiesa come una delle più prestigiose in assoluto:

     
    “Egli fu davvero uno dei più grandi Pontefici che abbiano onorato la Sede romana, contribuendo moltissimo a rafforzarne l’autorità e il prestigio. Primo Vescovo di Roma a portare il nome di Leone, adottato in seguito da altri dodici Sommi Pontefici, è anche il primo Papa di cui ci sia giunta la predicazione, da lui rivolta al popolo che gli si stringeva attorno durante le celebrazioni”.

     
    Un centinaio di sermoni e 150 lettere ci hanno consegnato di San Leone Magno alcuni tratti di intramontata attualità: fu - ha affermato Benedetto XVI - “sollecito” verso i suoi fedeli “ma anche della comunione tra le diverse Chiese e delle loro necessità”, e ancora, “fu sostenitore e promotore instancabile del primato romano, proponendosi come autentico erede dell’apostolo Pietro”. L’ispirata eloquenza con la quale difese - con un suo scritto letto durante il Concilio di Calcedonia del 451 - le nature divina e umana di Gesù dall’eresia che negava quella umana del Figlio di Dio provocarono nei padri conciliari, ha ricordato Benedetto XVI, un’esclamazione rimasta negli annali: “Pietro ha parlato per bocca di Leone”:

     
    “Soprattutto da questo intervento, e da altri compiuti durante la controversia cristologica di quegli anni, risulta con evidenza come il Papa avvertisse con particolare urgenza le responsabilità del Successore di Pietro, il cui ruolo è unico nella Chiesa, perché 'a un solo apostolo è affidato ciò che a tutti gli apostoli è comunicato', come afferma Leone in uno dei suoi sermoni per la festa dei santi Pietro e Paolo (…) Mostrava in questo modo come l’esercizio del primato romano fosse necessario allora, come lo è oggi, per servire efficacemente la comunione, caratteristica dell’unica Chiesa di Cristo”.
     
    San Leone Magno, morto nel 461 dopo 21 anni di Pontificato, visse in tempi “molto difficili”. Le scorrerie barbariche avevano messo in crisi l’autorità civile, sostituita in molti casi da quella religiosa, ed entrambe furono esercitate con “prudenza e fermezza” dal Papa del quinto secolo. Fu un uomo di pace, un animatore della carità tra i profughi, un pastore che riuscì, nonostante il caos del tempo, ad annunciare il Vangelo con efficacia, riuscendo a legare - ha notato Benedetto XVI – la “liturgia alla vita quotidiana dei cristiani”:

     
    “In particolare Leone Magno insegnò ai suoi fedeli – e ancora oggi le sue parole valgono per noi – che la liturgia cristiana non è il ricordo di avvenimenti passati, ma l’attualizzazione di realtà invisibili che agiscono nella vita di ognuno (…) Egli fu un grande portatore di pace e di amore. Ci mostra così la via: nella fede impariamo la carità. Impariamo quindi con San Leone Magno a credere in Cristo, vero Dio e vero Uomo, e a realizzare questa fede ogni giorno nell'azione per la pace e nell'amore per il prossimo”.

     
    Sceso nella Basilica vaticana prima di inziare la catechesi in Aula Paolo VI, e accolto con entusiasmo dai moltissimi studenti delle Scuole gestite dalle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, il Papa aveva avuto per loro queste parole:

     
    “Auguro a ciascuno di vivere questo tempo della scuola come occasione propizia per una autentica formazione integrale. Vi incoraggio a rafforzare la vostra adesione al Vangelo per essere sempre disponibili e pronti a compiere la volontà del Signore”.

     
    E oltre al tema dell’istruzione giovanile, Benedetto XVI si è soffermato anche su quello dell’assistenza sanitaria. Salutando le religiose infermiere di diverse Congregazioni, impegnate in questi giorni in un corso di aggiornamento, il Papa le ha invitate a “vedere sempre nei malati il volto di Cristo” e a ripartire “da Lui ogni giorno con umile coraggio per essere testimoni del suo amore”.

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    Il cardinale Bertone in Armenia porta l’abbraccio fraterno del Papa al Patriarca Karekin II e l’auspicio della pace

    ◊   Un abbraccio fraterno e l’auspicio della pace: il messaggio del Papa al Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin II, consegnato dal cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano giunto ieri nella Repubblica Armena, su invito della autorità religiose e civili. Viaggio che era stato rinviato, domenica scorsa, a causa dello stato di emergenza, dichiarato dal Governo per i violenti scontri seguiti alle elezioni presidenziali. Oggi l’incontro del porporato con la comunità cattolica del Paese caucasico a maggioranza cristiana ortodossa. Domani il viaggio del cardinale Bertone proseguirà in Azerbaigian, dove resterà fino al 9 marzo. Il servizio di Roberta Gisotti:

     
    “Anch’io mi sento a casa”, così il cardinale Bertone accolto nella cattedrale di Etchmiadzin, sede della Chiesa armena apostolica. “Porto il caro abbraccio fraterno del Santo Padre che La attende con gioia a Roma”, ha detto rivolto al Patriarca Karekin II. Il Papa – ha aggiunto - intende “esprimerle di persona la sua ammirazione per lo straordinario tesoro culturale e spirituale che gli Armeni hanno regalato all’umanità”. “Benedetto XVI – ha proseguito il porporato - auspica per voi giorni di pace, interna ed esterna. Auspica il superamento di condizioni sociali per molti ancora precarie. Auspica il cammino verso un progresso che sia rispettoso dei valori religiosi”, “fondamento e stimolo” per aiutare i più sofferenti e “costruire un avvenire di giustizia, di fiducia e di trasparenza per tutta la Nazione”. “Il Papa è ben consapevole – ha sottolineato il segretario di Stato vaticano - del ruolo primario ed insostituibile che la Chiesa è chiamata a svolgere in questo processo”.

    Ha ricordato il cardinale Bertone, quanto “nel passato il potere ateistico si propose di indebolire la Chiesa armena” e quanti “testimoni della fede, persino venerati pastori, versarono il loro sangue in anni ancora vicini”. Ha quindi lodato “l’impegno instancabile” profuso dal Patriarca Karekin per ricostruire la Chiesa indebolita dal regime sovietico”, attraverso numerosi edifici di culto e strutture sociali, “segni concreti” che parlano di Dio, ed anche del sostegno offerto alla comunità cattolica, cosi come già aveva fatto il suo predecessore il Catholicos Vazken I.

    La visita del cardinale Bertone, che ieri ha pure incontrato, a Erevan, il primo ministro Serge Sarkisian, neo-eletto presidente, proseguirà fino a domani. Stamane, dopo un colloquio con il ministro degli Esteri, tre appuntamenti: prima a Panik, “simbolo della presenza cattolica in Armenia”, dove oggi riposano le spoglie di padre Komitas, primo sacerdote cattolico arrivato dopo il comunismo, accanto a quello del primo ordinario, l’arcivescovo Nerses, scomparso circa un anno fa, “servo buono e fedele”, ha osservato il cardinale Bertone, che si è poi recato a Gyumri, dove ha visitato l’Ordinariato cattolico e la cattedrale armena apostolica della Madonna dei Sette Dolori ed ha pranzato nell’Orfanotrofio delle Suore armene dell’Immacolata Concezione, quindi ha raggiunto l’ospedale armeno di Ashotzk, vicino la Georgia, costruito per volontà di Giovanni Paolo II all’indomani del terribile terremoto che quasi 20 anni fa scosse questa terra, mietendo circa 30 mila morti. Dopo il grazie ai Camilliani e alle Piccole Sorelle di Gesù che qui hanno lavorato, ancora negli anni del comunismo, in isolamento e in disagiate condizioni climatiche, il porporato si è rivolto ai medici chiedendo loro di difendere la vita con ogni mezzo e ad ogni stadio del suo sviluppo, mostrando “che curare non è un mestiere, ma una vocazione, alla quale non tutti forse sanno essere fedeli”. Infine parole di conforto ai ricoverati: “la Chiesa – ha detto loro - vuole alleviare le sofferenze dal malato prestando mente, cuore e mani a Dio stesso”.

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    Le sfide della secolarizzazione al centro della plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura: intervista con mons. Ravasi

    ◊   Inizia domani in Vaticano l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura sul tema “Le sfide della secolarizzazione per la Chiesa e nella Chiesa”. Ma come affrontare queste sfide? Giovanni Peduto lo ha chiesto al presidente del dicastero, l’arcivescovo Gianfranco Ravasi:
     
    R. – Bisogna prima di tutto ricordare che nell’ambito della secolarizzazione si tende sostanzialmente ad allontanare qualsiasi istanza e urgenza che si rivolga verso la trascendenza, verso l’Oltre e l’Altro. Ci si accontenta quindi semplicemente di cogliere i valori concreti, immediati, diretti. Tante volte sono prevalentemente scelte di moda e di modi di comportamento, sono scelte che si affidano sostanzialmente ad una morale della situazione, dell’immediatezza, qualche volta persino del proprio interesse o, peggio ancora, ci si orienta verso una alienazione da ogni valore di tipo spirituale o trascendente. Per questo motivo bisogna ritornare ancora negli spazi che sono propri dell’uomo il quale – come diceva Pascal – supera sempre infinitamente se stesso, ha sempre delle domande ulteriori; inserirsi e riproporre ancora i grandi valori, quei valori costitutivi dell’Uomo nella sua autenticità e questi valori, anche, si aprono verso il mistero, verso la trascendenza, verso il divino.

     
    D. – Come entrare in dialogo con una cultura sempre più secolarizzata senza perdere la propria identità e cadere nell’irenismo che è un falso dialogo?

     
    R. – Certamente, da un lato può esserci la tentazione della comunità cristiana, che vede questo mondo ormai superficiale, legato ad altre componenti dell’esistenza, la tentazione di ritirarsi in se stessa e di costituire come una sorta di oasi serena e pacata, in cui poter celebrare i propri riti e poter compiere anche un’esistenza che sia secondo lo spirito. In realtà, per l’Evangelo, in quel famoso appello che Gesù ha lasciato l’ultima sera della sua vita terrena, parlando ai suoi discepoli, la realtà del cristiano è quella di essere nel mondo senza essere del mondo. Ecco, quindi, la necessità di entrare nel mondo, di entrare però con la propria identità, senza stingersi, senza perdere il proprio colore, la propria personalità, portando anzi la fiaccola alta dei propri valori, che sono valori penultimi e ultimi, cioè valori certamente di solidarietà, di impegno sociale, ma sono anche i grandi valori del bene e del male, della vita e della morte, dell’oltrevita, dell’amore, della giustizia, del senso stesso dell’esistenza.

     
    D. – Oggi si pone con forza la questione della laicità: c’è un tentativo da parte di alcuni di emarginare e privatizzare la dimensione religiosa come se i principi dei cristiani fossero meno validi dei principi cosiddetti laici …

     
    R. – La secolarità, per molti versi, è sinonimo di una laicità sana, come dicevamo all’inizio. C’è la possibilità, cioè, di riconoscere che esistono delle autonomie proprie nella città secolare. Solo che la tentazione, attualmente, è quella – come avviene per il laicismo, così per il secolarismo – è il tentativo di espungere da questo mondo, da questa città qualsiasi segno, qualsiasi vessillo, qualsiasi emblema, qualsiasi simbolo ma soprattutto qualsiasi valore che appartenga alla dimensione spirituale, alla dimensione profonda, religiosa, ma anche etica in senso lato, riconducendoci invece ad etiche più semplici e più immediate. Ecco, allora, la necessità di far sì che questa città abbia ancora la voce dello spirito che risuoni, e questa voce dello spirito deve risuonare nella piazza, nelle strade, cioè nel groviglio delle vicende quotidiane e non soltanto nel silenzio aureolato di incenso, nella pacata serenità del tempio, dove pure ha il suo ambito privilegiato.

     
    D. – Alla fine, alla luce delle considerazioni che lei ha fatto: come comunicare oggi il Vangelo?

     
    R. – Questa è la grande sfida, come si suol dire adesso, perché un mondo che non è più abituato alle grandi parole, alle parole fondamentali, che non è più abituato alle grandi domande che artigliano la coscienza, che non è più abituato anche a giudicare in maniera rigorosamente etica i propri comportamenti, far risuonare la parola forte dell’Evangelo e della Bibbia è indispensabile – io credo – proprio come scotimento, come una sorta quasi di provocazione. Purtroppo, però, esiste un percorso molto arduo da fare che è quello, prima di tutto, di ritrovare il linguaggio, un linguaggio che sia adatto a questo mondo secolare, e dall’altra parte, far sì che queste parole siano pronunciate nell’interno dei problemi dell’Uomo, non siano cioè considerate semplicemente come un messaggio trascendentale, non nel senso di trascendente, cioè che ci supera, ma semplicemente nel senso di astratto, che ci invita a decollare dalla realtà verso cieli mitici e mistici. La Parola di Dio è, come dice la Bibbia stessa, un seme, è come pioggia che può fecondare tante volte i deserti della banalità, della superficialità, del secolarismo contemporaneo.

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    Costituito il Forum cattolico-musulmano: a novembre a Roma il primo seminario e l'incontro col Papa

    ◊   Si è concluso oggi in Vaticano un incontro di due giorni tra una delegazione del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, guidata dal cardinale presidente Jean-Louis Tauran, e una rappresentanza dei firmatari della Lettera aperta, intitolata “Una parola comune”, inviata lo scorso ottobre da 138 saggi musulmani al Papa e ai responsabili delle Chiese cristiane, guidata dal presidente della Muslim Academic Trust (Regno Unito) Sheikh prof. Abdal Hakim Murad.

    Allo scopo di sviluppare ulteriormente il dialogo cattolico-musulmano – rileva un comunicato della Sala Stampa vaticana – i partecipanti a questo incontro hanno concordato di costituire il Forum cattolico-musulmano e di organizzare il primo seminario del Forum a Roma dal 4 al 6 novembre prossimi sul tema “Amore di Dio, amore del prossimo”: il seminario, cui parteciperanno 24 rappresentanti cattolici e 24 rappresentanti musulmani, affronterà nella prima giornata questioni relative ai “Fondamenti teologici e spirituali”; nella seconda giornata si parlerà di “Dignità umana e rispetto reciproco”. Il seminario sarà concluso da una sessione pubblica. I partecipanti saranno ricevuti quindi da Benedetto XVI.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un articolo, nell’informazione religiosa, sul secondo giorno della visita del cardinale Tarcisio Bertone in Armenia.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente. Per Bush la pace è possibile. Intanto Abu Mazen propone una tregua tra Israele e Hamas.

    In cultura, Francesco Valiante intervista l'arcivescovo Gianfranco Ravasi in occasione dell'assemblea plenaria del Pontificio consiglio della cultura. Al centro dei lavori il dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. Su alcuni aspetti di questo fenomeno anticipate le conclusioni di Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo di Guatemala, e di Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.

    Una nostra traduzione della prefazione del cardinale Walter Kasper alla nuova edizione tedesca della sua opera "Il Dio di Gesù Cristo", pubblicato in occasione del settantacinquesimo compleanno del porporato.

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    Oggi in Primo Piano



    Calpestati i diritti dei cristiani in Iraq: la testimonianza di un sacerdote di Mossul

    ◊   Per la quarta volta, domani a Baghdad, si incontreranno le diplomazie d’Iran e Stati Uniti per discutere della sicurezza in Iraq. Intanto nel Kurdistan iracheno elicotteri turchi hanno bombardato alcuni siti dei ribelli del PKK mentre a Bassora in un’azione dell’esercito britannico sono rimasti uccisi una donna e un bambino: il Ministero della difesa di Londra ha aperto un’inchiesta. A Kirkuk, in un agguato, ha perso la vita un ex ministro dei lavori pubblici. Resta forte la preoccupazione per mons. Paulos Faraj Rahho, l’arcivescovo caldeo di Mossul rapito in Iraq il 29 febbraio scorso. In un’intervista al SIR, il nunzio apostolico in Iraq e in Giordania, mons. Francis Chullikat, ha chiesto l'intervento della comunità internazionale. Sconcerto è stato espresso dal principe di Giordania. Al microfono di Christopher Altieri sentiamo la testimonianza di don Firas Al Beno, sacerdote siro-cattolico di Mossul, studente presso l’Università Gregoriana di Roma:

     
    R. – La mia riflessione mi porta sempre laggiù, in Iraq, di fronte a tutti i problemi che abbiamo, di fronte alla discriminazione e alla violenza contro i nostri diritti, che sono calpestati. Dopo l’ultimo evento, il sequestro dell’arcivescovo, centinaia di cristiani hanno lasciato Mossul. Non si sa ora cosa accadrà dopo che sarà scaduto l’ultimatum, giovedì.

     
    D. – La Chiesa in Iraq è una Chiesa antica. La presenza cristiana è rimasta forte e salda anche in periodi di grave persecuzione. La Chiesa irachena, forse, sta vivendo ora uno di questi periodi. Ma qual è la differenza che lei percepisce tra questo momento e gli altri che si sono susseguiti nella storia?

     
    R. – Nei primi secoli della diffusione dell’Islam in Iraq, i cristiani erano numerosi, tanto che la loro forza li ha spinti fino in Cina a portare il Vangelo: parliamo del VII-VIII secolo. Ora non abbiamo più tutta quella forza, perché siamo diminuiti tantissimo e questo per tante cause. Poi, negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, anche durante la guerra con l’Iran, che è stata la più sanguinosa ed è durata 8 anni, così come durante l’embargo e sotto il regime di Saddam, non c’era spaccatura, non c’era divisione fra cristiani e musulmani, che anzi convivevano normalmente. Dopo l’occupazione, siamo stati considerati come traditori dell’Iraq e questo perché gli americani e l’Europa sono considerati cristiani. Questa guerra è, dunque, considerata un po’ come se fosse una crociata contro i musulmani. Noi siamo cristiani e quindi siamo identificati con gli “occupanti”, come appartenenti a questi “crociati”. Così, purtroppo oggi siamo considerati come traditori dell’Iraq.

     
    D. – Chi è che sta ora spargendo sangue nel Paese e perché?

     
    R. – Non lo sappiamo. La gente cammina per la strada, viene sequestrata ed uccisa. C’è certamente il conflitto, l’occupazione e il terrorismo e questo porta delle conseguenze. L’Iraq è diventato ormai un campo di guerra.

     
    D. – Cosa serve adesso affinché il cristianesimo riesca a sopravvivere in Iraq?

     
    R. – Abbiamo anzitutto bisogno di un forte sostegno da parte dei veri cristiani d’Occidente. Noi non abbiamo bisogno di soluzioni politiche, ma abbiamo bisogno di un intervento umanitario che ci porti ad una riconciliazione vera, ad una riconciliazione del popolo iracheno e quindi fra sciiti e sunniti, ad una riconciliazione fra musulmani e cristiani, ma anche fra curdi ed arabi.

     
    D. – Il Santo Padre, la scorsa domenica, ha lanciato un nuovo appello sia per la liberazione dell’arcivescovo di Mossul, sia anche per la cessazione generale della violenza…

     
    R. – Il Papa ci porta sempre nel suo cuore. E’ un vero padre che porta tutti i suoi figli, con tutte le loro sofferenze, nel cuore e le porta davanti a Dio, attraverso la preghiera. Abbiamo bisogno in modo straordinario di questa preghiera, perché soltanto attraverso la preghiera è possibile compiere dei miracoli. L’Iraq non si potrà salvare se non per mezzo di un grandissimo miracolo, che è quello di riuscire a portare la carità e la pace in Iraq.

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    Intervista al vescovo di Gravina sulla drammatica vicenda di Ciccio e Tore

    ◊   Sono cominciate stamani nell'Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari, le autopsie su Francesco e Salvatore Pappalardi, i cui cadaveri sono stati trovati il 25 febbraio scorso nella cisterna di una masseria disabitata a Gravina in Puglia. L'esame autoptico servirà ad accertare essenzialmente i tempi di sopravvivenza dei fratellini nella grande cisterna ed eventuali lesioni non dovute alla caduta. Ieri un corteo di circa 3000 ragazzi ha sfilato per le vie di Gravina per testimoniare la partecipazione della comunità alla tragedia. A loro nei giorni scorsi il vescovo di Altura-Gravina-Acquaviva, mons. Mario Paciello, aveva indirizzato una lettera colma d’affetto. Mons. Paciello invita i giovani alla preghiera per tutti i ragazzi a rischio nel mondo, ma anche ad una assunzione di responsabilità nei confronti della propria vita. “Dov’era Dio in quei drammatici momenti? - scrive il vescovo - Ve lo dico io, era accanto a Francesco e Salvatore a soffrire con loro”. Ma quante volte mons. Paciello si è sentito rivolgere questa domanda dai suoi fedeli? Ascoltiamolo al microfono di Adriana Masotti.

     
    R. – Questa domanda è emersa più sulla stampa che dalla voce dei gravinesi. Io ritengo che, in segreto, tutti si saranno chiesti come mai il Signore non abbia fatto nulla per Ciccio e Tore. Volevo cogliere questa occasione per dare un messaggio importante: è vero per noi cristiani, è verità di fede, che Cristo è presente ed è vicino alla persona nella prova, nella sofferenza e nel martirio. Certamente questi bambini hanno avuto, forse anche in modo inconscio, la presenza del Signore, e hanno vissuto un’esperienza particolare della Passione del Cristo, e quindi una partecipazione alla Risurrezione del Signore. Credo che a loro certamente con gioia avrà detto: “Oggi stesso sarete con me in Paradiso”.

     
    D. – Ci sono ancora tante domande, tanti interrogativi sull’intera vicenda. Qual è il clima adesso della popolazione, della comunità?

     
    R. – Il clima della comunità è di grande partecipazione e lo hanno dimostrato gli stessi ragazzi e i giovani ieri con un corteo tanto, tanto partecipato. La stessa lettera che è stata accolta, letta e commentata sta già avendo risposte. Certamente la vicenda di Ciccio e Tore ha scosso la comunità. L’ultima circostanza è quella del ritrovamento: è chiaro che abbia procurato – a cominciare dal vescovo – un dolore molto, molto grande. L’evento sta anche suscitando riflessioni, conversazioni, dibattiti all’interno delle scuole. E’ un momento, dobbiamo dire, di grazia, che dobbiamo valorizzare. Penso che ne abbiamo la responsabilità, perché sul sacrificio di queste due bambini, altri comprendano la preziosità della loro vita, la fragilità della loro vita, la necessità per le istituzioni di guardare con maggiore attenzione ai grandi bisogni presenti nelle nostre città. Purtroppo, girando per le strade di Gravina, e vedendo dei crocchi di ragazzi sulle strade di periferia, mi dicevo che questi potrebbero essere dei potenziali Ciccio e Tore, se noi non cerchiamo di fare il massimo per offrire loro luoghi di incontro, di aggregazione, di attività, di sport, di formazione e di fede. Questo lo dobbiamo fare noi come Chiesa, lo deve fare la comunità civile.

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    Tragedia di Molfetta: per il vescovo della città si fa poco per evitare gli incidenti sul lavoro

    ◊   “Un lavoro per vivere e non per morire”. Lo si legge nello striscione che ha aperto oggi a Molfetta, in provincia di Bari, il corteo dei sindacati organizzato per esprimere solidarietà alle famiglie dei 5 operai morti due giorni fa durante il lavaggio di un’autocisterna. Indette anche due ore di sciopero generale in tutta la Puglia. Oggi è lutto cittadino pure a Genova dove si celebrano i funerali di un portuale morto nella notte di venerdì. Sul grave fenomeno delle morti bianche e sulla tragedia di Molfetta Massimiliano Menichetti ha raccolto il parere del presidente nazionale delle ACLI, Andrea Olivero:


    R. – E’ una tragedia che mette in luce alcuni degli aspetti più drammatici di questa situazione, dell’insicurezza che c’è nel nostro Paese. Da un lato, il fatto che, in qualche modo, era una tragedia evitabilissima e con le tecnologie odierne, senza costi rilevanti, anche facilmente evitabile. In secondo luogo, ancora una volta il nostro Paese vede la solidarietà tra i lavoratori. La tragedia ha assunto i numeri drammatici che si sono visti proprio perché ciascun operaio è venuto incontro all’esigenza dell’altro. Questo è un fatto da sottolineare, soprattutto in questo momento, visto che spesso il mondo del lavoro viene definito come un luogo nel quale ciascuno pensa solo a se stesso. In ultimo, il fatto che il nostro sud vive ancora di più i rischi nel mondo del lavoro.

    D. - Le normative ci sono, vengono anche incrementate, ma sono rispettate?

     
    R. – Il problema è proprio questo, perché da un lato le aziende continuano a pensare che si possa considerare la sicurezza soltanto un costo e costruiscono il loro modello di impresa in questa prospettiva, quindi senza investire fino in fondo sulla sicurezza. Dall’altro lato, perché i cittadini, i cittadini-lavoratori, spesso sottovalutano i rischi che incontrano e quindi non fanno tutto quello che è in loro potere per denunciare l’insicurezza e chiedere un cambiamento di rotta.

     
    Sulla tragedia di Molfetta ascoltiamo la riflessione del vescovo di Molfetta, mons. Luigi Martella, raccolta da Fabio Colagrande:

     
    R. – Non è semplice trovare le parole giuste, le parole adatte in certi momenti. Credo che la parola più giusta e più consona sia proprio il silenzio. Il silenzio che dice tante cose, il silenzio che è preghiera, sostegno, conforto, consolazione. La città è sconvolta e man mano che il tempo passa si sta rendendo conto della gravità di quello che è successo. Ancora una tragedia sul lavoro e questa volta proprio sotto casa.

     
    D. – Il vostro comunicato parla di cinque nuovi martiri…

     
    R. – Martiri, perché tutto questo ha un risvolto davvero di grande solidarietà. Il primo operaio è sceso nella cisterna ed è rimasto giù; il secondo è sceso per aiutarlo, e così il terzo, il quarto e il quinto. Vorrei dire che è stata davvero una catena di amore! Per aiutare il loro compagno di lavoro, hanno trovato la loro fine.

     
    D. – Mons. Martella, guardando al lunghissimo e drammatico elenco delle morti sul lavoro in Italia, c’è il rischio veramente che il rispetto della persona resti oggi schiacciato dalle urgenze della produttività economica, in un momento di crisi economica come quello attuale?

     
    R. – Purtroppo non ci si può illudere che gli incidenti sul lavoro possano finire né con una maggiore prudenza, né tanto meno con una legge. Ci vuole una cultura della vita. Oggi ci vorrebbe un impulso maggiore per dire che la vita va difesa, rispettata, custodita. Nonostante questi ripetuti incidenti, ci perdiamo sull’onda delle considerazioni delle parole e non agiamo, non agiamo abbastanza.

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    Primarie USA: Hillary Clinton recupera su Obama

    ◊   Ormai alle ultime battute la corsa alla Casa Bianca. Nelle primarie di ieri, svoltesi negli Stati del Texas, Rhode Island, Vermont e Ohio, tra i democratici è ancora testa a testa tra Hillary Clinton e Barack Obama. Definitiva investitura, invece, per John McCain, in casa repubblicana. Ce ne parla Giancarlo La Vella:


    Torna a vincere l’ex first lady, dopo una lunga serie di affermazioni di Barack Obama, ed è di nuovo pienamente in corsa per la candidatura democratica alla Casa Bianca. Hillary Clinton, sia pure di misura, ha avuto la meglio sul senatore dell’Illinois in Texas, Ohio e Rodhe Island. Sarà, questo, un confronto che si risolverà sul filo di lana e che andrà avanti ancora per diverse settimane. Molto più compatta, invece, la compagine repubblicana, che, ancora una volta, si è schierata per John McCain, a questo punto candidato ufficiale del partito per succedere al presidente Bush. Sui motivi che hanno caratterizzato questa nuova tornata delle primarie, abbiamo raccolto il commento di Paolo Mastrolilli, responsabile esteri del TG1 della RAI:

     
    R. – Nelle ultime settimane Hillary Clinton ha puntato soprattutto sul fattore esperienza, sul fatto che lei è stata più a lungo a Washington e in politica di quanto non lo sia stato Obama. Sta emergendo anche la questione economica, naturalmente con la crisi, come un fattore determinante. La questione fondamentale è che con le elezioni di ieri la spinta di Obama sembra essersi un po’ esaurita. Il risultato è affascinante, interessante, ma anche molto preoccupante per il Partito Democratico, perché in sostanza rimane diviso e c’è, quindi, il rischio che il candidato alla Casa Bianca venga deciso solamente dalla convention di agosto. E questo mette il partito in difficoltà, perché gli elettori si stanno dividendo, molte risorse vengono investite in questa campagna elettorale e molti soldi vengono spesi, mentre dall’altra parte i repubblicani hanno scelto il loro candidato, McCain, e possono quindi già prepararsi alle elezioni di novembre.

     
    D. – Che cosa ha portato in casa repubblicana ad una scelta definitiva, quasi da subito, per McCain?

     
    R. – Ad un certo punto l’eleggibilità diventa fondamentale. Quando durante le primarie un candidato emerge come il candidato più forte anche i voti degli altri confluiscono su di lui proprio per questa necessità di avere un candidato unitario da presentare alle elezioni di novembre. McCain è popolare, ha la capacità anche di raggiungere gli elettori moderati, gli elettori indecisi e, quindi, nonostante non abbia convinto pienamente la base conservatrice del partito, i repubblicani hanno deciso che era la carta migliore per cercare di conservare la Casa Bianca a novembre.

     
    D. – In questa campagna elettorale si è parlato soprattutto di sicurezza, di temi economici e molto poco si è parlato invece di temi etici e sociali. Per quale motivo?

     
    R. – Ci sono dei temi molto divisivi negli Stati Uniti e, quindi, i candidati fanno molta attenzione a trattarli, perché temono in questa maniera di perdere voti. Ma la questione dei valori è stata fondamentale nelle elezioni del 2004 e tornerà ad essere presente in modo molto forte e molto significativo anche nelle elezioni del 2008.

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    Presentato a Roma il libro “Effetto Benedetto”, sorta di dizionario delle parole del Papa

    ◊   Apprezzare tutta la profondità degli insegnamenti di Benedetto XVI è impossibile senza rileggere i testi dei suoi discorsi. Da questa premessa prende spunto il libro “Effetto Benedetto”, edito da ‘Effatà’ e presentato ieri pomeriggio nella sede dell'Unione cattolica stampa italiana (UCSI). Non si tratta di una ricognizione storica sul pontificato né di un compendio sul magistero di Benedetto XVI. La struttura del libro è invece quella di un glossario che propone le parole del Santo Padre su 40 temi. Alcune sono parole ricorrenti nei suoi discorsi, altre riguardano grandi questioni: è il caso, ad esempio, di ebraismo, ecumenismo, giovani, islam, pace. Ma perché e quando è nata l’idea di lanciare questa proposta editoriale? Risponde al microfono di Luca Collodi, Paolo Fucili, giornalista di SAT 2000 ed uno dei due autori del libro “Effetto Benedetto”:

     
    R. - Nasce anche dal desiderio, anche nella modestia dei nostri mezzi, di farlo conoscere. E per questo abbiamo adottato una formula, composta di 40 parole, un glossario di 40 parole che comprendono nomi del Pontificato, comprendono parole che lui utilizza spesso per parlare anche di aspetti della fede, come amicizia, bellezza, verità. I grandi temi dell’agenda del Pontefice, ma anche qualche sua piccola passione come la musica. E’ un libro in cui riportiamo, rifacendoci a quanto il Papa in questi quasi tre anni di Pontificato ha detto e fatto, quelle che sono le sue idee su questi diversi temi.

     
    D. – Leonardo Possati, altro autore del libro e redattore di SAT 2000:

     
    R. – Soprattutto, io aggiungerei che è un Papa che proprio come studioso, come Papa, come sacerdote ha una grandezza di pensiero e di idee che è veramente rara al giorno d’oggi e che forse, soprattutto quando è stato eletto e quindi all’inizio del suo Pontificato, si pensava che il suo pensiero sarebbe arrivato con molta difficoltà alle persone, alle persone semplici, alla moltitudine dei cattolici. E’, invece, un Papa che ha un modo di parlare e un modo di scrivere molto semplice: questa è certamente una proprietà ed una caratteristica dei grandi intellettuali. Questo glossario serve proprio a questo: a dare cioè la possibilità a chi vuole di prendere ed estrapolare una parola e vedere cosa ha detto riguardo specificatamente a questo o a quel tema.

     
    D. - Parliamo subito di comunicazione e Paolo Fucili ha curato proprio questa parte. Nel libro si legge: “Papa Benedetto è un enigma mediatico, non possiede nessuna delle qualità e dei difetti che oggi garantiscono la popolarità mediatica, eppure piace un sacco”. Con questa frase, forse, si può già esaurire quello che è il discorso del Papa per quanto riguarda la comunicazione…

     
    R. – Diciamo subito che la frase non è mia, ma è certamente una frase che riassume bene l’aspetto del Papa relativo alla comunicazione. E’ un Papa che sa farsi capire, forse non lo vedremo mai – o chissà – tamburellare sul bracciale della poltrona rispondente ai giovani che scandiscono il suo nome: scene, queste, che si sono viste con Giovanni Paolo II. Ma sa, comunque, fare breccia - secondo me - nella gente.

     
    D. – Leonardo Possati, dalla comunicazione a quelle che sono le due caratteristiche, l’amicizia e l’amore, che aiutano anche un messaggio a passare verso il grande pubblico, verso i fedeli. Aiuta questa comunicazione del Papa il suo pensiero sull’amicizia e sull’amore?

     
    R. – Sicuramente sì e questo nel senso che una delle prime caratteristiche che fu notata di questo Papa è che nel primo discorso utilizzò tantissime volte la frase “cari amici”. Questa è stata una cosa che colpì molto. All’amore ha invece dedicato la sua prima Enciclica, un’Enciclica che è ricca, che spiega cos’è l’amore che nella vita cristiana è il centro, è la base, è ciò che porta l’esperienza cristiana, che è un’esplosione d’amore. In questa esplosione ha un ruolo fondamentale l’amicizia, tant’è che Benedetto XVI parla tantissime volte dell’amicizia con Cristo.

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    Chiesa e Società



    Il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I domani in Vaticano per l'incontro con Benedetto XVI

    ◊   La diplomazia degli uomini è l’arte della persuasione che, attraverso mezzi quali “l’argomentazione, le promesse e le minacce”, ha l’obiettivo di prevalere sugli altri. La diplomazia di Dio ha come scopo, invece, quello di convincere con l’amore e l’umiltà “ogni uomo a fare ciò che è nel suo interesse, cioè amare Dio”. Lo ha detto ieri il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, durante la ‘lectio magistralis’ all’Università di Trieste incentrata sul tema: “La diplomazia di Dio, la diplomazia degli uomini”. Il Patriarca, che ha ricevuto la laurea ‘honoris causa’ in scienze internazionali e diplomatiche per l’opera intrapresa in favore dell’ambiente, ha anche affermato che tutte le azioni di Dio partono “da una intenzione di aiuto all’uomo”. L’uomo – ha aggiunto – è visto da Dio come “un figlio amato che deve essere educato ad amare suo Padre”. “Con la diplomazia di Dio – ha spiegato Bartolomeo I – si mira al bene di chi ci sta vicino”. Il Patriarca è atteso questa sera Roma e domani incontrerà Benedetto XVI in Vaticano. Domani pomeriggio è prevista, infine, la visita al Pontificio istituto orientale in occasione del 90.mo di fondazione. (A.L.)

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    Congresso di Aparecida e Missione Continentale al centro del II Congresso dei Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità

    ◊   Si è concluso a Bogotà il II Congresso dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità, organizzato dal CELAM con la partecipazione del Pontificio Consiglio per i Laici. All’incontro hanno partecipato 105 rappresentanti di 37 organizzazioni presenti in America Latina e nei Caraibi. La prima parte delle conclusioni mette in risalto il Congresso di Aparecida in riferimento alla funzione dei Movimenti e delle nuove Comunità ecclesiali. Il Congressso di Aparecida – sottolinea l’agenzia Fides – è considerato come “l’avvenimento che converte l’urgenza di questo momento in un segno di apertura ecclesiale alla pluralità associativa, dando speranza di una nuova evangelizzazione favorita dal laicato”. Una parte importante delle conclusioni è dedicata poi alla Missione Continentale. Sul come orientare la Missione Continentale nella prospettiva dei Movimenti e delle Nuove Comunità, emergono diverse priorità. Tra queste, la chiara consapevolezza che la Missione deve essere guidata dal potere e della forza dello Spirito Santo. Ma anche l’intima unione con i Pastori della Chiesa e la creazione di una coscienza per essere al servizio di un progetto comune. Si sottolinea, poi, il coinvolgimento dei Movimenti nella presa di decisioni delle Commissioni nazionali e diocesane della Missione Continentale. Un’altra priorità infine è quella della formazione di équipe missionarie aperte alla flessibilità, senza paura di perdere la loro identità specifica per poter appoggiare efficacemente la Missione continentale. (A.L.)

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    Le sfide poste da nuove tensioni al centro della riunione dei segretari delle Conferenze episcopali dell’America Latina

    ◊   “I conflitti interni, le tensioni che derivano dagli scambi commerciali, le proposte ideologiche che destabilizzano le istituzioni e le democrazie sono alcuni dei fattori che ostacolano la fratellanza pacifica e giusta, necessaria per la vita dei popoli” in America Latina. Lo ha detto ieri l’arcivescovo di Aparecida e presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), mons. Raymundo Damasceno Assis, nel suo intervento di apertura della riunione annuale dei segretari delle 22 Conferenze episcopali dell’America Latina. I due temi sui quali si discuterà fino a domani sono: l’andamento dell’applicazione delle raccomandazioni pastorali della V Conferenza generale di Aparecida e la situazione complessiva della Grande missione continentale lanciata nel mese di luglio. Mons. Damasceno Assis ha anche sottolineato l’importanza del rapporto tra il Celam e le segretarie generali degli Episcopati. In particolare, analizzando impegni e compiti futuri, sono stati illustrati i programmi d’azione dei diversi dipartimenti e Centri del Celam. Il presidente del Consiglio episcopale latinoamericano ha ricordato, infine, il recente incontro della presidenza dell’organismo con il Santo Padre e, successivamente, con alcuni vescovi degli Stati Uniti e del Canada. (A cura di Luis Badilla)

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    Il Consiglio ecumenico delle Chiese condanna i raid a Gaza. Pax Christi, Agesci e Batya chiedono la fine di ogni violenza

    ◊   A Gaza devono cessare le violazioni della vita e dei diritti umani. Devono essere garantiti inoltre il carburante, i medicinali e gli altri servizi essenziali. E’ quanto ha ribadito il reverendo Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese. Kobia – riferisce l’agenzia Misna - condanna anche senza riserve gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza. Il cammino verso la pace – ha poi detto Kobia – “è aperto ma vuoto”. Secondo il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, i governi che usano o permettono il ricorso alla forza militare devono invece negoziare “una pace durevole nella giustizia”. Una delegazione composta da membri di Pax Christi Italia, Agesci Toscana e Batya, in questi giorni in visita in Israele e nei Territori Palestinesi, ha sottolineato inoltre alcune priorità. Tra queste, ci sono soprattutto la fine di ogni violenza per raggiungere al più presto una tregua e la creazione di un corridoio umanitario. Altri passi necessari indicati dalla delegazione – rende noto l’agenzia Sir - sono l’avvio di un reale dialogo tra le parti e l’interruzione dell’embargo che colpisce la popolazione ormai stremata. Si richiede infine l’intervento della comunità internazionale affinché venga imposto il rispetto degli accordi internazionali e dei diritti umani. (A.L.)

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    Mancanza di lavoro e di assistenza adeguata tra le cause di sofferenze psicologiche per i rifugiati iracheni in Giordania e Libano

    ◊   Attacchi di panico, problemi del sonno e paure di vario genere. Sono alcune delle sofferenze emotive indicate in uno studio dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) sullo stato di salute mentale dei rifugiati iracheni in Giordania e in Libano. Alla ricerca hanno partecipato oltre 200 famiglie e molti degli intervistati hanno espresso il desiderio di ritornare in Iraq. Dallo studio è emerso, inoltre, che lo stato di insicurezza vissuto dai rifugiati e la mancanza di un accesso adeguato ai servizi sociali hanno ulteriormente aggravato la situazione. La mancanza di opportunità di lavoro per queste comunità in Giordania e Libano porta poi molti rifugiati ad alternare sentimenti di rabbia e frustrazione. Un effetto di questa tendenza è l’aumento della violenza domestica. Nella maggioranza dei casi questi episodi non vengono denunciati. Ad un ricercatore una donna ha anche detto che “un’irachena correttamente educata dovrebbe tollerare ogni cosa in silenzio”. I bambini hanno mostrato difficoltà comportamentali e di apprendimento. Il rapporto raccomanda quindi “un intervento urgente” per evitare l’insorgere di problemi psicologici a lungo termine ma anche per aiutare i rifugiati nell’immediato. Ma in Giordania l’assistenza è resa difficile dalla scarsità di servizi di salute mentale. In Libano, infine, la privatizzazione di tali servizi non permette ai rifugiati iracheni di accedervi. (A.L.)

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    Mons. Joseph Wert confermato alla presidenza della Conferenza episcopale russa

    ◊   La Conferenza episcopale russa (Ccer) ha confermato come suo presidente mons. Joseph Wert, vescovo di Novosibirsk. La nomina del presule, con mandato di 3 anni - riferisce l'Agenzia Asianews - è avvenuta durante la XXVII Assemblea plenaria della Conferenza episcopale russa, svoltasi ieri ed oggi a Saratov. Oltre ai vescovi, ha partecipato ai lavori anche il Nunzio apostolico nella Federazione russa mons. Antonio Mennini e il suo segretario mons. Ante Jozic. In apertura dell’assemblea i partecipanti hanno espresso le loro congratulazioni al neo presidente della Federazione, Dmitri Medvedev, eletto domenica scorsa con il 70,23% dei consensi. I presuli auspicano che il nuovo capo di Stato possa rispondere alle speranze dei russi. L’assemblea ha affrontato diversi aspetti della vita dei cattolici in Russia - si legge in un comunicato di padre Igor Kovalevskij, segretario generale della Ccer - tra cui anche quello della politica d’informazione della Chiesa e dei rapporti con lo Stato. Oltre al presidente è stato scelto anche il suo vice, mons. Kirill Klimovich, vescovo di San Giuseppe a Irkutsk. La prossima plenaria dei vescovi russi si terrà nel novembre prossimo. (R.P.)

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    I leader ebraici accettano la proposta di dialogo di un gruppo di intellettuali musulmani

    ◊   I rappresentanti dell’ebraismo mondiale hanno accettato l’offerta di dialogo avanzata da un gruppo di intellettuali musulmani in una lettera aperta pubblicata lo scorso 25 febbraio. In un comunicato dell’International jewish committee for interreligious consultations si riconosce “la grande urgenza del nostro tempo di usare la religione come ponte tra le diverse comunità, anziché come fossato”. I leader ebraici – riferisce il quotidiano Avvenire – denunciano anche il “diffuso e pericoloso pregiudizio secondo cui esiste un’ostilità di fondo tra giudaismo ed islam”. La storia dimostra invece - affermano – quanto siano intrecciati e condivisi i rapporti tra le due fedi. Anche nella lettera degli intellettuali musulmani si ricordava che “per molti secoli le due comunità hanno convissuto e lavorato insieme pacificamente”. (A.L.)

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    Denuncia degli istituti religiosi: violenze sessuali come strumento di guerra nella Repubblica Democratica del Congo

    ◊   Non possiamo tacere di fronte alla situazione disumana e ingiustificata che continua nell’est della Repubblica Democratica del Congo. E’ quanto si legge in un comunicato dei responsabili delle Congregazioni religiose, maschili e femminili, che operano nella provincia orientale del Paese africano. Nonostante la pace firmata nel 2003 e le elezioni del 2006, l’area infatti è ancora sconvolta dalla presenza di bande e gruppi armati. A farne le spese è soprattutto la popolazione civile. Le violenze sessuali, in particolare, hanno raggiunto proporzioni allarmanti e sono considerate da molti osservatori come un vero e proprio strumento di guerra per costringere le popolazioni a lasciare le loro case. Nel documento – rende noto l’agenzia Fides – si afferma inoltre che gli abusi sessuali sono “terrificanti e innumerevoli”: costituiscono “una tragedia assimilabile ad una ‘epidemia’ il cui sradicamento deve mobilitare tutti”. I superiori maggiori lodano poi l’operato delle “numerose ONG, delle associazioni civili e delle strutture sanitarie che offrono servizi ammirevoli, e molto spesso gratuiti, a gran parte delle vittime. La Chiesa stessa ha creato diverse strutture per accogliere queste persone. Vengono infine avanzate alcune richieste per far fronte a tale drammatica situazione. Tra queste, l’applicazione degli articoli della Costituzione che prevedono di estendere la pace su tutto il territorio nazionale. Si chiede anche la riforma e il potenziamento del sistema giudiziario. (A.L.)

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    Piogge in Angola e alluvioni in Namibia causano morti e sfollati

    ◊   Almeno 42 persone sono morte e 4500 sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni nel nord e nel centro della Namibia a causa delle alluvioni provocate dalle incessanti piogge nella confinante Angola. Lo ha detto Gabriel Kangowa, capo dell'Unità di gestione delle emergenze, precisando che la maggior parte delle vittime sono bambini o anziani annegati mentre attraversavano terreni lagunari. Circa 250.000 persone – riferisce poi l’agenzia Misna - sono rimaste isolate nella regione namibiana settentrionale di Owambo e la maggior parte di loro è raggiungibile solo con gli elicotteri. Secondo Guido van Langenhove, capo del dipartimento d’idrologia, la situazione è destinata a peggiorare dal momento che nella provincia orientale angolana di Cunene piove ininterrottamente da tre settimane. Nell’area di Cuvalai, infine, le precipitazioni sono le più abbondanti degli ultimi 35 anni. (A.L.)

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    Secondo l’OMS, l’Africa occidentale può contenere l’epidemia di meningite

    ◊   L’Africa occidentale è ben preparata a contenere l’epidemia di meningite che, come ogni anno nella stagione secca, si sta diffondendo in diversi Paesi. Lo ha detto il responsabile dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), Katya Fernandez Vegas, precisando che “fino ad oggi la situazione non sembra aver raggiunto i livelli critici degli anni precedenti”. Nell’Africa occidentale – ricorda l’agenzia missionaria Misna - le vittime di meningite sono almeno 422 dall’inizio dell’anno. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, Burkina Faso, Mali e Benin hanno adeguate forniture di dosi di vaccino. Solo in Costa d’Avorio – osserva l’OMS – la vaccinazione rischia di essere difficoltosa a causa delle tensioni nelle regioni settentrionali. (A.L.)

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    Dall’Unione Europea 160 milioni di euro per combattere la fame nel mondo

    ◊   L’Unione Europea ha annunciato ieri lo stanziamento di almeno 160 milioni di euro per fornire aiuti alimentari in favore dei Paesi più poveri del mondo. Si stima siano più di 19 milioni le persone che potranno beneficiare di tali aiuti. Alcune delle aree interessate sono l’Africa subsahariana, l’Africa del Nord, il Medio Oriente, l’Asia e l’America Latina. La lista dei Paesi che possono beneficiare di tali aiuti – spiega l’agenzia SIR - è definita dalla Commissione stessa mediante un monitoraggio dettagliato e costante delle singole realtà locali. Tra i beneficiari degli interventi, si trovano gruppi di rifugiati, comunità di accoglienza che ricevono popolazione migrante, famiglie ritornate nella propria terra dopo essere state allontanate per ragioni militari o per alluvioni o carestie. “La priorità sarà rivolta in ogni caso – spiega una nota della Commissione – ai bambini e alle giovani madri”. Materialmente gli aiuti vengono portati mediante ONG operanti nei diversi paesi e Croce rossa internazionale, in accordo con l’azione dell’ONU e sotto diretta sorveglianza degli uffici dell’UE. (A.L.)

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    Tagikistan: i cattolici aiutano i poveri del Paese a sopravvivere al freddo polare

    ◊   Una folla di quasi 100 anziani si sono radunati lungo i cancelli della residenza delle suore cattoliche a Dushanbe, capitale del Tagikistan, per ricevere gli aiuti della Chiesa locale e delle organizzazioni internazionali. Il 18 febbraio è stato il primo di tre giorni dedicati alla distribuzione del cibo e altri beni essenziali avvenuta alla casa dei Servi del Signore e della Vergine Maria di Matara. Caritas Tagikistan e i responsabili sociali della Chiesa cattolica, riferisce l'Agenzia AsiaNews, hanno lavorato insieme all’organizzazione internazionale Care International e all’organizzazione della Chiesa statunitense, Servizi di aiuto cattolico (CRS). Ne hanno beneficiato circa 350 anziani ed altri bisognosi colpiti dalle temperature freddissime che hanno causato la mancanza di elettricità nelle case. Non succedeva da 25 anni di assistere ad un calo così drastico nelle temperature che quest’anno sono precipitate vertiginosamente fino a toccare i 25° sotto lo zero. I fiumi sono congelati riducendo la disponibilità dell’acqua che gli impianti idrici usano per produrre energia elettrica nelle case. Care, CRS e Caritas hanno unito le risorse e distribuito ad ognuno dei 350 bisognosi - in gran parte anziani, invalidi e persone sole” - un sacco di farina da 50 chili, cereali, pasta, olio per cucinare, borsa dell’acqua calda, thermos e candele. (R.P.)

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    India: per combattere la pratica dei feticidi femminili, tremila dollari alle famiglie povere di 7 Stati dell'Unione

    ◊   Il governo indiano offrirà circa 3mila dollari alle famiglie povere che decidono di crescere le proprie figlie. Il progetto mira a scoraggiare la diffusa pratica dell’infanticidio femminile, che ha portato ad uno squilibrio sessuale in diverse zone dell’Unione. Dal 1994, in India l’aborto selettivo è vietato, ma la pratica continua tuttora nell’illegalità, precisa l'Agenzia AsiaNews. Secondo una ricerca pubblicata nel 2006 dalla rivista medica britannica Lancet, negli ultimi 20 anni nel Paese mancano all’appello 10 milioni di femmine non nate. Nella cultura indiana, un maschio è preferito perché trasmette il nome, diventa fonte di guadagno e può occuparsi dei genitori quando invecchiano, mentre la femmina è destinata a lasciare la famiglia e inoltre costa, per la dote che deve ricevere al momento delle nozze. Negli Stati più colpiti dal fenomeno, come il Punjab, il rapporto delle nascite maschio/femmina è di 1000:793. Secondo il nuovo programma governativo, le famiglie povere di 7 Stati riceveranno, in diverse rate, il sussidio economico: la prima tranche, in contante, al momento della nascita della figlia e poi le altre fino a 18 anni. Renuka Choudhry, ministro indiano per lo Sviluppo delle donne e del bambino, si augura che l’iniziativa incoraggi le famiglie a guardare le proprie figlie come a “una risorsa e non come a un vincolo, un peso”. Dal canto loro attivisti per i diritti umani auspicano che il provvedimento interessi presto non solo i poveri. (R.P.)

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    Premiato a Bangkok padre Giovanni Zimbaldi, missionario in Myanmar e Thailandia

    ◊   E’ tra i cinque missionari premiati ieri con la stella del merito della Repubblica all’ambasciata italiana di Bangkok: si tratta di padre Giovanni Zimbaldi, del Pontificio istituto missioni estere (PIME). Ordinato sacerdote nel 1953 parte cinque anni dopo per Kengtung, in Myanmar, dove resta fino al 1966 quando il governo birmano sospende il rinnovo dei visti annuali a tutti gli stranieri. Nel 1972 è tra quanti inaugurano la nuova missione in Thailandia. L’obiettivo è di dare un esempio di agricoltura biologica alla gente perché possa imparare tecniche che rispettino l’ambiente. Contemporaneamente – ricorda l’agenzia Sir – padre Giovanni ha promosso l’apertura di due ostelli in cui risiedono oltre 100 bambini e ragazzi. A loro vengono insegnati i metodi dell’agricoltura biologica, che evitano l’uso di pesticidi chimici dannosi. (A.L.)

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    A Timor Est la Chiesa impegnata nella mediazione con i gruppi ribelli per promuovere una pace autentica

    ◊   Dialogo, pentimento, riconciliazione, pacificazione nazionale: sono questi i binari lungo i quali è impegnata, nella difficile situazione di tensione politica e sociale, la Chiesa cattolica a Timor Est. Nella storia della piccola repubblica asiatica, a larga maggioranza cattolica, la Chiesa si è sempre impegnata per la pace ed il bene comune. Attualmente, grazie agli sforzi di mediazione di leader cattolici, sembra essersi aperto uno spiraglio per la riconciliazione della popolazione. Alcuni leader dei ribelli hanno lasciato trapelare la disponibilità a fare ammenda pubblica. Alcuni – precisa l’agenzia Fides - si sono già arresi e consegnati alle forze dell’ordine. La speranza è che l’intero gruppo di militari ribelli consegni le armi e abbandoni i propositi di sovversione, aprendo una nuova fase di pace. Il governo si è anche detto pronto a perdonare i ribelli, reintegrandoli nelle loro funzioni di soldati. La Repubblica Democratica di Timor Est è nata ufficialmente il 20 maggio 2002, dopo un periodo sotto l'amministrazione transitoria delle Nazioni Unite. A Timor oltre il 90% della popolazione si professa cattolica. Oltre a servire i bisogni spirituali degli oltre 665.000 fedeli nelle diocesi di Dili e Baucau, la Chiesa a Timor Est fornisce servizi sociali e sanitari e coordina programmi di sviluppo per gli agricoltori. Fra le sfide della neonata nazione vi è la ricostruzione di infrastrutture, scuole, ospedali e di una burocrazia efficiente per i diversi settori della vita pubblica. (A.L.)

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    Turchia: chiusa ad Antiochia la Grotta di San Pietro per la caduta di massi che minacciano la sicurezza dei visitatori

    ◊   Dal primo marzo è stata chiusa al pubblico ad Antiochia, nel sud della Turchia, la nota Grotta di San Pietro, un incavo naturale sul fianco occidentale del Monte Stauris in cui, secondo la tradizione, l’apostolo avrebbe riunito la prima comunità dei discepoli che, proprio ad Antiochia, furono detti cristiani. Il provvedimento è stato preso in seguito alla caduta di alcuni massi che minacciano la sicurezza dei visitatori. La direzione del Museo (per il governo turco la Grotta è solo un museo) ha affidato i lavori di imbrigliamento a una ditta specializzata di Adana. Ma, secondo il cappuccino padre Domenico Bertogli, parroco della piccola comunità cattolica cittadina, il semplice imbrigliamento non sarà sufficiente. Quindi, non si sa quando la Grotta potrà essere riaperta. Si tratta di un grave disagio per le migliaia di pellegrini che la visitano ogni anno. La Grotta, lunga 13 metri, larga 9,50 e alta poco più di 7, fu prolungata di alcuni metri dai crociati che costruirono anche i due archi che la congiungono alla facciata. Della primitiva costruzione rimangono ancora sul pavimento tracce di mosaico e affreschi quasi invisibili sul lato destro dell’altare, affreschi che una volta coprivano probabilmente l’intera parete di fondo. Piena di antichi simboli cristiani, la Grotta è luogo caro a tutti gli abitanti di Antiochia, compresi i musulmani, che il giorno della festa di San Pietro vi accorrono a prendere il pane benedetto e a bere l’acqua “miracolosa” che portano anche ai malati. Più cara è alle comunità ortodossa e cattolica, che vi celebrano sempre insieme il Natale e la Pasqua. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Si terrà sabato a Siena un convegno sul messaggio di speranza dei Santi Patroni d’Europa

    ◊   “Anima Europae: Le radici cristiane dell’Europa e il messaggio spirituale dei Santi Patroni del Continente”. E’ il tema del convegno che si terrà sabato prossimo a Siena nella cripta della Basilica di San Domenico. L’incontro, organizzato dall’Associazione internazionale dei Caterinati in collaborazione con i padri domenicani di Siena e con il patrocinio della COMECE, vuole mettere in luce la “missione” ed il “messaggio di speranza” dei Santi Compatroni per contribuire alla costruzione di “un’Anima per l’Europa”. I lavori – riferisce l’agenzia Fides - verranno aperti da mons. Antonio Buoncristiani, arcivescovo di Siena, Colle di Val d’Elsa - Montalcino. La relazione introduttiva sulle “radici cristiane dell’Europa” sarà tenuta dal professor Giuseppe Dalla Torre, Rettore della LUMSA. Seguiranno le relazioni dei rappresentanti, a vario titolo, delle Famiglie Religiose dei Compatroni. Nel corso del convegno mons. Giuseppe Merisi, Vescovo di Lodi, delegato della CEI presso la COMECE, illustrerà inoltre la richiesta di annoverare, tra i Patroni d’Europa, anche il monaco irlandese San Colombano. In occasione del convegno, verranno infine inaugurate sei grandi vetrate raffiguranti i Patroni d’Europa. (A.L.)

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    Formazione delle coscienze, condivisione, evangelizzazione: tre anni di vita per “Radio Don Bosco” nelle Isole Salomone

    ◊   Nelle Isole Salomone “con Radio Don Bosco abbiamo dato ai giovani e a tutti i membri delle diverse comunità e villaggi la possibilità di esprimersi, di raccontarsi, di mettere in gioco le proprie potenzialità. Il nostro scopo è proprio quello di rafforzare la comunità”. Padre Ambrose Pereira, salesiano e direttore dell’ufficio comunicazioni della Chiesa nel Paese dell’Oceania sottolinea con queste parole la preziosa opera dell’emittente cattolica tre anni dopo la sua fondazione. Le trasmissioni dell’emittente, creata e gestita dalla comunità dei missionari salesiani nelle Salomone, ha avviato le trasmissioni il 2 marzo del 2005. In questi anni – sottolinea l’agenzia Fides - si è guadagnata la stima della popolazione, specialmente del pubblico giovanile. Il palinsesto prevede programmi di attualità, approfondimento, religione, ma anche intrattenimento e musica. (A.L.)

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    Nasce H2onews, il primo servizio di informazione cattolica per radio, emittenti televisive e siti web

    ◊   L’obiettivo è di realizzare e distribuire gratuitamente ogni giorno a televisioni, siti web e radio cattoliche, notizie anche in formato audio e video sulla vita della Chiesa. Lo strumento per rendere concreta questa proposta è “H2onews”, il nuovo servizio di informazione cattolica presentato ieri a Roma”. Si tratta di una piattaforma digitale – sottolinea l’agenzia Sir – che intende creare un movimento cooperativo con la partecipazione di media cattolici, tra cui Radio Vaticana ed il Centro Televisivo Vaticano. L’iniziativa – ha detto mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali – “è seguita con simpatia” dalla Santa Sede. Jesus Colina, responsabile editoriale, ha annunciato infine a breve la nascita di una sorta di ‘You tube’ cattolica dove tutti potranno condividere video e servizi. Per ulteriori informazioni, si può consultare il sito www.H2onews.org (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: per la Rice, israeliani e palestinesi sono pronti a riprendere i negoziati di pace

    ◊   Israeliani e palestinesi sono pronti a riprendere i negoziati di pace per il Medio Oriente, ma è difficile stabilire quando. Lo ha detto, dopo una serie di incontri, il segretario di Stato americano, Condollezza Rice, giunta nell’area dopo la violenta offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, costata la vita a 100 persone: tra queste, anche una bambina di un mese. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha però precisato che prima che ripartano i colloqui di pace è necessaria la tregua nei territori. Intanto, oggi, il premier israeliano, Olmert, ha convocato il Consiglio di difesa per fare il punto sulle operazioni dell’esercito ebraico nella Striscia di Gaza. L’intenzione è quella di proseguire l’azione militare contro Hamas fino a quando continueranno i lanci di razzi sulle città israeliane, che anche stamani sono proseguiti senza provocare morti.

    Petrolio-OPEC
    Nessun incremento nella produzione di greggio. E’ quanto assicura l’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, nella riunione di oggi a Vienna. Per il presidente, Chakib Khelil, il mercato è ben fornito e c’è anche una certa stabilità. La decisione è stata criticata dal presidente americano, George W. Bush, che ha invitato l’OPEC a prendere provvedimenti per controllare i prezzi del greggio. Intanto, gli Stati membri del cartello petrolifero hanno deciso di tenere una riunione straordinaria prima del mese di settembre.

    Iran-nucleare
    Nuova sortita del presidente iraniano, Ahmadinejad, nei confronti del Consiglio di sicurezza dell’ONU che ha promosso ulteriori sanzioni contro Teheran per il suo programma nucleare. La risoluzione viene definita “senza valore” dal numero uno della Repubblica islamica, che già ieri aveva annunciato la prosecuzione delle attività di arricchimento dell’uranio. Inoltre, Ahmadinejad ha chiuso qualsiasi possibilità di negoziato, escludendo anche nuovi colloqui tra l’Iran e l’Unione Europea.

    Russia-Ucraina-gas
    Rassicurazioni all’Europa sono venute dall’Ucraina, impegnata in un braccio di ferro con il colosso energetico russo Gazprom, che rivendica mancati pagamenti e che ha già dimezzato le forniture di gas verso Kiev. Il premier ucraino, Timoshenko, ha precisato che verranno rispettati gli impegni di esportazione verso i Paesi europei. Fonti di Gazprom rivelano invece che Kiev sta già pianificando una riduzione delle forniture di gas verso l'Unione Europea.

    Ossezia del sud-indipendenza
    Dopo il Kosovo anche l’Ossezia del sud, regione della Georgia, ha chiesto alla Russia, all’Unione Europea e all’ONU il riconoscimento della propria indipendenza, appellandosi al diritto delle nazioni all’autodeterminazione. L’Ossezia, si legge in un documento, intende affidare un ruolo esclusivo a Mosca nelle decisioni riguardanti la sua popolazione a maggioranza russa. Intanto, in settimana è attesa una mossa simile da parte del parlamento dell'Abkhazia, la provincia separatista formalmente sotto sovranità georgiana.

    Irlanda del Nord
    Ian Paisley, leader storico del movimento unionista dell’Ulster Dup e attuale primo ministro del governo locale dell'Irlanda del Nord, ha annunciato che si dimetterà in maggio da entrambe le cariche. Paisley, 82 anni ad aprile, dal maggio 2007 era premier del governo condiviso tra unionisti e repubblicani, rinato dopo cinque anni di sospensione dell'assemblea di Stormont. Le dimissioni, ha spiegato, avverranno dopo la Conferenza degli investitori per l’Ulster, in programma il 6 e 7 maggio a Belfast. Il premier britannico, Gordon Brown, ha ringraziato Paisley per il suo contributo al processo di pace. Ma quale eredità lascia al suo successore? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Paolo Romani, esperto di Ulster del settimanale “Famiglia Cristiana”:


    R. - L’eredità che lascia è un’eredità singolare, perché Jan Paisley, che era veramente noto per la sua intransigenza, inspiegabilmente aveva fatto un cambiamento di rotta un po’ più di un anno fa, accettando di condividere il governo dell’Irlanda del Nord con i repubblicani, che erano i suoi nemici giurati. Tra l’altro, aveva anche accettato di avere al suo fianco come vice-primo ministro un ex-militante dell’IRA, Martin McGuinness. Ad ogni modo, l’eredità che lascia è sostanzialmente positiva: in fin dei conti, ha spianato la strada per un’evoluzione favorevole della situazione in Irlanda del Nord.

     
    D. - Si può pensare a questo punto ad un futuro, dunque, di maggiore distensione?
     
    R. - Sì. Anche se ormai la distensione l’aveva realizzata proprio Jan Paisley, l’uomo che meno di tutti, nell’immaginario collettivo, avrebbe adottato posizioni così concilianti. Quindi, ormai, il grosso della strada è stato fatto.

     
    D. - Quali saranno le prime mosse che dovrà fare il successore di Paisley?

     
    R. - Dovrà gestire questa politica di investimenti che l’Irlanda del Nord si sforza in tutti i modi di attirare: capitali stranieri, molti dei quali dovrebbero venire dagli Stati Uniti o addirittura dai Paesi emergenti. Si parla di investimenti cinesi e di investimenti indiani. Non a caso, Paisley ha annunciato che si dimetterà subito dopo questa Conferenza degli investitori.

    Colombia-Venezuela
    Non accenna a diminuire la tensione in America Latina. Colombia, Ecuador e Venezuela continuano le schermaglie diplomatiche dopo l’attacco dell’esercito colombiano contro una base delle FARC, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, in territorio ecuadoregno. Nel bombardamento, ha perso la vita il numero due della guerriglia, Raul Reyes, impegnato nelle trattative per la liberazione di Igrid Betancour. Intanto, il vicepresidente della Conferenza episcopale venezuelana, mons. Roberto Luckert, ha annunciato la preparazione di un incontro dei vescovi delle tre nazioni allo scopo di coordinare azioni pastorali in favore della pace e del dialogo. Il servizio di Maurizio Salvi:


    Quando sembrava che dalle minacce si stesse passando alla diplomazia, le autorità di Bogotà hanno deciso di divulgare il contenuto di computer presumibilmente appartenuti a Reyes, dai quali emergono costanti contatti dell’Ecuador con esponenti delle FARC e ingenti finanziamenti di Caracas alla guerriglia. E se ciò non bastasse, prendendo a pretesto accuse di Hugo Chavez alla Colombia di praticare il terrorismo di Stato e la disposizione di chiudere le frontiere, il presidente Alvaro Uribe ha deciso di denunciare il capo dello Stato venezuelano davanti alla Corte penale internazionale per patrocinio e finanziamento di genocidi, ossia delle FARC, considerate dai colombiani né più né meno che una banda di narcoterroristi. In questo ambito, durante il giro in cinque Paesi che oggi fa tappa in Brasile, il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha ammesso i contatti con la guerriglia e Reyes, rivelando che essi stavano portando ad una possibile liberazione di ostaggi e dell’ex candidata presidenziale, Ingrid Betancourt. (Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana)

     
    Italia-politica
    In attesa di conoscere la lista dei candidati del Popolo della Libertà, fa discutere quella del Partito democratico (PD). I radicali accusano Walter Veltroni di aver tradito i patti. Intanto, tra il leader del PD e quello del PDL, Silvio Berlusconi, è polemica a distanza sui sondaggi. Servizio di Giampiero Guadagni:


    Sono due scenari completamente diversi quelli disegnati in queste ore da Veltroni e Berlusconi. Il candidato premier del Partito democratico parla di uno svantaggio ridotto a 4-7 punti, ipotizza il pareggio al Senato, quindi larghe intese per le riforme e poi il ritorno alle urne. Il candidato premier del Popolo della Libertà non sembra invece avere dubbi sulla vittoria elettorale: presenta sondaggi che confermano un divario di dieci punti, si impegna a non ricandidarsi più in futuro per Palazzo Chigi e intanto annuncia un nuovo contratto con gli italiani. Berlusconi sottolinea poi la coincidenza tra le sue priorità e quelle manifestate nei giorni scorsi dal presidente di Confindustria, Montezemolo. Ma a differenza del leader degli industriali, Berlusconi dichiara piena disponibilità ad un accordo sul decreto che riguarda la sicurezza sul lavoro. Il provvedimento sarà varato domani dal governo, anche in seguito all’ultima tragedia di Molfetta in cui hanno perso la vita cinque operai. Da parte sua, Veltroni deve fare i conti con i Radicali che lo accusano di aver tradito il patto sulle candidature, rimarcando che la predisposizione delle liste mette a rischio elezione tre dei loro nove candidati. Marco Pannella ha annunciato per questo uno sciopero della sete. Ma, dice, non faremo al PD il favore di rinunciare all’accordo. E dopo aver espresso grande preoccupazione appunto per l’alleanza tra PD e Radicali, il settimanale “Famiglia Cristiana” accende i riflettori sul Popolo delle Libertà, criticando Berlusconi per aver definito il suo partito “anarchico”, nel senso che non ha una posizione ufficiale su molti temi di rilevanza etica e lascia tutto alla libertà di coscienza dei singoli. Per il settimanale dei Paolini, la libertà di coscienza deve essere considerata una extrema ratio e rischia di mortificare i candidati cattolici del PDL. Tuttavia, per “Famiglia Cristiana” non sono segnali buoni neppure quelli che arrivano dal centro, a causa di alcune candidature espresse dall’UDC di Casini.(Per la Radio Vaticana Giampiero Guadagni)

    Cina-miniera
    Ancora un incidente in una miniera di carbone in Cina. Almeno 17 persone hanno perso la vita per soffocamento nella provincia nordorientale di Liaoning. In salvo tredici operai. Si tratta solo dell’ultimo episodio di una lunga serie: fonti ufficiali hanno stimato siano circa 3.800 le vittime di incidenti nelle miniere soltanto lo scorso anno. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 65

     
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