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Sommario del 03/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai salesiani: portate Cristo ai giovani vincendo mediocrità, imborghesimento e secolarismo
  • I vescovi del Guatemala da Benedetto XVI per la visita "ad Limina": la povertà e la difesa della vita, le grandi sfide della Chiesa nel Paese centroamericano
  • Altre udienze
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Presidenziali in Russia: l'opposizione contesta la larga vittoria di Medvedev, delfino di Putin
  • Riesumato il corpo di San Pio da Pietrelcina: intervista con mons. D'Ambrosio
  • Salvare le donne dalla schiavitù della prostituzione: la testimonianza di suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’ufficio antitratta dell’USMI
  • Al via a Roma gli incontri quaresimali sulle figure dei Santi
  • Chiesa e Società

  • Proseguono le trattative per la liberazione dell’arcivescovo caldeo di Mossul
  • Primo rapporto annuale sulla libertà religiosa in Corea del Nord
  • Aperta l’assemblea dei vescovi spagnoli
  • I vescovi algerini: cristiani sempre più alle strette nel Paese
  • Pellegrinaggio di solidarietà dei vescovi svizzeri in Terra Santa
  • In Uganda primo impianto per la produzione di medicinali contro malaria e AIDS
  • Riaprono le scuole in Afghanistan: mancano strutture, docenti e sicurezza
  • Settima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra
  • In Micronesia, molti giovani della remota isola di Guam parteciperanno alla GMG
  • Grande partecipazione sabato a Locri al corteo contro la 'ndrangheta
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’esercito israeliano lascia la Striscia di Gaza dopo 6 giorni di sanguinosissimi scontri e 111 palestinesi uccisi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai salesiani: portate Cristo ai giovani vincendo mediocrità, imborghesimento e secolarismo

    ◊   Anche in questo nostro tempo, rendete attuale e fecondo il carisma di Don Bosco consacrandovi senza riserve a Dio e ai giovani: è l’esortazione di Benedetto XVI ai salesiani nel messaggio al Rettore Maggiore Pascual Chávez Villanueva, in occasione del 26.mo Capitolo generale, i cui lavori si sono aperti oggi a Roma. Nel documento, il Papa si sofferma sulle grandi sfide dell’educazione e dell’evangelizzazione, che sin dalla nascita caratterizzano l’attività apostolica della Famiglia Salesiana. Il servizio di Alessandro Gisotti:


    “Una profonda spiritualità, l’intraprendenza creativa, il dinamismo apostolico, la laboriosità instancabile, l’audacia pastorale e soprattutto” il “consacrarsi senza riserve a Dio e ai giovani”: i salesiani, scrive Benedetto XVI, devono sempre tener a mente questi tratti distintivi del loro fondatore Don Bosco. Quando si rinuncia a tutto per seguire il Signore, sottolinea il Papa, si diventa “segno di contraddizione”, perché il modo di pensare e di vivere della persona consacrata finisce per trovarsi spesso in contrasto con la logica del mondo”. Ma ciò, rileva, “è motivo di conforto perché testimonia che il suo stile di vita è alternativo rispetto alla cultura del tempo”. A questo fine, avverte, bisogna “vigilare sui possibili influssi del secolarismo” superando un “modello liberale di vita consacrata e conducendo un’esistenza tutta centrata sul primato dell’amore di Dio e del prossimo”.

     
    Ha poi rivolto il pensiero all’evangelizzazione, definita la “principale e prioritaria frontiera” della missione dei salesiani. “Nelle situazioni plurireligiose ed in quelle secolarizzate – è l’invito di Benedetto XVI – occorre trovare vie inedite per far conoscere, specialmente ai giovani, la figura di Gesù, affinché ne percepiscano il perenne fascino”. Centrale è dunque “l’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo, insieme con l’appello alla conversione, all’accoglienza della fede e all’inserimento nella Chiesa”. Una parte consistente del Messaggio, il Pontefice la dedica alla pastorale giovanile, indicando in particolare l’apporto dell’educazione nel campo dell’evangelizzazione dei giovani. Senza educazione, avverte, “non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è crescita e maturazione”, né si può promuovere un “cambio di mentalità e di cultura”.

     
    I giovani, costata il Papa, “nutrono desideri profondi di vita piena, di amore autentico, di libertà costruttiva; ma spesso purtroppo le loro attese sono tradite e non giungono a realizzazione”. E’ allora “indispensabile aiutare i giovani a valorizzare le risorse che portano dentro come dinamismo e desiderio positivo; metterli a contatto con proposte ricche di umanità e di valori evangelici”. Ciò, prosegue, “richiede a chi li guida di allargare gli ambiti dell’impegno educativo con attenzione alle nuove povertà giovanili, all’educazione superiore, all’immigrazione; richiede inoltre di avere attenzione alla famiglia e al suo coinvolgimento”.

     
    I giovani, scrive ancora, sono “sensibili a proposte di impegno esigente, ma hanno bisogno di testimoni e guide che sappiano accompagnarli nella scoperta e nell’accoglienza di tale dono”. Benedetto XVI non manca di lodare il lavoro di ricerca e formazione svolto nella Pontificia Università Salesiana, dove, ricorda, si sono formati anche alcuni tra i suoi più stretti collaboratori. E invita l’ateneo a dare il suo contributo sul punto nodale della questione antropologica. Il Papa ribadisce che “in un tempo di frammentazione e di fragilità qual è il nostro, è necessario superare la dispersione dell’attivismo e coltivare l’unità della vita spirituale attraverso l’acquisizione di una profonda mistica e di una solida ascetica”. Ed aggiunge: “La lectio divina e l’Eucaristia, vissute quotidianamente, sono luce e forza della vita spirituale del salesiano consacrato”. Il Papa esorta i salesiani a condurre “una vita semplice, povera, sobria, essenziale e austera”: questo li aiuterà “ad irrobustire la loro risposta vocazionale, di fronte ai rischi e alle minacce della mediocrità e dell’imborghesimento” e “li porterà ad essere più vicini ai bisognosi e agli emarginati”. Il messaggio si conclude con l’incoraggiamento del Papa ai salesiani ad essere sempre più “segni credibili dell’amore di Dio ai giovani”, affinché le nuove generazioni siano davvero speranza della Chiesa e della società.

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    I vescovi del Guatemala da Benedetto XVI per la visita "ad Limina": la povertà e la difesa della vita, le grandi sfide della Chiesa nel Paese centroamericano

    ◊   E' iniziata stamane la visita "ad Limina" dei vescovi del Guatemala, il Paese latinoamericano con alle spalle una storia sofferta per la conquista della democrazia: già colonia spagnola, indipendente dal 1839, sottoposta a vari regimi militari dittatoriali, percorsa da guerre civili, tornata nel 1985 ad un governo civile, contestato a più riprese dai militari, fino all’accordo di pace del 1996; due anni dopo l’assassinio di uno dei suoi principali artefici, mons. Juan José Gerardi, ausiliarie e vicario generale di Città del Guatemala, strenuo difensore dei diritti umani. Oggi, questa nazione - già visitata tre volte da Giovanni Paolo II – cerca di risalire, fra molti ostacoli, la via dello sviluppo democratico ed il rilancio economico. Alina Tufani del nostro programma ispano-americano ha intervistato il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, arcivescovo della capitale, ricevuto in udienza dal Papa, accompagnato da altri sette presuli del suo Paese.


    D. – Eminenza, sono tante le sfide della Chiesa in Guatemala. A suo giudizio, quali sono le più urgenti?

     
    R. – Mi sembra che siano quattro. La prima, è la povertà della nostra gente, dei nostri fratelli. Il 60 per cento della popolazione guatemalteca si trova in una situazione di povertà. La seconda sfida è quella posta dalla diffusione delle sette neopentecostali. La terza mi sembra sia una vera inculturazione del Vangelo tra le etnie indigene. Noi abbiamo 22 etnie differenti nella nazione. E, infine, una sfida per arrivare ad una Chiesa più matura, che difenda la vita.

     
    D. – Come lei ha detto, il Guatemala è una nazione con una grande diversità culturale, che oggi soffre anche del proselitismo delle sette ed anche dei problemi globali, come la secolarizzazione e il relativismo. Come realizzare questa nuova evangelizzazione e, nel caso del Guatemala, l’inculturazione del Vangelo?

     
    R. – Prima di tutto, bisogna riconoscere che le etnie indigene da noi non sono un problema, sono piuttosto, come diciamo in spagnolo, un “desafio”, una sfida, perchè questa cultura indigena ha veramente molti, moltissimi valori. Dobbiamo riconoscerli, scoprirli e, soprattutto, valorizzarli, perché gli indigeni sono stati sempre considerati come cittadini di seconda classe. Certo bisogna sempre approfondire la fede cristiana. Questa è una sfida pastorale. Ma io questo lo vedo non come un problema ma come una sfida. Anzi, io ora al Pontificio Consiglio della Cultura terrò una piccola conferenza sul secolarismo e le sette fondamentaliste. Dobbiamo guardare al futuro con molto ottimismo.

     
    D. – Eminenza, come lei ha detto c’è un’urgenza nella lotta per la difesa della vita in Guatemala di fronte a progetti di legge come la pianificazione familiare, l’aborto. Quali sone le prospettive?

     
    R. – Bisogna distinguere tra il Congresso della Repubblica ed il governo. Questo governo vuol fare qualcosa di nuovo nell’ambito della solidarietà. Speriamo! Speriamo che possano veramente fare tutto quello che hanno promesso nella campagna politica. Ma nel Congresso abbiamo avuto dei problemi con queste leggi ambigue, che praticamente aiutano l’aborto. Speriamo di non avere altri problemi. Ma noi vescovi siamo chiari in questo senso, per difendere la vita a qualsiasi prezzo.

     
    D. – Forse una delle preoccupazioni più recenti della Chiesa e di tante altre istituzioni è stata la reintroduzione dell’applicazione della pena di morte nel Paese, un passo indietro rispetto alla decisione presa dal governo precedente, che a dicembre scorso ha votato nell’assemblea dell’ONU a favore della moratoria della pena capitale. Che sta succedendo?

     
    R. – Noi siamo totalmente contro questa reintroduzione della pena di morte. Non è così per tutte le denominazioni non cattoliche, ma alcune hanno già detto di no. Comunque, speriamo che il governo faccia il suo dovere, soprattutto il presidente e il vice-presidente, perché hanno ancora il diritto di porre il veto alla legge. Soprattutto devono guardare alla reazione avversa di tutta la comunità internazionale, perché lei ha ragione, il governo scorso ha approvato la moratoria alle Nazioni Unite. Noi siamo pronti a difendere sempre la vita.

     
    D. - Circa una settimana fa il presidente Alvaro Colom ha annunciato l’apertura degli archivi militari che permetteranno di conoscere la sorte di più di 50 mila scomparsi nei 36 anni di una guerra civile che costò la vita a più di 200 mila persone. Lei considera che questa misura permetterà di risolvere il problema della impunità?

     
    R. – Spero di sì, spero soprattutto che questi archivi non siano già stati distrutti.

     
    D. - Il prossimo 26 aprile si compiono dieci anni dall’assassinio di mons. Juan José Gerardi. Mons. Gerardi sosteneva che la verità sul conflitto armato avrebbe aperto il cammino del perdono e la riconciliazione nel Paese. Questa stessa verità lo portò alla morte due giorni dopo la presentazione della relazione “Guatemala mai più”, in cui si tracciava una memoria storica di migliaia di casi di violazione dei diritti umani, durante la guerra. Come sarà commemorato questo decimo anniversario?

     
    R. – Si prepara una grande celebrazione, soprattutto da parte del nostro Ufficio diritti umani dell’arcivescovado. Verrà fuori una bella pubblicazione dove siamo chiaramente disposti al perdono, ma vogliamo sapere chi dobbiamo perdonare e per che cosa dobbiamo perdonarlo. Siamo veramente disposti a tutto questo. Il lavoro che ha fatto mons. Gerardi è veramente un lavoro straordinario, perché almeno adesso si sa che cosa è successo. Dobbiamo andare avanti per cercare la riconciliazione del popolo guatemalteco.

     
    D. – Lei è stato un testimone di primo piano della storia della Chiesa latino-americana degli ultimi 50 anni. Alla luce di questa storia, come vede i risultati della quinta Conferenza di Aparecida?

     
    R. – Ha una grande importanza soprattutto per l’evangelizzazione. E’ stata veramente una riunione meravigliosa. Si cominciano già a vedere i frutti in tutte le diocesi. È stato veramente un momento di grazia per la Chiesa in America Latina e soprattutto per l’impegno con i più poveri.

     
    D. – Infine, quali sono le aspettative dei vescovi del Guatemala per questa visita ad Limina?

     
    R. – Prima di tutto l’incontro personale con il successore di Pietro è sempre una grazia speciale del Signore. Dobbiamo stare attenti a quello che ci dice il Santo Padre, perché queste direttive del Santo Padre certamente vanno accolte da noi vescovi nel nostro programma generale di azione pastorale nella Chiesa del Guatemala.

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    Altre udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana. Questo pomeriggio il Papa riceverà il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una pedagogia cristiana attuale per rispondere all’emergenza educativa: nell’informazione religiosa, il messaggio del Papa ai salesiani (riuniti nel capitolo generale), in cui sottolinea il loro contributo originale e specifico alla formazione dei giovani.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le elezioni presidenziali in Russia. Continuerò le politiche di Putin, afferma il nuovo capo dello Stato Medvedev.

    Il neonato va sempre soccorso: in cultura, un articolo di Assuntina Morresi sul documento approvato, venerdì scorso, dal Comitato nazionale di bioetica.

    Un saggio di Enrico dal Covolo dal titolo “Crediamo nella verità, non nelle consuetudini”: il colloquio a tutto campo tra filosofia antica e sapienza teologica.

    Antonio Paolucci sul grande protagonista del Rinascimento italiano, il Pinturicchio, nato 550 anni fa. L’introduzione di Francesco Buranelli al catalogo della mostra allestita a Perugia e a Spello.

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    Oggi in Primo Piano



    Presidenziali in Russia: l'opposizione contesta la larga vittoria di Medvedev, delfino di Putin

    ◊   In Russia, Dmitrij Medvedev, delfino di Putin, si è affermato nettamente alle elezioni presidenziali, svoltesi ieri nel Paese, ottenendo oltre il 70% dei voti. Staccatissimi tutti gli altri candidati: il comunista Zjuganov, con meno del 18%, e l’ultranazionalista Zhirinovskij con poco più del 9%. Ma l'opposizione contesta la regolarità del voto e anche la missione parlamentare del Consiglio d'Europa avanza dubbi sui risultati elettorali. Il presidente Bush invece si è detto pronto a collaborare con il nuovo leader russo, mentre il presidente della Commisione europea Barroso si è congratulato per la sua vittoria. D'altra parte il tanto temuto astensionismo non si è registrato. Da Mosca ce ne parla Giuseppe D'Amato.


    L’affluenza alle urne è stata del 69,61%, di ben 5 punti superiore alle precedenti presidenziali del 2004. L’opposizione comunista e quella liberale contestano duramente queste elezioni. E’ usata assai frequentemente la parola “farsa”. Vengono additati i dati provenienti dal Caucaso. Oggi marcia di protesta in varie città. La delegazione degli osservatori dei Parlamenti europei ha dichiarato che queste consultazioni non sono state libere. Indignata è stata la reazione della Commissione elettorale russa, con polemica annessa. Il cambio della guardia al Cremlino avverrà il 7 maggio, quando verrà modificata anche la composizione del governo. Il 42enne neo-presidente ha scalato l’establishment del potere al fianco di Vladimir Putin. E’ stato la sua ombra fin dagli inizi degli anni Novanta. Condividevano la stessa grande scrivania nella sala di ricevimento del primo sindaco democratico di San Pietroburgo, Anatolij Sobciak. Putin era il capo, Medvedev l’esecutore e l’organizzatore. Il neo-leader appartiene alla generazione di chi ha conosciuto l’URSS, già da adulto, solo con la perestrojka gorbacioviana e non ne è un nostalgico come Putin. E’ un “nuovo russo”, fattosi col lavoro duro, amante delle comodità e della tecnologia. I compiti strategici della sua presidenza sono due: migliorare la qualità della vita dei russi, combattendo la spaventosa crisi demografica e costruire le infrastrutture tanto necessarie per l’economia. (Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato)

     
    Per un commento sul voto in Russia Stefano Leszczynski ha sentito l'inviato del quotidiano "Avvenire" Luigi Geninazzi:


    R. - Medvedev ha vinto, un trionfo annunciato certamente, ma la sua percentuale – il 70 per cento dei voti, due terzi quindi dei votanti – è leggermente, di uno o due punti, inferiore a quella che prese Putin nel 2004. Qualcuno sottolinea questo fatto per indicare un fenomeno politico di sostanza che è la vera incognita di questo nuovo mandato, cioè quanto Medvedev è un uomo di Putin, un suo fantoccio, qualcuno addirittura dice, o piuttosto quanto tempo ci metterà ad uscire dall’ombra del suo mentore che l’ha voluto delfino al Cremlino.

     
    D. – Medvedev è comunque un presidente giovane: questo può far bene alla Russia?

     
    R. – Giovane per un Paese che ha un’età media abbastanza elevata, è un fatto interessante ma non dobbiamo dimenticare che già lo sconosciuto Vladimir Putin, nel 2000, aveva poco più di 45 anni. E’ una novità, invece, il fatto che Medvedev – pur avendo avuto incarichi molto importanti, ricordiamolo: vice primo ministro e soprattutto da otto anni presidente di Gazprom, la cassa energetica della Russia – non ha mai ricoperto un incarico politico sotto mandato popolare. Bisognerà vedere come si muoverà in questo ruolo.

     
    D. – C’è stata una crescita dei comunisti in queste elezioni...

     
    R. - E’ un fenomeno interessante perché parecchia gente, che assolutamente voleva un po’ protestare contro una campagna elettorale monopolizzata dal Cremlino con un vincitore scontato come Medvedev, ha voluto dare un voto di protesta e pur non essendo comunista, l’ha dato a quello che tutti sapevano sarebbe arrivato secondo. Resta il fatto che Zjuganov è un uomo dalla mentalità vecchia, un nostalgico sovietico e non è certo la vera opposizione di questo Paese.

     
    D. – Putin ha definito queste elezioni decisamente democratiche. Ma come vengono considerate queste elezioni in Russia?

     
    R. – Gli oppositori già hanno detto prima, e soprattutto ieri, che questo voto è una farsa, lo ha detto Kasparov, il leader di Altra Russia che ha tentato, diciamo così, una marcia simbolica nel centro di Mosca ma è stato subito bloccato; lo ha detto l’ex premier Kasianov, l’uomo che ha governato con Putin fino a qualche anno fa. E’ certo che questa campagna elettorale è stata condotta, decisa, pianificata fino al suo risultato finale dal Cremlino. I brogli di ieri non credo che siano stati così larghi ed effettivi, comunque non può essere certo definito un voto tranquillo, libero e regolare.

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    Riesumato il corpo di San Pio da Pietrelcina: intervista con mons. D'Ambrosio

    ◊   Si è svolta ieri sera la cerimonia di riesumazione del corpo di San Pio da Pietrelcina: “discrete” le condizioni delle spoglie secondo il team dei periti. Dal prossimo 24 aprile a san Giovanni Rotondo, nella stessa cripta in cui Padre Pio è stato sepolto per 40 anni, i resti mortali saranno esposti alla venerazione dei fedeli. Per prenotarsi i fedeli potranno chiamare lo 0882-417500. Maggiori informazioni sul sito www.teleradiopadrepio.it. Ma torniamo alla prima sessione della ricognizione canonica, ieri sera, sul corpo del Santo di Pietrelcina. Paolo Ondarza ne ha parlato con il vescovo di Manfredonia, mons. Domenico Umberto D’Ambrosio:


    R. - Abbiamo trovato in discrete condizioni le spoglie mortali di San Pio, condizioni che forse potevano essere diverse. Probabilmente ha inciso negativamente sulla conservazione, il fatto che l’intonaco della fossa dove è stata poi posta la bara, era stato terminato il giorno precedente e quindi non era ancora asciutto e questo ha creato una forte umidità che abbiamo riscontrato anche nella bara. Tuttavia, nonostante tutto questo, possiamo dire che la parte superiore, diciamo così del volto, è in parte scheletrita, così come un po’ gli arti superiori. Tutto il resto però è ben visibile, si vedono benissimo le mani: i tecnici hanno detto che in alcune parti del corpo è iniziata una sorta di auto-mummificazione.

     
    D. – Monsignor D’Ambrosio, perché si riesumano le spoglie di un santo, perché una ricognizione canonica?

     
    R. – Non c’è un obbligo ma è una prassi consolidata, millenaria nella storia della Chiesa che per i corpi dei santi, o di quelli che si avviano alla beatificazione, alla canonizzazione, ci sia la ricognizione canonica. Qual è il motivo? Per rispondere ad una sorta di responsabilità storica di garantire, attraverso tecniche appropriate, una prolungata conservazione del corpo dei santi, per permettere anche alle generazioni che verranno, la possibilità di venerare e custodire queste reliquie. Non vogliamo essere egoisti, noi abbiamo goduto e godiamo della presenza del ministero di San Pio da Pietrelcina, ma la sua clientela, che diceva Paolo VI, è una clientela davvero mondiale ed è giusto che possa godere di questa stessa “nostra fortuna”.

     
    D. – Ora quindi saranno eseguite le procedure idonee a garantire al corpo di San Pio da Pietrelcina le migliori condizioni di conservazione per esporre poi le spoglie, a partire dal 24 aprile, alla venerazione dei fedeli...

     
    R. – Queste procedure dureranno dai 30 ai 40 giorni, la custodia, la conservazione, una sorta di “imbalsamazione” in modo da garantire poi, nella pubblica ostensione, che il corpo di San Pio venga venerato da moltitudini di fedeli. Noi immaginiamo che ne verranno veramente tanti.

     
    D. – E’ nella stessa cripta dove è stato sepolto per 40 anni?

     
    R. – Sì, rimarrà sempre nella stessa cripta. L’ostensione la lasceremo forse per un intero anno: di sicuro l’ostensione avverrà in un’urna che tutti potranno osservare.

     
    D. – Come mai per i fedeli, per la Chiesa cattolica, è importante venerare il corpo di un santo, le reliquie, ciò che è rimasto di terreno?

     
    R. – Il corpo è parte integrante della persona. La santità, l’espressione della fedeltà a Dio, non è qualcosa di aereo, fa leva su quello che noi siamo, corpo, carne e spirito. Anche questa nostra realtà è una compagna di viaggio in questo cammino che tenta di avvicinarsi sempre più all’ideale che Cristo ci annuncia. D’altronde, il Signore stesso si è voluto fare nostra carne, nostro cibo, quindi è l’esaltazione di questa dignità immensa che fa della nostra vita un tutt’uno.

     
    D. – Quindi, si può dire, in un certo senso, che attraverso le spoglie mortali di San Pio da Pietrelcina lo stesso Santo mantiene un contatto fisico con i fedeli?

     
    R. – Se vogliamo possiamo anche dirlo ma l’onore e la venerazione delle reliquie è proprio perché il corpo ci accompagna in questo ideale di perfezione che accompagna tutta la nostra vita, nonostante le fatiche, le difficoltà e le sconfitte. E’ un tutt’uno, è la globalità dell’essere.

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    Salvare le donne dalla schiavitù della prostituzione: la testimonianza di suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’ufficio antitratta dell’USMI

    ◊   In 10 anni, 5 mila donne sono state accolte in 110 case sparse in tutta l’Italia per essere aiutate ad uscire dalla schiavitù della prostituzione. 8 su 10 hanno trovato lavoro. Le case di accoglienza sono gestite da suore di diversi ordini sotto la direzione dell’USMI, l’Unione superiore maggiori italiane. A guidare l’ufficio dell’USMI anti-tratta e a cominciare quest’opera è suor Eugenia Bonetti, 69 anni, missionaria della Consolata che, dopo aver passato 23 anni in Kenya, è tornata in Italia. L’incontro con una giovane prostituta nigeriana che le ha chiesto aiuto è stato decisivo come ci racconta nell’intervista di Debora Donnini.

     

     
    R. – Questa donna chiedendo aiuto ha risvegliato in me un modo nuovo di vivere la missione nel mio stesso Paese e da allora abbiamo iniziato ad aprire le nostre case, tramite l’accoglienza di alcune di queste ragazze, che hanno pianto per la loro sofferenza e noi con loro. Allora, abbiamo capito che come vita religiosa, noi avevamo veramente questa nuova sfida da affrontare, quella di salvare queste donne dalla strada, queste nuove schiave, per ridare loro la voglia di vivere.

     
    D. – Come funzionano concretamente queste case che voi gestite?

     
    R. – Le ragazze vivono nelle nostre case di accoglienza, dove imparano la lingua, imparano un mestiere, imparano a recuperare quello che veramente è stato distrutto in loro, perchè queste donne sono distrutte a tutti i livelli. Riscoprono così la voglia di vivere, di essere donne, di essere madri e di pensare ad un futuro.

     
    D. – Come arrivano queste ragazze da voi?

     
    R. – Abbiamo delle suore che escono anche di notte, insieme a gruppi di volontariato, sulle strade. A volte ci vengono portate dai Carabinieri, dalla Polizia.

     
    D. – La sua esperienza, tra l’altro, ha ispirato un progetto dell’ONU per formare suore anti-tratta in Nigeria e nell’Europa dell’Est...

     
    R. – Ad un certo punto noi abbiamo capito che se non tocchi i Paesi di origine si fa ben poco e allora abbiamo iniziato a coinvolgere le suore dei Paesi di origine. Poi, nel 2004, è stato organizzato proprio a Roma un grosso convegno. Si è notata una forte presenza di religiose e allora l’ambasciatore USA presso la Santa Sede ha chiesto sovvenzioni all’America, all’ONU, proprio per sovvenzionare questi corsi di formazione. Ha capito che bisognava investire sulle religiose, perché le religiose erano una grande rete, presenti in tutto il mondo.

     
    D. – Suor Eugenia, centrale per il vostro lavoro è la collaborazione con lo Stato...

    R. – Il governo italiano è stato il primo in assoluto che ha offerto a queste donne un permesso di soggiorno. Quindi, ha riconosciuto a queste donne il loro stato di riduzione in schiavitù. Il rimandarle in patria è rischiosissimo, perché molte di queste donne, se vengono rimandate in patria, subiscono delle ritorsioni, soprattutto se le donne hanno collaborato per rompere la catena dei trafficanti.

     
    D. - Voi parlate di Dio a queste donne e questo le aiuta?

     
    R. - Loro sono molto aiutate dalla preghiera, dalla lettura della Parola di Dio. Noi non siamo soltanto delle assistenti sociali. Noi vogliamo dare loro ciò che di più bello e di più grande noi possiamo avere e quindi il dono di poter dire a queste persone: "Dio, ti ha guarita".

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    Al via a Roma gli incontri quaresimali sulle figure dei Santi

    ◊   Tornano a Roma da oggi, per il terzo anno consecutivo, i Ritratti di Santi, una serie di incontri quaresimali nella chiesa di Santa Maria della Vittoria dedicati alla lettura della vita di figure di santità e altissime figure della Chiesa. Ogni lunedì, fino al 17 marzo, noti attori del cinema e teatro italiano presteranno la loro voce al racconto delle biografie di alcuni testimoni di Cristo. Il servizio è di Paolo Ondarza:


    “La Santità non consiste nel fare cose straordinarie, ma nel fare le cose ordinarie in modo straordinario”. Scriveva così Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni e dottore della Chiesa. Il suo ritratto sarà raccontato dalla voce di Cristina Faessler il prossimo 17 marzo. L’iniziativa, come ogni anno, è organizzata dal MEC, Movimento Ecclesiale Carmelitano, nella chiesa che conserva “L’Estasi di Santa Teresa”, capolavoro barocco di Bernini, e si basa sulle biografie scritte da padre Antonio Maria Sicari. Il 3 marzo sarà la volta della vita di Paolo VI, letta dall’attore e regista Giulio Base.

     
    Interessante anche la scelta di Jacques Fesch, il giovane parigino che dopo un’esistenza turbolenta segnata da azioni criminose, prima di esser ghigliottinato nel 1957 visse un intenso cammino di conversione e sul patibolo con serena rassegnazione disse “Signore non abbandonarmi”. La sua storia è raccontata da Vincenzo Boccciarelli:

     
    R. - Molti giovani si potrebbero rispecchiare in questo suo abbandonarsi, in quel suo disordine. Ci sono i pensieri che ha scritto Jacques Fesch nel periodo del carcere, in cui piano piano si avvicina alla scoperta della figura di Cristo e trasforma anche questo periodo di galera quasi in percorso monacale.

     
    D. – La sua conversione avviene in un momento in cui per gli uomini è un uomo da condannare ma per Cristo, per Dio, è un uomo da amare…

     
    R. – Questo è proprio l’aspetto infinitamente ricco. Lui arriva alla ghigliottina con una pace anche interiore rispetto agli altri che urlavano e bestemmiavano.

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    Chiesa e Società



    Proseguono le trattative per la liberazione dell’arcivescovo caldeo di Mossul

    ◊   “Le trattative continuano. Oggi non abbiamo avuto nessun nuovo contatto con i rapitori ma resto ottimista sull’esito finale del negoziato” per la liberazione dell’arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Paulos Faraj Rahho. E’ quanto ha dichiarato stamani all’agenzia missionaria MISNA mons. Baptiste Georges Casmoussa, arcivescovo siriaco di Mossul. Il presule è stato sequestrato venerdì pomeriggio da ignoti mentre usciva dalla chiesa del Santo Spirito, nella parte orientale della città irachena. Durante le concitate fasi del sequestro sono rimasti uccisi tre giovani. La liberazione di mons. Rahho sarebbe per il presule “un gesto umano, al di fuori di ogni questione politica o d’altro genere”. Ieri anche il Papa si era unito all’appello del cardinale Emmanuel III Delly, affinché l'arcivescovo caldeo, “oltretutto in precarie condizioni di salute, sia prontamente liberato”. Diverse fonti irachene hanno rivelato, intanto, che i rapitori avrebbero già avanzato richieste economiche. Secondo l'arcivescovo di Kirkuk dei caldei, mons. Louis Sako, i sequestratori fanno parte di un "gruppo criminale che non rivendica un'ideologia".(A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Primo rapporto annuale sulla libertà religiosa in Corea del Nord

    ◊   La Commissione per la riconciliazione del popolo coreano della Conferenza episcopale della Corea del Sud ha annunciato la pubblicazione del “Rapporto Annuale 2007 sulla Libertà religiosa in Corea del Nord”. Il documento contiene dati e statistiche sulle religioni, fornisce un quadro storico e lo stato della libertà religiosa nel Paese asiatico. Il rapporto include i risultati di un sondaggio al quale hanno partecipato oltre 700 nordcoreani che si sono rifugiati in Corea del Sud. L’85,7% degli intervistati afferma che non c’è libertà religiosa in Corea del Nord. Il 98,7% di loro sostiene di non aver mai ottenuto un permesso per recarsi in una chiesa o in un tempio. Dopo gli anni ’90 sono aumentate nel Paese le persecuzioni religiose. Nel rapporto si ricorda anche che nel periodo 1945-1960 il regime nordcoreano ha condotto una violenta campagna contro attività religiose e di culto. Negli anni più recenti - secondo il documento ripreso dall’agenzia Fides - si nota comunque un risveglio del desiderio di religiosità da parte della popolazione. Attualmente, il governo di Pyongyang nega una reale libertà religiosa e non consente l’opera missionaria. Il rapporto propone, infine, un piano per la promozione della libertà religiosa in Corea del Nord. Il progetto prevede una più attenta opera di monitoraggio e la possibilità di promuovere scambi e contatti. Si propone anche di istituire una federazione interreligiosa per promuovere la libertà religiosa nello Stato asiatico. Per ulteriori informazioni, si può consultare il nuovo sito della Commissione per la riconciliazione del popolo coreano http://hwahai.cbck.or.kr (A.L.)

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    Aperta l’assemblea dei vescovi spagnoli

    ◊   Mons. Ricardo Blázquez vescovo di Bilbao e presidente della Conferenza episcopale spagnola ha inaugurato stamani l’assemblea dei vescovi nel corso della quale saranno elette tutte le cariche, ad eccezione del segretario dell'organismo. L’assemblea si concluderà il prossimo 7 marzo. I primi tre giorni saranno dedicati alle votazioni. Sono 78 i vescovi con diritto al voto, tra i quali 66 sono titolari diocesani e 10 ausiliari. A questi 76 si aggiungono il vicario generale castrense e l’amministratore diocesano di Osma-Soria. Si dovrà anche eleggere il Comitato esecutivo, del quale fanno parte sette vescovi eletti piú l’arcivescovo di Madrid. Verrà approvato, inoltre, il nuovo comitato permanente. Mons. Blázquez ha aperto i lavori con un discorso di alto profilo dottrinale. In primo luogo, ha ricordato le origini storiche, gli obiettivi e lo spirito delle Conferenze episcopali, mettendo in risalto gli aspetti di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. In seguito, commentando l’Enciclica “Spe salvi”, mons. Blázquez ha sottolineato l’importanza e l’attualitá per ogni essere umano della speranza in Dio Padre. Quindi ha fatto riferimento al discorso che Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare all’Università romana La Sapienza, ricordando l’importanza del dialogo tra fede e ragione. Ed ha aggiunto: “La Chiesa non intende imporre la fede cristiana né la morale cattolica”. Il presule ha poi ricordato la dichiarazione dei diritti umani fondamentali dove si conferma il legame tra la morale e la legge naturale. Al termine del suo discorso, ha lanciato un appello per la liberazione dell’arcivescovo caldeo di Mossul. Mons. Monteiro de Castro, nunzio in Spagna, ha preso poi la parola per offrire a tutti i partecipanti il saluto e la benedizione del Santo Padre ed ha raccomandato lo studio attento di due importante documenti: L’Enciclica "Spe salvi” e la nota della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcuni aspetti dell’evangelizzazione. Domani mattina è prevista, infine, la votazione per la carica di presidente della Conferenza episcopale spagnola. (A cura di Ignacio Arregui)

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    I vescovi algerini: cristiani sempre più alle strette nel Paese

    ◊   In un messaggio diffuso al termine di una riunione nei giorni scorsi, i vescovi d’Algeria hanno manifestato la preoccupazione della comunità cattolica per i crescenti “ostacoli” e “difficoltà” subite dai cristiani nel Paese. Il documento, firmato da mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri e dai vescovi Gabriel Piroird di Constantine, Alfonse Geiger di Orano e mons. Claude Rault, di Laghouat, si riferisce ad alcune recenti espulsioni (tra cui quella di un pastore protestante americano), e alle “difficoltà per i visti che impediscono a diverse congregazioni religiose di ricevere i responsabili che coordinano le loro attività dall’estero, o a nuovi religiosi di sostituire i propri confratelli malati o deceduti”. I vescovi denunciano altresì la recente condanna a un anno di carcere con la condizionale inflitta da un tribunale di Orano al sacerdote Pierre Wallez per aver violato la legge che vieta la pratica religiosa non musulmana fuori dai luoghi autorizzati. Essi quindi respingono con forza le accuse di proselitismo rivolte da alcuni organi di stampa, sottolineando che: “La sequela di Cristo è servizio nella gratuità”. “La nostra più grande gioia – aggiungono i presuli – è quella di poterci accogliere l’un l’altro nel rispetto delle differenze. Fare nascere la comunione tra gli uomini di ogni origine e cultura è per noi la missione di Colui che ci ha dato la Sua vita per riunire nell’unità tutti i figli di Dio dispersi”. I quattro presuli hanno confidato le loro preoccupazioni al Ministro per gli affari religiosi Bouabdallah Ghlamallah cui hanno ribadito “il rispetto della Chiesa per la società algerina e le sue tradizioni religiose”, difendendo anche le altre comunità cristiane in Algeria. Il Ministro, da parte sua, ha assicurato che non vi è alcuna intenzione di rimettere in discussione la presenza della Chiesa in Algeria, ma solo di “evitare la costituzione di gruppi che possano minacciare l’unità del Paese”. (L.Z.)

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    Pellegrinaggio di solidarietà dei vescovi svizzeri in Terra Santa

    ◊   Una delegazione di vescovi svizzeri è in questi giorni in Terra Santa per un pellegrinaggio di solidarietà con i cristiani in Medio Oriente. A guidare la delegazione è mons. Pierre Bürcher, attualmente vescovo della diocesi di Reykjavík, in Islanda, e buon conoscitore della regione. Insieme a lui i vescovi Markus Büchel di St.Gall, Piergiacomo Grampa di Lugano, gli abati di St-Maurice e Einsiedeln padre Joseph Roduit e padre Martin Werlen, i vescovi emeriti Amédée Grab, Ivo Fürer e Peter Henrici e quattro ausiliari. Scopo della visita - ha spiegato il portavoce della Conferenza episcopale (CES) Walter Mueller, “è di testimoniare la solidarietà con la Chiesa in Terra Santa e il suo sostegno a una pace giusta in Medio Oriente”. La visita si aggiunge alle sempre più numerose iniziative promosse dai diversi episcopati nel mondo per esprimere la vicinanza della Chiesa universale alle comunità cristiane di questa martoriata regione. L’ultima in ordine di tempo è il pellegrinaggio delle diocesi tedesche che inizia questo mese e si concluderà nel novembre 2009. Questo senza contare le ormai tradizionali visite annuali compiute dai vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa (composto dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee, CCEE, dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea, COMECE, con presuli da Austria, Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Svizzera e Stati Uniti). La visita della delegazione dei vescovi elvetici terminerà venerdì, 7 marzo. (L.Z.)

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    In Uganda primo impianto per la produzione di medicinali contro malaria e AIDS

    ◊   E’ entrato in funzione, in Uganda, il primo impianto per la produzione di medicinali contro la malaria. Verranno prodotti anche farmaci antiretrovirali per il trattamento della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Si tratta di una importante notizia per centinaia di migliaia di persone: i medicinali avranno, infatti, un costo inferiore a quelli importati. L’opera - rende noto l'agenzia MISNA - è stata realizzata grazie ad un accordo di collaborazione tra il governo di Kampala e la società indiana ‘Cipla’, il più grande produttore mondiale di farmaci generici. Inaugurando la fabbrica il presidente ugandese, Yoweri Museveni, ha espresso soddisfazione ma ha anche denunciato l’ostruzionismo di quanti, definiti “sabotatori”, hanno ostacolato la produzione di medicinali in loco. Si stima che in Uganda siano almeno 300 mila le persone che hanno bisogno di antiretrovirali. Secondo dati dell’ONU, ogni minuto un bambino di età inferiore ai 15 anni muore per AIDS. In base a proiezioni dell’UNAIDS, organismo delle Nazioni Unite, il numero degli orfani africani rischia di aumentare nel 2010 a 18 milioni, con una crescita del 10% l’anno. In Tanzania proseguono, intanto, gli sforzi dell’Associazione ‘Giornalisti Contro l’AIDS’ per fornire una corretta informazione sulla malattia. Vengono promosse, in particolare, attività documentaristiche per combattere anche fattori socio-economici che rendono ancora più devastante la sindrome da immunodeficienza acquisita. (A.L.)

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    Riaprono le scuole in Afghanistan: mancano strutture, docenti e sicurezza

    ◊   Riapriranno il prossimo 23 marzo le oltre 9 mila scuole in Afghanistan. Gli studenti quest’anno hanno raggiunto la cifra record di 6,5 milioni: il 35% sono bambine, alle quali il regime talebano ha impedito l’accesso all’istruzione fino alla sua caduta nel 2001. Secondo Zuhur Afghan, portavoce del ministro dell’Educazione, il principale problema è la sicurezza per studenti e professori. Negli ultimi due anni – riferisce l’agenzia AsiaNews - i talebani hanno aumentato gli attacchi contro obiettivi civili poco protetti: secondo i dati ufficiali, sono stati uccisi oltre 230 operatori del settore educativo e oltre 220, compresi professori e studenti, sono stati feriti. Molte scuole, inoltre, sono state bruciate lasciando 300 mila studenti senza aule, soprattutto nel sud del Paese. “il 60% delle scuole – spiega poi Zuhur Afghan -non ha nemmeno un edificio: le lezioni sono tenute in moschee, tende o sotto gli alberi. Mancano banchi, lavagne, gesso”. Il Ministero dell’educazione ha annunciato di voler costruire almeno 30 nuove scuole. (A.L.)

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    Settima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra

    ◊   Gli impegni solenni per la ratifica di numerosi trattati internazionali sui diritti umani non hanno trovato riscontri nella realtà da parte di quanti li volevano o avevano espresso preoccupazione. E’ quanto ha detto l’Alto commissario per i diritti umani, Louise Arbour, intervenendo a Ginevra alla settima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Nell’anno del 60.mo anniversario della Dichiarazione dei diritti universali – ha aggiunto – il “bilancio è pieno di ombre”. I progressi tecnologici e la maggiore ricchezza delle nazioni, di cui beneficiano solo in pochi, tradiscono inoltre secondo Arbour gli ideali di uguaglianza espressi nella Dichiarazione. Durante la sessione, il Consiglio esaminerà in particolare questioni riguardanti la promozione e la protezione dei diritti. Dopo la consueta riflessione sullo stato globale delle libertà fondamentali, si procederà inoltre ad una analisi della situazione nei Territori Palestinesi. L’agenda dei lavori, che si concluderanno il prossimo 28 marzo, include infine anche un approfondimento di particolari ambiti, quali il razzismo, la xenofobia, le discriminazioni e l’intolleranza. (A.L.)

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    In Micronesia, molti giovani della remota isola di Guam parteciperanno alla GMG

    ◊   In Micronesia, oltre 350 di giovani dell’isola di Guam si preparano a partecipare alla GMG di Sydney. Il principale giornale diffuso in Micronesia, 'Marianas Variety News', ha riferito che nel villaggio di Yigo, all’estremo nord dell’isola di Guam, i giovani della Chiesa di Nostra Signora di Lourdes si stanno preparando, da oltre tre anni, per riuscire a vivere l’esperienza della GMG. Il coordinatore locale dell’evento, Tarsila Muth, ha affermato che tutta la comunità di Guam sta aiutando i ragazzi a realizzare il loro sogno. A questi sforzi - sottolinea l'agenzia Fides - si aggiungono, poi, gli aiuti che giungono dall’Australia e da altri Paesi. Si tratta di iniziative di sostegno per consentire ai giovani di Stati poveri di partecipare alla GMG. Fra le comunità più attive c’è quella delle sorelle della misericordia in Australia, che sta raccogliendo fondi per aiutare 55 pellegrini da otto diverse nazioni. Fra i destinatari, vi sono giovani di Perù, Sud Africa, Papua Nuova Guinea, Cambogia, Timor Est, Samoa, Filippine. (A.L.)

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    Grande partecipazione sabato a Locri al corteo contro la 'ndrangheta

    ◊   Migliaia di persone hanno sfilato sabato scorso in corteo a Locri testimoniando la grande alleanza contro la 'ndrangheta e in favore della libertà in Calabria. Quattro grandi urne sono state collocate al centro della strada, con all'interno facsimili di scheda elettorale, riportanti il decalogo per un voto libero e responsabile (reperibile sul sito www.iovotolibero.it). I partecipanti sono stati invitati a prelevare la scheda per riappropriarsi simbolicamente del proprio diritto a votare liberamente. Durante il corteo sono state registrate 4.000 persone e si stima che nel corso di tutta la giornata - conclusa in tarda serata con un grande concerto - abbiano partecipato circa 6.000 persone. Gli enti promotori hanno espresso grande soddisfazione per la buona riuscita dell'evento, che ha visto la partecipazione di realtà provenienti da ogni parte del territorio italiano. Al termine degli interventi è stata annunciata l'alleanza dell'Asse Locride - Napoli - Palermo, con l'intento di unire le forze nella battaglia contro tutte le mafie. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’esercito israeliano lascia la Striscia di Gaza dopo 6 giorni di sanguinosissimi scontri e 111 palestinesi uccisi

    ◊   Si è conclusa alle prime luci dell'alba l'operazione che l'esercito israeliano ha lanciato nella notte tra venerdì e sabato nel campo profughi di Jabalyia, nel nord della Striscia di Gaza. È costata la vita a 76 palestinesi, parte dei quali bambini e civili, e a due soldati israeliani. Le vittime degli ultimi sei giorni di scontri a Gaza sono complessivamente 111 da parte palestinese. Da parte sua, l’Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, Louise Arbour, ha oggi condannato l'uso sproporzionato della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza e ha chiesto “un'indagine imparziale sulle uccisioni di dozzine di civili, tra cui anche bambini”. Arbour ha condannato con “'forza” anche il lancio di razzi da parte dei militanti palestinesi contro obiettivi civili israeliani. L'Alto commissario ha infine chiesto alla comunità internazionale di fare pressione su entrambe le parti affinchè rispettino i loro obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale e dai diritti umani. Il nostro servizio:


    A poche ore dal ritiro i miliziani palestinesi hanno ripreso a lanciare razzi sulle città di Sderot e di Asqhelon, con una ventina di civili ricoverati in stato di shock. In realtà c’erano stati lanci anche durante i combattimenti con le forze israeliane. Hamas ha cantato vittoria mostrando il ripiegamento israeliano come una fuga. Ma la conferma che non si tratti di alcun ritiro, ma solo di un’operazione conclusa, è poi giunta in mattinata dal primo ministro Olmert. Olmert ha aggiunto che Israele intende proseguire i negoziati di pace “con i palestinesi pragmatici”, ossia con l'Anp di Abu Mazen, che due giorni fa ha però congelato tutti i rapporti con lo Stato ebraico. Un gesto che è bastato a far tracimare la tensione dalla Striscia di Gaza a tutta la Cisgiordania, dove anche oggi si sono ripetute manifestazioni di protesta a sostegno di Gaza e incidenti fra dimostranti palestinesi e forze di polizia israeliane. Un palestinese di 18 anni è stato ucciso da un colono vicino a Ramallah, mentre un altro dimostrante è stato ferito in modo grave a Betlemme. Un ragazzino di 13 anni era stato ucciso ieri a Hebron. In questo clima oggi è iniziata la missione dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Javier Solana e mercoledì a Gerusalemme sbarcherà il segretario di Stato generale americano Condoleeza Rice. Resta da dire delle ripercussioni in ambienti Hezbollah in Libano: alcune centinaia di alunni delle scuole gestite dal movimento sciita libanese Hezbollah hanno manifestato di fronte alla sede delle Nazioni Unite nel centro di Beirut contro l'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza.

     
    Tra offensive israeliane e lanci di razzi palestinesi, c’è grande preoccupazione per il processo di pace che sembrava potesse riprendere vigore con l’incontro di Annapolis, a novembre scorso. Delle conseguenze di azioni come quella compiuta negli ultimi giorni a Gaza, Stefano Leszscynski ha parlato con Janiki Cingoli, del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:


    R. - Questo tipo di operazioni sia come bombardamenti dall’alto sia come anche operazioni di terra più massicce, come questa degli ultimi giorni, di fatto danno una risposta alla pressione dell’opinione pubblica interna israeliana che è sempre più incalzante, però non risolvono il problema, perchè è evidente che nel momento in cui ritornano indietro la pioggia ricomincia.

     
    D. - Israele aveva resistito per parecchio tempo dal compiere un’operazione di questo tipo su Gaza e questo aveva permesso di stabilire una sintonia anche con il presidnete Abu Mazen. Ora questa sintonia rischia di saltare?

    R. – Sì, c’è questa situazione in cui Israele, forse, vorrebbe negoziare con Hamas ma non può farlo perché Abu Mazen si sentirebbe scavalcato; Abu Mazen che forse vorrebbe creare di nuovo un governo di unità nazionale ma esita perché Israele minaccia di abbandonare il negoziato, e adesso Abu Mazen che di fronte alle pressioni contro i civili di Gaza sospende, non abbandona, il negoziato. Probabilmente qui la Comunità internazionale potrebbe giocare un ruolo creando uno sbocco contiguo per tutti.

     
    D. - Chi potrebbe sbloccare la situazione internazionale per quanto riguarda il Medio Oriente, chi è il vero protagonista in ambiente internazionale?

     
    R. - In questo momento c’è una situazione di debolezza oggettiva degli Stati Uniti perchè c’è questa iniziativa in corso dopo Annapolis ma il presidente è uscente. Però quello che mi pare ancora succeda è che si va troppo al traino degli avvenimenti e non si riesce a imprimere quel colpo d’ala che sarebbe necessario per uscire da questa logica perversa.

     
    Iraq
    Serie di attentati in Iraq con decine di morti e di feriti. Due autobomba a distanza di poco hanno ucciso a Baghdad prima 15 persone, ferendone altre 35, e poi altre due. Nelle stesse ore, un'autobomba con due morti anche nella cittadina di Shirkat, nella provincia irachena settentrionale di Salaheddin. Nella stessa provincia, nella cittadina di Samarra, in nottata, l'esplosione di un camion-bomba aveva provocato l'uccisione di sette civili. Proprio a Samarra, sono stati scoperti cadaveri di 18 uomini con evidenti segni di tortura. Spostandosi a sud della capitale, il capo degli ispettori della polizia di Nassiriya, con tre suoi uomini sono stati uccisi in un agguato a Bassora. E c’è poi il tragico errore del comando Usa in Iraq, che ha ammesso l'uccisione “accidentale” di un ragazzino iracheno da parte di soldati americani nei pressi di Samarra venerdì scorso.

    Cipro
    I leader greco-cipriota e turco-cipriota si incontreranno nella seconda metà di marzo per discutere su come rilanciare i colloqui per una riunificazione dell'isola. Lo ha detto l'inviato dell'Onu, Michael Moller, dopo un incontro con il presidente greco-cipriota, Christofias. L’isola di Cipro è di fatto divisa dal 1974 da quando la Turchia invase la parte nord.

    Ciad
    Il presidente senegalese Abdoulaye Wade ha annunciato ieri a Dakar che riceverà i suoi omologhi del Ciad e del Sudan il 12 marzo, alla vigilia di un vertice che l'Organizzazione della conferenza islamica ha convocato per i due giorni successivi, nell'ambito di una mediazione per la pace tra Ciad e Sudan. Wade, citato dalla televisione pubblica senegalese RTS, ha parlato nel corso di una visita ieri al luogo dove si terrà l'11/mo summit dell'Organizzazione della conferenza islamica, il 13 e 14 marzo.

    In Francia feriti 4 poliziotti nella banlieu sud di Parigi
    Quattro agenti di polizia sono stati feriti ieri da colpi d'arma da fuoco nella banlieue sud della capitale francese. Tre sono rimasti feriti leggermente al viso e sono stati medicati sul posto mentre il quarto, colpito alle gambe, è stato ricoverato in ospedale. Il ministro dell'Intermo Michele Alliot-Marie ha definito l'episodio una vera e propria 'imboscata'. I quattro agenti erano stati chiamati ad intervenire ieri pomeriggio in un panificio nel quartiere La Grande Borne a Grigny perché il locale era stato oggetto dell'incursione di un gruppo di giovani. Al loro arrivo i poliziotti si sarebbero trovati di fronte ad ''una trentina di persone con il viso coperto, molte armate'' che li hanno aggrediti. Il quartiere, un'area particolarmente difficile della banlieue sud di Parigi, è stato accerchiato dalle forze dell'ordine. Nel novembre scorso la polizia era stata oggetto di colpi d'arma da fuoco a Villiers-le-bel, nella banlieue nord della capitale francese.

    Fisco e Liechtenstein
    Per gli italiani, depositi da un minimo di 200 mila euro a svariate decine di milioni. Sono le cifre attribuite ai presunti evasori fiscali italiani con conti in Liechtenstein e sui quali sta lavorando la Procura di Roma. Gli accertamenti in questa fase sono incentrati sulla verifica della autenticità della lista con 400 nomi di persone fisiche, società e sigle, consegnata alle autorità italiane sulla veridicità dei nomi, sulla ricostruzione degli importi. Secondo quanto si è appreso non conterrebbe nomi di personaggi noti, ma potrebbe trattarsi di nomi fittizi o di copertura dietro i quali si potrebbero celare i veri titolari dei conti. In procura oggi è stato sottolineato che, nel pieno rispetto delle procedure di riserbo, non ci saranno fughe di notizie sui nominativi dell'elenco.

    Sale la tensione su diversi fronti della Colombia
    Escalation di tensione in Sud America dopo l'uccisione in territorio ecuadoriano del numero due delle Farc, Raul Reyes, da parte dell'esercito colombiano: dopo il Venezuela, anche l'Ecuador ha ammassato truppe al confine con la Colombia, recidendo di fatto le sue relazioni diplomatiche con Bogotà. E dichiarando tra l’altro di aver trovato tre guerrigliere ferite, fra cui una di nazionalità messicana. Per tutta risposta la Colombia ha accusato il presidente ecuadoriano, Correa, di avere fatto “compromessi” con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). Si tratta della peggiore crisi nella regione da anni. E c’è preoccupazione per gli ostaggi in mano delle FARC. Il ministro degli Esteri francese, Kouchner ha invitato i guerriglieri a compiere un “gesto” positivo, rilasciando la franco-colombiana Ingrid Betancourt. Il servizio di Maurizio Salvi.


    È stato un fine settimana di fuoco quello appena terminato in America Latina dove le relazioni fra la Colombia e i due Paesi confinanti, il Venezuela e l’Ecuador, sono diventate tesissime, dopo il blitz militare che è costato la vita al numero due delle Farc, Raul Reyes. Il governo colombiano ha sottolineato l’importanza dell’operazione per la lotta al terrorismo internazionale ma l’episodio non è piaciuto né al presidente venezuelano Hugo Chavez, né a quello ecuadoriano Rafael Correa. Il primo ha reagito con durezza, chiudendo l’ambasciata venezuelana a Bogotà, ordinando il dispiegamento di dieci battaglioni alla frontiera comune ed accusando la Colombia di voler svolgere lo stesso ruolo di gendarme della regione, agli ordini di Washington, che Israele compie in Medio Oriente. Più diplomatico ma non meno deciso l’atteggiamento di Correa che ha espulso l’ambasciatore colombiano e sostenuto che la versione sull’incidente fornita dal governo del presidente Uribe è falsa e che i guerriglieri sono stati massacrati nel sonno con violazione del territorio ecuadoriano. Negli ambienti diplomatici, la preoccupazione ora è alta per la sorte degli ostaggi, ancora in mano alla guerriglia ma anche perché mai come adesso esiste la minaccia di un conflitto dalle conseguenze imprevedibili. (Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana)

     
    Il gigante russo Gazprom blocca di nuovo l’erogazione all’Ucraina
    Gazprom ha cominciato a ridurre del 25% le sue forniture di gas all'Ucraina, a partire dalle 10.00 ora di Mosca (le 08.00 in Italia), come previsto dall'ultimatum dei giorni scorsi in caso di mancato pagamento del debito e dell'attuazione dell'accordo di principio raggiunto dal presidente russo Putin e dal suo collega ucraino Iushenko. Gazprom è guidata ancora da Dmitri Medvedev, eletto ieri presidente della Federazione Russia. La riduzione delle forniture a Kiev è pari a 40 milioni di metri cubi al giorno. Gazprom si dice pronta a continuare i colloqui con l'Ucraina. Il 12 febbraio Putin e Iushenko avevano siglato un'intesa di massima che prevedeva il pagamento del debito, pari ad 1,5 miliardi di dollari, e la sostituzione della società di intermediazione Ros-UkrEnergo con una più trasparente. Nella sua successiva visita a Mosca, il premier Iulia Timoshenko, in conflitto con Iushenko in vista delle presidenziali del 2009, aveva inutilmente cercato di negoziare con Gazprom, rivendicando tra l'altro un rapporto diretto tra il colosso russo e l'Ucraina, senza intermediari. Gazprom, a differenza di Kiev, sostiene che il debito per il 2007 non è ancora stato interamente saldato. E, aggiunge, il debito per il 2008 continua a salire (600 milioni di dollari) senza che siano stati siglati ulteriori accordi bilaterali. Nei giorni scorsi la Timoshenko si era detta fiduciosa che non ci sarebbe stato alcun taglio delle forniture e aveva decretato che dal primo marzo solo la società ucraina Naftogaz potesse importare il gas, mettendo al bando ogni mediatore. Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, Serghei Kuprianov, portavoce di Gazprom, ha assicurato che la riduzione delle forniture di gas all'Ucraina non avrà conseguenze sui consumatori europei.

    Somalia
    L'Aviazione statunitense ha compiuto un raid aereo notturno in Somalia contro una presunta base dei miliziani islamici, in una località vicina al confine con il Kenya, uccidendo almeno quattro civili. Lo si apprende da fonti locali. Dhobley, la zona colpita dai bombardamenti americani, da tre mesi è controllata dagli islamici, o comunque da gruppi contrari al governo federale di transizione somalo (Tfg) e agli etiopici, senza le cui truppe il Tfg non sopravviverebbe a lungo. Il loro capo è Hassan Turki, che oltre a essere il capo militare islamico, è anche leader tribale del gruppo dei Darog Ogadeni, che abita tutta l'area sud della Somalia, così come quella confinante del nord del Kenya. La doppia posizione di Turki gli conferisce un grande potere nella regione. La regione è quella dove all'inizio del 2007 ci furono altri due o tre bombardamenti americani dopo che alla fine del 2006 le truppe etiopiche avevano messo in fuga quelle delle milizie islamiche, che controllavano buona parte del Paese. Intanto anche a Mogadiscio continuano feroci i combattimenti. Secondo fonti concordi, nel fine settimana si sono contati almeno una quarantina di morti. In larga misura civili, come sempre.

    Timor Est
    Si è costituito a Timor Est il leader dei ribelli sospettato di aver sparato al presidente Jose Ramos-Horta, ferendolo gravemente, in uno dei due attentati del mese scorso in cui era stato preso di mira anche il premier Xanana Gusmao, rimasto illeso. L'ex ufficiale di polizia Amaro Suares da Costa detto Susar, uno dei 17 ricercati in relazione agli attacchi, e confidente fidato del leader ribelle Alfredo Reinado ucciso nella sparatoria a casa di Ramos-Horta, ha promesso di dire tutto quello che sa dei due attentati dell'11 febbraio, che conservano ancora molti lati oscuri. Da Costa ha ammesso di aver preso parte all'attacco e molti a Timor est ritengono che abbia sparato al presidente. 'Mi voglio arrendere perchè il nostro Stato deve andare avanti e il popolo deve vivere in pace”, ha dichiarato mentre rendeva le armi in presenza del premier Gusmao. “I giovani non devono continuare a combattere e uccidersi fra loro...Voglio calmare la situazione, voglio pace e stabilita”', ha aggiunto. Forze internazionali di sicurezza continuano a perlustrare le colline attorno alla capitale Dili in cerca dei ribelli, per lo più soldati la cui protesta nel maggio 2006 era sfociata in gravi disordini che avevano paralizzato il Paese. Il ricercato numero uno è l'ex ufficiale Gastao Salsinha, che ha sostituito alla guida dei ribelli Reinado dopo la sua uccisione, ed è sospettato di aver guidato il fallito attacco al premier Gusmao. La resa a sorpresa di 'Susar' fa sperare nell'imminente capitolazione del resto della banda di Reinado. Intanto, nell'ospedale in cui è ricoverato a Darwin in Australia, Ramos-Horta continua a migliorare dopo una serie di operazioni chirurgiche. Il 58/enne premio Nobel per la pace ha detto di aver perdonato il leader ribelle Reinado, e ha chiesto al governo di dare sostegno alla sua famiglia. Ha quindi invitato i concittadini alla calma e chiesto indagini approfondite sugli attacchi dei ribelli. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 63

     
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