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Sommario del 01/03/2008

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa presiede in Vaticano il Concistoro per la canonizzazione di quattro Beati: un sacerdote, una laica e due religiose. L'iscrizione nell'Albo dei Santi il prossimo 12 ottobre
  • Il cardinale Dias rappresenterà il Papa alle celebrazioni del Nuovo millennio cristiano in Etiopia, del prossimo maggio
  • Rinunce e nomine
  • Stasera in Aula Paolo VI, la Veglia di preghiera del Papa con migliaia di studenti, in occasione della VI Giornata europea degli universitari
  • Domani, il cardinale Bertone parte per il Caucaso. Visiterà a nome del Papa l'Armenia e l'Azerbaigian
  • Da lunedì prossimo, la Penitenzieria Apostolica tiene in Vaticano un “Corso sul Foro Interno”
  • Il tocco della solidarietà umana e medica per accogliere il malato morente: una riflessione di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Primo contatto con i rapitori in Iraq di mons. Rahho, arcivescovo di Mossul dei Caldei, sequestrato ieri. Il dolore del Papa: è un atto "esecrabile". Folla alle esequie dei tre uomini uccisi durante il rapimento
  • Domani, in oltre 1350 piazze italiane si raccolgono firme da parte del popolo del Family Day per chiedere alle istituzioni interventi fiscali a favore delle famiglie
  • In Italia, il film-documentario "To die in Jerusalem", racconto del confronto tra una madre palestinese e una israeliana, entrambe rimaste orfane delle figlie
  • Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della quarta domenica di Quaresima
  • Chiesa e Società

  • I vescovi della Bolivia preoccupati per la crisi politica: “Una minaccia seria ai fondamenti della democrazia" del Paese
  • Paraguay: l'appello dei vescovi a “non minimizzare" l'epidemia di dengue e febbre gialla che colpisce alcune regioni del Paese
  • Protesta delle comunità cattoliche vicino Mumbai, in India, contro l'estensione di un parco giochi che costringerebbe al trasferimento 75 mila persone
  • "Da mihi animas, caetera tolle": il motto di Don Bosco è il tema del 26.mo Capitolo generale della Congregazione Salesiana, che inizia domani
  • "Reciclatori senza frontiere": al via in Colombia il primo congresso mondiale per la tutela dell'ambiente attraverso la raccolta responsabile dei rifiuti
  • Indonesia: sei lettere pastorali di un vescovo invitano i fedeli a rispettare l'ambiente
  • Myanmar: ricorre il prossimo 8 marzo la Giornata mondiale di preghiera promossa dalle comunità cristiane di diverse confessioni
  • Ad aprile, il Congresso internazionale "L'olio sulle ferite". Una risposta alle piaghe dell'aborto e del divorzio
  • Afghanistan: secondo un rapporto dell'ONG Oxfam, l'instabilità del Paese è dovuta più alle dispute tra privati che al rafforzamento dei talebani
  • Nel settembre 2009 le reliquie di Santa Teresa di Lisieux saranno per la prima volta nel Regno Unito
  • Australia: vendita di pane pasquale per finanziare la GMG delle comunità indigene
  • 24 Ore nel Mondo

  • Oltre 30 morti, nelle ultime ore, nella Striscia di Gaza, dove si combatte da 4 giorni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa presiede in Vaticano il Concistoro per la canonizzazione di quattro Beati: un sacerdote, una laica e due religiose. L'iscrizione nell'Albo dei Santi il prossimo 12 ottobre

    ◊   Benedetto XVI ha tenuto stamani il Concistoro ordinario pubblico per la Canonizzazione di 4 Beati, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico: si tratta di Gaetano Errico, sacerdote e fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, di Maria Bernarda Bütler (Verena), vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice, di Alfonsa dell'Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu), religiosa della Congregazione delle Clarisse del Terzo Ordine di San Francesco, e di Narcisa Di Gesù Martillo Moràn, laica ecuadoriana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    (canti)

    Quattro nuovi Santi, donne e uomini vissuti in contesti ed epoche diverse, ma uniti dall’amore incondizionato a Cristo e dal servizio ai più bisognosi. Nel tradizionale rito in latino, durante la celebrazione dell’Ora Sesta, il cardinale Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha letto al Pontefice una breve biografia dei quattro canonizzandi. Quindi, il Papa ha stabilito che i quattro Beati siano iscritti nell’Albo dei Santi il 12 ottobre 2008.

     
    Nell’Italia ottocentesca, vive Gaetano Errico, napoletano, di umili origini. Fin da giovane, si distingue per l’amore verso i malati e i poveri. Muore nella sua Napoli nel 1860 dopo aver fondato nel 1833 la Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Contemporanea di don Gaetano è Narcisa Di Gesù Martillo Moràn, ecuadoriana, rimasta orfana a vent’anni. Figura mistica, cade frequentemente in estasi e si infligge aspre penitenze corporali per la conversione dei peccatori. Muore a soli 37 anni, nel 1869.

     
    Dall’America Latina alla Svizzera, dove vive, a cavallo tra l’ ‘800 e il ‘900, Maria Bernarda Bùtler. Dopo essere diventata superiora del Monastero delle Cappuccine di Maria Ausiliatrice di Altstätten, decide di partire in missione. Sarà in Ecuador e poi in Colombia, dove promuoverà numerose iniziative di carità. Anche l’India si appresta a festeggiare una nuova Santa: si tratta di Alfonsa dell’Immacolata Concezione, originaria dello Stato del Kerala. Affascinata dalla vita religiosa, viene ammessa fra le Clarisse Malabaresi. Nonostante i dolori procuratigli da un fisico malfermo, vive questa sofferenza come dono al Signore. La sua tomba è meta di pellegrinaggi di cattolici, musulmani e induisti.

     
    Dopo il concistoro, è seguita l’optatio, ovvero il passaggio di alcuni porporati dall’Ordine dei Diaconi all’Odine dei Presbiteri, due dei tre gradi che assieme all'Ordine dei Vescovi formano il Sacro Collegio cardinalizio.

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    Il cardinale Dias rappresenterà il Papa alle celebrazioni del Nuovo millennio cristiano in Etiopia, del prossimo maggio

    ◊   Benedetto XVI ha nominato il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, suo inviato speciale alle celebrazioni per il Nuovo Millennio Cristiano in Etiopia, che avranno luogo ad Addis Abeba dal 2 al 4 maggio 2008, in occasione del Congresso eucaristico nazionale etiopico.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Ghana il mons. Léon Kalenga Badikebele, finora consigliere nella Nunziatura apostolica in Giappone, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo. Il 51.enne presule, è originario della Repubblica Democratica del Congo. Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 27 febbraio 1990, prestando successivamente la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Haiti, Guatemala, Zambia, Brasile, Egitto, Zimbabwe, Giappone. Parla inglese, francese, italiano, spagnolo e portoghese.

    Ad Haiti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Cap-Haïtien, presentata per raggiunti limiti di età dall'arcivescovo, Hubert Constant, degli Oblati di Maria Immacolata. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Louis Kébreau, Salesiano, finora vescovo di Hinche. Il presule ha 69 anni ed ha compiuto la formazione nella Congregazione Salesiana. Ha compiuto gli studi filosofici nello studentato dei Padri Salesiani di Porto Rico, affiliato all’Università di Ponce, mentre ha seguito i corsi teologici a Sherbrooke in Canada, ottenendo il Baccellierato in teologia. Possiede, inoltre, il "Master" in teologia pastorale dall’Università "Saint Paul" in Ottawa. Ordinato sacerdote, ha svolto i ruoli di direttore della Comunità Salesiana "San Giovanni Bosco" a Pétion Ville e di delegato provinciale per Haiti dell’Ispettore Salesiano per le Antille. Dopo la consacrazione episcopale, è stato presidente della Pastorale giovanile della Commissione episcopale per l’America Latina (CELAM) e delegato della Conferenza episcopale Haitiana presso la Fondazione Pontificia "Populorum Progressio" per la promozione delle più povere comunità rurali dell’America Latina. Dal 2004 è Presidente della Conferenza Episcopale di Haiti.

    Sempre ad Haiti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Port-au-Prince, presentata per raggiunti limiti di età dall'arcivescovo François Marie-Wolff Ligondé. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Joseph Serge Miot, finora arcivescovo coadiutore ed amministratore apostolico "sede plena" della medesima arcidiocesi. Mons. Miot, 61 anni, ha svolto nel Seminario maggiore di Port-au-Prince gli studi filosofici e teologici. Li ha perfezionati alla Pontificia Università Urbaniana, conseguendo la Laurea in filosofia. Ordinato sacerdote, ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di docente, rettore del Seminario maggiore, segretario generale della Conferenza episcopale haitiana, rettore dell’"Université Catholique Notre-Dame d’Haïti". E' stato eletto arcivescovo coadiutore di Port-au-Prince e nominato Amministratore Apostolico "sede plena" della medesima Sede nel luglio del 1997.

    Ancora ad Haiti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Port-de-Paix, presentata dal vescovo, Frantz Colimon, della Congregazione dei Monfortani, in conformità al can. 401 - par. 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Pierre-Antoine Paulo, Oblato di Maria Immacolata, finora coadiutore della medesima diocesi. Mons. Paulo ha 64 anni. Ha studiato a Roma, presso la Pontificia Università San Tommaso, ottenendo la Licenza in Filosofia e in Teologia. Più avanti, ha nuovamente soggiornato a Roma, conseguendo la Laurea in Teologia Biblica, presso la medesima Università San Tommaso. Dopo l'ordinazione sacerdotale, ha ricoperto gli seguenti incarichi, fra gli altri, di maestro dei Novizi a Port-au-Prince e professore di Sacra Scrittura, provinciale e presidente della Conferenza Haitiana dei Religiosi, superiore della Missione degli Oblati di Maria Immacolata in Colombia e docente di Sacra Scrittura al Seminario maggiore di Cartagena. E' stato eletto vescovo coadiutore di Port-de-Paix nel luglio 2001.

    Benedetto XVI ha nominato consigliere dello Stato della CIttà del Vaticano, l'ing. Daniele Dalvai.

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    Stasera in Aula Paolo VI, la Veglia di preghiera del Papa con migliaia di studenti, in occasione della VI Giornata europea degli universitari

    ◊   “Europa e Americhe insieme per costruire la civiltà dell’amore”: è il tema della sesta Giornata europea degli universitari, che vivrà il suo momento culminante stasera con la Veglia di preghiera del Papa assieme a migliaia di studenti, in Aula Paolo VI. L’incontro con il Benedetto XVI, a partire dalle ore 18, sarà seguito in collegamento satellitare da alcune città europee e delle due Americhe. L'evento, promosso dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) e organizzato dalla Pastorale universitaria del Vicariato di Roma, sarà seguito dalla nostra emittente in radiocronaca diretta in lingua italiana, per la zona di Roma, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Sul tema della giornata, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Aldo Giordano, segretario generale della CCEE:


    R. - La prima realtà è che si vuole rispondere alle sfide della globalizzazione. La Chiesa cattolica è universale, riguarda quindi tutto il mondo ed ha questa grande chance di mettere insieme, di mettere in "rete" addirittura i continenti. Dall’altra parte, c’è una presa di coscienza nuova del compito delle Università e soprattutto delle generazioni giovani che stanno studiando nelle Università. Le Università sono un luogo di pensiero, di formazione: sono un luogo della cultura e sono sempre più interconnesse fra loro sia a livello europeo, sia a livello mondiale. Saranno proprio questi giovani che domani avranno una visione planetaria e che anche a livello di lavoro e a livello di contatti avranno a che fare con tutti i continenti.

     
    D. - Quale contributo i giovani universitari possono offrire alla costruzione di una nuova Europa, aperta ma senza disconoscere la propria identità?

     
    R. - Da una parte, i giovani sono certamente più liberi dalle ideologie - le generazioni più anziane hanno infatti dovuto affrontare le ideologie e quindi si confrontano ancora con questi problemi - ed hanno inoltre una spontanea esperienza di legame tra i popoli e tra le culture. Sono sempre al di là delle frontiere. La stessa Università oggi favorisce queste esperienze in Paesi stranieri proprio per far conoscere queste realtà. I giovani possono allora portare una novità, possono avere una intuizione di un mondo veramente diverso, di una civiltà diversa, di una civiltà più giusta, di una civiltà che cerca la pace. Dall’altra parte, però, perché questo desiderio dei giovani non sia senza radice, noi abbiamo un grosso compito di formazione per poter trasmettere dei valori che sono stati già sedimentati nei secoli e nei millenni. C’è una esperienza dell’umanità, c’è una esperienza culturale, c’è un’esperienza di ricerca e di valori che noi abbiamo la responsabilità di trasmettere.

     
    D. - Benedetto XVI propone una fede amica della ragione. Come portare avanti questo impegno nelle Università e nel mondo della cultura, in particolare, europea?

     
    R. - Direi che l’Università rappresenta proprio il luogo tipico per potare avanti tutto questo. E questo perché in Europa, da una parte, abbiamo una grande tradizione sul tema della ragione, con il rischio però di eliminare ogni tipo di riferimento ad altro dalla ragione o riferimento dalla trascendenza. Il Papa, invece, intuisce e capisce che la ragione può realizzare in pienezza il suo compito quando è aperta al trascendente, quando è aperta all’oltre e, infondo, quando è aperta a Dio. In questo senso, anche dialogare come europei con l’America Latina è interessante. Quando, ad esempio, abbiamo partecipato nel maggio scorso alla V Conferenza dei vescovi dell’America Latina abbiamo colto come in quel continente vi sia quasi una naturale apertura al trascendente. Cosa, questa, che noi qui in Europa - per via della secolarizzazione - rischiamo di perdere. Dobbiamo quindi recuperare la vera tradizione dell’Europa, che è una ragione che è sempre stata aperta e che ha contribuito alla crescita del mondo intero.

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    Domani, il cardinale Bertone parte per il Caucaso. Visiterà a nome del Papa l'Armenia e l'Azerbaigian

    ◊   E’ denso di appuntamenti il viaggio a carattere ecumenico e interreligioso in Armenia e Azerbaigian, che da domani fino al 9 marzo vedrà impegnato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Nel pomeriggio di domani è previsto l’arrivo in Armenia, a Yerevan, dove il porporato incontrerà le autorità locali. Nella cattedrale armena apostolica di Etchmiadzin, riceverà poi il benvenuto da Sua Santità Garegin II, Catholicos di tutti gli Armeni, con il quale, il giorno successivo, reciterà la preghiera ecumenica. Tra le visite in programma, è da ricordare quella di martedì prossimo all’ospedale “Redemptoris Mater”, donato nel 1991 da Giovanni Paolo II al popolo armeno duramente colpito da un terremoto. Dopo le tappe di mercoledì 5 in diversi monasteri, giovedì 6 marzo è previsto l’arrivo e il saluto delle autorità locali all’aeroporto di Baku, in Azerbaigian. Tra gli impegni del porporato, l'importante inaugurazione nella capitale azera della Chiesa cattolica dell’Immacolata Concezione, alla presenza del presidente della Repubblica, del capo dei Musulmani del Caucaso, del vescovo ortodosso russo, e del capo degli Ebrei della Montagna. Il terreno sul quale è stata costruita la Chiesa era stato donato a Papa Wojtyla dall’allora presidente, Heydar Aliyev, padre dell'attuale capo dello Stato dell’Azerbaigian. Sabato, 8 marzo, sempre a Baku, sono in programma le visite del cardinale Bertone alla moschea, alla cattedrale russa ortodossa e alla sinagoga. Nella serata di domenica 9 è previsto il rientro in Vaticano.

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    Da lunedì prossimo, la Penitenzieria Apostolica tiene in Vaticano un “Corso sul Foro Interno”

    ◊   Un corso per i nuovi sacerdoti, incentrato sul ministero della Confessione. E' quello che Inizia lunedì, 3 marzo, in Vaticano, presso il Palazzo della Cancelleria. Il "Corso sul Foro interno” - questo il suo nome - è organizzato dalla Penitenzieria Apostolica e sarà presieduto dal penitenziere maggiore, il cardinale James Francis Stafford, fino alla sua conclusione, venerdì 7 marzo. Durante il Corso, che si rivolge in particolare ai nuovi sacerdoti, saranno trattati temi morali e canonistici che interessano il ministero penitenziale, soprattutto quello della Confessione. Dopo l’introduzione del porporato, il reggente della Penitenzieria, il vescovo Gianfranco Girotti, e il teologo della Penitenzieria, padre Ivan Fuček, parleranno rispettivamente di situazioni di particolare delicatezza che interessano ogni confessore. Nei giorni successivi, si alterneranno le relazioni di mons. Juan Ignacio Arrieta, del rev.do Carlos Encina Commentz, di don Manlio Sodi e di padre Giovanni Colombo, i quali si soffermeranno ad illustrare la disciplina canonica e la sua retta applicazione riguardo ai delitti e alle pene e ai vari aspetti pratici. Sarà privilegiata la parte relativa alla retta amministrazione del sacramento della Penitenza e alla soluzione dei casi complessi e delicati che vengono sottoposti al giudizio e alla misericordia della Chiesa. Saranno inoltre evidenziati i criteri nel trattare alcuni casi di morale coniugale e familiare e proposta la Confessione come strumento per l’educazione morale. Padre Donald Kos darà informazioni su come redigere le domande alla Penitenzieria, mentre mons. J.M. Gervais illustrerà la concessione e l’uso delle Indulgenze. Ad ogni relazione seguirà un fruttuoso dibattito nel corso del quale verranno proposti quesiti di chiarimento e risoluzioni di dubbio a casi complessi e delicati. Le giornate di studio si concluderanno, dopo l’Udienza Pontificia della mattina, con una ‘Tavolta Rotonda’ venerdì 7 marzo. (A cura di Giovanni Peduto)

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    Il tocco della solidarietà umana e medica per accogliere il malato morente: una riflessione di padre Lombardi

    ◊   Dolori del corpo da alleviare nel rispetto della persona, solitudini da riempire con la vicinanza e l'affetto. Accanto all'esperienza vissuta dai malati terminali deve svilupparsi una grande cultura della solidarietà. E' quanto emerso dal recente convegno in Vaticano dedicato agli orientamenti operativi ed etici da assumere nei riguardi dei malati morenti. Su questo tema si sofferma con una riflessione il direttore della Sala stampa vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:


    Aiutare a vivere la morte con dignità, manifestando al morente la solidarietà dell’amore. E’ sempre stato doveroso, ma non è per nulla scontato. Non è detto che la maggiore capacità della scienza medica moderna venga impiegata per assistere la vita che si spegne, poiché questa può sembrare non più importante, soprattutto se si tratta di persone povere e sole, la cui assistenza appare solo come un peso da un punto di vista utilitaristico.

     
    Le parole del Papa al recente Convegno sul tema: “Accanto al malato inguaribile e al morente” dicono e chiedono la partecipazione sincera della Chiesa e della società a questa problematica antica ma sempre più attuale. Il passo della morte, a cui tutti ci avviciniamo, è un momento importante della nostra vita: ha un senso per cui merita - per ogni persona umana - di essere preparato e accompagnato. O no?

     
    Benedetto XVI ricorda Madre Teresa, che vuole che i più poveri sperimentino “nell’abbraccio dei fratelli e delle sorelle il calore del Padre” che li accoglie. L’impegno della medicina palliativa per alleviare le sofferenze dei malati inguaribili va nella direzione giusta. Come ricorda il Papa, anche nella regolamentazione del lavoro si devono riconoscere ai parenti le giuste possibilità di assistenza ai malati terminali. E’ tutta una cultura della solidarietà che deve svilupparsi, perché - conclude il Pontefice - “una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente, è una società crudele e disumana”.

     
    In questa prospettiva, la Chiesa ribadisce la sua opposizione a ogni forma di eutanasia diretta. Perché non può rinunciare a credere nell’amore e nella speranza, nel significato della sofferenza e nel destino trascendente di ognuno di noi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Ai nuovi lettori". Oggi per la prima volta nella sua lunga storia "L'Osservatore Romano" sarà distribuito ogni domenica, in 70.000 copie, insieme a un altro quotidiano, "L'Eco di Bergamo", una delle più antiche testate cattoliche italiane.

    Sempre in prima, un articolo di Philippe Capelle, decano onorario della Facoltà di filosofia dell'Institut Catholique de Paris, su "Religione e laicità in Francia".

    Nell'informazione internazionale, intervista di Francesco Ricupero al cardinale Delly III, patriarca di Babilonia dei Caldei, dopo il sequestro, ieri, dell'arcivescovo di Mossul dei Caldei, in Iraq.

    Sempre riguardo all'Iraq, un articolo di Gabriele Nicolò sulla storica visita, domani a Baghdad, del presidente iraniano.

    Sul bicentenario della nascita di Garibaldi un articolo di Andrea Possieri, dottore di ricerca in storia contemporanea: deludente il bilancio delle celebrazioni.

    I cd di Bruce Springsteen? Reparto letteratura: un articolo di Stas Gawronski sulla matrice spirituale dell'artista americano, considerato da alcuni studiosi un grande scrittore.

    Nell'informazione religiosa, intervista esclusiva a don Pascual Chavez Villanueva, rettore maggiore dei salesiani in occasione del ventiseiesimo capitolo generale.

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    Oggi in Primo Piano



    Primo contatto con i rapitori in Iraq di mons. Rahho, arcivescovo di Mossul dei Caldei, sequestrato ieri. Il dolore del Papa: è un atto "esecrabile". Folla alle esequie dei tre uomini uccisi durante il rapimento

    ◊   Un "esecrabile atto". Le parole di condanna, contenute in una nota della Sala Stampa della Santa Sede, esprimono il dolore e l'amarezza di Benedetto XVI per la grave notizia giunta ieri pomeriggio dall'Iraq. In un drammatico fatto di sangue, mons. Paulos Faraj Raho, arcivescovo di Mossul dei Caldei, è stato rapito da un gruppo di uomini armati, che hanno ucciso le due guardie di sicurezza che scortavano il presule e il suo autista, dei quali sono stati celebrate poche ore fa le esequie. Intanto, nel pomeriggio, mons. Baptiste Georges Casmoussa, arcivescovo siriaco di Mossul, ha riferito di una richiesta di "negoziazione" avanzata dai rapitori di mons. Rahho "per la liberazione" del presule. Mons. Casmoussa non ha rivelato particolari del negoziato, ma ha espresso preoccupazione per lo stato di salute di mons. Rahho. Ma torniamo per qualche istante ai momenti del sequestro nel suo servizio di Stefano Leszczynski:


    Un rapimento cruento e premeditato quello avvenuto ieri pomeriggio in Iraq a danno di mons. Paulos Faraj Rahho all’uscita dalla Chiesa del Santo Spirito di Mosul. Durissimo l’attacco dei sequestratori che non hanno esitato ad aprire il fuoco ed uccidere le tre persone che si trovavano in macchina col presule. Dall’Iraq, fanno sapere che dei contatti sarebbero già in corso con i rapitori, i quali hanno avanzato delle richieste, anche se al momento non vi sono particolari novità. La Santa Sede con una nota della Sala Stampa Vaticana rende noto che il Papa, subito informato del sequestro dell'arcivescovo Rahho, è "amareggiato per tale nuovo esecrabile atto, che colpisce profondamente l'intera Chiesa nel Paese e in particolare la Chiesa Caldea". Il comunicato rende nota inoltre la "vicinanza" di Benedetto XVI al patriarca caldeo, Emmanuel III Delly, "a tutta quella provata comunità cristiana come pure ai familiari delle vittime". Il Papa si legge ancora nella nota invita ad unirsi alla sua preghiera per la liberazione di mons. Rahho e affinché il popolo iracheno ritrovi il cammino della riconciliazione e della pace. Ma sulla situazione dei cristiani in Iraq sentiamo il commento a caldo di mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk:

     
    R. - Ha raccontato un padre domenicano dicendo che ci sono tante telefonate che chiedono riscatti. Da lui, finora, non abbiamo sentito niente.

     
    D. - Mons. Sako, è sempre più difficile vivere in Iraq, per i cristiani,in questo periodo?

     
    R. - Una cosa nuova è la pubblicazione delle vignette che ha fatto molto male, perché qui la gente pensa ad un'azione cristiana contro l'Islam. Noi cristiani rispettiamo tutti, tutti!

     
    Una comunità colpita al cuore. Così si sente la Chiesa cattolica irachena in queste ore. “Questo rapimento non serve a costruire l’Iraq e a costruire la libertà, non serve a costruire il rispetto reciproco tra i popoli", ha dichiarato a caldo - contattato dall'agenzia MISNA - il rappresentante della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, mons. Philip Najim, che ha chiesto ai rapitori di rilasciare mons. Rahho perché, ha detto, "ha sempre amato la sua città, Mossul, e l’ha sempre servita". Nella città irachena, intanto, sono stati celebrati oggi i funerali delle tre persone rimaste vittime del sequestro di mons. Rahho. Xavier Sartre, della redazione francese della nostra emittente, ha contattato uno dei presuli che hanno partecipato alle esequie, il vescovo di Amadia dei caldei, Rabban Al Qas:


    R. - Oggi, ho celebrato la Messa con i sacerdoti, con i parenti, con i genitori, i fratelli, le sorelle delle vittime e con altre persone. Abbiamo pregato con tutta la Chiesa per questa situazione, perché i cristiani vivono a Mossul con una grande paura. Adesso, è tutto molto pericoloso a Mossul. I sacerdoti e le religiose, specialmente i Domenicani, non possono stare tranquilli in questa città. Aspettiamo e preghiamo che la resurrezione del Signore sia più grande della croce, perché la croce che hanno vissuto ieri, alla fine sarà la resurrezione. L’amore del Signore è più grande del male che hanno fatto i terroristi.

     
    Anche da Pax Christi si è levato un appello per una rapida liberazione di mons. Rahho. E’ da poco ritornata in Italia una delegazione internazionale dell’organizzazione, che proprio a Mossul ha incontrato il presule sequestrato ieri. Tra i rappresentanti di Pax Christi Italia appena tornati dal Paese del Golfo, c’è don Renato Sacco, che racconta al microfono di Giada Aquilino l’ultimo incontro con mons. Rahho:


    R. - Con lui abbiamo condiviso la preghiera, tra l’altro, in un villaggio vicino a Mosul, a Karamles, sulla tomba di un altro prete ucciso lo scorso mese di giugno e dove, tra l’altro, sono state sepolte le tre persone uccise con lui, ieri. Lui mi diceva che sapeva di essere minacciato. Sapeva questo e però diceva: “Io devo stare con la gente”, come per dire - secondo quantp ci dicevano altri amici in Iraq - che questo è ciò che vive spesso la gente comune.

     
    D. - Cosa rappresenta il rapimento di mons. Rahho per i cristiani e cosa significa essere cristiani oggi, in Iraq?

     
    R. - E’ in atto una lotta tra potere fra sciiti, sunniti, curdi... I cristiani sono una minoranza e pagano. Aumenta il dolore, prima di tutto, anche per chi è stato ucciso, la preoccupazione per mons. Rahho come amico e come vescovo, e aumenta l’impegno a non lasciar soli i cristiani.

     
    D. - Il Papa si sente vicino alla comunità cristiana dell’Iraq, prega per i familiari delle vittime e prega affinché venga restituito quanto prima mons. Rahho alla cura del suo gregge. Ecco: le parole del Papa quanto rafforzano la speranza?

     
    R. - Sicuramente, sono parole importanti. Ricordando Giovanni Paolo II, che aveva lavorato per il dialogo, e accogliendo anche questo invito di Benedetto XVI, auspichiamo che pure nelle nostre chiese si possa pregare, ricordando che, se è Quaresima, la croce non è solo un oggetto estetico da portare al collo, ma è quanto tanti cristiani stanno vivendo sulla propria pelle.

     
    D. - Quindi, ora l’appello di Pax Christi è...

     
    R. - Quello di continuare ad essere vicini a quella Chiesa. E’ un appello di dolore per il rapimento di mons. Rahho e per la morte di tante persone. Ma è anche l’appello per dire: “Noi dobbiamo scegliere comunque la non violenza, il rifiuto di ogni sopraffazione, il dialogo per quelle persone che possano trovare spiragli di pace e di solidarietà anche da parte nostra”.

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    Domani, in oltre 1350 piazze italiane si raccolgono firme da parte del popolo del Family Day per chiedere alle istituzioni interventi fiscali a favore delle famiglie

    ◊   “'Per un fisco a misura di famiglia” è l’appuntamento di domani organizzato in oltre 1350 piazze italiane dal "popolo" del Family Day. L’iniziativa punta a raccogliere firme da consegnare al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il prossimo 15 maggio in occasione della Giornata mondiale delle famiglie. Nella petizione, che è possibile sottoscrivere anche sul sito forumfamiglie.org, si chiedono interventi fiscali ma anche libertà nella scelta scolastica. Fabio Colagrande ne ha parlato con Giovanni Giacobbe, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari:


    R. - Le richieste partono dalla premessa che la nostra Costituzione attribuisce una rilevanza particolare alla famiglia, che definisce società naturale, fondata sul matrimonio. Sulla base di questa premessa, noi riteniamo che sia necessario, in concreto: una legislazione fiscale che consenta alla famiglia di adempiere al suo ruolo e una legislazione scolastica che consenta di operare le scelte educative che ritiene più opportune.

    D. - Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, quali sono le vostre richieste specifiche?

     
    R. - Sono l’istituzione di un sistema di deduzioni dal reddito imponibile che si ispiri al principio secondo cui il mantenimento di un figlio, o comunque di una persona a carico nell’ambito della famiglia, non è un fatto privato del padre e della madre ma è un fatto di rilevanza sociale. E quindi il costo deve essere sopportato dalla società e non dalla famiglia.

    D. - Voi affrontate anche il problema dei cosiddetti "incapienti"...

     
    R. - Certo, perché ovviamente a coloro che non hanno un reddito deve essere dato un contributo che copra la spesa del mantenimento del figlio. Tutto questo, poi, si inserisce in quella problematica ormai diventata di grande attualità che è la denatalità. Evidentemente, una delle ragioni della denatalità, probabilmente, va ricercata nel fatto che le famiglie non sono in grado di mantenere i figli.

     
    D. - Mantenere un figlio significa anche educarlo e qui passiamo al problema della scuola...

    R. - Occorre che la famiglia sia messa anche nelle condizioni economiche di potere scegliere il progetto educativo.

     
    D. - E da questo punto di vista, ritenete fondamentale garantire non solo l’autonomia costituzionale dell’istruzione scolastica ma anche il raggiungimento del trattamento equipollente fra scuole statali e paritarie...

     
    R. - Il trattamento economico che consenta alla famiglia di scegliere tra scuola statale e scuola paritaria.
     
    D. - Prof. Giacobbe, in questo documento che avete inviato ai candidati alla presidenza del Consiglio delle varie liste, non c’è solo la tutela sociale della famiglia ma anche della vita...

     
    R. - Perché la tutela della vita, dal concepimento alla conclusione, riguarda per un verso le persone individualmente considerate ma anche le famiglie. Ad esempio, l’eutanasia è una situazione che coinvolge la famiglia e invece di parlarne bisognerebbe pensare di offrire alle famiglie un’assistenza che consenta di dare il supporto necessario. Quando in una famiglia c’è un malato terminale che vive con grandi sofferenze, diamo a questa famiglia gli strumenti per consentire di assistere questo malato e per consentire a questo stesso malato di completare la sua vita in serenità.

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    In Italia, il film-documentario "To die in Jerusalem", racconto del confronto tra una madre palestinese e una israeliana, entrambe rimaste orfane delle figlie

    ◊   Il conflitto in Medio Oriente vissuto attraverso il racconto di due madri che hanno perso le figlie sedicenni: una suicida palestinese, l’altra israeliana. Nell’ambito di una tournèe internazionale, è arrivato in Italia il film documentario "To die in Jerusalem" - "Morire a Gerusalemme", della regista israeliana, Hilla Medalia. Selezione ufficiale di prestigiosi Festival, in circa 70 minuti, il film offre una prospettiva umana che troppo spesso è del tutto oscurata dalle motivazioni politiche. Al microfono di Gabriella Ceraso, la regista Hilla Medalia:

    R. - I felt that that…
    Credo che una storia così personale, raccontata da queste madri - la sorte di due ragazze così simili, il dolore delle famiglie - penso che ciò possa arrivare al cuore delle persone ed aiutarle a conoscere da vicino i due popoli, al di là della politica e della storia. Queste donne rappresentano come in un microcosmo il grande conflitto.

     
    D. - Il film culmina nel confronto tra le due madri. Ciascuna però alla fine rimane sulle proprie posizioni. Questo significa, dunque, che non c’è una speranza di un dialogo vero tra i popoli...

     
    R. - I think there is a possibility...
    No, credo che ci sia una possibilità. Certo, ognuna delle madri va ad incontrare l’altra per ragioni molto diverse: una vuole commemorare la figlia e capire perché è stata uccisa; l’altra difende la causa palestinese e dice di non condividere la logica degli attentati, ma che si tratta del volere di Dio, e questo impedisce loro di andare d’accordo. Eppure è qui la speranza: sono rimaste a parlare per quattro ore e nessuna ha mostrato mai di volersi alzare e andare via.

     
    D. - I protagonisti del documentario più di una volta affermano che nella risoluzione della questione mediorientale la politica ha dei limiti e la violenza non serve. A tuo parere, qual è la strada da intraprendere?

     
    R. - I think the dialogue is necessary...
    E’ il dialogo la cosa più necessaria. Bisogna conoscersi e capirsi, altrimenti non si va da nessuna parte, anche la pace si raggiunge solo così.

     
    D. - E l’arte, là dove si combatte, quale contributo può dare?

     
    R. - I think art has a lot...
    L’arte è molto importante in tempo di guerra, serve a dare un significato. Lo si vede nella scuola d’arte di Betlemme che appare nel film. E’ frequentata per lo più da musulmani e nessuno di questi ragazzi ha mai preso parte a resistenza e violenze. Riguardo al mio film, spero che faccia partecipare col cuore alla vicenda, che avvicini le persone al problema. Lo mostreremo nelle scuole in Israele e nei territori e se riesce ad aiutare anche una sola persona, è già una cosa importante.

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    Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della quarta domenica di Quaresima

    ◊   In questa quarta Domenica del Tempo di Quaresima, la Liturgia ci presenta il Vangelo del cieco nato guarito da Gesù tra l’incredulità dei farisei. Il Signore afferma di essere la luce del mondo: è venuto “per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”. Alcuni farisei replicano: “Siamo forse ciechi anche noi?”. Gesù allora dice:

    “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”.

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:

    (musica)
     Tutto il racconto del cieco nato sta sotto il segno della manifestazione delle opere di Dio. L’azione di Dio è meravigliosa agli occhi di colui che si lascia ridare la vista e che non vede e non pretende di vedere con la vista propria, ma con quella che il Signore gli dona. Un grande segreto è nascosto qui: con quale vista noi guardiamo? Da ciò dipende in prima istanza quel che vediamo e quel che non vediamo. La vista è importante, perché è a partire dal vedere che l’uomo conosce, riconosce e si muove in un orizzonte o in un altro. E’ sulla facoltà della vista che Gesù interviene con il cieco nato, della vista esteriore e di quella che vede il mistero del Dio presente. “Tu l’hai visto” dice Gesù, ed egli risponde “Io credo Signore”. Ma che cosa aveva visto il cieco? Toccandolo nel fondo del suo io, Cristo lo aveva stretto a sé. E il dono della vista si chiama fede: l’oculata fides, la fede che vede, gli occhi della fede, gli occhi che Cristo ci ha prestato.

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    Chiesa e Società



    I vescovi della Bolivia preoccupati per la crisi politica: “Una minaccia seria ai fondamenti della democrazia" del Paese

    ◊   “Gli ultimi fatti di inaudita violenza, ad opera di alcuni settori, contro il parlamento nazionale, esprimono bene la gravità del momento. Crediamo che rappresentino una minaccia seria ai fondamenti della democrazia e della vita istituzionale del Paese”. È quanto affermano i vescovi della Bolivia, riporta l'Agenzia Fides, in seguito alla crisi politica che sta interessando il Paese. Ieri, il partito del presidente, Evo Morales, ha approvato l’indizione di due referendum - il prossimo 4 maggio - per ottenere la convalida al suo progetto costituzionale. La seduta del Congresso si è svolta tra le accese proteste dell’opposizione. Alcuni parlamentari non sono riusciti ad entrare nei locali perché alle porte del Congresso c’era un presidio di un centinaio di contadini, indigeni e minatori che hanno anche aggredito i membri dell’opposizione. Uno dei referendum permetterà di stabilire se l’estensione dei latifondi espropriabili sarà di 5.000 o 10.000 ettari, un tema che non è stato definito nell’Assemblea costituente dello scorso anno. Nel loro comunicato, i vescovi respingono con forza gli oltraggi all’integrità fisica e rivolgono un appello ai responsabili della nazione e ai leader politici “a preservare il valore della vita, le libertà personali e la cultura democratica”, lasciando da parte “la strumentalizzazione dei gruppi sociali volta ad imporre con la forza visioni e progetti politici settoriali”. Allo stesso tempo, chiedono a tutti “di optare responsabilmente per la via del dialogo, il rispetto della vita, dei diritti e delle libertà personali”. (S.G.)

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    Paraguay: l'appello dei vescovi a “non minimizzare" l'epidemia di dengue e febbre gialla che colpisce alcune regioni del Paese

    ◊   I vescovi del Paraguay lanciano un appello per far fronte all’emergenza sanitaria del Paese e denunciano che il diffondersi di epidemie di dengue e della febbre gialla è dovuto allo stato di abbandono in cui si trova il sistema ospedaliero pubblico. Nel marzo dello scorso anno, i vescovi avevano sollecitato le autorità “a non minimizzare l’epidemia di dengue”, chiedendo a tutti i cittadini “di assumere la loro parte di responsabilità per combattere il male”. I presuli sottolineano: la soluzione di quest’emergenza “in larga misura dipende dalla nostra collaborazione” e perciò, aggiungono, "è necessario un cambiamento culturale che implichi un impegno da parte di tutti i cittadini a lavorare per il bene comune, svolgendo concretamente i compiti che sono alla propria portata. Con il nostro atteggiamento possiamo prevenire le malattie e salvare vite umane. Questa è un’esigenza della carità cristiana. Non farlo, è un grave peccato di omissione”. Il comunicato termina con un appello ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, agli operatori pastorali e ai fedeli laici, affinché “collaborino con tutti i mezzi e le risorse alla loro portata per combattere il male”, in special modo attraverso l’educazione preventiva. (L.B.)

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    Protesta delle comunità cattoliche vicino Mumbai, in India, contro l'estensione di un parco giochi che costringerebbe al trasferimento 75 mila persone

    ◊   Nei giorni scorsi, oltre undicimila persone, soprattutto cattolici, sono scese in piazza vicino Mumbai, nell’India occidentale, per protestare contro l’allargamento di un parco dei divertimenti che costringerebbe al trasferimento di dieci villaggi. Gli abitanti, circa 75 mila, sono soprattutto pescatori e chiedono al governo di ritirare l’autorizzazione al progetto. Anche suore e sacerdoti, informa l’Osservatore Romano, si sono uniti ai manifestanti che hanno bloccato il traffico vicino al parco, la cui estensione dovrebbe coprire più di 5.700 ettari. Mumbai, il nuovo nome di Bombay, si trova nello Stato di Maharashtra ed è il cuore dell’arcidiocesi più ampia dell’India: serve oltre 500 mila cattolici. Padre Anselem Gonsalves, pastore della Chiesa Holy Magi, nel villaggio di Goraiu, ha raccontato che per oltre cinque ore diverse barche da pesca e turismo hanno bloccato sul fiume Corai Creek il passaggio dei vaporetti che trasportano visitatori al parco giochi. Il progetto, ha spiegato, danneggerebbe la pesca e la produzione del sale, oltre a costringere al trasferimento gli abitanti. (S.G.)

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    "Da mihi animas, caetera tolle": il motto di Don Bosco è il tema del 26.mo Capitolo generale della Congregazione Salesiana, che inizia domani

    ◊   Si apre lunedì mattina a Roma, presso il Salesianum, il 26.mo Capitolo generale della Congregazione Salesiana, sul tema “Da mihi animas, caetera tolle”, motto scelto da Don Bosco per la sua azione pastorale e, in seguito, per la Congregazione stessa. La massima esprime l’obiettivo di fondo del Capitolo: ripartire da Don Bosco, per vivere con rinnovata fedeltà il carisma del fondatore. L’assise è stata convocata il giugno 2006 dal Rettor Maggiore e nono successore di Don Bosco, don Pascual Chávez Villanueva, intorno al quale si riuniranno 232 capitolari per “conoscere, in un determinato momento della storia, la volontà di Dio per un migliore servizio alla Chiesa". I lavori capitolari, che si protrarranno fino al 12 aprile, sono stati suddivisi in cinque aree tematiche: ritornare a Don Bosco; l’evangelizzazione, rivolta principalmente al campo dell’educazione; la proposta della vita consacrata salesiana; la povertà evangelica; le nuove frontiere della missione salesiana negli odierni luoghi di aggregazione giovanile. Nel corso del Capitolo, si procederà al rinnovo del Consiglio generale e verrà presentata la relazione sullo stato della Congregazione che conta, al momento, oltre 15.700 religiosi presenti in 129 nazioni del mondo. Prima dell’apertura dei lavori, i religiosi capitolari hanno compiuto un pellegrinaggio nei luoghi di Don Bosco dal 23 al 25 febbraio e sono stati successivamente impegnati nell’esame della situazione della Congregazione e negli esercizi spirituali. (S.G.)

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    "Reciclatori senza frontiere": al via in Colombia il primo congresso mondiale per la tutela dell'ambiente attraverso la raccolta responsabile dei rifiuti

    ◊   Promuovere il riciclaggio al livello globale per preservare l’ambiente e dare sostentamento a centinaia di migliaia di persone che vivono raccogliendo, classificando e rivendendo rifiuti solidi urbani: è l’obiettivo, informa l’agenzia MISNA, del primo Congresso mondiale dei “riciclatori di rifiuti”, il terzo al livello latinoamericano, che si apre oggi nella capitale colombiana Bogotá alla presenza di delegati provenienti da 40 Paesi, dall’India, al Sudafrica, all’Argentina. Riuniti nell’organizzazione “Riciclatori senza frontiere”, esponenti di movimenti sociali, sindacati e organizzazioni non governative metteranno a punto una nuova strategia per la creazione di una “rete mondiale”; confronteranno le loro esperienze per aumentare la visibilità del loro contributo e incidere con più efficacia sulle politiche pubbliche e per mitigare gli impatti dello sviluppo economico globale sulla società e l’ambiente. Il Congresso, che terminerà lunedì, si inaugura in concomitanza con la Giornata nazionale dei riciclatori colombiani, che nel Paese sudamericano sono oltre 200 mila, la metà circa nella sola Bogotá, città di sette milioni di abitanti che produce ogni giorno 6.200 tonnellate di rifiuti solidi, il 38% dei quali potenzialmente riciclabili. (S.G.)

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    Indonesia: sei lettere pastorali di un vescovo invitano i fedeli a rispettare l'ambiente

    ◊   “L’ambiente è un amico da abbracciare”. È quanto si legge in una delle sei lettere pastorali diffuse nella diocesi di Pangkalpinang, in Indonesia, durante il periodo di Quaresima, su iniziativa del vescovo, Hilarius Moa Nurak. L’iniziativa, informa L’Osservatore Romano, ha l’obiettivo di esortare i fedeli ad agire correttamente nei confronti della natura. Questi i sei temi affrontati: la cura dell’ambiente, il rispetto per tutte le cose viventi a dispetto dell’egoismo che spinge l’uomo ad atti distruttivi: il dovere per il cristiano di proteggere l’ecosistema come prova della sua capacità di discernimento tra bene e male; il danneggiamento dell’ambiente come causa del peggioramento delle relazioni umane; l’impegno attivo delle famiglie cattoliche verso l’ambiente che le circonda; il pentimento dei fedeli per le violenze contro la natura. Quest’ultimo tema verrà affrontato nelle parrocchie della diocesi durante i riti celebrati l’8 e il 9 marzo. (S.G.)

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    Myanmar: ricorre il prossimo 8 marzo la Giornata mondiale di preghiera promossa dalle comunità cristiane di diverse confessioni

    ◊   Comunità cristiane di diverse confessioni in tutto il mondo saranno unite in comunione di spirito il prossimo 8 marzo per celebrare la X Giornata mondiale di preghiera per il Myanmar. L’iniziativa, informa l'agenzia Fides, è stata avviata nel 1997 da un gruppo di cristiani che avevano a cuore le condizioni della popolazione birmana ed è cresciuta negli anni, sempre sostenuta e apprezzata dalla leader birmana Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace e sostenitrice dei diritti umani e della democrazia nel suo Paese. Numerose comunità cattoliche e protestanti hanno dato la propria adesione e saranno molte anche le organizzazioni non governative di ispirazione cristiana in tutto il mondo (come Christian Solidarity Worldwide) a promuovere marce e veglie di preghiera in favore del popolo birmano. Numerose associazioni, esponendo le loro intenzioni sul sito Internet www.prayforburma.org, affermano: “Preghiamo affinchè la luce e l’amore del Signore raggiungano il Myanmar, per la libertà e la pace, affinché giustizia prevalga nei cuori di coloro che sono alla guida del paese. Preghiamo per la democrazia e il rispetto dei diritti delle comunità etniche, per il perdono e la fratellanza tra i vari gruppi etnici”. La Giornata di preghiera segue quella di mobilitazione delle coscienze celebrata il 6 ottobre 2007. (S.G.)

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    Ad aprile, il Congresso internazionale "L'olio sulle ferite". Una risposta alle piaghe dell'aborto e del divorzio

    ◊   Seguendo l’invito di Papa Benedetto XVI nella Sua enciclica Deus caritas est, il "Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia" intende promuovere l’ascolto e la riflessione sulle sofferenze delle persone che hanno vissuto da vicino il trauma del divorzio dei propri genitori o quello di un aborto procurato. Le statistiche, rendono noto i promotori, mostrano che il numero di coloro che vivono questi dolorosi traumi non è affatto trascurabile. Allo stesso tempo, il dibattito ideologico che ruota intorno a queste tematiche impone spesso un silenzio che dimentica le ferite delle persone. Da qui, l’iniziativa del Pontificio Istituto in collaborazione con i “Cavalieri di Colombo”: un congresso internazionale dal titolo “L’olio sulle ferite” (cfr. Lc 10,34). Una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio, in programma il 4 e 5 aprile prossimi. L’iniziativa prende spunto dalla parabola del Buon Samaritano e intende spingere a un’azione pastorale mossa da carità, che tenga in considerazione le persone, al di là di ogni ideologia: un’azione pastorale che sia davvero “olio sulle ferite”. (S.G.)

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    Afghanistan: secondo un rapporto dell'ONG Oxfam, l'instabilità del Paese è dovuta più alle dispute tra privati che al rafforzamento dei talebani

    ◊   "Le misure adottate per promuovere la pace in Afghanistan non stanno avendo successo. Ciò non è dovuto al rafforzamento dei talebani, ma alla mancanza di sicurezza che spesso ha origini locali, come le dispute per la terra, l'acqua e affari familiari, fatti che possono evolvere in un conflitto tra fazioni": lo afferma un rapporto dell'organizzazione non governativa Oxfam intitolato "Community Peacebuilding in Afghanistan", diffuso dall’Agenzia MISNA. Mentre negli Stati Uniti continuano le polemiche per le dichiarazioni del capo dell'intelligence, Micheal McConnell, secondo cui la strategia militare non funziona e il presidente Karzai controlla appena il 30% del territorio, il rapporto è esplicito nel sottolineare l’importanza delle dispute locali come principale causa di insicurezza. Il 50 per cento degli afghani indica l'acqua come elemento scatenante per gli scontri, il 43 per cento i problemi legati alla terra, l'83 per cento cita questioni collegate alla famiglia. "Il recente deterioramento della sicurezza, soprattutto nel sud e nel sud-est dell'Afghanistan, è la prova che le strategie calate dall'alto sono inadeguate senza un lavoro di pacificazione a livello di base", conclude il documento. (S.G)

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    Nel settembre 2009 le reliquie di Santa Teresa di Lisieux saranno per la prima volta nel Regno Unito

    ◊   Dopo aver girato per 15 anni attraverso 40 Paesi in tutto il mondo, nel 2009 le reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù saranno per la prima volta nel Regno Unito. La visita, richiesta dal Primate Cormac Murphy O’Connor, a nome della Conferenza episcopale inglese, avrà luogo dal 16 settembre al 7 ottobre. In vista dell’evento, i vescovi hanno intenzione di preparare un vasto programma nazionale di catechesi preparatoria, centrata sulla spiritualità della Santa di Lisieux. Scopo del pellegrinaggio, è mostrare in modo concreto ai fedeli che Dio è vivo ed è tra noi, ha spiegato il cardinale O’Connor. “E’ con la fedeltà nelle piccole cose di ogni giorno, animata dall’amore di Cristo - ha affermato - che possiamo raggiungere la Santità”. Il programma di massima, messo a punto dai vescovi Arthur Roche di Leeds e Malcolm Macmahon di Nottingham, prevede soste nelle principali città del Regno Unito. Canonizzata nel 1925, nel 1997 Santa Teresa di Lisieux è stata proclamata dal Santo Padre Giovanni Paolo II “Dottore della Chiesa”. (S.G.)

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    Australia: vendita di pane pasquale per finanziare la GMG delle comunità indigene

    ◊   Uno speciale “Hot Cross Bun”, ovvero il tipico pane dolce pasquale, sarà messo in vendita dall’11 al 14 marzo per finanziare la partecipazione dei giovani delle comunità indigene più remote dell'Australia alla GMG di Sydney (15-20 luglio 2008). L’iniziativa, rende noto l'agenzia SIR, è stata promossa dal Comitato organizzatore della Giornata mondiale della gioventù in collaborazione con una nota azienda alimentare australiana. Una confezione di sei "Hot Cross Bun”, nella speciale confezione GMG, potrà essere acquistata per 3,50 dollari australiani e sono oltre 700 le scuole, i gruppi e le parrocchie che hanno aderito. "Non vediamo l'ora che una risposta positiva ed entusiasta segni questo evento generazionale - afferma il vescovo coordinatore della GMG, mons. Anthony Fisher - e invitiamo scuole, parrocchie, comunità e movimenti a sostenere l'iniziativa "Hot Cross Buns”. (S.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Oltre 30 morti, nelle ultime ore, nella Striscia di Gaza, dove si combatte da 4 giorni

    ◊   È salito a 32 il numero dei palestinesi, tra cui 3 bambini, uccisi nei combattimenti con le truppe israeliane, in corso da stanotte nel nord della Striscia di Gaza. Si tratta di dati diffusi da fonti ospedaliere locali e sembrano destinati ad un'eveoluzione, perché gli scontri continuano. Il nostro servizio:


    Tra i civili uccisi, tre donne e tre bambini; tra i miliziani, anche il figlio di un deputato di Hamas. Due giorni fa era stato ucciso anche il figlio del capogruppo parlamentare. Guardando alla parte israeliana, Tel Aviv denuncia il ferimento di cinque soldati - nessuno in pericolo di vita - e di due civili colpiti leggermente nello scoppio di uno dei quattro razzi caduti nelle ultime ore sulla città di Ashkelon. C’è la dichiarazione del vice ministro della Difesa israeliano, Vilnai: parla di operazioni di routine per scongiurare il lancio di razzi e nega che i combattimenti in corso nel nord della Striscia di Gaza siano l'inizio di una grande operazione terrestre dell'esercito volta a portare a una parziale occupazione della Striscia. Mentre il presidente palestinese afferma che “ciò che accade a Gaza è più che un olocausto” e chiede una “protezione internazionale per il popolo palestinese”. Di fatto si combatte da quattro giorni: secondo la radio pubblica israeliana, sono sedici i razzi caduti in diverse località israeliane, in maggioranza nel Neghev occidentale. Mentre sale a 67 il numero dei palestinesi uccisi, tra cui 11 bambini. Gli scontri sono scoppiati dopo che Israele ha lanciato un’offensiva in risposta alla morte di un civile israeliano, colpito mercoledì da un razzo palestinese Qassam.

     
    Kosovo
    Sono stati sospesi dalla polizia mista kosovara (KPS) i circa 150 agenti di etnia serba del nord del Kosovo che ieri hanno dichiarato di non voler prendere ordini dalle autorità di Pristina, che non riconoscono, chiedendo di essere messi direttamente sotto il comando della missione delle Nazioni Unite (UNMIK). La KPS - si apprende dal sito online della BBC - ha avviato una trattativa con i suoi poliziotti di etnia serba anche in altre parti dell'ex provincia serba a maggioranza albanese che il 17 febbraio si è dichiarata indipendente. Sono circa 700 gli agenti serbi nella polizia mista KPS, che ha in tutto circa 7.000 uomini.

    In Uganda sempre più vicino l’accordo di pace tra governo e ribelli
    Il governo ugandese ha annunciato stasera di aver firmato con l'Esercito di resistenza del signore (LRA) un accordo di disarmo, smobilitazione e reinserimento sociale dei ribelli. Si tratta dell'ultima tappa prima della firma di un accordo di pace definitivo. I colloqui tra il governo di Kampala e i ribelli dell'LRA erano cominciati nel luglio 2006. Il 23 febbraio 2008 si era giunti alla firma di un cessate-il-fuoco permanente. Stasera la firma dell'ultima intesa preliminare all'accordo di pace.

    Spagna
    Scontri questa notte a Madrid tra manifestanti e polizia che ha sparato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per separare gruppi opposti di dimostranti, di estrema destra e di estrema sinistra. I manifestanti di sinistra, un migliaio circa, hanno cercato di impedire nel centro della capitale spagnola un raduno di neofascisti della formazione "Nazione e Rivoluzione" in una zona della città a forte presenza di immigrati. Molti degli estremisti di destra hanno fatto il saluto nazista. Teatro degli incidenti sono state le strade del quartiere "La Latina" dove cassonetti della spazzatura e cabine telefoniche sono stati dati alle fiamme e numerose auto danneggiate. La polizia ha effettuato sette arresti, prima che la calma tornasse per le strade de "La Latina".

    Armenia
    Sono 31 le persone rimaste ferite stamane nel corso dell'intervento della polizia per disperdere la manifestazione dell'opposizione armena nella piazza principale di Erevan. Protestano contro i risultati delle elezioni presidenziali del 19 febbraio e chiedono l'annullamento della vittoria del premier Serge Sarkisian. Tra i feriti, uno risulta grave. Sei sono agenti. La polizia, che ha messo agli arresti domiciliari il capo dell'opposizione armena Levon Ter-Petrosan, ha giustificato il suo intervento con la presenza e l'uso tra i manifestanti di oggetti contundenti e materiale incendiario. Intanto, secondo alcune fonti, l'opposizione è già tornata a scendere nelle vie per una nuova manifestazione.

    Domani la Russia alle urne per l’elezione del presidente
    È tutto pronto in Russia per le presidenziali di domani. Oltre 100 milioni gli elettori che si recheranno alle urne per eleggere il nuovo leader della federazione per i prossimi quattro anni. Favorito il candidato del Cremlino, Dmitri Medvedev, che in caso di vittoria affiderebbe l’incarico di premier al presidente uscente Vladimir Putin. Le operazioni di voto - che cominceranno già stasera nell’estremo oriente russo - non saranno monitorate dall’OSCE che, in polemica con le difficoltà opposte da Mosca, ha rifiutato di inviare il proprio personale. Da Mosca, Giuseppe D’Amato.


    “Il tuo voto è importante per il Paese”. Questo è il testo degli sms inviati dalle principali compagnie di telefonia mobile per ricordare ai russi dell’appuntamento elettorale. In televisione ed alla radio gli appelli si susseguono in continuazione. L’apatia è il maggiore pericolo di queste presidenziali, in cui il candidato del Cremlino, il vice-premier Dmitrij Medvedev, è dato come netto vincitore. I sondaggi lo danno ad oltre il 70% delle intenzioni di voto. Due sono le questioni di cui si discute maggiormente in Russia: quale sarà il futuro rapporto tra Medvedev e Putin e come verranno affrontate le urgenze del momento. Per la campagna elettorale, ad esempio, i prezzi dei generi di prima necessità sono congelati da novembre. Si teme nei prossimi mesi un aumento indiscriminato. Il tasso di inflazione è già superiore a quanto preventivato dal governo ed i prezzi alla produzione sono saliti addirittura del 25%. Secondo la Banca Mondiale “la Russia presenta sempre più i classici sintomi della febbre olandese”. Le materie prime rappresentano l’80% dell’export ed il loro prezzo è al suo massimo storico. L’economia interna, insomma, rischia molto. La nuova Presidenza porrà il miglioramento della qualità della vita dei russi al centro del suo operato. Il Paese è in preda ad una spaventosa crisi demografica. Ogni anno perde circa 700mila abitanti. Solo quest’anno si è riusciti ad attenuare un po' la situazione. La creazione di infrastrutture è, poi, il secondo obiettivo, vitale per garantire crescita e sviluppo. (Da Mosca per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato)

     
    E sulle elezioni di domani, l'opinione del prof Vittorio Strada, esperto di lingua e letteratura russa, intervistato da Stefano Leszczynski:


    R. - Naturalmente l’anomalia della situazione sta proprio nel fatto che l’attuale presidente Putin ha in qualche modo designato il suo successore, che naturalmente riceverà il riconoscimento da parte dell’elettorato. C’è un massiccio appoggio da parte dei media per il candidato designato da Putin, Medvedev. Quindi, già questo dice qual è la situazione. Se poi sentiamo i sondaggi che sono stati fatti, c’è una parte dell’elettorato che si rifiuta di partecipare all’elezione proprio perché l’esito è considerato scontato.

    D. – Rischia di uscire danneggiata agli occhi dell’occidente una Russia che avesse per presidente quello che ormai tutti definiscono come il delfino di Vladimir Putin…

    R. – Credo che in Occidente nessun osservatore si è fatto e si faccia delle illusioni circa la situazione politica in Russia. Le incognite sono due: quale sarà il grado di astensione e quale sarà il grado di suffragi positivi per Medvedev, che secondo le previsioni oscilla tra il 70 e l’80 per cento. Una terza incognita potrebbe essere qual è il secondo nella graduatoria: sarà Zyuganov o Zhirinovsky? Ma questo non è che conti molto.

    D. – Gli analisti indicano Medvedev come un liberale. Che senso assume questo dato nella Russia di oggi?

    R. – Il fatto che Putin abbia designato come suo successore, come delefino - come si usa dire - Medvedev, rispetto a Ivanov, l’altro candidato, almeno nelle analisi che si facevano alcuni mesi fa, è un fatto relativamente positivo. Certamente la situazione però è determinata da questo “doppio potere” che si istituirà dopo le elezioni, dopo la vittoria di Medvedev perché il capo del governo non è un capo del governo qualsiasi.

     
    D. – Gli osservatori della OSCE si sono rifiutati di andare a monitorare le elezioni in Russia, in seguito alle forti limitazioni che erano state imposte dal Cremlino…

     
    R. - Certamente non è un fatto positivo e la responsabilità è di entrambe le parti, perchè non c’è stato un accordo che probabilmente non era desiderato da parte russa. Quanto ai rapporti che potranno poi scaturire dopo le elezioni, si tratta di rapporti complessi tra la Russia, l’Europa, l’Occidente in generale, e l’America.

    Rientra in Moldavia la giornalista bloccata all’aeroporto di Mosca
    Ha accettato di ripartire insieme a suo marito per la Moldavia, suo paese natale, Natalia Morar, 23 anni, la giornalista autrice di servizi “scomodi” per il Cremlino bloccata da mercoledì scorso all'aeroporto moscovita di Domodedovo perchè dichiarata persona non grata. La Morar, dopo essersi sposata con il collega russo Barabanov, contava sull'automatico diritto di residenza, ma il ministero degli Esteri e il servizio russo per l'immigrazione, insieme ai servizi segreti (FSB), la ritengono una minaccia per la sicurezza del Paese. Il “nyet” pare legato ad una serie di articoli sui segreti del Cremlino e sulle attività dei servizi segreti russi.

    Guatemala
    Almeno 45 persone sono morte e 15 sono rimaste ferite quando il bus sul quale viaggiavano è precipitato in un burrone in Guatemala, lungo una strada che collega Guatemala City e Jutiapa, alla frontiera col Salvador. Tra le vittime ci sono anche quattro bambini e tre donne. Secondo alcuni testimoni, l'incidente sarebbe avvenuto a causa dell'eccessiva velocità, forse dovuta al mal funzionamento dei freni. Nel Guatemala rurale, gli abitanti percorrono ogni giorno lunghi tragitti stipati in bus fatiscenti per andare a lavorare nelle piantagioni, e gli incidenti sono molto frequenti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

     
     
     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 61

     
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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