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Sommario del 11/07/2008
Alla vigilia della partenza di Benedetto XVI per l'Australia, cresce l'attesa tra i ragazzi già convenuti a Sydney. Sulla GMG, i commenti del cardinale Pell e di mons. Clemens
◊ Gli eventi della Giornata mondiale della Gioventù, a cui prenderà parte il Papa, hanno ufficialmente preso il via oggi, a Sydney, con un pellegrinaggio di migliaia di giovani fino alla cattedrale di St. Mary’s. Qui sono state trasferite dal duomo di Torino le spoglie del "Beato dei giovani" Pier Giorgio Frassati, uno dei patroni di questa GMG, che dedicò la vita ai poveri e ai malati e morì di poliomielite a 24 anni nel 1925. Sono in mostra anche oggetti personali della suora australiana Mary MacKillop, anche lei patrona della GMG e beatificata da Giovanni Paolo II durante la sua visita in Australia nel 1995. A Sydney, intanto, stanno continuando ad arrivare ragazzi da tutto il mondo. Cresce, quindi, l'attesa tra i ragazzi per l'arrivo del Papa che, domani mattina, partirà alla volta dell’Australia per partecipare alla XXIII GMG, dono provvidenziale per la Chiesa dei nostri tempi. Il servizio del nostro inviato Roberto Piermarini:
Sarà il viaggio più lungo, per Benedetto XVI, che percorrerà oltre 16 mila chilometri per raggiungere Sydney per la Giornata Mondiale della Gioventù. Prima di lui, si erano recati in Australia due suoi predecessori: Paolo VI nel 1970 e Giovanni Paolo II nel 1986, per una lunga visita pastorale, e nel 1995 proprio a Sydney per la Beatificazione della religiosa Mary MacKillop.
Dopo una sosta tecnica nella base militare di Darwin, domenica prossima il Pontefice, proprio per superare la lunghezza del viaggio, i disagi del fuso orario di otto ore e lo sbalzo al clima invernale, si riposerà per tre giorni in un centro di spiritualità a 50 chilometri da Sydney. Poi, giovedì prossimo, si immergerà nel vivo del suo viaggio con la cerimonia di benvenuto da parte delle autorità politiche australiane. Previste anche una celebrazione ecumenica, l’incontro con gli esponenti delle altre religioni che tanto si sono adoperati per accogliere qui a Sydney i giovani della GMG.
E non mancherà l’abbraccio del Papa con la realtà eccelsiale locale che prevede la sosta di preghiera sulla tomba della beata Mary MacKillop, la prima donna del Paese ad essere elevata agli onori degli altari, l’incontro con un gruppo di giovani che stanno uscendo dal tunnel della droga, la Messa con i vescovi, i seminaristi, i novizi e le novizie australiane. Giovedì prossimo, nella Baia di Sydney, è prevista la spettacolare festa di accoglienza dei giovani per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù dove, tra i canti e le danze degli aborigeni, sul molo di Rose Bay Benedetto XVI si imbarcherà su una nave che lo condurrà al molo di Barangaroo. Qui saranno ad attenderlo almeno 225 mila giovani – 125 mila provenienti dall’estero e 100 mila dall’Australia – per un evento che qui viene considerato più importante delle Olimpiadi di Sydney 2000.
Venerdì, la preghiera di apertura della Via Crucis che si snoderà per le vie della metropoli australiana e sabato la grande Veglia all’Ippodromo di Randwick, dove i giovani pernotteranno, per la Messa conclusiva della Giornata Mondiale della Gioventù.
Sydney, in queste ore, sta accogliendo le migliaia di giovani che, nonostante le difficoltà della vigilia, giungono da ogni parte del mondo, vogliono ricevere insieme al Papa forza nello Spirito Santo per essere testimoni di Cristo, tema della Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno che si preannuncia, come ha detto Benedetto XVI all’Angelus di domenica scorsa a Castel Gandolfo, come una rinnovata Pentecoste.
Una danza aborigena, al centro del prato dello stadio di Melbourne, ha aperto la cerimonia di accoglienza dei giovani partecipanti alla GMG accorsi per la Messa di apertura dei “giorni nelle diocesi”. Tra sfondi di paesaggi australiani proiettati sui maxischermi e ritmi tra il country e il gospel di gruppi musicali nazionali, lo stadio si è riempito di colori e bandiere di giovani venuti da ogni parte del mondo per vivere questa settimana all’insegna dello scambio di esperienze di fede e di vita. I 50 mila ragazzi presenti alla cerimonia hanno anche rivolto gli auguri al Papa per il suo onomastico intonando ripetutamente il coro “Benedetto, Benedetto”. A loro si è aggiunto l’arcivescovo della città, mons. Denis Hart, che ha invitato i giovani "a confidare nel Vangelo, a seguire il Papa e a lavorare per la giustizia, la pace ed il diritto". Ma cosa ha caratterizzato, nella fase di preparazione, questa GMG rispetto alle altre? Risponde al microfono di Roberto Piermarini, il cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney e primate della Chiesa dell’Australia:
R. – Mi sembra che in gran parte è molto simile. Forse una differenza importante sta nel fatto che noi abbiamo ricevuto un grande aiuto dai governi: sia dal governo federale sia dal governo della nostra provincia. Siamo circa 5 milioni di cattolici e senza questo aiuto non sarebbe stato possibile celebrare questa GMG.
D. – Sempre nella fase di preparazione di questa GMG, quali risultati ha dato il pellegrinaggio della Croce in terra australiana?
R. – La Croce con l’icona e con un “message stick” dei nostri aborigeni - degli indigeni di Sydney che invitano tutti gli altri indigeni dell’Australia a venire qui - ha girato tutto il Paese negli ultimi 12 mesi. Circa 400 mila giovani australiani si sono ritrovati a pregare sotto la Croce.
D. – Lei crede che questa Giornata Mondiale della Gioventù possa risanare il delicato rapporto con le comunità aborigene australiane?
R. – Certamente contribuirà a questo obiettivo. Noi abbiamo lavorato intensamente affinché gli aborigeni, fin dall’inizio, fossero coinvolti nella preparazione. Ora sono veramente impegnati sia nella preparazione sia nelle diverse fasi della celebrazione stessa della Giornata.
D. – Eminenza, vorrei parlare anche del dopo GMG: forse sembra prematuro, prima di questo evento, ma credo che sia importante. Le diocesi e le parrocchie si stanno preparando al dopo-GMG? Lei cosa si aspetta da questo evento ecclesiale?
R. – Le parrocchie e le scuole devono aumentare la loro collaborazione. Attualmente, stiamo acquistando un nuovo centro per i nostri giovani, per i ritiri spirituali e per i “camps”. Abbiamo anche dato vita ad un comitato per individuare le azioni da intraprendere nella collaborazione, per raccogliere i frutti di questa Giornata Mondiale della Gioventù.
Sul clima di attesa e sulle novità di questa edizione della GMG si sofferma anche mons. Josef Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, intervistato da Davide Dionisi:
R. – C’è una grandissima attesa a Sydney. Vedo che gli ultimi preparativi sono proprio nella fase caldissima. Tutta la città sarà piena di bandiere della Giornata Mondiale della Gioventù. La città è molto bella, con un bel porto, con la famosa Opera House, Harbour bridge. Nell’insieme, c’è proprio una grande attesa.
D. - Da Colonia a Sidney, in questi anni come è cambiato il mondo dei giovani e come ha risposto la Chiesa?
R. – Io credo che dopo Colonia il tema “Giovani” e “Gioventù”, almeno nel nostro mondo della Chiesa cattolica, sia stato un tema molto vivo. Noi abbiamo fatto un Forum sui giovani nel mondo del lavoro. Da parte della Chiesa, secondo me, è stato fatto molto. Noi cerchiamo con il Consiglio per i Laici, che ha questa responsabilità, di fare del nostro meglio. E questo si vede anche nella preparazione di Sydney. E’ un tema molto interessante. La missione, l’evangelizzazione, la testimonianza sono argomenti importantissimi, che possono dare secondo me molto alle giovani generazioni.
D. - Ogni GMG richiama l’attenzione di tanti ragazzi che si muovono da ogni parte del mondo per abbracciare il Santo Padre. Quale fascino suscita nei giovani questo appuntamento?
R. – Naturalmente, incontrare il Santo Padre con la sua parola profonda, la sua grande esperienza teologica, direi anche umanistica, è per tutti un grande avvenimento, che tocca il cuore nell’intimo. Ma dall’altra parte, c’è anche l’incontro con altri giovani provenienti da quasi 200 nazioni. Allora a Sydney sarà rappresentato tutto il mondo, in piccoli e grandi gruppi. Per un giovane è una cosa bellissima vedere altri incontrare altri. Oggi tanti giovani conoscono più lingue e non hanno grandi difficoltà a parlare con i giovani di altri continenti e di altre esperienze ed altre culture. Io credo che per un giovane sia un viaggio veramente lunghissimo. Ma credo che i giovani verranno ricompensati, secondo me, con delle esperienze indimenticabili.
D. - I giovani sono sempre al centro di indagini e studi specifici. Si tratta per lo più di approfondimenti che raramente, poi, si coniugano con le reali esigenze dei ragazzi e si trasformano in politiche per i giovani. In che modo, la GMG può offrire un contributo per focalizzare meglio l’attenzione sulle esigenze e sui problemi delle nuove generazioni?
R. – La GMG mette al centro il tema “Giovani”. Mette al centro i giovani in tutte le loro dimensioni, anche nei problemi. Conosciamo il problema del lavoro, conosciamo i problemi della preparazione per la vita futura. Io credo che l'impegno della Chiesa sia più a livello educativo, a livello etico, nel toccare anche problemi importanti per la vita futura. Questo è il nostro contributo. Gli altri dovrebbero fare la loro parte e noi cerchiamo di fare la nostra.
D. - Il messaggio di mons. Clemens a tutti i ragazzi che arriveranno a Sidney e parteciperanno a questo straordinario evento...
R. – Io auguro che tutti si aprano a questa grande esperienza, che partecipino naturalmente alle catechesi, che facciano le loro domande. E’ forse un momento unico nella vita per poter dialogare con i vescovi di tutto il mondo. Io direi di cercare il massimo nell’incontro con gli altri giovani e, naturalmente, vedere la realtà dell’Australia, della città di Sydney. Questa è una città multiculturale, dove si vedono le razze di tutto il mondo, anche con un accento asiatico. Per me si tratta di una chance grandissima, forse unica, in tutta la vita!
“Basta con le preoccupazioni e le perplessità. Ora è tempo di dare spazio alla gioia, perché sono certo che l’arrivo del Papa, insieme con i giovani di tutto il mondo cambierà il volto di Sydney”. Mons. Anthony Fisher, segretario generale del Comitato organizzatore australiano della GMG, risponde così a chi gli pone le consuete domande su sicurezza, spese, impatto dei ragazzi sulla città. Il giovane vescovo ausiliare, vero motore logistico dell’evento, ha tenuto oggi una informale conferenza stampa in occasione dell’inaugurazione del dipinto di "Nostra Signora della Croce del Sud", appositamente commissionato dal cardinale George Pell per la GMG. Il servizio di Mimmo Muolo, inviato del quotidiano "Avvenire" a Sydney:
La Giornata mondiale – ha ricordato Fisher – è soprattutto un evento religioso. E dimostrerà che i giovani cattolici sanno vivere la propria fede in modo gioioso, rispettando le opinioni degli altri e anche l’ambiente in cui si trovano. “Speriamo – ha aggiunto il vescovo – che anche chi non la pensa come noi manifesti le proprie idee con analogo rispetto”. Secondo il segretario del Comitato organizzatore, comunque, l’atmosfera di iniziale freddezza sta cambiando. “Il direttore dell’aeroporto internazionale – ha riferito – mi ha detto che non hanno mai lavorato come in questi giorni, ma anche che non hanno mai visto persone più felici dei giovani che stanno arrivando. Io sono certo che quando tra qualche giorno la città si riempirà di pellegrini, anche gli abitanti di Sydney cambieranno opinione”. Alla cerimonia di inaugurazione del dipinto hanno preso parte anche il cardinale Stanislaw Rylko e mons. Josef Clemens, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, che promuove le GMG. Presenze che anticipano l’arrivo del Papa, previsto per domenica, e che fanno capire che ormai il World Youth Day sta per cominciare.
“La distanza e lo sforzo richiesto per andare in Australia rende la visita più preziosa ed il nostro benvenuto entusiastico”. E’ quanto ha affermato, in questi giorni, l’ambasciatrice australiana presso la Santa Sede, Anne Maree Plunkett, rivolgendosi ai giornalisti che seguiranno la Giornata Mondiale della Gioventù. "Siamo onorati – ha aggiunto l’ambasciatrice – che il Santo Padre sarà tra noi. Siamo molto contenti per il gran numero di giovani pellegrini che si uniranno ai giovani australiani per partecipare alla GMG". Al microfono di Christopher Altieri, la stessa ambasciatrice Anne Maree Plunkett:
R. – I think, first of all, ...
"Penso prima di tutto, leggendo i giornali australiani, che ci sia un’attenzione crescente per la visita del Santo Padre e per il suo programma nelle diocesi. C’è certamente un sempre maggiore senso di coinvolgimento nella comunità. Anche il viaggio della Croce e dell’icona per tutta l’Australia ha ricevuto vasta eco nelle comunità locali e a livello nazionale. E’ stato poi molto ripreso il discorso con il saluto rivolto dal primo ministro. Cresce inoltre la consapevolezza del fatto che si tratti di un’occasione importante. L’Australia è pronta ad accogliere il Papa e, ormai, non si deve attendere più molto".
La Costituzione italiana, simbolo di dialogo fecondo tra laici e cattolici: così, il cardinale Bertone al convegno in Campidoglio per il 60.mo anniversario del documento
◊ I 60 anni della Costituzione Italiana sono stati celebrati, ieri, in un convegno al Campidoglio, a Roma. Una carta costituzionale, ha sottolineato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone - intervenuto all'evento - che deve molti dei suoi punti qualificanti alla cultura cattolica. All’incontro, hanno preso parte, tra gli altri, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e l’ex premier italiano, Massimo D’Alema. C’era per noi, Claudia Di Lorenzi:
Frutto del confronto dialettico fra tradizioni di pensiero diverse, la Costituzione Italiana è simbolo di quel dialogo fra mondo laico e mondo cattolico che, oggi come allora, caratterizza il rapporto fra Stato e Chiesa. Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha ribadito che la Costituzione trae la sua forza e la sua universalità dal fondamento nei valori condivisi della persona umana e dei suoi diritti inviolabili, della dignità del lavoro e della solidarietà verso i più deboli, dell’accoglienza al diverso e dell’apertura al pluralismo culturale. Un modello, ha aggiunto, che traccia la via anche al difficile cammino del dialogo interreligioso, oggi quanto mai urgente, e nel contesto dell’emergenze educativa delle giovani generazioni. Pensiero ribadito ai nostri microfoni:
“E’ un documento che promuove il rispetto reciproco in una simbiosi di valori cattolici e laici che possono costruire una società giusta, solidale, fraterna, una società che rispetta e promuove il bene dei più poveri, e dei più deboli”.
Uno strumento di promozione umana e sociale che, ha sottolineato il cardinale Bertone nel suo discorso, riconosce e valorizza il contributo della cultura cattolica e si connota per un atteggiamento laico, aperto al confronto costruttivo fra posizioni diverse, e non laicista, teso ad estromettere dalla vita collettiva il dato religioso, estraneo al “quadro della cultura dominante”. Citando l'allora cardinale Ratzinger, il segretario di Stato vaticano ha rimarcato che “un'autentica democrazia laica permette alle istituzioni religiose di dare pubblicità ai loro messaggi per poter offrire ai cittadini materia di riflessione in maniera equanime”. Un’esigenza che ha trovato d’accordo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, secondo cui “la Chiesa Cattolica è un elemento imprescindibile dell’identità italiana”, e Massimo D’Alema, che ha riconosciuto nella “rinascita del sentimento religioso” un’occasione di forza rinnovata per l’agire politico ed ha confermato l’impegno nella “ricerca paziente del compromesso e dell’intesa”. “La Chiesa cattolica - ha concluso il porporato - non chiede privilegi, ma solo di poter svolgere liberamente la propria missione pastorale e sociale”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un articolo di Gianluca Biccini sul viaggio di Benedetto XVI in Australia, in occasione della XXIII Giornata mondiale della gioventù.
Sostenere i Paesi poveri con scambi produttivi e formazione: così Ettore Gotti Tedeschi su un nuovo ruolo del G8.
In cultura, un articolo dell’arcivescovo Rino Fisichella sul rapporto fra Johann Sebastian Drey e la concezione moderna del sapere teologico.
Eduardo Lopez-Tello Garcia illustra il linguaggio dell’arte nella tradizione benedettina.
Il poeta che non trovò più le parole: Marco Testi ripercorre l’itinerario di conversione di Clemente Rebora.
Nell’informazione religiosa, Nicola Gori intervista il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas internationalis e arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras.
Nell’odierna Giornata della Popolazione dell’ONU, la riflessione dei demografi Antonio Golini e Giancarlo Blangiardo sui diversi modelli di sviluppo demografico
◊ All’alba di un "millennio urbano" - così l’ONU ha ‘battezzato’ questo inizio del secolo XXI - quando metà degli abitanti del pianeta vive ormai nelle città e nelle metropoli, le Nazioni Unite puntano i riflettori nell’odierna Giornata mondiale della popolazione 2008 sull’importanza fondamentale della pianificazione familiare per realizzare gli ambiziosi Obiettivi di sviluppo, fissati nell’anno 2000 dalla comunità internazionale, al fine di liberare l’umanità dalla povertà estrema e dalla fame entro il 2015. Per questo, il segretario generale Ban Ki-moon, nel suo Messaggio per la Giornata, richiama i governi a rispettare gli impegni presi alla Conferenza internazionale su popolazione sviluppo, nel ’94 al Cairo, in Egitto. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Antonio Golini, ordinario di Demografia all’Università “La Sapienza” di Roma, già presidente della Commissione ONU sulla popolazione:
D. - Prof. Golini anzitutto cosa s’intende con l’espressione pianificazione familiare? Sappiamo che nel passato e tutt’ora questa materia ha sollevato dibattito e polemiche in ambito ONU?
R. – Sì: molto dibattito e molte polemiche. In effetti, per pianificazione familiare si intende avere la possibilità di stabilire quanti figli si desiderano e quando li si desidera. Ma la verità è che la pianificazione familiare si è allargata ad un cosiddetto concetto di “salute riproduttiva”, cioè si è allargato molto l’arco temporale tra la comparsa della maturità sessuale, ormai a 12-13 anni, e l’età del matrimonio che va spesso fino ai 25-28 o addirittura 30 anni. Quindi, in questo arco temporale di piena maturità sessuale si vogliono assicurare ai giovani questi cosiddetti servizi di salute riproduttiva.
D. – Quali sono questi servizi di salute riproduttiva che indica l’ONU?
R. – Sulla salute riproduttiva, anche qui si sono avute battaglie furibonde, ma sono soprattutto l’assistenza ginecologica e ostetrica durante la gravidanza e durante il parto, le cure ostetriche d’emergenza e – per l’appunto – i sistemi di pianificazione familiare. Il punto-chiave è l’aborto: questa volta, l’ONU non include l’aborto nei tre servizi di salute riproduttiva che sono specificamente presentati per questo 11 luglio 2008. Quindi, è veramente una cosa importante da sottolineare, il fatto che l’aborto non sia considerato un sistema di pianificazione familiare.
D. – Lei ritiene opportuna la scelta di questo tema quale priorità rispetto alla complessità di problemi che lo sviluppo demografico pone al pianeta?
R. – Certamente ci sono molti altri problemi, per esempio quello dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi sviluppati ma anche nei Paesi in via di sviluppo. Però, bisogna dire che questo della pianificazione familiare è un tema importante. Intanto, perché l’Africa ha ancora un numero medio di figli per donna pari a cinque, quindi un numero elevatissimo che è insostenibile e che porterà l’Africa ad accrescersi di un miliardo di persone da qui al 2050. E poi perché la strada della fecondità, nei prossimi decenni, si è fatta molto stretta e quindi solo con una pianificazione familiare, attenta e consapevole, si possono perseguire obiettivi di uno sviluppo sostenibile di popolazione.
D. – Lei ha citato anche il problema dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi sviluppati. A che punto siamo nelle politiche per gestire al meglio questo fenomeno?
R. – C’è un impegno tra i Paesi occidentali, che sono abbastanza ricchi, per potere affrontare il fenomeno dell’invecchiamento con una giusta preoccupazione ma avendo risorse; il problema preoccupa molto di più i Paesi in via di sviluppo perché, come diceva un rappresentante proprio in sede ONU, i Paesi in via di sviluppo diventeranno vecchi prima di diventare ricchi. Per esempio, la Cina si aspetta un incremento di 87 milioni di ultraottantenni da qui al 2050, l’India di 45 milioni di ultraottantenni. Quindi, le sfide dell’invecchiamento sono certamente importanti per noi, ma anche per il mondo in via di sviluppo.
Le Nazioni Unite mettono, dunque, l’accento sulla pianificazione familiare. Modello di sviluppo demografico che si pone, a volte, in contrasto con il principio di maternità e paternità responsabile. Ecco l’opinione di Giancarlo Blangiardo, demografo del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia", intervistato da Benedetta Capelli:
R. – Il discorso della pianificazione familiare deve tenere conto della responsabilità della coppia, la responsabilità dei genitori. Peraltro, un tempo si prospettava una "bomba demografica", che oggi in realtà si è molto sgonfiata, ad essere sinceri. Richiede sempre una capacità di crescere e di progredire da parte della popolazione, ma sempre nel segno della responsabilità da parte dei genitori e delle coppie.
D. – La pianificazione familiare per molti esperti sarebbe una necessità dovuta al fenomeno della sovrappopolazione...
R. – La sovrappopolazione è uno spettro che è stato agitato per tanti anni. Abbiamo visto che la popolazione cresce, ma non come pensavamo. Quindi, alla fine, lo spazio in termini di risorse, alimentari e non, sul pianeta, è certamente sufficiente a mantenere non solo la popolazione attuale, ma anche la popolazione che ci sarà nei prossimi decenni. Se mai il problema è una migliore distribuzione delle risorse. Quindi, se si cambia questo modo di operare, la "bomba demografica" sparisce automaticamente.
D. – E allora quali le vie migliori da seguire?
R. – Le vie migliori sono quelle di facilitare lo sviluppo dei Paesi meno sviluppati, con atteggiamenti di minore egoismo da parte dei Paesi più ricchi e con la possibilità di aiutare queste popolazioni a crescere. A crescere anche nel rispetto di quelle che sono poi le regole dell’ambiente, a tenere conto della limitatezza di alcune risorse. La dimensione quantitativa della popolazione, però, non è un problema insuperabile, anzi è un problema che si può facilmente superare.
D. – Secondo lei, il dibattito internazionale si è realmente incentrato sul rapporto popolazione-sviluppo, oppure è deviato verso la promozione di certi stili di vita?
R. – La deviazione c’è stata, ma ci sono sempre state queste forze latenti che puntavano verso alcuni modelli che vengono prospettati come i modelli ideali, che poi di fatto sono dei modelli nostri, europei, forse più nordici, nord europei. C’è questa idea del "così si deve fare" e tutti devono fare così, che non tiene conto delle diversità culturali, degli atteggiamenti, delle tradizioni, delle religioni, di tutte quelle realtà che creano la diversità nell’essere umano. Si discute molto sulla biodiversità, sull’importanza di questi valori, però poi non si tiene conto che anche le diverse culture vanno mantenute in vita, perchè creano appunto la varietà, la vivacità dell’essere umano sul pianeta. E allora, in questi anni, c’è stato secondo me un tentativo da parte dei Paesi più ricchi e delle culture dominanti di imporre il loro punto di vista su alcuni aspetti anche molto personali, molto delicati, come possono essere quelli della pianificazione familiare. Questo è stato colto, ci sono state delle posizioni ben note su quali fossero i punti fondamentali: l’aborto, la salute riproduttiva, la contraccezione e così via. Io credo che non ci si debba omologare a dei modelli che non sono condivisibili.
Si celebra oggi la memoria liturgica di San Benedetto da Norcia, "padre di molti popoli". Con noi, l'Abate di Subiaco, dom Mauro Meacci
◊ “Padre di molti popoli”: così, l’allora cardinale Joseph Ratzinger - pochi giorni prima della sua elezione alla Cattedra di Pietro - definì, nel corso di una prolusione all’abbazia di Subiaco, San Benedetto di cui oggi si celebra la memoria liturgica. Patrono d’Europa, il monaco di Norcia, che visse tra il V e il VI secolo, fondò la regola benedettina basata su quattro principi cardine: la preghiera comune, la preghiera personale, lo studio e il lavoro. Ma qual è l’attualità del suo messaggio? Al microfono di Benedetta Capelli, la riflessione dell’abate ordinario di Subiaco, dom Mauro Meacci:
R. – E' un messaggio di contemporaneità, perché ricorda costantemente alla Chiesa il suo dovere di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù. Inoltre, è anche un Santo che guarda con simpatia all’uomo curvo sul banco del lavoro, all’uomo che studia la propria situazione nel mondo per migliorarla. San Benedetto ricorda a ciascuno di noi come, per costruire un mondo veramente umano, non si deve prescindere da Dio. Solo quando Dio è riconosciuto nella Sua realtà e nella Sua verità di Creatore è poi possibile mettere mano, potremmo dire, al libro e all’aratro per costruire una civiltà veramente umana, perché consona ai valori della creazione e della redenzione.
D. – San Benedetto, patrono d’Europa, passò la sua vita intorno a Roma. Dov’è l’Europa nella storia di questo Santo?
R. – L’Europa, nella storia di San Benedetto, da un punto di vista storico e storiografico, non c’è! C’è però, nell’indicazione di quei valori fondamentali, che, uniti poi a tanti altri apporti, hanno costituito l’ossatura fondamentale dell’Europa; a partire dal riconoscimento della dignità della persona umana, al riconoscimento del ruolo del lavoro e dello sforzo, ma anche di una idealità che deve essere posta sempre a servizio della costruzione di un mondo migliore nel quale l’uomo possa trovarsi a casa propria. San Benedetto non è stato un europeo nel senso che ha avuto una percezione storica di quello che rappresentava l’Europa, ma è europeo perché ha additato alcuni valori fondamentali.
D. - Pochi giorni prima di diventare Papa, l’allora cardinal Joseph Ratzinger venne a farvi visita a Subiaco. Come avete accolto poi la sua scelta di chiamarsi Benedetto XVI?
R. – Noi monaci l’abbiamo accolta con un senso di gratitudine e come un segno di benedizione. L’augurio che facciamo è che proprio attraverso l’opera di questo grande Pontefice, quei valori del Vangelo, di umanità e solidarietà, che sono intrinseci all’opera di San Benedetto, possano essere veramente riaffermati anche nella nostra Europa contemporanea. E' importante ricordare, nella prolusione che tenne, la riaffermazione della centralità di ciò che accade in Europa per poter poi leggere, prevedere e anche orientare i destini dell’intera umanità.
D. – C’è ancora curiosità intorno a San Benedetto?
R. – Sì e questo fa sempre meraviglia! Certo, suggestionati dal ricordo che di Benedetto il Santo Padre spesso fa e anche del fatto che lo porta nel suo stesso nome, dà compiacimento vedere come tanta gente, tanti giovani ci domandano che cosa San Benedetto ha da dire agli uomini di oggi. La risposta è sempre unica. Come tutti i grandi Santi è sempre un contemporaneo, perché ci indica le linee fondamentali: le linee del riferimento a Dio, della solidarietà e del servizio reciproco tra fratelli nel nome di Gesù e nel nome del Vangelo.
In Giordania, la visita del nuovo Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal
◊ E’ con immensa gioia e calore, al canto del Te Deum, che la comunità cristiana di Amman ha accolto mons. Fouad Twal, nuovo Patriarca di Gerusalemme dei latini, che compie, in questi giorni, la prima visita nella capitale giordana dall’inizio del suo nuovo incarico. Stamattina il patriarca ha varcato il confine israeliano e, passando per il ponte di Allemby, che si trova a pochi chilometri dal sito del battesimo del Signore, è entrato in Giordania dove lo attendevano autorità civili ed ecclesiastiche, il rappresentante del re Abdallah II ed il primo ministro giordano. Più tardi, la celebrazione con cui il patriarca è stato accolto ufficialmente nella chiesa del vicariato di Amman. E’ stata poi letta la lettera di Benedetto XVI e dopo il saluto del vescovo ausiliare, mons. Salim Sayegh, anche il nunzio in Giordania, mons. Francis Chullikatt, ha espresso il proprio benvenuto al nuovo patriarca. “Questo giorno segna una tappa storica per la Chiesa giordana, terra delle antiche comunità cristiane che per la prima volta vede un suo figlio sul trono patriarcale”, ha detto il nunzio, che ha ricordato anche i 15 anni di prezioso servizio diplomatico svolto da mons. Twal presso la Santa Sede e il suo recente incontro con il Santo Padre, il 29 giugno scorso. In quell'occasione, il Patriarca ha ricevuto dalle mani del Papa il pallio, eloquente segno di comunione nel servizio pastorale. Nel suo discorso, il patriarca latino ha ricordato la difficile situazione economica che Giordania e Israele stanno attraversando e la necessità di lavorare con i capi politici per uscire da questa crisi e mettere fine alla sofferenza del popolo palestinese. Ha infine auspicato un tempo nuovo di collaborazione anche all’interno della Chiesa, tra il clero ed i laici. Questo pomeriggio i cittadini giordani, cristiani e musulmani, si recheranno a fare il proprio omaggio a mons. Twal che viene da una famiglia cristiana molto conosciuta in Giordania. Domani sera, ad Amman, nella parrocchia del Sacro Cuore, il nuovo patriarca latino di Gerusalemme presiederà la sua prima celebrazione eucaristica in terra giordana. Un’altra Messa solenne si svolgerà domenica sera a Madaba, nella parrocchia natale di mons. Twal. (A cura di Sara Fornari)
Venezuela: l’importanza della sicurezza e il valore dell’educazione cattolica al centro del documento finale dell’Assemblea episcopale
◊ “Uniti nella giustizia e nella rettitudine”: questo il titolo dell’esortazione pastorale dei vescovi venezuelani, resa nota ieri al termine di tre giorni di lavori dell’Assemblea plenaria. Centrale, nel documento, la riflessione sulle attuali condizioni del Paese, in particolare sulla sicurezza, l’educazione scolastica e la divisione dei poteri politici. In primo luogo, i presuli ribadiscono il principio che è alla base del documento, ovvero la volontà di offrire “un orientamento etico e morale” per i fedeli; un principio definito come “un dovere pastorale” ed accompagnato dal “diritto di esprimersi, senza pretendere di imporre ad altri settori il proprio modo di considerare ed analizzare la realtà”. Chiarito questo punto, i presuli si soffermano sui problemi più gravi che attanagliano il Venezuela, a partire dall’insicurezza “fisica, giuridica ed economica”, dal traffico e consumo degli stupefacenti, dalla tratta degli esseri umani per la prostituzione e lo sfruttamento. A tutto questo, sottolineano i presuli, si aggiunge il fenomeno “allarmante dei sequestri e della detenzione indebita delle persone, soprattutto nelle zone di frontiera”. Per questo, la Conferenza episcopale venezuelana lancia un appello alle forze governative perché affrontino con decisione ed urgenza il problema dell’insicurezza: “Gli sforzi per sradicare il funesto traffico degli esseri umani – sostengono i vescovi – devono essere compiuti a tutti i livelli e in tutte le forme”. Al contempo, i presuli si rivolgono direttamente a coloro che commettono violenza e li invitano a “convertire i cuori all’amore e a porre fine a qualsiasi atteggiamento che leda la pace e la dignità della persona”. Quindi, l’Esortazione pastorale si sofferma sul diritto all’educazione, in particolare su quella cattolica: “La Chiesa – ricordando i vescovi – con la sua estesa rete di strutture, ha contribuito allo sviluppo del Paese mediante un’educazione di qualità”. “Il nostro popolo – continuano – ha sempre tenuto in grande considerazione l’educazione impartita nei centri educativi della Chiesa”, i cui allievi e docenti “hanno il diritto di essere equiparati a quelli delle scuole pubbliche”. Di qui, la preoccupazione della Conferenza episcopale perché il governo rispetti gli accordi stabiliti sull’adeguamento dei salari del personale scolastico. Invitando poi le autorità politiche a favorire il dialogo con le organizzazioni educative cattoliche, i presuli mettono in guardia dall’aumento del costo dell’iscrizione nelle scuole cattoliche e private, dovuto all’inflazione: un aumento che rischia di porre fine alla possibilità di scegliere un’educazione cristiana. Quanto al clima politico nel Paese, in vista delle elezioni amministrative del prossimo novembre, i vescovi venezuelani sottolineano la necessità del “dialogo, del rispetto delle persone, dei loro diritti e dell’ordinamento giuridico vigente”. Invitando i cittadini ad esercitare il diritto del voto, “uno degli atti che rafforza maggiormente il sistema democratico”, i presuli chiedono poi allo Stato di garantire elezioni “imparziali, trasparenti e libere” attraverso “la diffusione immediata dei risultati ed il rispetto di essi, in quanto espressione della volontà popolare”, alla quale non vanno anteposti interessi di parte. Quindi, l’Assemblea episcopale sottolinea l’importanza della divisione dei poteri, “garanzia della democrazia”, in quanto permette il raggiungimento di accordi “frutto di un dibattito, di un confronto di idee e nel rispetto reciproco”. In particolare, i vescovi ricordano che “il potere giudiziario, la cui missione è, precisamente, giudicare, incluso eventualmente coloro che detengono i poteri pubblici, deve far valere e rispettare la propria indipendenza ed autonomia”. Infine, l’esortazione pastorale invita tutti i cristiani a “non abdicare alla responsabilità” di costruire il Paese in un clima di “pace, aperto al riconoscimento e all’inclusione di tutti i suoi abitanti”. (A cura di Isabella Piro)
La Corte di Strasburgo riconosce lo stato giuridico del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli sempre negato dal governo turco
◊ È una sentenza storica quella Corte suprema di Strasburgo per i diritti dell’uomo che condanna lo Stato turco per essersi impadronito in modo ingiusto dell’orfanotrofio di Buyukada. In primis, si dà così ragione al ricorso del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e gli si riconoscono anche i titoli di proprietà sulla struttura, ma soprattutto si riconosce internazionalmente lo stato giuridico del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, finora sempre negato dal governo turco. Le minoranze religiose in Turchia non sono infatti riconosciute come personalità giuridiche e quindi non possono possedere proprietà. Con questa sentenza il patriarcato non solo potrà possedere delle proprietà in Turchia , ma i suoi diritti sono ormai tutelati dalla Corte di Strasburgo, di cui la stessa Turchia fa parte. Questa sentenza è anche una risposta a chi in Turchia continua a negare il ruolo storico e spirituale della sede di Costantinopoli, che la comunità mondiale da sempre gli riconosce. Secondo quanto riferisce AsiaNews, negli ambienti europei si sottolinea che l’applicazione di questa sentenza da parte dello Stato turco è un altro test importante per il Paese, per dare prova di democrazia. Nella sua corsa verso l’integrazione europea, la Turchia attraversa un periodo travagliato, cerca di riconoscersi nel modello europeo, ma stenta ad applicarlo al proprio interno. Nel contesto della stessa sentenza, la Corte di Strasburgo ha condannato la legge del 1934 sulle fondazioni religiose, che favoriva il sequestro da parte delle autorità turche di proprietà delle minoranze religiose, lungamente perseguitate e costrette a lasciare il Paese. Una nuova legge sulle fondazioni religiose, approvata dal parlamento turco lo scorso febbraio ha portato dei miglioramenti, ma è bloccata alla corte costituzionale, con l’accusa di incostituzionalità mossa dall’opposizione, secondo cui la nuova legge mina gli interessi nazionali. È infine significativo che il ricorso del Patriarcato ecumenico a Strasburgo è stato difeso da una équipe di legali composta da greci e turchi, a conferma che la collaborazione di cittadini attivi, senza frontiere, garantisce i diritti dell’uomo e delle minoranze. (M.G.)
I vescovi dell’AMECEA esprimono preoccupazione per le tensioni in diversi Paesi dell'Africa
◊ I vescovi dell’Africa Orientale e Centrale seguono con crescente preoccupazione il deteriorarsi della situazione nei Paesi del Corno d’Africa, nel Malawi, nel Darfur e nel Sud Sudan, ma anche la crisi nello Zimbabwe, e ribadiscono la volontà della Chiesa locale di essere una “voce profetica” per la pace e la riconciliazione nella regione. È quanto emerge dal messaggio “Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo!” (Mt 5,13-14), diffuso al termine della 16.ma assemblea plenaria dell’AMECEA, l’Associazione dei Membri delle Conferenze episcopali di Kenya, Tanzania, Uganda, Etiopia, Sudan, Zambia, Eritrea e Malawi, comprendente come membri affiliati anche la Somalia e Gibuti. L’assemblea si è svolta dal 27 giugno al 7 luglio a Lusaka, in Zambia, con la partecipazione di più di 200 vescovi che hanno discusso il tema: “La riconciliazione attraverso la giustizia e la pace”. Dopo avere ricordato che la promozione della pace e della riconciliazione costituisce una parte centrale della missione evangelizzatrice della Chiesa e che tutti i cristiani sono chiamati ad annunciare il Vangelo e a denunciare l'ingiustizia, il messaggio indica nello sradicamento della povertà, nella difesa dei valori della famiglia e del Creato le principali sfide dei Paesi dell’area. Ad alimentare la povertà nell’Africa Centrale e Orientale – affermano i vescovi dell’AMECEA – contribuiscono diversi fattori non solo esterni, come “i trattati commerciali iniqui con i Paesi occidentali e quelli emergenti dell’Asia”, ma anche “locali”, come “la cattiva distribuzione delle risorse, il malgoverno, la corruzione, i conflitti e la piaga dell’Aids”. A questo proposito, essi esprimono apprezzamento per l’operato di quei governi che si stanno impegnando “per la legalità e il buon governo e che sono riusciti a risolvere i loro conflitti interni seguendo la via della riconciliazione pacifica”. La Chiesa – sottolinea quindi il messaggio – vuole fare la sua parte in collaborazione con le istituzioni, le altre Chiese cristiane e le altre religioni. Per fare sentire la sua voce, l’AMECEA si sta adoperando per ottenere lo status di osservatore presso l’Unioni Africana e altre organizzazioni regionali ed invita gli Episcopati locali ad istituire uffici di collegamento con i parlamenti dei rispettivi Paesi, come anche ad incentivare il ruolo dei media cattolici nella promozione della pace e della riconciliazione. Non meno importate il ruolo degli istituti educativi cattolici a cui – evidenzia il documento - è affidato il delicato compito di formare la classe dirigente del futuro agli autentici valori del Vangelo. Il messaggio conclude quindi con l’annuncio della data della prossima plenaria dell’AMECEA. L’incontro si svolgerà dal 27 giugno al 7 luglio 2011 presso l’Università cattolica dell’Africa Orientale (CUEA) di Nairobi e celebrerà il giubileo dell’Associazione fondata nel 1961. (L.Z.)
Brasile: bocciata la proposta di legalizzare l'aborto, grande soddisfazione dei movimenti pro vita cattolici
◊ In Brasile la Commissione Giustizia e Costituzione della Camera dei deputati ha bocciato con 57 voti contro 4 il progetto di legge per legalizzare l'aborto. Il progetto di legge, presentato dall'ex presidente del partito dei Lavoratori José Genoino, prevedeva la legalizzazine piena dell'aborto entro i 90 giorni di gestazione e la sua pratica in tutti gli ospedali pubblici. Lenise Garcia, biologa e coordinatrice del Movimento in difesa della Vita, ha dichiarato in televisione che il parlamento "ha dato ascolto alle aspirazioni della maggioranza della popolazione brasiliana". Tutti i movimenti pro vita cattolici hanno espresso la propria soddisfazione per la decisione della Commissione Giustizia e Costituzione. (A.M.)
In Spagna, forte commozione per l’ultima tragedia marittima di immigrati africani
◊ Nonostante le continue spedizioni di immigrati provenienti dall’Africa che tentano di arrivare in Spagna con risultati a volte drammatici, l’ultima tragedia marittima di mercoledì scorso occupa oggi le prime pagine di tutti i giornali per la sua particolare gravità. Erano 48 gli immigrati che in un’imbarcazione, adatta a non piú di dieci passeggeri, sono stati trascinati dalle onde per una settimana di fronte alle coste della provincia di Almeria in Spagna. La traversata da Alhucemas, in Marocco, fino alle coste della Spagna, in circostanze normali puó durare un paio di giorni, ma un forte temporale ha trascinato la barca allontanandola dalla costa. A causa di ripetuti guasti ai motori, la barca è andata alla deriva per una settimana. I primi a morire sono stati nove bimbi di meno di quattro anni per la mancanza di cibo e acqua: i loro corpi, insieme con quelli di altri adulti deceduti, 14 in tutto, sono stati gettati nel mare giorni fa per permettere agli altri di continuare la traversata fino alla Spagna. Nonostante i rastrellamenti realizzati dai marinai dei servizi di soccorso marittimo, risultano ancora irreperibili. La maggior parte dei 34 sopravissuti si trovavano in gravi condizoni di salute quando sono arrivati i soccorritori: secondo diversi organismi umanitari, sono oltre quattromila i subsahariani che, al nord del Marrocco, attendono la possibilità di imbarcarsi verso la Spagna. (A cura di p. Ignacio Arregui)
Beato Damien sarà proclamato Santo: riconosciuta la guarigione miracolosa di una malata di cancro
◊ Dopo che la Santa Sede ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione padre Damien, missionario tra i lebbrosi nell'isola di Molokai (Hawaii), sarà proclamato Santo. Secondo quanto riferisce l’agenzia Zenit, la pubblicazione del decreto ha avuto luogo nell'ultima udienza che Benedetto XVI ha concesso il 3 luglio al cardinale José Saraiva Martins come prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi (il 9 luglio il Papa ha accettato la sua rinuncia per motivi di età). Si realizzerà così una richiesta presentata da Madre Teresa di Calcutta poco più di 13 anni fa, dopo la beatificazione del sacerdote da parte di Giovanni Paolo II a Bruxelles. Ora bisogna solo attendere che il Papa, in un concistoro che non si sa quando avrà luogo, renda nota la data della canonizzazione. Il decreto riconosce la guarigione della signora Audrey Toguchi di Honolulu, malata di cancro. Pochi giorni prima di morire per un attacco cardiaco il 18 giugno a Roma, padre Bruno Benati, postulatore generale della causa di canonizzazione, aveva trasmesso la testimonianza di questa donna. “Ho pregato il beato Damien – ha detto Audrey –. E' stato il centro delle mie preghiere, che per lungo tempo sono state rivolte a Dio esclusivamente per mezzo di lui. Sono convinta che questa miracolosa scomparsa del cancro sia dovuta all'intercessione del beato Damien”. “I medici che hanno esaminato la guarigione sono tutti d'accordo sul fatto che non è spiegabile dal punto di vista scientifico. La signora Audrey gode oggi di una perfetta e completa salute”, indicava il postulatore scomparso repentinamente. Il beato Damien (1840-1889) – il suo nome era Jozef de Veuster – era nato in Belgio e il primo ministro del Paese, quando è stato reso noto il riconoscimento del miracolo, ha detto: “L'imminente canonizzazione di padre Damien è un grande onore per il nostro Paese”. “Ritengo che si tratti del più alto riconoscimento pubblico del disinteresse illimitato. Un disinteresse riconosciuto da credenti e non credenti, dall'Occidente e dal Sud, dai malati e da quanti hanno la salute. Un riconoscimento che è fonte di ispirazione e consolazione per molti di noi”, ha aggiunto il premier in un comunicato. “In particolare, faccio i miei auguri agli abitanti di Tremelo e Molokai, così come ai sacerdoti dei Sacri Cuori di Gesù e Maria”, ha concluso. Padre Damien arrivò nel 1865 a Honolulu, dove venne ordinato sacerdote. A quell’epoca la lebbra colpiva gravemente i nativi delle isole delle Hawaii, che prima dell'arrivo dei commercianti non la conoscevano. Per paura che l'epidemia si diffondesse, il re Kamehameha IV segregò i lebbrosi del regno trasferendoli in una colonia stabilita per loro nel nord, nell'isola di Molokai. Padre Damien chiese al suo vescovo di insediarsi nell'isola per assistere spiritualmente i malati, che morivano in grandi quantità. Con la sua attività pastorale, istituì una parrocchia, fondò scuole e rigenerò la convivenza sociale nella “colonia della morte”, dove i malati lottavano per sopravvivere. Alla fine padre Damien contrasse la lebbra e morì. (M.G.)
In Argentina, la pastorale per la mobilità umana denuncia il fenomeno della tratta
◊ Si è svolto dal 4 al 6 luglio a Mendoza, in Argentina, l’incontro nazionale dei delegati diocesani della pastorale per la mobilità umana che, al termine dell’iniziativa, ha diffuso un comunicato dal titolo “Ho visto il dolore del mio popolo”. Nel documento, secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, viene tracciato un bilancio della tre giorni promossa dalla Fondazione Commissione cattolica argentina per le migrazioni (FCCAM) durante la quale c’è stata la possibilità di uno scambio di analisi ed esperienze tra le diverse diocesi sull’attenzione pastorale e sociale verso immigrati e rifugiati. “Per la Chiesa rappresenta una sfida che dobbiamo continuare ad affrontare – si legge nel testo – il rispetto per la persona e per i suoi diritti non dipende dalla sua nazionalità né dalle quote lavorative d’ingresso, bensì dalla sua dignità umana di figlio di Dio”. All’incontro hanno partecipato circa 50 delegati provenienti da tutto il Paese, responsabili dei gruppi pastorali della Bolivia, del Paraguay, del Perù. Dalla riunione si è levata anche la voce della Chiesa che ha lanciato un appello alle persone di buona volontà affinché “denuncino questi fatti, assistano le vittime badando al recupero della persona per riparare il danno che ha subito e le proteggano difendendone dignità e integrità”. (R.B.)
Con la 520.ma pubblicazione, l’edizione settimanale messicana de L'Osservatore Romano festeggia 10 anni di attività
◊ Il 7 luglio scorso, l’edizione settimanale de L’Osservatore Romano in spagnolo che si stampa in Messico ha festeggiato i suoi dieci anni di uscite con l’edizione numero 520. Era infatti il 7 luglio del 1998 quando presso le tipografie de “La Prensa” il cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo primate del Messico, benedì la prima copia "made in Messico" de L'Osservatore Romano. Durante la cerimonia, il presule visitò la struttura e si congratulò con tutte le persone che da quel momento presero parte al nuovo sforzo di evangelizzazione dell’arcidiocesi. L’evento fu segnalato anche dai principali quotidiani del Paese che ne sottolinearono l’importanza nella storia della stampa cattolica. In questi dieci anni sulle pagine dell’edizione messicana de L’Osservatore Romano sono circolati tutti i principali eventi che hanno scandito l’attività della Chiesa e del Papa. Sono stati diffusi molti documenti della Curia Romana dei vescovi delle Conferenze episcopali dell’America Latina, omelie ed articoli e commenti. (M.G.)
A Firenze, uno spettacolo dedicato alla figura di don Lorenzo Milani
◊ Questa sera a Firenze, presso la chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio, andrà in scena “Don Milani. L’obbedienza non è più una virtù”: piéce teatrale ispirata alla vita del controverso sacerdote fiorentino che dedicò la propria vita all’istruzione dei poveri. Lo spettacolo, a ingresso gratuito e patrocinato dall’assessorato all’Accoglienza e integrazione, come specificato dal SIR, è stato scritto e diretto da Dimitri Frosali sulle pagine di “Esperienze pastorali”, “L’obbedienza non è più una virtù” e “Lettera a una professoressa”, tre fra i maggiori scritti del prete. "Tutti pensano di conoscerlo - ha dichiarato il regista - solo perché ne hanno sentito parlare o hanno visto film e documentari, ma la forza delle sue parole e l’originalità del suo pensiero ne fanno una persona spesso scomoda”. (R.B.)
Haiti: la Caritas chiede aiuto per 20 mila famiglie vittime della crisi alimentare
◊ Lo Stato caraibico di Haiti è messo in ginocchio dalle conseguenze della crisi alimentare che si sommano alle già drammatiche condizioni economiche del Paese, che risulta essere il più povero di tutto il continente americano. L’allarme viene lanciato da Caritas Haiti che chiede aiuti per 20 mila famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà. “Di fronte alla gravità della situazione non possiamo rimanere fermi, con le braccia conserte”, si legge nella nota della Caritas citata dall'agenzia Fides. Per capire le condizioni di uno dei dieci Paesi più poveri del mondo Basti pensare che la sua prospettiva di vita è ferma a 51 anni e che il 60 per cento dei bambini minori di 5 anni soffre di anemia. Haiti, che importa il 53 per cento del cibo necessario ad alimentare i suoi 8 milioni di abitanti, lo scorso mese di aprile è stata scenario di violente proteste di piazza contro il forte aumento dei prezzi degli alimenti indispensabili. Inoltre, come ha spiegato padre Serge Chadic, direttore di Caritas Haiti, la crisi si è aggravata a causa delle “conseguenze dei danni causati dagli uragani Dean e Noel, lo scorso mese di novembre". Tra altre cause, l’applicazione rigorosa delle misure richieste dal FMI e dalla Banca Mondiale, l’immobilismo del governo che non ha preso misure urgenti. La mancanza di generi alimentari ha provocato situazioni drammatiche: molte famiglie di agricoltori sono state costrette ad usufruire delle riserve di semi che conservavano per il seguente raccolto, per cui si stima una diminuzione anche della produzione. Le nove diocesi cattoliche del Paese hanno bisogno di 1.800.000 euro per attuare un ambizioso piano che per un anno, attraverso le Caritas parrocchiali, prevede di fornire a 20.000 famiglie prodotti di prima necessità, 10.000 kit di attrezzi e semi agli agricoltori più poveri. Si devono anche sostenere con prestiti le piccole imprese comunitarie. Dal lancio di questa campagna per gli aiuti, il mese scorso, Caritas Haiti ha ricevuto già 100.000 euro dalla Caritas spagnola, oltre ad altri contributi provenienti dai medesimo organismo in Svizzera e Cile. Le singole Caritas diocesane si sono attivate anche di fronte alle conseguenze del passaggio degli uragani, nello scorso mese di novembre, che hanno rovinato la maggior parte dei raccolti. Grazie ai fondi della Caritas spagnola,hanno acquistato semi per gli agricoltori locali e li hanno distribuiti tra le famiglie di contadini. A loro volta, questi si sono impegnati a restituirli una volta raccolti i prodotti dei campi. In questo modo, il fondo dei semi rimarrà a disposizione di altre persone che dovessero averne necessità. L’emergenza riguarda anche la situazione igenico-sanitaria: ad Haiti è praticamente inesistente la sanità pubblica e la stragrande maggioranza dei suoi 8 milioni di abitanti non può pagarsi i trattamenti medici presso gli ospedali privati. Per rispondere a questa necessità, in molte parrocchie funzionano comitati di salute che organizzano corsi di educazione preventiva e hanno a loro carico cliniche mobili che realizzano servizi basilari in paesi e villaggi. Nelle parrocchie, infine, esistono i “finanziamenti solidali”, microcrediti che si concedono a famiglie con poche risorse, affinché creino piccoli commerci o acquistino attrezzi. Vengono concessi con interessi molto bassi, l’1 % mensile, e normalmente si restituiscono in tre o quattro mesi. (M.G.)
L’UNICEF Italia contrario alla raccolta delle impronte ai bimbi rom, chiarimento in un incontro con Maroni
◊ L’UNICEF, in seguito alla risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo, ha ribadito la propria posizione contraria all’utilizzo dello strumento di raccolta delle impronte ai bambini rom proposta dal ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni. L’agenzia ONU, tuttavia, fa sapere che il presidente di UNICEf Italia, Vincenzo Spadafora, ha avuto un incontro con il titolare del dicastero, nel corso del quale Maroni ha assicurato che le impronte digitali sarebbero state usate soltanto come estrema risorsa per l’identificazione. Spadafora, dal canto suo, ha ribadito la disponibilità dell’organizzazione a intraprendere iniziative volte a promuovere la condizione sociale e individuale dei bambini rom. (R.B.)
Nota del Consiglio federale dei vescovi svizzeri sui tentativi di rendere legittima l’assistenza al suicidio
◊ “Chi rispetta la vita e la dignità umana non può approvare il suicidio e tanto meno incoraggiarlo”. Così una nota dei vescovi svizzeri di fronte ai “tentativi di rendere legittima l’assistenza al suicidio organizzata” che, “contraddice non solo la visione cristiana della persona umana, ma anche la visione definita nella Costituzione federale”. Per questo – osserva la nota - il Consiglio federale ha constatato che il legislatore deve agire”, ma “l’eventuale introduzione proposta dallo stesso Consiglio di esigenze minime in materia di diligenza e consigli ai pazienti è inaccettabile” poiché “con l’ammissione di queste esigenze le organizzazioni di assistenza al suicidio godranno non solo di tolleranza ma anche di una legittimazione da parte dello Stato”. Secondo i presuli della Svizzera, “l’unica soluzione adeguata” è “il divieto dell’assistenza al suicidio organizzata e commerciale” che “non è un aiuto” e “contraddice il dovere fondamentale di proteggere la vita umana”. Per i vescovi ciò che occorre è la “compassione” e “l’accompagnamento dei sofferenti” ed eventualmente “dei morenti”, perché “il desiderio di morte raramente nasce da una decisione presa liberamente” ma è legato a “dolore, perdita di senso e paura”. Allo Stato elvetico i presuli chiedono “un impegno più deciso per lo sviluppo delle cure palliative”. (A.M.)
La Conferenza episcopale regionale dell’Africa dell’ovest apre una nuova sede dell’università cattolica nel Togo
◊ L'Università Cattolica dell'Africa dell'Ovest (UCAO) allarga la propria presenza. Sabato scorso, è stata inaugurata a Lomè, capitale del Togo, un'Unità Universitaria Cattolica (UUC), la terza dopo quelle di Abidjan in Costa d'Avorio e di Dakar in Senegal. La nuova UUC è una iniziativa della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'Ovest (CEREAO). In una plenaria del 2006, la CEREAO decise di aprire sedi dell'università cattolica in: Costa d'Avorio, Senegal, Togo, Mali, Bénin e Burkina-Faso, ognuna con una specializzazione. Quella della Costa d'Avorio in scienze della salute, quella del Senegal, invece, in economia, arti e cultura. L'Unità Universitaria Cattolica di Lomé sarà specializzata nella filiera dell'informatica. Ubicata nella periferia di Lomè, con 43 ettari di terreno a disposizione, potrà ospitare fino a 5 mila studenti, che potranno godere del sistema internazionale di formazione denominato LMD, vale a dire Licenze Master Dottorato. Per il prossimo anno accademico, sono già aperte le iscrizioni: i corsi inizieranno il 9 settembre. (A.M.)
Lettera congiunta CCEE/KEK ai partecipanti dell’Assemblea ecumenica europea per proseguire il percorso avviato a Sibiu
◊ A dieci mesi di distanza dalla Terza Assemblea ecumenica europea (EEA3) di Sibiu (Romania), mons. Aldo Giordano e Colin Williams, segretari generali, rispettivamente, del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE) e della Conferenza delle Chiese europee (KEK), sono tornati nella città romena per incontrare i responsabili delle Chiese e delle istituzioni pubbliche locali, nonché i membri del comitato di Sibiu. Per l’occasione, i due segretari generali hanno inviato una lettera aperta a tutti i partecipanti dell’Assemblea. Nel messaggio si definiscono “incoraggianti” le iniziative avviate nei diversi Paesi europei per continuare il cammino di Sibiu. Si rammenta anche che il Comitato congiunto CCEE/KEK, riunitosi a Londra nello scorso febbraio, ha deciso di “mantenere viva la rete dei delegati che hanno partecipato all’assemblea” attraverso “una corrispondenza regolare” per la quale è stato costituita la “EEA3 delegates mailing list”. Confermato il progetto della pubblicazione degli atti, di un Cd e un Dvd sull’assemblea. Il Comitato, rendono noto i segretari, “ha sottolineato la necessità di approfondire la collaborazione a livello locale ed europeo su temi di ‘consenso’, alla luce della 'Charta Oecumenica', del Messaggio finale di Sibiu e della dichiarazione dei giovani delegati”. Di qui la proposta di un “tema di fondo” che “dovrebbe essere costante negli anni, quasi un leitmotiv sotteso ad ogni progetto“, affermano i segretari generali di CCEE e KEK: “La Parola di Dio in Europa”. Oltre a ciò, un tema specifico da approfondire per ognuno dei prossimi quattro anni con incontri e iniziative locali: nel 2008 il dialogo interreligioso, in particolare con l’islam. Al riguardo, il Comitato congiunto CCEE/KEK per le relazioni con i musulmani in Europa (CRME) promuove una conferenza islamo-cristiana (Malines-Bruxelles, 20-23 ottobre 2008) su “Essere cittadini e credenti in Europa. Cristiani e musulmani come partner attivi nelle società europee”. I temi successivi sono, rispettivamente: la responsabilità per il creato (2009), le migrazioni (2010), la pace con particolare riferimento al Medio Oriente (2011). A conclusione della missiva, il saluto e la gratitudine di mons. Giordano, nominato lo scorso 7 giugno osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo, estesi anche ai membri della KEK, “con cui – scrive - ho condiviso in questi anni molte avventure, fatiche e gioie, a cominciare dall’Assemblea di Graz”. (M.G.)
ANNO PAOLINO: alla settimana biblica di Crotone della CEI, l’intervento di don Rinaldo Fabris, presidente dell'Associazione biblica italiana
◊ Si è conclusa oggi a Crotone la Settimana biblica promossa dall’ufficio catechistico nazionale e dal settore di apostolato biblico della Cei. L’iniziativa, come specificato dall'agenzia SIR, s’inseriva tra le manifestazioni organizzate dalla CEI per l’Anno Paolino. Tra gli altri, è tervenuto don Rinaldo Fabris, presidente dell’associazione biblica italiana, sul tema “Paolo: una strategia d’annuncio. Identikit di una comunicazione d’impatto”. “La storia dell’Europa sarebbe diversa senza la missione evangelizzatrice di Paolo nel mondo greco-romano", ha esordito don Fabris aggiungengo che "in 30 anni l’apostolo percorre oltre 15 mila km per portare il Vangelo nei grandi centri urbani d’oriente e sogna di raggiungere gli estremi confini dell’occidente”. “Il vangelo di Gesù – ha spiegato il sacerdote – fonda anche il metodo di comunicazione di Paolo, solidale con la condizione di vita dei destinatari del Vangelo. L’efficacia della comunicazione non dipende da un metodo ‘retorico’, ma dalla qualità dei rapporti definiti dalla libertà di amare”. (R.B.)
ANNO PAOLINO: in Cina, corso di formazione per seminaristi e religiose
◊ Vivere in pieno lo spirito dell’Anno Paolino e trovare nuovo slancio missionario, preparare il catechismo estivo per bambini e ragazzi rinnovando così il proprio impegno concreto di testimonianza del Vangelo: sono stati questi i principali obiettivi del Corso di formazione per l’Anno Paolino e del VII Corso di formazione permanente per seminaristi e religiosi che si è concluso il 5 luglio in Cina. Come riferito dall’agenzia Fides, la partecipazione è stata molto alta: circa 90 tra seminaristi della diocesi di Zhou Zhi, missionarie francescane del Sacro Cuore di Gesù, francescane missionarie di Maria, Missionarie di Santa Teresina, domenicane, missionarie di Nostra Signora della Cina, Congregazione della presentazione. I religiosi che vi hanno preso parte, sotto la guida di don Yang Xiao Ting, hanno avuto la possibilità di vivere sei giorni di preghiera, comunione e rinnovamento spirituale. (R.B.)
Un palestinese ucciso e due israeliani feriti in una sparatoria nel nord della Cisgiordania
◊ Un palestinese ucciso e due israeliani - un militare e un civile - feriti in una sparatoria nella città di Kalkiliya, nel nord della Cisgiordania. Lo si apprende da fonti militari. Gli incidenti, fanno sapere le fonti, sono iniziati quando un civile israeliano è stato ferito da proiettili sparati contro la sua automobile. L'unità ha risposto al fuoco uccidendo un palestinese "armato di pistola", ha detto un portavoce militare israeliano. Intanto, nella residenza del primo ministro israeliano è iniziato, stamani, un nuovo teso interrogatorio di Ehud Olmert da parte della polizia, che vuole fare luce su ingenti e prolungati finanziamenti che egli avrebbe ricevuto dal finanziere statunitense Morris Talansky. Olmert ha dedicato agli investigatori due ore. I due precedenti interrogatori erano durati un'ora ciascuno. Talansky afferma di aver consegnato ad Olmert "mazzette di dollari" per un valore complessivo di 150 mila dollari. Il premier replica di aver sempre agito nella legalità, di aver utilizzato quei fondi per campagne elettorali (nel Likud e per la carica di sindaco di Gerusalemme) e di non aver mai “messo in tasca nemmeno uno spicciolo”. Olmert ha, anche, promesso agli israeliani di dimettersi se le autorità giudiziarie decidessero di incriminarlo al termine della inchiesta della polizia. Per Olmert, il momento della verità potrebbe avvenire alla metà di settembre quando si svolgeranno le elezioni primarie del suo partito, "Kadima". Ancora non è noto se si candiderà alla sua guida.
Libano
Per la prima volta, dopo decenni, l'esercito libanese ha preso posizione su una delle fattorie di Shebaa, fazzoletto di terra conteso tra Libano e Siria e occupato da Israele nel 1967. Citando “fonti militari” locali, il il quotidiano libanese "as-Safir" ha precisato che uomini della 10.ma brigata dell'esercito libanese sono penetrati, a bordo di mezzi e bulldozer, nella fattoria di Bastara, dalla quale le truppe israeliane si erano ritirate nel 2000 e che dista solo poche centinaia di metri dalle altre fattorie, ancora sotto controllo israeliano. As-Safir ha aggiunto che, nelle settimane scorse, uomini del genio dell'esercito libanese hanno ripristinato la via d'accesso militare alla fattoria, distrutta dall'aviazione israeliana nel 2000 assieme ai posti d'osservazione dai quali si domina anche la Galilea settentrionale. Il destino delle Fattorie di Shebaa è tornato in cima all'agenda regionale dopo che il mese scorso il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, aveva invocato la sua risoluzione. Secondo Israele e l'ONU, questo territorio di appena 25 kmq fa parte delle vicine Alture siriane del Golan, anch'esse occupate da Israele nel 1967. Nel 2000, un rapporto delle Nazioni Unite ha sancito il completo ritiro israeliano dal sud del Libano.
Russia-Medio Oriente
Sarà stabilita in settembre la data della conferenza sul Medio Oriente che Mosca sta organizzando: lo ha annunciato il ministro degli Esteri russo Lavrov. La conferenza di Mosca sarà “dedicata alla continuazione degli sforzi volti a raggiungere gli obiettivi definiti ad Annapolis”, ha precisato, ricordando la precedente iniziativa organizzata da Washington.
Nucleare e Iran
Per ora, l'ufficio dell'alto rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza della UE, Javier Solana, non conferma “la data e il luogo” dell'incontro con il negoziatore iraniano per il nucleare, Said Jalili, che secondo le autorità iraniane dovrebbe tenersi il 19 luglio prossimo a Ginevra. “Si sta lavorando all'organizzazione di una riunione, ma al momento non c'è conferma nè del luogo nè della data”, hanno riferito collaboratori di Solana. “L'organizzazione non è ancora finalizzata. Saremo in grado solo, nei prossimi giorni, di confermare data e luogo”. “In base all'invito di Solana, Said Jalili incontrerà lo stesso Solana a Ginevra il 19 luglio per discutere del dossier nucleare”, ha detto all'agenzia ufficiale IRNA il portavoce del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale iraniana, Ahmad Khademolmelleh. L'invito segue una visita di Solana a Teheran il 14 giugno scorso, nella quale il responsabile della politica estera dell'Unione europea presentò a nome del gruppo '5+1' (USA, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) un pacchetto di incentivi all'Iran per avviare negoziati, ma chiedendo in cambio a Teheran la sospensione dell'arricchimento dell'uranio.
Afghanistan
Due soldati della NATO, sono stati uccisi e un altro ferito in un attentato contro la loro pattuglia nell'est dell'Afghanistan. Lo ha annunciato l'ISAF (la Forza internazionale di sicurezza) precisando che il veicolo della pattuglia è saltato su un ordigno nella provincia di Paktika. Non è stata comunicata la nazionalità delle vittime. Circa 120 militari della coalizione, che comprende quasi 70 mila uomini, sono stati uccisi in Afghanistan nel 2008. Intanto, la commissione di inchiesta incaricata dal presidente afghano, Hamid Karzai, di far luce sul bombardamento della coalizione a comando USA del 5 luglio nell'est dell'Afghanistan ha stabilito che furono 47 i civili uccisi mentre partecipavano ad un matrimonio. La coalizione internazionale sotto comando USA aveva respinto tali accuse, affermando che “numerosi insorti” erano stati uccisi nel raid.
Petrolio
Il petrolio vola al nuovo record di 145,98 dollari al barile negli scambi elettronici al mercato di New York. A far impennare i prezzi, i timori di un deficit delle forniture per uno sciopero minacciato in Brasile, le tensioni in Medio Oriente e in Nigeria.
Turchia
Il governatore di Istanbul ha detto che l'attacco terroristico al consolato americano che mercoledì è costato la vita a sei persone è stata un'operazione suicida e che sono dieci le persone finora fermate. Il governatore ha poi detto che “continuano le indagini per verificare i legami degli attentatori con organizzazioni terroristiche”. Inoltre, oggi è stato reso noto che 10 guerriglieri curdi e un guardiano di villaggio, civile, che affianca l'esercito turco nella lotta contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) hanno perso la vita, ieri sera, nel corso di un pesante scontro a fuoco. Il combattimento si è verificato ai piedi del monte Kato, nella provincia di Sirnak, nel sud est della Turchia, al confine con l'Iraq. Negli ultimi mesi l'esercito turco ha rafforzato le azioni militari contro i ribelli curdi grazie anche alla creazione da parte delle autorità di Ankara di una milizia, che ha il compito di affiancare le forze di sicurezza turche nella lotta contro il PKK, ormai considerata un'organizzazione terroristica a tutti gli effetti sia dalla Turchia che da Europa e Stati Uniti. È prevista un'operazione militare dall'esercito turco nel Kurdistan iracheno, dove più di 2.000 ribelli curdi si sono rifugiati.
Bosnia
Migliaia di persone stanno affluendo al Memoriale e cimitero di Potocari, alla periferia di Srebrenica in Bosnia, per commemorare 8.372 musulmani, per lo più uomini e ragazzi, trucidati, in pochi giorni, dalle truppe serbe al comando del generale Ratko Mladic, dopo la conquista della cittadina "zona protetta dell'ONU" nel luglio del 1995. Accanto alle esistenti 2.907 tombe, verranno tumulate oggi a Potocari 308 vittime del genocidio, tra 15 e 84 anni, identificate nell'ultimo anno con il metodo del DNA. Tra questi Sadik Oric, identificato ieri quando le altre 307 salme erano già state portate a Potocari, esumato a Sremska Mitrovica, in Serbia. Troveranno sepoltura anche tre fratelli Halilovic, Mevludin (33), Osmo (37) e Salim (20), accanto al quarto fratello Salko (28) e al padre Osmo, tumulati a Potocari cinque anni fa. Tra gli oltre 4.000 scheletri, esumati da decine di fosse comuni, che ancora aspettano di riavere un nome, ci sono probabilmente anche i figli di Kadira Gobeljic, Meho e Mesud. “Ho sepolto il marito Abdulah, accanto alla sua tomba il posto è riservato per i miei figli - racconta - ogni giorno mi aspetto la comunicazione che li abbiano identificati, ma temo che morirò nell'attesa”. Fino a ieri, a Srebrenica sono arrivate circa 5.000 persone, prevalentemente provenienti dall'estero, mentre oltre 220 autobus messi a disposizione dagli organizzatori e centinaia di automobili stanno affluendo da tutte le parti del Paese. A Potocari sono giunti anche i 2.500 partecipanti alla Marcia della pace, che in due giorni hanno percorso al contrario la "marcia della morte" dei 15.000 uomini di tutte le età che, dopo la conquista della città da parte dei soldati di Mladic, cercarono la salvezza scappando attraverso i boschi verso Tuzla, zona sotto il controllo delle forze governative e dove solo in pochi arrivarono. Qualche chilometro prima di Srebrenica ai partecipanti si sono unite diverse personalità, tra cui l'ambasciatore americano a Sarajevo, Charles English, accompagnato dai familiari. Si prevede che alla commemorazione odierna, che avrà inizio verso mezzogiorno, parteciperanno 40.000 persone. La cerimonia funebre sarà guidata dal capo della comunità islamica bosniaca Mustafa Ceric. Il governo centrale ha proclamato per oggi la giornata di lutto in tutto il Paese.
Semestre francese di presidenza UE nelle parole di Sarkozy all’Europarlamento
Immigrazione, difesa comune europea, Unione del Mediterraneo, energia e clima. Sono le priorità del semestre di presidenza francese dell'Unione Europea, illustrate ieri all’Europarlamento, a Strasburgo, da Nicolas Sarkozy. Il presidente francese ha annunciato “pragmatismo e obiettivi ambiziosi” per superare l’impasse delle mancate riforme istituzionali in conseguenza del "no" irlandese al Trattato di Lisbona. Sarkozy promette una soluzione in ottobre o dicembre annunciando un viaggio in Irlanda il 21 luglio e esortando la Polonia a firmare la ratifica del nuovo Trattato, per “mantenere così la parola data”. Un "no" secco, invece, da Sarkozy a "un'Europa a più velocità", perchè "nessuno deve essere lasciato indietro". Delle possibilità di Sarkozy di dare veramente un impulso a un’Europa arenata, Fausta Speranza ha parlato con Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica all’Università Tor Vergata di Roma, vissuto per anni in Francia:
R. - Il fatto che Sarkozy abbia detto che non si parlerà di un ennesimo trattato è una scelta di campo precisa. Bisogna rinegoziare e decidersi chiaramente, cioè decidere se mettersi intorno ad un tavolo. Il vantaggio di Sarkozy, in questo caso, è che lui ha un carisma molto forte, una vera capacità di trascinamento. La presidenza francese non è stata mai senza raggiungere risultati veri e propri o senza impatti di un certo genere. Quindi, sicuramente, ci sarà un apporto ma la missione è difficile perché si tratta veramente di metterci intorno al tavolo e assumere delle decisioni istituzionali importanti. Se c’è qualcuno che può riuscirci, questo è sicuramente la Francia, con Sarkozy, forse, in particolar modo. Ma è anche interessante vedere come diversi voti popolari abbiano condannato l’Europa, da quegl’elettori che vanno da sinistra a destra, per ragioni diverse. Lì, c’è veramente il nodo della faccenda: ritrovare un ruolo per l’Unione Europea che sia positivamente percepibile dai cittadini. Questo, Sarkozy lo sa, è uno degli elementi di grande disaffezione per la politica dei cittadini in Europa in questo momento.
D. – Dopo la discussa direttiva sull’immigrazione, ratificata proprio poche settimane fa dal Parlamento europeo, Sarkozy è tornato sul tema per dire: “L’Europa ha bisogno dell’immigrazione ma non può accogliere tutti”. Poi, ha fatto un annuncio, ha detto che la Francia abolirà tutte le restrizioni di accesso al mercato del lavoro. Ci si poteva aspettare quest’annuncio?
R. – Questo annuncio è abbastanza interessante. Forse, la grande novità va fatta in parallelo con una volontà di migliorare i controlli alle frontiere e soprattutto armonizzare le scelte,il funzionamento della macchina amministrativa a livello europeo. La scelta di cancellare totalmente le restrizioni di accesso al lavoro è molto interessante perché apre enormemente il mercato del lavoro in questo momento, in maniera che forse non ci si aspettava, visti i discorsi di pericolo dell’immigrato, ecc. Al tempo stesso però, è vero che la macchina europea ha una falla gigantesca negli elementi di comunicazione: persone che entrano da una parte ma non vengono assolutamente registrate dall’altra; si possono proporre due domande di asilo in due Paesi diversi anche se, legalmente parlando, non ammissibile. Eppure la macchina li accetta, perché non comunica all’interno. Bisogna effettivamente ragionare: da sempre, si dice che l’immigrazione è un problema europeo, ad Amsterdam non possono disinteressarsi di quello che accade in Spagna o in Italia. Sarkozy questo lo ha capito perché ne ha pagato le conseguenze ed è oggi sull'immigrazione, per gli italiani ma anche per i francesi, la prima percezione è di pericolo per i cittadini. Sappiamo che Sarkozy fa molta attenzione a quello che i cittadini percepiscono.
D – Sulla necessità di una politica europea della difesa, non avevamo dubbi e Sarkozy l’ha ribadito al Parlamento europeo. Ma in questo momento, il tema difesa, non è un tema anche molto caldo per Sarkozy?
R. – È un tema scottante. Il capo di Stato maggiore dell’esercito si è dimesso in seguito ad un incidente accaduto in Francia, ma in realtà era solo una scusa e si parla di un vero e proprio "ammutinamento" della parte più alta della difesa perché ha annunciato una riduzione enorme di effettivi: più di 54 mila soldati o militari in meno, chiusura di caserme, di basi militari, ecc. C’è un problema enorme in questo momento tra Sarkozy, la "piramide politica" e la "piramide difesa". Il 18 giungo scorso è apparso su “Le Figaro” un articolo di grande contestazione contro la riforma – firmato in maniera anonima – ma si sa chiaramente che dietro c’era addirittura il capo di Stato maggiore della difesa francese. Parlare di difesa comune significa avere un progetto che sia principalmente fatto da militari e poi negoziato da politici. Se i propri militari non sono d’accordo con quello che fai, è difficile riuscire a fare un progetto di difesa comune.
D. – Un altro tema molto sensibile è la Politica agricola comune. Diciamo che la Francia ha sempre fatto una "bella fetta" della politica agricola comune. In questo momento, Sarkozy si augura un "check-up" della cosiddetta PAC, la Politica agricola comune. Che cosa potrà significare?
R. – Più della metà - diciamo tre quarti di fondi della Politica agricola comunitaria - finivano nelle tasche degli agricoltori francesi. La PAC era fatta su misura di un contadino francese, praticamente. Lì c’è la comprensione che non si può andare avanti, i 27 Stati non possono continuare a mettere soldi per dare sostanzialmente supporto agli agricoltori francesi, creando poi non pochi problemi agli agricoltori portoghesi e polacchi. La PAC crea iniquità all’interno dell’Unione Europea e questo non va bene. In più, non ci sono più soldi, questo bisogna dirlo chiaramente, quindi la politica agricola verrà riformata. Sarkozy concede questa possibilità, in realtà inesorabile.
Italia e economia
Il debito pubblico italiano sale ancora e segna un nuovo record ad aprile a 1.661,4 miliardi di euro, dai 1.646,8 di marzo. Lo comunica la Banca d'Italia nel suo "Supplemento del bollettino statistico". Nei primi cinque mesi del 2008 però, sono cresciute anche le entrate tributarie a 140.333 milioni di euro, il 6,1% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La crescita del debito pubblico italiano, spiega il bollettino della banca centrale, è in ogni caso un aumento in valore assoluto, mentre ai fini del Patto di stabilità europeo ad avere valore è il rapporto del debito rispetto al PIL.
Zimbabwe
Sono ripresi oggi a Pretoria, capitale politica del Sudafrica, i colloqui prenegoziali tra esponenti del regine dello Zimbabwe e dell'opposizione, iniziati ieri. I temi all'ordine del giorno, stando alle dichiarazioni dell'opposizione, sono quelli propedeutici all'avvio di un vero e proprio negoziato. Si tratta della liberazione dei prigionieri politici, circa 1.500; dell'immediato arresto delle violenze contro gli oppositori al contestato presidente Robert Mugabe (la cui elezione-farsa avvenuta come candidato unico lo scorso 27 giugno non viene riconosciuta); e della nomina di una personalità africana che affianchi nella mediazione il presidente sudafricano Thabo Mbeki, i cui interventi sono stati ritenuti sbilanciati in favore di Mugabe. Mbeki non a caso non partecipa a questo prenegoziato. La delegazione del "Movimento per il Cambiamento Democratico" (MDC, partito dell'opposizione, che ha vinto le elezioni parlamentari) è guidata dal numero due Tendai Biti, che era stato arrestato con accuse che prevedevano fino alla pena di morte, poi rilasciato sotto cauzione, ed a cui infine è stato restituito il passaporto per recarsi in Sudafrica. Quello dello Zanu-Pf, partito di Mugabe, dai ministri della Giustizia, Patrick Chinamasa, considerato un 'duro', e del Lavoro, Nichoas Goche, un moderato. Presente anche un gruppo che si è scisso dal MDC, ma è con esso alleato.
Caucaso russo
Sei poliziotti sono rimasti feriti nella notte in attacchi distinti in Inguscezia e in Daghestan, nel Caucaso russo. Lo riferisce l'agenzia Interfax. In Inguscezia, alcuni uomini armati hanno sparato contro un'auto di pattuglia, ferendo tre poliziotti. In Daghestan un gruppo di almeno tre uomini armati ha aperto il fuoco con armi automatiche contro un posto di polizia a Derbent. Anche in questo caso sono rimasti feriti tre poliziotti, secondo un responsabile delle forze dell'ordine.
Georgia
Mosca respinge la proposta americana, lanciata ieri dal segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, nella sua visita a Tbilisi, di una mediazione internazionale per risolvere i problemi delle regioni separatiste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud, al centro della tensione tra la Russia e la Georgia. Tbilisi minaccia di abbattere gli aerei militari russi se violeranno ancora lo spazio aereo georgiano. Lo riferisce l'agenzia Interfax, citando Nika Rurua, vicepresidente del comitato parlamentare per la Difesa e la Sicurezza nazionale georgiano. “Se gli aerei militari russi violano di nuovo lo spazio aereo della Georgia, allora dovranno raccogliere i loro pezzi”, ha dichiarato. “La parte georgiana risponderà all'aggressione della Russia con calma ma duramente”, ha aggiunto, ricordando che “le forze armate georgiane sono ben preparate e munite e capaci di rispondere a qualsiasi provocazione”. Ieri, Tbilisi ha deciso di richiamare per consultazioni il proprio ambasciatore a Mosca per protestare contro il sorvolo di aerei russi in Ossezia del Sud, spiegato dalla Russia come necessario per “evitare un attacco” e “lo spargimento di sangue”.
Corea
La Corea del Sud ha deciso di sospendere il turismo al Monte Kumgang, in Corea del Nord, dopo che stamani una turista sudcoreana è stata uccisa da colpi d'arma da fuoco sparati da militari nordcoreani dopo essere entrata in una zona militare interdetta ai civili. Lo si apprende da un funzionario governativo a Seul. Il sito turistico di Kumgang, separato da recinti dal circostante territorio nordcoreano, annovera alberghi, impianti termali, negozi, un campo da golf e una folta presenza di militari di Pyongyang. Il primo turista sudcoreano visitò Monte Kumgang nel novembre del 1998. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 193
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